Storia della Guerra della Independenza degli Stati Uniti di America, vol. 2 - 02

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quello, che qualcheduno non tenesse credenza. Per sovvenire ai bisogni
dell'impresa, l'assemblea di Connecticut fece un accatto di diciotto
centinaia di dollari (egli è un dollaro cinque franchi, e qualche soldo
più). Provvedevansi segretamente polvere e palle, e tutti gli arnesi da
involar la Terra; si faceva con gran prestezza la mossa delle genti a
Casteltown, Terra posta sulle rive del Wood-Creek per a Ticonderoga.
Erano la maggior parte abitatori delle Montagne Verdi, e perciò chiamati
nella lingua loro _i figliuoli delle verdi montagne_; tutta gente
animosa, arrisicata ed usa ai pericoli. I condottieri erano oltre
l'Allen e l'Easton, i colonnelli Brown e Warner, ed il capitano
Dickinson. A questi si era accozzato a Casteltown il colonnello Arnold,
che veniva dall'oste di Boston. Costui nato con un ingegno smisurato,
con una mente inquieta, e di una intrepidezza piuttosto maravigliosa,
che rara, aveva di per sè stesso fatto il medesimo pensiero. Tanta era
la convenienza dell'impresa e l'ardire di quei Capi americani. Si era a
questo fine indettato colla congregazione di sicurezza di Massacciusset,
la quale lo aveva chiamato colonnello coll'autorità di levar soldati, e
con questi di far l'impresa di Ticonderoga. Arrivò egli in questo mezzo
a Casteltown. Gli parve cosa nuova l'essere preoccupato. Ma siccome non
era uomo da rimanersi per un po' di stizza; e che nissuna cosa più grata
gli poteva accadere, che l'occasion di menar le mani, si acconciò cogli
altri, ed acconsentì, quantunque cosa molto ostica gli paresse, a porsi
sotto i comandi dell'Allen. Ponevano le scolte in su tutte le vie per
impedire, non trapelasse qualche fumo della loro venuta a Ticonderoga.
Arrivavano di notte sulla riva del lago Champlain opposta a Ticonderoga.
E siccome la principale speranza di fornire quest'impresa era riposta
nella prestezza, superate tosto le difficoltà del tragitto, Allen e
Arnold pigliavan terra dall'altra parte vicino al Forte. Si spinsero
avanti l'uno e l'altro, ed in sul far dell'alba vi entrarono. Procedendo
per la strada coperta, arrivarono sulla spianata. Quivi gridarono ad
alta voce gli evviva loro, e menarono gran gazzarra. Il presidio che
dormiva, risvegliatosi, trasse. Ne seguì una baruffa coi calci degli
archibusi e colle bajonette. Escì fuori il comandante del Forte, ed
Easton avendogli detto, che egli era prigioniero dell'America, non la
sapeva capire, e andava dicendo: _che vuol dir questo?_ Deposero le
armi, e tutto fu posto in potestà dei vincitori. Si trovarono in
Ticonderoga da 120 pezzi d'artiglierie di bronzo da sei a ventiquattro
libbre di palla, parecchj obici e bombarde, palle e bombe di ogni
maniera, ed ogni sorta di munizioni. Essendo poscia le genti, che erano
rimaste sull'altra riva, traghettate e congiuntesi colle prime, se ne
mandò tosto una parte alla volta di Crown-Point, perchè se ne
impadronissero, dove vi era un presidio di pochi soldati. La cosa riuscì
facilmente. Vi si trovarono meglio che cento bocche di artiglierie.
Ma l'impresa degli Americani non sarebbe stata compita, se non
ottenevano essi soli il dominio del lago. La qual cosa non potevano
sperare, fintantochè non si fossero impadroniti di una corvetta da
guerra, che gl'Inglesi tenevano presso il Forte di San Giovanni.
Determinarono di armare un grosso giunco, al quale essi danno il nome di
_Schooner_, di cui avrebbe avuto il comando Arnold, mentrechè Allen
avrebbe condotta la gente sulle piatte, che servono ad uso di navigare
su quei laghi. Soffiando il vento da ostro, la nave di Arnold lasciò
dietro di sè le piatte, e sopraggiungendo all'improvviso sulla corvetta,
il comandante della quale a tutt'altro pensava, fuori che a questo,
Arnold se ne fece padrone. E come se il cielo volesse con un evidente
segno dar favore a queste prime fazioni degli Americani, il vento, che
poco prima spirava dall'ostro, trapassò repentinamente a tramontana, ed
in men, che non fa un'ora, se ne tornava Arnold sano e salvo colla
corvetta predata, e col suo giunco a Ticonderoga.
Lo stesso evento sortirono le cose degli Americani a Skeenesborough,
essendosi insignoriti di questa Fortezza, ed avendo acquistato molte
minute artiglierie, che si trovavan dentro, e fatto prigioniero il
presidio. Allen, essendosegli in tal modo arrese le Fortezze, vi pose
presidio di soldati, e vi deputò per castellano Arnold. Ei se ne tornò
nel Connecticut. Questo esito ebbe la prima impresa tentata dagli
Americani sui confini loro settentrionali. Essa è stata di somma
importanza, e sarebbe anche stata in progresso di maggiore per la somma
di tutta la guerra, se queste Fortezze, che sono lo scudo e l'antemurale
delle colonie, fossero state ne' tempi che seguirono, con eguale
prudenza e valore difese, coi quali state erano acquistate.
Ma presso a Boston le cose andavano molto strette. Gli Americani
ponevano ogni industria, per impedir le vettovaglie agl'Inglesi, e
questi ogni sforzo facevano per procacciarsene. Il che dava luogo a
frequenti abboccamenti tra l'una parte e l'altra. Uno di questi, che fu
uno dei più grossi, successe intorno le isole di Noddes e di Hog, poste
tutte a due nella cala di Boston a greco di questa città, la prima
rimpetto a Winnesimick, e la seconda rimpetto e vicino a Chelsea.
Essendo queste due isole abbondanti di strame e di bestiami erano di
molta utilità agl'Inglesi, i quali vi andavano spesso a foraggiare. I
provinciali determinarono d'impedirgli, portando via i bestiami, e
distruggendo quanto strame potessero. La qual cosa mandarono ad effetto,
non però senza gran contrasto dalla parte dei regj. I provinciali
vennero di nuovo sopra l'isola di Noddes, e predarono molto bestiame sì
grosso che minuto. L'istesso operarono alcuni giorni dopo in su quelle
di Pettick e di Deer. In tutti questi fatti dimostrarono gli Americani
grandissimo ardire, ed in maggior confidenza entrarono di sè stessi. La
guernigione di Boston, che già pativa di viveri, ne pruovò un incomodo
ed un danno gravissimo.
Queste fazioni furono annunziatrici di un'altra di troppo maggior
momento, che seguì pochi giorni dopo. Erano arrivati in Boston gli ajuti
dall'Inghilterra, i quali col presidio formavano in circa un esercito di
dieci in dodicimila soldati, tutta buona e fiorita gente. Eranvi
medesimamente giunti tre generali di buon nome, e questi erano Howe,
Clinton e Burgoyne. La contenzione degli animi e l'aspettazione erano
grandissime da ambe le parti. Gl'Inglesi ardevano di desiderio di
levarsi dal viso la macchia di Lexington, non potendo tollerare nelle
menti loro, che gli Americani avessero le spalle loro vedute. Non
potevano pensare senza sdegno, che i soldati del Re britannico, i quali
avevano dato tanti esempj di valore, fossero ora dentro le mura di una
città strettamente assediati. Volevano ad ogni modo con qualche bel
tratto mostrare la superiorità loro sopra le bande raunaticce degli
Americani non essere una vana credenza. Bramavano soprattutto di por
fine con una rilevata impresa a questa vituperosa guerra, soddisfacendo
ad un tempo alla gloria loro, all'aspettazion della patria, agli ordini,
ai desiderj ed alle promesse dei ministri. Del che sovrastava loro anche
una stretta necessità pel difetto delle vettovaglie, che ogni dì
diventava maggiore, e sarebbe fra poco tempo divenuto intollerabile. E
se pure dovevano nell'impresa lasciar la vita, amavano meglio morire di
ferro che di fame. Da un altro canto non erano gli Americani meno cupidi
di venirne ad un giusto cimento, sperando dalle già fatte cose e dalla
fidanza nuova, che presa avevano, di vincere la pruova. Stando le cose
in questo stato, i capitani inglesi non si restavano di andar
considerando, qual fosse il miglior consiglio per istrigarsi dalle
difficoltà loro, e per uscire alla campagna. Due erano le vie da poter
saltar fuori. Una di far impeto dall'istmo di Boston, assaltare i nemici
affortificati a Roxbury, e, superatigli, correre il paese dalle parti
della contea di Suffolk. L'altra era, traghettato il braccio di
Charlestown ed attraversata la penisola di questo nome, sboccare per
l'istmo, e cacciando i nemici, che occupavano le alture tra Willis-Creek
e la riviera Mistica, distendersi dalla parte di Worcester. Il generale
Gage aveva da qualche tempo avuto il pensiero di tentare la prima di
queste imprese, avendo per le fortificazioni dell'istmo di Boston, in
caso di mal successo, la ritirata libera alle spalle. Gli Americani
avendone avuto odore il dì medesimo, che si doveva mandare ad effetto,
stettero molto avvisati. O sia questa, ovvero altra più vera cagione,
che svolgesse il generale inglese dalla sua risoluzione, fatto è, che nè
quel giorno, nè i seguenti non uscì. I provinciali si valsero
dell'indugio, ed affortificarono molto il luogo con palancate e
terrapieni. Vi posero anche l'artiglierie, ed ingrossarono assai quella
parte dell'esercito con farvi marciare tutte le milizie delle Terre
circonvicine. Queste cose eseguirono con tanta sollecitudine, che il dar
la batteria da questa parte sarebbe riuscita agl'Inglesi opera non solo
malagevole, ma piena di molto pericolo. Perciò ne abbandonarono il
pensiero, e si risolvettero a volgersi verso la penisola e l'istmo di
Charlestown. I Capi americani ne ebbero tosto avviso, e si determinarono
a voler usare ogni sforzo per attraversare questo nuovo disegno del
nemico. Per ciò fare il miglior partito si era di affortificar
gagliardamente le alture di Bunker's-hill, le quali signoreggiano
l'entrata e l'uscita della penisola di Charlestown. Fu ordinato al
colonnello Guglielmo Prescott, occupasse quelle con una banda di mille
soldati, e vi facesse sollecitamente le trincee. Ma qui seguì un errore,
che arrecò un presentissimo pericolo alla guernigione di Boston, e che
pose le due parti nella necessità di venirne subitamente alle mani.
Conciossiachè, o sia per la somiglianza del nome, ovvero per qualche
altra meno nota cagione i provinciali invece di recarsi ad occupare le
alture di Bunker's-hill, e quivi affortificarsi, si portarono più avanti
nella penisola, occuparono, ed incominciarono ad affortificare
Breed's-hill, altro monticello, che sta a sopraccapo a Charlestown, ed è
situato verso l'estremità della penisola più vicina a Boston. Ivi con
tanta prontezza lavoravano, che quando incominciava l'alba del seguente
giorno ad apparire, avevan di già construtto un ridotto quadrato, che
poteva offerir loro una qualche difesa contro le artiglierie del nemico.
E tanto fu il silenzio che osservarono in questa opera, che gli Inglesi
non ne ebbero nissun sospetto; finchè alle quattro della mattina il
capitano di una nave da guerra non senza grandissima maraviglia se
n'accorse, ed incominciò a trarre colle artiglierie. Il rimbombo fe'
correre la gente a rimirare la novità del fatto. Ma più di tutti i
generali inglesi non ne potevano restare capaci. La cosa era di troppa
importanza, perchè non cercassero cacciar di là i provinciali, od almeno
impedire che tirassero a perfezione le incominciate fortificazioni.
Imperciocchè, stando l'altura di Breed's-hill a sopraccapo di Boston,
questa città non si sarebbe più potuta tenere, se gli Americani avessero
fatto la batteria su quel luogo eminente. Laonde ordinarono, che si
desse fuoco a tutte le artiglierie sì della città, che delle navi da
guerra e delle batterie galleggianti, che stavano attorno alla penisola
di Boston. Ne seguì un fracasso, ed una tempesta di palle e bombe, che
si scagliavano contro le opere degli Americani. Dava loro specialmente
gran noja una batteria piantata su d'una eminenza chiamata Cop's-hill,
che situata dentro la città medesima di Boston le sta a cavaliero ed a
rimpetto di Breed's-hill. Ma ciò fu tutto invano. Seguitarono gli
Americani a lavorare con grandissima costanza tutto il giorno, e verso
sera avevano già tirata a buon termine una trincea, che dal ridotto
discendeva sino alle falde del monte, anzi quasi sino alla riva della
riviera Mistica; quantunque non l'avessero potuta perfezionare per la
furia delle artiglierie nemiche. In questo frangente non era rimasta
altra speranza ai generali inglesi fuori di quella di dare l'assalto, e
snidiar di viva forza gli Americani da quella forte positura. Ad un tal
partito non tardarono ad appigliarsi, e ne seguì il diciassette giugno
il fatto d'armi di Breed's-hill, che molti chiamano di Bunker's-hill,
molto notabile per la intrepidezza, per non dir l'ostinazione delle due
parti, pel numero dei morti e dei feriti, e pell'effetto, ch'ei produsse
sull'opinione delle genti in riguardo al valore degli Americani, ed
all'esito probabile di tutta la guerra. Avevano gli Americani l'ala
dritta protetta dalle case di Charlestown, la qual Terra essi
occupavano, e quella parte dell'ala medesima, che si congiungeva al
corpo della battaglia, era difesa dal ridotto praticato sull'alture di
Breed's-hill. Il corpo di battaglia poi, e l'ala sinistra si riparavano
dietro la trincea, che scendendo dal monte si distendeva, senza però
raggiungerla, verso la riviera Mistica. Ma gli uffiziali americani,
avendo fatto considerazione, che la parte più debole alle difese si era
appunto quella estremità dell'ala sinistra; perciocchè in questo luogo
la trincea non arrivando fino alla riviera, ed essendo in questo luogo
il terreno facile e piano, vi era pericolo, il nemico vi penetrasse e
gli assalisse alle spalle, immaginarono di far chiuder quell'adito con
due stecconati paralelli, riempiendo di erbe l'intervallo tra uno
stecconato e l'altro. I Massacciuttesi occupavano Charlestown, il
raddotto ed una parte della trincea; quei del Connecticut retti dal
capitano Nolten, e quei del Nuovo-Hampshire capitanati dal colonnello
Stark il rimanente della trincea medesima. Pochi momenti prima che si
venisse alle mani, arrivò con alcuni ajuti il dottor Warren, che era
stato nominato generale, personaggio di molta autorità, ed uno dei più
ardenti difensori della causa americana. Giunse con lui anche il
generale Pomeroi. Si accostò il primo a' suoi Massacciuttesi, ed il
secondo a quei del Connecticut. Il generale Putnam sopravvedeva il
tutto, e si teneva pronto a correre là, dove il bisogno il richiedesse.
I provinciali non avevano cavalli, non essendo ancor giunti quei, che si
aspettavano dalle province meridionali. Di artiglierie erano forniti, se
non abbondantemente, almeno sufficientemente. Di archibusi non
mancavano, ma per altro tutti ordinarj; perciocchè de' rigati, che hanno
maggior gittata, non ne avevano, la maggior parte però senza bajonette.
Ma per maneggiargli con destrezza, e saper trarre a mira ferma
avanzavano gli Americani ogni altro. Con questi mezzi, con non poca
speranza, ed accesi di desiderio di combattere aspettavano la vicina
battaglia. Fra mezzo dì e un'ora, essendo il caldo grande, tutto era in
moto nel campo britannico. Una moltitudine di barche e di battelli pieni
di soldati partivano dalle rive di Boston, e si accostavano a
Charlestown. Sbarcavano a Moreton's-point, non incontrata nissuna
resistenza; perciocchè le navi da guerra ed altri legni armati colle
artiglierie tenevano nel momento dello sbarcare i nemici lontani,
sforzandogli a rimanere nei ripari. Erano dieci compagnie di granatieri,
altrettante di fanti leggieri, con un proporzionato numero di
artiglieri, tutti condotti dal maggior generale Howe e dal brigadiere
generale Pigot. Appena sbarcate le genti spiegavano gli ordini loro, i
fanti leggieri sulla diritta, i granatieri sulla sinistra. Ma osservata
la fortezza del luogo, e l'ardimento che gli Americani mostravano, Howe
fe' fermar le ordinanze, e mandò a chiedere un rinforzo. Si attelarono
in due file. Il disegno loro era, che mentre l'ala sinistra guidata da
Pigot assaliva i ribelli dentro Charlestown, il corpo di battaglia
assaltasse il raddotto, e l'ala destra composta di fanti leggieri
dovesse forzare il passo presso la riviera Mistica, e ferire in tal modo
gli Americani da' fianchi e dalle spalle; il che avrebbe dato
agl'Inglesi la vittoria certa. Egli pare ancora, che Gage abbia avuto in
animo, sloggiati i nemici da Charlestown, di metter fuoco alla Terra,
acciocchè le fiamme ed il fumo, ingombrando l'aria, le genti che dovevan
assaltar il raddotto, potessero essere meno nojate dai provinciali.
Adunque, ogni cosa essendo in pronto, gl'Inglesi si movevano per andare
all'assalto. I provinciali, che dovevano difendere Charlestown, temendo,
che i nemici penetrassero tra il borgo ed il raddotto, il che gli
avrebbe tagliati fuori del rimanente dell'esercito, si ritirarono.
Gl'Inglesi entrarono nella Terra e vi appiccarono il fuoco. In un
istante, essendo le case di legno, tutto fu in fiamme. Intanto
marciavano a passo lento contro il raddotto e la trincea, facendo alto
di quando in quando per dar tempo alle artiglierie di seguitare e di
fare qualche effetto, prima che arrivassero. Il fumo e le fiamme di
Charlestown non offrivano loro alcuna comodità, essendo dal vento volte
alla contraria parte. Il proceder loro lento, e la chiarezza dell'aria
facevano sì, che gli Americani potevano meglio drizzar la mira degli
archibusi. Aspettavano questi taciti l'assalto, e non traevano, volendo
prima lasciar approssimare il nemico. Ora non si potrebbe con parole
meritevolmente descrivere la terribilità di quella circostanza. Una
grossa Terra tutta avviluppata dalle fiamme, le quali si elevavano ad
una altezza maravigliosa, e ad ogni momento crescevano, spirando un
vento fresco. La gente traeva da ogni parte per vedere l'inusitato
spettacolo, ed una contesa piena di tanto pericolo e di tanti presagi. I
Bostoniani ed i soldati del presidio, che non avevano uffizj, erano
montati sui campanili, sui tetti e sulle alture. Le colline ed i campi
circonvicini, dai quali si poteva sicuramente prospettare la
spaventevole scena, erano ingombri dalla gente affollata di ogni sesso,
di ogni classe e di ogni età: ognuno stava coll'animo dubbio, secondo
che a questa od a quella parte era inclinato. Giunti gli Inglesi a tiro,
gli Americani lanciarono loro addosso un nugolo di palle. Furono sì
frequenti, sì numerosi, sì bene aggiustati i tiri, che gli ordini
degl'Inglesi ne furono scompigliati, e si ritirarono disordinati fino al
luogo dello sbarco. Alcuni si gettarono a scavezzacollo alle navi. Molti
restarono morti sul campo di battaglia. Ora si vedevano gli uffiziali
fare ogni sforzo, parte con promesse, parte con esortazioni e parte con
minacce per inanimare i soldati e condurgli ad un altro assalto.
Finalmente dopo molte fatiche, e non senza grande ripugnanza pigliaron
di nuovo gli ordini, ed ivano alla batteria. Gli Americani gli
aspettarono come la prima volta a gittata, ed allora scaricaron contro
un'altra simile furia di archibusate. Gl'Inglesi, perduti molti dei
loro, e rotti gli ordini, si ritirarono a riva. In questo periglioso
momento della battaglia, Howe, morti o feriti tutti gli uffiziali, che
gli stavano all'intorno, rimase per alcun tempo solo sul campo. In tal
frangente, dal qual dipendeva l'esito totale della giornata, dicesi, che
il generale Clinton, che stava a mirar l'evento della battaglia dal
Cop's-hill, veduta la distruzione de' suoi, venisse in soccorso loro, e
da quell'esperto capitano, ch'egli era, con una opportunissima mossa
riformasse gli ordini e conducesse, secondato anche dagli altri
uffiziali, che prevedevano benissimo di quanta importanza fosse all'onor
inglese ed alla somma delle cose la perdita o la vittoria, per la terza
volta i soldati allo sbaraglio. Si diè adunque la batteria da tre parti
al raddotto. Le artiglierie delle navi non solamente proibivano ogni
sorta di rinforzo, che potesse agli Americani venire per la via
dell'istmo di Charlestown; ma eziandio scoprivano e strisciavano
all'indentro la trincea. Le artiglierie da fronte fulminavano anch'esse;
agli Americani venivano meno le munizioni, e nuove non ne potevano
sperare. Per la qual cosa i tiri loro si rallentavano. In tale stato di
cose gl'Inglesi spintisi avanti arrivarono sul raddotto. I provinciali
privi di bajonette fecero pur anche una ostinata difesa coi calci degli
archibusi. Finalmente essendo già pieno il raddotto di nemici, il
generale americano, suonato a raccolta, fe' ritirare i suoi.
Mentre così si travagliava sul lato sinistro e sul centro dell'esercito
inglese, i fanti leggieri avevano assalito con molta furia la bastita
imperfettamente fatta dai provinciali a riva la riviera Mistica. Dall'un
canto e dall'altro si combattè ostinatamente; e se gagliardo fu
l'assalto, non fu debole la resistenza. Nonostante tutti gli sforzi
delle genti reali, i provinciali mantenevano ancora in questa parte la
battaglia, ed allora solamente pensarono a ritirarsi, quando ebber
veduto, che il raddotto e la parte superiore della trincea erano venuti
in mano dei nemici. Eseguirono la ritirata con tant'ordine, che
difficilmente si sarebbe potuto sperare da soldati, come questi erano,
nuovi e collettizj. Questa pertinace resistenza dell'ala sinistra
dell'esercito americano fu al tutto la salute del rimanente; poichè, se
essi avessero dato luogo un poco prima, i fanti leggieri del nemico
avrebbero fatto impeto, e corso alle spalle della battaglia e dell'ala
diritta, si sarebbero queste trovate in grandissimo pericolo. Ma i
provinciali non erano ancora arrivati al fine dei travaglj loro. La sola
via di potersi ritirare, ch'era lasciata, si era per l'istmo della
penisola di Charlestown, e gl'Inglesi avevano collocato una nave da
guerra e due batterie galleggianti, dimodochè le palle lo rasentavano da
una parte all'altra. Tuttavia riuscirono gli Americani fuori della
penisola senza molto danno. Si fu al tempo della ritirata, che il dottor
Warren ricevè la morte. Trovandosi i suoi, che piegavano, perseguitati
aspramente dai vincitori, sprezzato ogni pericolo, si fermò solo avanti
le file, sforzandosi di raccoglier le genti e d'incorarle col proprio
esempio. Ei gridava loro, si ricordassero del motto scritto sulle
insegne. Avevan esse da una parte queste parole: _Appello al cielo_; e
dall'altra: _Qui transtulit, sustinet_. Il che voleva significare, che
quella Provvidenza, la quale aveva i loro antenati condotti in mezzo a
tanti pericoli in luogo di salvazione, quella stessa avrebbe eziandio
dato favore ai discendenti loro. Un uffiziale del Re, vedutolo e
conosciutolo, fattosi dare un archibuso da uno de' suoi, pose la mira al
Warren, e lo ferì talmente, chi scrive nella testa, e chi nel petto,
ch'ei cadde morto sul campo. Temettero gli Americani, che gl'Inglesi,
usando la vittoria, uscissero dalla penisola ed assaltassero il
principal alloggiamento, che si trovava in Cambridge. Ma si contentarono
di pigliar possesso di Bunker's-hill, dove si fortificarono a fine di
guardare l'entrata dell'istmo contro qualche nuovo tentativo del nemico.
Avendo i provinciali il medesimo sospetto, affortificarono
Prospect-hill, che sta alla bocca dell'istmo dalla parte della
terra-ferma. Ma nè gli uni nè gli altri osarono tentare alcuna novità, i
primi per la perdita di tanti soldati, gli altri per quella del campo di
battaglia e della penisola. Perdettero i provinciali cinque pezzi
d'artiglieria, con molti istrumenti da fortificare e non pochi arnesi da
campo.
Fu biasimato assai da alcuni il generale Howe per aver voluto assalir
gli Americani, dando la batteria di fronte alle fortificazioni, ch'erano
state fatte sul Breed's-hill, ed alla trincea, che si distendeva verso
il mare dalla parte della riviera Mistica. Portarono opinione, che se
avesse fatto sbarcare un buon polso di gente sull'istmo di Charlestown,
il che gli poteva agevolmente venir fatto coll'ajuto delle navi da
guerra e delle batterie galleggianti, avrebbe obbligato, senza che
bisogno fosse di venirne ad un sanguinoso combattimento, i provinciali a
ritirarsi dalla penisola. Imperciocchè in questo modo avrebbe loro
mozzata la comunicazione col campo, che stava fuori della penisola; e
per la parte del mare non potevano sperare di trovare rifugio, per esser
questo signoreggiato dagl'Inglesi. Così si sarebbe ottenuto l'intento di
piano e senza sangue. Dicesi, che Clinton ne abbia mosso il partito; ma
non si ottenne. Tanto era il fondamento, che si faceva sul valore e la
disciplina dei soldati inglesi, e sulla codardia degli Americani; delle
quali cose, se la prima non era senza ragione, la seconda era del tutto
vana, e più acciecamento di mente dinotava negl'Inglesi, che prudenza o
sperienza de' tempi. Da questo primo errore ne fu grandemente confermato
l'ardire degli Americani, debilitato l'esercito inglese, abbattuti gli
animi dei soldati, e nacque forse la perdita finale dell'impresa.
La possessione della penisola di Charlestown non giovò tanto ai reali,
che loro non nuocesse molto più. L'esercito loro non era tanto
abbondante di genti, che potesse senza molto disagio metter le poste
nell'istesso tempo, e guardar la città di Boston e quella penisola. Le
fatiche dei soldati si moltiplicarono a gran pezza. Dal che ne nacquero,
essendo anche assai calda la stagione, moltissime e gravi malattie, le
quali ed impedivano grandemente, e per le frequenti morti
assottigliarono l'esercito. Al che si debbe aggiungere, che fra i feriti
gran numero passavano di questa vita per causa degl'insoliti calori di
quel clima, e della carestia dei viveri. Così, cavatone l'onore di aver
acquistato il campo di battaglia, nissun frutto raccolsero i vincitori
da questo fatto, che importasse alla somma della guerra; che anzi fu
esso, e nella opinione dei popoli e nella propria, siccome pure pella
forza dell'esercito, di molto detrimento. Per lo contrario nell'oste
americana, abbondando i viveri d'ogni sorta, ed essendovi la gente
avvezza al clima, la più parte dei feriti erano a guarigione condotti, e
s'infiammarono viemaggiormente gli animi nel desiderio della vendetta,
essendo, come suole avvenire, riscaldati i sangui dalla sparsione. Al
che contribuì anche non poco l'incendio di Charlestown, che da una Terra
fiorente e frequentissima di commercio, era un ammassamento di ceneri e
di rovine diventata. Non potevano gli Americani riguardarla senza un
grave disdegno, e non senza esecrare i soldati europei.
Ma una perdita luttuosa dal canto loro fu quella del generale Warren.
Egli era uno di quegli uomini, che più affezionati sono alla libertà,
che alla vita; ed altrettanto nemico dell'ambizione e della rapacità,
quanto amico alla libertà. Era di buona mente e di felice ingegno
dotato, e bellissimo favellatore, sicchè nelle consulte private era
riputato di ottimo giudizio, e nelle pubbliche aveva grande autorità
presso i circostanti. Gli amici ed i nemici egualmente, conosciutolo
fedele e dabbene in ogni cosa, gli avevano grandissima credenza. Avverso
ai malvagi senza sdegno, propenso ai buoni senza adulazione; affabile,
cortese ed alla mano con ognuno, fu da tutti, ed amato santamente, e
riverito senza invidia. Quantunque anzi scarso, che no della persona,
era però di gratissimo aspetto. La donna sua, che con isviscerato amore
amava, e la quale con eguale affetto lo riconosceva, l'aveva, poco tempo
prima da questa vita dipartendosi, lasciato vedovo e sconsolato; ed egli
venendo meno in sì memorabil giorno, ed in sì grande uopo alla patria
sua, lasciò orfani parecchj figliuoli ancora in età fanciullesca
constituiti, dei quali però la ricordevol patria prese amorevole e
diligente cura. Così mancò alla patria ed alla famiglia sua in sì grave
frangente, e nella sua ancor verde età quest'uomo in pace ed in guerra
eccellente; e noi, per quanto ciò fosse in facoltà nostra, seguendo
l'instituto della storia, distributrice delle lodi ai buoni, e del
biasimo ai tristi, non abbiam voluto questo altrettanto buono che
valoroso Americano defraudare di quell'onorata ricordanza presso i
posteri, che è alle sue virtù meritevolmente dovuta.
L'impresa tentata dagl'Inglesi nel voler cacciar gli Americani dalla
penisola di Charlestown diè sospetto a questi, che volessero dar la
batteria a Roxbury, ed insignoritisi di quel luogo, aprirsi la via alla
campagna. Indotti da questo timore i Provinciali con opera incessante, e
molto studio vi si affortificarono vieppiù, con far nuovi puntoni qua e
là alle trincee loro, e fornendogli copiosamente di artiglierie, le
quali di fresco erano state condotte al campo. Il presidio abbondava in
munizioni da guerra, e tentava con ispessi colpi d'artiglieria, massime
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