Storia della Guerra della Independenza degli Stati Uniti di America, vol. 2 - 05

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le più peggiori permissioni concesse, per avere con barbara inumanità
separato i mariti dalle mogli, i figliuoli dai genitori, gli amici dagli
amici, i vecchi e gl'infermi dai pietosi, dai forti e dai sani, i
padroni dalle robe e masserizie loro. Rammentarono la beccheria di
Breed's-hill, l'incendio di Charlestown, l'arsione delle navi, il guasto
delle vettovaglie, la minacciata rovina e distruzione di tutte le cose.
Favellarono delle tente fatte dal governatore del Canadà per ispingere
a' danni loro gl'Indiani, gente fera e bestiale, ed i disegni
ministeriali notarono di voler accumulare sulle infelici ed innocenti
colonie tutti i flagelli del fuoco, del ferro e della fame.
«Siamo, _esclamarono essi_, al bivio ridotti, o di sottometterci
intieramente alla tirannide d'irritati ministri, o di resistere colla
forza. Abbiam ragguagliati i danni da una parte e dall'altra, e trovato
abbiamo, che nulla è più da temersi, che la volontaria schiavitù.
L'onore, la giustizia, l'umanità ci vietano di abbandonar vilmente
quella libertà, che abbiamo dai nostri valorosi antenati ricevuta; e che
la nostra innocente posterità ha diritto di ricevere da noi. Non possiam
portar l'infamia di dar in preda le future generazioni a quella
miserabilità, che sovrasta loro inevitabilmente, se noi con inudita
viltà lasciam loro per eredità la servitù. La nostra causa è giusta,
l'unione perfetta, le facoltà grandi; e non mancheranno all'uopo i
soccorsi esterni. Noi ringraziamo grande e gratamente la divina
Provvidenza, che a questo terribil cimento non ci abbia tratti, se non
quando erano già le nostre forze al presente grado cresciute, ed avevamo
nelle precedenti guerre imparato l'uso dell'armi, ed acquistato i mezzi
di difesa. Con i cuori confortati da questi pensieri noi solennemente,
avanti Dio ed avanti gli uomini, dichiariamo, che noi giusta nostra
estrema possa quelle armi, che il benefico Creatore ha nelle nostre mani
poste, ed alle quali i nostri nemici ci hanno sforzati di ricorrere, ad
onta di ogni pericolo, con animi invitti ed insuperabil costanza
adopreremo in difesa delle nostre libertà, essendo tutti, ed al tutto
risoluti a morir liberi, piuttosto che a vivere schiavi. Che le menti
dei nostri amici e concittadini non si sollevino a queste nostre
determinazioni. Noi non intendiamo a niun modo quell'unione
disciogliere, la quale da sì lungo tempo dura fra di noi, e che con ogni
sincerità desideriamo di veder ristorata. La necessità non ci ha peranco
spinti a questo disperato consiglio, nè alcun'altra nazione abbiam
contro di essi alla guerra provocata. Noi non leviamo gli eserciti
coll'ambizioso disegno di separarci dalla Gran-Brettagna, e diventar
Stati independenti. Noi non combattiamo nè per la gloria, nè per le
conquiste. Noi offeriamo al mondo lo spettacolo di un popolo assaltato
da un nemico non provocato, senza niuna imputazione, o sospetto di
offesa. Vantan essi i privilegj e la civiltà loro. Eppure altre
condizioni non offrono, che la servitù, o la morte.
«Nella nostra propria contrada, in difesa di quella libertà che abbiamo,
nascendo, eredata, che abbiam goduta dai tempi della rivoluzione in poi,
per la protezione delle nostre proprietà solo acquistate per la onesta
industria de' nostri antenati, e nostra, e contro la violenza testè
usata, noi abbiamo le armi pigliate. Queste porremo noi giù, ma non
prima, allor quando gli assalitori avran cessato le ostilità, ed ogni
pericolo che ricominciar possano, sarà allontanato. Posta umilmente ogni
nostra confidenza e speranza nella mercè del supremo, ed indifferente
Giudice e Governatore di tutte le cose, noi divotamente supplichiamo la
sua divina bontà di proteggerci in questo gran conflitto, ed a felice
fine condurci, di piegare il cuore de' nostri avversarj alla concordia,
di fargli a ragionevoli termini consentire, ed in tal guisa l'impero
preservare dalle calamità della cittadina guerra».
Questo manifesto, il quale fu molto lodato a quei tempi, fu sottoscritto
da Giovanni Hancock, il quale era in iscambio del Rutledge stato eletto
presidente del congresso, e dal segretario Carlo Thompson.
Il congresso non tralasciò anche in questa circostanza di usare il mezzo
della religione. Il manifesto fu mandato in ogni parte del continente, e
letto su pei pulpiti dai ministri colle opportune esortazioni. Nel campo
bostoniano fu letto con preparata solennità. Il maggior generale Putnam
assembrò quella parte dell'esercito, che obbediva a' suoi comandamenti
in sul Prospect-hill, e quivi con insolita pompa fu letto ai soldati.
Terminata la lettura si fe' un'accomodata preghiera. Dato il segno dal
generale, tutto l'esercito gridò tre volte _amen_, ed in quel mentre si
sentì lo scoppio dell'artiglieria, che tirò dal Forte. Drappellavano
nell'istesso tempo colla insegna mandata recentemente al Putnam col
solito motto di _Appello al Cielo_, e con quell'altro; _Qui transtulit
sustinet_. Le istesse solennità osservate furono tra le altre schiere.
Tutti erano contenti e concitati. A Cambridge poi, essendovi concorsi i
principali uomini della provincia di Massacciusset, la lettura fu fatta
in presenza loro e di molto popolo con grande apparato. Il che contribuì
non poco ad indur negli animi, con una ardenza e zelo religiosi, una
grandissima ostinazione. Queste cose si facevano ad imitazione di
quelle, che stat'erano praticate dai libertini ai tempi di Carlo I,
sicchè pareva, fosse quell'istessa guerra rinnovata, nella quale la
religione protestante serviva di motivo o di pretesto agli autori della
libertà, od ai fautori dell'anarchia; e la religione cattolica serviva
di titolo o di coperta ai difenditori della temperata Realtà, od agli
stabilitori del dispotismo. Tanta è la forza della religione nei cuori
umani! E tanta è sempre stata la propensione dei reggitori delle nazioni
a profittarne! Dal che la religione stessa ricevè gran danno; ed è nata
in gran parte quella freddezza, che in proposito di lei fu osservata in
certi tempi, e che fu sì meritevolmente lamentata dagli uomini prudenti.
Imperciocchè l'universale dei popoli si accorse, che gli uomini astuti
della religione si servivano, come di un istromento per arrivare ai fini
mondani loro. E siccome l'uomo è pur troppo sfrenato, e ne' desiderj
suoi molto intemperante, sicchè non contento di rimanersi ai limiti del
bene non precipiti spesso nel suo contrario, così la religione, che
dovrebb'essere sempre santa ed intemerata, diè talvolta favore a
biasimevoli imprese con grave scandalo dei popoli, e con molta
diminuzione della propria autorità, che riuscì assai dannosa alla
rettitudine ed al buon costume. Comunque ciò sia, ella è cosa certa, che
questa sembianza religiosa, colla quale vollero gli Americani colorire
l'impresa loro, se produsse fra di essi maggior consenso ed ostinazione,
fu causa eziandio della pertinacia del governo inglese, del rigore e
della severità, coi quali esercitò egli la presente guerra. Oltre la
ragion di Stato si tramescolava nella mente sua la ricordanza dei
passati casi dei britannici Re; il che doveva con un certo spavento
indurre anche più rabbia e maggior livore.
Avendo in tal modo il congresso cercato di giustificar l'opera sua
presso le nazioni del mondo, voltò il pensiero a protestare al popolo
inglese, che l'intendimento degli Americani era quello di voler l'antica
congiunzione con essi mantenere, la quale, affermavano, era stata, e
tuttavia era la gloria, la felicità ed il primo dei desiderj loro. Gli
ammonivano in istile grave e molto patetico, si ricordassero dell'antica
amicizia, delle gloriose e comuni imprese degli antenati, e
dell'affezione verso gli eredi delle virtù loro, le quali la vicendevole
congiunzione fin'allora conservata avevano. Ma quando, soggiungevano,
l'amicizia era violata colle più atroci ingiurie; quando ciò, ch'era
l'onore e l'ornamento degli antenati riputato, diventava una cagione di
biasimo, e quando niun'altri rispetti rimanevano fuori di quelli, che
fra tiranni e gli schiavi esistono; quando finalmente ridotti erano
all'alternativa di rinunziar al favor loro, od alla libertà, non dover
poter essere dubbia la elezione. E dopo di aver toccato i meriti loro e
le dannose leggi, concludevano con dire, che la vittoria sarebbe del
pari pregiudiziale all'Inghilterra, che all'America; che quei soldati, i
quali avrebbero cacciato le spade dentro le viscere degli Americani, le
avrebbero anche senza esitazione alcuna rivolte contro i Brettoni; che
pregavano bene il cielo, volesse dagli amici loro, fratelli e
concittadini, imperciocchè con tali nomi volevano ancora appellargli,
primachè la memoria dell'antica affezione cancellata non fosse,
quell'eccidio e quella rovina frastornare, che loro soprastavano.
Composero anche una dicerìa indiritta al Re, colla quale narrati prima i
meriti loro, la fede verso la Corona, le disgrazie e calamità presenti,
pregarono e scongiurarono, che il reale animo di Sua Maestà si piegasse
a voler interporre l'autorità sua per sottrargli dalla presente
condizione, ed a trovar qualche buon mezzo, onde, le unite supplicazioni
delle colonie udite, possano alla riconciliazione condursi. Imploravano
eziandio, cessassero intanto le armi, e quelle leggi si rivocassero,
dalle quali maggiore e più prossimo danno provavano. Che ciò fatto,
avrebbe il Re tali prove del buon animo delle colonie avute, che le
avrebbe tosto alla sua reale grazia ritornate, ed esse nulla lasciato
per testimoniare la divozione loro verso il sovrano, e l'affezion verso
la comune patria.
Desiderava il congresso di rendersi benevola la nazione irlandese,
essendochè molti utili cittadini ne venivano ogni anno dall'Irlanda ad
abitar l'America, e tra i soldati, anzi tra i generali americani si
trovavano alcuni Irlandesi. Temeva eziandio, che gli uomini di quella
nazione avessero mal animo contro i coloni per causa delle leghe contro
il commercio, dalle quali avevano ricevuto molto danno. Nè non sapeva,
che anche gl'Irlandesi erano per molte ragioni scontenti del governo
inglese; e quantunque si fossero ultimamente fatte loro concessioni,
tuttavia rimaneva ancora molto disgusto negli animi loro. Questa mala
contentezza intendeva di usare il congresso, e d'invelenir quelle
piaghe, che già andavano serpendo nei cuori irlandesi. La qual cosa come
potesse consistere colla fedeltà, nissuno non potrà non giudicare. Ma la
guerra era rotta, e già molto avanti trascorsa, e gli Americani volevano
con tutti i mezzi esercitarla; tra i quali secondo il solito, quello si
è di aver la sembianza di desiderar la pace, e quell'altro ancora di
sollevare ed inasprire gli animi dei sudditi del nemico contro
l'autorità dello Stato. A questo fine il congresso scrisse una molto
accomodata lettera, la quale inviò al popolo irlandese. Affermarono che
siccome ingiuriati ed innocenti, così desideravano di goder il favore
dei virtuosi ed umani uomini; che comunque incredibile dovesse parere,
che in quel secolo, tanto chiaro per la civiltà e per le dottrine, i
reggitori di una nazione, la quale in ogni tempo aveva per la libertà
combattuto, e la memoria degli amici di quella con perpetua onoranza
proseguiti, tentassero di stabilire un'arbitraria potestà sulle vite, le
libertà e le proprietà dei concittadini loro dell'America, ciò era non
di meno una altrettanto deplorabile, che incontrastabile verità.
Parlavano ancora delle battaglie di Lexington e di Breed's-hill,
dell'incendio di Charlestown, e delle prigioni di Boston. Continuarono
dicendo, che nissuno gli poteva biasimare di aver voluto colla forza
arrestar il corso di tanta desolazione; di ributtare gli assalti delle
feroci schiere; che speravano bene coll'ajuto di Dio di poter resistere
alle usurpazioni ministeriali, e che già anticipavano nella mente loro
quell'età d'oro, in cui la libertà, con tutte le gentili arti della pace
e dell'umanità, avrebbe il suo dolce dominio in quel mondo occidentale
stabilito, e rizzati monumenti eternali a quei virtuosi amici e martiri
della libertà, i quali avevano combattuto per la causa sua, e
riportatone ferite, patimenti o morte; che ringraziavano
grandissimamente gl'Irlandesi del buon animo loro verso l'America; che
sapevano, che non istavan essi nemmeno senz'aggravj; che molto si
condolevano alle strettezze loro; e che si rallegravano, che il disegno
dei ministri di voler soggiogar le colonie gli avesse indotti a graziar
l'Irlanda di alcuni benefizj; che per fino la mercè del governo era
stata crudele verso gl'Irlandesi, e che nei grassi pascoli dell'Irlanda
molti affamati parricidi avevano trovato e cibo, e forze per macchinare
la distruzion sua; che speravano, che la pazienza dei modesti uomini non
sarebbe sempre lasciata in dimenticanza, e che Iddio permetterebbe, che
fosser guasti e rotti i disegni di coloro, i quali volevano spegnere la
libertà nel britannico impero; che avevan essi pigliate le armi per
difenderla, e con essa la vita, la roba, l'onore e tutto quello, che
l'uomo ha più caro quaggiù; che per ottenere un prospero fine
all'impresa loro molto confidavano nei buoni uffizj dei compagni loro al
di là dell'Atlantico, giacchè questi altro destino sperar non potevano
dal comune nemico, se non quello di esser gli ultimi artigliati.
Insistendo nel medesimo pensiero scrisse il congresso una lettera alla
città di Londra per ringraziarla della parte, che aveva presa in favor
dell'America; il quale procedere, dicevano, molto bene si conveniva alla
prima città del mondo, a quella che in ogni tempo era stata la
difenditrice della libertà e di un giusto governo contro la tirannide.
Ma il congresso stimava importare assai al buon fine del suo negozio
tenersi gli animi dei Canadesi benevoli, sicchè od agli Americani si
accostassero, od almeno tenessero la via di mezzo. Sapevano, che la
prima lettera non era riuscita senza effetto, e questo intendevano di
confermare con una nuova. Del che avevano grandissima speranza;
conciossiachè l'atto di Quebec avesse in quella provincia effetti
partoriti del tutto contrarj a quelli, che gli autori suoi si erano
proposti. La maggior parte degli abitatori del Canadà l'avevano
ricevuto, eccettuati i nobili, con evidenti segni di disgusto, e
generalmente lo riputavano tirannico e tendente all'oppressione. E
quantunque non si potesse aspettare che i Canadesi, siccome quelli che
per lungo tempo sotto il governo francese erano stati avvezzi ad un più
duro freno, fossero altrettanto inclinati alla resistenza, che i coloni
inglesi usi a vivere sotto le leggi di un governo più largo, tuttavia
non si stava senza speranza, che, pel tedio della signoria degl'Inglesi,
entrassero anch'essi a parte della querela, e con quelle dei vicini le
armi loro congiungessero. Non ignoravano eziandio, che alcuni fra i
Canadesi, e massimamente quelli di Monreale e di altri luoghi più vicini
alle colonie, si erano gravemente risentiti all'occupazione fatta dai
coloni delle Fortezze di Ticonderoga, e di Crown-point, ed alla signoria
da essi presa dei laghi, pei quali si ha la via dalle colonie al Canadà.
Questi sospetti e queste gelosie volevano gli Americani purgare. Ma
quello ch'era più degno di considerazione, si era, che si avevano certe
notizie de' sforzi, che non cessava il governo inglese di fare per
indurre i Canadesi a pigliar le armi, e coi soldati britannici
accozzarsi. Gli agenti del Re nè ad oro risparmiavano, nè a lusinghe, nè
a promesse per ottener il fine loro. Il generale Carleton, che ne era
governatore, sebbene molto di propria natura severo, faceva in questo
però molto frutto coll'autorità, che aveva grandissima presso quei
popoli, e coll'opinione in cui era, e molto meritamente tenuto, di buon
guerriero, di uomo umano, e d'integerrimo cittadino. Era noto, ch'egli
era arrivato nella provincia con un mandato amplissimo. Poteva giusta
suo piacere eleggere tutti i membri del Consiglio, o congedargli;
obbligare quanti volesse dei sudditi del Canadà contro qualsivoglia
nemico ch'ei credesse di dover combattere; piantar Fortezze, o disfarle,
e tutte quelle provvisioni fare, che alla sicurezza della provincia
riputasse necessarie. Egli poi non era uomo da non saper usar bene
l'autorità che gli era stata conferita. Aveva già posto mano all'opera
avendo pubblicato, che si sarebbero volentieri ricevuti i Canadesi agli
stipendj del Re, ed ordinati in un reggimento. Avevano inoltre gli
Americani avuto lingua, che il governo aveva deliberato di spedire alla
volta del Canadà quindicimila archibusi per mettergli in mano ai
cattolici romani di questa provincia. Tutto annunziava, che si volesse
fare una testa grossa per assalir alle spalle le colonie, e cooperar di
là coll'esercito del generale Gage. L'istesso lord North, favellando in
Parlamento, si era lasciato intendere, che quest'era il disegno del
governo. Le cose erano molto strette, e se non si poneva un pronto
rimedio, gli animi dei Canadesi si sarebbero di breve rivolti a cose
nuove contro la sicurezza delle colonie. Per la qual cosa si risolvette
il congresso di scrivere una lettera a quei popoli, intitolandola: _Agli
oppressi abitatori del Canadà_, la quale riempirono di pensieri
opportuni, coloriti con istile elegante e molto concitato. Recavan essi
in mente dei Canadesi, che già avvisati gli avevano dei perniziosi
disegni, che si covavano contro gli uni e gli altri; che ora avevan bene
di che condolersi, che questi disegni si volessero mandare ad effetto;
che anzi i medesimi per la nuova forma di governo data alla provincia
del Canadà si erano già introdotti; che per questa gli abitatori suoi,
le donne, i figliuoli erano fatti schiavi; che più non avevan cosa, che
loro propria potessero estimare; che tutti i frutti delle fatiche e
della industria loro potevano essere involati, quandunque un avaro
governo, un rapace consiglio il volessero; che potevano in lontane
contrade trasportati essere, per combattervi le battaglie, nelle quali
non avrebbero niun interesse; che il godersi la religione loro stessa
dipendeva da una potestà legislativa, della quale non eran partecipi;
che i sacerdoti loro sarebber cacciati, banditi, spogliati, quantunque
volte le ricchezze loro e possessioni avessero sufficienti cagioni di
tentazione offerite; che non potevan esser sicuri, che un buon Re sempre
occupasse il trono, e se un cattivo, o non curante principe concorresse
con malvagi ministri nel cavar denaro per impoverire ed infievolire la
provincia, non si poteva prevedere, a quali estremità sotto le presenti
leggi avessero i Canadesi ad esser ridotti; che sapevano molto bene gli
Americani, che si faceva ogni sforzo, che si usava ogni ingegno per far
correre i fratelli del Canadà ai danni loro; ma che s'eglino
consentissero a ciò fare, si ricordassero, che, nascendo la guerra colla
Francia, sarebbero i tesori loro spesi, i figliuoli mandati nelle
spedizioni contro le isole francesi dell'Indie occidentali; che in
quanto ai coloni si erano essi determinati a viver liberi, od a morire;
che erano amici, e non nemici ai Canadesi; che la occupazione delle
Fortezze e delle navi sui laghi era stato l'effetto della necessità; ma
che stessero pur sicuri, che altri modi non avrebbero tenuti fuori di
quelli, che l'amicizia e l'interesse comune dei due popoli avrebbero
consentito; che speravano finalmente, si sarebbero i Canadesi ai coloni
congiunti per difendere la comune libertà.
Fatta la lettera la mandarono alla volta del Canadà. La cosa ebbe
l'effetto che desideravano, per quanto si voleva, che i Canadesi
tenessero la via neutrale. Risposero questi alle instanze del
governatore, che stavano sotto il governo inglese molto volentieri, e
sempre si sarebbero pacificamente e lealmente comportati. Ma ch'erano
affatto stranieri, e non potevano e non dovevano esser giudici delle
controversie nate tra il governo e le sue colonie; che in nissun modo
conveniva loro, che diventassero parte in questa contesa; che se il
governatore volesse levar le milizie della provincia per difenderla nel
caso in cui venisse assaltata, ciò farebbono di buonissima voglia; ma al
marciare oltre i confini, ed assaltare i popoli vicini non potevan
acconsentire. Da questo buon animo dei Canadesi ne ricevettero le cose
del congresso verso tramontana maggior sicurtà.
Trovata Carleton nei Canadesi tanta durezza si rivolse all'autorità
della religione, e pregò il signor Brand, vescovo di Quebec, acciò
volesse pubblicare un mandamento, il quale dovesse esser letto dai
parrochi in sui pulpiti nelle chiese a tempo dei divini uffizj.
Intendeva, che il vescovo esortasse quei popoli a pigliar le armi, ed a
secondare i soldati del Re nell'impresa loro contro i coloni. Il
vescovo, con memorabile esempio di pietà e temperanza religiosa, ricusò
di metter mano in quest'opera, dicendo, ch'ella era troppo indegna della
persona del pastore, e troppo contraria ai canoni della chiesa romana.
Tuttavia alcuni ecclesiastici, siccome in tutti gli ordini si trovan di
quelli, che antepongono l'interesse al dovere, e l'utile all'onesto, si
adoperavano caldamente in questa bisogna. Ma ciò fu tutto invano. I
Canadesi persistettero nella determinazione loro a volersene stare di
mezzo. La nobiltà, siccome quella che aveva tanto favore ricevuto
dall'atto di Quebec, credette, fosse della gratitudine sua di secondare
in questo le intenzioni del governatore, e vi si adoperò con molto
fervore. Ma i suoi sforzi a far correr la gente pacifica alle risse ed
al sangue riuscirono, come quei del governatore, del tutto vani.
Forsechè nel confermar gli animi degli abitanti di questa provincia a
non uscire della neutralità, oltre le esortazioni del congresso,
contribuì non poco la speranza, che il pacifico proceder loro in una
occorrenza piena di tanto pericolo, e nella quale la congiunzione loro
coi coloni sarebbe stata di tanto danno cagione agl'interessi
britannici, avrebbe piegato il governo ad usar con essi più
mansuetudine, ed a conceder loro favori, che senza di ciò non avrebbono
potuto conseguire.
Accorgendosi Carleton, che non poteva sperare di poter formar reggimenti
canadesi, e conoscendo che ciò non ostante esistevano nella provincia
alcuni leali, i quali non sarebbero stati lontani dal pigliar le armi,
ed altri ancora che per amor del guadagno sarebbero venuti volentieri al
soldo, si voltò ad un'altra via, e fe' dar ne' tamburi in Quebec per
eccitar la gente ad arrolarsi sotto le insegne d'un reggimento che
chiamò dei _Reali montanari fuorusciti_. Propose favorevolissime
condizioni; dovessero condursi solamente duranti le turbolenze; ciascun
soldato ottenesse dugento acri di terra in quella provincia dell'America
settentrionale, che più gli venisse a grado; il Re pagherebbe esso tutte
le gabelle solite a pagarsi nell'acquisto delle terre; per venti anni
avvenire non avessero a pagar censi alla Corona; ciascun soldato
ammogliato ottenesse cinquanta acri per conto della moglie, e
cinquant'altre per conto di ciascun figliuolo, le une e le altre colle
medesime esenzioni e privilegj, e di più una guinea di caposoldo nel
pigliar la condotta. In questo modo riuscì Carleton a raggranellare
alcuni pochi soldati; ma questa fu cosa di poco momento. Ben più
importante si fu quella delle mosse degl'Indiani. Il governatore e gli
agenti del Re presso di queste selvagge nazioni avevano tanto detto e
tanto fatto, che finalmente riuscirono in una parte dello intento loro,
avendo persuaso ad alcune di pigliar le armi in favor della parte
inglese, non ostante che avessero con tanti giuramenti asseverato di
volersene star dall'un de' fati senza impacciarsi più in questa parte,
che in quella. Ma non sono già le nazioni barbare meglio mantenitrici
della fede, che le civili; e grand'incentivo è l'oro, l'amor della
preda, e la sete del sangue. Adunque in sul finir di luglio arrivò in
Monreale il colonnello Guido Johnson, soprantendente generale del Re
sugli affari indiani, accompagnato da un gran numero di Capi, e di
guerrieri delle sei tribù. Vi si fece una solenne adunata, alla quale
essi intervennero, siccome pure i Capi ed i guerrieri degli Indiani
confederati. Erano una grossa banda. Giurarono, seguendo il costume
loro, ed in cospetto del generale Carleton di sopportar la causa del Re.
Questo fu il primo principio della guerra indiana. Questi furono quei
barbari, che, accozzatisi colle genti del generale Burgoyne, fecero, due
anni dopo, tanti guasti, ed usarono tante crudeltà, come apertamente
potrà vedere colui, che sarà vago di leggere il progresso di queste
storie.
Intanto non poteva il congresso non manifestare qual fosse la opinion
sua intorno la provvisione d'accordo del lord North. Il passarla sotto
silenzio avrebbe dimostrata troppa caparbietà, e' si sarebbero
discoperti gli Americani a non voler ascoltar alcun temperamento. Ciò
non pertanto il congresso non volle troppo affrettare questa
risoluzione, ed aspettò ben due mesi, prima ch'ei venisse ad un partito
terminativo. Voleva con l'indugio mostrare maturità di consiglio, ovvero
noncuranza verso la provvisione. Ma la più principal cagione si fu
questa, che essendo incominciata la guerra, voleva aspettare l'esito
delle prime battaglie. Imperciocchè altra doveva esser la risposta, se
le armi inclinavano a suo favore, ed altra se la fortuna si dimostrasse
favorevole agl'Inglesi. E quantunque, quando si ricevette la
provvisione, che fu ai trenta di maggio, si fosse già combattuta la
battaglia di Lexington, nella quale gli Americani avevano acquistato la
lode di gente valorosa e forte, era però questa stata piuttosto
un'affrontata di moltitudine collettizia contro pochi soldati
d'ordinanza, che una giusta battaglia, dalla qual si potesse qualche
probabile augurio pigliare intorno l'esito finale della guerra. Vedevano
benissimo, che sarebbe stato tempo di calare agli accordi, e volevan
serbarsi nel caso di qualche sinistro evento una via aperta a potere,
quell'appuntamento accettare, che l'Inghilterra stessa aveva offerto. La
vittoria sarebbe divenuta inutile, se prima avessero acconsentito ai
patti, e la mala fortuna non avrebbe peggiorate le condizioni
dell'accordo. Perciò dal temporeggiare nissun danno si poteva ricevere,
e molto utile ricavare. Ma la battaglia di Breed's-hill cambiò affatto
lo stato delle cose, e l'ardore col quale i coloni correvano sopra
Boston, la prontezza colla quale si procacciavano le armi e le
munizioni, la costanza, e quasi l'allegrezza, che si manifestavano nel
sopportare i disagi della guerra, e quei prodotti dagli ultimi atti del
Parlamento, le confermarono. Se l'evento poteva ancor parer dubbio agli
uomini indifferenti, in quegli animi concitati doveva più potere la
speranza, che il timore. Adunque i membri del congresso confortati dal
favorevole aspetto delle cose, ed avendo indugiato la risposta, quanto
parve dignità, si accostarono alla disaminazione delle condizioni
d'accordo, e ciò fecero con animo di volerle rifiutare. Il che però non
era senza qualche disagevolezza. Poichè nel momento stesso, in cui
ricusavano i patti, volevano peranche aver la sembianza di desiderar la
concordia. Dovevasi al rifiuto dare qualche probabile colore, e far
vedere agli occhi di tutti, che non ogni condizione, ma quelle solamente
ch'erano allora offerte, ricusavano. Opinarono, che le colonie d'America
avevano sole il diritto di dare e concedere la pecunia loro; e che
questo diritto importava quell'altro di poter deliberare, se una qualche
concessione, ed a qual proposito debba esser fatta, ed a quanto ella
debba sommare, le quali cose tutte in virtù della provvisione di lord
North erano tolte affatto dalla facoltà dei coloni; che siccome le
colonie hanno il diritto di giudicare dell'uso che si deve fare della
concessa pecunia, così dovevan anche aver quello di sopravvederlo,
acciocchè non sia adoperata nel comprare, o corrompere questo e quello,
a fine di sovvertire i civili diritti dei concessori, di trattener gli
eserciti stanziali, ed opprimere la libertà loro. Il quale diritto era
violato dalla provvisione, stantechè per questa la pecunia riscossa
doveva serbarsi a disposizione del Parlamento; che la provvisione era
irragionevole, perciocchè non si poteva sapere, a quali somme sarebbe
stato contento il Parlamento, ed insidiosa, perciocchè il Parlamento
stesso poteva accettar le modiche offerte di una colonia, e rifiutar le
grosse di un'altra, e perciò accordarsi con le prime, e ributtar in una
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