La Carrozza di tutti - 22

Total number of words is 4548
Total number of unique words is 1787
35.1 of words are in the 2000 most common words
48.7 of words are in the 5000 most common words
57.4 of words are in the 8000 most common words
Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
che mostrava la coscienza degli effetti prodotti, discese d'un salto,
egli aprì la bocca per ricominciare; ma, anch'io discendendo, non ebbe
più che il tempo di vibrarmi la prima metà del primo endecasillabo, che
mi restò confitto nella schiena come un dardo spezzato.
*
Il secondo che ritrovai fu Desbottonass, una sera di domenica, sul
corso Cairoli, in uno stato miserando. Egli salì a stento sulla
piattaforma, sorretto per le ascelle da sua moglie grigia e rannuvolata
come il cielo, e appena su, si aggrappò alla colonnina e resistette
ostinatamente alle istanze della povera donna, che lo voleva tirar
dentro, per timore d'una caduta. Rimase lì, afferrato con una mano al
ferro e appoggiato con l'altra al parapetto, piegato e tentennante
sulle gambe flosce, fissando stupidamente le rotaie che parevano
fuggire in direzione opposta al carrozzone, come avrebbe fissato un
acqua corrente, col capo ciondoloni sul petto. Era ancor molto dato
giù dopo l'ultima volta che l'avevo visto sulla linea della Crocetta.
Aveva il viso ingiallito e risecchito, diventato piccolo come quello
d'un bambino, rigato di grinze lunghe e simmetriche come grandi gambe
di ragno; la bocca cascante, come se non avesse più muscoli, in un
atteggiamento tra di disprezzo e di nausea, e dei moti involontari e
fitti del capo come se rispondesse continuamente di sì e di no alle
domande d'un fantasma.
Ah, certo, egli non aveva più il capo alla politica, non si vantava
più d'appartenere all'_opposizione_! Ma più triste a vedersi era la
sua povera moglie, alla quale si leggeva in viso, sotto un resto
di sollecitudine per lui, la stanchezza di soffrire, un'ira sorda
contro il destino, e l'odio che le si era addensato in cuore contro
quell'uomo, con cui era condannata a trascinare una vita di supplizio,
come un prigioniero chiuso nella cella d'un pazzo. A un tratto, l'uomo
alzò la testa e mi fissò in viso uno sguardo di stupore profondo, come
se gli fossi cascato davanti dal cielo; uno sguardo in cui riconobbi
alla prima ch'era impossibile che mi riconoscesse. Poi mi sorrise
d'un sorriso stupido e torvo, nel quale appariva un'intenzione di
scherno provocante, e mosse le labbra come per dire un'ingiuria, che
non potè articolare. Era già a quel punto in cui il veleno accumulato
dell'alcool si volge nel briaco in odio contro tutti, in bisogno
di offendere e di ferire, anche il primo venuto, senza ragione nè
pretesto, non per altro che per placare il demonio che gli morde le
viscere. Ed io pensavo con grande pietà che quell'uomo s'era battuto
per il suo paese, che aveva ammirato ed amato caldamente uomini
politici cari a me pure, che un mio semplice accenno al suo Garibaldi
era bastato a farlo vergognare d'un atto brutale; ma che allora, per
certo, se anche fosse stato meno ubbriaco, nessuna mia parola, nessun
nome caro, nessun richiamo al suo passato di soldato avrebbe più
destato in lui alcun sentimento nobile e forse neppur più risvegliato
nel suo cervello alcuna memoria. E continuava a guardarmi fisso,
con quel sorriso beffardo sulle labbra bavose, dondolando il capo in
atto di sfida, tentando e non riuscendo a cacciar fuori l'insulto che
gli gorgogliava come il catarro d'un moribondo nella gola bruciata
dall'acquavite. All'improvviso, come se fosse stato percosso alle
gambe, si piegò e stramazzò sulla piattaforma. Sua moglie gittò un
grido e si chinò per rialzarlo, sfogando a un tempo in atroci parole
la rabbia fino allora compressa: — Ah schifoso! Ah assassino! Te lo
avevo ben detto! È questa una vita da farmi fare? Tu vuoi farmi morire,
impazzire, eh? Su, su, svegliati, levati, su, sporca bestia, su! —
Il cocchiere fermò; l'uomo fu levato di peso da lei e dal fattorino,
calato giù e deposto sulla proda del fosso; e il tranvai ripartì. Vidi
ancora per un tratto il corpo inerte, disteso come un cadavere, col
capo nudo nella polvere, e accanto a lui la donna, che continuava a
gridare col pugno teso, come se espandesse all'aria tutto l'odio del
suo sesso contro il veleno infame che gli muta la casa in inferno e gli
dà dei figli maledetti, predestinati all'ospedale e all'ergastolo. Poi
un gruppo di gente me lo nascose. E presentii che non l'avrei visto mai
più.
*
Un'ora d'oro, finalmente, e sotto un bel cielo di novembre, terso
e lucente come l'acciaio. Salendo all'imboccatura della strada di
Francia, trovai ritta sulla piattaforma di dietro, col suo sacco
inseparabile, la vecchia di Pozzo di Strada, non trasformata proprio
come Giors me l'aveva dipinta, ma con un viso in cui pareva si
fossero ingranditi la fronte e gli occhi e diradata la rete delle
rughe. Traspariva ancora dal suo sguardo un pensiero fisso; ma questo
pensiero era: — È vivo —; c'era ancora sulla sua fronte un'ombra di
tristezza: ma d'una tristezza in cui il figliuolo sterminatamente
lontano non le appariva più steso a terra insanguinato, ma ritto in
piedi, col braccio teso verso di lei, in atto di dirle: — Coraggio!
Un giorno forse ci rivedremo. — Essa chiudeva gli occhi a quando a
quando, e il suo viso assumeva in quei momenti l'espressione come d'un
proponimento risoluto e saldo di campare, d'un animo preparato a vivere
per molti anni sospeso dolorosamente al filo d'una sola speranza,
con l'ostinazione invitta di chi aspetta il soccorso ancor lontano,
afferrandosi a un cespo sopra l'abisso. Era il giorno quindici. Son
date che non si dimenticano. C'era accanto a me un signore, con la
schiena appoggiata al parapetto e la _Stampa_ fra le mani: un pezzo
d'uomo che teneva il posto di due, con una barba fratesca, assorto
profondamente nella lettura. Quella mattina io non avevo letto il
giornale. Dando un'occhiata al foglio, ch'egli teneva spiegato, lessi
in capo a una colonna un titolo in grandi caratteri che mi diede una
scossa: — _La pace con l'Abissinia. La restituzione dei prigionieri._
— Poco mancò che non gli strappassi il giornale di mano. Guardai la
vecchia: essa ignorava, senza dubbio. Dissi allora nell'orecchio al
signore che quella donna aveva un figliuolo prigioniero del Negus, e
non sapeva della pace, e che se m'avesse favorito il giornale le avrei
data io la notizia. Quegli si voltò sull'atto a guardar la donna, ma
non mi diede il foglio. Era anche lui un artista del sentimento. — Oh
diavolo! — esclamò. — Ma glie la do io! — E l'apostrofò, quasi con
violenza: — O, la buona donna! La pace è fatta. Non lo sapete? Ecco
qua. C'è il dispaccio nel giornale. La notizia è arrivata stanotte; ma
la pace è conclusa fin dal ventisei d'ottobre. Vuol dire che il vostro
figliuolo è libero da venti giorni. I prigionieri si son messi in
marcia per l'Harrar appena firmato il trattato. Qui è fatto il calcolo.
Saranno all'Harrar fra un mesetto. Una ventina di giorni per arrivare a
Zeila.... S'imbarcheranno a Zeila ai primi dell'anno. Dunque!... Prima
della fin di gennaio lo avrete qui. Volete vedere il giornale?
O che non avesse capito nulla o che lo sbalordimento sospendesse in
lei ogni altro senso, la vecchia non diede lì per lì alcun segno di
commozione; prese il giornale, fissò sul punto indicato uno sguardo
morto d'analfabeta, e poi guardò in viso il signore, corrugando la
fronte, come per preparare l'intelligenza alla spiegazione che i suoi
occhi chiedevano.
— Oh santa pazienza! — esclamò il signore ridendo. — Eppure ho parlato
chiaro! C'è qui la notizia, per dispaccio. È fatta la pace in Africa.
Menelik, il re di quelle parti, restituisce i prigionieri. Il vostro
figliuolo è libero. Non avete un figliuolo prigioniero laggiù? Ebbene,
fra un paio di mesi sarà a Torino.
Allora, finalmente, il suo viso si mutò, ma a grado a grado; poi, con
un moto brusco, voltandoci le spalle, essa appoggiò la fronte alla
colonnina e si mise a singhiozzare, come nascondendosi, a modo dei
bambini che piangono in un angolo.
Il signore si mise a ridere; ma con la bocca contratta. Poi si chinò
a raccogliere il giornale che la donna aveva lasciato cadere, lo piegò
accuratamente e glie lo pose sul sacco. Poco dopo, essa staccò il viso
dalla colonnina e sorrise intorno a tutti noi, come se vedesse il mondo
cangiato; pareva ringiovanita; prese il giornale, ringraziò e domandò
al signore se sul foglio c'era tutto stampato quello che egli aveva
detto. Quegli rispose di sì. Essa s'infilò il giornale nel petto, con
riguardo. Il tranvai passava in quel momento davanti alla chiesa di San
Dalmazio: si fece il segno della croce.
— Dunque, — le dissi, — rivedrete _Giacolin?_
Sorrise, e non parve punto stupita ch'io sapessi quel nome, che per lei
riempiva il mondo; ma come se in quel punto le si affollassero alla
mente ad un tratto tutti i dolori, tutti i terrori, tutte le veglie
angosciose d'un anno, s'oscurò in viso, e scrollando il capo e alzando
gli occhi al cielo esclamò con un accento di tristezza inesprimibile,
mista d'un fremito di sdegno: — _Ah, ma i l'ai tribulà tant!_ — Poi
si rischiarò da capo, e quando discese, col suo sacco stretto contro
il fianco, nell'atto che passava davanti al signore del giornale,
sorridendogli con gli occhi umidi, gli fece scorrere la mano sul
braccio in atto di carezza materna.
*
In quei giorni il freddo cominciava a mordere, gli ultimi villeggianti
eran tornati, Torino aveva già preso il suo aspetto invernale
d'affaccendamento gaio e frettoloso, i tranvai riboccavano, la
circolazione della vita cittadina era su tutte le linee in pieno
vigore. Un accidente usualissimo mi fece conoscere di questa vita
friggente un momento singolare, che ancora non m'era occorso. Ero sul
tranvai dei Viali, verso sera. Davanti al caffè Ligure, un grande
carro tirato da tre cavalli, carico d'un mucchio enorme di legname
da lavoro, s'era affondato nel terreno, smosso per un cambiamento
di rotaie, a traverso al passaggio dei carrozzoni; e i carrettieri
frustando e molti altri spingendo a braccia e facendo leva con spranghe
e sbarre sotto le ruote, a suon di grida e d'aneliti, non riuscivano a
smoverlo. In pochi minuti sopraggiunsero e rimasero fermi in tre file
i tranvai di tutte le linee che s'incrociano in quel punto; quelli
dei Viali, di San Salvario, di Vanchiglia, del Corso Valentino, del
ponte Isabella, come se avessero affrettato la corsa, attratti dalla
notizia del caso. Ed eran curiosi a vedersi tutti quei macchinoni
variopinti, schierati come le case ambulanti dei saltimbanchi in
una fiera, immobili gli uni dietro gli altri nella nebbia, affollati
di gente seduta e ritta, che si spingeva fuori dalle piattaforme e
dai finestrini a guardar l'impedimento lontano, trinciando l'aria
con gesti oratorii. Era un agglomeramento di gabbioni umani pieni
d'impazienza verbosa per quella sosta che ritardava convegni d'affari,
ritrovi amorosi, desinari, visite, faccende d'ogni natura, provocando
in altre cento persone lontane altre inquietudini, altre noie, altri
dispetti; una piena d'irritazione, di furia semicomica, che metteva
in mostra il lato debole della soverchia regolarità della vita
civile, in cui ogni più piccolo accidente fa l'effetto d'un disordine
grave. Un _laudator temporis acti_ avrebbe sorriso, dicendo che, in
un caso simile, i vecchi omnibus avrebbero fatto un giro e tirato
avanti, mentre il tranvai, che li aveva vinti e scacciati, rimaneva
prigioniero e impotente. Sì, sarebbe stata quella un'umiliazione dura
per il mio tranvaiofilo. E possono ben far dei progressi le macchine
locomotrici, ma l'uomo ch'esse portano resta sempre il medesimo,
puerilmente curioso e affamato di distrazioni come uno scolaro. Ad
ammirare un così comune accidente s'era da ogni parte affollata gente
sulla strada, sotto i portici, davanti agli usci, alle finestre delle
case intorno; e quando, per disperazione di rimover l'ingombro, si
staccarono i cavalli da tutti i tranvai per fare il trasbordo, sei
sciami di passeggieri accorsero di qua e di là in gran confusione,
uomini e donne d'ogni età e d'ogni classe, pigliando d'assalto le
piattaforme con grida, risa e spintoni, con la furia allegra di frotte
di collegiali, eccitati da una avventura straordinaria, che rompa
l'uniformità della loro vita quotidiana. Poi, in ogni tranvai che
partiva, si vide un gesticolare concitato della gente che commentava il
gran fatto. Avevo accanto il mio amico Schopenhauer, quello dei sette
peccati mortali. — Come l'uomo è bambino! — gli dissi, accennandogli
lo spettacolo. E lui, accennandomi i tre poveri cavalli del carro,
che i carrettieri seguitavano a frustare senza pietà, mi rispose col
suo sogghigno solito: — Bambino e belva. — Poi soggiunse con accento
di stizza: — Tu non vedi mai l'uomo che per metà. — Strano! A quelle
parole esperimentai in me un caso di doppia coscienza: l'uomo se ne
compiacque, pensando: — È tanto meglio! — lo scrittore se n'ebbe
per male. E, ahimè! la compiacenza cessò dopo un breve tratto; il
risentimento non è morto ancora....
*
Ma qui, proprio alla data del 18, trovo una pagina diretta all'amico
Schopenhauer, nella quale s'oppone alla sua filosofia un argomento
di fatto, domandandogli a che serva il formulare sull'anima umana
dei giudizii, a cui, per fortuna, si è costretti a fare ogni momento
delle eccezioni. In realtà, noi diamo sull'uomo una nuova sentenza
ogni quindici giorni, e anche parecchie ogni ventiquattr'ore, e c'è da
sospettare che chi ripete sempre la stessa mentisca cinque volte su
dieci per cornaggine. L'argomento di fatto lo trovai la sera del 18
sul tranvai di Corso Vinzaglio. Erano occupati dentro tutti i posti,
meno due: signore, signorine, due ragazze del popolo, un paino, un
vecchio paglietta che conoscevo di vista. All'angolo del Corso Vittorio
salì una donna.... che avrebbe fatto meglio a non salire. Non so
se il regolamento ponga quelle infelici creature fra quelle che non
si debbono lasciar entrare nei carrozzoni. Se sì, non fu vista dal
fattorino. Era una donna sui cinquanta, mal vestita, senza cappellino,
che si teneva con una mano davanti al viso una mezza maschera nera. Al
viso? La disgraziata non aveva più viso: le era stato divorato tutto,
tra il sommo del naso e la bocca, dal cancro, e pareva da una belva
che l'avesse dilaniata e rosa fino all'osso; e sopra la piaga orrenda,
che la maschera non nascondeva a chi la guardava di fianco, si movevano
due piccoli occhi grigi, in cui era espressa tutta l'infelicità che può
sopportare un'anima umana. Io stavo fuori: quand'essa entrò e sedette,
vidi in tutti i passeggieri un movimento d'orrore. Non la volevan
guardare, ma non potevano, e la tornavano a guardare, torcendo il capo
in là dopo ogni sguardo. Ma la resistenza fu breve. S'alzarono prima
le due signore che le stavano accanto e uscirono sulla piattaforma
a lagnarsi col fattorino che l'avesse lasciata salire; poi uscì una
terza, e le altre si raggrupparono dall'altra parte del carrozzone;
ne rimase una sola in fondo, separata dall'infelice dal solo spazio
d'un posto: una signora piccolina e bruna, con due grandi occhi neri e
i capelli un po' arruffati. E anche questa, dopo un momento, s'alzò;
ma non per fuggire: diede un'occhiata al posto da cui s'era alzata,
come se si fosse accorta che la panca non era pulita, fece un passo
a sinistra e sedette accanto alla donna. Ah, mi parve di sentire il
mio amico: egli avrebbe chiamata quella una “donchisciottata„ della
pietà, e gli sarebbe parso appioppato bene il soprannome della signora.
Eppure no; egli non avrebbe detto quella parola se avesse visto la
dignità tranquilla, la semplicità gentile, inesprimibile di quell'atto.
Sedutasi, essa non guardò punto le signore fuggite, come una vanitosa
avrebbe fatto, in aria di vanteria e di rimprovero; non rivolse punto
la parola alla disgraziata per farle comprendere l'intenzione pietosa
dell'atto suo: se ne stette lì immobile, senza parlare, non per altro
che perchè l'infelice non rimanesse sola in quel vuoto sepolcrale che
le si era fatto intorno come a un cadavere, come a una cosa immonda che
avventasse dei miasmi di morie, perchè vedesse che c'era ancora qualche
creatura umana a cui non metteva orrore, che essa non era ancora
reietta affatto dal mondo. E quella capì, perchè si voltò a guardarla,
e non un sorriso, no, perchè nè il suo viso nè l'anima sua non potevan
più sorridere, ma un baleno passò nei suoi occhi, che disse: — Ho
capito e ti ringrazio. — Eh, che m'importa che ci sia nell'umanità
tanto egoismo e tanta vigliaccheria! Uno solo di questi atti la lava ai
miei occhi da mille sozzure, una sola di quest'anime ne illumina mille,
e mi spezza l'odio nel cuore, e mi fa riaprir le braccia ai fratelli.
O buona e brava Chisciottina! E dire che soltanto dopo, ripensandovi,
compresi ch'essa aveva finto di trovar non pulito il suo posto per
togliere alla sua mossa l'apparenza d'un atto di compassione!
*
Varie lunghe corse in mezzo agli alberi gialli e spogliati a
mezzo, sotto il cielo grigio, dentro a una nebbia somigliante a una
sottilissima polvere diffusa, in cui volteggiano le foglie inaridite;
e nessun passeggiere di mia conoscenza; ma, in compenso, parecchie
conoscenze nuove, e nuove osservazioni sulla carrozza di tutti, come
palcoscenico dell'ambizione e vetrina della vanità. Uomini noti o
smaniosi di notorietà, donne belle e Apolli in soprabito amano tutti
il tranvai dove possono offrirsi per mezz'ora all'ammirazione di una
decina di concittadini, costretti a guardarli, anche se non vogliano,
e a portarsi via nel cervello la “negativa„ della loro effigie. Ci
sarebbe da scriver qualche pagina sull'arte di figurare in tranvai.
C'è chi, per mettersi in mostra, attraversa il carrozzone, come
un salotto, da una piattaforma all'altra; chi, fattolo fermare, lo
raggiunge a passo lento per dar tempo ai passeggieri d'ammirare la
grazia o la maestà del suo incesso; chi nell'atto di rizzarsi per
tirar la correggia del campanello cerca degli “effetti„ di slancio
e d'impostatura, come gli attori e le attrici nel saltar su dalla
poltrona per accennar la porta a un insolente. E ci son fra questi
degli originali che vanno in tranvai per mettere in mostra la loro
rassomiglianza con uomini celebri. Avevo già visto su parecchie
linee un falso Vittorio Emanuele, un facsimile del d'Azeglio, una
brutta copia del Cialdini; ma non m'era passato mai per la mente che
si potesse ostentare con compiacenza anche la rassomiglianza con un
brigante. Rinvenni il tipo una sera, rincantucciato in un carrozzone
della linea del Martinetto, sul quale c'era Carlin. Una signora era
scappata fuori e lo guardava impaurita dalla piattaforma di dietro.
Altre tre, rimaste dentro, s'erano rannicchiate nell'angolo opposto,
e l'osservavano con diffidenza. E c'era di che: una grinta da farsi
arrestare non per altro che per i connotati. Era ravvolto in un gran
mantello alla spagnola, ricacciato dietro una spalla, sotto al quale
pareva che nascondesse un trombone; aveva un largo cappello alla
calabrese calcato sopra un orecchio, e di sotto alla tesa rotava due
occhioni di gufo e metteva avanti un naso criminoso e due grossi baffi
provocatori. L'ombra del cappellaccio e il lume che lo rischiarava
dall'alto davano alla sua faccia dei rilievi accesi e delle infossature
nere di testa satanica. Girava la testa lentamente, come un automa,
e fissava gli occhi, dilatandoli, ora sull'uno, or sull'altro dei
suoi osservatori, che abbassavano tutti lo sguardo. Chi poteva essere
quell'originale? Non certo un povero diavolo perchè quanto si vedeva
del suo vestiario era fine e pulito. Le supposizioni, fra i passeggieri
della piattaforma, erano diverse. Chi pensava che fosse un evaso
dalle patrie galere, chi un brigante delle Calabrie di passaggio
per Torino; un giovanotto espresse il dubbio che potesse essere Jack
lo sventratore. — Ma a delle faccie così, — disse un vecchietto con
tutta serietà — dovrebbe esser proibito d'entrare, per regolamento! —
(Oh se si lasciassero legiferare gli spauriti, che orrenda tirannia!
E si vedrà). Tutti aspettavano che scendesse, per vederlo meglio.
Fummo soddisfatti in piazza Castello. S'alzò. Non era molto alto: la
lunghezza del busto ci aveva illusi. Quando comparve sulla piattaforma,
tutti gli fecero largo. E in quel momento un sorriso che gli guizzò
sulle labbra mi svelò il segreto. Era semplicemente un capo ameno, un
buon diavolaccio forse, che si serviva della sua figura di spauracchio
a scopo di vanità, armonizzando con la propria faccia il vestiario e
gli atteggiamenti, per il gusto strambo di spandere il terrore sui
tranvai notturni; e quei piccoli trionfi teatrali d'ogni sera eran
forse per lui l'alimento principale, se non unico, _de l'orgueil qui
nous fait vivre_, come dice lo Zola; poichè di tutte le passioni
umane è l'orgoglio quella che si pasce di cose le più disparate,
dall'eroismo al delitto. Appena fu disceso, si ripresero i commenti a
voce alta. — Dev'essere un pazzo — disse Carlin. — Una donna esclamò:
— Ma è un parente del diavolo! — E una graziosa signora, ancora un po'
spaventata, mi disse sorridendo: — È un socialista, di sicuro.
*
Un soggetto di quadro per Giacomo Grosso, il giorno dopo, in via
dell'Accademia Albertina: un carrozzone chiuso in cui troneggia una
signora splendida in mezzo a un gruppo di povera gente, come una
castellana che dà udienza ai suoi servi. Al contrasto che facevan con
lei i suoi compagni di corsa accresceva forza la lordura del tavolato,
imbrattato di mota e sparso di pezzetti di carta, di bucce di arancia
e di castagne, su cui si posava il suo vestito di principessa. La
guardavan tutti attentamente, in silenzio, come avrebbero guardato
un'opera d'arte in una vetrina. Non dava più di vent'anni; era bella
e bianchissima; uno di quei visi di signore torinesi, d'un carattere
mal determinato tra franco e italico, in cui nessun tratto ha una
bellezza singolare, ma tutti insieme una grazia squisita; una sposa
recente, pareva; vestita d'un panno nero ricamato, con un superbo
mantello di lontra, coronata di grandi penne di struzzo e di rose
incarnatine, e lampeggiante di diamanti ai polsi e agli orecchi. Aveva
tanto indosso quanto per ciascuno di quelli che la guardavano sarebbe
stato un capitale, un rivolgimento della sorte, un sogno luminoso
avverato. Eppure il suo viso, di un contorno ancora un poco infantile,
aveva un'aria d'ingenuità così schietta e così amabile, il leggiero
rossore che davano alle sue guance la suggezione e la compiacenza
insieme d'esser fissata a quel modo, così a lungo e da vicino, da
tutti quegli occhi, esprimeva una modestia e una semplicità d'animo
così graziosa, e pareva ella stessa così ad agio in mezzo a quella
gente, senza un pensiero al mondo che la potessero insudiciare la cesta
della vecchia erbivendola seduta accanto a lei e i piedi del bambino
tenuto sulle ginocchia dalla donna di rimpetto, che tutti la guardavano
con un'espressione manifesta di rispetto e di simpatia. E questo mi
fece dubitare se quel che si dice del lusso, che offende e irrita il
povero, non si debba attribuir piuttosto al modo vanitoso col quale
si ostenta, all'aria abituale di — Fatti in là — di chi lo sfoggia,
che non proprio al lusso per sè medesimo, che è bellezza e splendore,
di cui s'alletta anche l'occhio di chi n'è privo. Ma il quadretto era
attraente in special modo per le riflessioni diverse che si leggevano,
sotto alla simpatia e al rispetto, negli occhi di quegli ammiratori,
chiarissime per me come se le vedessi scritte sulla loro fronte. La
vecchia mostrava di fare uno studio comparato dei prezzi del velluto
e della lontra con le entrate ed uscite del suo bilancio domestico.
La madre del bimbo, che pareva la moglie d'un operaio, dall'aspetto
affaticato, la guardava più che altro nel viso, con l'aria di pensare
alla vita beata che quella signora menava, levandosi la mattina
alle dieci per oziare dolcemente tutta la giornata, senza l'ombra
d'un sopraccapo. C'era una ragazza del popolo che lasciava gli occhi
addosso agli orecchini, come affascinata, e diceva con gli occhi che
per portare un'ora al giorno quelle due stelle appese al capo avrebbe
acconsentito allegramente a campar di pan duro e di mele verdi. Un
giovine operaio la covava con uno sguardo fiso e luccicante da cui
traspariva l'immaginazione delle voluttà sovrumane che doveva dar
l'amore di quella semidea, così bianca, così fine, fasciata e coperta
di tanta roba odorosa e preziosa. E c'era in un angolo un vecchio
mal messo, dal viso di ritontito, che la osservava con un'espressione
attonita come se meditasse in lei, senza comprenderlo, il gran mistero
della legge sociale che interpone una così enorme distanza tra l'una
e l'altra creatura umana. Ma quello che la mangiava con gli occhi
più avidamente era il fattorino marchese, ritto accanto a me sulla
piattaforma. Aveva però un bell'arricciarsi i baffetti biondi con
le dita agitate e pigliar delle impostature di tenore e levarsi il
berretto per passarsi la mano sulla fronte accesa: egli non riusciva
ad attirar lo sguardo della bella signora, la quale guardava soltanto
i suoi ammiratori di dentro, a uno a uno, coi suoi begli occhi lenti
e sereni, in cui brillava il riflesso della simpatia che vedevan negli
altri. Ma che bussolotto da gioco è mai il cuore umano! All'angolo di
via Mazzini, essa fece fermare e discese; tutti, di dentro, mossi da
quella curiosità che cerca l'andatura d'una persona come un indizio
dell'animo, misero il viso ai finestrini per vederla camminare....
Era zoppa! Ebbene, in quasi tutti quei visi passò un sorriso leggiero
di soddisfazione, anche su quello della ragazza, che esclamò: —
Che peccato! — E non era una malignità. O buon Dio! Era una piccola
consolazione di dannati. Aveva avuti tanti doni dalla natura, era tanto
più fortunata, tanto più felice di loro.... che almeno la sua felicità
avesse una tacca! Questa non pareggiava le partite, di certo; ma almeno
d'un piccolissimo che faceva parer loro meno enorme, meno umiliante la
disuguaglianza. Tutti si rimisero a sedere con questo pensiero negli
occhi, e il marchese, alzato il naso come un can da caccia, si consolò
come potè del suo insuccesso: aspirando il profumo ch'essa aveva
lasciato nel suo marchesato.
*
_Gli effetti d'un dramma in tranvai:_ fu uno degli ultimi e dei più
piacevoli episodi del mio novembre. La sera della domenica, ch'era
già notte, il tranvai del Martinetto s'arrestò in via Po davanti al
teatro Rossini, donde usciva la folla dopo la rappresentazione diurna
della Compagnia piemontese. Un signore mise sulla piattaforma un
piccolo spazzacamino e salì con la moglie e con due signorine. Siccome
al Rossini s'era rappresentato quel dopopranzo _Gli spazzacamini_,
il vecchio dramma risuscitato del Sabbatini, che faceva singhiozzar
Torino da quindici giorni, io pensai che il piccolo _spaciafornel_
fosse l'attorino Eugenio Testa, protagonista minuscolo del dramma e
principalissimo distillatore del pianto pubblico, e che i suoi parenti
lo riportassero a casa così, col vestito del palcoscenico, per un
capriccio. Ma no: era uno spazzacaminuccio autentico, raccattato alla
porta del teatro, nell'impeto della commozione, da una buona famiglia
borghese ancora lacrimante, che lo portava per suo conto e piacere
al borgo San Donato, dov'egli aveva detto di star di casa col proprio
padrone. Sedutisi tutti dentro, il signor padre si mise il ragazzino
sulle ginocchia, con una certa ostentazione provocante di carità
cristiana e di tenerezza poetica, e prese a carezzarlo paternamente,
adocchiando gli altri passeggieri, mentre le sue donne lo guardavano
con gli occhi umidi, rivolgendogli molte domande. Il padre e la madre
avevan l'aspetto di due bottegai danarosi, ma d'origine povera, ai
quali le figliuole, istruite e ingentilite dalla scuola, avessero
rifatto una specie d'educazione letteraria e sentimentale: queste,
benchè pure commosse, serbavano una compostezza dignitosa; quelli
avevano l'espansione dell'affetto un po' volgaruccia; ma sincera.
Strana potenza del teatro! Essi vedevano veramente in quel bimbo il
protagonista del dramma, che corre per il palcoscenico per scansar le
pedate del padrone bestiale, il povero montanarino che è venduto nel
You have read 1 text from Italian literature.
Next - La Carrozza di tutti - 23
  • Parts
  • La Carrozza di tutti - 01
    Total number of words is 4402
    Total number of unique words is 1759
    34.8 of words are in the 2000 most common words
    50.0 of words are in the 5000 most common words
    58.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 02
    Total number of words is 4483
    Total number of unique words is 1812
    34.6 of words are in the 2000 most common words
    50.0 of words are in the 5000 most common words
    58.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 03
    Total number of words is 4532
    Total number of unique words is 1792
    34.6 of words are in the 2000 most common words
    50.2 of words are in the 5000 most common words
    58.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 04
    Total number of words is 4496
    Total number of unique words is 1828
    31.1 of words are in the 2000 most common words
    43.8 of words are in the 5000 most common words
    51.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 05
    Total number of words is 4518
    Total number of unique words is 1787
    36.7 of words are in the 2000 most common words
    51.0 of words are in the 5000 most common words
    58.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 06
    Total number of words is 4514
    Total number of unique words is 1883
    32.1 of words are in the 2000 most common words
    47.4 of words are in the 5000 most common words
    55.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 07
    Total number of words is 4542
    Total number of unique words is 1831
    31.7 of words are in the 2000 most common words
    46.0 of words are in the 5000 most common words
    54.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 08
    Total number of words is 4460
    Total number of unique words is 1784
    35.9 of words are in the 2000 most common words
    49.9 of words are in the 5000 most common words
    58.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 09
    Total number of words is 4546
    Total number of unique words is 1861
    35.2 of words are in the 2000 most common words
    50.7 of words are in the 5000 most common words
    58.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 10
    Total number of words is 4542
    Total number of unique words is 1747
    35.9 of words are in the 2000 most common words
    51.0 of words are in the 5000 most common words
    59.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 11
    Total number of words is 4473
    Total number of unique words is 1891
    31.5 of words are in the 2000 most common words
    46.3 of words are in the 5000 most common words
    53.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 12
    Total number of words is 4563
    Total number of unique words is 1769
    36.1 of words are in the 2000 most common words
    51.8 of words are in the 5000 most common words
    58.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 13
    Total number of words is 4527
    Total number of unique words is 1861
    34.2 of words are in the 2000 most common words
    49.8 of words are in the 5000 most common words
    56.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 14
    Total number of words is 4548
    Total number of unique words is 1840
    34.8 of words are in the 2000 most common words
    50.5 of words are in the 5000 most common words
    58.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 15
    Total number of words is 4502
    Total number of unique words is 1861
    34.5 of words are in the 2000 most common words
    50.2 of words are in the 5000 most common words
    57.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 16
    Total number of words is 4614
    Total number of unique words is 1752
    34.9 of words are in the 2000 most common words
    51.0 of words are in the 5000 most common words
    58.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 17
    Total number of words is 4588
    Total number of unique words is 1816
    35.5 of words are in the 2000 most common words
    50.1 of words are in the 5000 most common words
    57.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 18
    Total number of words is 4550
    Total number of unique words is 1891
    33.2 of words are in the 2000 most common words
    48.4 of words are in the 5000 most common words
    55.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 19
    Total number of words is 4576
    Total number of unique words is 1819
    35.7 of words are in the 2000 most common words
    50.9 of words are in the 5000 most common words
    58.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 20
    Total number of words is 4483
    Total number of unique words is 1780
    34.3 of words are in the 2000 most common words
    48.4 of words are in the 5000 most common words
    57.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 21
    Total number of words is 4564
    Total number of unique words is 1804
    35.4 of words are in the 2000 most common words
    50.5 of words are in the 5000 most common words
    59.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 22
    Total number of words is 4548
    Total number of unique words is 1787
    35.1 of words are in the 2000 most common words
    48.7 of words are in the 5000 most common words
    57.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 23
    Total number of words is 4520
    Total number of unique words is 1831
    33.7 of words are in the 2000 most common words
    48.7 of words are in the 5000 most common words
    56.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 24
    Total number of words is 4517
    Total number of unique words is 1826
    33.3 of words are in the 2000 most common words
    49.4 of words are in the 5000 most common words
    57.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La Carrozza di tutti - 25
    Total number of words is 2955
    Total number of unique words is 1292
    35.5 of words are in the 2000 most common words
    51.0 of words are in the 5000 most common words
    58.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.