Le invasioni barbariche in Italia - 13

Total number of words is 4382
Total number of unique words is 1531
43.1 of words are in the 2000 most common words
59.5 of words are in the 5000 most common words
68.2 of words are in the 8000 most common words
Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
giovane nell'esercito, e diè subito prove di grandissimo valore nella
guerra contro i Persiani (530), nella quale con 25,000 uomini potè
respingerne 40,000. Conchiusa la pace, tornò a Costantinopoli dove,
come vedemmo, ebbe occasione di domare la rivoluzione del 532. Aveva
allora già sposato Antonina, una donna che molto somigliava a Teodora.
Figlia anch'essa di gente dell'Ippodromo, e già due volte madre
quando sposò Belisario assai più giovane di lei, dissoluta, energica,
intrigante, esercitò sul marito, che accompagnò in tutte le imprese
militari, un'azione grandissima, la quale riuscì spesso a lui funesta.
Scopo principale di Giustiniano fu il riconquistare l'Italia
all'Impero; ma per ciò fare occorreva assicurarsi prima le spalle,
ripigliando l'Africa, dopo aver vinto i Vandali. Colà da un pezzo i
disordini interni e la conseguente debolezza del regno non erano molto
diversi da quel che abbiamo visto in Italia. Nel 528 era salito sul
trono Ilderico, poco atto alle armi, che dalla madre Eudocia, figlia di
Valentiniano III, aveva ereditato simpatie romane e cattoliche. Questo
provocò nei Vandali una reazione del sentimento ariano e barbarico,
tale che ne scoppiò una rivoluzione, promossa da Amalafrida sorella di
Teodorico, e vedova di Trasamondo, al quale era successo Ilderico. La
rivolta fu domata, ed Amalafrida venne messa in carcere, dove restò
fino alla morte di Teodorico, quando, non essendo più necessario
usarle riguardi, la uccisero. Si accese perciò un odio profondo tra
gli Ostrogoti ed i Vandali, che tornò a vantaggio di Giustiniano, il
quale potè sperare, come difatti avvenne, d'essere secondato dai primi
nel combattere i secondi. Ma Ilderico non restò a lungo sul trono,
perchè i Vandali ne lo cacciarono, ponendovi invece Gelimero (531),
uomo bellicoso, senza simpatie romane. E anche da ciò Giustiniano seppe
trarre profitto, pigliando occasione a muover guerra ai Vandali, dal
pretesto di voler difendere tanto il giusto diritto d'Ilderico, quanto
i sentimenti romani e ortodossi di lui.
Nel 533 salpava finalmente da Costantinopoli una flotta condotta da un
numero assai grande di marinari, con un esercito di 10,000 fanti e 5
o 6000 cavalieri, la più parte della Tracia. Li comandava Belisario,
che era accompagnato dalla moglie e da Procopio, il quale era stato
suo segretario anche in Persia. Sotto Belisario combatteva il valoroso
capitano armeno Giovanni. Dopo due mesi d'una navigazione piena di
pericoli, arrivarono a Catania, dove poterono liberamente sbarcare,
perchè avevano il favore degli Ostrogoti. Colà seppero che i Vandali
erano affatto ignari della loro venuta, tanto che il fratello di
Gelimero era andato ad una impresa militare nella Sardegna. Dato quindi
l'ordine della partenza, Belisario sbarcò ben presto a nove giorni di
marcia da Cartagine. Si presentò in Africa non come un conquistatore,
ma come un liberatore dei Cattolici, dei Romani, del clero e dei
proprietari, tutti ugualmente oppressi dai Vandali, eretici, stranieri
e barbari. Dette ai suoi soldati ordine severissimo di rispettare le
proprietà e le persone; e col favore delle popolazioni potè condurre
assai fortunatamente la guerra. Il 13 settembre ebbe luogo la prima
battaglia, che fu da lui vinta, nonostante il numero superiore dei
nemici. Il 15 entrò in Cartagine, e prese alloggio nel palazzo stesso
di Gelimero, dove invitò i suoi uffiziali superiori al pranzo, che il
re vandalo aveva, nel giorno precedente, apparecchiato per sè e per i
suoi, ritenendosi sicuro della vittoria.
Ritiratosi allora nella Numidia, dove fu raggiunto dal fratello venuto
in fretta dalla Sardegna, Gelimero dette una seconda battaglia, che
andò anch'essa perduta. E così, dopo avere assistito allo scempio de'
suoi, dopo aver perduto il proprio fratello, si ritirò in mezzo ai
Mori, sostenendo ogni sorta di crudeli privazioni. Narra la leggenda,
che si ridusse a tale estremità da dover supplicare Belisario, perchè
gli mandasse un pezzo di pane, chè da più tempo non ne aveva avuto;
una spugna per lavarsi gli occhi, dal lungo piangere divenuti malati;
ed una lira, per sollevar col canto lo spirito umiliato. Nel marzo del
534 finalmente si arrese, e fu allora assai onorevolmente accolto da
Belisario.
Il resultato più notevole di questa guerra fu che i Vandali, dopo
avere portato tanto terrore, tante rovine nell'Impero, scomparvero
affatto dalla storia, senza che più se ne sentisse parlare. Questa
rapida caduta dovette essere in gran parte conseguenza del loro
governo oppressivo e male costituito, come più sopra accennammo. Molti
di essi furono mandati ai confini dell'Impero, verso la Persia; non
pochi vennero incorporati nell'esercito di Belisario, ed alcuni furono
ammessi addirittura a far parte della sua guardia. Quelli che, per
conto proprio, rimasero in Africa, ebbero confiscati i beni, e furono
cacciati dalle loro chiese, messi in carcere o fatti schiavi.
Dopo una sì pronta vittoria si cominciarono subito a vedere le
conseguenze di quella gelosia, di quella discordia che, ora come
sempre, era il verme roditore della Corte bizantina. Quando Belisario
aveva in tre mesi compiuta una campagna che sembrava miracolosa, e
doveva perciò aspettarsene riconoscenza ed onori, cominciò invece
a sentire i morsi dell'invidia e della calunnia, che lo lacerarono
sanguinosamente. Lo avevano accusato presso l'Imperatore di sfrenata
ambizione, dicendo che voleva farla da re, avendo osato assidersi
sul trono stesso di Gelimero. Giustiniano insospettito, lo invitò a
mandare subito i prigionieri a Costantinopoli; ma Belisario volle
andarvi anch'egli, per smentire le accuse degl'invidiosi. Il suo
ingresso fu trionfale davvero: precedevano i prigionieri, fra cui
lo stesso Gelimero, insieme con le spoglie ricchissime. Fra queste
erano anche quelle che dal Tempio di Gerusalemme Tito aveva menate
a Roma, di dove Genserico le aveva portate in Africa. E Giustiniano
temendo che, come ai Romani ed ai Vandali, così anche a lui portassero
sventure, le restituì al luogo di loro prima origine. In Africa
rimase un governatore, e si mandò subito un esercito d'impiegati, che
incominciarono a tormentare, a dissanguar colle tasse il paese.
Ed ora Giustiniano rivolse il suo pensiero alla guerra d'Italia. La
uccisione di Amalafrida, che aveva seminato odio fra gli Ostrogoti ed i
Vandali, gli aveva offerto un primo pretesto. Trovandosi inoltre, per
la disfatta dei Vandali, padrone dell'Africa, chiedeva, con maggiore
insistenza, la fortezza di Lilibeo in Sicilia; ed Amalasunta, come
vedemmo, esitava ancora, non volendo offendere sempre più l'amor
proprio nazionale degli Ostrogoti, a lei già assai poco benevoli.
Quando però, dopo la morte di Atalarico (534), Teodato la confinò, e
poi la fece uccidere (535), Giustiniano che l'aveva presa sotto la sua
protezione, disse di volerla vendicare, e si decise a cominciare la
guerra.
Amalasunta era morta nella primavera, e già nella state un esercito
di tre o quattro mila uomini partiva da Costantinopoli per la
Dalmazia, a combattere i Goti che erano colà. Così si costringeva il
nemico a dividere le sue forze, e si rendeva più facile il vincerlo
in Italia, dove già s'era avviato Belisario con un esercito di 7500
uomini, oltre la sua guardia. Questo esercito, composto anch'esso
principalmente di montanari della Tracia, della Georgia, dell'Isauria,
fece ben presto prodigi di valore. Belisario, che lo comandava, disse
un giorno a Procopio, che egli doveva in gran parte le sue vittorie
alla cavalleria, la quale era stata da lui riformata. S'era accorto,
che la cavalleria gota combatteva solo col giavellotto e la spada,
occupata principalmente a difendere la fanteria, quando era impegnata
corpo a corpo col nemico. Pensò quindi a fondare la forza del suo
esercito sugli arcieri a cavallo, educandoli a questa nuova forma di
combattimento. Ma nonostante il suo valor personale, i suoi infiniti
accorgimenti, la sua capacità strategica, egli non avrebbe mai, con
le poche sue genti, per quanto valorose, potuto fare tutto quello che
fece, se non avesse avuto il favore e la cooperazione dei Romani, ai
quali, con molta accortezza, seppe presentarsi fin dal principio, come
uno che veniva a liberarli dal giogo barbarico e dalla persecuzione
ariana, ed anche come un restauratore dell'antica grandezza romana.
Infatti, appena sbarcato in Sicilia, tutti gli aprirono le porte,
e potè facilmente percorrere l'Isola in lungo ed in largo, senza
trovar vera resistenza che a Palermo, dove era una forte guarnigione
gota, difesa dalle mura. Belisario allora fece entrare nel porto
alcune navi cariche di soldati, i quali, arrampicandosi agli alberi
di esse, poterono inaspettatamente coi loro archi saettar dall'alto
nella città, con grande maraviglia e spavento della guarnigione,
che poco dopo s'arrese. In sette mesi la Sicilia fu riconquistata
all'Impero. Alla nuova di questi fatti Teodato rimase così impaurito,
che già voleva cedere, offrendo addirittura di rinunziare allo Stato,
mediante una ricca pensione. Ma quando la sua proposta era stata
accolta, gli pervenne notizia di qualche rovescio avuto dagl'imperiali
in Dalmazia, e subito, mutato animo, non volle più arrendersi. Poco
dopo, verso la fine del 535, gl'Imperiali riguadagnarono anche colà il
terreno perduto, entrando in Salona, la moderna Spalato; ed allora fu
Giustiniano a non voler più sentir parlare di patti e di accordi con
Teodato. Ogni decisione dovette quindi essere inesorabilmente rimessa
alle armi.
Se non che, appunto allora Belisario venne improvvisamente chiamato
d'urgenza nell'Africa, dove, per la tirannia e la incapacità di chi
governava, era scoppiata una minacciosa rivoluzione capitanata da un
tale Stuzza, che pareva volesse formare un principato indipendente,
e si trovò subito alla testa di 8000 ribelli, cui s'aggiunse un
migliaio di Vandali. La vita del governatore imperiale si trovò in
grave pericolo, il moto si estendeva minaccioso; ed egli corse subito
insieme con Procopio in Sicilia, per informare di tutto Belisario,
che partì come un fulmine, e si trovò in Cartagine quando i ribelli
s'avvicinavano per impadronirsene. La notizia del suo improvviso arrivo
bastò a sgomentarli per modo, che si ritirarono subito a cinquanta
miglia dalla città, e colà furono raggiunti da Belisario, che con soli
2000 uomini osò affrontarli, e li debellò interamente. Dopo di che,
saputo che un altro valoroso generale, capace di mantenere stabilmente
l'ordine in quelle province, era già partito da Costantinopoli, se
ne tornò in Sicilia; e lasciata una piccola guarnigione in Siracusa,
un'altra in Palermo, passò sul continente.
Anche qui egli potè procedere assai rapidamente, aiutato non solo
dal favore delle popolazioni, ma anche dalle diserzioni dei Goti,
che incominciarono allora e furono in tutta quella campagna assai
frequenti. A Napoli però la guarnigione e la popolazione si mostrarono
decise a fare aspra resistenza; e quando Belisario parlò coi capi
del popolo per indurli a cedere, li trovò insieme coi Goti risoluti a
tutto. Gli stessi Ebrei, che s'erano adoperati molto a procurare gli
approvvigionamenti, fecero ad una delle porte ostinata resistenza.
Quel popolo adunque, romano o italiano che dire si voglia, che tanti
scrittori presumono spento del tutto, combatteva e contava ancora
nella decisione delle battaglie. Teodato intanto se ne stava lontano,
e non s'indusse punto a mandare gli aiuti urgentemente richiesti.
Secondo la leggenda, consultò la sorte in un modo assai singolare. In
tre diverse stie pose dieci maiali, distinguendoli coi nomi di Goti,
di Romani e d'Imperiali. Dopo dieci giorni, aprì le tre stie, e trovò
che i Goti eran morti tutti, meno due; i Romani metà eran morti e
metà vivi, avendo però questi perduto le setole; gl'Imperiali invece
eran tutti vivi. E ne indusse la disfatta dei Goti e la vittoria
degl'Imperiali con la cooperazione dei Romani, metà dei quali avrebbero
perduto la vita, metà i loro averi. È chiaro che una tale leggenda
riconosce anch'essa nella guerra la cooperazione dei Romani, la quale
poi apparisce più volte manifesta nella narrazione stessa di Procopio,
sebbene questi, come greco, cerchi sempre di attenuarla, dimostrando
poca o nessuna stima pei Romani. In ogni modo a Napoli la resistenza
fu tale, che Belisario, contro il suo solito, ne fu addirittura
sgomento, e pensava di ritirarsi, quando seppe che si poteva, pei
condotti dell'acqua, entrare inavvertiti nella città. Ed allora egli
mosse da una parte ad un finto assalto delle mura, per richiamare
colà l'attenzione degli assediati, mentre che dall'altra 600 de' suoi,
entrati per gli acquedotti, corsero improvvisamente alle porte, e dopo
avere ucciso i soldati che v'erano a guardia, le aprirono. Allora
l'esercito entrò, e cominciò subito il saccheggio; ma Belisario,
minacciando pene severissime, lo fece cessare. Così gl'Imperiali
furon padroni di Napoli, e presero prigionieri gli 800 Goti che la
difendevano.
A Roma intanto lo sdegno contro Teodato, per la sua condotta vigliacca,
era giunto al colmo. E quindi radunatisi i Goti nella Campagna, lo
deposero, eleggendo in sua vece Vitige, che ben presto trovò modo
di disfarsi di lui. Fece poi divorzio dalla moglie, per sposare una
figlia di Amalasunta, colla speranza, certamente vana, di rendersi
così amico o meno avverso Giustiniano. Ma ormai solo il ferro poteva
decidere la lite; tutto il resto era inutile. La elezione di Vitige,
che Cassiodoro, pomposamente al solito, annunziò a tutti come fatta
«per grazia divina e volontà libera del popolo, nell'aperta campagna,»
non fu punto felice. Egli era un soldato valoroso, non già un uomo di
Stato, nè un buon capitano, ed aveva contro di sè il primo generale del
secolo. Cominciò coll'abbandonare Roma, lasciandovi una guarnigione
di 4000 uomini, ritirandosi verso Ravenna per riunire colà tutte le
sue forze. Non tenne conto dello straordinario effetto morale, che
avrebbe avuto l'entrata di Belisario nell'antica capitale del mondo.
Questi sarebbe sempre più apparso come il restauratore dell'Impero, e
virtualmente padrone dell'Italia. Vitige intanto cercava da Ravenna di
far pace a qualunque costo coi Franchi, che Giustiniano aveva tentato
muovere contro di lui, per potere così assalire i Goti da tre parti
contemporaneamente: dalla Gallia cioè, dalla Dalmazia, dall'Italia
meridionale. E quindi Vitige, per poter ritirare le sue genti dalla
Gallia, ed ingrossare con esse il proprio esercito in Italia, senza
dover pensare a difendersi da più nemici ad un tempo, cedette loro la
Provenza e il Delfinato, pagando anche 2000 libbre d'oro, cose tutte
certamente umilianti per lui. Ma il pericolo era assai grave, ed il
tempo stringeva.
Tutto andava invece per Belisario a seconda. Papa Silverio, che
pur sembrava essere stato amico di Teodato e di Vitige, lo invitava
adesso a Roma; ed egli, lasciata in Napoli una guarnigione di soli
300 uomini, potè avanzarsi per Cassino, favorito al solito non solo
dalle popolazioni, ma anche da altre diserzioni dei Goti. Fra il 9 ed
il 10 dicembre 536, senza difficoltà, entrava in Roma per la Porta
Asinaria, mentre che i Goti ne uscivano per la Porta Flaminia. E
così, dice Procopio, dopo 60 anni di barbarico dominio, Roma tornò di
nuovo all'Impero. Belisario s'istallò sul Pincio, di dove, dato uno
sguardo alla Città, piena ancora di quasi tutti gli antichi monumenti,
ordinò subito che si cominciasse ad approvvigionarla, che si ponesse
mano a restaurarne, fortificarne le mura. Costruite 260 anni prima da
Aureliano e da Probo, dopo 130 restaurate da Onorio, erano rimaste da
quel tempo in poi affatto trascurate, ed avevano quindi grande bisogno
di riparazione.
Vitige, che presso Ravenna raccoglieva quante più genti poteva,
era riuscito a mettere insieme 150,000 uomini, coi quali s'avanzò
verso Roma (537). Essendosi avvicinato a Ponte Salario, la piccola
guarnigione che Belisario v'aveva posta si sgomentò per modo, che
una parte di essa, composta di barbari, disertò al nemico; un'altra
si ritirò, sbandandosi. Mille uomini che, nulla ancora sapendosi
dell'arrivo d'un così formidabile esercito nemico, erano stati mandati
a rinforzarla, incontrate le forze preponderanti dei Goti, dovettero
retrocedere. Belisario allora, avvertito del pericolo, corse subito
in aiuto, gettandosi in mezzo alla mischia. Il suo cavallo aveva
sulla fronte alcuni peli bianchi, che formavano come una stella, e
però i Greci lo chiamavano _Phalion_, e i Goti, _Balan_. Non appena
questi ebbero riconosciuto il generale nemico, che subito tiravano
tutti a lui, che ciò nonostante restò miracolosamente illeso. Dopo
essersi dinanzi al suo impeto ritirati alquanto, i Goti, avuti altri
rinforzi, ritornarono all'assalto in così gran numero, che gl'Imperiali
dovettero retrocedere più che di passo fino alla Porta Salaria. La
trovarono chiusa, nè vi fu modo di farla aprire, perchè i Romani
temevano che amici e nemici sarebbero entrati insieme. Il sole cadeva;
si era sparsa la voce che Belisario era morto; e però, quando egli
sopraggiunse co' suoi, gridando che aprissero, trasfigurato com'era
pel lungo combattere, non fu riconosciuto, e non gli dettero ascolto.
Ma neppure in così grave momento si perdè d'animo. Visto il pericolo
in cui si trovava, visto che i Goti già gli erano addosso, egli che
più d'una volta, per le subite, audaci risoluzioni, ci apparisce quale
un Garibaldi d'esercito regolare, rivoltosi improvvisamente ai suoi,
e stringendoli intorno a sè, li condusse ad un ultimo impetuoso ed
inaspettato assalto contro il nemico, il quale, credendo che nuovi
rinforzi fossero allora usciti dalla Porta, si ritirò spaventato. E
così finalmente Belisario potè, alla testa de' suoi, entrare in Città,
dove fu clamorosamente accolto.


CAPITOLO VI
Roma assediata dai Goti — I Bizantini vittoriosi entrano in Ravenna

Ed ora incomincia il più lungo assedio di Roma, che la storia ricordi.
Esso durò dai primi del marzo 537 al marzo inoltrato del 538, un anno
e nove giorni, nel qual tempo Belisario dette prove infinite del suo
genio militare e del suo valore. Egli era partito con un esercito
di 7500 uomini, oltre la propria guardia; ma aveva per via perduto
parecchi de' suoi, massime dinanzi a Palermo ed a Napoli. Alcune
guarnigioni aveva dovuto lasciare nelle città principali dell'Italia
meridionale; e però si trovava adesso, secondo Procopio, con un
esercito di soli 5000 uomini, in una città che aveva 12 miglia di
circuito. Resistere con tali forze ad un esercito di 150,000 uomini
sarebbe stato impossibile addirittura, senza la cooperazione efficace
del popolo romano. E questa cooperazione apparisce ora manifesta
dalle parole stesse di Procopio, sebbene egli cerchi al solito
nasconderla. Certo nei casi più difficili, nei punti più pericolosi
il prode capitano fece assegnamento principale sulle truppe regolari;
ma nella difesa delle mura i Romani ebbero una parte notevole assai.
Fortunatamente esse erano state già restaurate, quantunque in fretta,
ad eccezione di quella parte che, presso la Porta Flaminia (del
Popolo), è chiamata Muro torto. Questo era assai forte, e generalmente
si credeva che fosse sotto la protezione diretta di S. Pietro: nessuno
infatti osò attaccarlo.
I Goti dunque circondarono la Città con sette accampamenti, dinanzi
alle principali porte: uno di essi era al di là del Tevere, nel così
detto Campo di Nerone. Infiniti furono gli accorgimenti da una parte
e dall'altra adoperati in questo assedio. Vitige cominciò col far
rompere gli acquedotti, costringendo i Romani a valersi della sola
acqua dei pozzi, e privandoli così della forza motrice pei mulini.
Belisario fece allora costruire nuovi mulini fra gli archi del Ponte
Elio, ora S. Angelo, e altrove, mediante ruote mosse dal fiume. Ed
i Goti subito mandarono giù per esso lunghe travi, cadaveri d'uomini
e d'animali, per intralciare così il moto delle ruote, e corrompere
sempre più l'acqua. A questo si riparò, in parte almeno, ponendo catene
attraverso il fiume. Ma i Goti non se ne stavano, e ricorsero a molti
altri stratagemmi di guerra. Idearono alcune torri mobili, tirate da
bovi, che dovevano trascinarle presso le mura, perchè così i soldati
potessero salire su queste. Quando però le torri erano vicine alla
Porta Pinciana, Belisario ordinò ai suoi che mirassero ai bovi, uccisi
i quali, esse restarono ferme in mezzo alla Campagna. Nello stesso
tempo l'assalto nemico era dato anche ad altri punti della Città, e
sopra tutto vicino alla Porta Prenestina (Maggiore), presso la quale
era un doppio muro. Ma quando i Goti, superato il primo, si trovarono
ammassati, coi loro arnesi di guerra, fra esso ed il secondo, che
cercavano di superare, Belisario avvertito vi corse subito, ed uscito
dalla Porta, ordinò che fosse dato contemporaneamente l'assalto alle
spalle e di fronte. Il nemico allora si pose in fuga, abbandonando
torri, arieti ed altre macchine d'assedio, che furono bruciate dai
Romani. Un altro assalto dettero i Goti al di là del Tevere, presso
la tomba d'Adriano, ora Castel S. Angelo, rivestita allora di marmo,
piena all'esterno di statue, e già ridotta a fortezza. Pareva dapprima
che i Goti avessero il vantaggio; ma quando i difensori si videro a
mal partito, cominciarono a gettar su di essi le statue, recando loro
tali danni, che li costrinsero alla fuga. Procopio parla di 30,000
Goti uccisi, il che può essere un'esagerazione; ma prova in ogni modo
che la strage fu assai grande. Belisario scriveva a Costantinopoli,
che era stato veramente un miracolo l'aver potuto con un esercito
di 5000 uomini resistere vittoriosamente a 150,000. Adesso era però
necessario mandargli aiuti, se non si voleva da un momento all'altro
essere esposti ad una catastrofe. Finora s'erano avute le simpatie
e l'aiuto dei Romani; ma se questi per le continue sofferenze e i
pericoli dell'assedio, per le tasse enormi, mutavano animo e divenivano
favorevoli ai Goti, che cosa sarebbe mai seguito?
Le condizioni di Roma e dei Bizantini si facevano sempre più gravi.
Vitige mandava ordini a Ravenna, che fossero uccisi i Senatori tenuti
colà in ostaggio; occupava Porto, cosa che Belisario non potè far prima
di lui, non essendogli possibile disporre neppure d'una guarnigione
di 300 uomini, necessari a tenerlo. E fu grave danno, perchè da Porto
sopra tutto Roma veniva pel Tevere approvvigionata. Ostia era allora
assai meno adatta a ciò. La fame si faceva quindi sentire nella Città,
e bisognò allontanare le bocche inutili. Gli uomini validi, divisi
in ischiere, furono messi a guardia delle mura; alcuni vennero anche
mescolati nell'esercito. Queste schiere mutavano assai spesso di luogo;
i nomi di coloro che le componevano venivano riscontrati di continuo;
le chiavi delle porte erano anch'esse di tanto in tanto mutate:
tutto ciò per assicurarsi contro ogni possibile tradimento, ora che
le sofferenze crescevano, e lo scontento cominciava a manifestarsi.
Sebbene Roma fosse ormai da gran tempo divenuta cristiana, pure vi
furono allora alcuni i quali, non sapendo che fare in mezzo a tante
calamità, cercarono aprire di nascosto il tempio di Giano, sperando
aiuto dal Dio pagano, stato sempre favorevole ai loro padri. Se non che
le porte di bronzo, da lungo tempo chiuse, s'erano arrugginite per modo
che si potè appena muoverle tanto da lasciarle accosto.
Finalmente arrivò un rinforzo di 1600 cavalieri, la più parte Unni; e
questo aiuto, con la speranza non lontana di altri, avendo rianimato
gli assediati, fece subito incominciare una serie di nuove scaramucce
che, nonostante la inferiorità del numero, riuscirono sempre assai
fortunate ai Romani. Di ciò inorgogliti, essi volevano procedere
subito ad un assalto generale, cui Belisario s'oppose energicamente,
conoscendo lo scarso numero delle sue forze regolari. Ma il cieco
ardore de' suoi soldati non conosceva adesso misura nè prudenza, e
bisognò cedere. Ordinò quindi che da Porta Salaria a Porta Pinciana
si movesse all'assalto; che al di là del Tevere, da Porta Aurelia (S.
Pancrazio) si facesse un finto attacco verso il campo di Nerone, e ciò
solo per impedire che i molti Goti ivi stanziati, passato il fiume,
andassero in aiuto dei loro compagni, là dove si doveva combattere
davvero. Le turbe popolari che volevano pigliar parte a questo finto
attacco, non essendo ancora bene educate alle armi, ebbero ordine
di restar ferme, contentandosi di tenere in rispetto il nemico col
loro numero. Dall'altro lato del fiume, Belisario voleva combattere
colla sola cavalleria, perchè di essa solamente si fidava, come
quella che era più disciplinata e non aveva accolto nelle proprie
file cittadini inesperti; ma dovette cedere alle insistenze della
fanteria, che volle anch'essa prender parte alla mischia. E tutto
ciò fu per riuscirgli funesto. Cominciato infatti l'assalto, i Romani
s'avanzarono vittoriosi; ed anche nel Trastevere i Goti, vedendo il
gran numero di genti ivi schierate, cominciarono a ritirarsi. Allora
però quelli che avevano avuto ordine di star fermi, vollero avanzarsi;
ma invece d'inseguire il nemico, si dettero a saccheggiarne il
campo, dandogli così modo di riordinarsi, di assalirli e metterli in
fuga. Quando poi dall'altro lato del fiume, la cavalleria romana fu
costretta a retrocedere dinanzi ai Goti che s'avanzavano numerosissimi,
la fanteria, invece di venirle in aiuto, si dette alla fuga.
Fortunatamente i capitani di essa, quelli appunto che avevano insistito
per condurla al combattimento, fecero onore al loro nome, dando prova
d'un grandissimo coraggio. Con pochi dei più valorosi tennero fronte al
nemico fino a che vi lasciarono la vita; ed in questo modo assicurarono
la ritirata dei Romani. Quando i Goti, arrivati alle mura, le videro
guardate da una gran moltitudine d'uomini in armi, si ritirarono.
Così tutto fu salvo, ma il grave pericolo che s'era corso fece capire
quanta ragione Belisario avesse avuta di non volere arrischiare un
generale assalto contro un nemico tanto più numeroso. Si ritornò quindi
alle ripetute scaramucce, le quali riuscirono di nuovo vittoriose pei
Romani, ed assunsero qualche volta carattere addirittura eroico.
Da Ostia intanto arrivavano vettovaglie, che entravano nella
Città. I Goti non potevano impedirlo, perchè la estensione delle
mura era tale, che riusciva assai facile ai Romani chiamar colle
scaramucce l'attenzione del nemico in un punto, per potere in un
altro liberamente aprire le porte ai soccorsi. Nel giugno del 537,
terzo mese dell'assedio, secondo anno della guerra, si seppe che un
drappello di cento uomini era giunto da Costantinopoli a Terracina,
con denaro per dar le paghe ai soldati. Era cosa di somma importanza,
e Belisario, per assicurare l'entrata di questi aiuti in Città, ordinò
una doppia sortita, che fu delle più vigorose. Al di là del Tevere,
verso il campo di Nerone, i Goti vennero facilmente respinti. Fuori di
Porta Pinciana invece la lotta fu accanita, ed i soldati di Belisario
dettero prova d'un entusiasmo singolare, d'un valore straordinario, e
vi furono episodi veramente omerici. Un capitano nativo della Tracia
continuò a combattere quando aveva un giavellotto infitto nella testa;
un altro combatteva del pari, quando una freccia gli era penetrata tra
l'occhio ed il naso. Il primo di questi due valorosi dovè soccombere;
il secondo potè, mediante un'operazione, farsi estrarre la freccia e
salvarsi. Colui che aveva guidato il combattimento al di là del Tevere,
per le molte ferite finì col soccombere anch'esso. Tutto questo ci
racconta Procopio, il quale aggiunge che i combattimenti seguiti finora
nell'assedio arrivavano già al numero di sessantasette.
Vitige adesso, ricorrendo ad un nuovo accorgimento di guerra, accampò
7000 de' suoi a tre miglia dalle mura, in un luogo dove s'incrociavano
due acquedotti, formando così come un punto fortificato, assai adatto
a porre di là ostacoli all'approvvigionamento degli assediati. Certo
è che la fame divenne insopportabile; e di nuovo i Romani, spinti
dalla disperazione, volevano uscire a combattere per vincere o morire.
Ma di nuovo Belisario si oppose energicamente, cercando di calmarli
coll'assicurar loro, che altri soccorsi di uomini e vettovaglie
sarebbero giunti fra poco. Infatti egli mandava a Napoli Procopio, per
You have read 1 text from Italian literature.
Next - Le invasioni barbariche in Italia - 14
  • Parts
  • Le invasioni barbariche in Italia - 01
    Total number of words is 4308
    Total number of unique words is 1601
    37.9 of words are in the 2000 most common words
    56.7 of words are in the 5000 most common words
    65.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 02
    Total number of words is 4438
    Total number of unique words is 1511
    39.5 of words are in the 2000 most common words
    55.4 of words are in the 5000 most common words
    63.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 03
    Total number of words is 4385
    Total number of unique words is 1579
    41.5 of words are in the 2000 most common words
    58.0 of words are in the 5000 most common words
    65.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 04
    Total number of words is 4415
    Total number of unique words is 1649
    41.5 of words are in the 2000 most common words
    57.1 of words are in the 5000 most common words
    65.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 05
    Total number of words is 4365
    Total number of unique words is 1422
    41.5 of words are in the 2000 most common words
    58.8 of words are in the 5000 most common words
    66.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 06
    Total number of words is 4435
    Total number of unique words is 1533
    42.7 of words are in the 2000 most common words
    60.0 of words are in the 5000 most common words
    67.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 07
    Total number of words is 4453
    Total number of unique words is 1610
    40.9 of words are in the 2000 most common words
    57.3 of words are in the 5000 most common words
    67.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 08
    Total number of words is 4486
    Total number of unique words is 1647
    42.0 of words are in the 2000 most common words
    58.6 of words are in the 5000 most common words
    66.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 09
    Total number of words is 4431
    Total number of unique words is 1477
    43.6 of words are in the 2000 most common words
    60.1 of words are in the 5000 most common words
    67.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 10
    Total number of words is 4421
    Total number of unique words is 1539
    40.9 of words are in the 2000 most common words
    58.2 of words are in the 5000 most common words
    66.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 11
    Total number of words is 4352
    Total number of unique words is 1515
    40.1 of words are in the 2000 most common words
    56.3 of words are in the 5000 most common words
    64.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 12
    Total number of words is 4374
    Total number of unique words is 1656
    40.3 of words are in the 2000 most common words
    56.6 of words are in the 5000 most common words
    65.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 13
    Total number of words is 4382
    Total number of unique words is 1531
    43.1 of words are in the 2000 most common words
    59.5 of words are in the 5000 most common words
    68.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 14
    Total number of words is 4430
    Total number of unique words is 1580
    40.3 of words are in the 2000 most common words
    57.5 of words are in the 5000 most common words
    67.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 15
    Total number of words is 4384
    Total number of unique words is 1578
    42.1 of words are in the 2000 most common words
    59.6 of words are in the 5000 most common words
    68.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 16
    Total number of words is 4393
    Total number of unique words is 1568
    40.6 of words are in the 2000 most common words
    58.3 of words are in the 5000 most common words
    67.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 17
    Total number of words is 4381
    Total number of unique words is 1585
    41.9 of words are in the 2000 most common words
    59.8 of words are in the 5000 most common words
    67.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 18
    Total number of words is 4383
    Total number of unique words is 1493
    44.1 of words are in the 2000 most common words
    60.3 of words are in the 5000 most common words
    68.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 19
    Total number of words is 4378
    Total number of unique words is 1511
    40.1 of words are in the 2000 most common words
    56.1 of words are in the 5000 most common words
    63.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 20
    Total number of words is 4407
    Total number of unique words is 1617
    41.5 of words are in the 2000 most common words
    57.6 of words are in the 5000 most common words
    66.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 21
    Total number of words is 4399
    Total number of unique words is 1508
    40.7 of words are in the 2000 most common words
    57.2 of words are in the 5000 most common words
    65.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 22
    Total number of words is 4374
    Total number of unique words is 1521
    39.8 of words are in the 2000 most common words
    57.0 of words are in the 5000 most common words
    66.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 23
    Total number of words is 4382
    Total number of unique words is 1427
    42.0 of words are in the 2000 most common words
    58.3 of words are in the 5000 most common words
    66.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 24
    Total number of words is 4422
    Total number of unique words is 1453
    40.8 of words are in the 2000 most common words
    54.9 of words are in the 5000 most common words
    63.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 25
    Total number of words is 4472
    Total number of unique words is 1441
    43.5 of words are in the 2000 most common words
    59.2 of words are in the 5000 most common words
    67.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 26
    Total number of words is 4549
    Total number of unique words is 1572
    43.1 of words are in the 2000 most common words
    61.1 of words are in the 5000 most common words
    69.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 27
    Total number of words is 4489
    Total number of unique words is 1533
    42.8 of words are in the 2000 most common words
    57.7 of words are in the 5000 most common words
    66.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 28
    Total number of words is 4431
    Total number of unique words is 1563
    39.8 of words are in the 2000 most common words
    56.9 of words are in the 5000 most common words
    65.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 29
    Total number of words is 3739
    Total number of unique words is 1103
    34.7 of words are in the 2000 most common words
    51.3 of words are in the 5000 most common words
    60.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 30
    Total number of words is 3721
    Total number of unique words is 1100
    35.9 of words are in the 2000 most common words
    51.4 of words are in the 5000 most common words
    60.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 31
    Total number of words is 3607
    Total number of unique words is 1066
    33.7 of words are in the 2000 most common words
    49.9 of words are in the 5000 most common words
    58.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 32
    Total number of words is 2427
    Total number of unique words is 815
    36.8 of words are in the 2000 most common words
    51.3 of words are in the 5000 most common words
    62.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.