Storia della Guerra della Independenza degli Stati Uniti di America, vol. 2 - 16

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venuta la contesa tra la monarchia, e la repubblica; nel qual caso non
potevano altro sperar gli Americani, che una intiera independenza e
libertà, od una intiera dependenza e servitù. E giacchè a tali termini
eran ridotte le cose, nissuno, che avesse fior d'ingegno o pratica delle
cose del mondo, non vedeva, che il levarsi la maschera dal viso, ed il
discoprirsi, dichiarando apertamente qual fosse il fine, al quale
intendevano gli Americani di arrivare, era per essi diventato un partito
non solo utile, ma necessario. Stantechè per questo non si accrescevano
i pericoli, nè si peggioravano le condizioni; ma per lo contrario si
ottenevano presentemente molti vantaggi, e se ne potevano sperare
maggiori per l'avvenire. I consiglj loro ne sarebbero diventati più
risoluti; della qual cosa nissuna è più utile per la felicità
dell'imprese; ed i soccorsi esterni si sarebbero più facilmente potuti
ottenere. Poichè ognuno vedeva, che, chiarita l'independenza, e
protestatosi una volta dagli Americani, che non mai, nè sotto
qualsivoglia condizione ritornati sarebbero all'obbedienza verso
l'Inghilterra, sarebbersi fatti più ostinati nelle difese. E perciò
essendovi minor pericolo che si accordassero, i principi esterni
avrebbero più facilmente la causa loro abbracciata. E forsechè
l'Inghilterra stessa per l'orgoglio ed alterigia sua avrebbe avuto minor
ripugnanza, nel caso che gli eserciti suoi avessero fatto la guerra
infelicemente, a trattar cogli Americani, come con una nazione franca ed
independente, che al conceder loro quelle condizioni, le quali erano
appunto la prima cagione ed il soggetto della discordia; conciossiachè
il più amaro fine di una guerra, quello sia di dover rimettere al nemico
quell'oggetto stesso, ch'era venuto in contesa. Per tutte queste cagioni
la via, che dovevan gli Americani tener per arrivare a buon fine, non
era a niun modo dubbia, nè il congresso l'ignorava. Ma, se utile cosa
era stimata, non era meno opportuna, e tutti i circostanti accidenti
parevan dar favore alla presente deliberazione. Le armi felicemente
usate nel Massacciusset, nella Virginia e nella Carolina Meridionale,
province tanto principali, la prosperità delle prime fazioni loro sul
mare, e l'abbondanza delle prede fatte sul nemico dai corsali loro
davano più che probabile speranza, che gli Americani avrebbero seguitato
tutto ciò, che il congresso avesse deliberato. Il terrore delle armi
inglesi per quei primi prosperi fatti era negli animi loro scemato
maravigliosamente, la confidenza nelle proprie molto accresciuta, il
consenso dei popoli confermato; e l'infelicità dei primi tentativi dei
leali aveva questi sbigottiti, ed indotto nei libertini la opinione,
ch'essi capaci non fossero a tentar alcun moto d'importanza. Ma, se
erano impotenti i leali ad ingenerar temenza dell'armi loro, andavano
però in questo medesimo tempo facendo congiure, le quali inasprivano
grandemente i libertini, ed a maggior odio gli concitavano contro di
quel governo, che non contento ad usar la forza, prezzolava ancora, come
si credeva, gl'incendiarj e gli omicidi, perchè contro di quelle
innocenti città, e contro i cittadini virtuosissimi le orribili arti
loro esercitassero. Alcuni leali della Nuova-Jork prezzolati, e messi
su, come si divulgò, dal governator Tryon, si erano congiurati ad
arrestare, e fors'anche ammazzare il generale Washington e gli altri
principali uffiziali, appiccare il fuoco ai magazzini, e pigliare i
passi alla città nel momento, in cui le armate britanniche, come si
aspettava, sarebbero venute sopra quella. Scoperta la cosa, molte
persone, che si erano mescolate nella congiura, furon sostenute, tra le
quali due guardie del generale, e lo stesso suo fattore. Alcuni furono
giustiziati. L'aver voluto incendiar una sì nobil città, e por le mani
nel sangue d'un uomo, al quale portavano i popoli tanta reverenza e
tanto amore, eccitò a grandissima rabbia i libertini, sicchè vennero in
maggior desiderio di separarsi da quel governo, che secondo l'opinione
che avevano, dava le paghe a questi scelerati sicarj. L'Inghilterra
stessa colle sue pubbliche risoluzioni aveva dato grand'incentivo a sì
fatta determinazione. La concione dal Re fatta in cospetto del
Parlamento aveva persuaso agli Americani, che nulla si voleva rimettere
del rigore concetto contro di loro, e che formidabili apparecchiamenti
di guerra fare si dovevano. Le discussioni poi e le risoluzioni del
Parlamento gli fecero accorgere, quanto fosse debole l'autorità di
coloro, che in questo la parte degli Americani difendevano. Ma per la
risoluzione dei quindici maggio, colla quale si davano in preda le
proprietà americane, sì pubbliche che private, a tutti coloro, ai quali
il destro sarebbe venuto di pigliarle, erano venuti gli Americani in
credenza, che non solo si volessero contro di sè medesimi usare gli
estremi dell'ostilità, ma ancora, che non si volesse con elli fare a
buona guerra; che s'intendesse, dovessero cessare a riguardo loro tutte
quelle leggi, che in mezzo alle nazioni europee scemano, per quanto
possibile sia, i mali della guerra, ed inducono qualche sembianza di
civiltà per fino in mezzo alle stragi ed alle rapine. Credettero che
contro di essi volesse il governo inglese esercitare non che la guerra,
la piratica ed il ladroneccio. La qual cosa se non si poteva aspettare
da una nazione esterna, che nemica fosse, molto meno comportare lo
potevano nei proprj concittadini; e se gl'Inglesi con questo inusitato
modo di procedere erano diventati agli occhi loro più che nemici, così
volevano gli Americani diventare ai medesimi meno che concittadini. La
benevolenza prodotta dalla congiunzion del sangue, e l'unione dello
Stato non possono più continuarsi là, dove non solo sono cessate le
leggi e gli usi, che corrono fra le nazioni amiche, ma perfino quelli,
che durano tuttavia in mezzo alle più crudeli discordie tra le civili
nazioni; e se all'uso dei Barbari intendeva la Gran-Brettagna di
esercitar la guerra contro l'America, questa doveva di necessità
adoperare, come se fosse una nazione esterna. L'aver poi l'Inghilterra
condotto a' soldi suoi, e mandati ai danni dell'America i soldati
mercenarj della Germania, i quali si rappresentavano agli occhi dei
coloni, come gente da ogni umanità lontana, aveva in questi una
incredibile alterazione prodotta. Credevano, non potersi più tenere in
luogo di padri coloro, che contro i proprj figliuoli sì crudeli
esecutori delle volontà loro inviavano. _Questi sono_, dicevano, _i
commissarj, i forieri della pace, che manda all'America l'Inghilterra,
gli Essiani, i Brunswicchesi, ed i Waldecchesi_ (imperciocchè un altro
trattato di sussidj avevano i ministri concluso col principe di
Waldech). _Gli ammazzamenti, le rapine e le implacabili ire di questi
prezzolati Tedeschi, come pure anche quelle dei crudeli Indiani sono
gl'istrumenti, coi quali spera il governo inglese di vincere la costanza
nostra, e sottometterci di bel nuovo al giogo suo. Poichè gl'Inglesi i
forestieri spingono ai danni nostri, e noi contro di essi combattiamo,
come se forestieri fossero. E poichè ancora dopo un'ingiustissima guerra
hanno colle crudeli risoluzioni, e coi barbari soldati rotta e spenta,
non solo l'antica congiunzione, ma perfino l'ultima speranza della
medesima, così noi nella giustissima causa nostra accettiamo la
proposta, la quale, se ci sarebbe orribile e pregiudiziale parata ai
passati dì, ci deve parere ora indifferente, e non che utile,
necessaria._ Egli è certo che le raccontate determinazioni dei ministri,
colle quali si erano proposto d'intimorir gli Americani, e fargli calare
agli accordi, gli misero per lo contrario più in sull'ostinarsi, e
diedero occasione al congresso, ed a tutti coloro, che miravano
all'independenza, di mandar sicuramente ad effetto l'intento loro. Che
anzi molti di coloro, i quali desideravano di ritornare all'antica
dependenza, ne pigliarono tanto sdegno, che si accostarono alle parti
dei primi, o molto almeno rimettettero dello zelo a difendere
gl'interessi britannici; onde accadde, che i nemici antichi, più forti
diventarono per la comune opinione cresciuta in favor loro, e per la
congiunzione dei nuovi, e gli antichi amici diminuirono di numero e
d'ardore. Il che dee servir d'esempio a quelli, i quali nella
concitazion loro si persuadono, che le risoluzioni che atte sono a
dividere gli uomini tra di loro, e gli uni spingere contro gli altri,
quando essi hanno gli animi raffreddi, lo siano del pari, quando sono da
qualche gagliarda passione commossi; perocchè in quest'ultimo caso
quello, che mitigar dovrebbe, irrita; quello, che intimorire, incora;
quello, che dividere, collega e congiunge. A grado a grado il desiderio
dell'independenza s'insinuava vieppiù nelle menti americane. Ad altro
oggetto non si pensava, che a questo, ne d'altro si favellava, sì
pubblicamente che privatamente, che di questo medesimo. Gli animi eran
sollevati universalmente, ed in grandissima aspettazione. Stando le cose
in questi termini uscì alla luce un libretto, al quale stavano
sottoscritte le parole _comun senso_; ma era opera di Tommaso Paine,
uomo nato in Inghilterra, ed arrivato poco tempo innanzi in America, al
quale forse più, che ad alcun altro scrittore il cielo aveva concesso,
sapere con istile e con pensieri accomodati muovere e volgere a suo
talento gli animi della moltitudine. Certamente si può affermare, che il
libro del Comun senso sia stato uno degl'istrumenti più efficaci
dell'independenza americana. L'autore si sforzò di provare, e con
argomenti molto probabili, che la ricongiunzione coll'Inghilterra era
impraticabile per la diversità, anzi per la contrarietà delle parti, e
per l'orgoglio britannico, siccome pure infedele pel rancore e pel
desiderio della vendetta. Da un altro canto discorreva assai
acconciamente della necessità, dell'utilità e della possibilità
dell'independenza. Aggiungeva certi sprazzi in sulla monarchia molto
accomodati a renderla odiosa nella mente dei popoli, e preponeva a
quella il governo dei più. Della costituzione inglese, l'eccellenza
della quale niuno, o pochi avevano in quei tempi recata in dubbio, parlò
molto alla libera, per quanto spetta alla parte della monarchia; con
lode degli altri ordini. Riandò i mali e le calamità pubbliche, alle
quali, malgrado la lodata bontà della costituzione sua, era andata
l'Inghilterra soggetta, e massimamente dopo il ristoramento della
monarchia; e quindi argomentava, che qualche vizio essenziale doveva
trovarsi in quella, pel quale era insufficiente a procurar la felicità
dei popoli; e questi vizj, questo male segreto affermava esser la
Realtà. Da questa ripeteva le discordie intestine, e la frequenza delle
guerre esterne. Si rallegrava in fine coi popoli americani, che il cielo
e la fortuna avessero loro fatto abilità di poter creare quegli ordini
pubblici, nei quali fossero raccolte tutte le eccellenze della
britannica costituzione, esclusi i suoi difetti, vale a dire, secondo la
mente sua, la Realtà. Non si potrebbe facilmente dire, con quanto
consentimento dei popoli sia stata ricevuta questa scrittura del Paine.
Chi diventava da ardente arrabbiato, chi da tiepido infervorato, e per
fino vi furono di quelli, che da leali diventaron libertini. Ognuno
voleva l'independenza.
Il congresso determinò di usar l'occasione. Ma per procedere
prudentemente, e perchè non gli cadesse, come dice il volgo, il presente
in sull'uscio, volle prima tentar il guado, e fece una risoluzione, la
quale, se non era l'independenza stessa, certo molto se le avvicinava.
Intendeva di starsene ad osservar gli effetti, per poter quindi
procedere più oltre sicuramente. Decretò, che, siccome il Re britannico,
in congiunzione coi Pari e coi Comuni della Gran-Brettagna, aveva
esclusi per gli ultimi atti del Parlamento gli abitanti delle colonie
unite dalla protezione della sua Corona, e siccome nissuna risposta era
stata, o sarebbe probabilmente data alle umili petizioni delle medesime
per ottener la rivocazione delle offenditrici leggi, e la
riconciliazione colla Gran-Brettagna; che per lo contrario tutta la
forza di quel reame, aiutata anche da mercenarj forestieri, doveva nella
distruzione di quel buon popolo adoperarsi; e finalmente, siccome sono
cose che grandemente ripugnano alla ragione ed alla buona coscienza di
quei popoli il pigliar più oltre i giuramenti, ed il far le promesse
necessarie nel prendere, o nell'esercitar i maestrati sotto la Corona
della Gran-Brettagna; e ch'egli è necessario, che l'esercizio di ogni
autorità qualsivoglia dalla detta Corona procedente sia totalmente
annullato, e tutte le potestà del governo esercitate sotto l'autorità
del buon popolo delle colonie; e ciò per mantenervi l'interna pace, la
virtù ed il buon ordine, siccome pure per difendere le vite, le libertà
e le proprietà dai nimichevoli assalti, e dai crudeli rapimenti dei
nemici loro, così era raccomandato alle rispettive assemblee e conventi
delle colonie unite, nelle quali nissun governo sufficiente all'esigenza
degli affari stato fosse fino a quel dì costituito, ordinassero quel
tale, che secondo l'opinione dei rappresentanti del popolo fosse meglio
conducevole alla felicità ed alla sicurezza dei mandatori loro
particolarmente, e dell'America generalmente. Questa risoluzione,
mandata speditamente nelle rispettive colonie, ebbe in questa ed in
quella diverso incontro. Alcune avevano già di per sè stesse preoccupato
il passo, e, recatosi in mano l'autorità del governo, avevano creato
ordini pubblici independenti dall'autorità reale, e questi non più
temporali come prima, ma durevoli, senza niuna restrizione o di tempo o
di condizione. Così adoperato avevano la Virginia e la Carolina
Meridionale. Il Connecticut e l'Isola di Rodi non ebbero che cambiare;
poichè già fin dagli antichi tempi ogni autorità vi procedeva dal
popolo, e da questo si eleggevano tutti i maestrati, sì quelli, ai quali
è commessa la cura di far le leggi, come quelli, il cui carico è di
mandarle ad esecuzione. La Marilandia, la Pensilvania, e la Nuova-Jork
fluttuarono. Ma vinte finalmente dall'insuperabil temporale, vi si
accomodarono. Adunque in ogni luogo erano intenti i popoli delle colonie
a creare nuove costituzioni, nelle quali, tratte quelle parti, che
all'ordinamento dell'autorità regia si appartengono, tutte quelle forme
conservarono, che sono della costituzione inglese proprie e private.
Generalmente si vollero diligentemente distinguere le tre potestà,
legislativa, esecutiva e giudiziale; e specialmente molta gelosia si
dimostrò intorno all'esecutiva. La legislativa fu divisa in alcune
colonie in due parti; in altre costituita fu in una sola, e da tutte
ebbero divieto tutti coloro, che maestrati tenevano, o uffizj
dall'esecutiva. I giudici si pagavano o dalla legislativa, o dalla
esecutiva. In alcune tenevano il magistrato a tempo, in altre durante la
buona condotta. Il governatore poi, secondo la maggiore o minor gelosia
dei popoli, si eleggeva a dovere star in uffizio per più breve, o per
più lungo tempo. In alcune colonie otteneva la facoltà del divieto, ed
in altre no. In queste ei doveva stare per ogni fatto suo; in quelle per
nissuno, perciocchè un Consiglio esecutivo, creato a posta, lo doveva
rivedere. In tutte queste disquisizioni, le quali tanto importavano alla
futura felicità delle colonie unite, non si sentirono, nè minacce, nè
corrucci, nè discordie malaugurose, e pareva, che ognuno, posta in
disparte l'ambizione, altro non agognasse, che la prosperità e la
libertà della patria; memorabile esempio di prudenza, di temperanza e di
benevolenza civile, nel quale se risguarderanno gli altri popoli, non
potranno non vergognarsi, seppure la corruzion dei costumi non dispoglia
anche i cuori smani dell'abilità del vergognarsi, di essersi in tutti i
tempi dimostrati dall'americano così diversi e lontani; imperciocchè
essi altro non sepper fare, che correre dai dispareri alla discordia, e
dalla discordia al sangue.
Trovato il congresso nelle colonie buona corrispondenza alla sua
risoluzione, e volendo dare alla incominciata opera compimento,
rimaneva, che venisse da quelle autorizzato a dichiarare l'independenza.
Questa bisogna fu con tanta prudenza governata, e di già erano i popoli
tanto inclinati al disegno, che la maggior parte delle assemblee
provinciali inviarono ai delegati loro al congresso il mandato libero
per consentire all'independenza. Alcune di vantaggio fecero loro abilità
di far leanze coi principi forestieri. Sole la Pensilvania e la
Marilandia si opponevano.
Adunque stando le cose in questi termini, nella tornata del congresso
degli otto giugno Riccardo Enrico Lee, uno dei deputati della Virginia,
posto il partito della independenza, parlò, dicesi, stando tutti
intentissimi ad ascoltarlo, nella seguente sentenza:
«Io non so, prudentissimi uomini e cittadini virtuosissimi, se delle
faccende nate dalle civili discordie, delle quali sino a questo dì ci
hanno gli scrittori delle storie tramandato la memoria, e le quali
originarono o il desiderio della libertà nei popoli, o l'ambizione dei
principi, alcuna se ne trovi, che più di quella, della quale ora a
trattare abbiamo, grave ed importante si fosse, o sia che si risguardi
il futuro destino di questo libero ed innocentissimo popolo, ovvero
quello stesso dei nemici nostri, i quali, mal grado la crudel guerra e
la tirannide nuova, sono pure i nostri fratelli, e dello stesso sangue
nati, che noi siamo, ovvero infine quello di tutte le altre nazioni del
mondo, le quali attente si sono rizzate in piè per rimirare il grande
spettacolo, e presagiscono a sè stesse nella vittoria nostra maggior
larghezza di vivere, o nella perdita più stretti vincoli, ed un più duro
morso aspettano. Conciossiacosachè qui non si tratti di acquistare il
dominio di qualche terra o territorio, o di volere ad alcuno con
scelerata cupidigia soprastare; ma sibbene di conservare, o di perder
per sempre quella libertà, che abbiamo dai maggiori nostri eredata, e
che abbiamo a traverso i mari sterminati, in mezzo alle furiose
burrasche cercata, ed in queste terre contro i barbari uomini, contro le
crudeli fiere, e contro un pestilente cielo tante volte mantenuta e
difesa. E se tante, e sì cospicue lodi date si sono, e tuttora si danno
a quei generosi difenditori della greca e della romana libertà, che si
dirà di noi, i quali quella, che non sulle voglie di una tumultuaria
moltitudine, ma sugl'immutabili statuti, e sulle tutelari leggi sta
fondata, difendiamo; non quella che il privilegio era di pochi patrizj,
ma quella, che è la proprietà di tutti; nè quella infine la quale
cogl'iniqui ostracismi, e collo spaventevole decimar degli eserciti era
macchiata; ma sibbene quella, che tutta pura è, e dolce e gentile, e
conforme ai civili e miti costumi d'oggidì? Or su dunque, che più
s'indugia, o quali dimoranze son queste? Si dia fine alla bene
incominciata impresa; e giacchè nella congiunzion coll'Inghilterra non
possiamo più oltre sperare quella libertà, e quella felicità trovare,
che tanto ci dilettano, si sciolga del tutto il nodo, e si ponga mano a
quello, di che già di fatto godiamo, voglio dire all'intiera ed assoluta
independenza. Nè voglio nell'ingresso medesimo del mio discorso
tralasciar di dire, che se a queste fatali strette condotti siam noi, se
a questo passo pervenuti, oltre il quale non potrà più altro tra
l'America e l'Inghilterra intervenire, che quella pace, o quella guerra,
che tra le forestiere genti esercitar si sogliono, ciò dalle insaziabili
voglie, dai tirannici procedimenti, dai replicati, e più che decennali
oltraggi dei ministri britannici dovrà solo, ed unicamente riconoscersi.
Per noi non istette, che non fossero l'antica pace ed armonia ristorate.
Chi non udì le nostre preghiere, e le supplicazioni nostre a chi non son
note? Stancarono esse il mondo intiero. Solo l'Inghilterra non volle a
quella misericordia verso di noi piegarsi, della quale si mostrarono
tutte le altre nazioni liberali. E siccome la sopportazione prima, e
poscia la resistenza non bastarono, che le preghiere inutili furono,
siccome il sangue novellamente sparso, così dobbiamo noi procedere più
oltre, e por mano alla independenza. Nè si creda da taluno, che questo
sia un partito, ch'evitar si possa. Tempo verrà fuori di dubbio, si
voglia o no, che la fatale separazione dovrà avvenire; perchè così
portano la natura stessa delle cose, la popolazione nostra ognor
crescente, la ubertà delle nostre terre, la larghezza del nostro
territorio, l'industria dei concittadini, gli sterminati mari frapposti,
la longinquità dei regni. E se questo è vero, come egli è verissimo, non
è nissuno, che non conosca, che il più presto è il meglio, e che sarebbe
non dico imprudenza, ma stoltizia il non pigliar la presente occasione,
in cui l'ingiustizia britannica gonfiato ha i cuori di sdegno, spirato
agli animi il coraggio, indotto nelle menti la concordia, riempiti
gl'intelletti di persuasione, e fatto correre le mani alle difenditrici
armi. E fino a quando dovrem noi valicare tremila miglia di un
tempestoso mare, per andar a chiedere presso uomini altieri ed
insolenti, o consiglio, od ordini ai nostri domestici affari? E non si
confà ottimamente ad una nazione grande, ricca e potente, come siamo
noi, ch'ella abbia in casa propria, e non in quella d'altrui il governo
delle cose sue? E come potrà un ministro di uomini forestieri
acconciamente delle cose nostre giudicare, delle quali cognizione non
ha, e nelle quali non ha interesse? La varcata giustizia dei britannici
ministri ci deve accorti fare dell'avvenire, se di nuovo potessero nei
nostri corpi i duri artigli loro piantare. Giacchè così è piaciuto alla
crudeltà dei nostri nemici di porci avanti gli occhi l'alternativa, o
della servitù, o dell'independenza, qual è quel uomo generoso ed amante
della patria sua, il quale stia in pendente per la elezione? Con questi
uomini infedeli nissuna promessa è sicura, nissuna fede è santa.
Pogniamo, il che il ciel non voglia, la soggiogazione, pogniam
l'accordo. Chi ci assicura della mansuetudine britannica nell'usar la
vittoria, o della fede nell'osservar i patti? Forse l'avere assoldato e
spinto ai danni nostri gli spietati Indiani e gl'inesorabili Tedeschi?
Forse la fede data, e rotta già tante volte nella presente querela?
Forse la britannica fede della punica stessa più infedele riputata? Che
anzi dobbiamo noi stimare, che, poichè venuti saremmo nudi, ed inermi
nelle mani loro, abbiano contro di noi a disfogare il conceputo sdegno,
ad esercitar la minacciata vendetta, a legarci, ed a strignerci con
istrette catene per torci non solo la forza, ma anche la speranza di
poter un'altra volta prorompere. Ma poniamo, nel caso nostro avvenga
ciò, che mai avvenuto non è in alcun altro, cioè sia il governo
britannico per dimenticar le offese, e per osservare i patti, crediamo
noi, che dopo una sì lunga discordia, dopo tante ferite, tante morti, e
tanto sangue possa la riconciliazione, che seguirebbe, esser durevole, e
che di nuovo, e ad ogni piè sospinto, in mezzo a tanti odj, a tanti
rancori, non nascano nuovi motivi di scandalo? Già son separate d'animo
e d'interessi le due nazioni; l'una è consapevole dell'antica forza;
l'altra diventata è della nuova; l'una vuol reggere senza freno; l'altra
non vuol obbedir nemmeno colla libertà. Qual pace, qual concordia
possonsi in tali termini sperare? Amici fedeli posson diventar bene gli
Americani agl'Inglesi, sudditi non mai. E quand'anche credere si
volesse, che la riunione fosse per riuscir senza rancori, non sarebbe
ella senza pericoli. La potenza stessa, la ricchezza della
Gran-Brettagna dovrebbero gli uomini preveggenti di timore riempire in
sulle cose future. Essendo ella a tanta grandezza pervenuta, che poco o
nulla a temere abbia dei potentati esterni, in mezzo alla sicura pace si
ammolliranno gli animi, si corromperanno i costumi, invizierà la
crescente gioventù, e, venute meno le forti braccia ed i generosi petti,
diventerà preda l'Inghilterra di un nemico forestiero, o di un ambizioso
cittadino. Se noi saremo tuttavia a quella congiunti, verremo a parte
della corruttela e della sventura, tanto più da detestarsi, quanto più
sarebbe irreparabile. Separati da quella, e tali quali siamo noi, non
avremo a temere nè la sicura pace, nè la pericolosa guerra. E
dichiarando la franchezza nostra, il pericolo non sarebbe maggiore, ma
bene più pronti gli animi, e più chiara la vittoria. E' bisogna, che noi
ci strighiamo da quest'incerti consiglj, e che usciam fuori da questi
avviluppati andirivieni. Abbiamo noi la sovranità assunta, e non osiam
confessarla; noi disubbidiamo ad un Re, e ci riconosciam per suoi
sudditi; noi esercitiamo la guerra contro una nazione, dalla quale
protestiamo ognora di voler dipendere. In mezzo a queste incertezze
stanno dubbiosi gli animi; le ardite risoluzioni si impediscono; la via
da tenersi non è spedita; i capitani nostri nè rispettati, nè obbediti;
i soldati nè zelanti, nè confidenti; deboli noi di dentro, e vilipesi al
di fuori; nè i forestieri principi potranno o stimare, o soccorrere sì
timida, sì dubitamentosa gente. Ma bandita una volta l'independenza, e
scoperto il fine, al quale si tende, diventeran ad un tratto più certi,
e più risoluti i consiglj; e per la grandezza del proposito
s'ingrandiranno gli animi; i maestrati civili di nuovo zelo si
vestiranno, i generali di nuovo ardire, i soldati di nuovo coraggio, i
cittadini tutti di più costanza, e con maggior prontezza attenderanno
tutti alla bella, all'alta, alla generosa impresa. Temono alcuni del
pericolo della presente risoluzione. Ma combatteranne forse
l'Inghilterra contro di noi con più vigore o rabbia, di quanto abbia
ella finora combattuto? Certo no. Chiama ella ribellione la resistenza
all'opressione, del pari che l'independenza. E dove sono queste
formidabili soldatesche, che abbiano a fare star gli Americani? Non
hanno potuto le Inglesi, e potranno le Tedesche? Son queste forse più
valorose, più disciplinate di quelle? Certo mai no. Senza di che, se è
il numero dei nemici cresciuto, non è altrimenti il nostro diminuito; e
l'uso dell'armi e l'esperienza della guerra ne' duri conflitti del
presente anno acquistato abbiamo. E chi dubita poi, che l'independenza
non ci guidi alle alleanze? Imperciocchè tutte le nazioni siano disiose
di venir a parte del commercio nelle nostre ubertose terre, e nei nostri
ricchissimi porti, che l'avara Inghilterra chiuso ha col monopolio sino
a questi tempi. Nè meno son vaghe di veder una volta alfine l'odiata
potenza britannica abbassata; che a tutti puzza questo barbaro dominio;
tutti desiderano veder fiaccate quelle corna, e tutti renderanno colle
parole e cogli aiuti immortali grazie ai valorosi Americani, per aver
essi alla umanissima impresa dato cominciamento. Non altro aspettano i
principi per iscoprirsi, che l'impossibilità degli accordi. Che se la
risoluzione è utile, non è essa meno alla dignità nostra confacente.
Pervenuta è l'America a quella grandezza, per la quale debb'ella fra le
independenti nazioni esser annoverata. Di sì alto grado siam noi
altrettanto degni, quanto gl'Inglesi medesimi. Perciocchè, se eglino son
ricchi, ed anche noi lo siamo; se essi son valorosi, e noi pure così
siamo; se essi son più numerosi, e noi per l'incredibile fecondità delle
nostre caste spose crescerem tosto in frequenza di popolo, quanto essi
cresciuti sono; se essi hanno celebrati personaggi in pace e in guerra,
e noi pur ne abbiamo; e questi rivolgimenti politici son soliti a
produrre i grandi, i forti, i generosi spiriti. Da quel che già si è da
noi in questi primi principj fatto, facilmente arguir si può a ciò, che
sarem per fare; poichè la sperienza è la madre degli ottimi consiglj, e
la libertà quella degli uomini eccellenti. Già il nemico fu cacciato da
Lexington da trentamila armati raccolti in un dì; già i famosi capitani
loro dato han luogo in Boston alla perizia dei nostri; già le ciurme
loro vanno vagando sulle ributtate navi pei mari immensi, morte di fame.
Si accetti il favorevole augurio, e si combatta, non già per sapere con
quali condizioni siam noi per servire all'Inghilterra, ma sì per poter
fra di noi ordinare un viver libero, fondar un giusto, un independente
governo. Combattettero i Greci contro l'innumerevol esercito dei
Persiani prosperamente; poichè la libertà gl'ispirava. Afflissero con
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