Storia della Guerra della Independenza degli Stati Uniti di America, vol. 2 - 11

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neve, e da altri ostacoli non arrivaron in tempo a dar l'assalto dal
canto loro. Ma Montgommery, guidando la sua, composta massimamente di
Jorchesi, si faceva avanti sulla sponda del fiume, camminando per la via
denominata l'_ansa di mare_ sotto il capo Diamante. Quivi s'incontrava
una prima barriera al luogo chiamato _Potassa_, la quale era difesa da
una batteria di pochi cannoni; ed a dugento passi in fronte di questa
stava piantato un Fortino con una guardia. I soldati di questa, la più
parte canadesi, vedendo venir alla volta loro il nemico, presi dalla
paura, se ne fuggivano, gettando via le armi. La batteria stessa fu
abbandonata. E se avesse potuto l'Americano spingersi avanti tosto, se
ne sarebbe senza dubbio insignorito. Ma girando egli il capo Diamante,
le falde del quale sono bagnate dall'acque del fiume, massi enormi di
neve gl'impedivano il cammino. Colle proprie mani s'ingegnava di aprir
la via. Gli Americani seguivano alla sfilata. Era obbligato ad
aspettargli. In fine avendone raccolto il novero di dugento, i quali
incorava colla voce e coll'esempio, si mosse animosamente e velocemente
alla volta della barriera. Ma in questo mentre uno, o due bombardieri
fra gli assediati, avendo veduto sostare il nemico, riavutisi dalla
paura, erano alla batteria ritornati, e dato di mano alla corda accesa,
che stava di presso, dier fuoco ai cannoni, ch'erano carichi a scaglia,
essendone soltanto i provinciali distanti a quaranta passi. Questo unico
e fortunevole sparo spense ad un tratto le speranze, che si avevano gli
Americani concette. Montgommery ed i capitani Macpherson, e Cheesman,
ambidue giovani di grandissima aspettazione, e cari al generale,
restarono miserabilmente morti sul campo.
Si sgomentarono i soldati alla morte del generale, ed il colonnello
Campbell, al quale era rimasta la suprema autorità in questa parte, non
era uomo da volere, e da poter eseguire una sì pericolosa impresa.
Perciò diedero a furia indietro, sicchè quella parte della guernigione,
che contro di essi doveva combattere, ebbe comodità di correre in ajuto
di quella, che combatteva contro Arnold.
Si era mosso questi guidando egli stesso la banda dei fanti perduti
all'assalto, camminando per la contrada di San Rocco verso il luogo
detto il _Saut au Matelot_. Seguitava il capitano Lamb con una compagnia
di bombardieri, ed una bocca da fuoco. Veniva dopo la battaglia
preceduta dai corridori del Morgan. In capo alla contrada avevano gli
assediati piantato una batteria, la quale difendeva una barriera. La
via, che dovevan tener gli Arnoldesi, era così ristretta dai mucchi di
neve e dalle opere degli assediati, che le artiglierie, caricate a
scaglia la strisciavano tutta. Procedeva intanto rapidissimamente
Arnold, essendo molto noiato sul fianco dai tiri de' nemici, che
traevano dalle mura. Quivi fu ferito in una gamba da una palla
d'archibuso in modo, che ne fu offeso l'osso molto sconciamente. In tale
stato con incredibile suo dispiacere fu da' suoi trasportato
all'ospedale. Ma Morgan, uomo di natura molto terribile, preso il
capitanato delle genti, e precipitatosi alla testa delle due compagnie
faceva ogni sforzo per occupar la batteria. Le artiglierie nemiche
traevano a schegge, ma con poco effetto. I suoi feritori destrissimi,
come erano, ferivano per le cannoniere molti de' soldati inglesi.
Applicate le scale allo stecconato saltavan dentro; gli assediati
impauriti abbandonavano la batteria, che venne in poter degli
assalitori. Morgan colla sua compagnia, ed alcuni altri de' più arditi,
i quali dalla battaglia eran venuti correndo all'antiguardo, fecero
molti prigionieri inglesi e canadesi. Ma le cose intanto diventavan
molto pericolose per Morgan. La battaglia non lo aveva seguitato; ei non
aveva guida, e non conosceva la città; non aveva artiglierie; la notte
era molto scura. Determinava di fermarsi. Quivi i provinciali
incominciavano a pensar ai casi loro. Il calore concetto pel passato
fatto negli animi e nei corpi loro cominciava a raffreddarsi.
L'ignoranza, in cui erano del destino dell'altre schiere, l'oscurità
della notte, la neve che veniva giù a fiocca a fiocca, l'udire tratto
tratto gli scoppj, e veder il lume delle armi nemiche alle spalle loro,
e l'incertezza dell'avvenire ingombravano quegli animi, tuttochè feroci
e rischievoli, d'insolito terrore. Solo Morgan non si ristava. Ordinava,
stessero. Gli confortava a sperar bene. Correva intanto alla superata
barriera per far inoltrare quei ch'erano rimasti indietro. Giungevano il
luogotenente colonnello Green, ed i maggiori Biggelow, e Meigs colle
compagnie loro. L'alba incominciava a spuntare, quando Morgan con voce
terribile richiamava i suoi alla battaglia. Gli guidava a furia contro
una seconda batteria, che sapeva esser lontana pochi passi, quantunque
nascosta dietro una svolta della contrada. Girando il canto
s'incontravano in una schiera de' nemici, che guidati dal capitano
Anderson uscivano in quel punto dalla batteria. Fecer questi la chiamata
agli assalitori. Morgan infuriato tirò di un'archibusata, per la quale
Anderson, ferito nella testa, rimase morto. Gli assediati si ritirarono
dentro, serrando il rastrello. Succedeva un ferocissimo assalto, nel
quale molti morirono da ambe la parti, ma più dei provinciali per esser
feriti ne' fianchi dalle finestre, e dagli sportelli delle case.
Tuttavia alcuni de' più audaci, accostate le scale al palancato, facevan
sembianza di volervi saltar dentro. Ma vedutovi due fila di soldati in
ordinanza colle bajonette incannate pronti a ributtargli, non si
attentarono. Noiati ora da ogni parte dai frequenti tiri, cercaron i
provinciali rifugio qua e là per le case. Morgan rimase pressochè solo
vicino la barriera. Invano chiamava egli i suoi, e s'ingegnava
d'incoraggiargli. La stanchezza e la vista minaccevole del nemico avevan
fiaccati gli animi, perfino dei più coraggiosi. Le armi loro stesse non
servivano più all'uopo, essendo bagnate e guaste dalla tempesta, che
tuttavia infuriava. Perciò, già disperate le cose, cercando d'uscire
dalle mani dei nemici fe' suonar a raccolta. Ma i soldati, i quali si
eran rifuggiti nelle case, non ardivano pel timore delle palle nemiche,
che tuttavia fioccavano, saltar fuori nella contrada, per andar a girar
il canto della medesima, dove sarebbero stati fuori di pericolo, ed
avrebbero potuto ritrarsi sicuramente alla prima barriera. La sofferta
strage, la furia del temporale, l'assiderazione prodotta dal freddo gli
avevano fatti avvilire. In questo frattempo una banda di assediati con
due pezzi d'artiglieria saltavan fuori dalla porta del palazzo; ed
essendosi il capitano Dearborne, il quale colla sua compagnia di
provinciali stava alle riscosse vicino a quella porta, arreso
prigioniero, s'insignorirono di tutta quella parte della città, sicchè i
soldati del Morgan restarono attorniati da ogni lato. Ei proponeva
d'aprirsi coll'armi la via alla ritirata. Ma gli altri, sperando forse,
che l'assalto dato dall'altra parte avesse avuto felice fine, e che
Montgommery potesse cooperar con essi loro, non acconsentivano. Si
risolvettero a rimanere, e a difendersi. Ma in ultimo accortisi per la
moltitudine dei nemici, che ad ogni momento s'ingrossavano, di quello
ch'era, cedettero al destino, e poste giù le armi, si diedero in balìa
dei vincitori. Cotal fine ebbe l'assalto dato alla città di Quebec dagli
Americani in mezzo alla stagione più rigida dell'anno, il quale,
quantunque forse a prima giunta possa temerario parere a taluno, si vide
però nel progresso, che non era affatto impossibile a dover riuscire.
Imperciocchè certa cosa è, che, se Montgommery non restava morto nel
primo affronto, ei si sarebbe fatto padrone dal canto suo della
barriera, la quale, essendo stata la batteria abbandonata, e solo al
momento della sua morte ministrata da pochi, non aveva difesa alcuna. La
qual cosa giunta ai progressi, che dall'altra parte aveva fatto Arnold,
e dopo lui Morgan, sarebbe stata cagione, che tutta la bassa città
sarebbe venuta in poter degli Americani. Ma quale opinione si debba
tenere di questo, se essi restarono privi del frutto della vittoria, non
potrà certo questo loro egregio fatto mancare di vera laude. Il
governatore, deposto colla vittoria ogni sdegno, trattò i prigioneri
molto umanamente. Fece anche con onorate esequie all'uso di guerra
sotterrare il generale americano.
La perdita di Montgommery fu molto, ed assai meritamente lamentata da'
suoi. Nato egli da una famiglia molto chiara in Irlanda, aveva a
buon'ora intrapresa la carriera dell'armi, e con molta lode combattuto
nella ultima guerra tra la Gran-Brettagna e la Francia. Avendo pigliato
a donna un'Americana, ed acquistato una terra nella Nuova-Jork, era
tenuto, e tenevasi egli stesso Americano. Amava molto la gloria, ma più
la libertà. Non gli mancò nè l'ingegno, nè la virtù, nè l'occasione; ma
il tempo e la fortuna. E per quanto si può dalle preterite azioni
dell'uomo argomentar alle future, se la morte nol toglieva a' suoi ed
alla patria nella sua ancor verde età, avrebbe qualche singolare esempio
lasciato di ottimo guerriero, e di amorevole cittadino. Fu amato dai
buoni, temuto dai tristi, onorato dai nemici. Ebbe graziosissimo
aspetto. Fu bello di corpo, e d'animo puro. Lasciò in questa vita la sua
amatissima ed amantissima donna, con alcuni figliuoli ancor fanciulli,
miserabile ad un tempo, e mirabile spettacolo alla patria loro, la quale
per gratitudine verso il morto padre con ogni maniera d'amorevolezza e
di riverenza gli proseguì. Così morì quest'uomo, non solo con infinita
lode de' suoi, ma senza biasimo ancora, cosa maravigliosa, e quasi
inudita, dei parziali stessi della contraria parte.
Carleton riportò una lode di prudente ed animoso capitano per aver
mantenuta in sì grave frangente l'unione e l'ordine in una guernigione
di soldati raunaticci, perancora non usi all'armi, e per aver con questa
ributtato un feroce assalto dato da una gente infatuata e quasi
disperata. E se sostenne fortemente la battaglia, non usò meno
generosamente la vittoria.
Arnold, il quale dopo la morte di Montgommery aveva pigliato il governo
delle genti, non tenendosi più sicuro vicino alla città, allargò il
campo, pensando ormai ad ottenerla più per via d'assedio, che
d'espugnazione. Perciò si ritrasse a tre miglia distante, dove
affortificatosi il meglio che potette per la stagione, la carestia di
ogni cosa, e la brevità del tempo, attendeva, quantunque molto impedito
dalla sua ferita, a correre la contrada, e ad intraprendere le
vettovaglie, che si conducevano alla città. Da un'altra parte Carleton
contento alla presente sicurezza, ed alla vicina speranza dei soccorsi,
non volle più, con tentar di nuovo la fortuna, mettere a ripentaglio
l'acquistata gloria, la fortuna della provincia, e quella forse di tutta
la guerra. Perciò se ne stette quietamente nella città, aspettando, e la
stagione propizia e gli ajuti dall'Inghilterra. Con questa fazione si
terminò in America l'anno 1775 per lasciar luogo al seguente, non meno
di questo pieno di gloriose pruove e di memorabili avvenimenti.

FINE DEL LIBRO QUINTO


LIBRO SESTO

[1775]
Intanto in Inghilterra i popoli si commovevano grandemente a maraviglia,
e le Sette molto si riscaldavano alla resistenza degli Americani. Si era
sperato, ed i ministri avevano con molt'asseveranza affermato, che per
le ultime leggi, e per le soldatesche colà inviate sino a quel dì,
sarebbersi i sediziosi potuti raffrenare, e costringere all'obbedienza.
Si teneva per certo, che gli affezionati alla causa reale confortati
dalla presenza dei soldati, e desiderosi di schifare la vendetta delle
leggi, avrebbero fatto qualche gagliardo motivo, e, separatisi dai
tumultuanti, accostati si sarebbero alle genti del Re per ristabilire
l'autorità del governo. Si aveva eziandio una ferma opinione, che non
mai le province meridionali, veduti gli estremi casi, abbracciato
avrebbero la causa delle settentrionali; e si aveva molta aspettazione,
che per la divisione delle une e delle altre, si sarebbe di leggieri
ottenuto il soggiogamento di tutte. Ma queste speranze essendo state a
gran partito ingannate, ognuno stava di mala voglia, e molti agramente
condannavano i consiglj dei ministri. Non potevan tollerare negli animi
loro, che i soldati del Re, in vece di correre vittoriosi la contrada,
fossero essi stessi, senz'ardirsi di saltar fuori, rinserrati fra i
termini di una sola città; che le commozioni, ch'erano state parziali,
ora diventate fossero universali; che in vece del ristoramento
dell'autorità regia fossero dappertutto i governatori stati sforzati ad
abbandonar le sedi loro, ed a ritirarsi a gran fretta a bordo delle
navi; e che in luogo di far vista di temere o di cedere, acquistassero
gli Americani nuovo coraggio e nuovo ardire alla resistenza. Quei che
avevano contrastato alle deliberazioni dei ministri andavan vociferando,
che questi erano i necessarj frutti, gli antiveduti e presagiti effetti
dell'imperizia e caparbietà loro; che giacchè non avevan essi voluto
concedere ai coloni l'addimandata pace, avrebber dovuto almeno colle
sufficienti armi la guerra esercitare; che avevan fatto troppo per
irritare, poco per suggettare; che in vece di sorprendere ad un tratto
l'avversaria parte, prima che avesse a sè stessa procacciato i mezzi di
difesa, l'avevan di lungi avvertita, quasi desiderassero, si
apparecchiasse; che avevano cimentata tutta la fortuna con una parte
delle forze, e che avevano la nazione britannica disgraziata, non solo
presso gli Americani, ma presso tutte le nazioni del mondo con una nota
di crudeltà, senz'averle conciliato rispetto collo splendore della
vittoria; ma che poi si rallegravano bene e grandemente, che i disegni,
i quali i ministri avevano contro l'America immaginati, fossero stati
guasti ed interrotti, acciocchè si accorgessero, che lo stabilir la
tirannide nell'Impero britannico non era opera così agevole, siccome in
tanta rabbia e cecità loro si avevano nell'animo concetto; che molto
contento provavano al vedere, che questi modi stuardi, queste fogge
scozzesi preparate in America, e destinate in ultimo per l'Inghilterra,
avessero quella opposizione incontrato, che gli uomini dabbene, che gli
amici della libertà tutti desideravano; che felice augurio ne
prendevano, e quindi non disperavano della pubblica salute, fossero
qualsivogliano i pregiudiziali disegni degli efferati ministri.
Ma all'incontro redarguivano questi; che avevano essi creduto, che il
procedere con mansuetudine in su quei primi principj ottimamente
s'appartenesse alla natura delle leggi e degli uomini inglesi; che la
carità e la sopportazione verso i sudditi eran le guide principali del
britannico governo; che tante volte, e per così leggieri cagioni dagli
uomini parziali erano stati i ministri accusati di volere un modo di
vivere dispotico introdurre, che nella presente controversia hanno
voluto tenersi lontani per fino dal sospetto di somigliante desiderio. E
che cosa avrebbero detto gli avversarj, se i ministri in sui bei primi
romori fossero corsi all'armi, e, mandati prepotenti eserciti in
America, posto avessero di colpo a ferro ed a fuoco quel continente?
Allora sì, che avrebbero alzato la voce, e gridato contro la tirannide;
ma siccome ciò fanno anche nel contrario caso, così non doversi far
conto nissuno de' schiamazzi loro; perciocchè quindi si dimostra, che
non l'amor della libertà, ma l'ambizione, non il desiderio della
giustizia, ma quello di contraddire ai ministri gli movevano. Dovevano i
ministri, continuavano a discorrere, prima di venirne agli estremi
rimedj, dar tempo al ravvedimento ed alla penitenza, e solo ai mali
divenuti incurabili doversi il ferro ed il fuoco applicare; che per
verità si era sopportato lunga pezza la petulanza americana, ma che si
doveva sperare, che questa lunga pazienza avrebbe gli Americani fatti
accorgere della bontà della comune madre, la quale andava magnanimamente
sopportando, quando poteva insuperabilmente gastigare; imperciocchè
della forza e della superior potenza della Gran-Brettagna non potevano i
coloni a patto veruno dubitare. E si doveva credere, che avrebbero essi
a tal condotta del governo aperti gli occhi, se dai Capi invasati al di
là, e dalle vociferazioni degli oppositori al di qua stati non fossero
ingannati, infiammati e travolti. Ma che ora si vederia bene dalle
risolute deliberazioni del governo, e dall'uso gagliardo, che egli era
per fare di tutte le forze sue, ch'ei non era per mancare a sè stesso,
nè all'onor della Corona, nè agl'interessi della patria. Aggiungevano in
ultimo luogo, che dopo tanta longanimità si sarebbe senza rispetto
potuto procedere contro gli Americani; che non si dovevano più oltre
come uomini inglesi riguardare, ma sì piuttosto come implacabili nemici;
e che se di presente si aveva in animo di usar contro di essi tutta la
forza della Gran-Brettagna, questa si poteva eziandio liberamente e
piamente usare. In tal modo ribattevano i ministri le imputazioni degli
avversarj loro; le quali escusazioni sarebbero accettabili state, se
essi non avessero le leggi irritatrici adoperate, peggiori assai
dell'armi vincitrici; imperciocchè a queste si resiste con gloria, a
quelle senza sfogo.
Ma non si ristavano però nè l'una parte nè l'altra; e pareva, che colla
diuturnità, invece di raddolcirsi, più s'inasprissero questi rancori
cittadini; e che quanto più necessario diventava l'unanime consentimento
di tutti per ostare al pericolo della patria, tanto più l'amor delle
parti gli animi dividesse l'uno dall'altro e vieppiù gli allontanasse.
Tanto peggiore e più funesto augurio annunziavano queste intestine gare,
in quantochè avevano esse la sembianza di quelle antiche e sanguinose
contese, nelle quali con tanto danno e pericolo dell'Inghilterra a'
tempi della Regina Anna i libertini ed i reali, sotto i nomi di Whigs, e
di Tori, avevano la rabbia loro esercitato. Gli amici ed i nemici alla
causa americana dimostravano, ed il medesimo impeto, e la medesima
ostinazione; e pareva, che non solo l'America parteggiasse, ma eziandio,
che l'Inghilterra stessa avesse a prorompere nelle intestine dissensioni
e nella civil guerra. I Tori, dicevasi da una parte, sono essi gli
autori delle frequenti lettere pubbliche indiritte al Re ed al
Parlamento, per le quali si esorta il governo a mettere a fuoco, a ruba
ed a sangue il continente americano; sono essi i falsi rapportatori,
gl'incenditori della discordia. Ostinati come sono, ed infatuati nelle
massime della Casa stuarda, nè l'esempio dei mali, ai quali andò per
quelle l'Inghilterra soggetta, nè l'eccidio totale di quella famiglia
medesima, del quale furono la cagione, non possono le tenaci menti loro
illuminare, nè i feroci animi ritrarre dalla crudeltà e dalle voglie
tiranniche. Il lagrimevol caso del padre non potè storre un ostinato
figliuolo da seguitar la pericolosa via, che lo condusse al precipizio;
e tali sono tutti i Tori, che lo stato loro, la vita e la fortuna tutta
pospongono alle anticipate opinioni loro ed all'ambizione del
signoreggiare. Quando le crudeli stelle, che lucevano a' dì della
signoria stuarda, avevano la servitù esterna condotta e la guerra
cittadina, allora si rallegravano i Tori, siccome quelli, i quali l'onor
nazionale non curano, ed hanno in non cale la pubblica felicità. Le
massime loro consuonano con quelle dei Principi assoluti dell'Europa, e
non si vergognano di soggettar a questi la patria, trovando presso i
medesimi un facile patrocinio all'ambizione loro. Le terre europee tutte
sono a sovrani independenti sottoposte. Sola l'Inghilterra gode per un
dolce risguardo della provvidenza di un temperato e libero governo. Ma i
Tori vogliono anche questo disfare, quasi disiosi fossero di una
dispotica uniformità in tutti i paesi d'Europa. Hanno essi gli animi
macchiati di tutti i vizj delle superbe, infinte ed ingorde Corti, i
quali largamente si diffondono, come un pestilente soffio, e contaminano
tutta la nazione. Nissun uomo apprezzano, se non vile; nissuno onorano,
se non superbo e tracotato. Piaggiano i superiori, insultano
agl'inferiori; sempre invidiano il felice, soccorrono al misero rado, e
per vana gloria. La pubblica felicità fanno servire all'introducimento
della servitù, la quale stabilita, han poscia più cura di mantenere
questa, che di continuar quella. Il sommo bene pongono nell'assoluto
dominio; e la miglior condizione della società credono consistere nella
muta servitù. Lodano le rivoluzioni, quando conducono un popolo verso la
tirannide, ed i mali di quelle con ipocrita carità lamentano, e con
accomodate parole magnificano, quando mirano alla libertà. Hanno sempre
in bocca l'argomento della pubblica tranquillità; ma gli abusi
dell'arbitraria potestà, le consumatrici tasse, le impronte gabelle, le
soperchierie dei potenti, i non ristorati oltraggi, le non emendate
ingiustizie passano sotto silenzio. Ora sono alla causa americana
contrastanti, perchè interrompe i già concetti disegni di guastare il
presente libero e felice governo di questa patria, e d'introdurre nel
cuore stesso del Regno gli ordinamenti di Carlo e di Jacopo. Speran
essi, che, spenti i semi della libertà in America, e sottomessi quegli
spiriti generosi, le soldatesche vittoriose abili saranno a porre anche
il crudele giogo sul collo agli uomini inglesi. Queste sono le brame
loro, questi i pensieri, che notte e dì gli tormentano, e non il
desiderio di veder ristorata la pace in un continente, che a bella posta
spinto hanno alla guerra. Si prevengano adunque, dicevano, i funesti
disegni, si resista alle spietate voglie, e si conservi intera quella
eredità, che i maggiori nostri tramandata ci hanno mercè il valore e la
generosità loro, e le magnanime imprese del Gran Guglielmo. Così si
servirà alla patria, e fors'anche ai Brunsvicchesi stessi, i quali non
possono senza pericolo ingrati mostrarsi verso i libertini, od
allontanarsi sicuramente da quelle massime, le quali all'altezza del
britannico soglio innalzati gli hanno.
Dall'altra parte insistevano con molto calore i Tori; che poco bene si
confaceva ai libertini il chiamar i Tori crudeli ed avventati, poichè
qual sia stato l'animo loro ai tempi della repubblica, ed anche a quei
della Realtà, allorquando avevano la somma delle cose in mano, nissuno
è, che non lo sappia; imperciocchè allora le morti, gli esilj, le
confiscazioni hanno conculcata in fondo, e quasi sommersa questa
infelice patria; le prigioni e le mannaie erano gl'istrumenti della
bontà libertina. E se un felice e generoso Principe non poneva fine alle
voglie loro di sangue e di anarchia, introducendo coll'ajuto di tutti i
buoni un vivere libero, e tale, quale il desideravano i Tori,
l'Inghilterra era arrivata all'ultimo dì, e diventava preda agli esterni
nemici. Che cosa vogliono i Tori? Che nelle controversie e
negl'interessi nazionali vi abbia un'autorità suprema, la quale le
definisca, e gli regoli irrevocabilmente, e quest'autorità credono
consistere nel Re unito col Parlamento. Ma i libertini alla decisione di
cotesta autorità non si vogliono rimanere, e vanno a cercare, non si sa
quale autorità popolare, la quale dicono consistere nella universalità
dei cittadini, come se una moltitudine tumultuaria, ignara e parziale
dovesse, e potesse di quelle cose giudicare, nelle quali i più prudenti,
i più esperti uomini trovano grandissima difficoltà. E' ci deve pur
essere un fine alle nazionali disputazioni, il quale malamente taluno
sperar potrebbe nel giudizio della plebe, cui i più audaci, i più
perduti uomini impressionano meglio, che i buoni ed i prudenti; e la
domestica fame necessita a pigliar i bocconi dai malvagi. A questo fine
sono stati instituiti il Re ed il Parlamento, acciocchè così nei casi
ordinarj dello Stato, come nei difficili e straordinarj consultino e
vedano, che non riceva la patria detrimento alcuno. Nella querela
americana i ministri non hanno operato di per sè soli, nè di propria
autorità. Ma il Re ed il Parlamento decretarono ed approvarono; e ciò
dee persuaso avere ogni uomo amante della pubblica autorità e degli
ordini della costituzione. Ma agognano i libertini di veder
l'Inghilterra, siccome l'America, in preda ad una disordinata
moltitudine per poter dar di piglio, per acquistar potere, per
soddisfare ad una sfrenata ambizione, per isconvolgere gli ordini di
questo libero governo. Sono essi i libertini i figliuoli, ed i
rappresentanti di quei repubblicani, che desolarono il Regno un secolo
addietro. Gridano essi il nome di libertà, perchè vogliono essi medesimi
esercitare la tirannide. Sotto il colore della pubblica salute rompono,
e mettono dall'un de' lati ogni forma od ordine civile, ed esercitano
pienamente la potestà arbitraria. E se molto disprezzanti si dimostrano
delle leggi protettrici delle persone, delle proprietà e dell'onore, non
son meno crudeli gli animi loro; che per una opinione o vera, o creduta,
od a bello studio supposta, per un sospetto, per un nonnulla corrono
all'ire, ed agli estremi casi riducono i padri di famiglia, i padri
della patria, i migliori, i più necessarj, i più riputati cittadini.
Piaggiano essi il popolo, quando sono inferiori; diventati superiori lo
taglieggiano, lo decimano, lo affamano; e per aggiungere lo scherno al
danno non cessan di dire, che queste cose fanno per renderlo felice.
Molte cose vanno spargendo i libertini in sui vizj delle Corti, come se
le aperte e le secrete ruberie, lo sprofondare in mezzo allo sfrenato
lusso le male acquistate ricchezze, l'ingolfarsi nella libidine, il
contaminar i maritali letti, il mettere a prezzo di adulterio alle
fedeli spose la vita dei diletti mariti, il trionfar pubblico delle
meretrici, la viltà di andare a' versi ai vilissimi uomini, le quali
cose tutte si notarono molto evidentemente a' tempi della signoria dei
libertini, fossero buoni e lodevoli costumi. Ma, si aggiungeva dalla
parte dei ministeriali, qualunque siano le trame, i desiderj e le
speranze di cotesta inquieta generazione d'uomini, di cotesti partigiani
non di una giusta libertà, ma sì della sfrenata licenza dei popoli
coperta sotto il nome di libertà, si saprà bene resister loro, conservar
la pubblica tranquillità, assicurare alle leggi la dovuta obbedienza, e
mandare ad effetto quelle risoluzioni intorno i ribelli Americani, le
quali tanto solennemente, e secondo gli ordini pubblici prese furono dal
Re e dal Parlamento. La necessità delle cose, la fedeltà dei popoli, e
la ricordanza della varcata tirannide dei libertini faranno sì, che
tutte le vociferazioni loro, tutti i maneggi, tutti gl'incentivi
riusciranno vani. Del rimanente i Tori sono dessi gli amici della
libertà, e non gli avversarj loro; imperciocchè la libertà consiste non
nel chiamare ad ogni piè sospinto il popolo a parlamento: ma sibbene
nell'obbedire fedelmente a quegli statuti fondamentali, che con unanime
consentimento della nazione fatti furono, e che l'autorità reale
coll'autorità popolare mitigarono e temperarono.
Così si pungevano e mordevano acerbissimamente i libertini ed i
ministeriali. Pareva, avesse a seguir di breve qualche gran disordine, e
per la maggior parte degli uomini si viveva in malissima contentezza.
Nel che si può notare, quanto siano lontani da ogni temperanza gli animi
umani, quando sono una volta compresi dall'amor delle Sette.
Imperciocchè, se a condannabili eccessi trascorsero a' tempi della
signoria loro, così i reali, come i libertini, non è però, che presso
l'una parte e l'altra molti non vi fossero, uomini diritti, i quali se
giudicavano male, desideravano però bene; e con questi ogni maniera di
governo sarebbe buona, purchè non fosse meramente dispotica. Ma gli
ambiziosi, dei quali per mala ventura non si ha mai penuria, sono essi
la peste più esiziale in ogni buon governo; perchè non istanno contenti
agli ordini civili della patria loro, ma gli trascorrono, e danno luogo
in tal modo alle rivoluzioni ed al potere arbitrario. E quegli, che
ordinar volesse un buon governo, dovrebbe meno curare la Realtà, o la
non Realtà, la repubblica, o la non repubblica, che di creare quegli
ordini, i quali atti fossero a tenere in freno gli ambiziosi. La qual
cosa, se sia stata fatta fin qui, o se sia possibile a farsi, noi non
sarem per giudicare. Certo è, che non si debbono biasimare gli uomini
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