La Carrozza di tutti - 11

Total number of words is 4473
Total number of unique words is 1891
31.5 of words are in the 2000 most common words
46.3 of words are in the 5000 most common words
53.6 of words are in the 8000 most common words
Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
star molta gente a capo scoperto, mi si schiuse sul tranvai un nuovo
campo di studio: quello delle teste; poichè dove mai, come sulle
giardiniere, potete aver per un pezzo sotto gli occhi, così da vicino,
in così piena luce, e, se ci state seduti di dietro, osservabili a così
bell'agio, le teste dei vostri simili? Teste che, vedute di passata
per la strada, vi appariscono ancora in buon stato, vi mostrano qui
mille miserie. Radure, spiazzate, tentativi supremi di divise, che non
son più sentieri fra l'erba fitta, ma stradoni in rovina a traverso a
sodaglie desolate; liste di capelli ricondotti dalla nuca sull'occipite
e fino alla fronte, in forma di salici piangenti sulla tomba del
cervello; parrucche mal messe, che una brusca scappellata volta di
sbieco, rivelandovi che la testa d'un tale non è tutta roba sua; tutte
le più compassionevoli industrie senili intese a mascherare i guasti
del tempo dalle orecchie in su vi si palesano sulle giardiniere. E qui
scoprite le pennellature grossolane dei _Luca fa presto_, che lasciano
i capelli bianchi alla radice, le capigliature tinte a prezzo ridotto,
d'un nero lugubre, che danno ai visi vizzi a cui fan cornice l'aspetto
di lettere mortuarie, e le chiome e le barbe variate di molti vaghi
colori, che paiono state strofinate sopra una tavolozza. O tinti, il
tranvai è traditore, guardatevene. Che c'è di più pietoso e di più
comico insieme che il veder salire a stento, ansando, afferrandosi
alle colonnine con le mani tremanti e ricascar di peso sulla panca,
spossato dallo sforzo, un uomo con la barba e la capigliatura corvina
d'un ventenne? Oh quante vecchiaie ribelli alla natura! Quant'è rara la
gente che sa invecchiare in santa pace! E scopersi anche il segreto di
alcuni personaggi noti, miei fieri avversari, pitturatori abilissimi,
di cui nessuno sospetta l'inganno. Potrei fare più d'una vendetta
politica. Non la farò. Ma non per generosità, lo confesso. Soltanto per
rispetto dell'arte mia non denuncierò.... l'arte loro.
*
Intrapresi pure col principiar di giugno uno studio sui cappellini,
attratto dalla varietà infinita che se ne vede fiorire sui tranvai
in quella stagione; studio che, in fondo, si riduce anch'esso a uno
studio delle teste. E così, alla lesta, feci una prima classificazione:
cappellini amorosi, cappellini superbi, cappellini austeri, matti,
buffi, impudichi, prepotenti, innocenti. Quasi tutti hanno un
linguaggio, sincero o falso, di cui i fiori sono le parole. Ci son
grandi rose erette ed aperte, che s'offrono; mazzi di viole e di
mughetti che attirano insidiosamente gli sguardi e i desideri dentro ai
capelli in cui si rimpiattano; accoppiamenti di fiori inconciliabili,
stridenti fra di loro, che danno l'immagine di menti strane e
disordinate; fiori troppo pomposi, rosseggianti petulantemente su
teste grigie, di cui tradiscono gli ardori mal sopiti; fiori modesti e
solitari, che esprimono il sentimento d'un affetto secreto e costante.
Tutte le passioni, tutte le illusioni, tutti i capricci di tutte le
età della donna si palesano in quella finta flora, in quelle infinite
combinazioni di penne, di nastri, di pizzi, di tulle, di frecce,
di frutti, di cose sottili, diafane, ondeggianti e tremolanti, che
paiono una vegetazione vivente che abbia radice nei cervelli. E quei
cappellini fanno fantasticare, vedere, sentir mille cose: piccole
e grandi spese di contrabbando, conti adulterati _ad usum mariti_,
sospiri dolorosi d'impiegati, baruffe coniugali, musonerie, concessioni
strappate con le carezze, economie gastronomiche da anacoreti,
lunghi lavori di raffazzonatura fatti in casa da manine pazienti
e industriose, interrotti da pianti di bimbi, da scampanellate dì
creditori, da ogni sorta di cure e di piccole miserie domestiche. Ma lì
sul tranvai tutto brilla, ride e dissimula. Scendono mazzi di rose e
di pensieri, salgono mazzi di papaveri e di peonie, s'incontrano e si
confondono ramoscelli d'edera e di geranio, mazzetti di ciliegie e di
fragole, fiori di tutte le stagioni, di giardino e di campo, sbocciati
e in bocciuolo, in ghirlande, in corone, in ciuffetti, diritti,
cascanti, intricati, ammontati, agitati come i pensieri che vi passan
sotto; cappellini alla marinara, alla Rembrandt, alla Trianon, alla
Rosa Syma, alla vattelapesca, ciascuno dei quali dice qualche cosa,
e forman fra tutti come un frastuono confuso e continuo di grida, di
mormorii e di sospiri: — Cerco un marito — Cerco un amante — Ho un
amante — Ammiratemi — Rispettatemi — Sperate — Disperate — Vi supplico
— Comando io! — Sono un angelo — Sono un diavolo — Sono un'infelice —
Seguitemi — Fatevi in là — Il mondo è mio — Non son nulla; guardatene
un'altra, vi prego.
*
Dolci studi; ma troppo spesso interrotti da inconvenienti gravi, tutti
propri del tranvai. Alcuni di questi esperimentai io stesso in quei
primi giorni di giugno, altri imparai a temere vedendoli esperimentati
dal mio prossimo. Capitare in un carrozzone chiuso accanto a una
peccatrice così spietatamente profumata da uscirne con una spranghetta
al capo assicurata per ventiquattr'ore; trovarsi seduti in mezzo a
due amici sconosciuti che attaccano attraverso a voi una conversazione
vivacissima, incrociando sul vostro viso i loro aliti, le loro risate
e le loro asinerie; sentirsi passar sui calli tutta intera una di
quelle famiglie alla buona per cui i piedi altrui sono _res nullius_,
senz'averne neppure il leggiero conforto d'uno sbadato: _mi scusi_,
sono incerti sgradevoli. Ma è anche più sgradevole l'aver diritto
dietro alle spalle un fumatore che, spinto innanzi da un sobbalzo
della piattaforma, vi pianta nella nuca la punta d'un grosso Minghetti
infocato. Ma è ancor più doloroso lasciar la falda del soprabito nelle
mani d'una pingue bottegaia che, perdendo l'equilibrio nel discendere,
s'aggrappa a voi come a un albero sull'orlo d'un abisso. Ma c'è una
disgrazia anche peggiore di queste. Ne trovo segnata la data nei miei
appunti — _5 di giugno. Ore tre pomeridiane. Sulla giardiniera di via
Nizza. Preso alle spalle dal poeta._ — Non l'avevo visto salire: mi
sentii tutt'a un tratto la sua voce nell'orecchio: m'era seduto dietro,
la giardiniera era affollata, era impossibile sfuggirgli. Passò subito
alle vie di fatto. Era un sonetto arcipieno di _esse_, un ronzio di
zanzare intollerabile, un succedersi di sibili sottilissimi che mi
penetravano nel cervello, come se m'avesse agitato accanto al viso
un mazzo di serpentelli arrabbiati. Ai vicini che non sentivan le sue
parole doveva parere un amico offeso che mi rinfacciasse una serie di
cattive azioni, dì cui non mi potessi scolpare, o che mi raccontasse in
segreto qualche avventura sporca, che io assaporassi con raccoglimento.
Un supplizio vergognoso! Quella bocca implacabile che alla ripresa
d'ogni verso mi si avvicinava alla tempia mi metteva un brivido come la
bocca d'una pistola. _Breve e amplissimo carme!_ Chi lo disse? Quello
non era nè ampio nè breve: non finiva mai. E m'opprimeva un terrore:
— Se avesse la coda! — Non l'aveva; ma durò per la lunghezza di cinque
isolati, senza contare una variante su cui dovetti dare il mio parere.
Non fui libero che sulla piazzetta di San Salvario, dove l'aguzzino
discese, non sazio.
*
La mia prima corsa piacevole di giugno fu la mattina del giorno dello
Statuto, in via Garibaldi, all'ora in cui la gente s'avvia verso piazza
Castello per la rivista delle truppe: una carrozzata di cittadini quale
non si può vedere che in quel giorno e a Torino: quasi tutti vecchi
militari giubilati, coi nastri stinti delle medaglie e delle croci
agli occhielli, con le scarpe come specchi, pettinati e sbarbati bene,
benignamente ilari e alteri, con l'aria di vecchi sposi celebranti
le nozze d'oro: tutte brave persone assestate e regolate che, se lo
Statuto fosse soppresso da vent'anni, continuerebbero a festeggiarlo lo
stesso a conto proprio, per forza di consuetudine, come festeggiano il
Natale i miscredenti. C'era al posto solito il cavaliere Bicchierino,
appartenente anch'egli, non per età, ma per spirito, a quell'antica
famiglia, pulito e lustro come un dado. Come gli altri egli volgeva
degli sguardi di compiacenza sui tranvai imbandierati, sulle uniformi
sgualcite dei veterani che passavano tra la folla, sulle bandiere
sventolanti alle finestre; aveva negli occhi un lume insolito; si
vedeva che l'anima sua respirava con placida voluttà patriottica le
memorie del 48, di Torino capitale, dell'“egemonia piemontese„ e il
soffio del conte Cavour e del generale Lamarmora ancora diffuso per
l'aria. Lo tenni d'occhio per vedere se, nonostante lo stato d'animo
straordinario, si ricordasse di confrontare il suo orologio, come
faceva ogni mattina, con l'orologio elettrico dell'angolo di via
Siccardi: se ne ricordò. Poi, incontrando il mio sguardo, egli si
offuscò leggermente: si dovette rammentare del giorno ch'io avevo
fatto quel certo strazio barbarico della _Gazzetta del popolo_. Avevo
appunto il foglio in mano in quel momento e stavo per conciarlo a quel
modo; ma, accorgendomi che m'osservava, mi ritenni, per suggezione,
per non rendermegli anche più odioso. Ed ecco come il tranvai può
perfezionare l'educazione d'una persona educata. A poca distanza dalla
piazza s'intese suonar la marcia reale da una banda musicale d'operai.
A quelle note tutti quei giubilati canuti si illuminarono e si scossero
come i vecchi cavalli delle poesie agli squilli delle trombe guerriere.
E allora mi sentii sbalzato dalla fantasia a trent'anni addietro.
Quei visi, quei nastri, quelle bandiere alle finestre, quei veterani
in divisa, quel vecchio Palazzo Madama che appariva in fondo, quel
cavalier Bicchierino con la _Gazzetta del popolo_ fra le mani, tutto
quel complesso di cose viste in quella via Garibaldi al suono di quella
marcia, era così piemontese, così torinese, così “ben conservato„ che
ebbi per un momento come un senso di ringiovanimento della coscienza,
un'illusione maravigliosa, il dubbio che l'anno corrente non fosse
il 1896, l'anno di Abba Garima, ma quello dei primi entusiasmi per il
_Consorzio nazionale_, quando avevo visto dei patriotti fanatici, in
quella stessa via, bruciare le cedole del Consolidato gridando: — Viva
l'Italia.
*
La festa nazionale portò i forti calori e con questi un nuovo oggetto
d'osservazione sulla carrozza di tutti: un accrescimento generale
di irritabilità nelle relazioni dei passeggieri coi passeggieri, di
questi con gl'impiegati, e degl'impiegati fra di loro, una maggior
frequenza di malintesi, d'impazienze, di lagnanze e di battibecchi,
come segue fra gli uccelli in gabbia nelle giornate afose. Si vedeva
sui tranvai una agitazione quasi rabbiosa di ventagli, gente irrequieta
che si sventolava con le cappelline, coi fazzoletti e coi giornali,
senza “trovar posa„ sulle panche, facce infiammate e attonite, teste
ciondoloni sui petti: vere carrozzate di noia e di malumore. Povera
umanità! Qualche grado di più di calore e un po' di polvere per aria,
ed ecco tutti i visi mutati, violate le leggi della cortesia, ridotti
i cervelli come orologi guasti, e manifesti anche nella gente sana e
contenta i vaghi segni del contagio psichico che moltiplica le risse,
gl'impazzimenti e i suicidi! Come rimedio a questo male mi venne in
mente l'istituzione di spugnature pubbliche obbligatorie una mattina
che aspettavo la partenza del tranvai sotto le finestre di casa
mia, vedendo lavar la testa a _Faraone_ e a _Ballerina_, all'ombra
dei tigli. Uno spettacolo da far meditare, veramente. _Faraone_
fu il primo. Il cocchiere tuffava in un secchio una grossa spugna,
gliel'appoggiava al sommo della fronte arsa e sudante, e premeva; e al
sentir quei rivoletti che le scendevano per le mascelle, sul collo e
di mezzo agli occhi giù per il muso fin dentro alle nari e alla bocca,
biforcandosi e incrociandosi come le gore della pioggia per una china,
la povera bestia alzava e scrollava il capo, corsa per ogni fibra
da un brivido di piacere, e dilatava gli occhi e pestava le zampe,
brillando tutta; mentre _Ballerina_, aspettando la sua volta, guardava,
impaziente, agitata dal presentimento di quella voluttà, che già le
balenava negli occhi e le guizzava tra pelle e pelle. Ah! che dolcezza;
e come meritata dopo tante corse al sole e nella polvere, e tante
strette violente di freno e bottate di frusta! Luccicava negli occhi di
tutti i passanti un sentimento di compiacenza buona al veder riaversi e
godere a quel modo quei poveri schiavi muti, così belli e così utili, e
condannati a un lavoro così duro e mal compensato, quando tanti altri
della famiglia loro vivono fra gli agi e le pompe, carezzati e amati
come creature umane. E il cocchiere, intanto, li apostrofava con quel
tono di familiarità un po' brutale, che si suol usare con le bestie
che ci servono, forse per un timore istintivo ch'esse comprendano e
abusino come gli uomini della troppa dolcezza: — Ah, vecchione, ci
provi gusto, eh? Ma se tiri indietro la testa, zuccone, non si fa
nulla! Ora a te, mala femmina, eccoti il fatto tuo; non ne vedevi
l'ora, non è vero? T'ho ben sentita come cantavi alla fin della corsa!
— e altre cose simili, dette con l'accento di chi parla a chi intende.
E chi sa? Chi sa fino a che punto, almeno? Che cosa ne sappiamo noi,
poveri presuntuosi che siamo? Siamo proprio ben certi di non essere in
un enorme errore? Non dice anche l'Ecclesiaste: — Chi sa che lo spirito
delle bestie scenda abbasso sotterra? — Ah quell'occhio di Faraone!
Fu quell'occhio che mi fece sentire la prima volta per un animale
quello che si sente per un bambino: il rispetto d'un grande mistero,
del dolore che non ha parola, del diritto che non ha difesa; fu
quell'occhio che mi disse più chiaramente ch'io non avessi mai pensato,
che non saremo mai molto al disopra delle bestie fin che crederemo
d'esser tanto più alti da non aver verso di loro il dovere della bontà
e della gratitudine.
*
Seguirono alcuni giorni monotoni, una serie di corse per i viali
bianchi, fra gli alberi velati dal polverìo, senza un accidente
notevole, senza alcuna conoscenza nuova, senza un incontro di persona
conosciuta; poi una pioggia ostinata, e tre giornate avventurose,
tre scene singolarissime, l'una sull'altra, non possibili che
sulla carrozza di tutti. Della prima fu spettatore e parte, in un
carrozzone chiuso della linea del Martinetto, Carlin; e la scena
appunto interruppe un'apologia ch'egli stava facendo del bollettino
meteorologico del Chionio, il quale aveva preannunziato la pioggia per
quel giorno; ciò che, dopo altre profezie riscontrate giuste da lui,
portava all'entusiasmo la sua ammirazione per la scienza in generale, e
per il profeta in particolare. — Ah! quell'uomo! Quell'uomo parla con
Domineddio! — andava esclamando; quando salirono ad un tempo, l'una a
destra l'altra a sinistra della piattaforma posteriore, un'erbivendola
in capelli e una signora in pompa magna, tutt'e due sulla trentina e
d'aspetto fiero e risoluto; le quali, infilando l'uscio nello stesso
punto, s'urtarono malamente ed esclamarono a una voce, guardandosi a
vicenda: — Che maniera! — Pareva che la cosa finisse li; ma, appena
furono sedute dentro, l'una di fronte all'altra, ed ebbero preso
lo scontrino, l'una sporgendo una grossa mano pavonazza, l'altra
mettendo in mostra un grosso braccialetto sul braccio inguantato,
la riattaccarono vivamente: l'erbivendola con parole grossolane, la
signora con un certo riserbo. Il diverbio, nonostante l'intromissione
diplomatica di Carlin, s'inasprì a segno che la popolana disse forte:
— O cosa crede, alla fine, perchè è una signorona? — E allora cominciò
il meglio. La “signorona„ che da principio aveva scelto le parole e
moderato la voce, a poco a poco, accalorandosi, si lasciò sfuggir le
frasi e le note del suo linguaggio abituale, che era quello tal quale
della sua avversaria. A capo d'un minuto, tutti i presenti capirono
che le due contendenti, nate e cresciute nello stesso stato sociale e
forse nello stesso sobborgo di Torino, avevano ricevuto l'educazione
medesima, e che la signoria d'una delle due doveva essere d'acquisto
recentissimo, e forse improvviso. E fu uno spasso per tutti la
maraviglia crescente che l'altra mostrava in viso man mano che vedeva
la signora tirar fuori le armi e le munizioni dallo stesso arsenale
da cui essa cavava le sue, e chiarirsi sua degna competitrice nella
scherma dello strofinacciolo e della ciabatta. Continuò a insolentirla,
ma più a rilento e con meno asprezza, scrutandola con uno sguardo
acuto e con un leggiero sorriso, quasi compiacendosi di riconoscere
e d'ammirare in lei i colpi e le parate della scuola che le era
familiare, e finì con rabbonirsi affatto quando fu ben certa di aver di
fronte, non una nemica d'un'altra classe, ma una consorella travestita
dalla fortuna; tanto che lasciò senza risposta l'ultima sua botta, e
voltatasi verso la compagnia, disse ridendo: — _A l'è na sgnora parei
d' mi!_ (È una signora come me). — Tutti risero, la “signora„ si rimise
in dignità, e Carlin osservò filosoficamente: — Eh, bisogna star sul
tranvai per vederne d'ogni sorta e imparare a conoscere il mondo; il
fattorino, vede, è il vero uomo _enciclopedico_, che non sì stupisce
più di niente sulla terra.
*
Ecco l'altra scena. Gli alberi del corso Vittorio Emanuele rinverditi
e lustrati da un acquazzone, una fuga di nuvoloni neri a traverso al
cielo, un tramonto infocato, le Alpi terse e come intagliate nella
porpora di quell'incendio, e una giardiniera lenta che par che vada
a servizio esclusivo di due coppie d'amanti appiccicati, l'una seduta
sulla prima panca, l'altra su quella di mezzo, con le schiene voltate
verso di me e un altro passeggiere, che mi sta ritto al fianco sulla
piattaforma di dietro. Costui m'ha l'aria d'un buono e semplice
massaro, o piccolo proprietario di campagna, di quelli che s'inurbano
ogni dieci anni, e a cui la città grande riesce sempre uno spettacolo
nuovo e sbalorditoio. E capisco che è nuovo per lui lo spettacolo
di quelle due coppie di teste di “signori„ le quali ogni tanto si
ravvicinano, si toccano e si staccano, come i bicchieri nei brindisi,
e ciondolano languidamente l'una verso l'altra come se avessero
l'osso del collo stroncato. Si vede che è un po' scandalizzato, molto
stupito e anche più dilettato; si vede dall'attenzione viva che fa a
tutti i movimenti di quei quattro ingattiti, con un sorriso curioso
e continuo, lanciando tratto tratto uno sguardo a chi passa per la
strada, come per dire: — Ma non vedete che cosa succede qua sopra! Ma
son cose dell'altro mondo! — Arrivati alla piazza del monumento, sale
accanto a noi un altro signore, lungo e arcigno, il quale, osservate le
coppie, fa un atto d'uomo seccato, brontolando: — Potrebbero prendere
una carrozza chiusa. — Ed ecco che all'uscita della piazza, salgono
e siedono proprio davanti a noi un giovane, che pare un commesso
di negozio, e una ragazza, che ha l'aria d'una sartina, e, appena
seduti, ripigliando una conversazione interrotta, si mettono a tubare
soavemente, con le punte dei nasi che quasi si toccano, e le mani
intrecciate tra fianco e fianco. E allora il signore lungo dà una
strappata collerica al campanello, e detto al fattorino: — Non è un
mestiere per me! — salta giù e se ne va via. Il fattorino non capì, ma
il campagnuolo diede in una risata grassa, saporita, giovanile, nella
quale squillava la gioia pregustata di raccontar poi nella farmacia
del villaggio il bel caso a cui aveva assistito, la sfacciataggine
maravigliosa degli amanti di quella gran Torino, di quella Babilonia,
di quella Gomorra, dove tutto è lecito e se ne vede d'ogni tinta....
Dopo un po', le coppie furono circondate e distratte da altri
passeggieri; ma egli seguitò a tenerle d'occhio fino a piazza San
Martino, dove discese dirigendosi verso la Stazione, ancora sorridente
d'un sorriso di stupore e di malizia, che traduceva il suo pensiero:
— Ah questa Torino! Questi tranvai! Che paradiso di Maometto! E che
facce!
*
La terza, sulla linea di Vanchiglia. Mi rifugio in una giardiniera
per salvarmi da un'acquata improvvisa e casco proprio nel punto che
scoppia una lite, non capisco perchè, fra due giovani operai e il
cocchiere Tempesta. Il vento sbatte le tende in faccia ai passeggieri,
che si restringono nel mezzo, tutti in piedi; ma la pioggia ci viene
addosso anche fra le panche, dove le signore s'affannano a ripararsi
i vestiti, lagnandosi della Società che non mette fuori i carrozzoni
chiusi quando fa cattivo tempo. Son capitato male. Son tutti stizziti
come d'una stizza attaccaticcia, tutti con l'anima per traverso,
compresi due vecchi ufficiali pensionati che non vanno d'accordo sulle
riforme militari del Ricotti, discusse in questi giorni al Senato,
e si scambiano delle frasi che paion colpi di sciabola: — Mille e
cento ufficiali tolti dai quadri! Ma mi burla! Ma a che si riduce
la carriera? — Non è il Ricotti, è il Mocenni: ottocentoventisette
erano già radiati. — E lei mi scusa il male col peggio? — Ma io non
riconosco nè questo nè quello. — Ma come! Ma allora.... — E mentre un
mio vicino tratta di barbara l'amministrazione che non mette delle
tende da potersi agganciare alle panche per pararsi dai temporali,
e tenta inutilmente, sbuffando, di tener tesa la sua, s'accalora la
lite fra i due operai che gridano: — Pùrgati! — Va a far le docce!
— Va all'istituto antirabbico! — e Tempesta, che rivolto a loro col
viso torvo e infiammato, alterna frustate e sagratacci, scandalizzando
un vecchio signore in cilindro, seduto alle sue spalle, il quale si
volge a domandare al fattorino con voce pacata di basso: — Ma non è
pro-i-bito al personale di servizio di parlare in codesta maniera?
— Intanto la pioggia infuria, le tende ci schiaffeggiano, i malumori
s'inaspriscono, i lamenti suonano più alto, Tempesta sagra più fitto,
e la carrozza che porta quest'ira di Dio, sferzata dall'acquazzone,
flagellata dal vento, illuminata dai lampi, vola, schizzando mota da
tutte le parti, a traverso la piazza Vittorio Emanuele, dove s'incontra
con un altro tranvai portante una comitiva di giovanotti fuggiti dal
gioco del pallone, i quali, passandoci accanto, vedono e comprendono e
ci mandano in faccia una risata in coro, ultimo oltraggio.... Ma non a
me, spassato egualmente della carrozzata in festa e della carrozzata in
collera, che mi mostran le due facce del burattino umano.
*
Qui trovo notati a tre date successive, 14, 15 e 16, tre dei miei
personaggi, riveduti in condizioni e fra circostanze straordinarie. La
domenica del quattordici, segnata nell'_Almanacco Storico_ della Casa
Treves come giorno della rielezione del deputato Brena, sulla linea
del Valentino, il _Marchese_, il fattorino dai balletti d'oro, bello e
elegante come sempre; ma quanto diverso dal solito nel modo di trattare
con le signore! Non più sorrisi fuggitivi, non più atteggiamenti
d'ossequio amoroso, non più quell'atto di posar lo scontrino come una
chicca nella mano inguantata, fissando sulla passeggiera uno sguardo
soave. E subito non capii il perchè di quel mutamento; ma i cenni e
i frizzi di due giovanotti suoi conoscenti, seduti vicino a me, me
lo spiegarono. Quel riserbo insolito gli era imposto da un bel pezzo
di ragazza bruna, ritta sulla piattaforma della giardiniera come un
gendarme; la quale seguiva ogni suo passo ed atto con due grandi occhi
neri e severi, sopra di cui si drizzava fino a mezza fronte la ruga
distintiva del sospetto. Non riuscii a capire se fosse sua moglie o sua
amante. Intesi dire però (e si vedeva) che, conoscendo il suo pollo,
n'era gelosa, che soleva fare di tanto in tanto una di quelle corse di
vigilanza, salendo inaspettata sul tranvai come un controllore, e che
più volte, per uno sguardo o per una parola, aveva fatto una scenata al
bel fattorino, e provocato anche signore e ragazze, con un'audacia di
leonessa. Oh, cose terribili; minacce di ceffoni addirittura, e chiassi
e scandali per conseguenza. Ma egli aveva oramai un così salutare
terrore di quelle due lanterne nere che non s'arrischiava nemmen più
a sorreggere per il braccio le signore che salivano. Mentre passava
accanto a me, uno dei due giovanotti gli disse piano: — _Pietro, riga
dritt!_ — e diede in una risata: egli rispose con un sorriso forzato.
E seppi che altre mogli di fattorini venusti facevano delle corse
di sindacato come la bella bruna, comprandosi così ogni tanto dieci
centesimi di fedeltà coniugale, con vantaggio dell'amministrazione e
del servizio....
15 giugno. All'ora stessa che si presentava Li-Hung-Chang
all'imperatore Guglielmo, comparve davanti a me sul tranvai di via
Garibaldi il signor Guyot, coi suoi occhiali reazionari e il suo pizzo
minaccioso. Appena mi vide, salendo sulla piattaforma opposta, mi
saettò un'occhiata anche più truce dell'altre volte; e forse per il
fatto, che mi venne in mente in seguito, dell'elezione del Turati nel
quinto collegio di Milano, avvenuta il giorno avanti. Ma era destino
ch'io dovessi dar sempre a quel pover uomo delle scosse violente.
Pochi momenti dopo salì accanto a me un mio vecchio amico, procuratore
del re, proprio nel punto che egli mi figgeva addosso uno di quegli
sguardi foschi, in cui all'inquietudine e all'avversione si mescolava
il sentimento di curiosità malsana che ci spinge verso i delinquenti.
Al lampo che gli passò sul viso quando vide l'amico stringermi la mano
ed entrare con me in conversazione gioviale, capii ch'egli sapeva
chi era. Fece due occhi di polipo ed espresse con tutti i muscoli
facciali un senso di maraviglia sgradevole, come se quella familiarità
d'un magistrato con un par mio fosse un fatto scandaloso, un pubblico
incitamento a delinquere, un indizio di sfacelo sociale, qualche cosa
come il veder per la strada un carabiniere in divisa a braccetto con un
borsaiolo famoso; e capii benissimo che andava domandando a sè stesso,
con curiosità ansiosa, che cosa mai ci potessimo dire, e che se fosse
stato in quel momento ministro di grazia e giustizia avrebbe fulminato
sull'atto un decreto di destituzione. Ah, quanto deve aver sofferto!
E vedo ancora l'ultima occhiata che lanciò al mio amico scendendo,
come per dirgli: — E non si vergogna?... Faccia invece il suo dovere,
perbacco!
*
16. (Il giorno in cui gli Stati Uniti pagano cinquantamila lire per
i nostri “linciati„ del Colorado). _Oui, tout se paye_, come dice un
personaggio di romanzo; tutto si sconta anche quaggiù; e l'“eterna
vendetta„ coglie qualche volta il reo anche sul tranvai. Fu per me
una vera soddisfazione. Il tirannucolo rabbioso, il negriero fallito,
il perpetuo strapazzatore di fattorini e di cocchieri, il signor
Tintura-Migone, insomma, quel pezzo di superbia villana con le gote
enfiate e coi baffi irti, stava seduto in un carrozzone chiuso e
affollato della _Torinese_; e non aveva ancor finito di brontolar col
fattorino perchè non era spolverata la panca, che già cominciava a dar
segni d'impazienza contro un bel bambino di nove o dieci mesi, ritto
accanto a lui sulle ginocchia d'una donna, la quale lo voltava ora
di qua ora di là, come per farlo ammirare. Di ragione, doveva odiare
anche e bimbi, che son dei deboli; e tutti i presenti, chi l'avevan
pesato al primo sguardo, lo guardavano con manifesta antipatia. — Lo
tenga seduto! — disse a un tratto alla donna, di mala grazia. Ma l'ebbe
appena detto che saltò su indignato, vomitando fuoco e tirando fuori
il fazzoletto. Ahi, troppo tardi! E l'ira sua non ebbe eco. Non solo;
ma il contrasto fra la sua faccia fiammeggiante e il visetto sereno
e innocente di quell'amore di putto che lo guardava con gli occhi
azzurri, inconsapevole dell'avvenimento, fu così comico, che diedero
tutti in uno scoppio di risa; il quale finì di fargli perdere i lumi.
Ah sì, tutto si sconta, e infinite sono le fonti da cui la divina
Provvidenza fa “zampillar„ la giustizia.
*
Rieccolo, finalmente! È certo, pensai appena lo vidi, che la sua prima
You have read 1 text from Italian literature.
Next - La Carrozza di tutti - 12
  • Parts
  • La Carrozza di tutti - 01
    Total number of words is 4402
    Total number of unique words is 1759
    34.8 of words are in the 2000 most common words
    50.0 of words are in the 5000 most common words
    58.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 02
    Total number of words is 4483
    Total number of unique words is 1812
    34.6 of words are in the 2000 most common words
    50.0 of words are in the 5000 most common words
    58.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 03
    Total number of words is 4532
    Total number of unique words is 1792
    34.6 of words are in the 2000 most common words
    50.2 of words are in the 5000 most common words
    58.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 04
    Total number of words is 4496
    Total number of unique words is 1828
    31.1 of words are in the 2000 most common words
    43.8 of words are in the 5000 most common words
    51.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 05
    Total number of words is 4518
    Total number of unique words is 1787
    36.7 of words are in the 2000 most common words
    51.0 of words are in the 5000 most common words
    58.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 06
    Total number of words is 4514
    Total number of unique words is 1883
    32.1 of words are in the 2000 most common words
    47.4 of words are in the 5000 most common words
    55.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 07
    Total number of words is 4542
    Total number of unique words is 1831
    31.7 of words are in the 2000 most common words
    46.0 of words are in the 5000 most common words
    54.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 08
    Total number of words is 4460
    Total number of unique words is 1784
    35.9 of words are in the 2000 most common words
    49.9 of words are in the 5000 most common words
    58.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 09
    Total number of words is 4546
    Total number of unique words is 1861
    35.2 of words are in the 2000 most common words
    50.7 of words are in the 5000 most common words
    58.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 10
    Total number of words is 4542
    Total number of unique words is 1747
    35.9 of words are in the 2000 most common words
    51.0 of words are in the 5000 most common words
    59.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 11
    Total number of words is 4473
    Total number of unique words is 1891
    31.5 of words are in the 2000 most common words
    46.3 of words are in the 5000 most common words
    53.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 12
    Total number of words is 4563
    Total number of unique words is 1769
    36.1 of words are in the 2000 most common words
    51.8 of words are in the 5000 most common words
    58.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 13
    Total number of words is 4527
    Total number of unique words is 1861
    34.2 of words are in the 2000 most common words
    49.8 of words are in the 5000 most common words
    56.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 14
    Total number of words is 4548
    Total number of unique words is 1840
    34.8 of words are in the 2000 most common words
    50.5 of words are in the 5000 most common words
    58.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 15
    Total number of words is 4502
    Total number of unique words is 1861
    34.5 of words are in the 2000 most common words
    50.2 of words are in the 5000 most common words
    57.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 16
    Total number of words is 4614
    Total number of unique words is 1752
    34.9 of words are in the 2000 most common words
    51.0 of words are in the 5000 most common words
    58.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 17
    Total number of words is 4588
    Total number of unique words is 1816
    35.5 of words are in the 2000 most common words
    50.1 of words are in the 5000 most common words
    57.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 18
    Total number of words is 4550
    Total number of unique words is 1891
    33.2 of words are in the 2000 most common words
    48.4 of words are in the 5000 most common words
    55.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 19
    Total number of words is 4576
    Total number of unique words is 1819
    35.7 of words are in the 2000 most common words
    50.9 of words are in the 5000 most common words
    58.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 20
    Total number of words is 4483
    Total number of unique words is 1780
    34.3 of words are in the 2000 most common words
    48.4 of words are in the 5000 most common words
    57.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 21
    Total number of words is 4564
    Total number of unique words is 1804
    35.4 of words are in the 2000 most common words
    50.5 of words are in the 5000 most common words
    59.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 22
    Total number of words is 4548
    Total number of unique words is 1787
    35.1 of words are in the 2000 most common words
    48.7 of words are in the 5000 most common words
    57.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 23
    Total number of words is 4520
    Total number of unique words is 1831
    33.7 of words are in the 2000 most common words
    48.7 of words are in the 5000 most common words
    56.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 24
    Total number of words is 4517
    Total number of unique words is 1826
    33.3 of words are in the 2000 most common words
    49.4 of words are in the 5000 most common words
    57.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 25
    Total number of words is 2955
    Total number of unique words is 1292
    35.5 of words are in the 2000 most common words
    51.0 of words are in the 5000 most common words
    58.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.