Storia della Guerra della Independenza degli Stati Uniti di America, vol. 3 - 03

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Baum, avendo avuto lingua, che il nemico era tanto forte, che stato
sarebbe temerario consiglio l'assaltarlo, mandò tostamente a Breyman,
informandolo del pericolo, e corresse in aiuto. Egli intanto pigliato un
forte posto presso Santcoick-mills sulle rive del Wallon-creek, o sia
Rivo delle valli a quattro miglia distante da Bennington, si
affortificava. Ma Starke, volendo prevenir la congiunzione della squadra
di Breyman, si determinò ad assaltarlo. Trasse per tanto le sue genti
fuori di Bennington la mattina dei sedici d'agosto; le divideva in
parecchie schiere, perchè accerchiassero ed assalissero da tutte le
parti gli alloggiamenti di Baum. Mentre eseguivano i comandamenti del
capitano, e già erano pervenute a veggente del nemico, questi si
persuadeva tuttora, fossero leali, che venissero in soccorso suo;
essendochè vi erano con Baum molti fuorusciti, i quali operavano in
modo, ch'egli più uso a far le guerre, che a queste aggirandole civili
prestasse fede alle solite baie e vane credenze loro. Ma accortosi
finalmente dell'errore si difendeva molto gagliardamente. Tal era però
la foga ed il numero degli Americani, che non potette lungamente
sostenergli, e già, superati tutti gli ostacoli, e presi i due cannoni,
entravano da ogni parte negli alloggiamenti. Gl'Indiani, i Canadesi, ed
i corridori inglesi spulezzando qua e là, come meglio veniva loro,
s'inselvarono. Solo gli uomini d'armi tedeschi ostinati si attestarono,
e fieramente menavano le mani. Venute lor meno le munizioni, fatto un
puntone, Baum il primo, si misero a tracollo a furia di spadate, dov'era
maggiore la pesta dei repubblicani. Ma invano si affaticavano, oppressi
tosto dalla moltitudine de' nemici. Molti rimasero uccisi; i
sopravviventi, tra i quali lo stesso Baum gravemente ferito, si arresero
a prigionieri di guerra.
Intanto Breyman si era mosso verso Bennington in soccorso de' suoi; ed
avvengadiochè fosse partito molto per tempo la mattina dei quindici, che
avesse marciato senza mai ristarsi, e la distanza non fosse oltre le
ventiquattro miglia, ciò non di meno tanti e sì gravi furono
gl'impedimenti, che incontrò per causa della malvagità della strade,
rendute ancor più difficili dalle continue piogge, dalla scarsezza dei
cavalli, e dal traino delle artiglierie, che stette un pezzo a potere
sfangare, e non potette arrivare presso il campo di Baum, se non dopo
che la fortuna s'era già del tutto inclinata a favor degli Americani.
S'aggiunse, che non ebbe avviso a tempo, che già si combattesse, ed
allora solamente ebbe le novelle dell'evento della battaglia, quando i
fuggiaschi gliele riportarono. Giugneva alle quattro dopo mezzodì agli
alloggiamenti di Baum, dove in luogo degli amici, che il ricevessero,
trovò i nemici, che lo assaltarono. Malgrado la stanchezza de' suoi, si
difendette molto risolutamente. E siccome molti fra le milizie
provinciali si eran recati in sull'abbottinare, le cose andavano molto
strette, e si correva pericolo, non acquistasse Breyman quello, che
aveva perduto Baum. Già aveva cacciato i repubblicani da parecchj posti,
che pigliati avevano sui colli, ed aspramente serrava il nemico, che
malagevolmente teneva la puntaglia. Ma non corrisposero a questi primi
principj gli altri successi: poichè sopraggiunse in questo punto Warner
col suo reggimento di stanziali, che, con gran furia premendo addosso
agl'Inglesi ed ai Tedeschi incalzanti, rinfrescava la battaglia più
feroce che prima; e le milizie, che ritornavano dalla busca, sentito il
romore, si rannodavano. Stette gran pezza, e sino all'imbrunire dubbia
la vittoria, combattendo in favore degli uni il valore e la disciplina,
in favore degli altri il numero ed il furore. Finalmente i soldati di
Breyman sopraffatti dalla folla dei nemici, consumate tutte le
munizioni, e perdute due bocche da fuoco, che con incredibile fatica
avevano condotte, cominciarono a barellare, poscia a piegare.
Abbandonato finalmente del tutto il campo di battaglia, e lasciate in
sulla furia del partire in poter dei vincitore tutte le bagaglie, un
migliaio di archibusi, e da novecento armi bianche, usarono la oscurità
della notte per ritirarsi. Perdettero i reali in questi due fatti
settecento soldati, la maggior parte prigionieri, forse dugento uccisi.
La perdita dei repubblicani fu di poca importanza. Il congresso rendè
pubbliche grazie al colonnello Starke ed alle milizie, che combattettero
in queste giornate. Starke fu eletto a brigadier-generale.
Dalla parte dei Moacchi le cose inglesi succedevano sulle prime assai
prosperamente. Aveva il colonnello Saint-Leger posto il campo sotto le
mura del Forte Stanwix agli tre d'agosto. Guidava da ottocento uomini
tra Inglesi, lanzi, Canadesi e leali americani. Seguivano una
moltitudine d'Indiani colle femmine loro, e con molta ragazzaglia, vaghi
più dell'uccidere e dell'abbottinare, che dell'assediare Fortezze. Fatta
la chiamata al colonnello Gausevoort, rispondeva questi, volersi
difendere sino allo stremo. Vedute queste cose, e conoscendo benissimo,
di quanta importanza fosse il mantener quel Forte nell'obbedienza della
lega, il generale Harkimer, uomo di grande autorità nella contea di
Tryon, aveva fatto un'accolta di soldati di milizia, e marciava
speditamente in soccorso del Gausevoort. Mandavagli dicendo dal suo
campo di Erisca, distante a sei miglia dal Forte, che gli sei si sarebbe
spinto avanti, e fatto ogni sforzo per congiungersi col presidio.
Gausevoort commetteva al luogotenente colonnello Willet, saltasse fuori
per assaltar gli alloggiamenti inglesi, e ciò per dar favore al
tentativo dell'Harkimer. Ma il capitano inglese accorgendosi di quanto
pericolo fosse l'aspettare l'inimico negli alloggiamenti, e massimamente
conoscendo, quanto gl'Indiani fossero più atti all'offendere che al
difendersi, mandava ad incontrar le genti americane il colonnello
Giovanni Johnson con una parte dei regolari e cogl'Indiani. Marciava
Harkimer molto negligentemente senza mandare avanti speculatori nè
feritori alla leggiera sui fianchi; cosa che dee far maraviglia, non
potendo essergli nascoso, quanto il paese fosse atto alle insidie, e
quanto gli Indiani fossero destri a scorrere in masnade, a dar gangheri,
ed a porre agguati. Fu loro invero offerta la occasione di far una
celata, dalla quale nacque il quasi totale eccidio delle genti
dell'Harkimer. S'appiattarono gl'Indiani con alcuni regolari nelle selve
vicine alla strada, per la quale quelle camminavano, e tostochè furono
oltrepassate, saltaron fuori con molta furia, e le soprassalirono alle
spalle, mentre che a tutt'altro pensavano fuori che a questo. Fatte le
prime scariche cogli archibusi, si avventarono gl'Indiani coi coltelli,
e con molta crudeltà ammazzarono i contrastanti e gli arrendentisi. Gli
Americani giunti in tal modo alla schiaccia si disordinarono. La strage
fu grande; e l'orribile presenza dei Barbari accresceva terrore alla
cosa. I repubblicani oppressi da sì subita rovina si riebbero per altro
finalmente, e, fatto un puntone, riuscirono ad un luogo forte, nel quale
attestati si difendevano. Nonostante sarebbero stati dal numero e dalla
furia del nemico sopraffatti, se non che, avuto questi avviso
dell'improvviso assalto dato al campo dal Willet, si ritirò. Morirono da
quattrocento Americani, tra i quali lo stesso Harkimer e molti uomini
d'autorità nella provincia, con parecchj che tenevano i principali
maestrati. La qual cosa diè speranza ai reali, che si sarebbe di breve
spenta la ribellione. La vittoria però non fu senza sangue dalla parte
loro. Alcuni fra i regolari morirono. Degl'Indiani mancarono da sessanta
tra morti e feriti, tra i quali parecchj caporioni e guerrieri più
riputati. E pare eziandio, che nel calore e nell'inviluppamento della
mischia alcuni Indiani siano stati feriti dai regolari del Johnson.
Perilchè questa gente indisciplinata ed intrattabile, pronta al
sospetto, e feroce di natura, nè avvezza a trovare sì duri incontri,
s'inritrosì, ed inferocì di vantaggio. Quindi è, che fecero prima con
bestiale immanità un'orribile beccherìa de' prigionieri, e poi
diffidantisi e renitenti, ai comandamenti dei Capi non obbedivano,
sicchè più ingombro recavano e pericolo, che forza e sicurezza
all'esercito.
Intanto Willet saltato fuori dal Forte aveva assalito con eguali
industria e valore gl'Inglesi negli alloggiamenti loro, ed a prima
giunta molti ne uccise, altri cacciò nelle selve, alcuni nel fiume. Ma
solo essendo venuto per far diversione in favore d'Harkimer, ottenuto
l'intento, si ritrasse di nuovo alle mura, portando seco a trionfo
caldaie, coltrici, moschetti, pelli di fiere ed altri arnesi, o
necessarj all'uso della guerra, o tenuti cari dagl'Indiani. Vollero i
nemici tagliargli il ritorno al Forte, e fecero un'imboscata. Ma egli,
che stava vigilante, gli combattè, e fe' star lontani a furia di
archibusate e di cannonate a scaglia. Arrivò dentro sano e salvo con
tutti i suoi; e per trofeo ammontò le armi e le bagaglie conquistate
sotto lo stendardo americano, che sventolava sulle creste della
Fortezza. Poco dopo tentò con un altro compagno, chiamato Stockewell
felicemente un'assai più pericolosa fazione. Passarono di notte tempo
per gli alloggiamenti del nemico, e non rimanendosi al grave pericolo
che correvano, nè alla crudeltà dei selvaggi, riuscirono alla larga.
Nascondendosi secondo il bisogno nelle profonde selve e nelle paludi
corsero il paese per levare genti in aiuto del Forte; azione magnanima,
e da non esser mai senza molta lode ricordata.
Il colonnello Saint-Leger, volendo usare la vittoria avuta
sull'Harkimer, sotto speranza che ne fosse la guernigione sbigottita,
intimò la resa al comandante del Forte, prima con parole per mezzo del
colonnello Butler, poscia per iscrittura. Parlò della totale distruzione
degli amici loro, dell'impossibilità all'ottener soccorso, della
disperazion delle cose. Aggiunse, che Burgoyne, superate e disperse
tutte le genti americane, stava ora in Albanìa ricevendo le promesse di
soggezione e di fedeltà dei popoli circonvicini. Molto magnificò e le
proprie forze, e quelle di Burgoyne Annunziò, che, se venissero a patti,
sarebbero verso il presidio tutti quei modi usati, coi quali soglionsi
dalle civili nazioni trattare i vinti. Ma, se si volesse in una ostinata
ed inutile difesa persistere, sarebbero non solo i soldati del presidio
diventati vittima alla bestial rabbia degl'Indiani, che già a mala pena
poteva frenare; ma ancora ogni anima vivente, o uomini, o donne, o
vecchi, o fanciulli, o infermi, o sani che si fossero, stati sarebbero
senza alcuna compassione scarpellati e morti.
Rispose gravemente, e con molta costanza Gausevoort, che gli Stati Uniti
d'America dato gli avevano in guardia la Fortezza di Schuyler; che ad
ogni rischio, e sino all'estremo spirito intendeva egli di volerla
difendere; e che non aveva mai creduto, nè credeva dovere stare, nè
curarsi agli effetti, che nascer potessero dall'adempimento del suo
dovere. Aveva benissimo conosciuto, che se il capitano inglese avesse
avuto forze sufficienti, avrebbe o fatto una modesta chiamata, od
assaltato il Forte senza intrattenersi a fare una sì bizzarra braverìa.
L'Inglese vedendo, che le insidie e le minacce erano state senza frutto,
volse tutti i suoi pensieri alla oppugnazione. Ma poco stante si
accorse, che il Forte era e meglio munito, e meglio difeso di quanto si
era persuaso. Sperimentò altresì, che le sue artiglierie non eran di tal
portata a poter fare notabile danno da una certa distanza. Perciò pigliò
il partito di avvicinarsi colle trincee al Forte, sicchè le artiglierie
far potessero sufficiente passata; ed in questo procedeva con
grandissima diligenza. Intanto gl'Indiani e per le perdite fatte, e per
esser caduti dalle speranze del depredare, ogni dì diventavano più
rotti, più precipitosi e più molesti. Ad ogni piè sospinto minacciavano
di rubare, e poi di andarsene. Vennero in questo mentre le novelle al
campo, che Arnold si avvicinava potente di numero, e con grandissima
celerità. Il vero si era, che Schuyler, udito, che si combatteva il
Forte del suo nome, aveva spedito Arnold in soccorso con una brigata di
stanziali sotto gli ordini del generale Learned, al quale si accostaron
poi mille armati alla leggiera mandati da Gates. Procedeva Arnold colla
consueta audacia e celerità alla fazione, salendo per le rive del fiume
Moacco. Giunto a mezza strada, avendo avuto avviso, che il Gausevoort
era molto stretto dal nemico, e sapendo che niuna cosa tanto nuoce al
tempo, quanto il tempo, lasciate indietro le genti di grave armatura,
con novecento dei più lesti corse più che di passo al Forte. Ebbero
tosto gl'Indiani, che stavano di continuo cogli orecchi levati,
intenzione della cosa, sia dai loro, sia dalle spie mandate avanti a
bello studio dall'Arnold, che molto la magnificavano. Al nome d'Arnold,
e nella tempera, in cui già si trovavano, se si sgomentassero, nissuno
il domandi. Sopraggiunse loro addosso quell'altra novella, forse per
l'affare di Bennington, che Burgoyne con tutto l'esercito era stato
tagliato a pezzi. Non istettero più a soprastare. Si levarono a rotta
per andarsene. S'affaticarono Saint-Leger e Johnson molto per
incoraggiarli e trattenergli, ora dicendo, che gli avrebbero condotti
eglino stessi alla battaglia in compagnia delle migliori genti loro; che
scegliessero essi medesimi il luogo del combattere; che ordinassero le
mosse, come meglio piacesse e paresse loro. In ultimo chiamò Saint-Leger
a parlamento i Capi loro, sperando che per l'autorità di questi, e per
quella di Johnson, del Claws, e del Butler soprantendenti alle cose
indiane da parte del Re, si sarebbero potuti trattenere. Ma mentre
deliberavano, gli altri sbiettavano. Pochi rimasero, e minacciavan di
peggio, se non si levava il campo. Dovettero gl'Inglesi cedere alla
fortuna. Il dì 22 agosto levarono l'assedio, ritirandosi verso il lago
Oneida. Le tende, le munizioni, le artiglierie vennero in poter della
guernigione, la quale uscita dal Forte diè loro alla coda con grave
danno. Ma maggior pericolo sovrastava loro da parte dei feroci alleati,
che non da quella de' repubblicani. Mettevano gl'Indiani durante la
ritirata, o per me' dire la fuga, a bottino le provvisioni dell'esercito
e le robe dei soldati e degli uffiziali. Nè contenti a questo scannavano
colle proprie baionette gli sbrancati. Non si potrebbe con degne parole
descrivere la miserabilità di questa rotta, il danno, lo squallore e lo
spavento delle genti regie. Arrivarono finalmente sul lago, dove
trovarono conforto e riposo. Saint-Leger se ne tornò a Monreale, e
poscia a Ticonderoga per andarsi a congiungere con Burgoyne. Arnold
arrivò al Forte due dì dopo, che era stato sciolto l'assedio. Quivi gli
abbracciamenti e le allegrezze per la ricuperata libertà, e per
l'ottenuta vittoria furon senza fine tra i soldati del presidio e quei
del soccorso.
Pei fatti di Bennington e del Forte Schuyler parve, che la fortuna
cominciasse a risguardare con lieto occhio le cose dell'America; e
siccome riuscirono inaspettati ai repubblicani, poichè in tutto il corso
di questa guerra canadese, dopo l'infelice morte di Mongommery, nulla,
che male non fosse, era loro accaduto, così diedero loro molto animo, e
da impauriti e sfiducciati ch'erano, diventarono baldanzosi e
confidentissimi. Gl'Inglesi per lo contrario ne ricevettero grandissima
perturbazione, e molto rimettettero di quella speranza e di
quell'ardire, che ai primi favorevoli riguardi della fortuna concetti
avevano. Quindi cambiossi affatto l'aspetto delle cose; e
quell'esercito, ch'era stato cagione di terrore ai repubblicani, pareva
ora a questi che avesse frappoco a diventare preda alle genti loro.
L'affare di Bennington specialmente aveva spirato grandissima fiducia in
sè stesse alle bande paesane; poichè non solo avevano combattuto, ma
sbaragliato e vinto le genti ordinate del Re, o inglesi, o tedesche che
si fossero. Quindi non si tenevano da meno che i reggimenti d'ordinanza;
e questi dal canto loro, per non iscomparire, ogni diligenza ed ogni
maggiore sforzo facevano per mantenere la opinione dell'antica
superiorità sopra le milizie. Venuta poi meno a Burgoyne la speranza di
poter ottenere le vettovaglie di Bennington, di nuovo si trovava per la
carestia in grandissime difficoltà. Ma i prosperi successi avuti dagli
Americani sotto le mura del Forte Schuyler, oltre l'aver inanimato le
milizie, aveva anche questo altro effetto operato, che liberati dal
timore di un'invasione, nel paese de' Moacchi, potettero tutte le forze
loro raccorre sulle rive dell'Hudson contro l'esercito di Burgoyne.
Quindi era, che i popoli si levavano a romore in tutta la contrada, e,
prese le armi, correvano al campo. A ciò eziandio dava occasione
l'essere a quei dì terminate le bisogne delle messi, e d'incentivo
l'esser arrivato all'esercito il generale Gates, perchè ne pigliasse in
luogo di Schuyler il governo. Era Gates salito presso gli Americani a
grandissima stima e riputazione, ed il nome suo era cagione, che gli
animi loro s'innalzassero a maggiori speranze. Era egli stato tratto dal
congresso a generale dell'esercito del Nort nella tornata dei 4 agosto,
mentre le cose si ritrovavano in grandissima declinazione. Ma non era
arrivato a Still-water, che ai ventuno. Seppe Schuyler per tempo, che
gli era mandato lo scambio. Tuttavia da quel buon cittadino ch'egli era,
aveva continuato sino all'arrivo di Gates ad usare ogni ingegno per
ristorare i danni. Già, come veduto abbiamo, aveva fatto grandissimo
frutto, ed inclinava la vittoria a favor suo. Si dolse molto amaramente
con Washington, che gli fosse interrotto il corso della fortuna, e che
altri avesse a côrre il frutto delle sue fatiche, quella vittoria
godendosi, alla quale egli aveva preparata la via. Ma volle il congresso
mandare ad un esercito perdente un capitano vittorioso. Inoltre non gli
era nascoso, che, se Schuyler era grato ai Jorchesi, era però molto in
disdetta dei Massacciuttesi, e degli altri uomini della
Nuova-Inghilterra. Il che impediva grandemente, che le genti corressero,
con quella alacrità che si desiderava, ad ingrossar l'esercito
settentrionale, il quale si trovava allora accampato nelle isole poste
là, dove il fiume Moacco mette capo nell'Hudson.
Un'altra, e molto possente cagione, che operò in modo si levassero a
calca gli Americani contro l'esercito inglese, quella era delle crudeltà
commesse dagl'Indiani sia del Saint-Leger, sia di Burgoyne, i quali non
la perdonavano nè a sesso, nè a età, nè alle opinioni. I leali
egualmente che i libertini ne furono sperperati. Quindi si detestava ed
abborriva universalmente quell'esercito, che aveva condotto seco sì
feroci ausiliarj. Le cose vere si magnificavano a bello studio dagli
scrittori ed oratori parziali, e non che a rabbia, a furore si
concitavano quelle menti già di per sè stesse cotanto inviperite. Seguì
fra gli altri un caso degno di grandissima compassione, e soggetto
bastevole a qualunque sanguinosa e spaventosa tragedia; e questo fu, che
una donzella per nome Maccrea, fanciulla non meno virtuosa che bella, di
lodevoli maniere, e di famiglia onorata, testè giuratasi ad un uffiziale
inglese, fu presa dai Barbari nelle sue case presso il Forte Edoardo, e
strascinata nelle selve con altre donne e ragazzi, ed ivi
barbarissimamente scarpellata ed uccisa. Così la infelice giovane invece
di andarsene alle liete nozze, fu tratta a crudele morte da coloro
stessi, che le paghe ricevevano dai compagni del suo diletto marito.
Inorridirono a sì inudita ferità le genti sì in America, che in Europa,
e mille volte maledirono gli autori dell'indiana guerra. Così,
com'abbiam detto, raccontano la cosa gli scrittori americani. Ma altri
narrano, che il giovane inglese per nome Jones, dubitando non succedesse
all'amata donna qualche sinistro per essere il padre suo uno de' più
ostinati leali del paese, e perchè già si sapeva l'amore, ch'ella a lui
portava, avesse a due Indiani di diverse tribù persuaso, l'andassero a
pigliare, e conducesserla sana e salva alle stanze, dove avrebbe con
eccellente premio il conduttore rimeritato. Pigliaronla i due Barbari, e
condottala nelle selve per alla volta dello sposo, venuti a contesa fra
di loro, volendo l'uno e l'altro esser solo per averne il premio intiero
nel rappresentarla, uno di essi mosso da bestial furore, rotta ad un
tratto coll'infragnitoio la testa alla sventurata fanciulla, l'ammazzò.
Burgoyne, udito sì enorme caso, fece arrestar l'ucciditore, e lo
minacciava di morte. Poco poi gli perdonò con patto, gl'Indiani, siccome
promettevano di voler fare, si astenessero da simili barbarità, e
fedelmente osservassero quelle condizioni, alle quali nel convento fatto
sulle rive del fiume Bouquet si erano obbligati. Credette il generale,
che il perdono fosse più profittevole che non l'esempio del gastigo.
Parve ancora, avesse qualche scrupolo, che per le leggi inglesi non gli
fosse lecito il riconoscere e gastigare colla pena di morte l'uccisore
della fanciulla, come se altre leggi non vi fossero fuori delle inglesi,
che gli comandassero di punire colla condegna pena l'autore di sì
orribile misfatto. Che se poi la prudenza lo avvertiva di astenersene,
debbesi in tal caso, e deplorare la debolezza, in cui era ridotto, e
detestare i consiglj di coloro, che avevano tratto i Barbari a parte di
una contesa nata fra genti polite e civili. Comunque ciò sia, la
condiscendenza di Burgoyne ritornò in capo a lui; imperciocchè
gl'Indiani, vedendo di non potere, come prima, metter ogni cosa a ruba
ed a sangue, abbandonato il campo, depredando e guastando, alle case
loro in fretta se ne tornarono. Così finì quasi del tutto in quest'anno
la guerra indiana, mal avvisata nel principio, crudele nell'atto, ed
inutile nel fine. I Canadesi medesimi ed i leali, che seguitavano
l'esercito del Re, spaventati al sinistro aspetto delle cose,
disertavano alla ricisa, dimodochè al più gran bisogno fu Burgoyne
lasciato presso che solo colle genti stanziali inglesi e tedesche.
In questo medesimo tempo gli fu fatto alle spalle da uno spicchio di
repubblicani una fazione, la quale, se loro riuscita fosse, gli avrebbe
del tutto tagliato i viveri, ed il ritorno al Canadà; e dimostrò almeno
il pericolo, ch'egli correva coll'allontanarsi sì lungo tratto con
piccolo esercito dai luoghi sicuri dei laghi. Il generale Lincoln con
una grossa banda di milizie del Nuovo-Hampshire e del Connecticut entrò
in isperanza di poter ricuperare alla lega le Fortezze di Ticonderoga e
del monte Independenza, le quali si custodivano con deboli presidj, e
per conseguente la signorìa del lago Giorgio. Arrivò egli da Manchester
a Pawlet. Divideva le sue genti in tre schiere; la prima guidata dal
colonnello Brown doveva condursi al luogo, dove si arripa dal lago
Giorgio, poi correre ad assaltar Ticonderoga; la seconda capitanata dal
colonnello Johnson cavalcasse il paese verso il Forte Independenza per
far diversione, e se l'occasione si ofrisse, tentare altresì questa
Fortezza; l'ultima poi condotta dal colonnello Woodbridge andasse ad
osteggiare Skeenesborough, il Forte Anna, e perfino il Forte Edoardo.
Brown con non minor celerità, che segretezza procedendo sorprese, e
s'impadronì di tutti i posti sul lago Giorgio, e sull'emissario per alla
via di Ticonderoga, che sono il monte Speranza, il monte Diffidenza, e
le fortificazioni francesi. Recò in poter suo dugento battelli, un
giunco armato, e parecchie barche da portar artiglierie; fe' non pochi
prigioni. Nell'istesso tempo arrivò Johnson sotto le mura del Forte
Independenza. Fecero la invitata all'una ed all'altra Fortezza. Ma il
brigadiere Powel, che l'aveva in custodia, rispose di volersi difendere.
Diedero la batteria per ben quattro giorni continui; ma non avendo
artiglierie di grossa passata, e difendendosi quei di dentro
gagliardamente, fu vano il conato, ed, abbandonata l'impresa, se ne
tornarono alle prime stanze.
Burgoyne intanto continuava ad alloggiare sulla sinistra riva
dell'Hudson, e con ogni più diligente opera s'ingegnava a far venire dal
Forte Giorgio le munizioni. Avendone finalmente con incredibile fatica e
perseveranza ammassato una quantità da poter bastare trenta giorni, si
determinò a passare dalla sinistra sulla destra riva per trovarvi e
combattere l'inimico ed aprirsi colla vittoria la strada ad Albanìa. E
siccome il fiume gonfiato dalle continue piogge aveva portato via il
ponte di foderi, un altro ne construì con battelli. Varcò il fiume del
Nort verso la metà di settembre con tutto l'esercito, e scendendo per la
destra riva andò a pigliare gli alloggiamenti parte nelle pianure, e
parte sui colli vicini a Saratoga. Gates stava colle sue genti accampato
tre miglia più su di Still-water. Per conseguente i due eserciti
fronteggiavano l'un l'altro, e si aspettava una vicina battaglia.
Questo partito di essersi volto alla passata del fiume fu da molti, e
molto acerbamente censurato; e si credette, sia stato la principal
cagione del fine, che ebbe poi tutta l'impresa. Opinarono alcuni, che
sarebbe stato miglior consiglio dopo gli affari di Bennington e di
Stanwix, e considerata la forza dell'esercito di Gates, la quale
diventava anche tutti i giorni maggiore, che Burgoyne avesse abbandonato
il pensiero di recarsi ad Albanìa, e si fosse ritirato di nuovo ai
laghi. Della qual cosa però, giusta l'opinione nostra, lo scusa il non
aver egli a quel tempo ancor ricevuto nissuna novella, nè della forza
dell'esercito lasciato nella Nuova-Jork, nè delle mosse che fosse per
fare, o fatte avesse il generale Clinton su per le rive dell'Hudson per
alla volta di Albanìa. Aspettava una efficace cooperazione da parte di
Clinton. Così portavano ed il disegno ministeriale, e le ricevute
istruzioni. E non sarebbe egli stato grandemente da riprendersi, se,
ritratto l'esercito verso Ticonderoga, avesse abbandonato Clinton a sè
stesso, ed a tutti quei vantaggi rinunziato, che l'arrivo di questi, e
la congiunzione dei due eserciti promettevano? Bene ci pare, che vana
escusazione sia stata quella, che addusse egli stesso, dicendo, che, se
fosse tornato indietro, Gates avrebbe potuto andare a congiungersi con
Washington, e tutti e due uniti, opprimendo Howe, il destino di tutta la
guerra definire. Conciossiachè non avrebbe mai Gates potuto abbandonar
le rive dell'Hudson, finchè si conservava sano e salvo l'esercito di
Burgoyne, sia che questi alloggiasse a Saratoga, sia che stanziasse a
Ticonderoga. Senza di che consistendo una gran parte dell'esercito di
Gates in milizie della Nuova-Inghilterra, queste seguitato non
l'avrebbero, quando e' si fosse recato sulle rive della Delawara. Ma se
crediamo, che Burgoyne non abbia fatto errore nel voler seguitare
l'impresa, ci pare però ch'ei non avrebbe dovuto varcar l'Hudson, ma
sibbene rimanersene sulla sinistra riva; poichè in tal caso, o sia che
avesse voluto, secondo le circostanze, ritirare l'esercito a
Ticonderoga, o sospingerlo avanti sino in Albanìa, ciò poteva molto più
facilmente eseguire, trovandosi tra il suo e quello di Gates, già fatto
più gagliardo, frapposto il grosso fiume del Nort. Le strade all'insù da
Batten-hill sino al Forte Giorgio erano più facili sulla sinistra, che
non sulla dritta, ed all'ingiù sino ad Albanìa, se non migliori, certo
poco peggiori. Egli è vero che la città di Albanìa è posta sulla destra
riva del fiume; ma quando Burgoyne fosse pervenuto rimpetto a questa
città sulla sinistra, gl'Inglesi di sotto avrebbero potuto arrivarvi coi
battelli loro, e trasportare le genti sulla destra. In ogni caso
avrebbero potuto congiungersi con quelle di Clinton. Ma Burgoyne, o
troppo confidando ne' suoi soldati, i quali erano in vero una bella e
buona gente, o troppo poco conto tenendo degli Americani, dalla quale
opinione però avrebbero dovuto rimuoverlo i fatti di Bennington e di
Stanwix, amò meglio, lasciato il partito più sicuro, andar a tentar la
fortuna col combattere l'inimico, sperando di ottenere colla vittoria,
che credeva certa, il fine di tutta l'impresa. Così nell'istessa
maniera, che i ministri britannici, male giudicando della costanza de'
coloni, si pensarono di fargli calare alle voglie loro colle leggi
rigorose, i generali, ingannatisi a gran partito intorno il coraggio di
quelli, si fecero a credere di potere solo colla vista, colla voce, e
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