Storia della Guerra della Independenza degli Stati Uniti di America, vol. 2 - 21

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il nome dell'Inghilterra, ed una massimamente era vicina a rompersi
nella Contea di Montmouth in questa provincia stessa della
Nuova-Cesarea, di maniera, che fu egli obbligato a separare dal già
troppo debole esercito una parte de' suoi, mandandogli contro quei
popoli tumultuanti. Imperciocchè essendo ai leali per la presenza
dell'esercito regio vincitore fuggita quella paura, che avuto avevano
de' libertini, cominciarono a sputare contro ad essi quel veleno, che
s'avevano fin là tenuto nel petto. Questa disposizione dei popoli a
levarsi in capo, ed a far novità contro l'autorità del congresso, e
quest'aura favorevole della vittoria determinarono di voler usare i
commissarj inglesi. Perciò i fratelli Howe mandarono un bando,
copiosamente spargendolo per tutto il paese. Comandavano a tutti coloro,
i quali tenevano l'armi in mano, di sbandarsi, e di ritornar alle case
loro; ed a quelli, che tenevano i magistrati civili, di cessare, e di
spogliarsi dell'usurpata autorità. Offerivano nel medesimo tempo il
perdono a tutti coloro, i quali nello spazio di sessanta giorni avanti
gli uffiziali civili o militari della Corona si rappresentassero,
dichiarando di voler usare il benefizio dei perdoni, e promettendo ad un
tempo di voler alle leggi obbedire, ed alla reale autorità
sottomettersi. Ebbe questo bando l'effetto, che i commissarj inglesi se
n'erano promessi. Una moltitudine di persone di ogni ordine, ma più di
quei della più infima plebe, o dei più ricchi, che di coloro, che si
trovavano nella mezzana condizione constituiti, i quali per lo più
tennero il fermo, accettando la mansuetudine del vincitore, correvano
ogni giorno a chieder le perdonanze, ed a sottoscrivere la leanza.
Parecchj fra costoro eran di quelli, che avevano nello stato popolare
avuto i principali maestrati, stati essendo membri, o del governo
provinciale, o della congregazione di sicurezza, o dei tribunali di
giustizia. Si escusavano essi, e si offerivano dicendo, che quello che
fatto avevano, lo avevan fatto per fin di bene, e per ovviar agli
scandali maggiori ed inconvenienti, che nascer potevano, ed ancora
tirativi dai parenti e dagli amici, senza aver potuto ricusare. E chi
avesse la loro prima arroganza veduta, e la presente sommessione e
mansuetudine, e con quanta umiltà favellassero, loro esser quei medesimi
cittadini mai credere potuto non avrebbe. Ma gli uomini amano meglio
leggieri, o simulatori esser tenuti, che caparbj e contumaci; e molto
preferiscono scampar il danno con vergogna, che sopportarlo con virtù.
Nè solo queste cose giravano nella Nuova-Cesarea, dove per la presenza
dell'esercito vittorioso era maggiore il pericolo, ma ancora dalla
Pensilvania veniva la gente ad umiliarsi presso i commissarj, ed a
promettere obbedienza e fedeltà. Vennervi fra gli altri i Galloway, la
famiglia degli Allen, ed alcune altre fra le più ricche e riputate.
L'esempio diventava pernizioso, e se ne dovevano temere i più
pregiudiziali effetti. In questo modo precipitavano con impeto
grandissimo le cose dell'America, calamità sopra calamità continuamente
accumulandosi. Pareva vicina l'ultima rovina. Gli uomini più prudenti
cominciavano a non conoscere alcun fine lieto all'impresa, e già
predicevano il prossimo fine della guerra, e la totale obbedienza delle
colonie.
Ma Washington, in mezzo a tanta avversità, non disperava della salute
pubblica. Era maravigliosa la sua costanza; e non che facesse fuori
alcun segno di dubitazione o di timore, si dimostrava all'esercito suo
travagliato ed oppresso con volto sereno, e quasi colla certa speranza,
che l'avvenire dovesse portare congiuntura migliore. La rea fortuna non
aveva potuto non che vincere, piegare quell'animo invitto. Nè minore
costanza dimostrava il congresso disposto, per arrivare al fine suo, di
tentare ogni fortuna. Pareva, che anzi colle avversità crescesse in
quegli animi pertinaci l'ardire. A questa grandezza d'animo dei Capi
americani dee la finale vittoria, e l'independenza sua l'America
riconoscere. Pigliava Washington tutte quelle risoluzioni, che per la
brevità del tempo, e per la strettezza delle circostanze più utili alla
mente sua si offerivano, a fine d'ingrossar di nuovo il suo esercito,
non colla speranza di poter a quei dì arrestare il corso delle cose
favorevole al nemico, ma piuttosto per non parere di aver del tutto
abbandonata la Repubblica, e per tener rizzata al vento una qualche
insegna, sino a tanto che la pietà divina, o la benignità della fortuna
conducessero più fondate occasioni di risorgere. Aveva egli qualche
tempo prima, siccome di già abbiam notato, comandato al generale Lee,
che con una parte dell'esercito tenesse il paese verso le rive superiori
del fiume del Nort, perchè potesse all'esercito canadese soccorrere, il
quale combatteva contro le genti di Carleton in sui laghi. Ma veduti i
bisogni della Nuova-Cesarea, ed il vicino pericolo della città di
Filadelfia, alla volta della quale l'inimico s'incamminava difilato, gli
mandò facendo grande instanza, perchè venisse a congiungersi con lui. Il
che tanto più sicuramente si poteva eseguire, che si ebbe poi l'avviso,
che Carleton, occupato Crown-point, e fattosi padrone del lago
Champlain, siccome si vedrà nel progresso di queste Storie, non avendo
voluto tentar Ticonderoga, si era ritirato. Scrisse eziandio al generale
Schuyler, che dall'esercito canadese mandasse, senza frappor tempo in
mezzo, alla volta sua le genti della Pensilvania e della Cesarea. Ordinò
medesimamente al generale Mercer, il quale conduceva una massa di genti
leggieri, e spedite a Berghen, venisse subitamente a raccozzarsi con
esso lui. Ma però poca speranza si poteva in questi aiuti collocare pei
presenti bisogni; stantechè il cammino era lungo, le strade difficili,
vicine a compiersi le ferme dei soldati, ed il nemico vittorioso instava
senza dar respitto. Nè trascurava il generale americano gli aiuti delle
cerne, o sia milizie. Aveva scritto ai principali maestrati della
Pensilvania mostrando loro il presentissimo pericolo di Filadelfia, se
con pronti ed efficaci ajuti non si soccorreva all'esercito, e
pregandogli molto instantemente, gli avviassero le milizie della
provincia. Ma avendo queste lettere poco o nissuno effetto partorito,
mandò a quella volta il generale Mifflin, che in quella provincia aveva
gran credito, ed era persona molto grata a quei popoli, acciò coi più
vivi colori dipignesse loro il presente pericolo, e la necessità di
correre grossi ed unanimi alle difese. Scriveva parimente al governatore
della Nuova-Cesarea, per farlo avvisato, che s'ei non raccoglieva le
bande paesane, e non le faceva speditamente marciare alla volta
dell'esercito, impossibil era, che il nemico non corresse vittorioso
tutta la provincia, e che, valicata la Delawara, non s'impadronisse di
Filadelfia. Ma ogni diligenza in questa parte riuscì quasi del tutto
vana. Le contrade più basse della provincia o mal affette, o sbigottite
non volevano muoversi; e le superiori a stento si risolvevano a pigliar
le armi per marciar in soccorso della patria.
In mezzo a queste incerte speranze, e nell'aspettazione di questi deboli
rinforzi, gl'Inglesi non istavano punto a bada, e, seguitando
sollecitamente la prosperità della fortuna, cacciavano di luogo a luogo
le schiere americane. Si erano queste ritirate dietro l'Hackensack; ma
questo fiume poco grosso non poteva riputarsi un riparo sufficiente
contro la furia inglese. Ed oltre a ciò trovandosi alle spalle ed in
poca distanza la Passaica correvano le genti di Washington il pericolo,
abbondando gli altri di stracorridori, di esser fra questi due fiumi
rinserrate. Perlochè il generale americano, varcato la Passaica sul
ponte di Acquackannunc, andò a pigliare i suoi alloggiamenti a Newarck
sulla destra riva di questo fiume. Il che fatto, gl'Inglesi, passato
l'Hackensack, corsero il paese sino alla Passaica. Ma approssimandosi
molto gagliardo Cornwallis, Washington, lasciate anche le rive di
questo, si ritirò al di là del fiume Rariton ad una Terra detta
Nuovo-Brunswick. Quivi le bande marilandesi e cesariane, essendo
compiute le ferme loro, abbandonato il restante esercito, alle case loro
se ne ritornarono. Disertarono parimente alcune bande pensilvanesi, e
quello che già era sì debole, diventò quasi stremo di genti.
Sopraggiungevano a stormo gl'Inglesi. Washington, fatte prima con quei
miserabili avanzi alcune dimostrazioni, come se non solo difendersi, ma
offendergli volesse, diè luogo, e, lasciato Lord Stirling con dodici
centinaia di soldati a Princetown, acciò speculassero le mosse del
nemico, si ritirò colle restanti genti a Trenton sulla sinistra riva
della Delawara. Nè potendo sperare di mantenervisi lungo tempo,
trasportò al di là del fiume i malati, le bagaglie e le munizioni, e fe'
sgombrar all'opposta riva tutte le barche, acciò gl'Inglesi non se ne
potessero valere per valicare. Determinava di rimanersene tuttavia sulle
rive della Cesarea, acciocchè, se qualche occasione si offerisse di
ritardare il progresso dei nemici, la potesse pigliare. Anzi avendo tra
cittadini armati di Filadelfia, ed il battaglione tedesco ricevuto un
rinforzo di due migliaia di soldati, si spinse avanti, intendendo di
ritornare a Princetown. Ma rinforzandosi vieppiù la fama che Cornwallis
veniva contro molto potente da Brunswick per diverse vie, dimodochè
poteva la strada al fiume venirgli mozza, indietreggiò di nuovo, ed il
dì otto decembre, lasciate le rive della Cesarea intieramente in balìa
del nemico, si ritirò sulla destra riva della Delawara, non senza aver
prima rotti i ponti, guastate le strade, e sgombrate le navi. Appena
aveva la dietroguardia toccato la destra riva, che comparirono sulla
sinistra i primi feritori inglesi. Ma questi non trovando modo a passare
il fiume si ristettero. Così in questo momento non rimaneva altra difesa
alle genti americane, che il fiume Delawara, il quale se avessero
gl'Inglesi potuto passare, la città di Filadelfia sarebbe subitamente
venuta in poter loro. E certamente l'acquisto di sì nobil città, ch'era
il capo di tutta la lega, nella quale sedeva il governo con tutti i
principali maestrati, e si trovavano ammassate le munizioni di guerra e
gran copia di vettovaglie, avrebbe tale effetto prodotto sulla mente di
quei popoli, che forse gl'Inglesi avuto ne avrebbero la totale vittoria,
od almeno le cose si sarebbero talmente a favor loro inclinate, che
presto avrebbero potuto sperare il fine della guerra. Ma Cornwallis
aveva troppo lungo tempo, seguendo gli ordini del generale Howe, che non
governò questa cosa così calda, come avrebbe dovuto, soprastato a
Brunswick, sicchè fu fatta facoltà a Washington di porre tutti
gl'impedimenti al passaggio del fiume. Nè non si può non riprendere nei
capitani inglesi la negligenza di non aver fatto apprestare dapprima
tutte le cose necessarie a far i ponti, e di non aver sul fatto
construtti foderi per passare. Perciocchè su quella prima giunta
avrebbero in tal modo potuto trasportarsi all'opposta riva. Forse
credettero nella sicurezza della vittoria, che la guerra fosse vinta
affatto, e che avrebbero potuto, ogni volta che, e quando il volessero,
traversar il fiume, ed insignorirsi di Filadelfia. Caso notabile, che
nelle cose di guerra, più che in qualunque altra azione umana, non si
dee credere di aver tutto fatto, quando qualche cosa rimane ancora a
farsi. Egli è ben certo, che questo inaspettato indugio degl'Inglesi
operò in tutto il corso della guerra a danno loro, ed in salute degli
Americani. Gl'Inglesi posarono il principal alloggiamento a Trenton, e
colle due ali si distendettero su e giù sulla riva del fiume. Questo,
correndo prima da maestro a scirocco, giunto a Bordenton, e fatto ivi un
gomito, ovvero angolo, si torce ad un tratto, andando verso Filadelfia,
a garbino, di maniera che quando gl'Inglesi lo avessero passato
superiormente a Trenton ad un luogo detto Coriell's-Ferry, od in quei
contorni, si sarebbero trovati altrettanto vicini a quella città, che
gli Americani stessi, i quali guardavano le sponde del fiume opposte a
Trenton. E che tale fosse il disegno loro lo dimostrava il tentativo
fatto, quantunque riuscito vano per la diligenza di lord Stirling,
d'impadronirsi di certi battelli a Coriell's-Ferry. Per impedir quel
passo faceva fare il generale americano certe trincee, alle quali
soprantendeva il generale Putnam, ingegnere molto pratico, dallo
Schuilkil sino alle alture di Springatsburg. Ma siccome gl'Inglesi
riparavano i ponti sotto Trenton, e molto s'ingrossavano a Bordenton,
così temettero gli Americani, che intendessero di passare il fiume ad un
tratto di sopra a Coriell's-Ferry, e di sotto verso Burlington; ed in
questo modo corresser loro alle spalle, e tutte le genti loro
rinchiudessero dentro quella punta di terra la quale la Delawara
abbraccia col suo rivolgimento. Per ovviare a questo pericolo Washington
faceva stanziar nei luoghi opportuni le galee, acciocchè, e subito
avvisassero, ed il nemico valicante ributtassero. Per altro, essendo
maggiore il pericolo verso le parti superiori, le sue migliori genti vi
disponeva per modo, che guardar potessero i luoghi più pericolosi. Si
facevano puntoni qua e là, e si munivano di artiglierie. Ordinava
eziandio, che in caso d'infelice evento, e che il nemico passasse il
fiume, si facesse la massa generale a Germantown, grosso borgo poco
distante da Filadelfia. I capitani britannici, vedute le difese del
nemico, o forse sperando di poter sicuramente valicare il fiume, quando
pel rigor del freddo sarebbe gelato, il che, secondo il solito della
stagione, che già molto era inoltrata, non poteva tardar ad avvenire,
invece di seguir gli Americani in sulla ritirata, e non dar loro spazio
di rifarsi, non tentato il passo, posero le genti alle stanze.
Quattromila soldati presero gli alloggiamenti sulla sponda medesima del
fiume a Trenton, a Bordenton, al Caval Bianco, ed a Burlington. Grosse
bande stanziarono a Princeton, ed a Brunswick, dov'era la massa delle
vettovaglie e delle munizioni. Il rimanente alloggiò qua e là in
differenti luoghi della Cesarea.
Arrestatosi in tal modo l'esercito inglese sulle rive della Delawara o
per negligenza, o per troppa confidenza de' suoi capitani, ovvero per la
costanza e la prudenza del generale americano, aspettava questi i
rinforzi sia di milizie, che di soldati d'ordinanza. A questo fine
nissuna diligenza si lasciava indietro. I generali Mifflin e Amstrong,
l'uno e l'altro uomini riputatissimi e di grandissimo seguito nella
Pensilvania, trascorrevano questa provincia, esortando i popoli a
pigliar le armi per correre alla difesa della città capitale e della
patria. Queste esortazioni, e l'imminente pericolo partorirono i soliti
effetti. Molti andavano sotto le insegne, quantunque non con quella
prontezza che si desiderava. Ed acciocchè le genti stanziali servissero
come quasi di nodo, attorno al quale venissero volentieri a congiungersi
le bande paesane, aveva Washington ordinato al generale Gates, che
dall'esercito canadese partendo colle migliori sue schiere venisse ad
accozzarsi rattamente con esso sulle sponde della Delawara, lasciati
però guardati i passi più forti dalle milizie della Nuova-Inghilterra.
Arrivava Gates all'esercito pensilvanico il giorno venti di dicembre.
Similmente aveva fatto replicatamente gran pressa al generale Lee,
perchè, posti dall'un de' lati tutti gli indugj, venisse a congiungersi
colle restanti genti sulla Delawara. Ma egli mal volentieri eseguiva i
comandamenti del capitano generale, ed andava ponendo tempo in mezzo,
ossiachè per ambizione amasse meglio comandare ad un esercito separato,
ossiachè credesse, più opportuna cosa fosse il tenere i luoghi superiori
e montagnosi della Nuova-Cesarea per esser pronto in tal modo ad
avventarsi sul fianco destro dell'oste britannica. In mezzo a questi
suoi indugj gli sopravvenne un caso, che lo ridusse ad una miserabile
cattività, e riempì di rammarico tutta l'America, la quale aveva posto
nel suo zelo, nell'ingegno e nella perizia delle cose della guerra
grandissima confidenza. Trovandosi egli in un luogo detto Baskinbridge
lontano a venti miglia dai quartieri dei nemici, si credeva fuori di
ogni pericolo, e stava a mala guardia. Alloggiava un dì discosto molto
dal grosso delle sue genti con alcuni pochi soldati. Il colonnello
Harcourt, il quale co' suoi cavalleggieri scorazzava la contrada, ebbe
per mezzo di un Leale avviso della cosa, ed a corsa si avviò al luogo,
dove tanto incautamente stanziava Lee. Arrivatovi sprovvedutamente, si
assicurò senza strepito delle sentinelle, ed entrato a furia nella casa
gli pose le mani addosso, e lo arrestò. Fattolo poscia immantinente su
d'un veloce cavallo montare, colla medesima prestezza e felicità lo
condusse prigione nella Nuova-Jork. La qual cosa conosciuta dagli
Americani ne sentirono somma molestia, mentre gl'Inglesi ne presero
grandissimo contento, i quali andavano vantandosi, aver acquistato il
palladio americano. Di questo fatto se ne fecero grandi allegrezze in
Inghilterra, e perfino nella Corte, come se fosse stata vinta qualche
gran battaglia, o come se questo fosse più prospero avvenimento
dell'invasione stessa della Cesarea, e dell'acquistate speranze di
entrar di corto nella città di Filadelfia. Nacque poi da questo
accidente una molto acerba contesa tra i generali delle due parti in
rispetto al modo, col quale esso generale Lee, e tutti gli altri
prigionieri di guerra dovessero esser trattati. A' tempi di Gage non
aveva mai questi voluto consentire allo scambio dei prigionieri. Dal che
ebbero origine molte crudeltà dall'una parte, e dall'altra. Ma quando
Howe pigliò egli il generalato, o sia per la natura sua, che più umana
fosse di quella del suo antecessore, o per le istruzioni, che intorno a
ciò avesse ricevuto dal governo, o sia veramente, che per bella forza
fosse indotto a ciò fare per la gran quantità degl'Inglesi, che venuti
erano in mano degli Americani, era calato agli scambj, i quali avevano
luogo di quando in quando. Ma, preso Lee, non volle il generale inglese
far con questo a buona guerra, e lo fe' confinare in una stretta
prigione, nella quale era molto diligentemente custodito, come se un
prigioniero di Stato fosse. Allegavasi dal canto suo, che essendo Lee
descritto come uffiziale negli eserciti inglesi doveva disertore e
traditore riputarsi. Nel che è da sapersi, che Lee tirava prima la mezza
paga come uffiziale inglese; ma in sul bel principio della guerra
americana aveva chiesto la licenza, e rassegnato il grado suo in
Inghilterra, per potersi, come libero, agli stipendj dell'America
condurre. Ma o sia, che la rinunziazione non fosse arrivata in tempo, o
che nella mente del governo, o dei generali inglesi più potesse l'odio
veramente grande, che concetto avevano contro di lui, che l'uso delle
polite nazioni, lo volevan credere e trattare piuttosto come prigioniero
di Stato, che di guerra. Non avendo Washington in poter suo alcun
uffiziale inglese, che fosse constituito nel grado di Lee, aveva fatto
la proposta a Howe di scambiarlo con sei uffiziali essiani; ed in caso
la proposta accettata non fosse, richiedevalo, fosse Lee trattato a quel
modo, che al suo grado si conveniva, e ch'era conforme non solo all'uso
delle civili nazioni, ma ancora a quello, che gli Americani medesimi
tenuto avevano verso gli uffiziali inglesi prigionieri di guerra.
L'Inglese ricusò. Il congresso decretò, si rappigliasse; e che il
luogotenente colonnello Campbell con cinque uffiziali essiani fossero
incarcerati e trattati, come Lee. Ciò fu eseguito. Ma i Massacciuttesi,
trovandosi Campbell in Boston, arrosero molto sulla risoluzione del
congresso, e lo confinarono in fondo di una prigione ad uso dei
malfattori, dove gli era usato un grandissimo rigore. Washington non
avrebbe voluto, si procedesse tant'oltre, stantechè Lee era bensì
imprigionato, ma non già maltrattato. Temeva anche delle rappresaglie,
essendo più Americani in mano degl'Inglesi, che non di questi in mano di
quelli. Ne scrisse con parole molto gravi al congresso. Ma egli stette
alla dura, e non vi fu modo, che Campbell e gli Essiani fossero
liberati, finchè non ebbe Howe consentito a tener Lee nel grado di
prigioniero di guerra.
In mezzo a queste altercazioni si sospendè il cambio dei prigionieri.
Quei che si trovavano nella Nuova-Jork ebbero a provar ogni sorta di
maltrattamento. Eran essi rinchiusi nelle chiese, ed in altri luoghi
esposti a tutte le intemperie dell'aria. Non era loro concesso cibo
sufficiente, pane poco e pessimo, companatico nissuno o non mangereccio.
Gli ammalati misti coi sani, l'immondizia incredibile, scherniti dalle
soldatesche, ed ancor più dai leali. Niuna specie di conforto. Ne
nacquero un tanfo intollerabile, e malattie mortalissime. Meglio, che
quindici centinaia passarono di questa vita in poche settimane.
Credevasi, tanta crudeltà fosse a sciente per costringere i prigionieri
a pigliar soldo nell'esercito inglese. Il che noi non ardiremmo
affermare. Vero è bene, che a ciò fare erano esortati instantemente
dagli uffiziali del Re. Ma ricusavano, preferendo una morte certa
all'abbandonamento della patria. Poco più accettevol era la condizione
degli uffiziali. Svaligiati prima e spogliati dagli avari soldati, eran
poi nella cattività loro bersaglio ad ogni tristo. Alcuni furon tratti,
feriti come erano, e quasi nudi a dileggio di popolo sulle carrette per
le contrade della Nuova-Jork. Gli chiamavano, in mezzo agli scherni ed
alle imprecazioni ribelli e traditori. Alcuni altri ebbero anche a
toccar del bastone, perchè si studiavano di procurare qualche
alleggiamento ai gregarj, i quali morivano di fame e di morbo
negl'infetti abituri. Si era Washington doluto acerbamente coll'Howe, e
fattogli spessi e gravi richiami sull'inumano procedere verso i
prigionieri. Questi parte negava, parte si scusava, parte incolpava. Ma
che non fosse netto, il pruova l'aver egli ricusato la proposta
dell'Americano, acciò permettesse, che un agente suo venisse a far
dimora nella Nuova-Jork, a fine di provvedere di ogni bisognevole i
cattivi. Da questo la nimistà fra i due popoli diventava più intensa, e
gli odj si rincappellavano. In fine i sopravviventi furon liberati e
mandati allo scambio. Ma tal era la miserabil condizione loro, che molti
ne morirono per istrada, prima di poter rivedere la patria, e ciò che
tenevano più caro. Nacquero quindi nuove altercazioni, e di molto agre
parole tra i due capitani generali, pretendendo l'Inglese, che gli si
restituissero i suoi cattivi anche a ragguaglio dei morti, e negandolo
l'Americano. In somma da tutta questa bisogna dei prigionieri si può
comprendere, che nelle guerre cittadine gli amici diventano peggio che
nemici, e le nazioni più civili, barbare. Ma gl'Inglesi vi ebbero di
gran lunga maggior colpa.
Tornando ora, donde partimmo, il generale Sullivan, il quale, fatto
cattivo Lee, era sottentrato nel comando in luogo suo, obbediendo agli
ordini di Washington, traversata la Delawara a Filippoburgo, andò a
congiungersi con questo sul finir di dicembre, dimodochè a quei dì
montava la somma dell'esercito americano a sette migliaia di soldati, od
in quel torno. Ma per altro la più parte compivano le ferme coll'anno, e
si temeva di breve la totale dissoluzione.
Mentre l'esercito inglese perseguitava le reliquie dell'americano sulle
terre della Nuova-Cesarea, e che, varcata da queste a fatica la
Delawara, a sì debil filo si attenevano le speranze degli Americani, non
si dimostrava più benigna la fortuna loro sulle spiagge dell'Isola di
Rodi. Eran partiti a bordo d'un sufficiente navilio l'ammiraglio
Peter-Parker, ed il generale Clinton con due brigate inglesi, e due
d'Essiani per andar sopra quella provincia, e sottrarla dall'obbedienza
della lega. Non aspettando gli Americani questo assalto, non avevano le
difese apprestate, e perciò inabili al resistere si ritirarono,
lasciandola affatto in poter degl'Inglesi. La occuparon questi l'istesso
dì, che Washington varcò la Delawara. Fu questa una grave perdita alla
parte americana, sia per l'opportunità dei luoghi, e sia perchè
trovandosi in quelle acque l'armatetta dell'Hopkins, e molti armatori
che avevan fatto gran danni alle navi inglesi, furon tutti obbligati di
ritirarsi a gran fretta su pel fiume della Provvidenza, dove bloccati
dal nemico furono messi in silenzio, e stettero inutili gran tempo.
Occuparono anche gl'Inglesi le due isole vicine di Conanicut e della
Prudenza. Si ebbero due pezzi d'artiglieria. Furon pochi i prigioni.
Riuscì eziandio questa fazione dell'Isola di Rodi di molta utilità alla
parte degl'Inglesi; poichè di quindi potevano travagliare le cose del
Massacciusset; e gli ajuti, i quali raccolti sotto l'imperio del
generale Lincoln dovevano da quest'ultima provincia recarsi ad ingrossar
l'esercito di Washington, furon fatti soprastare, per tener a bada
Clinton, ed impedire che non perturbasse la quiete di quella provincia.
Lo stesso Connecticut era tenuto in gelosia, e non potette inviare
rinforzi alle genti, che militavano sulla Delawara.
Gl'Inglesi medesimamente, per impedire che le colonie meridionali non
potessero mandar ajuti a quelle di mezzo, nelle quali intendevano di far
impeto, rinnovarono nella state del presente anno coi leali e coi
selvaggi, che abitavano le parti superiori, le pratiche per fargli
correre a' danni della Giorgia, delle Caroline e della Virginia. E
quantunque i tentativi fatti nei precedenti anni per mezzo dei
regolatori e degli sbanditi scozzesi avessero infelice fine avuto,
speravano i mandatarj inglesi presso le nazioni indiane, e più di tutti
lo Stuart, uomo audace ed operoso molto, di poter coll'aiuto di queste
ottenere un miglior successo. Di esortazioni e di speciosi pretesti eran
maestri; d'oro e di presenti abbondavano. Spargevano, che una grossa
schiera d'Inglesi avrebbe sbarcato nella Florida occidentale; che,
traversato il territorio degl'Indiani denominati Creek, Chickesaw e
Cherokee, e congiuntisi i guerrieri loro avrebbero corso le Caroline e
la Virginia; e che nell'istesso tempo una numerosa armata, ed un grosso
esercito avrebbero dato gli assalti sulle coste. Stuart mandava attorno
fra i leali lettere circolari, invitandogli a venirsi a porre sotto lo
stendardo reale, il quale era stato rizzato nelle contrade dei Cherokee;
aggiungendo, che menassero e portassero seco loro i cavalli, i bestiami
ed ogni sorta di vettovaglie, le quali sarebbero loro a giusto prezzo
pagate. I leali ricordevoli ancora delle recenti sconfitte non fecero
alcun motivo d'importanza. Ma gl'Indiani mossi dalle parole e dai
presenti, siccome pure dalla probabilità della cosa, e dal desiderio del
sacco, accorrevano a stormo, e parevano voler correre popolarmente
contro le colonie. Le sei tribù stesse, le quali fin allora se n'erano
state religiosamente di mezzo, incominciavano a muoversi, e già avevano
commesse le ostilità sui confini. I Creek più avventati ruppero la
guerra, e la esercitarono colla solita barbarie. Ma avendo trovato, che
i fatti non corrispondevano alle parole, e che i soccorsi non
comparivano, si ristettero, e, dimandata la perdonanza, venne loro di
leggieri conceduta. E tanto furon essi, o nella fede costanti, o delle
parole inglesi diffidenti, od in tal modo compresi dal timore, che
quando poco dopo i Cherokee gli richiedettero degli aiuti, risposero
secondo l'usanza di quelle genti, che s'eran ben essi cavata quella
spina dal piè, e che bene gliene incoglieva loro. Ma i Cherokee non
istettero a soprastare. Assalirono con grandissimo furore le colonie,
commettendo danni e crudeltà collo scarpello e coi mazzeri. Ammazzavano
con eguale ferità, e coloro che abili erano a portar le armi, e coloro
ch'erano inabili, i vecchi, le madri, ed i pargoletti loro
indistintamente. In ciò facevano a tanto maggior sicurtà, ch'era
comparsa a quel tempo l'armata di Peter-Parker nelle acque di
Charlestown. Ma quando questa dopo l'infelice assalto dato al Forte
Moultrie, abbandonò le coste della Carolina, i Cherokee si trovarono in
grande stretta. Poichè, cessato il pericolo dalla parte inglese sulle
coste, le due Caroline e la Virginia, intente tutte a opprimere questo
male, mandarono le genti loro contro i Barbari, che devastavano la
contrada. Queste genti non solo gli sconfissero in varj affronti; ma,
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