Le rive della Bormida nel 1794 - 26

tutta la valle sino a D....., di cui si vedevano biancheggiare
nell'ultima luce del giorno i tre vichi. E guardando verso quelli con
grossi cannocchiali, gesticolavano parlando tra loro, forse del
brulichìo d'Alemanni, che coll'aiuto di quegli strumenti, vedevano
farsi in quel luogo.
Giuliano giunto sul poggio con don Marco, subito pose l'occhio su quei
lembo di terra. Ah! lo scoprire da lontano la casa paterna, e colla
fantasia e colla memoria figurarsi quello che vi si fa dentro, è pure
la dolce cosa! Ed egli volò laggiù coll'anima, e quasi s'inginocchiava
colle mani giunte; ma in quella don Marco mettendogli la mano sul
braccio, gli accennò di porgere l'orecchio a quel che si diceva da
quei cavalieri.
Esplorando coi cannocchiali la valle, essi avevano visto alcuni uomini
armati di schioppi, entrare ed uscire dal convento dei Minori
Osservanti, lontano di lassù meno che un miglio; e accompagnati da
frati che spiccavano bruni sul tufo biancheggiante dei colli, quegli
uomini andavano e tornavano con portamenti sospettosi.
«Spacciate una compagnia a quel covo di ladri laggiù!--diceva il capo
della brigata, levandosi il cannocchiale dall'occhio e segnando con
quello il convento:--fucilino quanti coglieranno armati, monaci o
villani. Le donne, i vecchi, i fanciulli, se ve ne saranno, guai a chi
torce loro un capello!»
Un cavaliere partì come un razzo, a far l'ambasciata.
Quel fiero comando, quel pronto obbedire, posero don Marco in gran
turbamento.
«Faranno davvero?--chiese egli a Giuliano spasimando la risposta.....
--Sicuro!--rispose Giuliano--ma non dubiti, correrò io al
convento......
«Bravo!--proruppe don Marco--io t'accompagnerò.....
«Che! bisogna andar cauti, chè costoro non sono gente da pigliar a
gabbo. Piuttosto ella se ne vada giù nel borgo, persuada gli anziani a
mostrarsi amici ai Francesi. Fra poco arriverà il grosso dell'esercito
che lasciammo a due miglia di qui.....: vada, ma cauto, le ripeto; al
convento ci penso io.»
Mentre essi parlavano, la cavalcata s'era tolta dal poggio; i colli si
coprivano di fuochi; e i repubblicani cominciavano a cantare la
Marsigliese, salutando la sera e la vigilia d'una battaglia odorata
nell'aria.
Don Marco pareva ringiovanito, e separandosi da Giuliano, si fece
promettere che si sarebbero riveduti nel borgo. Il giovane partì;
pigliando cautamente la via dei boschi, e ora giù per una ripa, ora su
per una costa, giunse vicino al convento, certo d'avere fatto assai
presto. Ma udendo, nell'arrivare, a un trar di schioppo, un rumore di
lamenti, di guai, di voci irate e minacciose, s'arrestò ad ascoltare.
Che vi fossero gli Alemanni? Tutt'altro! Lo colse un brivido, gli
rimorse d'essere venuto per un giro troppo lungo, si slanciò innanzi
risoluto, seguisse quel che poteva seguire. Infilando i pergolati,
s'udì spianare in faccia uno schioppo, e una scolta francese gridargli
chi fosse.
«Viva la repubblica!--rispose Giuliano cogliendo a fatica fiato
bastante, e passò. Giunto in cima di corsa, per la porta allato alla
chiesa entrò nell'orto, donde il rumor delle voci veniva più alto;
scantonò dietro il coro, e là come un baleno che gli desse negli
occhi, vide tre uomini legati in fascio da una grossa fune, un
drappello di soldati spianar gli schioppi, una vampa, una nube, e col
tuonar di quell'armi udì un grido alto: «oh signor Giuliano!»
Dall'orlo d'un calcinaio dov'erano stati posti, i tre caddero sugli
avanzi della calce spenta, e la tinsero di sangue: il lume delle torce
prese in sagrestia e portate da' soldati, rischiarava in funebre guisa
quei corpi, le mura del refettorio, della chiesa, del campanile che
dal mezzo in su torreggiava nel bujo; e sulla cima, allo scoppio delle
moschettate, un gufo s'era taciuto, senza osare, povera bestia,
pigliare il volo.
Giuliano si arrestò, si asciugò la fronte, e gli parve di sentirsela
fra uno strettoio. Di chi era quel grido che più doloroso non lo
avrebbe potuto gettare un'anima, voltasi addietro dalla soglia
dell'inferno, a chiedergli aiuto? Passò dinanzi ai soldati che
ricaricavano l'armi severi, balzò nella fossa, e guardò i morti. Un
d'essi era Mattia.
«Che fate?--gridò l'ufficiale francese, correndo verso il calcinaio
colla spada sguainata.--Ah! chirurgo, siete voi? Vi paiono morti per
bene?
«Sì.....--ma..... e quello lì che cosa aveva fatto?--chiese Giuliano
additando Mattia.
«Costui? Era uno spione cui abbiamo già perdonata la vita una volta.
Fuggì dal nostro campo due giorni or sono; fu colto qui, i nostri
l'hanno riconosciuto..... e si capisce.....»
Questo era un fatto da perderci la mente. Ma come mai Mattia s'era
fatto cogliere in quel convento? Era o non era ancora stato a D.....?
O forse non poteva essere venuto di là mandato dalla signora
Maddalena? Oh! avesse potuto dare metà degli anni che gli rimanevano,
per averlo vivo un'altr'ora, Giuliano l'avrebbe fatto, e di che cuore!
Con questi pensieri che gli si azzuffavano nella mente, e col cuore
trambasciato, Giuliano si volse per chiedere all'uffiziale ancora
qualcosa. Ma questi se n'era andato, e i soldati con lui, nel
convento; dove scale e corridoi suonavano di passi e di colpi menati
co' calci degli schioppi, a sfondare gli usci alle celle. Allora egli
si avviò da quella parte, e affacciandosi ad una porticina che
dall'orto, per un andito, metteva nel chiostro; vide come il terrore
della morte scolorava i volti d'una moltitudine di frati, di villani,
di donne e di gentiluomini, che parevano cadaveri, tenuti ritti l'uno
dall'altro tant'erano stipati. Costoro erano la più parte persone che
s'erano venute a rifugiare nel convento; e sebbene sapessero dei
Francesi arrivati in C..., credendo che anche per costoro la notte
fosse fatta per dormire, s'erano lasciati cogliere, come uno stormo
d'allocchi presi alle paretelle. E non avevano avuto tempo
d'accorgersi che i repubblicani venivano a quella volta, che già gli
schioppi dei villani erano stati strappati dalle loro mani e rotti ai
pilastrini dei pergolati; le schiene rimbombarono percosse dalle
pugna; le bocche cessarono i guai, per le grandi palmate che vi
calarono sopra. A urti, a spintoni erano stati chiusi tutti nel
chiostro, dove il rumor delle schiopettate che avevano morto Mattia e
i due compagni; loro era parso il segno della fine imminente.
Giuliano guardò quella folla dolorosa, e (non per profanare una
credenza) gli pareva d'essere giunto al Limbo, tanti furono gli occhi
che si volsero a lui pieni di speranza, forse per qualche segno di
somma dolcezza e di mestizia che aveva nel viso. A un certo moto che
egli vide farsi in un punto fra quei miseri, ne scoprì due che si
stringevano e si turavano nei panni, quasi per nascondersi a lui.
Erano il padre Anacleto ed il signor Fedele, i quali avrebbero dato la
loro parte di paradiso, pur di non vedere là in mezzo quel giovine,
terribile a loro più d'ogni francese. L'aveva pur detto il pievano di
D...! Colui veniva a pigliarsi una vendetta, che niuno, salvo uno
scellerato par suo, avrebbe saputo pensare! Così sussurrava il signor
Fedele al frate; il quale osando allora fissare un tantino Giuliano,
credette di vederlo fare il viso d'un beccaio, che affilando i suoi
coltellacci, cercasse nel branco un par di pecore, da scannare le
prime. Tremavano come foglie di pioppo; fiato non ne avrebbero avuto
tanto da levarsi un bruscolo dalle labbra; e il cuore faceva loro tali
schianti nel petto, che sarebbe stata crudeltà non ucciderli d'un
tratto, o non mandarli liberi a dirittura.
Un senso, che non seppe mai dire di poi se fosse più di pietà o di
spregio, si dipinse sul viso a Giuliano; perchè occhi più umiliati non
s'erano mai chinati dinanzi a lui. Se gli archi del chiostro,
squallidi come oggi sono, serbassero alcun segno delle occhiate di chi
in quella notte credè vederli l'ultima volta, certo sarebbe dei
quattro occhi del frate e del signor Fedele. Il giovane si rivolse
all'uffiziale francese che stava anch'egli in mezzo alla folla, e gli
disse: «Capitano, se me li date, questi due gli acconcio io.»
«Ah! ah!--rispose il Francese--avete le vostre vendette da fare? Già
siamo nei vostri paesi! Accomodatevi; due più, due meno non fanno
caso.»
Giuliano, in mezzo a un gran bisbiglio, prese quei due, li trasse
fuori, attraversò la cucina saccheggiata; e uscendo per la postierla
di questa, si mise con essi sulla via che menava alla palazzina del
signor Fedele. Camminavano muti, essi dinanzi, egli di dietro; e i
disgraziati credevano ad ogni passo di sentirsi dar nelle spalle
qualche arma, veduta con certo occhio che loro pareva d'aver nella
nuca. A un tratto Giuliano si fermò e disse:
«Chi sa dirmi che cosa fosse venuto a far qui quel Mattia che fu
fucilato?
«Era venuto per me...,--cominciò il signor Fedele.
«Anzi per me;--interruppe il padre Anacleto--mi portò una lettera...
«Una lettera che parlava di me--» protestò il signor Fedele, subito
mordendosi la lingua per l'imprudenza che stava per commettere.
«E per avventura, disse nulla di mia madre...?--incalzò Giuliano,
troncando quella brutta gara.
«Oh..... sua madre la vedemmo noi stamane, che veniva a fare una
scarrozzata verso C...--rispose il frate facendo la voce rispettosa.
«Grazie!--disse Giuliano; e con quelle due consolazioni di sapere che
sua madre stava bene, e che Mattia non era venuto a morire al convento
mandato da lei; dava di volta per piantare quei due. Ma allora avvenne
cosa che gli fece alzare gli orecchi subitamente.
I colpi di moschetto da cui erano stati uccisi Mattia e gli altri due
miseri, avevano messo in sospetto una grossa avvisaglia d'Alemanni,
che velettavano i monti di là del convento verso D..., ed erano corsi
a quel tetro richiamo. Buon pei Francesi, che avevano posto assai
innanzi le loro scolte, le quali diedero voce del nemico vicino:
perchè appunto in quella che Giuliano era lì per allontanarsi dal
frate e dal signor Fedele, che quasi gli erano cascati ai piedi dallo
stupore; le schioppettate incominciarono, le fiamme si levarono alte
sopra il convento cui i Francesi avevano appiccato il fuoco, e non si
udirono più che grida d'Alemanni accorrenti, grida di Francesi che si
ritiravano; voci di poveracci che si chiamavano tra loro fuggendo dal
chiostro; e dai monti vicini, urli di villani, e persino qualche suono
di nicchio marino, ma rado e restio. Parte degli Alemanni si
arrestarono a spegnere l'incendio, parte inseguirono i Francesi, i
quali facendo testa quando potevano, rispondevano di grandi
schioppettate; e ai lampi di queste si capiva dov'erano gli uni e gli
altri; e per l'aria scura solcata da tante palle era un sibilio, che
pareva una zuffa di serpenti foiosi.
Giuliano non avendo più nulla a fare in quel tafferuglio, pigliò la
via di C... Il signor Fedele e il padre Anacleto, sebbene non
invitati, gli tenevano dietro come due bambini timorosi di essere
abbandonati in un bosco; e per vigneti e per campi inciampando,
ruzzolando, ma sempre alle sue calcagna, in capo a un'ora videro le
porte del borgo.
Il grosso dell'esercito Francese vi era giunto sul far della sera, ed
aveva posto il campo sul greto del torrente, sotto gli olmi intorno
alle mura, come per stringere d'assedio la terra. E riposava sicuro,
essendosi buon nerbo di cavalli spinto innanzi sulla via di D..., a
fronteggiare gli Alemanni, se qualcosa avessero voluto tentare.
Per certi chiassi a lui noti, Giuliano mise nel borgo quei due
paurosi; poi se ne scompagnò per cercare don Marco, col quale erano
d'accordo di rivedersi la notte.
Essi non osarono ringraziarlo; ma muro muro il signor Fedele condusse
il frate alla porta di casa sua. Salendo le scale, udirono damigella
Maria, Margherita e don Marco che parlavano del cognato, del convento,
dei Francesi che erano andati a farvi chi sa che tragedia. Esse
parevano disperarsi; e il prete si studiava di confortarle, dicendo
che anche Giuliano era andato laggiù, ma con animo generoso.
«Margherita, Maria, son qui! son qui!--entrò gridando il signor
Fedele; e la fanciulla e la cieca si lanciarono verso di lui; e
abbracciamenti e baci e lagrime mescolarono a parole d'affetto, mai
più dette là dentro.
«E sono qui per lui!--proseguiva il signor Fedele:--son vivo per quel
bravo giovane di D... che mi ha salvata la vita tre o quattro
volte!...»
«Oh!... alla fine delle fini,--interruppe il padre Anacleto, stizzito
da certe occhiate di trionfo dategli da don Marco:--lodare è bene, ma
se non fosse stato colui, tanto ci salvavano gli Alemanni...
«Ingrato!--urlò il signor Fedele; e per la collera non potè manco
accorgersi di don Marco, che se n'andava di quella casa, per non dire
al frate le amare parole che meritava.--«Dio perdona tutti, ma agli
ingrati no!»
E qui cominciò tra loro una contesa, in cui si dissero a vicende
parole acerbe, risentite, ingiuriose; rifacendo la storia, dal
rabbuffo toccato al frate quel mattino dallo sposo di Bianca, sino
alle prime cure poste da lui, a stornar l'animo della fanciulla
dall'amare Giuliano.
Intanto don Marco coll'anima piena di gioia per il bel fatto del suo
scolaro; giungeva in piazza, dove alla luce di lanternoni e di
schiappe di pino accese, vide alcuni cavalieri splendenti d'oro,
semplici negli atti e fieri nei volti, i cui lineamenti risaltavano
illuminati vivamente da quelle torce strane. Uno di essi discorreva
imperioso con qualcuno, che doveva stargli dinanzi, ma che non si
vedeva, per essere di certo a piedi e corto della persona.
«Voi non siete venuto ad incontrarci;--rimproverava il Francese,
continuando un discorso cominciato prima che Giuliano arrivasse--voi
vi ho dovuto scovare come un lupo; voi avete lasciato fuggire la gente
dal borgo come se noi si venisse a divorarvi; e forse i paesani vostri
che corrono la campagna, gli avete armati voi. Ma ho già fatti punire
i frati del vostro convento di laggiù, che invece di Cristi maneggiano
tromboni: e se ne ricordino bene, la repubblica Francese vuol bene a
tutti, ma guai a chi le contrasta! Voi intanto sarete custodito,
finchè mi abbiate fatto trovare cinquanta bovi, cento botti di vino,
ventimila pani...
«E in grazia,--rispose ardito colui che non si poteva vedere, ma che
don Marco riconobbe alla voce pel Sindaco; un omicciattolo che a
pagarlo un quattrino, sarebbe parso buttar via la moneta;--in grazia,
signor generale, tutta questa roba dove la piglio?
«Ingegnatevi!
«Ma il buono e il migliore, se l'han portato via gli Alemanni!
«Dovevate opporvi...
«Già... per farmi accoppare da loro, perchè tutt'una mi accopperete
voi...!
«Arrestatelo! domani la roba, o faccio appiccar il fuoco al villaggio!
«Ed io vi porterò il tizzo![1]
[1] È storia.
«Bravo!--fu lì per esclamare don Marco, ammirando il Sindaco che se la
sbrigava così da valent'uomo; ma buon per costui che Giuliano capitava
a porsi di mezzo, che se no il Francese l'avrebbe conciato come si
poteva immaginare alla rabbia, che gli sbuzzava dagli occhi. Il
Sindaco e il Francese che si lasciò chetare da Giuliano, rimasero, che
uno avrebbe dato, l'altro si sarebbe accontentato, di quel che si
poteva trovare; e quando quella adunanza si sciolse, il giovane si
sentì pigliare per la mano, e dire: «ora poi, mi pare che tu abbia
fatto anche troppo. Andiamo a casa mia, che tu caschi della
stanchezza.».
Chi gli parlava a quel modo era don Marco, che di maraviglia in
maraviglia, cominciava a provare per lui un po' di venerazione.... E
Giuliano si lasciava menare non badando dove; ma quando fu nel vicolo
del prete, come fumea di bevande acri e stupefacenti, sentì levarsi le
immagini delle cose vedute di fresco, mescolate alle memorie
rinascenti alla vista di quella casa. Entrando da don Marco
s'abbandonò spossato sul vecchio divano; e il prete si diede attorno
per ammanirgli un po' di cena, con pane ed uva, che s'era procacciato
a fatica. Ma quando ebbe apparecchiato e chiamò l'ospite, per
offrirgli quella grazia di Dio, e farsi raccontar meglio le cose
avvenute al convento; lo trovò addormentato di sonno così profondo,
che manco una cannonata l'avrebbe svegliato. Egli allora s'ingegnò ad
assettare i cuscini del divano, in guisa che non dormisse a disagio;
poi fatto coll'indice un cenno, come per fare star zitto qualcuno,
tolse di là il lume, e in punta di piedi andò a porsi nella stanza
vicina. Ivi chiuse gli occhi anch'esso, e come li riaperse, credè di
avere dormicchiato forse un'ora. Ma se gli fosse venuto in mente
d'affacciarsi a guardare il tempo, avrebbe udito un rumore venir di
lontano, somigliante a quello di mare che si franga tranquillo alla
riva. Era l'esercito della repubblica, che ripigliate le armi, si
riponeva in via alle sue grandi venture.


CAPITOLO XXI.

Al primo rompere dell'alba, Giuliano e don Marco, erano già sul ponte;
non essendovi stato verso pel giovane, di persuadere il prete a
rimanersi dal seguire lui e i Francesi.
Quello era il primo giorno d'autunno. Una nebbia densa occupava
l'aria; e la Bormida faceva quei fumacchi, che quando io era
fanciullo, mi parevano d'acque scaldate di sotto dal demonio. Pochi
borghigiani usciti a pigliar lingua dei Francesi, andavano di su di
giù; ma niuno osava allontanarsi dal borgo due tratti di pietra.
Vedendo i due passar frettolosi, e don Marco ingegnarsi per istare a
paro con Giuliano, diedero loro di matti; perchè a mettersi giù di
quella via con quel po' di soldati innanzi, non vi si poteva rischiare
se non chi cercasse pan migliore che di frumento. Ma don Marco non
udì, nè Giuliano era il caso di badare a quei bisbigli, per la gran
furia d'arrivare i Francesi. Dei quali discosti dal borgo un trar di
schioppo, cominciarono a trovarne alcuni riversi nei fossati; o
intenti a rialacciarsi le uose e le scarpe; o che pur reggendosi assai
bene, facevano le viste d'essere spedati, e d'avere addosso qualche
malanno. «Avanti cittadini--gridavano costoro, baldanzosi--diamo
addosso al nemico, avanti animo!»--«Non dia retta, maestro:--diceva
Giuliano a don Marco, che già era lì per rispondere a quei
soldati:--costoro sono poltroni, primi sempre ad annunciare le
sconfitte, ultimi a sapere le vittorie: non combattono mai, e frugano
i morti.»
Don Marco non fiatò più; e così tirarono oltre silenziosi sino a
quella cappelletta, dove il signor Fedele e il padre Anacleto, s'erano
incontrati colla signora Maddalena il giorno innanzi; non sognando che
l'indomani fosse per passarvi tanta briga d'armati. Là trovarono la
gola, per cui varcava la via, assiepata di grossa compagnia di
Francesi, i quali davano loro le spalle; e viste biancheggiar nella
nebbia, le bandoliere delle daghe e delle patrone, che si incrociavano
sulle loro schiene, ponevano in cuore un po' di sgomento. Don Marco e
Giuliano si arrestarono a pochi passi da quella schiera, piantata là
in silenzio solenne: e spinsero lo sguardo, se nulla si potesse
scoprire più oltre. Ma la vista era impedita dalla nebbia che
incominciava appena a risolversi; nè di lontano nè da vicino veniva
nessun rumore, salvo che quello dei goccioloni di guazza, cadenti da
foglia a foglia di sui castagni. Giuliano si sentì pungere dal gran
desiderio di andare innanzi; ma non gli reggendo il cuore di tirar
seco don Marco a chi sa quali sbarragli; voltosi a un tratto a lui,
gli disse:
«Maestro, dia retta a me....»
«Io faccio tutto quel che ti pare.
«Si lasci accompagnare indietro.
«Ora poi mi offendi--disse dolcemente don Marco, ti ho detto sin da
C..... l'animo mio; e se tu non puoi stare con me, mi raccomanderò a
quest'uffiziale che ci viene incontro.
«Allora tiriamo innanzi.»
Con questo discorso s'avvicinarono ai Francesi, e tra le faccie di
quei soldati volte di sopra le spalle a guardare chi venisse; il prete
ne vide di così dolci, tranquille e giovanili, che gli parve d'essere
in mezzo alla sua scolaresca. Altre erano fiere come di centauri;
altre segnate di certi sberleffi, che egli non le poteva guardare
senza stupore.
«Oh! ancora qui, voi signor chirurgo?--sclamava, con clamorosa
piacevolezza, l'uffiziale visto da don Marco venire incontro a lui a
al suo scolaro:--ieri sera mi coglieste a quel convento del diavolo,
che non ho potuto bruciare del tutto; adesso mi trovate qui alla
retroguardia: pazienza! Costì il vostro compagno, che all'abito mi
pare un prete, m'insegna che gli ultimi saranno i primi, e i primi gli
ultimi, anco in paradiso.
«E che novità abbiamo?--chiese Giuliano, per finirla colle freddure
del Francese.
«Ve le saprò dire stassera, se avrò ballato di gamba sana. Oh! a
proposito, noi dobbiamo essere poco discosti dal vostro paese?
«Men che tre miglia.
«Buona cosa a sapersi: stassera vi invito a cenare in casa vostra,
che? i suonatori accordano i clarini....... signor chirurgo,
buonaventura.»--E così dicendo il capitano tornò al suo posto.
Appunto alcune schiopettate, come d'una caccia mattutina, s'udirono in
quell'istante, giù giù nella valle; e il sole levandosi, illuminava le
vette dell'ampio semicerchio d'alture, che chiudono il pian di D...
dalla parte di tramontana. Allora nei vigneti e nelle macchie, si vide
uno scintillar d'armi; e basso nei prati e nei campi, diradata la
nebbia, apparvero le colonne Francesi, intente ad attelarsi, nel
silenzio altissimo che regnava sulla campagna. Quel silenzio pareva
stupore degli uomini e della natura: e lo rompeva a tratti qualche
squillo di tromba, come voce mandata da qualche genio guerriero a
significare al più destro dei due capitani, quali fossero i luoghi più
acconci all'offendere, alle difese, a guadagnar la giornata.
«Era imminente una battaglia, nella quale da una parte dovevano
combattere un ardire inestimabile, e l'incentivo di vittorie fresche:
dall'altra una grande costanza, una stabilità provata negli ordini, i
luoghi forti ed affortificati, ed un'artiglieria elettissima.» E per
poco, questa battaglia io non la ricopio di netto dalla storia del
Botta; il quale ne parla come di cosa veduta, e il campo descrive a
puntino, come fosse stato un podere suo. Chi legge è messo da lui così
nella mischia, che gli pare d'assalire i colli, guadagnare le vette,
correre tutto un giorno il piano da un capo all'altro; a portare gli
ordini dei capitani, a raccogliere i feriti, a chiudere gli occhi ai
morti; ognuno secondo la propria natura. E chi parteggia pei Francesi,
vede con dolore la vittoria inclinare da principio sulle due ali, a
favore degli imperiali; e il passo in cui consiste l'importanza del
fatto, assaltato e difeso con ammirabile costanza. Torna umiliato
colle fanterie, che non hanno potuto superare quel passo, munito di
due cannoni, tra il fumo dei quali una grossa squadra d'ulani guata
ghignando: ma finalmente gli si snoda il cuore, applaude alla
cavalleria Francese che si fa avanti, s'accende, spera; e si lancia
con essa, contro la cavalleria Alemanna, a investirla, a fugarla, a
farla finita.
Fra i nostri personaggi, quella che meglio degli altri vide le cose
descritte dal Botta, e il gran cozzo dei cavalieri, fu Bianca; la
quale non aveva pensato a quella sorta di tornei, quando il padre
Anacleto, dirizzandola al matrimonio, le empieva la mente di oblìo, di
castelli e di fole. La povera donna, lasciata il giorno innanzi dal
babbo e dallo sposo, nel modo che il lettore ricorda; era caduta in
tale scoramento, che al vecchio servitore, e a donna Placidia corsa ad
aiutarla, era parso di poter far Gesù con tre mani, essendo in capo a
parecchie ore riusciti a tirarla un po' su, e a capacitarla, che colle
querele non rimediava a nulla. Poi il pievano l'aveva servita,
scrivendo al nome di lei, la lettera portata da Mattia al padre
Anacleto; e siccome in quella essa aveva pregato il frate a far sì che
il babbo, la zia, Margherita, si rifugiassero a D..., per campare dai
giacobini; s'era rassegnata ad aspettare, e a dar retta alle
consolazioni di donna Placidia. Ma passato il giorno, passata la
notte, aspetta e sospira, Mattia non fu più visto tornare: spuntò il
sole di quel mattino, e lo sposo anch'esso non si facendo rivedere;
Bianca si lanciò al balcone come per buttarsi giù disperata; e vide i
due eserciti occupar la campagna, ponendosi lenti di fronte. Capì....
accusò il padre, il frate, sè stessa tutti, salvo che l'Alemanno; e
dal sentirsi sola, pigliò la forza di tenersi ritta, finchè la sua
sciagura fosse compiuta. Rimasta a quel balcone, non tolse più
l'occhio dalla cavalleria Alemanna, che tutto il giorno volteggiò di
su di giù, di qua di là, per i campi; e verso sera la vide salire un
dolce pendìo, e porsi sul lembo della pianura, che s'allargava dalla
parte donde venivano i Francesi. Le migliaia d'uomini azzuffatti in
ogni parte, erano nulla per lei: sapeva che il marito conduceva quella
cavalleria, e non cercava che lui in mezzo a quel nugolo di cavalli,
avvolti a tratti nel fumo della battaglia, che il vento soffiava loro
addosso. I pennoncelli delle lance tremolavano come fossero
drappellati a festa sul capo dei cavalieri, e parevano esprimere i
moti dei loro cuori, spazientiti del troppo indugio a rompere nella
mischia.
«Eccolo--pensava--egli è laggiù.... e si direbbe che non aspetti altro
che il segno, per correre a farsi uccidere, come se io non fossi più
viva.... Io...! ma che gli importa di me? Non m'ha più cercata da
ieri...! La gloria.... la gloria egli vuole; e che io triboli
pure!.... Ahimè!... padre Anacleto, dove m'ha condotta! E se
quell'altro fosse davvero nel campo di là...? se s'incontrassero? Oh
venisse notte; benedetto sole va sotto, va sotto...! ave Maria...!»
A un tratto, e mentre appunto cadeva il sole, essa vide partirsi di
lontano, e come turbine venir cacciandosi innanzi la polvere, una
squadra di cavalieri Francesi; e quelli condotti da suo marito, calar
le lance, curvarsi sul collo ai cavalli, spiccarsi ad incontrarla; e
urtarsi, confondersi, fare un viluppo, su cui si levò un polverìo
denso e diffuso. Allora parve alla povera Bianca d'essere afferrata
pei capelli, levata in alto, e precipitata di lassù; le mancò il
cuore, diede un grido, cadde riversa sul pavimento; e forse colla
fantasia delirante, continuò a vedere quello che avvenne nella zuffa
tremenda.
Al primo urtarsi delle due cavallerie, era stato un tempestar di
spade; un rombar di lance rotate in molinelli abbaglianti; un
mescolarsi di valentuomini che mai il più fiero. E ognuno dei
cavalieri faceva per sè molto bene la bisogna di menare e parare colpi
terribili; ma tutti avevano visto alla sfuggita, i due comandanti
azzuffarsi tra loro, calar fendenti non più veduti, dacchè le armadure
della vecchia cavalleria erano state smesse; e vibrare di punta,
proprio colla voluttà feroce, ognuno di sparar l'avversario, e
passarlo fuor fuori, spingendogli fino all'elsa nel petto. I cavalli
assentivano ai moti dei due capitani, come avessero intelletto d'odio
quanto essi; e inveleniti lavoravano di morsi, e nitrivano
selvaggiamente, quasi a spaurire i vicini che facessero largo ai due
prodi. Già le lame intaccate avevano mandato schegge e faville; e
molte lance spezzate cadevano di mano agli ulani; già tra le due parti
si scambiavano parole ingiuriose di resa, e molti erano caduti. Ma se
fosse bisognato una parola o una goccia di sangue dell'uno o
dell'altro di quei due, a cessare la zuffa; pareva che avrebbero
potuto sterminarsi a loro agio tutti, tanta era la loro maestria nel
pararsi e lo sdegno del darsi vinti. Senonchè in quel volteggiare
l'Alemanno si trovò un istante colla fronte volta al borgo, e
un'occhiata al castello non potè non darla, forse a cercare se la sua
sposa sventolasse di lassù qualche segno di saluto o di plauso. Fu
come se egli avesse detto: «guai a me!» perchè appunto un fendente del
Francese gli ruppe il berrettone, gli spaccò il cranio, gli empiè gli
occhi di sangue. Egli aperse le braccia, diede del petto sul collo del
cavallo, il quale alla corsa in cui ruppe, parve lo volesse portare in
salvo; ma non ebbe fatti due lanci che il misero stramazzò di sella,
piombando morto.... E gli passò sul petto la furia dei suoi, fuggenti