Storia della Guerra della Independenza degli Stati Uniti di America, vol. 2 - 14

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cinquanta franchi la catasta, e non se ne trovava. Si eran arse le
panche delle chiese; già si ardevano i palancati e gli assiti dei
magazzini; le case non abitate si eran disfatte, per averne le legna. La
carne da cavallo, quei, che ne poteron avere, la trovarono buona.
Lasciaron gl'Inglesi molte artiglierie e munizioni. Le prime sommarono a
dugencinquanta tra grosse e minute trovate in Boston, nell'isola del
Castello e nelle trincee di Bunker's-hill, e dell'istmo. Queste
gl'Inglesi avevan tentato d'inchiodare e di guastare; ma con poco
successo per la fretta. Altre n'erano state gettate in mare, ma furon
cavate. Si trovaron oltreacciò quattro bombarde, e fra le munizioni si
ebbero 2,500 misure di carbon da mare; altrettante di fromento; 2,300
d'orzo; 600 di avena; cento giare d'olio, e cencinquanta cavalli.
Così venne, dopo un lungo e tedioso assedio, di nuovo in poter degli
Americani la città capitale della provincia di Massacciusset con
grandissim'allegrezza, e de' suoi cittadini, e di tutta la lega, i quali
preveggevano benissimo, di quanta importanza fosse un tale avvenimento
sia per la opinion dei popoli, e sia pel buon successo delle future
operazioni della guerra. Nel che si debba anche notare la vanità e
l'infatuazione dei ministri britannici, i quali in su quei primi
principj della guerra non fecero i provvedimenti necessarj per render la
vittoria certa, anzi tutte quelle cose eseguirono, che la dovevano
rendere, non che dubbiosa, improbabile. In tal modo operarono, perchè
sia per l'orgoglio inglese, sia per gl'infedeli rapportamenti, o sia
pure per non aver curato gli esempj delle storie, si eran dati a
credere, che i provinciali non sarebbero stati osi a guardare in viso le
soldatesche inglesi, e che quella foga si sarebbe tosto convertita in
freddezza ed in malavoglia. Non pensarono, che la natura stessa delle
cose già da qualche tempo dava incitamento alla rivoluzione americana,
essendo diventati quei popoli ricchi e potenti, e nulla avendo rimesso
dell'antico entusiasmo. Quindi è, che entrarono i ministri nella guerra
con deboli apparati, e non mandarono gli aiuti, quando era tempo, e gli
mandarono, quando non era più tempo.
Entrati i provinciali in possesso di Boston posero tosto al fisco i beni
mobili e stabili di quei fuorusciti, i quali, lasciata la patria,
accompagnato avevano il generale Howe ad Halifax. Gli vendettero
all'incanto, ed il ritratto usarono nelle bisogne del pubblico. A
quelli, ch'erano rimasti, fu fatto il processo, e furon chiariti nemici
e traditori della patria; i beni loro parimente venduti e confiscati. Ma
una cosa più di tutte occupava le menti dei Bostoniani, e questa si era
di affortificar la città, dimodochè si potesse per l'avvenire preservare
da quelle calamità, dalle quali di fresco era stata liberata. Usavasi in
ciò grandissima diligenza; ed i cittadini intendevano a volta a volta
all'opera. Soprantendevano il tutto quattro ingegneri Prussiani, ed uno
Francese con parecchj Americani. Ma nonostante la diligenza, che si
usava, non era possibile, che si riducesse Boston ad uno stato di buona
Fortezza a poter tenere contro una regolare oppugnazione; bensì si
poteva preservare da una battaglia di mano.
Siccome appariva da certe mosse dei provinciali, e principalmente
dall'aver essi occupato alcune delle isolette poste nella cala di
Boston, che assaltar volessero il castello Guglielmo situato nell'isola
di questo nome, il che avrebbe impedito alle navi inglesi l'ingresso nel
porto, e preservato dagli assalti loro la città, il generale Howe
credette, opportuna cosa fosse lo smantellarlo ed arderlo; e così fece
prima della sua partenza, quantunque non si portasser via le
artiglierie, ma solo a molta fretta s'inchiodassero. Indugiò ben una
settimana pei venti contrarj, o per la bonaccia l'armata britannica
prima, che potesse uscire dalla cala, ed entrar nell'alto mare. Ma
finalmente ciò ottenutosi non senza molta fatica, contro l'aspettazione
di tutti, e fuori del solito della stagione ebbe il viaggio molto
prospero, e se n'andò a golfo lanciato ad Halifax. L'ammiraglio Shuldam,
il quale comandava a tutta l'armata, lasciò nelle acque di Boston con
molte navi il comandante Banks, acciocchè restassero i mari aperti, e la
navigazione sicura alle navi del Re, le quali ignorando l'abbandonamento
della città, a quella via fossero incamminate. Il disegno riuscì in
parte, ed in parte no; conciossiachè la cala essendo grande, ed
interspersa di molte isolette con alcuni porti qua e là opportuni alle
insidie, da questi saltavan fuori improvvisamente i corsali, e le navi
non guardate e non guardantisi opprimevano ad un tratto. Tra gli altri
il capitano Manly predò una nave da carico, che portava quattrocento
botti di carne salata, di piselli, di tartuffi e d'altri camangiari in
copia.
Ignorando Washington, quali fossero i consiglj di Howe, ed a qual parte
fosse avviata l'armata britannica, stava in molto sospetto per la città
della Nuova-Jork. Per la qual cosa ei scrisse tosto al brigadier
generale lord Stirling, che vi era dentro, mandandogli, stesse avvisato,
e che aveva spinto in suo aiuto alcune compagnie di corridori, e cinque
battaglioni. Ma le genti del Re non erano a gran pezza in condizione di
poter tentare alcuna cosa contro la città. Si recarono a gran ventura il
poter arrivare sane e salve ad Halifax. Howe si era fermo, prima di
procedere a nuovi fatti, a voler rinfrescare i suoi, e ad aspettare i
rinforzi, che non dubitava, dovessero arrivare dall'Inghilterra.
Nè meno prosperamente procedevano le cose del congresso nella provincia
della Carolina Settentrionale, che nel Massacciusset; nella quale però
avevano incominciato a scoprirsi grandi e pericolosi movimenti. Il
governatore Martin, quantunque si fosse rifuggito sulla nave del Re, non
istava però ozioso, e non cessava notte e dì nell'inventar nuovi disegni
per far risorgere la causa reale nella sua provincia. Tanto maggiore
speranza aveva di poter fare qualche notabile effetto, che sapeva, che
l'ammiraglio Peter-Parker, ed il conte Cornwallis erano partiti dai
porti dell'Inghilterra per una spedizione contro le Caroline. Egli era
anche informato, che il generale Clinton con alcune compagnie doveva
venire a congiungersi seco lui al capo Fear, situato alle foci della
riviera Fear per alla via di Wilmington. Non dubitava punto con queste
genti riunite, e coi montanari scozzesi, ed i Regolatori, gli uni e gli
altri uomini avvezzi all'armi, e molto temuti dagli altri Caroliniani, e
che si dimostravano non solo fedeli, ma ardenti in favor
dell'Inghilterra, di far rivoltar la provincia, e sotto le leggi del Re
di nuovo ridurla. Indettatosi adunque con tutti costoro rizzò lo
stendardo reale, e comandò, che tutti vi accorressero per difendere la
patria e le legittime leggi contro i ribelli. Per render più efficaci
gli aiuti dei montanari e dei Regolatori, siccome pure di tutti gli
altri leali, creò il colonnello Macdonald, persona fedele e zelante
molto, capitano generale di tutte le leve, acciò le riducesse sotto gli
ordini, ed in ischiere regolari le informasse. Il disegno riuscì.
S'ingrossavano ogni giorno a Cross-Creek, e facevano timore di qualche
moto importante, se non vi si poneva un pronto rimedio. L'assemblea
provinciale, conoscendo l'importanza della cosa, spedì con grandissima
celerità contro quella testa di leali tutte le genti, che apparecchiate
si trovavano, e da ogni parte ne raccoglieva delle nuove. Così in tutta
la Carolina si erano levate in arme le parti leale e libertina, e l'una
contro l'altra con grande ferocia procedevano. Fu eletto a condottiere
dei libertini il generale Moore, il quale con alcune bocche da fuoco
andò a pigliar posto presso i leali ad un luogo detto Rockfish-bridge,
dove studiava ad affortificarsi. Ebbe intanto rotto il ponte. Macdonald
gli mandò, venisse a porsi sotto lo stendardo reale; e nel caso
rifiutasse, lo tratterebbe da nemico. Fu la risposta di Moore, che
sottoscrivesse egli stesso un giuramento di fedeltà al congresso,
ponesse giù le armi, e sì facendo sarebbe ricevuto nel numero degli
amici. Nel mentre che queste pratiche s'intertenevano tra l'uno, e
l'altro Capo, le quali il Moore a bello studio andava tirando in lungo,
e frapponendo tempo in mezzo, le genti sue s'ingrossavano, finchè
divennero del tutto superiori a quelle del nemico. Si accorse finalmente
Macdonald del pericolo in cui si trovava; e quantunque fosse già da ogni
parte cinto dai provinciali, ciò non di meno con mirabile destrezza e
coraggio se ne sbrigava. Camminando, senza mai posarsi, molto
celeremente, mettendo spesso tra di lui ed i seguitatori fiumi, selve e
passi difficili, dopo di aver corso lo spazio di ottanta miglia,
malgrado la vigilanza del nemico, che cercava in ogni maniera di
mozzargli la via, arrivò a Moore's-Creek, sedici miglia distante da
Wilmington. Ivi sperava, che si sarebbero accozzate le genti del
governatore Martin, e del generale Clinton, ch'erano di già l'uno, e
l'altro arrivati al capo Fear. Ma i provinciali che non avevano mai
intermesso di seguitarlo, non solo impedirono questa congiunzione, ma lo
ridussero alla necessità di combattere. Assalì il nemico con una foga
grandissima. Ma il capitano Macleod, e molti altri uffiziali de' suoi
essendo rimasti uccisi sulla prima giunta, perdutisi di animo andarono
in volta, abbandonando il generale loro in mezzo dei nemici. Fu fatto
prigioniero con molti altri leali. Questa vittoria fu di molta
importanza; imperciocchè, se i leali ne fossero iti colla migliore, che
solo avessero potuto congiungersi colle genti del governatore, e del
generale Clinton, e, stando in sul capo Fear, aspettato avessero gli
aiuti che dovevano arrivare dall'Irlanda, certa cosa è, che gli affari
del congresso sarebbero andati molto stretti nelle colonie meridionali.
Oltreacciò i Caroliniani impararono a conoscere le proprie forze, e si
levò via quella opinione, che generalmente aveva prevalso, della
debolezza della Carolina Settentrionale; conciossiachè nella presente
fazione non solo combattettero con prospero successo contro i Regolatori
e gli Scozzesi, uomini europei, dei quali sino allora erano stati in
gran terrore; ma ancora avevano in dieci giorni raccolti dieci migliaia
di soldati, tutti buona e risoluta gente. Da un altro canto la fretta
dei leali fu cagione della rovina loro. Poichè, se avessero
temporeggiato sino all'arrivo delle genti d'Europa, ed allora solamente
rizzate le insegne del Re, avrebbero certamente fatto qualche egregia
pruova in suo prò, e forse fatto inclinare del tutto a favor suo le cose
nelle province meridionali.
Ritornando ora a parlare del lord Dunmore, ei continuò ancora per lungo
tempo a stanziare colle sue navi nelle acque della Virginia. Ma essendo
tutti i luoghi, e tutte le coste diligentemente guardate dai
provinciali, non solo non poteva fare impressione nissuna, ma neanco
procacciarsi le cose necessarie al vivere di tanta moltitudine. Perciò
essendo i calori grandi, le acque guaste, streme le vettovaglie, le
genti stivate nelle navi, nacque pell'orribil puzzo e tanfo delle
sentine, e pel sucidume dei corpi, in questi una pestilenziosa e
mortalissima infermità, della quale morirono, e Bianchi, e Neri in
grandissima copia; ma molti più di questi, che di quelli. In questo
stato il navilio di Dunmore andava errando qua e là da questa isola a
quell'altra, da questa piaggia a quella; ma quando ei voleva accostarsi
alla terra, trovava le popolazioni nemiche, che il ributtavano, e per la
debolezza delle sue genti non poteva far frutto. Per sopra mercato dei
mali, i venti spinsero una parte delle navi sulle spiagge virginiane,
dove i miseri sbanditi divenuti cattivi in mano dei proprj concittadini
cambiarono le stanze delle puzzolenti corsie in oscure ed orribili
prigioni. Finalmente per non morir di certa morte su quelle fatali
spiagge, arse prima le navi meno preziose, andarono questi miseri avanzi
di soldati e di cittadini sbattuti dalle tempeste, afflitti dalla fame,
dalla sete e da mortalissime malattie a cercar rifugio, parte nelle
Floride, parte nelle Bermude e parte nell'Antille. Così, discacciato del
tutto il nemico, rimase assicurata la provincia. Cotal fine ebbe
l'impresa di Dunmore contro la Virginia, e cotal esito sortì il disegno
di aver voluto gli schiavi contro i proprj padroni loro rivoltare.
Non aveva intanto il congresso rimesso la diligenza negli apparecchj
della guerra marittima; al che lo induceva la necessità di difendere le
proprie coste dagli insulti dei corsali nemici, e d'intraprendere con
ogni migliore modo possibile le navi loro da carico. A ciò non mancavano
nè le materie atte alla costruzione delle navi, le quali erano anzi
molto abbondanti, nè la copia nei marinari eccellenti, la quale era
grandissima; ed essendo in gran parte cessati il commercio e le
pescagioni, era venuta meno ogni opera, e non sapevan più dove esercitar
l'industria loro. Lavoravasi perciò instantemente negli arsenali del
Mariland, di Filadelfia, e dell'isola di Rodi, dimodochè, in sull'entrar
dell'anno, si trovarono allestite e fornite di tutto il bisognevole
nell'acque della Delawara le navi, l'Alfredo di 32 cannoni, il Colombo
pure di 32, l'Andrea Doria di 16, il Sebastiano Caboto di 14, e la
Provvidenza di 12; ed inoltre tredici galee, alle quali diedero i nomi
seguenti: il Washington, il Dickinson, il Chatam, il Cambden, il Burke,
l'Effingham, il Bulldog, il Franklin, il Congresso, lo Sperimento,
l'Hancock e Adams, ed il Warren. Oltre a queste aveva il congresso
ordinato, che si fabbricassero con ogni speditezza tredici fregate di
trentasei cannoni ciascuna. Perchè poi si esercitassero le ciurme
nell'arte della guerra marittima, ed anche per far procaccio di armi e
di munizioni, e massimamente di polvere, aveva comandato ad Ezechiele
Hopkins, capitano generale dell'armata, di recarsi sulle isole di
Bahama. Partì Hopkins verso la metà di febbraio, e nel principio di
marzo dopo un prospero viaggio arrivò all'isola Abacco, una delle
Bahame. Quivi avendo inteso esservi in quella della Provvidenza gran
copia di munizioni da guerra, precipitati gl'indugi, vi arrivò
all'improvvista, e se ne impadronì. Trovarono gli Americani molte
artiglierie con bombe e palle, e centocinquanta bariglioni di polvere,
la quale era stata il principale oggetto della spedizione. Ritornando,
conflissero onoratamente con una fregata inglese, e predarono un
brigantino. L'armata del congresso con tutte le prede faceva porto a
Nuova-Londra. Seguivano similmente frequenti abbattimenti nella cala di
Boston tra le navi del comandante inglese Banks, e quelle dei
Massacciuttesi. Uno dei più notabili fu quello, in cui il capitano
Mugford si fe' padrone di una nave da carico, che portava molte armi e
munizioni da guerra. In tal modo gli affari del congresso non solo
procedevano prosperamente sulle terre vicine al mare, ma anche, cosa
maravigliosa e nuova, sul mare stesso. Dal che quelle genti già
concitate ed insuperbite pigliarono nuovo ardire e nuove speranze; ed
appoco appoco si avvezzarono ad adoperare, come sogliono le nazioni in
propria balìa poste. In quella misura, in cui succedeva lor bene la
resistenza, in molti nasceva, in parecchj cresceva il desiderio, ed in
altri si confermava il proposito dell'independenza.
Ma non camminavano già con simil prosperità le cose degli Americani nel
Canadà. Arnold, il quale aveva continuato con poche genti l'assedio di
Quebec, si trovava oppresso da grandissime difficoltà. Gli ajuti, che il
congresso aveva promesso all'esercito canadese non arrivavano, se non
lentamente, ed a spilluzzico, sia perchè pel rigor della stagione eran
diventate le strade quasi impraticabili, sia perchè per l'infelice esito
dell'assalto dato a Quebec si era molto raffreddo quell'ardore, che
avevano in sulle prime gli Americani concetto per la novità, e la
felicità dell'impresa. Ei pare che il congresso medesimo, o distratto
dai troppi negozj, o impotente per la mancanza dei mezzi, abbia quasi
tralasciato la cura delle cose del Canadà, od almeno non abbia
continuato a fare tutti quei provvedimenti ch'erano necessarj. Invano si
eran fatte marciare alla volta di Quebec quelle genti, che per la
guardia di Monreale risparmiare si potevano. Le soldatesche, che
obbedivano all'Arnold, appena che sommassero ad un migliaio di
combattenti. I Canadesi poi, i quali sul primo giungere degli Americani
gli avevano amichevolmente accolti e forniti di tutte quelle cose, che
per le facoltà loro potevano, ora, essendo manomessi in più guise da
quelle bande indisciplinate, cambiato avevano la benevolenza in odio.
Del che ne avevan essi gran ragione. I preti cattolici erano stati non
solo trasandati, la qual cosa irrita l'amor proprio, ma eziandio
scherniti, il che suole ingenerare rabbia e desiderio di vendetta.
Queste cose, aggiuntovi le insinuazioni del governator Carleton, e di
tutti coloro, che seguivano le parti sue, avevan fatto di modo, che i
preti medesimi negavano i sacramenti a coloro, che setteggiavano per gli
Americani. E siccome questa risoluzione grandemente impressionava le
menti dei Canadesi, e riusciva di un notabile pregiudizio agl'interessi
dei provinciali, mandarono dalla Marilandia un prete cattolico, affinchè
riempisse presso i Canadesi tutti gli uffizj pertinenti alla sua
religione. Ma il rimedio fu tardo; perciocchè le cose già si volgevano a
manifesta rovina; e contuttochè gli Americani avessero prosperamente
combattuto contro Beaujeu, gentiluomo francese di molto ardire, il quale
assembrati molti nobili canadesi ed altre genti, colle quali aveva
autorità, aveva fatto una testa grossa e preso il campo, tuttavia questo
non bastava per riparar a quei mali, che dalla debolezza loro, e dalle
ingiurie fatte agli abitatori di quella provincia erano nati. Si
aggiungeva a tutto questo, che si avvicinava la stagione, nella quale
gli ajuti, che si sapeva esser partiti d'Inghilterra alla volta del
Canadà, dovevan arrivare, e, sciolto il ghiaccio che ingombrava la
navigazione del fiume San Lorenzo, avrebbero potuto salire sino alla
città di Quebec. Sarebbe stata troppo pericolosa cosa l'aspettargli con
sì deboli forze. Perciò Arnold, il quale era stato di fresco tratto dal
congresso brigadiere generale, faceva con piccoli apparati, ma con
grand'animo, ogni sforzo per rendersi padrone di Quebec. Imperciocchè in
tal caso la nimistà dei Canadesi non avrebbe potuto nuocere, se non
poco, ed i soldati inglesi avrebbero trovato chiuso il passo alle parti
superiori della provincia. Della qual cosa aveva egli qualche speranza.
Si trovava Carleton allora con tutto il presidio a molto stretti termini
ridotto per la mancanza dei viveri, che i provinciali con eguale
diligenza e felicità intraprendevano per ogni dove. Non cessavan nemmeno
di noiare e fastidiare la guernigione con ispesse rappresentanze di
battaglie, e con nuovi stratagemmi, sperando, che per la debolezza di
quella si aprisse qualche via a potersi insignorir della città. Perciò
vi si erano accostati più vicino, e già avevan piantate la artiglierie
sulle rive del fiume per battere il navilio del governatore, ed avevan
posto mano a lavorare nelle trincee. Traevano altresì con palle roventi,
e briccolavano ogni sorta di fuochi artificiati dentro la città. Ma il
governatore vigilantissimo provvedeva a tutto, e non dava adito alla
fortuna. Crebbero vieppiù le difficoltà, in cui si trovavano gli
Arnoldesi, quando entrò nel campo loro il vaiuolo, malattia tanto grave
in quei climi. Dal che ne nacque, che gli ajuti, che si aspettavano,
arrivavano a stento; molti fuggivano, alcuni s'inoculavano, sicchè tra i
malati ed i fuggiaschi ridotta era l'oste a pochissimi soldati. Arrivava
in questo punto il general Thomas. Prima di scioglier l'assedio vollero
gli Americani far l'estrema pruova, tentando di metter fuoco alle navi
del governatore, e stando pronti nel medesimo tempo a dar l'assalto, se
mai vi nascesse dentro qualche tumulto. Essendo il fiume lungo le rive
di Quebec già libero dal ghiaccio, mandarono la notte dei tre maggio
all'insù un brulotto. Apparecchiavan le scale, ed ogni cosa per
l'assalto. Ma gl'Inglesi, accortisi dell'inganno, incominciarono a
trarre; e gli Americani che governavano il brulotto, vedutisi scoperti,
lo arsero. In questo stato di cose avendo perduto ogni speranza di poter
far frutto, sia per assalto, sia per assedio, scemando ogni di più le
genti nel campo sì di numero, che di coraggio, non trovandosi più nelle
riposte viveri da logorare, che per tre dì, e temendo grandemente, che
arrivassero in sul fatto le navi inglesi cogli ajuti, si risolvettero ad
abbandonar del tutto l'impresa, e di ritirarsi verso Monreale. La
mattina stessa del dì, in cui si doveva il nuovo disegno mandare ad
effetto, arrivava a veduta di Quebec l'Iside, nave da guerra da 54
cannoni, con la fregata la Sorpresa, ed un altro legno minore. Queste,
con eguale industria che pericolo, avevano in mezzo ai grossi ghiacci
felicemente navigato dalle bocche del San Lorenzo sino alla città.
Portavano alcune compagnie di ottimi soldati al soccorso. Furono questi
posti incontanente a terra, e le navi fattesi padrone del fiume
intrapresero del tutto la comunicazione tra le varie parti dell'esercito
americano. Presero eziandio molti navilj appartenenti ai provinciali. A
sì improvviso accidente entrarono questi in grandissima consternazione.
Abbandonarono tosto e precipitosamente gli alloggiamenti, lasciandovi il
bagagliume, le artiglierie, le provvisioni ed ogni altra sorta
d'impedimenti; le quali cose tutte vennero in potere dei nemici. Gli
ammalati la maggior parte di vaiuolo scampavano, come meglio potevano. I
Canadesi n'ebbero pietà, e gli nascondevano qua e là. Intanto il
governatore era saltato fuori e gli perseguitava. Fe' non pochi
prigioni. Ma i provinciali non si rimasero, finchè non ebber fatto ben
quarantacinque miglia all'insù del San Lorenzo, e, preso un poco di
riposo, si ritirarono sino alle bocche del Sorel, dove vennero a
congiungersi con loro quattro reggimenti. Ivi morì di vaiuolo il
generale Thomas, uomo bravo assai, ed in grazia di tutti pell'integrità
e valor suo. Successe nel comando Sullivan. Carleton dopo sì prospero
successo, trovandosi tuttora assai debole, si rimase dal perseguitare il
nemico, e ritornò a Quebec per ivi aspettar gli ajuti, ed allora saltar
fuori di nuovo ad onorata guerra. Ma prima esercitò l'umanità sua molto
conspicuamente. Gli Americani feriti o malati si erano nascosti nelle
selve, o nelle vicine abitazioni dei Canadesi, dove provavano ogni sorta
di disagi. Il governatore mandò fuora un bando, col quale ordinò, che
uomini a posta ne andassero in cerca, a spese pubbliche gli curassero,
ed a tutti i bisogni loro provvedessero. E perchè non temessero di
scoprirsi, diè la fede sua, che tostochè ricuperato avessero la sanità,
sarebbe fatta loro piena ed intiera abilità di ritornarsene liberi e
franchi alle case loro.
Queste cose si facevano nell'incominciar di maggio. In sul finir del
medesimo parecchj colonnelli di genti inglesi, e di lanzi di Brunswich
arrivarono nel Canadà, inguisachè la forza dell'esercito britannico in
questa provincia sommava a meglio di tredicimila soldati, condotti da
capitani espertissimi, tra i quali tenevano il primo luogo Carleton, che
guidava tutta l'impresa, Burgoyne, Philipps e Reidesel, generale tedesco
di buon nome. Questi volendo convertir in prò la rotta degli Americani
si consigliarono di portar la guerra nelle parti superiori del Canadà,
ed anche più oltre, se la fortuna avesse dato favore ai primi conati.
Determinarono adunque di far capo grosso alla Terra denominata le _Tre
Riviere_, situata sulla sinistra riva del San Lorenzo, egualmente
distante da Monreale e da Quebec. Verso quel luogo arrivavano tutte le
genti loro.
In questo mezzo tempo la fortuna, la quale tanto s'era dimostrata
avversa ai provinciali sotto le mura di Quebec, aveva anche la costanza
loro cimentata verso Monreale per un'improvvisa fazione fatta loro
addosso da una banda d'Inglesi, Canadesi ed Indiani. Occupavano i primi
un Fortino situato ad un luogo detto i _Cedri_, alcune miglia
superiormente a Monreale. Sopraggiungevano i regj, ed i Capi Beadle e
Butterfield, riguardando più alla propria sicurezza, che all'onor loro
ed all'utilità della patria, si arresero a patti. Vi si spedirono tosto
alcune bande di rinforzo da Monreale; ma, assalite per via, furon rotte
dai Canadesi e degl'Indiani, abbenchè non senza un'ostinata resistenza e
molto sangue. Gl'Indiani usarono contro i cattivi ogni sorta di
crudeltà. Arnold, il quale si trovava allora in Monreale, non potendo
tollerare, che le armi americane fossero superate da quelle degl'Indiani
e dei Canadesi, traeva fuori alla campagna i suoi, e si volgeva al lago
per presentar la battaglia al nemico. Ma il capitano Forster, gli mandò
dicendo, che se venisse tuttavia contro, e non consentisse ad uno
scambio dei prigionieri, tutti quei provinciali che in mano sua si
ritrovavano, sarebbero senz'altro posti a morte dagl'Indiani.
L'Americano, costretto dalla necessità, non senza molta ripugnanza,
acconsentì.
Questi eventi contrarj, ed il poco favorevole aspetto delle cose nel
Canadà non potettero tanto sbigottire gli Americani, che una fazione non
tentassero piena di molto ardire e di non poca difficoltà. Trovavansi le
forze inglesi, e brunswicchesi molto disperse e lontane l'une
dall'altre. Un grosso corpo aveva i suoi alloggiamenti alle Tre Riviere
sotto l'imperio del generale Frazer; un altro, il quale obbediva agli
ordini del generale Nesbit, stava sulle navi da carico; ed in fine la
banda più numerosa guidata dai generali inglesi Carleton, Burgoyne e
Philipps, e dal tedesco Reidesel, divisa in più schiere, stanziava più
sotto qua e là sulla via di Quebec, parte sulla riva e parte sul fiume.
Alcune altre barche piene di soldati avevano già oltrepassato le Tre
Riviere più in su verso il Sorel. Entrarono gli Americani in grande
speranza di poter sorprendere e tagliare a pezzi quella schiera inglese,
la quale occupava le Tre Riviere, prima che le altre potessero in
soccorso loro venire. Fatta la risoluzione, Sullivan ordinò al generale
Thompson, che montato con duemila soldati su cinquanta battelli, che a
simili usi tenevano apparecchiati, scendesse il fiume. Thompson montato
sulle navi andò costeggiando la destra riva del lago di San Pietro, dove
il fiume si dilata in una considerabile larghezza, ed arrivò, senza
essere osservato, al Nicolet, Terra situata sulla medesima riva del San
Lorenzo un poco più superiormente alle Tre Riviere, che si trovano sulla
sinistra. L'intendimento dei provinciali era di traversar il fiume di
notte tempo, e sbarcati sulla sinistra riva a nove miglia al di sopra
delle Tre Riviere, marciar la notte, ed arrivar sopra l'inimico prima
che si facesse giorno. Ma trattenuti da molti impedimenti non pensati,
non potettero arripare dall'altra parte, se non se a levata del dì.
Procedevano ciononostante con incredibile celerità verso le Tre Riviere,
allorchè, ingannati dalle guide, si sviarono. Ritornati, camminavano di
nuovo. Le strade eran difficili. Intanto s'era alzato il dì, e non
tardaron ad esser veduti dai nemici che stavano sulle navi. Diedero
questi tosto nei tamburi, e spedirono con grandissima prestezza a dar
avviso della cosa al generale Frazer. Gli Americani, vedutisi scoperti,
davano anch'essi all'armi, e si affrettavano il meglio che potevano.
Arrivarono verso le nove della mattina presso le Tre Riviere, che già il
nemico stava in armi ed in ordinanza. Ne seguì un'avvisaglia, dove
avendo fatto gli Americani cattiva pruova, e rotti di leggieri gli
ordini loro, si diedero alla fuga. Contuttociò si rannodarono. Ma già la
giornata era perduta, e non si poteva ricuperare. Nesbit, fatto sbarcare
i suoi, assaliva gli Americani alla coda. Si dissolvevano essi, e
ciascuno cercava di per sè, e senza nissun ordine serbare, la propria
salute nelle vicine selve. Incalzati instantemente da fronte da Frazer,
che traeva colle minute artiglierie, e noiati alle spalle da Nesbit, che
impediva loro il ritornare ai battelli, ricevettero grave danno al passo
di una palude. Riusciti finalmente con incredibile fatica dall'altra
parte, s'inselvarono talmente, che gl'Inglesi cessaron di perseguitarli.
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