Storia della Guerra della Independenza degli Stati Uniti di America, vol. 3 - 09

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dalle altre cagioni che narrate abbiamo, si empiè l'esercito
d'infermità. Un numero senza fine di soldati ogni giorno ammalavano, ed
entravano negli ospedali, nei quali la più parte non uscivano, se non
per esserne portati alla sepoltura. Imperciocchè non eran meglio
ordinate le cose degli ospedali, che fossero quelle del campo. Per la
incongruenza degli edifizj a tal fine trascelti, per l'incredibile
penuria delle suppellettili, e per la moltitudine degl'infermi vi era
nato un fetore insopportabile. V'infuriava dentro la febbre da ospedale,
ed ogni dì i più robusti, come i più frali miserabilmente uccideva. Non
si poteva soccorrere, nè col cambiar spesso le biancherie, delle quali
non che si difettasse, si mancava totalmente, nè coi buoni alimenti, che
non si avevano alla mano, nè coi rimedj, i quali o non si avevano del
tutto, o si avevano guasti, o adulterati per la cupidigia degli
amministratori. Poichè tale è stata per lo più la natura degli
abbondanzieri degli eserciti, i quali meglio facitori di carestie si
dovrebbero appellare, che sempre preferito hanno l'intascare il
quattrino al preservar la vita del soldato. Quindi era, che quelle
corsìe somigliavano meglio stanze di moribondi, che asili d'infermi; e
non che gli ammalati vi guarissero, i sani vi ammalavano. Molti
abborrivano dall'entrare in quei luoghi pestilenti, e meglio amavano
perire di freddo all'aria libera ed aperta, che morire in quel tanfo di
morti. In cotal modo, o per una inevitabile necessità, o per l'avarizia
degli uomini una morte immatura ebbe troncato il filo della vita a molti
valorosi soldati, i quali, se meglio assistiti o curati stati fossero,
avrebbero potuto continuar a prestare l'utile opera loro alla sorgente e
pericolante patria.
Queste cose, che apportavano sì grave danno alle cose della repubblica,
erano originate dalle cagioni che abbiamo descritte, ed in parte ancora
dalla condizione del traino militare, nel quale nè nissun ordine si
osservava dai Capi, nè nissuna obbedienza dai subalterni; ed i cavalli o
morivan tra le vie, o inosservati si sbrancavano per le vicine campagne.
Erano le strade gremite di carri appartenenti all'esercito, i quali
muover non si potevano. Di quinci accadde, che quando per gl'incredibili
conati sì del governo, che dei buoni cittadini, si erano le provvisioni
per l'esercito apprestate, non si potevano agli opportuni luoghi
condurre; e di bel nuovo per le lunghe dimore si disperdevano e
dissipavano. Questa mancanza riuscì anche dannosissima al trasporto
dell'armi e delle munizioni, le quali perciò, o erano abbandonate alla
discrezione di coloro che le pigliavano, o trafugate dagli avari. Una
inestimabile quantità di pubblica suppellettile fu in cotale guisa o
guasta, o perduta. Negli alloggiamenti poi di Valle-fucina erano
costretti gli uomini a fare, e facevano in vero con incredibile pazienza
l'uffizio delle bestie, o sia nel legnare, o sia nel condur le
artiglierie. E certamente nissuna cosa si potrebbe ai disagi, che
l'esercito americano ebbe a provare durante quest'inverno, equiparare,
fuori della pazienza, e della costanza pressochè sovrumane, colle quali
gli sopportarono. Non è però che molti, disertando le insegne, non si
conducessero, in questo spalleggiati dagli amici del Re, all'esercito
britannico in Filadelfia. Ma erano questi per lo più Europei, i quali si
erano posti ai soldi dell'America. I natii con egregio esempio di bontà
cittadina, e forse ancora per la venerazione grandissima ed amore, che
al capitano generale portavano, si mantennero perseveranti; ed amarono
meglio far dura contro gli estremi della fame e del freddo, che mancar
in sì pericoloso frangente della data fede alla patria loro. A ciò anche
contribuì non poco la costanza dei Capi dell'esercito, i quali
tollerarono in sè medesimi con allegro animo tutte le fatiche, e tutta
la strettezza del vivere, in cui erano ridotti. Egli è ben vero, che, se
Howe avesse voluto pigliar l'occasione, e saltando fuori dalle stanze
fosse improvvisamente corso contro gli alloggiamenti di Fucina, ogni
ragione persuade, che ottenuto ne avrebbe una rilevata vittoria. Stremi
di munizioni sì da guerra che da bocca, non avrebbero potuto gli
Americani nè rimanere, nè difendere il campo. L'osteggiar poi all'aperto
cielo, ed in mezzo a que' sì grandi stridori del verno era loro cosa del
tutto impossibile diventata. Il primo febbraio erano quattro migliaia
d'uomini inabili a qualsivoglia fazione pel difetto delle vestimenta.
Gli altri in poco miglior condizione si ritrovavano. E brevemente di
diciassette migliaia di soldati, al qual numero sommava allora
l'esercito americano, gli abili a guerreggiare, se arrivavano, certo non
passavano le cinque migliaia. Per quali ragioni il capitano britannico
non abbia dato dentro in sì favorevoli circostanze, a noi non consta.
Certo ci pare, che l'aver avuto risguardo alla salute ed alla vita de'
suoi soldati, delle quali cose era egli studiosissimo, sia stato in
questo caso serbargli a maggiori disagi; e la circospezione si dee
meglio timidità, che prudenza riputare.
Queste calamità molto angustiavano l'animo di Washington. Ma di una fra
le altre sentiva grandissima molestia, siccome quella, che poneva un
perniziosissimo esempio ai soldati; e questa si era, che si andava
manifestando in mezzo agli uffiziali una inclinazione al voler
rassegnare le commissioni; e molti, fatta già la rinunziazione, se
n'erano alle case loro ritornati. La quale inclinazione era l'effetto
principalmente dello scapito dei biglietti. Era questo arrivato a tale,
ed il prezzo delle robe, sia per la medesima cagione, sia ancora per la
difficoltà del commercio, era sì fattamente cresciuto, che gli uffiziali
non potevano più, non che vivere onoratamente da gentiluomini, e secondo
il grado loro, ma nemmeno le cose al vivere necessarie procacciarsi.
Alcuni già avevano le facoltà loro consumate per apparire orrevoli al
cospetto delle genti, e gli altri che non avevano di che spendere del
loro, o s'erano indebitati, od in modo vivevano, obbligati ad estremare
di tutte le spese necessarie, che poco era degno dell'uffizio che
tenevano. Quindi il desiderio di rinunziare diventava pressochè
universale. Nè non è da credersi, che rinunziassero i meno buoni od i
tristi; il che sarebbe stato minor male, non essendo a quei tempi
riempite le compagnie, e soprabbondando gli uffiziali, ma i migliori, i
più riputati, i più generosi, siccome quelli, che più degli altri
disdegnavano quella condizione cotanto indegna degli animi loro,
volevano massimamente dagli stipendj cessare. Vedendo Washington ire
questo malore avanti, usava all'incontro tutti que' rimedj, che più
credeva convenevoli, promettendo e confortando; e nel medesimo tempo
scriveva efficacissimamente al congresso, perchè, considerata
diligentemente la cosa, vi facesse su gli opportuni provvedimenti.
Esortando soprattutto a stabilire in favor degli uffiziali dopo il fine
della guerra la mezza paga a vita, o a tempo. Scriveva, che possono bene
gli uomini favellar della patria, citar i pochi esempj delle antiche
storie di grand'imprese dal solo amor di quella a buon termine condotte;
ma che coloro, i quali sopra questa sola base si fondano per esercitare
una lunga e crudele guerra, debbon trovarsi infine dell'opinione loro
molto ingannati; che debbonsi usare le passioni, degli uomini, come sono
elleno, e non come essere dovrebbero; che molto invero nella presente
guerra aveva operato l'amor della patria; ma che per continuarla e
trarla a conclusione era necessario l'usare ancora l'aspettativa
dell'interesse, e la speranza delle ricompense.
Ripugnava molto dapprima il congresso ad ammettere questo desiderio del
capitano generale, o fosse, che gli paresse cosa troppo insolita, o che
non volesse gravare lo Stato di tanto peso, ovvero che si credesse, che
le promesse delle terre da concedersi giusta una precedente legge, della
quale abbiamo a suo luogo favellato, sì agli uffiziali che ai soldati,
dovessero bastare alle voglie degli uomini temperati. Ma infine vinto
dalla necessità decretò, che una provvisione di mezza paga a vita fosse
concessa agli uffiziali dell'esercito, intendendosi però, che fosse in
facoltà del governo il riscattarla colla somma delle mezze paghe di sei
anni da quegli uffiziali, ch'esso crederebbe conveniente. Poco poi con
un'altra risoluzione ristrinse le ricompense delle mezze paghe al solo
termine di sette anni, facendo tempo dalla conclusione della guerra.
Queste risoluzioni, se furono opportune, furono anche di soverchio
tarde, nè abbastanza spontanee da parte del governo. Imperciocchè già
più di dugento de' migliori uffiziali avevano preso le licenze; e per
parlar col proverbio, quei benefizj, che sono stati appiccati un pezzo
fra le dita del donatore, non riescono grati a nissuno. Senza di che
doveva il congresso considerare, che gli stabilitori degli Stati nuovi
non comandano, ma obbediscono ai soldati, e che giacchè si ha un bisogno
tanto indispensabile dell'opera loro, e non si può loro contrastare,
miglior partito è il vezzeggiargli.
In questo mezzo tempo trovavasi Washington molto coll'animo travagliato,
e pieno di amaritudine sì per le cose sopraddette, che per certi
maneggi, che contro la persona sua si andavano facendo. Gli uomini
impazienti, i quali vorrebbono, che con quella prestezza si terminassero
le cose, colla quale si desiderano, e gli ambiziosi, che sono sempre
pronti per innalzare sè stessi, ad attribuire altrui le colpe della
fortuna, o gli effetti della necessità, andavano via spargendo su pei
canti, o nelle gazzette stampando, che le disgrazie avute i due
precedenti anni nella Cesarea e nella Pensilvania dovevansi meglio
dall'insufficienza del capitano generale, che da tutt'altra cagione
riconoscere. Rammentavano le vittorie di Gates, il quale molto a
Washington preponevano, ed ivano gloriando, di quanto valore, di quali
alte imprese fossero gli Americani capaci, quando da un eccellente
capitano gli eserciti loro fossero governati. Nè solo questi schiamazzi
si facevano dagli uomini privati, ma anzi il mal umore andava anche
serpeggiando fra gli statuali, e già aveva trapelato in alcune assemblee
degli Stati, tra mezzo l'oste, ed infine nel congresso medesimo. Pareva,
si avesse in mira di voler tanto disgustare Washington, che si mettesse
da per sè stesso giù dall'impresa, chiedendo licenza; ed allora voltare
tutta la grandezza di lui a Gates. Che poi questi abbia tramato questa
pratica cogli altri, la cosa è incerta, e si penderebbe al no, se si
considera la rettitudine e la candidezza dell'animo suo, che invero
erano molto conspicue. Ma l'ambizione, la quale è un affetto assai
sottile, e che penetra in ispecie di virtù, corrompe e contamina troppo
spesso gli animi più generosi. Certo è bene, che Gates n'era
consapevole, e lasciava fare. Forse ancora credette, e con esso lui
credettero alcuni dei promovitori di questo maneggio, che veramente
Washington non fosse abile a sostener tanto peso, ed intendevano colla
dimessione di questo salvar la patria. Noi però per quel rispetto, che
si debbe avere alla verità, siamo in debito di dire, che i principali
autori, poco curandosi di patria, o di non patria, ciò facevano pel
biasimevole motivo dell'ambizione, avendo in animo di metter sè stessi,
o gli amici loro nel luogo altrui. Fra questi il primo era Conway, uno
de' più scaltri aggiratori, e de' più inquieti briganti, che dall'Europa
siansi a quei tempi trasportati in America. Tempestando egli, e non
lasciando vivere, nè tener i piedi in terra ad alcuni membri del
congresso, e gridando e schiamazzando, che non vi era nell'esercito
americano di nessuna disciplina, che bene fosse, e che non vi si avevano
due reggimenti, che armeggiassero di somiglianza, nè due uffiziali in
ciascun reggimento, i quali sapessero essi stessi eseguire, o far
eseguire agli altri gli armeggiamenti, tanto aveva e detto e fatto, che
il congresso lo aveva tratto inspettore e maggior generale. Il ch'era
stato cagione di molto scalpore nel campo; ed i brigadieri generali
rimostrarono. Questi volendo a' suoi fini arrivare, e uomo audace
essendo senza niun freno, o barbazzale avere, diceva di Washington tutto
quel male che sapeva e poteva. E come suol accadere nelle disgrazie,
facilmente trovava chi gli credea.
L'assemblea della Pensilvania fu la prima a rompere il diaccio; e quando
si divulgò, che Washington era per condurre i suoi soldati alle stanze
di Valle-fucina, presentò una rimostranza al congresso, censurando
fortemente questo consiglio del generale, e con aspre parole dolendosi
del modo, col quale aveva governata la guerra. Erano i Pensilvanesi
venuti in molto mal umore per la perdita della città capitale della
provincia, non ricordandosi della grettezza, colla quale erano proceduti
nel fornir l'esercito d'uomini e di munizioni. Si credette altresì, che
i deputati massacciuttesi al congresso, e principalmente Samuele Adams,
o che non potessero sgozzare che fosse stato nominato a capitano
generale di tutti gli eserciti un Virginiano con esclusione dei generali
massacciuttesi, che a quel tempo uguale, o forse maggior nome di uomini
di guerra avevano, che Washington non aveva; o che i medesimi, siccome
quelli, che in questa causa americana ardentissimi erano, non si
soddisfacessero di quella pacatezza del capitano generale, e
desiderassero per Capo dell'impresa un libertino più vivo e più
risentito, avessero in animo di far instanza, acciocchè si ricercassero
le cagioni della guerra infelicemente amministrata negli anni 1776 e
1777. Ciò non ebbe effetto. Si creò bene un maestrato sopra la guerra,
del quale furono fatti Capi i generali Gates e Mifflin, l'uno e l'altro,
se non erano, creduti essere fra gli autori della trama tessuta contro
Washington. Lettere anonime andavano attorno, per le quali gli si
levavano i pezzi, e gli si attribuiva e l'infelicità della guerra
cesariana e pensilvanica, e la misera condizione, alla quale erano
ridotte le genti nei quartieri d'inverno. Una ne fu indiritta a Laurens,
presidente del congresso, piena di gravi accusazioni contro il generale,
ed un'altra somigliante all'Enrico, governatore della Virginia, le quali
ambidue inviarono a Washington. Del ch'egli, che era per natura d'animo
franco ed assuefatto a resistere alle percosse più gravi della fortuna,
mirabile temperanza mostrando, non si alterò nè poco nè punto. Nè
maggiormente si passionò ad un altro disegno del congresso, ordito
d'accordo col nuovo maestrato sopra la guerra, forse per far vedere, che
sapeva far da sè, o perchè avesse veramente molto rimesso di quella
fede, che aveva nei tempi andati in lui collocata. Era questo disegno
una nuova spedizione contro il Canadà, alla quale avevano in animo di
preporre il marchese de La-Fayette, siccome francese, e di tanto nome,
dovendosi far la guerra in una provincia stata testè francese. Nel che
forse coloro, che mestavano in questa bisogna, ebbero anco per mira,
spiccando La-Fayette da Washington, di tôrre al capitano generale questo
scudo, che il difendeva contro i colpi loro. Dovevano sotto i suoi
ordini militare appunto quel Conway, ed il generale Starke. Washington
ricevette ordine senz'altra informazione intorno l'impresa, della quale
in nessun modo era stato fatto consapevole, di far marciare il
reggimento di Hazen composto di Canadesi alla volta d'Albanìa. Il che
eseguì prontamente. Arrivato il marchese in Albanìa, dove le genti
dovean far capo grosso, non vi trovò preparamento di sorta alcuna, nè
uomini, nè armi, nè munizioni. Ne scrisse al congresso. Fu lasciato
cadere il tentativo. Fu fatto abilità a Washington di chiamare al campo
il marchese. Quanto a Conway fu lasciato stare. Poco poi, vedutosi
caduto in disgrazia dell'universale pe' suoi superbi modi, e per le cose
fatte contro Washington, chiese, ed ottenne la licenza. Fu eletto ad
inspettor generale in suo luogo il barone di Stuben, uffiziale prussiano
di buon nome, il quale ripieno della disciplina di Federigo secondo,
imprese ad insegnarla ai soldati del congresso. Quindi ne nacque, che
gli Americani ottimamente ammaestrati impararono uniformi ordini di
armeggiare, e molto ne profittò la disciplina loro.
Non si potrebbe dire, quanto tutto l'esercito, ed i migliori cittadini
si risentissero all'udire di queste pratiche contro il diletto capitano
loro. Si levò un romore universale contro gl'intrigatori. Conway non si
ardiva più mescolarsi tra i soldati, i quali lo volevano manomettere. Si
riparò a Jork di Pensilvania, dove il congresso faceva a quel tempo la
sua residenza. L'istesso Samuele Adams, il quale, probabilmente tratto
da que' suoi vivi spiriti a prò della libertà, queste cose faceva a fin
di bene, girava alla larga dai soldati e dagli uffiziali, temendo
anch'egli nol mettessero per la mala via. Il congresso poi, quantunque
fosse venuto, a ciò indotto dai maneggi e dalle instanze di coloro fra i
suoi membri, che volevano lo scambio del capitano generale, alle
raccontate provvisioni, tuttavia, sapendo benissimo, di quanto danno
riescono negli affari di Stato i cambiamenti fatti alla leggiera, e
considerato anche, che non mai la Francia, l'intervenimento della quale
si sperava fra breve, avrebbe in un uomo inglese, quantunque fedele,
quale Gates era, quella fede posta, che di già aveva grandissima
nell'Americano; e che se forse alcuno uguagliava in fatto di perizia
nelle cose della guerra Washington, questi però tutti avanzava in fede,
la rettitudine, in bontà, e soprattutto in estimazione presso i popoli e
presso i soldati, tenne il fermo, e non fe' nissuna sembianza di voler
tôrre il supremo grado al suo provato capitano.
Ma Washington, al quale tutte le narrate pratiche non erano ascose, non
solo non se ne sgomentava, ma non se ne alterava; e non che si mettesse
in mal umore contro la sua patria, siccome soglion fare in simili casi
gli uomini, o deboli di mente, od ambiziosi, nulla rimetteva del suo
zelo nel far ciò, ch'egli credeva al debito suo appartenersi. Certamente
mostrossi in questa occorrenza molto vincitore di sè medesimo, e diè
pruova di animo temperato e costante. Si trovava egli in mezzo ad uno
esercito perdente, penurioso di ogni bene, afflitto dalla presente fame.
Risplendeva nel medesimo tempo Gates per la fresca vittoria, e per
l'antica fama della militare sperienza. I diarj pubblici lo laceravano,
le lettere anonime lo accusavano, i Pensilvanesi nelle lettere pubbliche
acerbamente il riprendevano, i Massacciuttesi gli puntavano addosso, il
congresso stesso nicchiava, e pareva lo volesse disgradare. In tanto
impeto dell'avversa fortuna conservava egli non solo la stabilità, ma
ancora la serenità della mente sua, e pareva, che tuttavia interamente
della patria, nè punto di sè stesso fosse sollecito. Scrisse il dì 23
gennaio da Valle-fucina, che nè l'interesse, nè l'ambizione lo avevano
al pubblico servigio condotto; che il comando aveva accettato richiesto,
non richiedente, e con quella sfidanza di sè medesimo, la quale in un
uomo del tutto ignaro s'ingenera dal conoscere sè stesso inabile a
riempir meritevolmente quelle parti, che commesse gli sono; che per
quanto era stato in sua facoltà, aveva il debito suo adempiuto, ed alla
proposta meta risguardato tanto dirittamente, quanto l'ago calamitato
risguarda; il polo che tostochè, o il pubblico più non gradisse i suoi
servigj, od altri si trovasse più idoneo di lui per soddisfare
all'aspettazione, lascerebbe il timone, ed alla privata condizione
ritornerebbe con quel piacere stesso, col quale l'affaticato pellegrino
dopo un pericoloso viaggio arriva alla terra santa, od al porto della
speranza; che desiderava bene, e santamente, che quegli, il quale dopo
lui verrebbe, più prosperevoli venti incontrasse e minori difficoltà;
che s'ei non aveva cogli sforzi suoi all'aspettazione del pubblico
soddisfatto, nissuno più di lui ciò lamentava; ma che solo di presente
voleva aggiunger questo, che verrebbe un dì, in cui il nascondere le
circostanze dell'America non gioverebbe più oltre la pubblica causa; e
che fin là non sarebbe tra i primi a disvelare quelle verità, le quali
la danneggierebbero, quantunque dal suo silenzio potesse il nome suo
ricevere nocumento. Queste ultime cose diceva, intendendo di parlare
delle segrete mene degli ambiziosi, e dei brutti aggiramenti dei
rapinatori, degli sciupatori, e di tutti coloro, i quali l'esercito a sì
compiuta inopia, ed a quelle fatali strette ridotto avevano. Da questa
compostezza del Washington in sì travaglioso accidente imparino tutti
gli statuali, che non si debbono colla stregua dell'amor proprio le
ricompense cittadine, ed il favore pubblico misurare; e che se i
reggitori delle nazioni sono spesso ingrati, i meritevoli cittadini
possono trovare, e conforto, e gloria nel non dispettar contro la
patria.
Nè solo nelle presenti difficoltà vinceva Washington sè stesso, ma
sovente ancora consultava, e scriveva al congresso sul modo, col quale
avesse a maneggiarsi quella guerra, e sulle cose occorrenti per riempir
le compagnie, e fare, che alla vicina stagione dell'uscire alla campagna
si rifornisse l'esercito di tutto quello che abbisognava. Sapevasi, che
il generale britannico aspettava grossi rinforzi d'Europa; ed avrebbe
voluto ricominciar la guerra, ed assaltarlo prima che fossero arrivati.
Era questa cosa di somma importanza, e perciò non cessava con frequenti
lettere al congresso, ed ai governi degli Stati di esortare, che non si
perdesse tempo, che si facessero immediatamente le provvisioni.
Avrebbero l'uno e gli altri voluto soddisfare ai desiderj del generale;
ma le deliberazioni si fanno di necessità lentamente nei governi
popolari; e quello che doveva essere apparecchiato nell'entrar della
primavera, nol fu, e tuttavia scarsamente, che nel corso della state. La
composizione stessa, o sia gli ordini dell'esercito furono stabiliti,
acciocchè tutte le membra e parti sue fossero uniformi e corrispondenti,
se non sul finir di maggio. Imperciocchè prima vi si osservava una gran
difformità tanto nei reggimenti di differenti Stati, quanto nei diversi
reggimenti dello Stato medesimo; dal che ne veniva il militare servizio
molto danneggiato. Ma per un decreto dei 27 maggio le fanterie, i
cavalli, gli artiglieri, e gl'ingegneri giusta una sola e comune norma
per tutte le parti dell'esercito furono ordinati. Avrebbero
quest'indugiamenti grandemente potuto nuocere alle armi americane, se
non che le cose che sopravvennero, impedirono i capitani britannici di
poter sì tosto, come avrebbero desiderato, osteggiare. Solo si
contentarono di far correre dai soldati leggieri i contorni di
Filadelfia, e le vicine terre della Cesarea, a fine di foraggiare, e di
aprir le vie. Nelle quali affrontate, nulla, che notabil fosse, succedè,
se non che una presa di Inglesi venuti improvvisamente addosso ad una
mano di Americani nel mese di marzo ai ponti di Quinton e di Hancock,
senza stare altrimenti a dar quartiere a coloro, che si arrendevano, o
che non si difendevano, tutti gli ammazzarono barbaramente. Fecero anche
gl'Inglesi a questo tempo un'impresa su per la Delawara per guastar i
magazzini pubblici a Bordentown, e per pigliare, od ardere il navilio,
che gli Americani avevano ritratto su pel fiume tra Filadelfia e
Trenton. L'una cosa e l'altra succedette loro felicemente. Vollero
finalmente assaltare improvvisamente il marchese de La-Fayette, il quale
si era posto a campo a Baron-hill sulla sinistra dello Schuyl-kill con
una grossa mano di soldati. Ma riuscì vano il tentativo: poichè egli con
mirabile industria e celerità se ne sbrigò, benchè sul principio la
fazione fosse succeduta prosperamente agli Inglesi condotti dal generale
Grant.
Mentre le cose in terra andavano a questo cammino, molto eziandio si
travagliava sul mare, dove ogni dì guadagnavano gli Americani
riputazione. Mostraronsi essi nelle imprese marittime sì fattamente
arditi ed operosi, che il commercio britannico ne ricevette incredibil
danno. Dal 1776 in poi predarono nei mari d'America da cinquecento navi
inglesi di diversa maniera e grandezza, cariche di molte e preziose
mercanzie. Venne poscia a tanto l'ardimento loro, che le coste istesse
della Gran-Brettagna non erano esenti dagl'insulti loro, dove vi
facevano ogni giorno ricche prede. Non è però, che le navi del Re non
facessero anche esse il debito loro, e le americane non intraprendessero
sui mari tanto d'America, quanto d'Europa. Ciò non di manco gli
Americani ne stettero in capitale.
In questo frattempo era arrivato a Filadelfia il cavaliere Enrico
Clinton, al quale doveva rimanere il governo supremo delle cose del Re
in luogo di Guglielmo Howe, il quale se ne ritornava in Inghilterra.
Aveva questi chiesto licenza, essendo scontento dei ministri, perchè non
gli avessero mandati tutti que' rinforzi, ch'ei credeva alla somma delle
cose necessarj; ed i ministri gliel'avevan concessa di buon grado,
essendo poco soddisfatti di lui, perchè non avesse più efficacemente
cooperato con Burgoyne, nè con quella vigorìa amministrato la guerra,
ch'essi avrebbero desiderato. Certamente ei si può lodare piuttosto,
come prudente, che come ardito capitano. E se merita commendazione per
la prontezza, o perizia, veramente singolari, colle quali quelle fazioni
condusse, che imprese a fare, forse non potrà sfuggire il biasimo di non
averne tentato maggiori e più rilevate. In sul principio della guerra,
quando più ardevano gli animi in America, e quando, non avendo ancora
gl'Inglesi tutte le forze loro raccolte, si aspettavano per essi i
grossi rinforzi, forsechè quella circospezione, e quel voler menare la
guerra lenta erano opportuni; perchè mai non si dee tutta la fortuna
cimentare con una parte delle forze, e meglio è assaltare il nemico,
quando già i sangui sono raffreddi. Ma allorquando già era in molti fra
gli Americani, consumati dalle spese, dalla lunga guerra, dalla carestia
di ogni cosa, cresciuta la voglia di ritornare alle prime condizioni, e
ch'erano arrivati tutti quegli aiuti, che si potevano aspettare, ei
doveva riporre tutta la speranza della vittoria nella celerità, e nel
terrore di una subita guerra. Il quale consiglio tanto più
volonterosamente doveva, secondochè appare, abbracciarsi, in quanto che
oltre la probabilità della vittoria, che in un fatto giusto sempre stava
in favore degli Inglesi, la disfatta totale dell'esercito del congresso
avrebbe, se non certamente, almeno verisimilmente prodotto la totale
soggezione dell'America, mentre dall'altra parte la rotta dell'esercito
inglese non avrebbe reso gli Americani più ostinati di quello che erano,
e nulla di più, massimamente dopo la capitolazione di Saratoga, avrebbe
aggiunto ai consiglj del governo francese, i quali di già manifestamente
tendevano alla guerra. Così colla vittoria decisiva si acquistava più,
che non si perdesse per la decisiva sconfitta. Era Howe, e voleva essere
tenuto molto tenero della vita de' suoi soldati, dovendogli venire di
così lontano le reclute; e forse temeva, che, quando avesse combattuto
infelicemente in una battaglia campale, i popoli sarebbersi levati a
stormo, ed avrebbero spento del tutto le reliquie del rotto esercito. Ma
un tale disfacimento non era probabile ad avvenire con tali soldati e
capitani; ed oltre a questo in ogni disfavore, che fosse sopravvenuto,
avrebbero i suoi potuto avere un sicuro ricetto sul navilio, quando si
fosse fatto la massa generale in luogo, al quale questo avesse potuto
accostarsi. Ad ogni modo le cose erano a quei tempi giunte a tale, che
si doveva mettere una gran posta; poichè nella continuazione della
guerra si scorgeva, intervenendo la Francia, pressochè certa la
separazione dell'America. Quale però di questo sia la verità, era Howe
certamente di animo alto e gentile, e le enormità commesse dalle sue
genti aveva più desiderio, che facoltà d'impedire, a motivo di quei
oltracotati lanzi, che non si potevan frenare a patto nessuno. Cortese
cogli uffiziali, umano coi soldati, moderato e non sanguigno, era da
tutti e amato e riverito grandemente. Innanzichè partisse, vollero gli
uffiziali fargli una festa, che riuscì molto splendida, la quale
chiamarono, consistendo ella in giostre, torneamenti, processioni,
addobbi, archi di trionfo, ed onorevoli iscrizioni di ogni maniera,
_meschianza_. La sera si arsero panegli, si trassono i razzi, e si
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