Storia della Guerra della Independenza degli Stati Uniti di America, vol. 3 - 26

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la Contessa di Scarborough di 20. Non così tosto ebbe Pearson veduto
l'armata di Jones, che s'allargava per andarla a combattere, mentre le
navi mercantili ogni sforzo facevano per avvicinarsi alla spiaggia.
L'Americano si ordinò alla battaglia. Si avventarono alle sette della
sera l'uno contro l'altro molto accanitamente. Combattevano le due parti
con eguale valore. Ma la Serapide più grossa, e più destra si
avvantaggiava. Paolo per ragguagliarsi volle combattere più
manescamente. Accostò perciò la sua alla fregata inglese, dimodochè
l'una ne venne a sprolungar l'altra, e s'impacciarono le antenne loro
insieme, ed i gusci diventarono sì vicini, che le gioie dei cannoni si
toccavano; In questo stato continuarono a combattere dalle otto sino
dopo le dieci con un coraggio da chiamarsi piuttosto furore, che valore.
Ma le artiglierie dell'Americano poco erano atte a far danno al nemico;
perchè avendo ricevuto molte botte di grosse palle a fior di acqua gli
era stata tolta ogni facoltà di poter più scaricare quelle del ponte di
sotto, e di quelle del ponte superiore due, o tre erano scoppiate ai
tiri con morte di coloro che le ministravano. Restavangli a poterle
usare soltanto tre, e con queste iva facendo quella miglior difesa che
poteva, ponendo la mira agli alberi della fregata nemica, e traendo con
palle armate, e ramate; ma accorgendosi di far poco frutto colle
artiglierie, si voltò Jones ad un altro modo di combattere. Avventò una
quantità grandissima di granate e d'altri fuochi lavorati dentro la
Serapide. Ma entrando già l'acqua a furia pe' luoghi rotti dentro la
sentina del Bon-homme Richard, si abbassava esso, e pareva volesse
affondare. La qual cosa vedutasi da alcuni uffiziali di Jones, gli
dissero: _capitano, vogliamo noi arrenderci? No_, rispose egli con una
voce terribile; ed intanto attendeva a gettar fuochi. Già ardeva la
Serapide in varj luoghi; a gran fatica potevano gl'Inglesi spegnere.
Infine un cartoccio pigliò fuoco, e tutti gli altri insieme
s'accendevano nel medesimo tempo con orribile scoppio. Ne rimaser morti
tutti coloro, che si trovarono presso l'artimone, e le vicine
artiglierie non si potevano più usare. Pure Pearson non si perdeva
d'animo. Comandava a' suoi, andassero all'abbordo. Si accingevano; ma
Paolo non se ne stava. Mentre gl'Inglesi salivano, ecco gli Americani in
fila colle picche abbassate in sembianza molto terribile. Si levavan
quelli dal pensiero, e si ritiravano di nuovo alla nave loro. In questo
mezzo si era appiccato il fuoco dalla Serapide al Bon-homme Richard, e
tutte due ardevano. Ma gli uomini ostinati tuttavia non si piegavano a
tanto furor degli elementi. Già s'era fatto buio. Solo le fiamme miste
col fumo, che sino al cielo s'innalzavano, rischiaravano l'aria lontano,
mentre ingombravano la vista dei combattenti. In questo momento
sopraggiunse l'altra fregata americana l'Alleanza, la quale, in mezzo a
quell'orribile scombuglio, non distinguendo gli amici dai nemici, tirò
di una intiera, fiancata al Bon-homme Richard, e molti uccise di coloro,
che sopravvissuto avevano fin là a tante cagioni di morte. Accortasi
poscia dell'errore, si volse con maggior rabbia contro la Serapide. Il
valoroso Inglese, morti, e feriti gran parte de' suoi, rotte le
artiglierie, la nave mezz'abbronzata, crescendo tuttavia le fiamme
svelto l'albero maestro, s'arrendè. Marinati i suoi, tutti correvano a
spegner il fuoco. Nel che riuscirono. Altri erano intentissimi ad
aggottar l'acqua, che dalle sfessature delle pareti in gran copia era
entrata nel Bon-homme Richard, ma ciò con poco frutto, perciocchè il
giorno susseguente andò a fondo. Di 375, che erano sul Bon-homme
Richard, trecento sei furono morti, o feriti. Ebbero gl'Inglesi 49
morti, e 68 feriti. Non si troverà negli annali delle storie, pieni per
altro di tante aspre battaglie una, che più di questa sia stata per
tutte le circostanze tremenda, nè più ostinata, nè più sanguinosa. Nel
medesimo tempo la fregata la Pallade aveva combattuto contro la Contessa
di Scarborough, e l'ebbe presa dopo un'ostinata resistenza. Paolo Jones,
avuta sì difficile, e sì luttuosa vittoria, dopo d'avere errato pei
venti contrarj molti dì colle navi fracassate pel mare del Nort, pose
finalmente il giorno sei d'ottobre nell'acque del Texel.
[1780]
Questi, che abbiamo narrati, furono in sul finir del 1779 in Europa gli
avvenimenti della guerra, dacchè la Spagna si era accostata alla lega
contro l'Inghilterra. Ma in sull'entrar del seguente, si discoprirono
presso altri potentati mali umori contro della medesima, i quali
facevano temere o di vicine ostilità dal canto loro, od almeno di poco
sicura amicizia. Avevano gli Olandesi, durante tutto il corso della
guerra, esercitato di nascosto un traffico molto profittevole, il quale
in questo consisteva che portassero nei porti della Francia le legna
acconcie alle costruzioni navali, ed oggetti necessarj all'esercizio
della guerra principalmente marittima. Di ciò avevano gl'Inglesi
notizia, ed il governo britannico se n'era spesso doluto gravemente
cogli Stati Generali, come di cosa contraria, non solo a quelle regole,
che l'Inghilterra era solita di seguire a' tempi di guerra rispetto al
commercio dei neutrali, e da questi o espressamente, o tacitamente
ammesse, ma ancora ai capitoli dei trattati di alleanza e di commercio,
che l'uno e l'altro Stato congiungevano. S'era anche il medesimo governo
doluto della protezione, che si concedeva nei porti olandesi ai corsari
sì francesi, che americani. Rispose a queste parole il governo d'Olanda,
o negando, o vagando. Tra le altre scappate si ebbe in Inghilterra
sull'entrar di gennaio l'avviso, che una numerosa carovana di navi
olandesi cariche di munizioni navali in servizio della Francia era in
via per recarsi nei porti di questa; e che per ischivar il pericolo
dell'esser intrapresa dai bastimenti inglesi, i quali in questa bisogna
stavano vigilantissimi, s'era posta a seguitar il conte Byland, che con
un'armatetta di navi da guerra e di fregate conviava un'altra conserva
di navi mercantili per alla volta del Mediterraneo. Mandavasi
dall'Inghilterra il capitano Fielding con un numero di navi sufficiente,
acciò visitasse la conserva, e quelle navi, che portassero robe di
contrabbando, pigliasse. Arrivato Fielding vicino agli Olandesi
chiedette, se gli permettesse di visitare le navi mercantili. Risposero
del no. Ciò nonostante mandò egli alcuni legni, perchè andassero a far
questo uffizio. Gli Olandesi trassero di alcune cannonate, e
l'impedirono. L'Inglese allora trasse alcuni colpi avanti prua al conte
Byland, e questi lo rincalzò con una intiera fiancata. Un'altra simile
ne mandò Fielding; l'Olandese non potendo resistere, abbassata la tenda,
si arrendè. Ma intanto la maggior parte delle navi, che portavano le
cose riputate essere di frodo, s'erano allargate, e viaggiando
velocemente recate si erano a salvamento nei porti francesi. Le
rimanenti furono arrestate. Ciò fatto, il capitano inglese fece a sapere
all'ammiraglio olandese che stava in facoltà sua di alzar di nuovo le
insegne, e di andarsene al suo viaggio. Rizzò egli bene le insegne, ma
in quanto a continuar nell'intrapreso cammino, non volle consentire.
Anzi non volendo separarsi da quella parte della conserva, ch'era venuta
in mano degl'Inglesi, l'accompagnò, ed entrò con essi nel porto di
Spithead. I bastimenti, ed i carichi furono, come di frodo, posti al
fisco. Pervenuta la notizia di queste cose in Olanda, vi si levò un
grandissimo romore. Principalmente quei ch'erano amici alla parte dei
Francesi, perciocchè a quei tempi tutta la nazione olandese era divisa
in due Sette, francese, ed inglese, si risentirono gravemente, e
gridavano, non doversi a patto nissuno un tanto insulto pazientemente
tollerare. Questo fatto fece anche cader l'animo a coloro, i quali
favorivano le cose degl'Inglesi. Si vedeva chiaramente, che
quest'affrontata sarebbe stata cagione di nuova guerra, la quale non che
temessero, forse desideravano gl'Inglesi: perchè amavano meglio la
guerra aperta, che quei soccorsi dati di soppiatto al nemico, ed avevano
posto l'occhio alle smisurate ricchezze olandesi, che o viaggiavano sui
mari colla sicurezza della pace, o stavano nelle lontane isole ammassate
senza le necessarie difese. Gli Olandesi poi non erano in modo nissuno,
e forse non sì tosto sarebbero stati apparecchiati alla guerra.
Questo caso, gli uffizj della Francia, il voler giovarsi della difficile
condizione, in cui allora si trovava la Gran-Brettagna assalita da
tanti, e sì possenti nemici, e soprattutto il desiderio di liberare a'
tempi di guerra il commercio dei sudditi dalle molestie inglesi fecero
di modo, che si stipulò tra i potentati del Nort quella solenne lega,
alla quale diedero il nome di _Neutralità armata_. Se non il primo
autore, certo, capo e guida di questa fu Caterina, Imperatrice delle
Russie, alla quale si accostarono tosto i due Re di Svezia e di
Danimarca. I primi principj di questa lega furono, che le navi neutrali
debbono poter navigar liberamente anche da un porto all'altro, e sulle
coste dei potentati guerreggianti; che tutte le robe appartenenti a'
sudditi dei potentati guerreggianti abbiano ad essere riputate libere a
bordo delle navi neutrali, eccettuate solo quelle, le quali fossero per
qualche antecedente trattato chiarite di contrabbando; che per
determinare, quali siano quelle robe, che abbiano a riputarsi di
contrabbando, l'Imperatrice Caterina si riferiva agli articoli decimo ed
undecimo del suo trattato di commercio colla Gran-Brettagna,
estendendone anche le obbligazioni a tutti gli altri potentati
guerreggianti; che per definire, quali siano quei porti, che si debbono
riputar bloccati, s'intenda, che tali debbano riputarsi quelli
solamente, avanti, e sì vicino ai quali stanzino attualmente vascelli
nemici in tal numero, che ne sia diventato l'entrarvi dentro pericoloso:
che questi principj debbano servire come regole nei processi giudiziali,
e nelle sentenze da profferirsi intorno la legalità delle prede. Questi
erano i principj fondamentali della lega, per l'esecuzione dei quali i
tre alleati determinarono, che ciascuno tenesse una parte delle sue
flotte allestita, ed in tali luoghi la collocasse, che venisse a
formarsi una seguenza non interrotta di navi dei confederati
apparecchiate a proteggere il comune commercio, ed a prestarsi
scambievolmente aiuto ed assistenza. Fermarono ancora che allorquando
una nave qualsivoglia avesse provato per mezzo delle sue scritture, che
non portasse robe di contrabbando, le fosse concessa l'accompagnatura
delle navi da guerra, sotto la custodia delle quali avesse a porsi, e
che avessero ad impedire, non venisse arrestata, o dal suo cammino
svolta. Questo capitolo, il quale attribuiva solo allo Stato
interessato, od a' suoi alleati la facoltà di giudicare della qualità
dei carichi in rispetto al contrabbando, pareva escludere il diritto di
visita tanto instantemente preteso dall'Inghilterra, contro la quale
malgrado, che si parlasse con termini generali, si vedeva manifestamente
essere indirizzato tutto questo apparato della lega. Aggiunsero gli
alleati a queste stipulazioni parole magnifiche; che difendevano i
diritti della natura e delle nazioni; che stabilivano le libertà
dell'uman genere; che procacciavano la felicità e la prosperità
dell'Europa. Per verità tutte le nazioni europee, eccettuata solo
l'Inglese, si mostrarono grandemente contente a questo nuovo disegno dei
Re del Nort, e tutte lodavano, e sino al cielo innalzavano la sapienza e
la magnanimità di Caterina seconda. Tanto era l'odio, che contro di sè
aveva concitato l'Inghilterra co' suoi portamenti sul mare. Furono i
capitoli della lega comunicati a tutti i potentati d'Europa,
principalmente alla Francia, alla Spagna, all'Olanda, all'Inghilterra ed
al Portogallo, e nell'istesso tempo gl'invitarono a voler entrar anche
essi nella lega. La Francia e la Spagna, le quali sommamente
desideravano d'intorbidare alla Gran-Brettagna l'acqua di altre parti
d'Europa, oltre le magnifiche lodi date all'Imperatrice, risposero, non
solo essere contente al venire a parte della lega, ma già avere molto
prima agli ammiragli loro e capitani di mare sì fatti ordini dato, che
già eran le massime della neutralità armata poste da loro in esecuzione,
avendo la giustizia della cosa prodotto in elle quegli effetti, che ora
coi capitoli della lega avevano i potentati del Nort confermato. Il
Portogallo per la grande introduzione, che aveva a quella Corte il nome
inglese, o dependente o fedele all'Inghilterra, se ne scusò. Le Province
Unite dell'Olanda stavano intanto deliberando quello che fosse a fare.
Già avevano i ministri britannici, o desiderando, o temendo quello che
doveva avvenire, e per fare iscoprir gli Olandesi, richiestigli,
fornissero all'Inghilterra i sussidj stipulati nel trattato d'alleanza.
Al che questi, in nome per la inevitabile tardità delle deliberazioni
loro, in fatto perchè non gli volevano concedere, non avevano fatto
ancora alcun segno di voler acconsentire. Onde il Re della
Gran-Brettagna, per toccar il fondo della cosa, e per impedire i governi
delle Province Unite, non si accostassero alla lega del Nort, col
dimostrar loro, che nonostante il numero e la potenza dei nemici, che lo
premevano, si era peraltro al tutto risoluto al venirne con essi loro
agli estremi casi, quando le antiche regole della neutralità non
osservassero, giacchè a quelle dell'alleanza soddisfare non volevano,
mandò fuori un ordine, col quale significò, che il non aver voluto
mantener gli obblighi della confederazione da parte delle Province Unite
era da riputarsi, come un rompimento dell'alleanza. Dichiarò perciò, che
quella repubblica, ed i sudditi di lei erano scaduti da quei privilegj
che il trattato d'alleanza aveva loro conferiti; e si dovevano per
l'avvenire tener in quel grado medesimo, in cui si tenevano le altre
nazioni neutrali non alleate. In questa maniera il Re britannico, anche
prima, che avesse avuto la negativa espressa alla sua richiesta, si
disobbligò dal trattato d'alleanza, sperando con questo risoluto
consiglio d'intimorir gli Olandesi sì fattamente, che non fossero per
entrar nella lega contro di sè ordita pressochè generalmente in Europa.
La cosa non ebbe effetto. Le parti francesi erano troppo gagliarde nelle
Province Unite, massimamente in quella d'Olanda tanto principale, e
nella Frisia occidentale, e gli animi vi erano troppo alterati
dall'insulto fatto al Byland. Laonde dopo molte e frequenti consulte,
tutte di consentimento concorde deliberarono, non esser da concedersi i
soccorsi richiesti all'Inghilterra; doversi dare le accompagnature delle
navi da guerra alle conserve mercantili della repubblica, di qualunque
natura ne fossero i carichi, eccettuati solo quelli, che per le
stipulazioni fatte nei trattati potessero riputarsi di contrabbando.
Accettassesi con grato animo l'invito dell'Imperatrice delle Russie, ed
a questo fine s'intavolasse un negoziato col principe di Gallitzin,
Inviato straordinario di Sua Maestà presso gli Stati Generali.
Ma l'Inghilterra trovandosi con tanti nemici addosso, e vedendo la
Russia tanto potente, e l'alleanza della quale tanto le era necessaria,
tentennare, alla proposta della lega senza volersi restringere, rispose
spacciando pel generale, ed iva dando del buono per la pace. In mezzo a
tanti e sì possenti nemici, o già scoperti o vicini allo scoprirsi, non
solo non si sgomentava, ma ancora continuava nel disegno di voler la
guerra offensiva proseguire nella Terra-ferma americana. Solo, come
abbiamo narrato, si consigliò, lasciati gagliardi presidj nella
Nuova-Jork, portarla contro le province meridionali. A questo fine, e
per abilitar Clinton alla impresa delle Caroline, era partito il mese di
maggio dall'Inghilterra l'ammiraglio Arbuthnot per alla volta
dell'America con una flotta di navi armate, e con meglio di quattrocento
vascelli da carico. Ma come prima si era scostato dalle spiagge
dell'Inghilterra, ebbe avviso, avere i Francesi sotto la condotta del
principe di Nassau assaggiato L'Isola di Jersey, situata presso le coste
della Normandia. Seguendo meglio la necessità del frangente, che gli
ordini che teneva, rimandate indietro a Torbay le conserve, si recò
coll'armata in soccorso del presidio di Jersey. Riuscì vano il tentativo
dei Francesi. Di nuovo l'Arbuthnot si avviò verso l'America. Ma tali
furono gli accidenti contrarj del tempo e dei venti, ch'egli ebbe ad
incontrare pel soprastamento fatto nell'impresa di Jersey, che penò
assai lungo tempo, prima che potesse dalle terre dell'Inghilterra
allargandosi, entrar nell'alto mare, e veleggiare alla distesa verso
l'America. Non arrivò alla Nuova-Jork, se non se in sull'uscir d'agosto.
Ma però non si mossero gl'Inglesi; perciocchè temevano di D'Estaing, il
quale si trovava allora all'impresa di Savanna. Finalmente, avuto le
novelle dell'esito di quella e della partenza dell'ammiraglio francese
dalle spiagge americane, aveva Clinton imbarcato settemila soldati, e,
scortato dall'ammiraglio Arbuthnot, era partito per all'impresa della
Carolina il giorno 26 di decembre del trascorso anno.
E non solo intendeva l'Inghilterra di volere con gagliardo sforzo
continuar la guerra sul continente americano, ma ancora difendersi, ed
offendere, secondochè la opportunità si scoprirebbe, nelle Antille. Per
la qual cosa i ministri si erano risoluti a mandar con un rinforzo di
navi e di genti in quelle spiagge l'ammiraglio Rodney, uomo, nel quale
ed essi e tutta la nazione britannica avevano una grandissima confidenza
posta. Alla qual deliberazione tanto più volentieri si accostarono,
quanto che sapevano, che i Francesi stavano per far partire a quella
volta un simile rinforzo sotto la guida del conte di Guichen. Ma però,
prima che colà si avviasse, vollero, andasse ad una impresa di molta
importanza. Dai primi tempi, in cui si era rotta la guerra colla Spagna,
avevano gli Spagnuoli assediato, e bloccato per mare e per terra la
Fortezza di Gibilterra. Era stato preposto alla bisogna dell'assedio
l'ammiraglio Don Barcelo, uomo vigilantissimo, il quale con ogni maggior
industria impediva, non trapelassero dentro munizioni di sorta alcuna.
Il presidio già incominciava a pruovare grande carestia di vettovaglie,
e molto a patirne. Nè aveva speranza di poterne ricevere dalle vicine
spiagge per mezzo dei traforelli e delle saettìe, che la diligenza de'
Spagnuoli schivassero; essendochè i Barbari, che abitano le coste
dell'Affrica, e massimamente l'Imperatore di Marocco, veduto ch'ebbero,
essere gl'Inglesi al di sotto nel Mediterraneo, si erano volti a favorir
gli Spagnuoli. Così i Gibilterrani erano a grandissima stretta di
vittuaglia, e nello stesso tempo si ritrovavano del tutto privi di
quell'abbondante procaccio, ch'erano stati usi fin là di fare sulle
vicine coste della Barbaria. Nè altra via v'era a vettovagliar la
Fortezza, sè non se dall'Inghilterra, e per mezzo di grosse
accompagnature di navi da guerra date ai bastimenti da carico. Quest'era
l'impresa, che doveva fornire Rodney. Partì dai porti d'Inghilterra in
sull'entrar del presente anno con un'armata di ventuna nave da guerra,
ed una numerosa carovana di navi annonarie. Favorì la fortuna questi
suoi primi conati. Giunto egli verso il Capo Finisterra cozzava in una
conserva spagnuola di quindici navi da carico accompagnata dalla nave di
alto bordo il Guipuscoa di 64 cannoni, da quattro fregate, e da due
altri legni minori armati in guerra. Andavano da San Sebastiano a Cadice
a fine di portar le munizioni sì da guerra che da bocca all'armata, che
in questo porto si trovava assembrata. Data loro la caccia, tutte le
pigliò di colpo, ricca, e molt'opportuna preda al vincitore. Oltre la
presa del Guipuscoa, nuova e bellissima nave, quelle da carico alcune
portavano una notabile quantità di frumento e di farine, siccome pure
altre provvisioni, munizioni da guerra, ed attrezzi navali. Le prime
condusse a Gibilterra, le navali mandò in Inghilterra, dove se ne aveva
grandissimo bisogno.
Ma un altro più grande e più prospero successo riserbavano i cieli alla
fortuna di Rodney. Il giorno 16 di gennaio, s'abbattè presso il Capo
Santa Maria in un'armata spagnuola di nove vascelli di alto bordo, la
quale sotto il governo di Don Giovanni Langara stava presso il capo
medesimo, non dubitando di pericolo alcuno, in crociata. Avrebbe
l'ammiraglio spagnuolo, se avesse voluto, potuto schivar l'incontro di
una forza tanto alla sua superiore. Ma in luogo di mandare, tosto che
discoperse dall'alto delle gagge le vele nemiche, le fregate a
sopravvedere, ed a riconoscere il numero e la forza loro, e quindi
ritrarsi ai porti, mise tosto le sue in ordine di battaglia. Quando poi,
approssimatisi vieppiù gl'Inglesi, ebbe osservato, quanto fossero di lui
più gagliardi, si affaticò per tirarsi indietro; ma già non era più
tempo. L'ammiraglio Rodney aveva ordinato a' suoi, dessero la caccia,
dimodochè potessero guadagnar il sottovento per mozzare agli Spagnuoli
la ritirata ai porti. Essendo i vascelli inglesi molto più destri al
correre, che gli spagnuoli, riuscirono nel disegno. Quindi la battaglia
diventò inevitabile. Don Giovanni si difendette con grandissimo valore.
L'aspetto delle cose era oltre ogni dire terribile. L'ora era tarda, e
già incominciava ad abbuiare; il mare grosso, e tempestoso; i vicini
scogli di San Lucar accrescevano il pericolo. In questo mezzo il
vascello spagnuolo, il San Domenico, di 70 cannoni, ardeva con orribile
scoppio. Tutta la ciurma, ch'erano bene 600 persone, perirono. Durarono
la battaglia, e poscia la perseguitazione, che ne seguì dopo la rotta
degli Spagnuoli, fino alle due della mattina. La capitana denominata la
Fenice, sopra la quale si trovava Don Giovanni, e portava 80 cannoni con
tre altre di 70, fu presa, e condotta a man salva dentro il porto di
Gibilterra. Il Sant'Eugenio ed il San Giuliano vennero anch'essi in
poter degl'Inglesi, i quali ne avevano marinati gli uffiziali, e mandato
un certo numero dei loro a bordo. Ma essendo il mare molto grosso, la
notte tempestosa, trovandosi in mezzo a scogli, e mancando gl'Inglesi di
piloti, che fossero pratichi de' luoghi, si mettevano nella discrezione
degli Spagnuoli, i quali da vinti diventati vincitori ricondussero le
due navi nel porto di Cadice. Due altri vascelli grossi, ed altri più
sottili, quantunque grandemente danneggiati, nel medesimo porto si
ricoverarono. Il giorno seguente ebbero gl'Inglesi molta fatica per
sbrigarsi dalle secche, e per arrivar di nuovo nell'alto e profondo
mare. Fu Don Giovanni ferito gravemente. Ottenuta la vittoria arrivò
Rodney a Gibilterra, ed ebbevi in poco tempo scaricate tutte le navi
annonarie, in guisa che non solo fu sollevata la carestia dei viveri,
ch'era dentro la Fortezza, ma di più fu essa posta in grado di poter
sopportare senza nuovi aiuti un lungo assedio. Riempiuti con tanta
utilità della patria, e con non minore sua gloria gli ordini del Re,
verso mezzo febbraio si mise, siccome gli era stato commesso, tra via
con una parte della flotta alla volta delle Antille. Il rimanente in un
colle prede della Spagna viaggiava verso l'Inghilterra sotto la condotta
del Sotto-ammiraglio Digby. La fortuna, che s'era tanto propizia
dimostrata agl'Inglesi nell'andata loro a Gibilterra, gli volle anche
nel ritorno loro favoreggiare. Il giorno 23 di febbrajo discoprì Digby
in lontananza una flotta consistente in molte navi francesi di
differente grandezza. Quest'era una conserva, che se ne iva all'Isola di
Francia scortata dal Proteo e dall'Aiace, l'uno e l'altro di 64 cannoni,
e dalla fregata la Charmante. Governava il tutto il visconte
Du-Chilleau. Accortosi questi degl'Inglesi, con ottimo consiglio comandò
tostamente all'Aiace, ed alla più parte della conserva, si schivassero,
e velocemente per di dietro si difilassero. Egli poi da fronte raccozzò
in un gomitolo la sua propria nave il Proteo, la fregata, ed alcuni
altri legni più piccoli, e ciò affinchè il nemico, ch'era tuttavìa
lontano, ingannatosi, lo scambiasse per tutta la conserva. Lo
scaltrimento ebbe l'effetto, che se ne aspettava. Digby, non accortosi
dell'Aiace, e del grosso della conserva che se ne andavano, perseguitava
il Proteo. Fuggiva questo sì rattamente che non sarebbe stato preso. Ma
cadutogli un calcese, e perciò rallentatosegli l'abbrivo, sopraggiunsero
gl'Inglesi e lo pigliarono. Vennero anche in poter loro tre navi da
carico. Tale fu la riuscita della spedizione di Rodney a Gibilterra. Se
ne fecero in Inghilterra molti rallegramenti, sia per la cosa in se,
ch'era d'importanza sia perchè erano queste le prime felici novelle, che
da lungo tempo vi fossero pervenute. Il Parlamento rendè pubbliche ed
immortali grazie a Giorgio Rodney.
In questo modo l'Inghilterra, mentre dall'un canto sì difendeva da' suoi
nemici in Europa, n'incamminava dall'altro alle offese tanto contro i
Repubblicani sulla terra-ferma d'America, quanto contro i Francesi e gli
Spagnuoli nelle Antille. La risoluzione sua di voler durare contro tanti
e sì possenti nemici aveva riempiuto gli uomini di maraviglia. Tutti
lodavano grandemente la costanza degl'Inglesi, come di persone valorose,
e d'alto animo fornite. Gl'Inglesi, dicevano, essere il pregio e l'onore
d'Europa. Essi avere con eterna gloria loro dimostrato, come non pure
non si debba cedere all'avversa fortuna, ma eziandio in che modo opporsi
e resister si possa ad un nemico superiore di numero e di forze, essi
rinnovar ora l'esempio dì Luigi decimoquarto, Re di Francia, il quale
non solo non si smarrì, ma fe' testa, e combattè valorosamente contro
tutta l'Europa insieme congiurata a' suoi danni; essi imitare le recenti
geste di Federigo Re di Prussia, il quale non perdutosi punto d'animo
alla possente lega contro di lui ordita, quella aveva non solo
combattuto, ma ancora superato e vinto. Quegli stessi, i quali i
consigli presi dall'Inghilterra contro gli Americani biasimato ed
abbonito avevano, maravigliosamente ora la magnanimità britannica
lodavano. Queste cose diceva e pensava l'universale dei popoli. Ma gli
uomini prudenti, i quali più addentro penetravano nella verità delle
cose, comechè lodassero anch'essi la costanza inglese, tuttavia nè a
quella di Luigi decimoquarto, nè a quella di Federigo secondo
l'uguagliavano; stantechè essendo l'Inghilterra una isola, non si possa
se non se difficilissimamente nelle sue più interne parti, le quali
danno vigore e vita a tutta le altre, assaltare; e le battaglie navali
non siano altrettante determinative, quanto le terrestri. Ma in
Inghilterra veramente pareva, crescesse in un colla grandezza del
pericolo l'ardore e l'ardimento dei popoli. Quei medesimi, i quali le
deliberazioni dei Ministri rispetto all'America fin là condannato
avevano, e tuttavia condannavano, andavano sclamando; questo non essere
il tempo da far le pazzie. _Leviamci_, dicevano, _costoro da dosso, e
poi chiariremo questa partita tra noi_. S'accordavano i privati tanto
nelle più conspicue città, quanto nel contado a pagar grosse somme di
danaro per levar genti, ed ordinarle in compagnie e reggimenti. Nè solo
i privati, ma ancora i corpi politici o mercantili gareggiavano tra di
loro per concedere allo Stato la volontaria pecunia. La Compagnia
dell'Indie orientali presentò il governo con una somma bastante a levare
e spesare seimila marinari, ed offrì del suo tre vascelli di 74 cannoni.
Quindi si davano grossi caposoldi a coloro che volevano porsi sotto le
insegne in servizio del Re sì per mare che per terra. Correvano e per
questa cagione, e per amor della patria, e per odio ai Francesi ed agli
Spagnuoli numerosamente i marinari alle navi; si riempivano le compagnie
delle genti di terra, e le bande paesane con ardore maraviglioso si
ordinavano in ogni canto, e nell'armi si esercitavano. Ogni cosa in moto
per alla guerra contro i Borboni. Tutte queste cose, che si risapevano
in Europa, fecero di modo, che le nazioni, le quali da principio, quando
avevano veduto tutta la Casa dei Borboni congiurarsi e muoversi a' danni
dell'Inghilterra, e questa restar sola alle percosse di tutto il mondo,
credettero, difficilmente essa potere a tanta piena resistere, ora
venissero in questa sentenza, che l'evento della contesa, quando la
fortuna aiutasse il suo ardire avesse a riuscire, se non alla medesima
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