Storia della Guerra della Independenza degli Stati Uniti di America, vol. 3 - 25

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mestiero tali condizioni offerire al mediatore per sè medesimo, che, ove
la pace non si potesse ottenere dalla Gran-Brettagna, potesse
gl'interessi e le armi sue a que' della Francia e dell'America
accoppiare, compiendosi in tal modo quel triumvirato, che si aveva in
mira, e che solo dar poteva la vittoria certa. Imperciocchè, sebbene le
armi della Francia e dell'America erano sufficienti per tener a bada, e
per resistere a quelle del nemico, solo la congiunzione di quelle della
Spagna poteva renderle prepotenti, ed allontanar quei mali, che
seguirebbero da un solo sinistro avvenimento; che infatti si vedeva, che
la bilancia sin là era stata uguale dalle due parti, e che un nuovo peso
era necessario per farla traboccare. Così andava Gerard battendo intorno
le buche per far uscir gli Americani. Motivava poscia delle pescagioni
di Terra-nuova, della possessione delle Floride, della navigazione del
Mississipì, dell'occupazione da farsi dalla Spagna delle terre di
ponente, che sono quelle, le quali ora compongono quel paese, che
chiamano lo Stato di Kentucky.
Il congresso, avute queste comunicazioni, andava riflettendo quello che
fosse da farsi. Da una parte considerava, che mettesse molto conto a
loro l'intervento della Spagna; dall'altra gli pareva, ch'ella ne
volesse troppo, e ripugnava grandemente al far tutte quelle concessioni,
che la Spagna e la Francia desideravano. O fosse questa ripugnanza, od i
dispareri, che ne nacquero fra i suoi membri, poichè al guarentire la
possessione delle Floride alla Spagna tutti consentivano, alla
rinunziazione della navigazione del Mississipì tutti ripugnavano, a
quella della possessione delle terre occidentali molti, a quella delle
pescagioni la maggior parte, massimamente quei della Nuova-Inghilterra,
ovvero che avessero conosciuto, che qualunque avesse ad essere la
volontà loro intorno le cose venute in disputazione, tanta era la
bramosìa della Spagna al venirne alle mani coll'Inghilterra, e tanta la
pertinacia di questa a non voler riconoscere la independenza, che in
qualunque modo si sarebbe tra le medesime rotta la guerra, indugiarono
tanto a dar le risposte, al crear i plenipotenziarj, ed al fermar le
instruzioni, che già si erano tra quei due potentati incominciate le
ostilità non solo in Europa, ma altresì in America. Già fin dal
principiar d'agosto Don Bernardo Galvez, governatore spagnuolo della
Luigiana, si era recato ad una fazione contro le possessioni inglesi del
Mississipì, la quale ebbe prospero fine. Ricevute queste novelle, e
quelle ancora, che lo stesso Don Galvez aveva nel medesimo tempo
pubblicamente a suon di tamburo riconosciuta la independenza degli Stati
Uniti nella città della Novella-Orleans, se prima esitavano, ora fatti
più arditi negarono di voler fare le concessioni. Per la qual cosa,
siccome nonostante la guerra che si era accesa tra la Spagna e
l'Inghilterra, Gerard non cessava di dire che quest'ultima si dimostrava
inclinata alla pace, e che la Francia e la Spagna vi erano
inclinatissime, commettevano nell'istruzioni al loro ministro
plenipotenziario alla Corte di Francia, ed a quello che sarebbe creato
per negoziar il trattato di pace colla Gran-Brettagna, insistessero,
acciocchè siccome il primo, ed il più grand'oggetto della guerra
difensiva, che facevano gli alleati, quello era di stabilir la
independenza degli Stati Uniti, così si avesse a porre per articolo
preliminare in ogni negoziato da introdursi coll'Inghilterra, ch'essa
trattasse con essi Stati Uniti, come con Istati sovrani, liberi ed
independenti; e che la independenza fosse assicurata e guarentita
diligentemente giusta la forma e gli effetti del trattato d'alleanza
fatta col Re Cristianissimo. In rispetto poi al diritto della pesca
sugli scanni di Terra-nuova, instassero, perchè fosse conservato ai
sudditi degli Stati Uniti; e che se l'Inghilterra turbasse loro quelle
pescagioni, fosse questo tenuto dalla Francia caso d'alleanza.
Commettevano inoltre ai plenipotenziarj, ponessero ogni ingegno, e
facessero ogni sforzo per ottener dall'Inghilterra a favor degli Stati
Uniti la cessione del Canadà e della Nuova-Scozia (essendo queste
pretensioni mosse dai Massacciuttesi ed altri deputati della
Nuova-Inghilterra); ma che però se questa proposta non si potesse
vincere, non fosse un ostacolo alla conclusione della pace. Vollero
ancora, che fossero autorizzati ad accordare una sospension d'armi
durante il tempo delle pratiche, con patto però, che l'alleato loro
anch'egli consentisse, e tutte le genti nemiche intieramente votassero i
territorj degli Stati Uniti. Queste eran le instruzioni date ai
plenipotenziarj. Nel rimanente, si governassero giusta la propria
prudenza i capitoli della lega ed i consiglj dell'alleato.
Essendo già incominciata effettualmente la guerra tra la Spagna e la
Gran-Brettagna, non poteva più il cavaliere de La-Luzerne, il quale era
venuto a Filadelfia ad iscambiar il Gerard, presso il congresso addurre,
affine di piegarlo a far le concessioni alla Spagna, la utilità e la
necessità della congiunzione delle armi spagnuole a quelle degli
alleati. Andava perciò ponendo loro sotto gli occhi il vantaggio, che ne
risulterebbe grandissimo agli Stati Uniti, se avessero seco loro
congiunto il Re Cattolico con trattati d'alleanza e di commercio, coi
quali si regolassero i comuni e vicendevoli interessi loro, sia presenti
che avvenire. Egli era chiaro, diceva, che la Spagna avrebbe giuocato di
migliore contro l'Inghilterra, ove conosciuto avesse gli utili, che
doveva ricavare da una guerra intrapresa principalmente in vantaggio e
benefizio degli Stati Uniti. Da un altro canto nissuno non vedeva,
quanto importasse a ben confermare le forze e la riputazione di essi
Stati, se la independenza loro fosse specificata e solennemente
riconosciuta da un sì grande e sì possente monarca, quale il Re
Cattolico si era, e se con esso lui si congiungessero con un trattato
d'amicizia e d'alleanza. Quest'alleanza, continuava esser in cima dei
pensieri di sua Maestà Cristianissima, la quale stretta al Re Cattolico
con tanti sacri vincoli, ed all'America con quelli della più tenera
amistà, non poteva non desiderare ardentissimamente la più intima e
durevole congiunzione fra ai loro. Molto si allargò il ministro medesimo
in tutta questa materia, aggiungendo anche altri argomenti tratti dal
diritto.
Ma tutto fu indarno. Il congresso, avvisandosi, che la Spagna entrava a
parte della guerra, non già per gl'interessi di lui, nè per istabilire
la independenza dell'America, la quale nella condizione delle cose di
allora doveva meglio stimarsi una cosa fatta, che da farsi, ma sibbene
pe' suoi proprj, e massimamente per disfare la potenza navale
dell'Inghilterra, stava in sul tirato, e non voleva salir questo nuovo
scaglione. Tuttavia per dimostrare il desiderio ch'egli aveva di fermare
il piè col Re Cattolico, creava ministro plenipotenziario presso il
medesimo Giovanni Jay, al quale comandò, che insinuatosi con esso lui
vedesse d'indurlo a contentarsi di far un trattato d'amicizia e di
commercio cogli Stati Uniti. Gli commettevano, che se il Re Cattolico
entrasse nella lega contro la Gran-Brettagna, avrebbero gli Stati Uniti
consentito, che egli assicurasse a sè stesso la possessione delle due
Floride; che anzi, quando avesse nei trattati ottenuto il consentimento
dell'Inghilterra, gliele avrebbero gli Stati Uniti guarentite, con
questa condizione, che godessero la libera navigazione del fiume
Mississipì dentro, e sino al mare. Aggiungevano, che non potevano
consentir alla rinunziazione dei territorj situati sull'oriental riva
del fiume. Gli comandavano ancora, richiedesse il Re di Francia, siccome
quello, ch'era la guida e l'indirizzatore di tutta l'impresa, fosse
contento di esser il mediatore, acciocchè i trattati colla Spagna
potessero aver luogo. Aggiunsero parecchie altre domande da farsi al Re
Cattolico. Ma per aver il congresso negato di accondiscendere a quelle
condizioni, che più stavano a cuore alla Spagna, non solamente di tutte
queste cose non se ne ottenne nissuna, ma di più, neanco quando il Re
Cattolico denunziò la guerra alla Gran-Brettagna, volle l'independenza
degli Stati Uniti riconoscere, nè accettare, nè mandar ambasciadori.
Nello stesso tempo, in cui fu eletto Jay plenipotenziario alla Corte di
Spagna, fu tratto Giovanni Adams ministro plenipotenziario per negoziar
un trattato di pace e di commercio coll'Inghilterra.
Mentre nel modo che abbiamo detto, si travagliava in America, le cose in
Europa si avvicinavano a quella riuscita, la quale tutti gli uomini
prudenti avevano preveduta, e che desideravano coloro stessi, che
facevano le viste di volersi ad un affatto contrario fine incamminare.
Aveva la Spagna tutti gli suoi apparecchiamenti marittimi a compimento
condotti, ed era giunta a quel termine, nel quale aveva deliberato di
por giù la maschera dal viso. Voleva ella apertamente venire a parte
della guerra, e, congiungendosi colla Francia, fare improvvisamente tal
danno all'Inghilterra, che, battuta la potenza navale troppo eminente di
questa, ne diventassero i Borboni signori del mare. A questo fine
volendo trovare colorata occasione di giustificar le azioni sue, si
determinò a ravvivar di modo le pratiche della mediazione introdotte in
Inghilterra, ed a stringer sì fattamente il governo inglese, che non
potesse, non venirne a capo. Per il che il marchese d'Almodovar,
ministro spagnuolo a Londra, fece nel mese di giugno una gran pressa ai
ministri britannici, perchè si discoprissero, e dessero finalmente una
risposta terminativa. Quest'uffizio fece con tanto miglior animo, che
già si sapeva, che il conte D'Orvilliers era uscito con tutta l'armata
francese da Brest, e si era volto vers'ostro per andarsi a congiungere
presso l'Isola di Cisarga colla spagnuola, la quale fornitissima di ogni
cosa stava pronta a salpare, tostochè l'altra fosse pervenuta in
quell'acque. A questa deliberazione dava altresì molto favore il
considerare, che il navilio dell'Inghilterra, colpa della necessità o
dei ministri, non era a gran pezza in tale condizione posto, che potesse
fronteggiare quelle due possenti armate accozzate insieme. Risposero i
ministri britannici, la condizione dell'independenza, anche modificata
secondo le proposizioni di Spagna, non potersi ammettere. Il ministro
spagnuolo allora partì da Londra, dopo di aver presentato al lord
Weymouth, segretario di Stato, una dichiarazione, la quale conteneva,
oltre il rifiuto dell'offerta mediazione, molti altri motivi di guerra,
come sarebbero insulti fatti sui mari alla bandiera spagnuola, correrìe
nimichevoli sulle terre del Re, instigazione ai Barbari di correre
contro i sudditi spagnuoli della Luigiana, violazioni dei diritti del Re
Cattolico nel golfo di Honduras, ed altri di simil fatta. Rispose la
Corte di Londra con un altro manifesto, col quale secondo, che si suol
fare in tali casi, ribatteva le accusazioni di quella di Madrid. Il Re
d'Inghilterra rivocò da Madrid lord Grantham suo ambasciadore. Poscia
mandò fuori un bando di rappresaglie contro la Spagna, ed un altro per
regolar le partizioni delle prede. Pubblicò eziandio la Francia a questo
tempo, siccome quella, ch'era la guidatrice ed il capo principale della
lega, un manifesto, col quale espose agli occhi degli uomini d'Europa i
motivi, pei quali le due Corti alleate erano state costrette a pigliar
l'armi ed a far la guerra. I quali motivi lungamente detti possonsi ai
seguenti ridurre: per vendicar le ingiurie, e per por fine (in questo
parlando sinceramente) a quel tirannico dominio, che l'Inghilterra aveva
usurpato, e pretendeva di mantenere sopra l'Oceano. Nè il Re di Spagna
se ne stette tacendo con questi manifesti. Anzi dopo d'aver pubblicato
due reali cedole, come le chiamano, atte a persuader a' suoi sudditi la
necessità e la giustizia della guerra, mandò fuori un assai ben lungo
manifesto, nel quale dedusse cento motivi di guerra, la maggior parte
de' quali sono dell'istessa sorta di quelli, che il marchese d'Almodovar
aveva nel suo primo manifesto annoverati. Aggiunse, ed a grande ingiuria
si recò, che i ministri britannici nel medesimo tempo in cui rifiutavano
le proposte alla scoperta fatte dalla Spagna, come mediatrice nei
negoziati della pace, erano andati di nascosto insinuandosi alla Corte
di Francia per mezzo di segreti agenti, e facendo larghissime offerte,
acciò le colonie abbandonasse, e fermasse la pace coll'Inghilterra; e
che nel punto stesso erano iti segretamente praticando per mezzo di un
altro agente col dottor Franklin a Parigi, al quale fecero diverse
proposte per ismembrar l'America dalla Francia, e perchè gli Americani
gli affari loro racconciassero colla Gran-Brettagna, profferendo loro
condizioni non pure somiglianti a quelle, che avevano e ricusate e
disdegnate, quando procedevano da parte del Re Cattolico, ma più larghe
ancora e più favorevoli. Delle quali cose le prime, vale a dire
gl'insulti fatti alle insegne spagnuole, le ostili correrìe sui
territorj del Re, le ingiuste sentenze delle Corti dell'ammiragliato
sarebbersi potute riparare, se le due parti avuto avessero a quei tempi
animi meno inimichevoli l'una contro l'altra. La seconda, cioè la
duplicità dei ministri britannici a tempo dei negoziati della
mediazione, se non è in loro da lodarsi, il che non ardiremmo di
affermare, non è tampoco da biasimarsi, e non sapremmo dire, come possa
addotta essere quale motivo di guerra. Imperciocchè queste aggirandole
nelle faccende politiche siano non solo non nuove, ma nemmeno rade, e da
tutti riputate, e massimamente da quei, che le usano, mezzi se non
onorevoli, certo tollerabili per arrivar ai fini loro. Ma il primo e
principal motivo della guerra, al quale tutti gli altri non servivano
poco altro, che di coperta, quello si era del volere la superiorità
marittima dell'Inghilterra atterrare. Nel che procedette il Re Cattolico
anzi candidamente che no, imitando anche in ciò il Re di Francia.
Perciocchè nel manifesto dichiarò, che per ottener il fine di una sicura
pace egli era d'uopo temperare l'immoderata grandezza dell'Inghilterra
sui mari, e quelle massime ch'ella soleva usare; per ottener il quale
oggetto tutti gli altri potentati marittimi, ed anzi tutte le nazioni
erano grandemente interessate. Il quale argomento, se era giusto e
lodevole, sarebbe stato anche più onorevole, se il tirannico dominio
dell'Inghilterra sui mari, del quale allora si facevano le querele, non
fosse stato sì lungo tempo alla medesima non solo comportato, ma ancora
con ella accordato. Replicò il Re della Gran-Brettagna con un altro
manifesto, nel quale non senza molt'arte si studiò di ribattere gli
argomenti dei due Re nemici, facendo anche molto instantemente le solite
protestazioni di umanità, delle quali si può dire, che dopochè sono
venute in uso presso i civili reggitori delle europee nazioni, non si
vede, che le guerre siano diventate o meno frequenti, o meno
distruggitive.
Intanto mentre le due parti in ciò si adoperavano, che la nuova guerra,
che imprendevano, fosse agli occhi degli uomini giustificata, l'uno e
l'altro Re protestando, che non erano stati i primi turbatori della
pace, le due armate francese e spagnuola congiuntesi insieme nei mari di
Spagna, spaventevoli molto all'apparenza, si appresentavano sulle coste
della Gran-Brettagna. Consistevano in sessantasei grosse navi di alto
bordo, tra le quali se ne annoveravano una spagnuola, che chiamavano la
Santa Trinità di 114 cannoni, la Brettagna di 110, e la città di Parigi
di 104, sette altre di ottanta, quindici di settantaquattro, e le altre
minori. Seguitavano una moltitudine di fregate, di giunchi, di corvette,
di fuste armate e di brulotti. Governava le due armate, come capitano
generale il conte D'Orvilliers portato dalla Brettagna, essendo la
vanguardia guidata dal conte di Guichen, e la dietroguardia da Don
Gastone. La vanguardia stessa poi era preceduta da una squadra leggiera
condotta da Latouche-Preville, consistente in cinque navi delle più
sparvierate, ed accompagnate da tutte quelle fregate, che non
appartenevano alle prime schiere. Era l'uffizio di questa squadra di
sopravvedere, di sopraccorrere, e di spazzare i mari. Teneva dietro al
retroguardo una squadra destinata anch'essa a speculare, ed alle
riscosse capitanata da Don Luigi di Cordova, e composta di sedici grosse
navi. Era, siccome pareva, il disegno degli alleati di fare una scesa
nella parte, che trovato avrebbero più opportuna, della Gran-Brettagna,
a ciò stimolati dalla grandezza dell'impresa, dalla possanza loro, dalla
condizione poco difendevole dell'Irlanda, dall'inferiorità del navilio
inglese, dalla debolezza degli eserciti stanziali dell'Inghilterra, di
cui non poca parte era stata mandata a guerreggiar nell'America e nelle
Antille. Per la qual cosa oltre quell'armata, della quale una più
formidabile non aveva mai il mare Oceano solcato, trecento navi atte a
trasportar soldati stavano apparecchiate nei porti di Avra di Grazia, di
San Malò, ed altri su quelle coste. Ogni cosa in moto nelle province
settentrionali della Francia. Meglio di quarantamila soldati già si
trovavano assembrati sulle coste della Brettagna e della Normandia, e
molti altri reggimenti marciavano a quella volta dalle altre parti del
Regno. Creava il Re i generali, che dovevano governar la spedizione. Le
genti, che già erano raunate nei porti e sulle coste che guardano
l'Inghilterra, ogni giorno si esercitavano nelle diverse maniere
d'imbarcarsi e di sbarcare, e tutte dimostravano un ardentissimo
desiderio di recarsi sulle opposte rive per ivi combattere ed atterrare
la potenza dell'antico rivale. Avevano seco moltissime ed ottime
artiglierie; e cinquemila granatieri, il fiore degli eserciti francesi,
trascelti con diligente cura da diversi reggimenti, dovevano servire
d'avanguardia e di cominciatori alla segnalata impresa.
Erano pervenute in Inghilterra molto per tempo le novelle dei
preparamenti della Francia, e della disegnata invasione. Nè avevano
mancato i ministri a sè medesimi nell'apparecchiar tutte quelle difese,
che e per la brevità del tempo, e per la presente condizione del Regno
meglio avevano e saputo, e potuto. Avevano adunato sotto la condotta
dell'ammiraglio Carlo Hardy trent'otto navi di alto bordo, e mandatele a
mareggiare nel golfo di Biscaja a fine d'impedire, se ancora possibil
fosse, la congiunzione delle due flotte nemiche. Ed è cosa maravigliosa,
che le due armate, inglese ed alleata, le quali entrambe, ma
principalmente l'ultima, si distendevano per un sì largo spazio di mare,
non siano venute, incontratesi le navi mandate avanti a speculare, in
cognizione l'una dell'altra. Mandò il Re un bando, pel quale annunziando
ai popoli della Gran-Brettagna, che l'inimico intendeva di invadere il
Regno, comandava agli uffiziali, che guardavano le coste, stessero a
diligentissima guardia, e tostochè quello comparisse, facessero
sgomberare dai luoghi interiori e più sicuri i cavalli, i boccini, le
pecore, ogni sorta di bestiame e di vettovaglie, quelli soli eccettuati,
che fossero per servire all'uso dei soldati britannici. Le bande paesane
instrutte nell'armi si adunavano, e tenevansi pronte a correre ai luoghi
dello sbarco. Le guardie stesse del Re erano leste a marciare. Tutti
erano grandemente commossi al pericolo della patria. I più speravano
molti temevano, tutti mostravano un animo ostinato alle difese. Ma
l'armata degli alleati, la quale impedita dalle bonacce aveva lungamente
penato a poter entrare nello stretto, ciò eseguì addì 15 di agosto, e si
appresentò con terribile apparato al cospetto di Plymouth. Tosto si
spaventano gl'inermi, gli armati corrono alle poste, si raddoppiano le
guardie agli arsenali di Plymouth e di Portsmouth. In questa città si
serra la Banca, e si interrompe ogni sorta di commercio. Gli abitatori
della Cornovaglia fuggono a corsa a' luoghi più rimoti colle famiglie
loro e cogli arredi più preziosi. Aggiunse nuove cagioni al terrore una
nuova sventura. La nave l'Ardente di 64 cannoni, la quale da Portsmouth
era in viaggio per recarsi all'armata di Carlo Hardy, venne in poter del
nemico, veggenti i Plymottesi. L'ammiraglio inglese intanto iva
volteggiandosi per l'alto mare a rincontro delle bocche dello stretto,
non essendo in grado nè per la debolezza sua, nè per la situazione del
nemico di porger soccorso alla patria sua, che si trovava in sì grave
pericolo. Ma quello che operare non potevano gli uomini, operarono i
cieli contrarj ad una sì grande impresa. Mettevasi in mezzo a tante
speranze e tanti timori improvvisamente un greco gagliardo, il quale
incominciò eziandio a sollevar il mare sì fattamente, che gli alleati ne
furon cacciati a viva forza dallo stretto nel vasto Oceano. Cessato il
vento, di nuovo si arringavano distendendosi dal capo Finisterra e
dall'isola di Scilly sino alle bocche dello stretto molto vicinamente a
queste, affine di mozzare la via all'Hardy, che non potesse entrare per
ricoverarsi nei porti dell'Inghilterra. Ciò nonostante il dì ultimo
d'agosto con mirabile industria veleggiando, ed avendo il vento
favorevole, entrò l'ammiraglio inglese dentro lo stretto, vedendolo gli
alleati, che non lo poterono impedire. Intendeva egli di adescargli
tanto, che venissero ad ingolfarsi nelle strette del canale, dove il
numero delle navi, pel quale grandemente prevalevano, sarebbe loro di
niuno o di poco frutto stato, ricompensando in tal modo col vantaggio
del sito il disavvantaggio delle forze. Lo seguitarono gli alleati sino
al cospetto di Plymouth. L'una e l'altra armata serbavano una
maravigliosa ordinanza, l'inglese per non lasciarsi avvicinare prima di
essere arrivata a luogo conveniente, e per opprimere quei puntoni della
francese che se le avvicinassero; la seconda per correre serrata, e
difilarsi verso Plymouth per tagliare fuori l'altra. Ma il conte
D'Orvilliers, o sia che non volesse troppo avventurarsi in quelle
strette, o che il vento di levante, che si era mosso, l'impedisse,
ovvero che incominciasse a patir fallimento di viveri, come fu scritto,
o che la prossimità dell'equinozio lo rendesse riguardoso, o che le
malattie contagiose, che infuriavano, ed ogni dì con gran numero di
morti assottigliavano le sue ciurme, lo indebolissero, o che tutte
queste cause insieme, come pare probabile, sel facessero, si levò dal
pensiero; ed abbandonate le coste dell'Inghilterra, se ne tornò nel
porto di Brest. Cotal fine ebbe un'impresa, la quale aveva minacciato di
prossimo pericolo un potentissimo Reame. E certamente, siccome
nissun'armata mai fu sì poderosa, così ancora nissuna fece sì deboli
effetti. La mortalità poi fu di sì gran fatta sulle navi degli alleati,
che ne perdettero da cinquemila tra soldati e marinari, e ne furono
posti i capitani in disperazione di alcun buon successo per tutto il
rimanente anno. Quindi nacque, che i più deboli raccolsero quei frutti,
che avrebbero dovuto raccorre i più gagliardi. Non solo le numerose
conserve inglesi, che portavano le ricchezze delle due Indie, arrivarono
felicemente nei porti della Gran-Brettagna, ma ancora uscite di nuovo
sul mare le navi dell'Hardy intrapresero molti ricchi bastimenti
francesi e spagnuoli con gravissimo danno degli uni e degli altri, e non
poca maraviglia dell'Europa, la quale se n'era stata grandemente
sollevata a sì formidabile apparato, ed attentissima al fine, che
dovesse avere quella contesa non che di grande, quasi di unica, e di non
più udita importanza. Dall'esito ch'ella ebbe, confermossi, e crebbe
assai la chiarezza del nome inglese nelle opere navali; e quantunque non
avessero a patto nessuno gli alleati mancato, nè di arte, nè di ardire,
tuttavia siccome i più degli uomini giudicano delle cose più dalla
riuscita loro, che dalle cagioni, la fama loro ne andò soggetta a non
poca diminuzione.
Ma quantunque le due grosse flotte nemiche per varj accidenti della
fortuna, per la volontà dei capitani non abbiano voluto, o potuto
combattere quella battaglia, nella quale da ambe le parti si metteva sì
gran posta, vi furono però pochi giorni appresso feroci incontri tra
navi particolari, nei quali i Francesi, gli Americani, e gl'Inglesi
acquistarono la fama di alto e disperato valore. Aveva l'ammiraglio
d'Orvilliers mandato fuori da Brest ad esplorar i mari verso le coste
dell'Inghilterra la fregata la Surveillante sotto la condotta del
cavaliere di Couedic, ed il giunco la Spedizione, capitanato dal
visconte di Roquefeuil. S'incontrarono queste due navi poco lungi dal
capo Ognissanti colla fregata inglese il Quebec, guidata dal capitano
Farmer, ed accompagnata pure da un giunco chiamato il Rambler. Si
attaccarono gli uni cogli altri con grandissimo furore il dì 7 ottobre;
ed essendo il coraggio, l'industria e la forza da ambe le parti uguali,
la battaglia durò bene tre ore e mezzo. Combattevano le due fregate sì
vicino, che parecchie fiate le antenne dell'una s'intricarono in quelle
dell'altra. Già le artiglierie avevano fatto un danno incredibile. Molti
erano i morti ed i feriti. Caduti erano e fracassati gli alberi dell'una
e dell'altra; e non si potevan più governare. Tuttavia non facevano
sembianza alcuna di voler cessare o di arrendersi. Il capitano francese
rilevava una ferita sulla testa, che gli toglieva i sensi; ma
rinvenutosi seguitava a combattere. Poco poi ne toccava due altre
mortali nel ventre; e ciò nonostante non che cessasse, ordinava, volendo
venirne a capo, si andasse all'abbordo. Farmer anch'esso si difendeva
non solo con valore, ma con una invincibile ostinazione. Per fare una
spianata all'abbordo gettavano i Francesi dentro il Quebec molte
granate; le vele di lui si accendevano. Il fuoco cresce, s'appicca ad
altre parti della nave. Già il suo cassero ardeva. L'Inglese tuttavia si
affaticava per ispegnerlo, e non si piegava ancora al volersi arrendere.
Couedic per timore dell'incendio si allontanava non senza grande
difficoltà. Perciocchè lo sprone della sua fregata si era intralciato
cogli attrazzi della nemica. Infine la fregata inglese, conservate fino
all'ultimo le bandiere alzate, appiccatosi il fuoco alle polveri,
scoppiò. Il capitano francese con un esempio di umanità da non potersi
abbastanza lodare, nè da doversi mai dimenticare tutto era in ciò, che
salvasse il maggior numero che potesse d'Inglesi, i quali per fuggir il
fuoco si erano a slascio precipitati nell'acque. Di trecento che erano,
solo quarantatre ne potè scampare. Farmer fu inghiottito dalle acque in
un colle reliquie della sua nave. La francese fracassata non poteva
muoversi. Il giunco la Spedizione spiccatosi dal Rambler, col quale
aveva combattuto, si recò in aiuto della fregata, e rimorchiando la
condusse il giorno seguente nel porto di Brest. Il governo di Francia
seguendo e gli esempj proprj, e quei delle nazioni più civili rimandò
franchi e liberi in Inghilterra i quarantatre Inglesi, non volendo
sostener prigionieri coloro, i quali scampato avevano alla rabbia degli
uomini, dei cannoni, dell'incendio e del mare. Ebbero i Francesi
quaranta uccisi e cento feriti. Il Re creò il cavaliere di Couedic
capitano di vascello. Ma non potè lungo tempo godere l'onorata fama, che
pel valore, e pell'umanità sua aveva acquistato; poichè, peggiorando
ogni dì il male delle ferite, passò dalla presente all'altra vita tre
mesi dopo il combattimento. Fu molto meritamente lodato, ed amaramente
pianto in Francia, e con egual lode rammentato in tutta l'Europa,
particolarmente in Inghilterra.
Un altro affronto del pari glorioso alle due parti, ed ostinato che
questo, era intervenuto alcuni giorni prima sulle coste della
Gran-Brettagna. Erasi recato Paolo Jones, uomo scozzese, ma postosi agli
stipendj dell'America, prima nei mari d'Irlanda per esplorare, poscia in
quei della Scozia, e quivi stava attendendo la occasione di fare qualche
preda, ovvero anche, come era solito di fare, scendere a terra, e porre
a saccomanno la contrada. Aveva seco un'armatetta consistente nella
fregata il Bon-homme Richard di quaranta cannoni, l'Alleanza di 36,
l'una e l'altra navi americane, la Pallade, fregata francese di 32, ai
soldi del congresso con altri due legni minori. S'incontrava ai 23
settembre colla flotta mercantile inglese del Baltico, alla quale faceva
la scorta il capitano Pearson colla fregata la Serapide di 44 cannoni, e
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