Le invasioni barbariche in Italia - 22

Total number of words is 4374
Total number of unique words is 1521
39.8 of words are in the 2000 most common words
57.0 of words are in the 5000 most common words
66.5 of words are in the 8000 most common words
Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
circondato per ogni lato dai Longobardi. Ciò lo spinse ad avvicinarsi
improvvisamente all'Imperatore, col quale era stato fino allora in
assai aspro dissenso.
Noi abbiamo già accennato alla disputa monotelita, inasprita dalla
pubblicazione dell'_Ecthesis_, e dall'essersi nel 640 l'Esarca
impadronito del tesoro lateranense. Seguì poi la pubblicazione del
_Tipo_, nel quale l'imperatore Costante II (642-68) minacciava pene
severissime a coloro che avessero continuato a disputare sulla doppia
volontà di Gesù Cristo. Ma papa Martino I (649-53), che aveva un
carattere assai energico, raccolse in Laterano un Concilio (649),
nel quale intervennero 202 vescovi, che condannarono l'_empiissima
Ecthesis_ di Eraclio, e lo _scelleratissimo Tipo_ di Costante. Era
la prima volta che un Papa osasse condannare a questo modo editti
imperiali; e però l'esarca Olimpio ebbe ordine d'impadronirsi colla
forza della persona stessa di Martino I, e mandarlo a Costantinopoli.
La leggenda narra che l'Esarca aveva dato ordine d'uccidere il Papa,
mentre celebrava la messa; e che l'assassino il quale ne aveva assunto
l'incarico accecò nel momento stesso in cui doveva compiere il delitto.
Ma allora appunto il rapido avanzarsi dei Musulmani nel Caucaso, nella
Siria, in Egitto, più oltre nell'Africa, e finalmente in Sicilia,
costrinse Olimpio ad andar loro incontro nell'isola, donde, essendo
essi in piccolo numero, si ritirarono. Ed in questo momento scoppiò
di nuovo la lotta fra l'imperatore Costante ed il Papa, che il nuovo
esarca Teodoro _Calliopas_, venuto a Roma con un esercito nel giugno
del 653, doveva imprigionare. Arrivato che fu l'Esarca, lo trovò a
letto, presso l'altare della Basilica lateranense. Il popolo voleva
allora colla forza respingere la forza; Martino I però vi s'oppose,
vietando che si venisse per lui a spargimento di sangue. Così si
lasciò prendere e menare a Costantinopoli, dove sopportò la fame e la
tortura; fu poi condotto con un anello al collo nella loggia dove si
esponevano i malfattori, senza che con ciò si riuscisse a piegarlo.
Finirono col mandarlo in Crimea, dove morì nel settembre del 655, e fu
dichiarato Santo dalla Chiesa. All'abate Massimo, che era stato ardente
sostenitore delle due volontà, venne mozza la destra e strappata la
lingua.
Or fu appunto, quando a questo Papa così iniquamente trattato
successero prima Eugenio I (654-57) e poi Vitaliano I (657-72), che
noi vediamo iniziato e concluso l'accordo politico coll'Imperatore,
senza che questi avesse da Roma ottenuto nessuna concessione nella
disputa religiosa. Ciò si dovette in parte al minaccioso e continuo
avanzarsi dei Musulmani, i quali nel 655, in un luogo detto _alle
Colonne_, presso il Monte Fenice, sulla costa della Licia, in una
grande battaglia navale sconfissero e posero in fuga l'imperatore
Costante. A questo fatto, che portò un vero spavento in tutta la
Cristianità, s'aggiunsero la cresciuta potenza dei Longobardi, e i
dissensi religiosi che agitavano l'Italia. In Aquileia s'era riaccesa
la controversia dei _tre Capitoli_, sebbene i Papi avessero fatto ogni
opera per sopirla. La Chiesa di Milano dava segni manifesti di volersi
rendere indipendente a similitudine di quella di Ravenna, dove un
tale desiderio era assai antico, e dove l'arcivescovo Mauro voleva ora
assumere addirittura il titolo di Patriarca.
In conseguenza di tutto ciò, messo pel momento da parte ogni dissenso
religioso, Papa e Imperatore si unirono. Nel 662 Costante partiva da
Costantinopoli per venire con un esercito in Italia, dove nessuno
sapeva indovinare con precisione che fine veramente egli avesse.
Secondo alcuni voleva portar la sua sede in Sicilia, per farne
centro dell'Impero, a meglio difenderlo contro i Musulmani; secondo
altri veniva invece per frenare la potenza dei Longobardi. In questo
caso il momento non sarebbe stato male scelto. Egli era infatti
partito da Costantinopoli nell'anno in cui Grimoaldo fu proclamato
re dei Longobardi; sbarcava a Taranto nel 663, ed ingrossato per via
l'esercito, andò subito verso Benevento, quando, per le discordie con
violenza scoppiate nell'alta Italia, era assai difficile che Grimoaldo
potesse mandare aiuti al figlio Romualdo. Il quale tuttavia, vedendo
addensarsi sul suo capo la tempesta, mandò il proprio balio Sessualdo
ad avvertire di tutto il padre in Pavia. Questi, senza metter tempo
in mezzo, senza pensare al pericolo di lasciare un regno a mala pena
conquistato con un colpo di mano e pieno perciò di scontento, si mosse
subito in aiuto del figlio. Non lo sgomentarono le diserzioni seguite
per via, nè la voce sparsa che egli non sarebbe potuto più tornare
a Pavia. Sessualdo che lo aveva preceduto, tornando per avvertire
il figlio del prossimo arrivo degli aiuti, fu fatto prigioniero da
Costante, il quale lo condusse sotto le mura di Benevento, dove voleva
colle minacce e con la violenza indurlo ad affermare a Romualdo,
che il padre non sarebbe in nessun modo potuto venire a soccorrerlo.
Ma Sessualdo invece, quando vide il giovane Duca alle mura, esclamò
eroicamente: — Fatti animo, Grimoaldo è per giungere; questa notte sarà
al fiume Sangro. — Dopo di che, prevedendo il suo inevitabile destino,
gli raccomandò la moglie ed i figli. Infatti ben presto l'Imperatore
gli fece troncar la testa, che fu con una macchina di guerra gettata
dentro le mura di Benevento, dove Romualdo la baciò piangendo. Costante
si ritirò, lasciando intorno a Benevento 20,000 uomini, che furon
battuti dalle forze riunite di Romualdo e di Grimoaldo.
L'Imperatore andatosene allora a Roma (5 luglio 663), donde il Papa gli
venne incontro a sei miglia dalle mura, visitò le chiese, lasciandovi
donativi; ma portò via preziosi bronzi, fra cui anche il tetto del
Panteon, che era dorato. Di là, per Napoli e le Calabrie, se ne tornò
in Sicilia, dove per cinque anni, oppresse siffattamente il paese, che
nel 668 venne affogato in un bagno. Gli successe il figlio Costantino
Pogonato (668-85).
Grimoaldo doveva pensare adesso a ristabilire l'ordine nel suo regno.
Lasciato quindi il figlio al governo di Benevento, dette una sua figlia
in isposa al conte di Capua, che lo aveva aiutato nella guerra contro
l'Imperatore, e lo nominò duca di Spoleto. Tornato a Pavia, si diede
a combattere coloro che lo avevano abbandonato o tradito. Quegli di
cui più doveva temere era certo Bertarido, che rifugiatosi presso gli
Avari, divenne subito il richiamo di tutti gli scontenti. Grimoaldo
invano fece il tentativo d'indurre gli Avari a darglielo nelle mani.
Allora Bertarido, fattosi animo, mandò il suo fido Unulfo a dirgli, che
sarebbe venuto spontaneamente, sicuro della lealtà di lui; e Grimoaldo
lo accolse amichevolmente nel suo proprio palazzo. Ma tale e tanto fu
il numero di coloro che accorrevano a lui, che i sospetti crebbero
ogni giorno, ed il Re decise finalmente di uccidere il suo ospite.
Questi fattone consapevole, riuscì a fuggire coll'aiuto di Unulfo,
a lui sempre fido compagno. Grimoaldo si diede allora a combattere
Lupo, duca del Friuli, un altro di coloro che gli si erano ribellati
durante la guerra; e gli mosse contro gli Avari, che lo sconfissero ed
uccisero. Dopo aver fatto altre vendette, strinse amicizia coi Franchi
nel 671, e poi morì. Forte, valoroso ed avventuroso, par che fosse
anche tra i convertiti al cattolicismo. Nel 668 aggiunse alcuni nuovi
capitoli all'Editto di Rotari. Fu certo fortunato nelle sue imprese
guerresche; ma anche a lui mancò un concetto politico direttivo.
Quando infatti l'imperatore Costante si era ritirato in Sicilia,
egli avrebbe dovuto dedicarsi a compiere la conquista dell'Italia
meridionale, ad impadronirsi di Napoli e di Roma, il che lo avrebbe
reso più forte anche nell'Italia superiore; ma invece, tornatosene
subito nel settentrione, perdè il tempo in piccole vendette o guerre
alla spicciolata. Così tutto ricadde nell'antico disordine; e morendo
egli lasciò nuovamente l'Italia divisa. Il suo primogenito Romualdo
ebbe il ducato di Benevento; il secondogenito Garibaldo governò sotto
la reggenza della madre, che era sorella di Bertarido. Ma questi,
che s'era rifugiato in Francia, accorse ora in Italia, dove fu
subito riconosciuto re dei Longobardi; e di Garibaldo non si sentì
più parlare. Bertarido che era anch'esso fervido cattolico, regnò
diciassette anni, costruì molte chiese e conventi, favorì sempre più
la generale conversione dei Longobardi, che procedette assai rapida, ma
pel grande mutamento che portava, fu causa continua di disordini.
Il fatto più notevole che avvenne, fu la ribellione di Alachi duca
di Trento, assai avverso al clero, che Bertarido invece favoriva con
ardore. Ma questi, dopo averlo sottomesso, volle usargli clemenza,
sebbene prevedesse che ciò sarebbe riuscito funesto alla sua famiglia.
Infatti, morto che fu Bertarido nel 688, lasciando erede il figlio
Cuniberto, Alachi insorse di nuovo e s'impadronì colla violenza
del regno. Se non che il suo carattere violento e dispotico, la sua
avversione al clero, la sua condotta sleale promossero una ribellione
che richiamò Cuniberto, e così il regno si trovò diviso in due
partiti, lacerato da due pretendenti, i quali finalmente s'affrontarono
sull'Adda, dove Alachi venne sconfitto e rimase ucciso.
Durante questo tempo la società longobarda subiva una notevole
trasformazione. Il progresso del cattolicismo promoveva la cultura,
faceva a poco a poco un popolo solo dei vincitori e dei vinti, che
sembravano risorgere a vita novella. E ciò si scorge nel linguaggio
stesso adoperato da Paolo Diacono, quando descrive la lotta fra Alachi
e Cuniberto, dando allora per la prima volta importanza alle città
della Penisola. Infatti egli dice che Alachi, passando per Piacenza e
per la parte orientale del regno, cercò colla forza e colle blandizie
di farsi amiche e _socie_ le varie città, _singulas civitates_.
Giunto poi a Vicenza i _cittadini_ gli mossero guerra; ma dopo essere
stati vinti, gli divennero anch'essi _socii_ (V. 39). Queste ed altre
espressioni finora insolite nella sua storia, farebbero credere che a
lui apparisse già chiaro, come le città italiane cominciassero allora
ad acquistar nuova importanza. Certo è in ogni modo che Cuniberto regnò
fino al 700 in buonissimi termini col clero, e nella Corte di Pavia si
videro allora per la prima volta fiorire i germi d'una nuova cultura.
Ma alla sua morte ricominciarono i disordini, perchè al figlio
Liutberto, affidato alle cure del fido e valoroso Ansprando, si oppose
il parente Ragimberto, che s'impadronì del trono e lo lasciò ben
presto al figlio Ariberto II (701-12). Questi dovette però difendersi
contro Ansprando, e lo vinse pienamente, costringendolo a cercare
scampo in Baviera. Fece crudele vendetta contro la moglie e i figli di
lui, ai quali tagliò le orecchie, cavò gli occhi, strappò la lingua.
Lasciò tuttavia che presso il padre si ponesse in salvo solamente il
giovanetto Liutprando, che per la tenera età egli credette innocuo; ma
che invece era destinato ad essere il più illustre re dei Longobardi.
Infatti, quando Ariberto pareva sicuro sul trono, e nonostante le molte
sue crudeltà, era lodato e sostenuto dal clero pel suo zelo religioso,
pei doni alle chiese, per la restituzione fatta al Papa o, come si
diceva, a S. Pietro di alcune terre nelle Alpi Cozie, usurpate dai
Longobardi, giunse invece il giorno della vendetta. Ansprando, che era
riuscito in Baviera a mettere assieme un esercito, venne in Italia;
ed Ariberto dopo debole resistenza cedette, cercando di ricoverarsi in
Francia. Corse perciò a Pavia, raccolse quanto oro potè, e si dette con
esso a precipitosa fuga, tentando di ripassare a nuoto il Ticino, così
carico come era; ma invece, pel peso che seco aveva, affogò. Ansprando
allora salì sul trono, ed essendo morto poco dopo (18 giugno 712), lo
lasciò al figlio Liutprando. Così ebbe fine questo lungo periodo di
confusione e di disordine, quasi d'anarchia, cui fu in preda la società
longobarda, durante la sua conversione al Cattolicismo.


CAPITOLO VII
Sollevazione di Ravenna e delle città dell'Esarcato contro l'Impero —
Filippico imperatore — Ribellione in Roma

Ma se grande fu in questo tempo il disordine nell'Italia longobarda,
non minore era stato nell'Italia bizantina, a cagione soprattutto degli
avvenimenti religiosi seguiti a Costantinopoli, e dei dissensi che in
conseguenza di ciò sorsero fra il Papa e l'imperatore Giustiniano II
(685-95 e 705-711). Questi tenne di suo arbitrio un Concilio (691), che
dal luogo in cui s'adunò, una sala del palazzo imperiale, sotto una
cupola (_trullo_), fu detto _trullano_ o anche _in trullo_; altri lo
chiamò _quinisesto_, perchè, ad evitare dispute con Roma, si pretendeva
che non fosse un nuovo Concilio, ma solo un complemento del quinto
e del sesto, essendosi occupato di sola disciplina e non di domma.
Ma una tale convocazione era stata da parte dell'Imperatore un atto
d'indipendenza religiosa, che il Papa non poteva certo tollerare. I
nuovi canoni, se anche di sola disciplina, si allontanavano dalla
disciplina di Roma; e perciò il nuovo Concilio fu dai cattolici
chiamato _erratico_, e papa Sergio (687-701) non volle sottoscriverne
le deliberazioni. L'Imperatore fu di tutto ciò sdegnato per modo, che
mandò il protospatario Zaccaria ad imprigionare il Papa. Ma le milizie
di Ravenna e della Pentapoli corsero armate verso Roma a difenderlo; e
l'esercito romano, che allora era già costituito, par che se ne stesse
a guardare senza punto muoversi. I ribelli sopravvenuti furono perciò
subito padroni della Città, ed il Protospatario, per salvare la propria
vita, finì col nascondersi sotto il letto del Papa. Questi, fattogli
coraggio, si presentò dal balcone al popolo, raccomandando la calma; ma
la moltitudine non si mosse fino a che Zaccaria non fu ignominiosamente
partito da Roma.
Tutto questo avveniva fra il 693 e 94, e Giustiniano II non ebbe modo
di far di ciò le sue vendette, perchè era allora assai combattuto a
Costantinopoli, dove non andò guari che una rivoluzione lo sbalzò per
alcuni anni dal trono (696-705). Nè per questo cessava la lotta dei
Bizantini con Roma. A papa Sergio era successo Giovanni VI (701-705),
quando s'avanzò minaccioso il nuovo esarca Teofilatto; e, secondo la
espressione del Libro pontificale, la _Militia totius Italiae_[37]
corse tumultuosamente a Roma, dove il Papa a fatica potette sedarla.
Ma allora appunto una rivoluzione seguìta a Costantinopoli, rimetteva
da capo sul trono Giustiniano II, il quale, di natura sua sanguinario
e crudele, voleva adesso vendicarsi de' suoi nemici, non solo in
Oriente, ma anche in Italia. Qui era stato eletto nuovo papa Costantino
(708-15); e poco dopo si vide arrivare a Ravenna una flotta comandata
dal patrizio Teodoro, la quale venne accolta come amica. Ma ad un
tratto i principali nobili ed ecclesiastici furono fatti prigionieri
e condotti in catene sulle navi; dopo di che i Bizantini scesero a
terra in buon numero, e posero a sacco ed a fuoco la città, facendo
sommaria ed aspra punizione dei ribelli. Parecchi dei prigionieri
che erano, come dicemmo, fra i più autorevoli cittadini, vennero
per ordine di Giustiniano II messi a morte. Ed è ricordato fra gli
altri un tal Giovanniccio, assai noto per gli alti uffici che aveva
tenuti, per la profonda conoscenza della lingua e letteratura greca e
latina. L'arcivescovo Felice di Ravenna fu, secondo l'uso bizantino,
abbacinato, e poi mandato esule in Crimea. Così l'Imperatore si vendicò
contro i ribelli, che avevano osato umiliare i suoi rappresentanti in
Roma. Ed il Papa, che non era punto amico dell'Arcivescovo, perchè
questi, al pari di molti de' suoi predecessori, era stato ed era
sempre pronto a sostenere la propria indipendenza da Roma, lasciò fare
all'Imperatore senza alcuna protesta da parte sua. Anzi, chiamato a
Costantinopoli (710), v'andò, e raggiunto Giustiniano nell'Asia Minore,
par che fra di loro si mettessero d'accordo; dopo di che, festeggiato
in Oriente ed in Occidente, tornò a Roma il 24 ottobre 711.
Ma l'agitazione non s'era in questo mezzo punto calmata in Italia, anzi
ogni giorno cresceva. I fatti di Ravenna avevano prodotto una grande
irritazione nelle città bizantine, soprattutto dell'Esarcato. Agnello
Ravennate, dopo aver descritto i giuochi atletici, le lotte sanguinose
e la fierezza de' suoi concittadini, narra che l'Imperatore assetato
ancora di vendetta, mandò colà nuovo esarca Giovanni Rizocopo. Questi,
arrivato a Roma quando il Papa era già partito per l'Oriente, fece
prendere e decapitare alcuni dignitari della Chiesa, e ciò fu causa
di un'altra violenta ribellione nell'Esarcato, in conseguenza della
quale, appena arrivato colà, il nuovo Esarca v'incontrò la morte.
Il popolo era corso alle armi, eleggendosi a proprio capo Giorgio,
il figlio di quel Giovanniccio che vedemmo trucidato dai Bizantini.
Egli divise la cittadinanza in dodici _bandi_ o compagnie armate, una
delle quali era composta del clero e de' suoi dipendenti, divisione
che un secolo dopo durava tuttavia a Ravenna. Giorgio arringò le
popolazioni con un linguaggio, che fa pensare a Cola di Rienzo. E
con Ravenna allora insorsero contro l'Impero le città di Sarsina,
Cervia, Cesena, Forlimpopoli, Forlì, Faenza, Imola, Bologna, quasi
tutto l'Esarcato.[38] Questo è il primo esempio d'una confederazione
di città italiane, che appariscono a un tratto come già aventi una
propria personalità. E vero che il solo a parlarne è Agnello Ravennate,
scrittore ampolloso che visse un secolo dopo, il quale non dà nessun
altro particolare d'un fatto così importante, del quale perfino l'anno
rimane incerto fra il 710 ed il 711. Ma noi abbiamo già visto in
Paolo Diacono accenni alla importanza che andavano allora assumendo le
città italiane, e abbiamo visto anche de' segni precursori di questa
ribellione, che ben presto si ripeterà sotto altra forma.
Giustiniano II non potè pensare a nuove vendette, perchè una seconda
rivoluzione, seguita a Costantinopoli, privò della vita lui ed il
figlio, proclamando imperatore Filippico (711-13), il quale pareva che
volesse conciliarsi col Papa. Egli rimandò a Ravenna l'Arcivescovo che
era stato crudelmente abbacinato, e che, appena tornato, fece ora atto
di sottomissione a Roma; mandò anche la testa di Giustiniano II, che
tutti corsero a vedere con feroce avidità. Ciò non ostante, ben presto
scoppiò da capo più viva che mai la discordia col Papa, perchè il nuovo
Imperatore, che era monatelita, volle radunare i vescovi monoteliti,
che dichiararono nulle le decisioni del sesto Concilio; il che sollevò
subito una tempesta in Roma, dove fu sdegnosamente respinta una tale
deliberazione. In S. Pietro e nelle altre chiese venne proibito il
ritratto dell'Imperatore eretico, ed il suo nome non fu pronunziato
nella messa; il popolo ne respinse gli editti, nè volle dar corso alle
monete d'oro colla sua immagine. Il Libro pontificale, narrando questa
nuova ribellione, menziona per la prima volta il _Ducatus Romanae
Urbis_; ricorda anche il suo _Dux_, e la parte presa dal _Populus
Romanus_ nei tumulti. Nobili, esercito e popolo si trovarono ora uniti
contro l'Imperatore, che voleva sostituire un nuovo Duca, di nome
Pietro, a quello designato dal suo predecessore. Ne nacquero violenti
tumulti, perchè una parte del popolo faceva a ciò aperta opposizione.
Il disordine era durato quasi un anno, quando il Papa si pose di mezzo
per calmarlo; e gli riuscì facilmente, perchè allora appunto giungeva
la notizia che l'Imperatore eretico era stato deposto ed accecato. Gli
era successo (713) Atanasio II, il quale, fatta dichiarazione della
sua fede ortodossa, mandò a Ravenna l'esarca Scolastico; ed i Romani
accettarono il duca Pietro, dopo che esso ebbe giurato di rinunziare
a far vendetta de' suoi oppositori. In Oriente seguirono ancora
alcuni anni di gran disordine, fino a che il 25 marzo 717 venne eletto
imperatore Leone III l'iconoclasta, col quale incomincia addirittura un
nuovo periodo storico.


CAPITOLO VIII
Liutprando, Gregorio II e Leone III — La lotta per le immagini —
Liutprando ne profitta ed assale il Ducato romano — Il Papa si rivolge
la prima volta ai Franchi — Non potendo avere da essi aiuto, si
riavvicina ai Longobardi

Sulla scena del mondo appariscono ora tre grandi personaggi:
Liutprando, che sin dal 712 era salito sul trono dei Longobardi, e fu
il loro più gran re; Gregorio II, che fu eletto papa nel 715, e non
era punto indegno del glorioso nome che portava; Leone III proclamato
imperatore nel 717, il quale col suo celebre editto contro le immagini
(726) produsse una grandissima agitazione in tutto quanto l'Impero.
Liutprando, valoroso, forte, intelligente, conquistatore e legislatore,
regnò anni 31; ma dovette cominciare collo sventare varie congiure
ordite contro di lui, e porne a morte gli autori. Il suo lavoro
legislativo dopo quello di Rotari fu il più importante, avendo egli,
fra il 713 e 735, pubblicato 153 leggi, in quindici assemblee,
d'accordo «coi Grandi, coi Giudici, con tutto il popolo», o come
dice altrove, d'accordo «cogl'illustri Ottimati e con tutti i nobili
longobardi.» In queste leggi visibile assai apparisce l'azione del
diritto canonico e della Chiesa; e Liutprando stesso dichiara d'averle
scritte per divina ispirazione e per avvicinarle sempre più alla
legge di Dio, qualche volta scrive anche, _quia Papa per epistolas
nos adhortavit_. Nella sua legislazione il carattere di primo re
longobardo cattolico apparisce più volte assai manifesto, specialmente
nei testamenti a vantaggio dell'anima, nel matrimonio riconosciuto come
sacra istituzione, nei privilegi accordati alla Chiesa, nell'invito a
guardarsi dagli eretici. Visibile ancora si scorge l'azione del diritto
romano in alcune disposizioni sul testamento e sui diritti successorii
delle donne. Assai chiara apparisce ancora una grande avversione ai
giudizi di Dio, ed una crescente premura a favore dei miseri contro
la oppressione dei regi ufficiali. Tutto questo non riesce però mai ad
alterare il carattere longobardo della legislazione, che rimane sempre
sostanzialmente intatto.
L'imperatore Leone III, come abbiamo già detto, fu cagione d'una
grande agitazione negli affari generali del mondo. Egli dovette lottar
prima contro i Musulmani, che s'avanzarono nell'Africa, nella Spagna,
nella Provenza, e minacciavano la stessa Costantinopoli. Dopo averli
valorosamente combattuti per terra e per mare, riuscì non senza grave
fatica e pericolo a respingerli. Dovette inoltre reprimere parecchie
ribellioni, la più grave delle quali in Sicilia, dove si giunse
addirittura a proclamare un nuovo Imperatore. Non era appena domata
questa ribellione, che scoppiò la lotta per le immagini, la quale parve
mettere subito l'Oriente e l'Occidente, ma specialmente l'Italia, in
fiamme; e quest'agitazione venne anche più inasprita dal fatto che
papa Gregorio II non era uomo da lasciarsi intimidire nè piegare.
Egli s'era subito messo in attitudine di difesa contro i Longobardi,
fortificando le mura di Roma. Liutprando però, che era fervente
cattolico, si dimostrò verso di lui assai rispettoso; confermò la
restituzione da Ariberto II già fatta delle terre usurpate alla Chiesa
nelle Alpi Cozie. La ricostruzione avvenuta circa il 719 del Monastero
di Montecassino, più di un secolo prima distrutto dai Longobardi, era
un'altra prova del loro mutamento religioso.
La lotta per le immagini divampò con una singolare rapidità, avendo
essa trovato il terreno già apparecchiato. Per sfortuna la cronologia
dei fatti allora seguiti è disperatamente intricata ed oscura. E di ciò
gli scrittori ecclesiastici profittarono, per giustificare sempre ed in
tutto la condotta del Papa, cercando di dar carattere religioso anche a
quei suoi atti, che precedettero la lotta e movevano solo da interessi
politici. Così la storia di questo periodo riesce ne' suoi particolari
assai confusa. Sembra certo che non molto prima che fosse cominciata la
lotta, Liutprando, profittando delle difficili condizioni dell'Impero,
si fosse avanzato verso Ravenna, impadronendosi di Classe. Pure d'un
avvenimento così importante non si trovano notate nè le cagioni, nè le
conseguenze: resta perciò come isolato ed inesplicabile. Circa l'anno
717 o 718 il duca di Benevento, Romualdo II, s'era impadronito di Cuma
città fortificata, che dominava l'unica comunicazione rimasta libera
fra Napoli e Roma. Il Papa cercò d'allontanare il pericolo, dando aiuto
di consiglio e di danaro a Giovanni I duca di Napoli, il quale infatti
con un assalto improvviso ripigliava quella città, dopo avere ucciso
300 Longobardi, ed averne presi prigionieri 500. Oltre di ciò, prima
che la lotta delle immagini cominciasse, troviamo pure che l'Imperatore
ordinò all'Esarca d'imporre nuove tasse in Italia, senza esentarne i
beni ecclesiastici, anzi impadronendosi, ove occorresse, dei tesori
delle chiese. È possibile che ciò avvenisse in parte per avversione
al Papa, ma senza dubbio anche pel bisogno che c'era di danaro a
continuare la guerra contro i Musulmani. Certo è però che il Papa
ritenne siffatta deliberazione come un'ingiuria da non sopportarsi,
e ordinò ai suoi dipendenti di non pagare, dando un esempio assai
contagioso, che provocava la rivolta.
L'Esarca ne fu quindi oltremodo indignato, ed ebbe così origine
un'aspra lotta fra lui ed il Papa, contro la vita del quale scoppiò
in Roma una congiura, non si sa bene se promossa dall'Esarca, o da
coloro che così operando speravano di renderselo amico. Si dice che
anche il duca di Roma, Marino, la secondasse, e che parte non piccola
v'avessero i nobili della Città e i dignitari stessi della Chiesa. La
leggenda aggiunge che il Duca venne a un tratto miracolosamente colpito
da paralisi, per il che si dovette ritirare da Roma, e la tenebrosa
impresa andò a vuoto. Se non che allora appunto arrivava in Italia il
nuovo esarca Paolo, ed i cospiratori ne presero animo; ma il popolo
romano insorse, facendo man bassa su di essi. Il cartulario Giordanes
ed il suddiacono Giovanni furono uccisi; un duca Basilio venne
costretto a farsi monaco. L'esarca Paolo allora, più che mai irritato,
mandò a Roma un esercito con ordine di deporre il Pontefice, e condurlo
via. I Romani però corsero alle armi, ed aiutati anche dai Longobardi
di Spoleto e di Benevento, occuparono il ponte sul fiume Anio, e
respinsero i soldati dell'Esarca. Questi sono i fatti che, secondo
alcuni scrittori, precedettero la lotta per le immagini, secondo altri
invece non furono che episodi di essa. È molto probabile che fossero
come i prodromi politici della lotta religiosa, cui apparecchiarono
il terreno, rendendola anche più aspra. Certo è che una grandissima
irritazione dovette produrre nell'animo dell'Imperatore il vedersi
avversato dal Papa in Italia, nel momento in cui assai gravi pericoli
in Oriente minacciavano lui e la Cristianità. Ed è anche la ragione
per la quale gli scrittori ecclesiastici inclinano a far seguire tutti
questi fatti più tardi, ed a presentarli come episodi della lotta
religiosa, giustificando così pienamente la condotta del Papa.
Comunque sia, certo è che solo nel 726 Leone III pubblicò il suo
celebre editto contro il culto delle immagini. La dottrina iconoclasta
si connetteva strettamente colle dispute monotelite e monofisite;
era una conseguenza anch'essa di quello spirito orientale sempre in
opposizione coll'Occidente, e veniva secondata da ragioni politiche. Il
rapido avanzarsi dei Musulmani era apparecchiato e promosso dal largo
diffondersi dell'Islamismo, il quale, lo abbiamo già detto, trovava
favore in alcune popolazioni dell'Oriente ed in quelle dell'Africa
settentrionale, perchè si presentava come uno schietto monoteismo senza
dispute sulla Trinità, sulla doppia natura di Gesù Cristo, senza il
culto dei santi. Col suo editto l'Imperatore, anche se non lo faceva a
disegno, dava una qualche soddisfazione a queste tendenze dello spirito
orientale, e non s'allontanava punto dal Cristianesimo.
Il culto delle immagini, grandemente favorito dalla natura delle
popolazioni meridionali dell'Occidente, traeva la sua origine dal
Paganesimo. L'esagerazione cui si giunse col venerare non solo le
immagini visibili di Dio, di Gesù, della Vergine, dei santi, ma il
You have read 1 text from Italian literature.
Next - Le invasioni barbariche in Italia - 23
  • Parts
  • Le invasioni barbariche in Italia - 01
    Total number of words is 4308
    Total number of unique words is 1601
    37.9 of words are in the 2000 most common words
    56.7 of words are in the 5000 most common words
    65.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 02
    Total number of words is 4438
    Total number of unique words is 1511
    39.5 of words are in the 2000 most common words
    55.4 of words are in the 5000 most common words
    63.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 03
    Total number of words is 4385
    Total number of unique words is 1579
    41.5 of words are in the 2000 most common words
    58.0 of words are in the 5000 most common words
    65.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 04
    Total number of words is 4415
    Total number of unique words is 1649
    41.5 of words are in the 2000 most common words
    57.1 of words are in the 5000 most common words
    65.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 05
    Total number of words is 4365
    Total number of unique words is 1422
    41.5 of words are in the 2000 most common words
    58.8 of words are in the 5000 most common words
    66.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 06
    Total number of words is 4435
    Total number of unique words is 1533
    42.7 of words are in the 2000 most common words
    60.0 of words are in the 5000 most common words
    67.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 07
    Total number of words is 4453
    Total number of unique words is 1610
    40.9 of words are in the 2000 most common words
    57.3 of words are in the 5000 most common words
    67.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 08
    Total number of words is 4486
    Total number of unique words is 1647
    42.0 of words are in the 2000 most common words
    58.6 of words are in the 5000 most common words
    66.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 09
    Total number of words is 4431
    Total number of unique words is 1477
    43.6 of words are in the 2000 most common words
    60.1 of words are in the 5000 most common words
    67.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 10
    Total number of words is 4421
    Total number of unique words is 1539
    40.9 of words are in the 2000 most common words
    58.2 of words are in the 5000 most common words
    66.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 11
    Total number of words is 4352
    Total number of unique words is 1515
    40.1 of words are in the 2000 most common words
    56.3 of words are in the 5000 most common words
    64.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 12
    Total number of words is 4374
    Total number of unique words is 1656
    40.3 of words are in the 2000 most common words
    56.6 of words are in the 5000 most common words
    65.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 13
    Total number of words is 4382
    Total number of unique words is 1531
    43.1 of words are in the 2000 most common words
    59.5 of words are in the 5000 most common words
    68.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 14
    Total number of words is 4430
    Total number of unique words is 1580
    40.3 of words are in the 2000 most common words
    57.5 of words are in the 5000 most common words
    67.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 15
    Total number of words is 4384
    Total number of unique words is 1578
    42.1 of words are in the 2000 most common words
    59.6 of words are in the 5000 most common words
    68.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 16
    Total number of words is 4393
    Total number of unique words is 1568
    40.6 of words are in the 2000 most common words
    58.3 of words are in the 5000 most common words
    67.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 17
    Total number of words is 4381
    Total number of unique words is 1585
    41.9 of words are in the 2000 most common words
    59.8 of words are in the 5000 most common words
    67.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 18
    Total number of words is 4383
    Total number of unique words is 1493
    44.1 of words are in the 2000 most common words
    60.3 of words are in the 5000 most common words
    68.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 19
    Total number of words is 4378
    Total number of unique words is 1511
    40.1 of words are in the 2000 most common words
    56.1 of words are in the 5000 most common words
    63.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 20
    Total number of words is 4407
    Total number of unique words is 1617
    41.5 of words are in the 2000 most common words
    57.6 of words are in the 5000 most common words
    66.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 21
    Total number of words is 4399
    Total number of unique words is 1508
    40.7 of words are in the 2000 most common words
    57.2 of words are in the 5000 most common words
    65.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 22
    Total number of words is 4374
    Total number of unique words is 1521
    39.8 of words are in the 2000 most common words
    57.0 of words are in the 5000 most common words
    66.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 23
    Total number of words is 4382
    Total number of unique words is 1427
    42.0 of words are in the 2000 most common words
    58.3 of words are in the 5000 most common words
    66.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 24
    Total number of words is 4422
    Total number of unique words is 1453
    40.8 of words are in the 2000 most common words
    54.9 of words are in the 5000 most common words
    63.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 25
    Total number of words is 4472
    Total number of unique words is 1441
    43.5 of words are in the 2000 most common words
    59.2 of words are in the 5000 most common words
    67.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 26
    Total number of words is 4549
    Total number of unique words is 1572
    43.1 of words are in the 2000 most common words
    61.1 of words are in the 5000 most common words
    69.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 27
    Total number of words is 4489
    Total number of unique words is 1533
    42.8 of words are in the 2000 most common words
    57.7 of words are in the 5000 most common words
    66.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 28
    Total number of words is 4431
    Total number of unique words is 1563
    39.8 of words are in the 2000 most common words
    56.9 of words are in the 5000 most common words
    65.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 29
    Total number of words is 3739
    Total number of unique words is 1103
    34.7 of words are in the 2000 most common words
    51.3 of words are in the 5000 most common words
    60.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 30
    Total number of words is 3721
    Total number of unique words is 1100
    35.9 of words are in the 2000 most common words
    51.4 of words are in the 5000 most common words
    60.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 31
    Total number of words is 3607
    Total number of unique words is 1066
    33.7 of words are in the 2000 most common words
    49.9 of words are in the 5000 most common words
    58.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 32
    Total number of words is 2427
    Total number of unique words is 815
    36.8 of words are in the 2000 most common words
    51.3 of words are in the 5000 most common words
    62.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.