Storia della Guerra della Independenza degli Stati Uniti di America, vol. 2 - 22

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entrate nelle contrade loro, tutto posero a ferro ed a fuoco, ardendo le
abitazioni, tagliando gli alberi, guastando le biade, e tutti coloro
ammazzando, che portato avevano, o tuttavia portavano le armi. Questo fu
un quasi totale sterminio della nazione dei Cherokee. Quei, che
sopravvissero, parte si sottomisero a tutte le condizioni del vincitore;
e parte, venute meno le vettovaglie, si rifuggirono collo Stuart
medesimo, autor principale della crudel guerra, e dell'eccidio loro,
nella Florida occidentale, dove il governo inglese gli mantenne del
pubblico. Cotal fine ebbe in quest'anno la guerra indiana, nella quale
si può osservare, che nissun gastigo fu mai nè altrettanto severo, nè
altrettanto meritato, quanto questo, che provò la nazione dei Cherokee
messa su da uomini crudeli ed avari, i quali tanto più avrebbero dovuto
vergognarsi di dar luogo a sì fatte enormità, in quanto che erano nati,
cresciuti, ed allevati sotto questo clemente cielo d'Europa.
Ma tempo è oggimai di ritornar a favellare delle cose del Canadà, nel
quale, non che posassero le armi, con grandissima contenzione si
adoperavano. Abbiam noi nel precedente libro raccontato, come gli
Americani cacciati dall'armi britanniche, abbandonato tutto il Canadà
inferiore, e perfino Monreale e San Giovanni, si erano ritratti a
Crown-point, nel quale luogo gl'Inglesi non avevano potuto seguitargli
per difetto delle navi necessarie non solo a traversar il lago
Champlain, ma anche a combatter quelle, che a difesa loro avevano gli
Americani apprestate. Ma tal era l'importanza per la esecuzione dei
disegni degli Inglesi, che ottenessero essi la signoria dei laghi, che
Carleton stava tutto intento per apprestar il navilio. Voleva, seguendo
le istruzioni dei ministri, penetrare per la via dei laghi sino al fiume
del Nort, e quindi recatosi ad Albania congiungersi e cooperare
coll'esercito della Nuova-Jork. Nel qual caso non era dubbio, che
trovandosi separate da un esercito molto grosso e vittorioso le province
della Nuova-Inghilterra dalle altre, le cose americane si sarebbero in
gravissimo pericolo ritrovate. Quest'era il disegno, che da lungo tempo
aveva covato nelle teste inglesi, e del quale tanto si dilettavano i
ministri. Per verità la natura stessa dei luoghi del Canadà sino alla
Nuova-Jork pareva dar favore a quest'impresa; conciossiachè, cavatone
quelle alture, che tra l'estremità superiore del lago Giorgio e la
sinistra sponda del fiume del Nort si frappongono, le quali non sono
spazio maggiore di sedici miglia, tutto il tragitto dall'una all'altra
di quelle due province si può fare sulle navigabili acque, prima pel San
Lorenzo, poi pel Sorel, e quindi, pel lago Champlain, e da questo pel
lago Giorgio, o pel Wood-creek sino alle terre di mezzo, e finalmente
pel fiume del Nort sino alla città della Nuova-Jork. Siccome poi
prevalevano grandemente gl'Inglesi di navilio, che il Canadà stava a lor
divozione, che il capo principale della resistenza era nelle province
della Nuova-Inghilterra, e che le vicinanze della Nuova-Jork erano molto
acconce agli assalti marittimi, così non si può negare, avesse questo
pensiero in se stesso molta ed utilità ed opportunità. Ma la difficoltà
dell'impresa di Carleton era eguale all'importanza sua. Si aveva a
construrre od a ricomporre una flotta di trenta vascelli armati di
diversa grandezza, ed alti a portar le artiglierie, ed al combattere;
delle quali cose l'una e l'altra erano malagevoli ad eseguirsi per la
mancanza dei materiali. Il trasporto poi in certi luoghi per terra, ed
il trar su pel ratti di Santa Teresa e di San Giovanni trenta barconi
lunghi, molte piatte da carico, una gondola di trenta botti, con
quattrocento altri battelli, era opera che pareva non che malagevole
quasi impossibile. Ma i marinari inglesi per la perizia ed audacia loro
non se ne sgomentarono. I soldati stessi gli secondavano, ed i paesani,
fatti tralasciar l'aratro e la marra, erano spinti per forza ad entrare
a parte della fatica. In ciò si affrettavano molto i Capi inglesi per
prevenir l'inverno, che già si avvicinava, (queste cose si facevano nei
mesi di luglio d'agosto, e di settembre); conveniva varcare due lunghi
laghi; erano incerte le novelle sulle forze del nemico, il quale stava
riparato nelle Fortezze di Crown-point e di Ticonderoga; avuta la
vittoria per mezzo delle navi più grosse sul lago Champlain, quelle
forse non avrebber potuto passare l'emissario tra il medesimo ed il lago
Giorgio, dove peraltro dovevano necessarie essere. Superati finalmente
tutti questi ostacoli, rimaneva, che si traversassero le terre di mezzo,
selvose, paludose ed intricate per arrivare sulle rive del fiume del
Nort, e recarsi sino ad Albania, nel quale luogo solo potevasi sperare
di trovar riposo e rinfrescamento di ogni cosa. Ma non si ristavano
gl'Inglesi a tante difficoltà. Pareva anzi, che a misura di quelle
crescesse l'animo loro, ed in questo era eguale l'ardor dei soldati a
quel dei capitani. Conoscevano benissimo l'importanza della cosa, e che,
se avessero potuto arrivare ad Albania prima dell'inverno, sarebbe stato
la totale vittoria, ed il fine della guerra. Nè non erano molto
stimolali dai prosperi successi ottenuti dall'esercito della Cesarea.
Ardevano di desiderio di aver parte ancor essi alla riuscita della
guerra; e temevano, se non si affrettassero, che quello solo acquistasse
la gloria di averla condotta a compimento. Lavoravano adunque con
grandissima contenzione. Ma ciò nonostante, non potette esser terminata
l'opera loro, e la flotta pronta al navigare, se non quando era già la
stagione trascorsa sino al mese d'ottobre. Era quella molto gagliarda, e
tale, che non mai su quei laghi si era la somigliante veduta, e non
sarebbe nemmeno stata da tenersi a vile sui mari d'Europa. La Capitana,
denominata l'Inflessibile, portava 18 cannoni, che buttavano dodici
libbre di palla. Avevansi due grossi giunchi, uno di quattordici e
l'altro di dodici; un fodero molto largo fornito di dodici cannoni con
molti obici; ed una gondola di sette. Seguivano venti battelli, ed
alcuni barconi lunghi armati di cannoni e di obici, con parecchie altre
barche ad uso di palischermi. Quest'erano le navi atte a combattere. Ma
abbondavano in grandissima copia le passeggiere ad uso di trasportar le
vettovaglie, le bagaglie, le munizioni e le armi di ogni sorta. Guidava
tutta l'armata il capitano Pringle, marinaro espertissimo; le ciurme
erano pratiche de' luoghi, numerose ed accese di grandissimo desiderio
della vittoria. I soldati poi da terra erano accampati ne' vicini
luoghi, pronti, vinte che fossero le battaglie navali, ed avuta la
signoria dei laghi, a correre contro il nemico nelle battaglie
terrestri. Tremila soldati avevano gli alloggiamenti loro nell'Isola
delle Noci, ed altrettanti a San Giovanni; i rimanenti parte sulle navi,
e parte qua e là nelle vicine guernigioni.
Contro tanti apparati facevano gli Americani gli estremi sforzi loro. I
generali Schuyler e Gates soprantendevano il tutto. Arnold poi si
trovava presente, e con quel suo smisurato ardire spirava coraggio a
tutti. E siccome l'esito della guerra in queste parti dipendeva in tutto
dalla forza dell'armata, così niuna diligenza tralasciavano gli
Americani per ingagliardir la loro, e di tutte le cose necessarie
fornirla. In questo però la cosa non riusciva all'aspettazione. Mancavan
loro i legnami, e quei pochi che potevano ottenere, era d'uopo
procacciare di lungi; nè la portata delle artiglierie era eguale a gran
pezza al bisogno. Difettavasi ancora grandemente di marangoni, i quali,
i più, si erano ai porti verso la marina condotti, dove molto faticavano
nella costruzione dei legni da andar in corso. Quindi è, che nonostanti
l'assiduità e la perseveranza, colle quali insistevano al lavoro delle
navi, la flotta non sommava che a quindici vascelli di diversa
grandezza, due giunchi, una corvetta, una fusta, tre galee, ed otto
gondole. Le più grosse artiglierie, che si trovavano sul giunco
principale, buttavano solamente sei libbre di palla. E perchè non
mancasse al governo di questa armata un capitano, il cui ardire fosse
uguale alla difficoltà ed al pericolo dell'impresa, le fu preposto
Arnold. Doveva questi quella chiarezza, che acquistato s'era nelle
battaglie terrestri, ora mantenere nelle navali. L'esercito americano
poi, il quale malgrado i molti ostacoli, e specialmente il vajuolo, che
l'aveva travagliato, per l'industria e la diligenza dei capitani saliva
a otto o nove migliaia di soldati, alloggiava a Ticonderoga, avendo però
lasciato una grossa guardia a Crown-point. Stando ogni cosa in pronto da
ambe le parti, Carleton impaziente della vittoria spingeva avanti tutta
l'armata verso Crown-point per incontrarvi l'inimico. Già era giunto a
mezzo il lago, senza che avesse potuto discoprirlo, ed andava a suo
viaggio senz'alcun sospetto, quando tutto ad un tratto apparve agli
occhi degl'Inglesi l'armata americana, la quale molto opportunamente
s'era appiattata dietro l'isola di Valicour, e chiudeva il passo per
quel braccio del San Lorenzo, che scorre tra quest'isola e la sponda
sinistra del fiume. A questa vista insperata si commossero grandemente
gli uni e gli altri; gli Inglesi pel corso pericolo, gli Americani per
la moltitudine e la grossezza pelle navi nemiche, delle quali alcune,
cosa inudita su quei laghi, erano fornite di tre alberi. Ne seguì
immantinente una feroce battaglia. Ma gl'Inglesi trovandosi sottovento
non potevano prevalersi di tutte le navi loro, dimodochè nè
l'Inflessibile, nè le altre più grosse potettero dar dentro. Solo
combattettero il giunco, il Carleton, ed i battelli. Nel che diedero
pruove di una perizia e di un coraggio non ordinarj. Gli Americani dal
canto loro sostennero la battaglia con maraviglioso valore, la quale
durò per ben quattr'ore. Finalmente continuando il vento a soffiar
contro gl'Inglesi, e vedendo, che costretti a combattere con una sola
parte delle forze contro tutta l'armata nemica non facevan frutto, il
capitano Pringle richiamò, facendosi già notte, dalla battaglia i suoi,
e pose le sue navi arringate in faccia, e presso a quelle del nemico.
Arse in questo affronto il miglior giunco degli Americani, ed una
gondola andò a fondo. Trovavansi in grave pericolo, e temevano una
totale sconfitta, se in quel luogo stesso aspettato avessero una seconda
battaglia. Perciò si determinarono ad andarsi a raccoppiare sotto le
mura di Crown-point, dove speravano, che l'artiglierie del Forte
avrebbero conguagliato la superiorità delle forze nemiche. Parve,
volesse la fortuna mostrarsi favorevole a questo disegno di Arnold; e
già le sue navi, perduta la vista delle inglesi, navigavano velocemente
verso la nuova stazione; quando, diventato improvvisamente il vento
prospero alle inglesi, che le seguitavano, queste sopraggiunsero loro
addosso, prima che arrivar potessero a Crown-point. Quivi si rinfrescò
con più rabbia di prima la battaglia, la quale durò per ben due ore. Ma
quelle navi americane, ch'erano nell'antiguardo, cioè una galea e tre
bastarde, giovandosi dell'occasione, che le altre tenevano a bada il
nemico, dato alle vele, si ritirarono a Ticonderoga. Rimanevano
coll'Arnold due galere e cinque gondole, che facevano una disperata
difesa. In questo mezzo la galea il Washington condotta dal brigadier
generale Waterburg, abbassata la tenda, si arrendè. In tanto pericolo
vedendosi Arnold al di sotto, sia pel numero delle navi, sia per la
quantità e la portata delle artiglierie, e sia ancora, perchè alcuni de'
suoi non facevano quelle parti che dovevano, determinò di cedere alla
fortuna in guisa però, che nè il suo navilio, nè i suoi soldati, nè i
marinari non venissero in poter del nemico. Adunque con eguale destrezza
che intrepidità mandò a traverso, e fe' arenare sulla spiaggia la galea
il Congresso, sopra la quale ei si trovava. L'istesso fece delle cinque
gondole. Ma queste cose mandò ad effetto in modo, che le sue genti
ebbero tempo di sbarcare, e di ardere le navi, avendo a ciò contrastato
gl'Inglesi invano per causa del vento, che soffiava da terra, e per la
strettezza del lago. Arnold fu l'ultimo ad arripare. Perciocchè non
volle abbandonar la sua nave, se non quando già era in fiamme, e dopo
d'aver tenuto sino all'ultimo l'insegna inalberata. La qual cosa fu
dagli Americani tutti tenuta un'azione degna di un animo forte e
generoso. La rotta, quantunque grave, ricevuta dall'Arnold, non solo non
nocque alla sua prima fama di guerriero valente ed animoso, ma gli
acquistò di vantaggio il nome di pratico e destro marinaro. Gli
Americani abbandonaron tostamente Crown-point, non senza di averlo prima
smantellato, arso e distrutto tutte quelle cose che non potettero
trasportare. Carleton l'occupò, e venne fra breve a congiungersi con
esso lui il rimanente dell'esercito. Cotal fine ebbe l'impresa, che per
far piuttosto la sedia della guerra nel paese degli inimici, che
aspettare, fosse trasferita nel proprio, tentarono gli Americani nel
Canadà. Così venne del tutto in poter degl'Inglesi il lago Champlain, ed
altro ostacolo non rimaneva loro a superare per entrare nel lago
Giorgio, se non la Fortezza di Ticonderoga. Se Carleton avesse potuto
spingersi avanti, subito avuta la vittoria, ed in tal modo valersi della
confusione, in cui era sulle prime il nemico, forse che si sarebbe senza
molta difficoltà impadronito di quella importante Fortezza. Ma un vento
da ostro, che soffiò per lo spazio di molti giorni, glielo impedì. In
questo frattempo vi si affortificavano gli Americani con quella maggior
diligenza, che sapevano e potevano. I cannoni furon posti sui carretti,
nuovi bastioni furon construtti, ed i vecchi rassettati. Questi si
accerchiarono con fossi, e si palificarono. Nuove genti si fecer venire
in fretta per ingrossar la guernigione, e seguendo gli ordini di
Washington si sgomberarono a luoghi più lontani i buoi ed i cavalli,
acciò non potessero gl'Inglesi con elli vivere, e someggiare. Intanto
non aveva tralasciato Carleton di mandare frequenti masnade di
speculatori per le due rive del lago, e quando pel vento gli fu
permesso, anche alcune navi delle più sottili sino nelle vicinanze di
Ticonderoga, per ricavare, quali fossero l'animo e le forze del nemico,
e la condizione della Fortezza. Ebbe in avviso, che questa era
fornitissima, e la guernigione piena di ardire. Considerò pertanto, che
la oppugnazione sarebbe stata lunga, difficile e molto sanguinosa; e
che, questo stante, il benefizio che si poteva ottenere dall'acquisto
della Fortezza, non sarebbe uguale alla perdita. Essendo già il verno
grande, ed i tempi sinistri alla guerra, non si poteva nè invernar senza
pericolo sul lago Giorgio pel difetto delle vettovaglie, e per la
difficoltà di tenere aperte le vie verso il Canadà, nè usar la guerra
con isperanza di buon successo nelle fredde e deserte regioni, che
questo lago dal fiume Hudson dividono. Quindi è, che ei giudicò, che la
presa di Ticonderoga riuscirebbe in quella stagione pressochè inutile; e
giacchè si aveva la signorìa dei laghi, si poteva ritornare sopra di
questa molto presto al tempo nuovo, senza esporre i soldati alle fatiche
ed ai pericoli di una guerra poco guerriabile in quei tempi del più
fitto inverno. Fatte adunque le sue consulte, allentò il pensiero di
assaltar quella Fortezza, e deliberò di ritirare il suo esercito nei
luoghi più bassi verso Monreale, e così fece sull'entrar di novembre,
lasciando le sue prime scolte all'Isola delle Noci. Ma prima di
andarsene ebbe per la singolar cortesia ed umanità dell'animo suo
mandato alle case loro gli uffiziali americani, che prigioni erano
venuti nelle sue mani, somministrando loro tutte quelle cose, delle
quali bisogno avevano. L'istessa generosità usò verso i gregarj, i quali
la più parte pressochè nudi essendo, fe' rivestire, e fornir di tutto il
bisognevole, avuta però la fede dagli uni e dagli altri, non portassero
le armi contro i soldati del Re. Questo consiglio di Carleton dell'esser
ito a quartiere fu da parecchj biasimato come timido, e pregiudiziale
molto alla somma della guerra. Imperciocchè, se si fosse già fin
d'allora impadronito di Ticonderoga, ed avesse fatto svernar le sue
genti nei vicini luoghi, avrebbe potuto uscire a campo molto per tempo
nella seguente primavera. Nel qual caso non era da dubitare, che la
guerra avrebbe un tutto diverso fine avuto da quello ch'ella ebbe in
fatti. Ma il rendersi padrone di un luogo per natura e per arte tanto
forte, quanto era veramente Ticonderoga, dipendeva al tutto dalla
difesa, che vi avrebbero fatto dentro gli Americani; e certamente dal
numero loro, dal valor dimostrato nei precedenti combattimenti navali, e
dalla fede, che avevano grandissima nei Capi loro, dovevasi presumere,
che sarebbe stata e lunga ed ostinata. Senza di che doveva pur molto
importare la considerazione delle vettovaglie e della comunicazione del
Canadà. Comunque ciò sia, questa ritirata del generale inglese, e questa
invernale sosta riuscirono di grandissimo giovamento agli Americani.
L'esercito che aveva militato sotto il generale Lee, ebbe abilità di
andarsi a congiungere con quello di Washington sulle rive della
Delawara, ed una parte dello stesso esercito canadese potette condursi
sotto gli ordini di Gates al medesimo destino.
In questo tempo stava la fortuna americana in sul crollo della bilancia,
ed il minimo caso sinistro avrebbe bastato a farle avere il trabocco. Di
questo più si doveva temere, che sperar del contrario. Due grosse
province la Nuova-Jork e l'Isola di Rodi erano già venute tutte intiere,
siccome pure la più grande e la miglior parte della Cesarea, in mano
dell'esercito vincitore. E sebbene le armi anch'esse vittoriose di
Carleton avessero arrestato il corso loro sotto le mura di Ticonderoga,
poca speranza si poteva avere, che, fatto un nuovo sforzo nella
primavera, non s'impadronissero di questa Fortezza, ed arrivate sulle
sponde del fiume del Nort non si congiungessero coll'esercito della
Nuova-Jork. Nè potevasi ragionevolmente aspettare, che Washington,
inferiore di forze egli stesso al suo avversario, fosse in condizione di
poter rimandar all'esercito canadese quelle genti, che per la tregua
nata sui laghi erano venute a trovarlo sulla Delawara. L'esercito suo
poi, quantunque, come abbiam veduto, fosse stato ingrossato per alcuni
aiuti, non era però con quello del nemico a gran pezza da paragonarsi nè
pel numero, nè pell'ardire, nè per la disciplina dei combattenti, nè per
la quantità delle provvisioni d'ogni maniera, nè per la qualità
dell'armi. Sottentrava poi anche quella peste dell'esercito americano,
vogliam dire il finir delle ferme dei soldati, che minacciava una
prossima e quasi totale dissoluzione. Nè non dava molta molestia ai Capi
il pensare alla prontezza, colla quale i popoli delle province
sottomesse, e principalmente quelli della Nuova-Jork, si apparecchiavano
a mutar fede, e correvano ai perdoni. Alcuni si arrolavano eziandio
sotto le insegne reali, e sembrava, volessero alla civil guerra inglese
arrogere la civil guerra americana. E siccome erano dati loro i perdoni,
e ricevuti in grazia, così temevasi, che l'esempio loro avesse a riuscir
pernizioso anche per le altre province, e che si destassero dappertutto
maligni umori. Si sapeva, che in ciò si esercitava vivamente il
governatore Tryon, il quale a bella posta stato era nominato Brigadier
generale, e già aveva fatto grandissimi frutti. Per lo contrario la
bisogna dello arrolare andava molto lenta dalla parte degli Americani; e
di più molti disertori assottigliavano di dì in dì l'esercito già di per
sè stesso tanto debole. A tutti questi mali augurj si aggiungeva un
altro peggiore, e questo era, che i biglietti di credito incominciavano
a scapitare; e siccome quasi niun'altra sorgente d'entrata pubblica si
aveva fuori di questa, non osando il governo, tuttavia troppo tenero in
quei principj, por mano alle tasse di moneta, e quando osato l'avesse,
non potendo tali tasse, se non accrescere il male, aumentando il
discredito dei biglietti, si temeva, che fosse per mancar di breve quel
nervo principale delle guerre, la pecunia. Il gittar poi nuovi biglietti
gli avrebbe certamente fatti cadere in maggior bassanza. Eppure
astenersi dal gittarne, pei bisogni dello Stato ognor crescenti, non
potevano. Nè vi mancavan di quelli, i quali non che gli ricevessero a
perdita, non gli volevan ricevere del tutto. Adunque un presente tempo
pericoloso, ed un futuro pericolosissimo si appresentava alla mente
degli Americani. Si temeva da tutti, e si diceva da molti, che l'ora
dello spegnimento dell'independenza fosse vicina a quella del suo
nascimento. Parecchj ancora forte, ed apertamente biasimavano il
congresso per aver chiarito l'independenza, ed in tal modo chiusa la via
ad ogni onorevole accordo. Perciocchè se prima della dichiarazione si
poteva compor con onore, dopo non si poteva se non con vergogna, e senza
che diventassero gli Americani la favola del mondo.
In mezzo a tante e così gravi difficoltà il congresso non si perdette
d'animo, e deliberò di mostrare il viso alla fortuna. Non che facesse
vista di disperarsi, maggior fiducia dimostrava; ed in tanta depressione
di cose nissun dubbio pareva, ammettesse sul finale esito dell'impresa.
Conosceva egli, che buono studio vince rea fortuna. I membri suoi
risguardando alla gloria anteponevano la pericolosa guerra alla
pericolosa pace. E pel modo, col quale sostennero l'impeto dell'avversa
fortuna, allorquando parevano le cose loro vicine all'ultima rovina,
fecero sì, che il nome loro dovesse fiorire per la lode singolare di
aver poste le fondamenta ad un nuovo Stato. Si maravigliavano le genti
per ogni dove a tanta costanza; e se prima, allorquando i prosperevoli
venti parevano volere questa americana nave nel sicuro porto spinger di
breve, la sapienza dei piloti lodavan esse universalmente, ora essendo
la medesima da una feroce burrasca sbattuta e quasi sommersa, l'ardire e
la magnanimità loro ed ammiravano grandemente, e con efficacissime
parole magnificavano. Cresceva in proporzione negli animi europei le
benevolenza verso gli Americani, siccome l'odio contro l'Inghilterra,
per voler essa soggettare, ed ai termini della servitù ridurre popoli sì
generosi. Tanto o per ambizione si dilettano gli uomini degli sforzi,
che fanno i deboli contro i potenti, o per commiserazione amano quelli,
che fanno gli uomini generosi contro l'avversa fortuna. Quest'erano le
americane afflizioni e virtù, allorquando, depresse le cose della
repubblica, non appariva scintilla alcuna di lume propinquo.
Già raccontato abbiamo, quali siano state le risoluzioni del congresso a
fine d'ingrossar con nuove leve l'esercito, e per allontanare il
pericolo della brevità delle ferme, siccome pure per far correre
all'armi le bande paesane. Intanto, come se presente non fosse, o non
incalzasse così vicino un possente nemico, piacque al congresso di andar
considerando alcuni articoli di confederazione e di perpetua unione tra
gli Stati, acciocchè ognuno di questi venisse a conoscere, e l'autorità
propria al di dentro, ed i suoi rispetti verso gli altri, e quali
fossero nel capo della lega, cioè nel congresso medesimo le facoltà a
reggere e governare il tutto. Furon essi articoli vinti nella tornata
del congresso dei quattro ottobre, ed inviati spacciatamente per
l'approvazione alle assemblee di ciascun Stato. I principali erano i
seguenti:
Che i tredici Stati si confederassero insieme sotto il nome _degli Stati
Uniti d'America_;
Che si obbligasser tutti, e ciascheduno alla comune difesa, e per le
libertà loro mantenere;
Che ad ogni Stato particolare fosse conservata la facoltà di regolar le
cose del suo governo interiore in tutto ciò, che non fosse contrario
agli articoli della confederazione;
Che nissuno Stato particolare potesse nè mandare, nè ricevere
ambascierie, nè negoziare, nè far trattati, nè romper la guerra
(eccettuati i casi di repentino assalto) con alcuno re, principe, o
potentato qualsivoglia senza il consentimento degli Stati Uniti;
Che nissuno, che tenesse o maestrato, o uffizio, o commissione
qualsivogliano dagli Stati Uniti, o da qualcuno di essi, ricever
potesse, nè presenti, nè paghe, nè uffizj, nè titoli di niuna sorta da
alcun re, principe, o potentato forestiero;
Che non potesse niuna assemblea conferir titoli di nobiltà;
Che nissuno Stato potesse fare alleanze, o trattati qualsivogliano con
un altro senza il consenso di tutti;
Che ciascuno Stato particolare potesse sia in pace, che in guerra quel
numero di navi da guerra, o di soldatesche tenere, e non più di quanto
dall'assemblea di tutti gli Stati stabilito fosse;
Che vi dovesse essere un tesoro generale ad uso della lega da riempirsi
dalle rate particolari di ciascuno Stato, le quali determinar si
dovessero all'avvenante del numero degli abitatori di ogni età, sesso ed
ordine, eccettuati però gl'Indiani;
Che ogni anno il primo lunedì di novembre si convocasse a Filadelfia un
congresso generale dei deputati di tutti gli Stati, al quale tutte
quelle facoltà concedute fossero, che ai reggitori supremi delle nazioni
si appartengono. E di tutte queste fu fatta una diligente enumerazione;
Che gl'impiegati, che tirassero o stipendio, o salario, o emolumenti di
qualsivoglia natura si fossero, avessero divieto dal congresso;
Che vi fosse un Consiglio di Stato composto di un deputato per ciascuno
Stato da eleggersi ogni anno dai suoi colleghi dello Stato medesimo, e
nel caso che questi non si accordassero, dalla generale assemblea;
Che ciascuno Stato rendesse un solo suffragio;
Che il Consiglio di Stato avesse, e duranti le tornate, ed a' tempi
delle vacanze della generale assemblea, la facoltà di governare gli
affari generali della lega, consistendo però sempre nei limiti
prescritti dalle leggi, e particolarmente dagli articoli della lega
medesima.
Fu lasciato luogo alla provincia del Canadà ad entrare nella lega.
Poscia il congresso per confortar coloro, che sbigottiti si erano al
sinistro aspetto delle cose, e perchè colla fortuna non si mutassero gli
animi dei popoli, mandò fuori un cartello, col quale, raccontato prima
la giustizia della causa loro, le lunghe ed inutili supplicazioni, ed i
crudeli procedimenti dei ministri, la necessità della dichiarazione
dell'independenza, e l'universale consenso, col quale era stata
approvata, andò annoverando i prosperi successi, che accompagnato
avevano le armi americane nelle settentrionali province, la cacciata di
Boston, il ributtamento di Charlestown, l'arrestamento a Ticonderoga,
l'abbondanza delle prede fatte sul mare, la copia delle vettovaglie, e
la speranza di poter presto fornir l'esercito delle vestimenta, delle
quali abbisognava. Gli esortò quindi, e particolarmente i popoli della
Pensilvania, della Nuova-Cesarea, e dei vicini Stati, stessero concordi
e forti nel difendere la patria. Addusse, che la presente condizione non
era da niun errore commesso dai Capi, o da difetto di valore nei soldati
da riconoscersi; ma bensì dalla brevità delle condotte. Ricordava, che
già i principi forestieri avevano accomodato l'America di molte cose
necessarie all'uso della guerra, e che si aveva la certezza di averne a
ricevere più efficaci ajuti; che non mancassero a sè stessi, e non
permettessero, che la ricca e popolosa città di Filadelfia venisse in
poter del nemico; che non lasciassero fuggir la occasione di opprimere
l'esercito di lui principale ora, che si trovava lontano dalle navi,
nelle quali la sua principal forza consisteva. E quantunque la perdita
di Filadelfia non fosse per essere la perdita della causa, tuttavia non
permettessero, che il nemico ne trionfasse; che lo raffrenassero; che lo
arrestassero; che convincessero gli amici dell'America, anche i più
lontani, che quivi fosse una mente sola, ed una sola volontà per
difendere contro uomini crudeli, ciò che l'uomo ha, e dee tenere più
caro; pensassero, che si trattava di acquistar una perpetua quiete e
sicurtà agli Stati Uniti, ed a' loro nomi una gloria immortale;
durassero; serbassero sè medesimi a più prosperi successi; risorgessero
a miglior fortuna.
E perchè l'autorità della religione confortasse e tenesse anch'essa in
fede i popoli, determinarono, che si dovesse dalle assemblee dei diversi
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