Storia della Guerra della Independenza degli Stati Uniti di America, vol. 3 - 11

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disciogliere la unione delle colonie, ed a sè stessa ricongiungerle, la
Francia irrecuperabilmente perderebbe la più favorevole opportunità, che
mai si sia ad alcuna nazione parata davanti di umiliare un potente,
arrogante ed ereditario nemico.
Ma non è solo la opportunità di tarpar la Gran-Brettagna, che la Francia
perderebbe col presente suo starsene; poichè la stessa sua sicurezza, e
le possessioni sue americane pericolerebbero, tostochè l'Inghilterra e
l'America riconciliate si fossero. Sanno e sentono il Re ed i ministri
della Gran-Brettagna, che ha la Francia incoraggiato ed assistito nella
presente resistenza loro le colonie; ed altrettanto sono contro la
medesima sdegnati, quanto sarebbero, se loro avesse apertamente
denunziata la guerra. Per verità la Francia ha troppo fatto, se non
intende fare qualche cosa più. Nissuno potrà non accorgersi, che ogni
qual volta che si sarà la Gran-Brettagna pacificata coll'America,
qualunque abbiano ad essere le condizioni dell'accordo, tutte le forze
inglesi, le quali ora nel continente americano si ritrovano, saranno
improvvisamente nelle isole occidentali trasportate, ed adoperate nel
soggiogamento delle francesi per ristorare le perdite, e rifar le spese,
che la Gran-Brettagna ha sopportate, e fatte in questa guerra; e per
vendicare l'insulto e la ingiuria, che la Francia le ha fatto per
gl'incoraggiamenti ed aiuti, ch'è riputata avere contro la
Gran-Brettagna dato e prestato segretamente ai coloni.
Questo fu il memoriale avanzato a posta per cancellar le dubitazioni.
Tutto fu nulla. I ministri francesi non si allargavano, e rispondevano
spacciando pel generale, perchè volevano aspettare di veder il progresso
di questa guerra. Le nuove della presa di Ticonderoga, ed il timore
dell'impressione, che si credeva, dovesse far l'Howe col suo esercito,
gli tenevano tuttavia dubbj e sospesi. Nè volevano pigliar briga di
ripescar coloro, che sommergevano; ed a tutti è noto l'antico detto, che
_alla nave rotta ogni vento è contrario_. Oltreacciò aspettavano gli
Americani a qualche stretta per fargli calare alle voglie loro; e
desideravano, che vedessero il fondo dei mali, ed avessero l'acqua alla
gola per ottenerne per l'utile della Francia migliori condizioni.
Prevalendo poi, siccome a quei dì pareva dovesse accadere, le armi
britanniche, nessuno o certo minor pericolo vi era di accordo, la qual
cosa sopra tutte le altre temevano i ministri di Francia, tra la
metropoli e le colonie. Perchè i ministri d'Inghilterra, procedendo
prosperamente i disegni loro in America, a nessun accordo, fuori che a
quello della totale soggiogazione consentito avrebbero, la quale meglio
che l'independenza parevano i Francesi desiderare, purchè succedesse ad
una lunga e distruggitiva guerra.
In questo stato di cose, infastiditi i commissarj americani di tante
dilazioni, e da quell'essere sì lungo tempo tenuti in sul ponte; ed
accorgendosi benissimo a qual fine uccellassero i Francesi, poco mancò,
non interrompessero tutte le pratiche, gravemente dolendosi della
grettezza di quelli, i quali non riputavano aliene dal benefizio loro le
disgrazie altrui.
Non potendo gli Americani l'intento loro ottenere dalla Francia, nè
sapendo aiutare altrimenti questa materia, nè restando loro più altro in
giuoco, si volgevano all'Inghilterra proponendo a questa, riconoscesse
la independenza. La qual cosa ottenuta, avrebbero essi in tutti gli
altri capi, che venuti erano in contesa, tutte quelle concessioni fatte,
che più conducevoli fossero a salvar l'onore dell'antica patria.
Aggiungevano, che se i ministri britannici sapessero usare l'occasione,
ogni ragione persuadeva, che si sarebbe fatto tale accordo, che la
Gran-Brettagna ne sarebbe in sì felice e fiorente condizione posta, che
più desiderar non potrebbe, ed alla quale invano spererebbe, seguitando
un diverso consiglio, di poter arrivare. Ma quelli impazzati, perchè
improsperiti pei primi successi dell'esercito burgoniano, credendosi di
tener la fortuna pel ciuffo, e stando in sulla boria della guerra, non
vollero prestar orecchio a nissuna pratica d'accordo, e negarono
risolutamente la proposta. In ciò certamente improvvidi, che ricusando
gli Americani anche nel corso dell'avversa fortuna, e nella quasi totale
disperanza degli aiuti esterni, di volersi dall'independenza discostare,
e facendo anzi di questa una indispensabile condizione dell'accordo, non
abbiano conosciuto, che la ricongiunzione dei due Stati era diventata
impossibile; e che, poichè la necessità delle cose, e l'inesorabile
destino volevano che l'America più non fosse suddita, meglio era averla
alleata che nemica.
Ma la disfatta e la cattività dei Burgoniani, per le quali sì fattamente
era risorta la grandezza dell'America, dando nuovo ardire agli
Americani, nuove speranze, e nuovi timori ai Francesi, fecero di modo,
che le cose cominciarono a dimesticarsi, e che si mutarono i consiglj
degli uni e degli altri. L'Inghilterra stessa, se savj stati fossero, o
meno di loro testa il Re od i ministri, o l'uno e gli altri insieme,
avrebbe fatto senno, ed abbandonata la non riuscibile impresa, avrebbe
quel partito abbracciato, che solo le rimaneva per condursi a
salvamento. Ma l'orgoglio, le invasazioni, e le caponerie sono troppo
spesso la rovina degli Stati; e lord Bute non cessava dal mettere il Re
Giorgio in su questo traino. Gli Americani dopo la vittoria di Saratoga
molto acconciamente quella via seguirono, che per le nuove circostanze
si era loro parata davanti. Nel che diedero pruove non dubbie, e di
molta sagacità, e di non poca pratica negli affari di Stato. Andarono
discorrendo, che siccome la prosperevole fortuna rendeva sè stessi più
forti, e l'alleanza loro più desiderabile, e che nissun dubbio vi doveva
più oltre rimanere nella mente degli uomini prudenti intorno la
independenza loro, così opportuna cosa era il dar gelosia alla Francia
col fare le viste di volersi allegare coll'Inghilterra, ed il dar timore
all'Inghilterra colla sembianza di volersi in tutto recare in sulla lega
colla Francia. Credevano in tal modo di poterne venire una volta a
conclusione, e di vederne finalmente l'acqua chiara. Per la qual cosa
coll'istesso procaccio, che portò in Inghilterra le novelle delle gesta
di Saratoga, arrivarono dall'America lettere, colle quali si faceva
sentire, che ristucchi gli Americani ai troppo lunghi indugiamenti della
Francia, e disgustati al non averne ricevuto, a' tempi dei maggiori
infortunj loro, palesi e più efficaci soccorsi, molto desideravano di
collegarsi coll'Inghilterra, e di fare con questa un trattato di
commercio, purchè riconoscesse la independenza; e per maggiore sprone
aggiugnevasi anco, che assai stava loro a cuore il contrar lega
coll'antica patria; perciocchè nel contrario caso sarebbero stati
obbligati a gettarsi in grembo all'inveterato ed implacabile nemico del
nome inglese. A questo medesimo fine il generale Gates, cotanto chiaro
per la fresca vittoria, scrisse lettere ad uno dei membri più riputati
del Parlamento. Questi motivi facevano i Capi americani anche per
soddisfare ai popoli, i quali malvolentieri avrebbero sopportato di
esser gettati di punto in bianco alle parti francesi, senza che prima
ogni via tentata si fosse per accordarsi coll'Inghilterra. Le opinioni
impresse negli animi loro contro la Francia erano gagliarde molto, e
l'aver voluto questa, siccome credevano, far mercato delle miserie loro
gli aveva grandemente posti in mal umore. Queste pratiche si sapevano in
Francia, essendo state notificate a Franklin, il quale molto
accortamente le sapeva usare; e se i ministri francesi ne prendessero
sospetto, non è da domandare. Nel medesimo tempo si era dall'America
significato a Franklin, che convenevolmente instasse presso il governo
di Francia, acciocchè finalmente si scoprisse; senza di che si correva
pericolo, che l'Inghilterra, veduto manifestamente dalle dannose
sconfitte del Burgoyne, e dalle inutili vittorie dell'Howe, che il ridur
colla forza dell'armi gli Americani a divozione era cosa del tutto
impossibile, riconoscesse la independenza; che questi non vedendosi
favoriti dalla Francia sarebbero forzati a gettarsi in grembo
agl'Inglesi, ed a pigliar favori, dovunque gli trovassero; e che perciò
ne seguisse l'accordo con totale ed irreparabile pregiudizio
degl'interessi francesi. I ministri di Francia conoscendo benissimo,
ch'era arrivato il tempo, in cui, se non si voleva perdere il frutto di
tante arti, era d'uopo finalmente di por dall'un de' lati la persona di
volpe, e di usar la natura del lione, credendo e temendo, perciocchè
misuravano gli altri alla stregua loro, che i ministri britannici
fossero o più savj, o più nel loro procedere liberi, o affatto scevri,
come gli uomini di Stato debbon essere da ogni passione e sdegno,
deliberarono, raccogliendo la somma dei discorsi loro, di restringere e
condurre a conclusione quelle pratiche, che avevano già da tanto tempo
cogli Americani incominciate, e tanto astutamente prolungate. Al qual
consiglio tanto più prontamente si accostarono, quanto che non
ignoravano, che l'universale dei popoli americani, ammessa
l'independenza, si sarebbero più volentieri gittati agli accordi
cogl'Inglesi, gente consanguinea, della medesima favella; e costumi, e
ricordevole ancora dell'antica congiunzione, che coi Francesi, gente
strana, rivale, creduta infedele; che gli aveva tenuti sì lungo tempo in
pendente, e contro la quale avevano impresse fin dalla più tenera età
nelle menti loro poco favorevoli opinioni. Da un'altra parte avevano gli
Americani nel corso di tre anni sopportato gli estremi di ogni disagio,
senza avere mai fatto vista di volersi dalle prese risoluzioni
discostare, durato con mirabile costanza contro l'avversa fortuna; nè
smodati si erano nella propizia, e tanto fatto ed operato avevano, che
le prime vittorie degl'Inglesi si erano terminate in isconfitte. Le
quali cose persuaso avevano i ministri francesi, che l'America sapeva,
poteva e voleva serbar la fede. La deliberazione poi di volere,
apertamente entrando a parte della guerra, porgere una soccorrevol mano
all'America, riusciva generalmente grata ai popoli di Francia, non solo
per l'antico odio contro gl'Inglesi, per la ricordanza delle recenti
ferite, pel desiderio della vendetta, e per le opinioni politiche, che a
quei tempi si erano per ogni dove diffuse in questo regno, ma ancora per
molte ed assai gravi ragioni appartenenti alle cose commerciali. Il
traffico, che si era andato facendo tra la Francia e l'America dal
principio dell'americana querela in poi, e principalmente in quegli
ultimi anni, in cui si era rotto la guerra, aveva fatto di modo, che i
mercatanti francesi, avendovi fatto dentro grandissimi guadagni, tutti
desiderassero, che il nuovo ordine di cose si coronasse
coll'independenza, acciocchè fosse allontanato per sempre l'antico, nel
quale per le leggi proibitive del Parlamento, e specialmente per l'atto
di navigazione, sarebbero stati privi di quell'utile che ne ricavavano.
Egli è vero, che questo traffico non era riuscito di tanto vantaggio, di
quanto si erano fatti a credere; perchè alcuni fra di loro, essendosi
lasciati trasportare alla eccessiva cupidigia del guadagno, massimamente
quei delle città marittime, avevan caricate ricche merci sopra navi per
alla volta dell'America, le quali in gran parte, e con gravissimo danno
loro erano state intercette dai corsari inglesi. Ma queste istesse
perdite gl'infiammavano di maggior desiderio di poter il medesimo
commercio continuare, e di rintuzzare quell'ardimento britannico, che
voleva chiudere quello, che doveva esser aperto a tutto il mondo.
Speravano, che il navilio reale nella palese guerra sarebbe venuto in
soccorso del navilio mercantile; e che la forza avrebbe protetto ciò,
che per la cupidigia del guadagno s'intraprendeva. Avevano altresì i
Francesi in questa bisogna la speranza, o per meglio dire la certezza,
che la Spagna sarebbe venuta a parte della contesa. Il che gran peso
aggiugneva alle ragioni, che già di per sè stessi avevano. Era quel
regno molto potente in sull'armi navali, ed ardeva di tale desiderio di
farne pruova contro l'Inghilterra, che credevano in mezzo a quelle loro
tanto diligenti cautele, che abbisognasse meglio di freno, che di
sprone. Non dubitavano punto poi, che tutte le unite armi della Casa di
Borbone, che già da sì lungo tempo si forbivano, ed alla proposta meta
s'indirigevano, non fossero non che sufficienti, esuberanti per
abbassare quel detestato orgoglio, schermir le ricche navi dagl'insulti
britannici, e fare in modo, che il commercio dell'Indie occidentali, e
fors'anche quello delle orientali, o tutto, o gran parte venisse in mano
degli uomini francesi e spagnuoli. In tanta opportunità, e in tanta
aspettazione dei popoli, aveva il governo francese maggior bisogno di
prudenza, che il rattenesse dal non precipitar le risoluzioni, che di
ardire che lo stimolasse a commettersi all'arbitrio dell'incerta
fortuna. Certamente non ebbe mai nissun governo nè consiglio più spedito
a seguire, nè partito, cui il consenso e l'ardore dei popoli meglio
favoreggiassero, nè che più felice fine o maggiori vantaggi
pronosticasse. Per la qual cosa, e non si potendo più sostenere la
instanza, che ogni dì ne gli era fatta dagli agenti del congresso, si
deliberò finalmente di côrre la occasione, concludendo coll'America quel
trattato, che già da sì lungo tempo si negoziava. Ma siccome fino a
questo dì l'intendimento della Francia era stato d'intrattenere, non di
concludere, così gli articoli dell'accordo, quantunque già in lunghe e
frequenti consulte ventilati, non erano ancora non che presti,
stabiliti. Temendosi però, che infrattanto, se più s'indugiasse, il
governo inglese movesse qualche pratica d'accordo cogli Americani, i
ministri francesi si risolvettero a significare ai commissarj del
congresso i preliminari del trattato d'amicizia e di commercio da
stipularsi tra i due Stati. Il che venne eseguito addì 16 decembre 1777
dal signor Gerard, sindaco reale della città di Strasburgo e Segretario
del Consiglio di Stato del Re. Consistevan essi in ciò, che la Francia
non solo riconoscerebbe, ma con tutte le forze sue sopporterebbe
l'independenza degli Stati Uniti, e concluderebbe coi medesimi un
trattato d'amicizia e di commercio; che in ciò fare non si gioverebbe in
alcun modo della condizione, in cui gli Stati Uniti si ritrovavano, ma
che i capitoli ne sarebbero di tal natura, quali si converrebbero,
quando tutti e due gli Stati fossero da lungo tempo stabiliti, ed in
tutta la pienezza delle forze loro costituiti; che prevedeva benissimo
la Maestà Cristianissima, che nel pigliare questo partito, ne sarebbe
probabilmente entrata in guerra colla Gran-Brettagna, ma che non
desiderava per questo nissun compenso da parte degli Stati Uniti; non
che pretendesse in questo operar solo pel proprio interesse loro, poichè
oltre la bontà del reale animo suo verso di loro, le era manifesto, che
la potenza dell'Inghilterra ne sarebbe diminuita dalla separazione delle
sue colonie. Solo richiedevagli, e di ciò pigliava sicurtà, che gli
Stati Uniti in qualsivoglia pace, che fosse in avvenire per fermarsi,
alla independenza loro non rinunziassero, ed alla obbedienza verso il
governo britannico non ritornassero. Fattasi dalla parte della Francia
questa dichiarazione, la quale fermò gli animi degli Americani, si
continuarono con gran calore le pratiche per tutto il mese di gennaio.
Si significò nel tempo medesimo ogni cosa alla Spagna, acciocchè, quando
tal fosse l'intento suo, venisse anch'essa a parte dell'accordo; del che
non si tardò a ricevere favorevole risposta. Essendo adunque le cose
mature, e tutte le condizioni accordate dall'un canto e dall'altro, si
stipulò il dì sei febbraio il trattato d'amicizia tra la Maestà
Cristianissima e gli Stati Uniti d'America. Fu esso sottoscritto pel Re
dal Gerard, e per gli Stati da Beniamino Franklin, Silas Deane, e Arthur
Lee. In questo trattato, nel quale il Re di Francia gli Stati Uniti
d'America considerò, come una nazione independente, si stabilirono tra
l'una parte e l'altra diversi interessi marittimi e commerciali rispetto
ai dazj, che le navi mercantili dovevano pagare nei porti dello Stato
amico; alla reciproca protezione delle navi a' tempi di guerra; al
diritto delle pescagioni, e specialmente di quella, che i Francesi
esercitavano sui banchi di Terra-Nuova a norma de' trattati d'Utrecht e
di Parigi; al dritto di ubena, dal quale si dichiararono esenti tanto i
Francesi in America, quanto gli Americani in Francia; all'esercizio del
commercio, e del corseggiare dell'una parte a tempo, in cui l'altra
fosse in guerra con un terzo potentato; al quale fine, e per allontanare
ogni motivo di dissensione, si determinarono in un capitolo espresso gli
oggetti, che debbono a' tempi di guerra riputarsi di contrabbando, e
quelli, che deonsi riputare liberi, e perciò da potersi trasportare, e
condurre liberamente dai sudditi delle due parti nelle piazze nemiche,
eccettuato però quelle, che si trovassero attualmente assediate,
bloccate, o investite. Ancora stipularono, che i vascelli e bastimenti
loro non potessero andar soggetti ad alcuna visita, intendendosi, che
ogni visita e ricerca dovesse farsi prima dell'imbarco delle mercanzie,
e che quelle di contrabbando avessero ad arrestarsi, ed a torsi sulla
spiaggia, e non più, quando imbarcate fossero, eccettuati però i casi,
in cui si avessero indizj manifesti, o pruove di frodo. Si accordarono
oltre a ciò, per facilitare il commercio degli Stati Uniti colla
Francia, che il Re Cristianissimo concederebbe loro tanto in Europa,
quanto nelle isole di sua pertinenza in America parecchj porti franchi.
Il medesimo Re si obbligò finalmente ad adoperare i suoi buoni uffizj, e
la sua mezzanità presso l'Imperatore di Marocco, e presso le reggenze di
Algieri, Tripoli, e Tunisi, ed altri potentati della costa di Barbaria,
perchè nel miglior modo, che possibil fosse, si provvedesse alla
comodità, ed alla sicurezza dei sudditi, delle navi, e delle mercanzie
americane.
In questo trattato oltrechè si riconobbe l'independenza degli Stati
Uniti, si vennero anche a sovvertire intieramente quelle regole, le
quali in ogni tempo aveva voluto seguitare il Regno d'Inghilterra, e che
risguardano od il commercio dei neutrali a' tempi di guerra, od il
bloccare i porti di uno Stato nemico dalle navi da guerra inglesi. Per
la qual cosa si prevedeva benissimo, che, quantunque la Francia
obbligata non si fosse a prestar aiuti di sorta nessuna agli Stati
Uniti, tuttavia si sarebbe la Gran-Brettagna, siccome quella che veniva
ad esser toccata sì addentro nell'orgoglio suo, e ne' suoi più
essenziali interessi, vivamente risentita, ed avrebbe probabilmente
denunziato la guerra alla Francia. Quindi è, che fu tra le medesime
parti, e lo stesso giorno di febbraio, sottoscritto un altro trattato
casuale di alleanza offensiva e difensiva, il quale dovesse il suo
effetto avere, allorquando si rompesse la guerra tra l'Inghilterra e la
Francia. Si obbligarono le due parti ad aiutarsi l'una l'altra coi buoni
uffizj, col consiglio e colla forza. Si stipulò, cosa fino a quei tempi
inudita da parte di un Re, che il più essenziale e diretto fine della
lega fosse quello di mantenere effettualmente la libertà, la sovranità,
e l'independenza degli Stati Uniti. Si fermò ancora, che se le rimanenti
province inglesi nel continente americano si conquistassero, o le isole
Bermude, avessero a divenir confederate o dependenti degli Stati Uniti;
che se si acquistasse alcuna di quelle isole, che sono poste dentro, o
presso il golfo del Messico, queste dovessero alla Corona di Francia
appartenere. Si accordò, che niuna delle due parti potesse concluder
tregua o pace colla Gran-Brettagna senza il consentimento dell'altra. Si
obbligarono entrambe a non por giù le armi, finchè la independenza degli
Stati Uniti fosse formalmente, o tacitamente riconosciuta nei trattati,
che terminerebbero la guerra. Si guarentirono l'una all'altra cioè gli
Stati Uniti al Re Cristianissimo le presenti possessioni della Corona di
Francia nell'America, siccome anche quelle, che acquistar potrebbe nel
trattato di pace, ed il Re Cristianissimo agli Stati Uniti la libertà,
la sovranità e la independenza loro assolute, ed illimitate sì in fatto
di governo, che di commercio, ed altresì quelle possessioni, addizioni e
conquiste, che la lega fosse per fare durante la guerra ne' dominj della
Gran-Brettagna nell'America settentrionale. Fu lasciato luogo, ma ciò in
un capitolo a parte e segreto, al Re Cattolico di entrare nel trattato
d'amicizia e di commercio, come pure in quello dell'alleanza a quel
tempo, che giudicherebbe conveniente.
In questo modo la Francia sempre ricordevole delle ferite avute nella
guerra del Canadà, e sempre gelosa della potenza dell'Inghilterra aveva
prima con astuti maneggi, e lontani incentivi messi su, poscia con
soccorsi nascosi, ed all'uopo disdetti, confermati nella resistenza loro
i coloni inglesi; ed infine presili manifestamente per mano gli condusse
all'independenza. Nel che fare i ministri francesi con grandissima
solerzia destreggiarono, molto accomodatamente tutte quelle regole
seguendo, che la ragione di Stato insegna; e certo in nissun'altra
bisogna, quantunque grave ed importante si fosse, nè in nessuna età
tanta sagacità dimostrarono e tanta costanza, come in questa. Lavorarono
essi di soppiatto, quando era pericoloso lo scoprirsi, e si levarono la
maschera dal viso, quando, prosperando già le cose americane, offerivano
i coloni in sè stessi un sicuro alleato; quando già erano
abbondantemente apprestate le armi, massimamente le marinaresche; quando
già erano universalmente favorevoli i popoli; quando già ogni cosa
presagiva la vittoria. Allorchè poi furono pubblicati in Francia i
trattati, non si potrebbe agevolmente credere, a quanta esultazione vi
si commuovessero le genti. I commercianti già si promettevano nella
mente loro quelle ricchezze, che fin là stat'erano confinate nei porti
della Gran-Brettagna; i possessori delle terre s'immaginavano di aver a
provare in proporzione della maggior frequenza del commercio una
diminuzione delle tasse; i soldati e principalmente i marinaj, speravano
di potere le passate macchie lavare, e l'antica gloria ricuperare; gli
spiriti generosi si rallegravano, che la Francia si fosse fatta, come
doveva, l'avvocata degli oppressi; gli uomini liberali applaudivano,
perchè diventata fosse la difenditrice della libertà. Tutti poi
esultavano, che fosse finalmente nata la opportunità di abbassare
quell'abborrito orgoglio. Tutti si davano a credere, che si
ristorerebbero le perdite fatte nel precedente regno; tutti andavano
dicendo, queste esser le sorti promesse alla Corona di Francia; questi i
felici auspicj, coi quali incominciava il regno di un amorevole e dolce
principe; assai essersi sofferto; assai sopportato; ora aver principio
un più fortunato avvenire. Nè solo in Francia queste cose giravano; che
anzi in pressochè tutti gli altri Stati dell'Europa la medesima
disposizione d'animi si manifestava. Gli Europei lodavano, e sino al
cielo innalzavano la clemenza e la magnanimità di Luigi decimosesto.
Tanto, o detestavano gli uomini di quei tempi i consiglj britannici, o
questa medesima causa americana affezionavano.
Non andò gran tempo, da che erano stati i trattati sottoscritti, e molto
innanzi, che fossero pubblicamente significati, che i ministri
britannici n'ebbero le certe novelle. È fama, che alcuni fra i medesimi
abbracciando questa causa d'introdurre tra le due parti la concordia,
abbiano nelle consulte segrete proposto, che incontanente si
riconoscesse l'independenza delle colonie, ed un trattato d'alleanza e
di commercio si negoziasse cogli Stati Uniti. Ma o sia che ripugnasse il
Re molto testereccio di propria natura, o che Bute in sì fatto modo lo
imbecherasse, il partito non si ottenne. Si determinò adunque di
procedere per le mezzane vie, le quali, siccome sono le più comode, così
sono anche le meno riuscibili. Queste furono non già di riconoscere
l'independenza, la quale a quel tempo si poteva piuttosto negare, che
impedire, ma sibbene di rinunziare alla facoltà di tassare, di annullare
le lamentate leggi, di concedere le perdonanze, di riconoscere per un
certo tempo i maestrati americani, e di negoziare con essi. Questo
partito, il quale per la diminuzione della dignità del governo
equivaleva, e forse superava quello del riconoscimento della
independenza, e per l'effetto, che poteva operare a favor
dell'Inghilterra, gli era inferiore, fu da tutti gli uomini prudenti, e
degli affari di Stato intendenti biasimato. Nissuno non vedeva, che se
dubbio era, che fosse per operare il desiderato effetto prima della
dichiarazione della independenza, e della lega fatta colla Francia,
pareva certo, che dopo sarebbe stato al tutto inutile. L'amore, che si
ha di natura a volere portar un nome suo doveva prevalere negli animi
degli Americani all'offerta di essere agli antichi termini di soggezione
ritornati, qualunque fossero i vantaggi, che da questa ne risultassero.
Nè non poteva essere di poco momento presso di loro, e massimamente nei
Capi, che mal sicure sono nei casi di Stato le perdonanze de' principi;
e che queste medesime proposte da quei stessi ministri procedevano, i
quali avevano voluto affamar l'America, e l'avevano riempiuta di feroci
soldati, di rubamenti e di sangue. Oltredichè, se avessero rotta la
testè data fede alla Francia, avrebbero meritevolmente incontrato le
tacce di gente perfida ed infedele, ed abbandonati dalla Francia, che
tradito avrebbero, non avrebbero più negli estremi danni loro trovato
nessun patrocinio presso alcun potentato del mondo, e sarebbero stati
senza scudo nessuno esposti alla rabbia ed alla vendetta della
Gran-Brettagna. Ma forse credettero i ministri britannici, che se le
proposte provvisioni non fossero andate a terminarsi in un accordo,
avrebbero almeno potuto divider le opinioni, e far nascere gagliarde
parti, dimodochè dalla dissensione dei coloni fosse fatto opportunità
all'Inghilterra di nuovamente soggiogargli. Forse, ed anzi senza forse
credettero i ministri, che, ove avessero gli Americani rifiutato le
proposte d'accordo, avrebbero essi una colorata cagione per continuar la
guerra. Comunque ciò sia, o che il proceder loro in questa bisogna fosse
spontaneo, ovvero costretto, lord North nella tornata della Camera dei
Comuni dei 25 febbraio molto gravemente orò sulle presenti occorrenze;
che Guglielmo Howe nelle combattute battaglie, ed in tutto il corso
della pensilvanica guerra era stato, e pel numero dei soldati, e per la
bontà loro, e pel fornimento di ogni cosa molto superiore al nemico; che
Burgoyne sino al fatto di Bennington aveva comandato ad un esercito due
volte più gagliardo dell'americano; che ben sessantamila combattenti si
erano in America mandati; nel che si erano piuttosto oltrepassati, che
riempiuti i desiderj e le richieste dei generali; ma che la fortuna si
era sì fattamente dimostrata contraria, che non si eran potuti raccorre
quei frutti, i quali ragionevolmente se ne dovevano aspettare. Concluse
con dire, che, qualunque fosse tuttavia abilitatissima la Gran-Brettagna
a continuar la guerra sia pel numero dei soldati, e per la potenza del
navilio, che per la pecunia pubblica, la quale e per le tasse abbondava,
e per un accatto a basso merito si sarebbe potuta aumentare, ciò
nondimeno per quel desiderio, che ogni buon governo debbe avere di por
fine alle guerre, massimamente civili, si era determinato a sottomettere
alle deliberazioni della Camera certe proposizioni d'accordo, dalle
quali non si dubitava, s'avessero a ricavare grandissimi vantaggi.
Stettero tutti ad ascoltarlo intentissimi. Succedeva per qualche tempo
un silenzio profondo. Nissun segno di approvazione si manifestava da
niuna banda. Alcuni eran compresi dal timore, tutti da maraviglia; sì
diverso era il parlar presente dei ministri da quello che stato era fin
là. Argomentavano, qualche grave cagione avergli sforzati a ciò fare.
Vociferava intanto Fox, fermato essere il trattato d'alleanza tra gli
Stati Uniti e la Francia. E' vi fu grande malinconia, e molto scalpore.
Mosse lord North il partito, che il Parlamento non potesse all'avvenire
alcuna tassa o gabella nelle colonie dell'America settentrionale porre,
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