Le invasioni barbariche in Italia - 18

Total number of words is 4383
Total number of unique words is 1493
44.1 of words are in the 2000 most common words
60.3 of words are in the 5000 most common words
68.2 of words are in the 8000 most common words
Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
Finalmente il 3 di settembre del 569 si arrese anche Milano, che dopo
la sua distruzione era stata solo in parte restaurata da Narsete:
il suo vescovo si ritirò a Genova. E da questo momento si può dir
cominciato il regno dei Longobardi, limitato per ora all'alta Italia.
Tuttavia parecchie città che erano sul Po, fra cui anche Piacenza e
Cremona, in parte per essere fortificate, in parte perchè potevano pel
fiume ricevere aiuto da Ravenna, resistevano ancora. Ma la sola che
fece una resistenza davvero energica e prolungata fu, come dicemmo,
Pavia. Essa, che era già una città importantissima, e divenne poi la
capitale del regno longobardo, era non solo assai bene fortificata, ma
aveva anche una sufficiente guarnigione, e si potè quindi difendere
per tre anni continui (569-72). Alboino perciò, lasciata parte
dell'esercito ad assediarla, se ne andò ad occupare altre terre
dell'Italia superiore e centrale, come Parma, Reggio, Modena, Bologna,
Imola. Occupò anche il passo del Furlo, avanzandosi fino ad Urbino.
Si tenevano però sempre per l'Impero, oltre Ravenna e Pavia, anche
Padova, Monselice, Cremona, Piacenza, Genova, parecchie città della
Riviera, e quelle che formarono poi la Pentapoli (Rimini, Pesaro, Fano,
Sinigaglia, Ancona).
Prima di spingersi più oltre, i Longobardi avrebbero dovuto pensare a
consolidare il loro nuovo dominio, conquistando le città tenute ancora
dai Bizantini. Ma essi, che non erano mai stati lungamente sotto la
disciplina dell'Impero o della Chiesa cattolica, serbavano più degli
altri barbari intatto il loro primitivo carattere germanico, e non
dimostrarono perciò mai vere attitudini politiche, nè capacità di
organizzare. Infatti cominciarono subito a procedere senza nessuna
unità di comando, senza un disegno prestabilito, senza uno scopo
determinato. Varie schiere presero direzioni diverse per proprio
conto. Alcune s'avviarono verso il sud, dove iniziarono la fondazione
dei Ducati di Spoleto e di Benevento, i quali, divennero poi affatto
indipendenti. Il resto dell'Italia meridionale, sopra tutto le coste
dell'Adriatico e del Mediterraneo, restarono all'Impero, col quale
si tennero unite specialmente Napoli e Roma, la cui comunicazione con
Ravenna era agevolata da Perugia che, sebbene circondata per tutto da
terre occupate dai Longobardi, continuò ad esser quasi sempre fedele
all'Impero. E non solamente queste guerre e queste occupazioni di città
procedevano alla spicciolata, senza un disegno prestabilito; ma tra il
569 ed il 571 alcune schiere di Longobardi si spinsero, per proprio
conto, dall'Italia settentrionale ad assalire i Franchi nella Gallia
meridionale. Non pensarono al pericolo che correvano di richiamare
al di qua delle Alpi un nemico potentissimo, che avrebbe facilmente
potuto strappar loro di mano le recenti conquiste, che essi avrebbero
dovuto invece pensare a consolidare. Più volte ebbero la peggio in
questi loro dissennati attacchi, e si sarebbero trovati certo ad assai
mal partito, se i Franchi non avessero continuato a lacerarsi fra di
loro. Pareva proprio che la fortuna li volesse secondare in tutto.
Infatti da una parte le loro guerre contro i Franchi non ebbero le
tristi conseguenze che potevano facilmente avere; e da un'altra le loro
conquiste in Italia si succedevano senza difficoltà. Nel 572, dopo tre
anni d'assedio, s'arrese finalmente anche Pavia, che fu sin d'allora la
capitale del regno.
Alboino entrò trionfante nel palazzo di Teodorico, e trattò umanamente
il popolo, sebbene avesse dapprima mostrato un gran desiderio di
vendetta. Nella primavera del 573 (secondo alcuni del 572) egli morì
nel palazzo di Verona; e di questa morte si dà una narrazione molto
particolareggiata, che apparisce alquanto fantastica e leggendaria.
In un solenne banchetto Alboino, presa la tazza formata col teschio di
Cunimondo padre di Rosmunda, l'avrebbe invitata «a bevere in compagnia
del padre.» Ed ella ne fu offesa per modo che decise di vendicarsi.
Manifestò il suo pensiero ad un fratello di latte del Re, chiamato
Elmichi; ma questi, non volendo macchiarsi le mani nel sangue fraterno,
le consigliò di parlarne ad un tal Peredeo, uomo audace e fortissimo.
Siccome anche questi esitava, la Regina prese il luogo d'una cameriera
amante di lui, e quando erano insieme, facendosi riconoscere, gli
disse, che se esitava ancora, avrebbe rivelato al Re quanto era seguito
fra di loro. Così venne finalmente deciso il delitto. Un giorno, dopo
il meriggio, quando il Re avvinazzato s'era addormentato, Rosmunda
legò la spada che pendeva a capo del letto, in modo che non si potesse
sguainare. Non andò guari che Peredeo entrò nella camera, gettandosi
sopra Alboino, il quale, dopo avere invano tentato di far uso della
spada, si difese con un panchetto; ma dovè soccombere. Rosmunda sposò
Elmichi, sperando di potersi con lui impadronire del trono. Lo sdegno
dei Duchi longobardi fu però tale, che gli autori del delitto dovettero
invece pensare alla fuga. Chiesero una nave a Longino, il successore di
Narsete, che la mandò da Ravenna su per il Po. In essa con pochi
soldati, con Albsuinda figlia d'Alboino, ridiscesero il fiume.
Rosmunda, secondo la leggenda, concepì allora il pensiero di sposare
Longino, ed a tal fine dette il veleno a Peredeo, quando egli era nel
bagno. Ma essendosene questi accorto, obbligò colla punta della spada
anche lei a beverlo, e così morirono ambedue. Longino mandò a
Costantinopoli la giovane Albsuinda, con le gioie che la madre
aveva portate seco fuggendo. Tutta questa leggenda proverebbe, secondo
il Ranke, che fra i Longobardi v'era allora grave dissenso, una parte
di essi volendo aderire ai Bizantini, un'altra opponendovisi. Certo è
che l'indignazione provocata dal tradimento fece andare a monte tutti i
disegni di Rosmunda, e trionfare il partito nazionale.
Ma neppure i Duchi eran fra di loro d'accordo. A successore d'Alboino,
elessero Clefi duca di Bergamo, del quale sappiamo solo che dopo un
anno e mezzo di regno fu ucciso da uno schiavo (575). E intanto si
continuava a tener sempre la stessa incerta condotta politica, senza
cioè nessuna unità di concetto. Già nel 569 e '70, come accennammo,
alcuni dei Duchi avevano assalito i Franchi ed erano stati battuti.
Un altro assalto poco fortunato del pari era stato dato dai Sassoni,
che facevano parte dell'esercito longobardo, e volevano vedere se era
possibile aprirsi una via per tornarsene a casa. Essi erano, lo abbiamo
già detto, in numero di 20,000, e non avendo potuto dai Longobardi
ottenere di vivere in Italia, _proprio iure_, cioè secondo le loro
consuetudini e le loro istituzioni, avevano deciso di andarsene. Nel
573 partirono colle famiglie e gli averi, ottenuto libero passaggio
dai Franchi, ai quali non poteva certo dispiacere che le forze dei
Longobardi si assottigliassero. Questi tuttavia, per la speranza
di preda, continuarono nel 574-76, i loro mal consigliati attacchi,
ma furono di nuovo respinti con energia. Finalmente si venne ad un
accordo, che per qualche tempo assicurò la pace.
Ma questa pace, aggiunta al fatto che i Bizantini, occupati com'erano
nella guerra persiana, nulla potevano fare in Italia, garantendo ai
Longobardi la sicurezza esterna, provocò la discordia fra di loro.
Infatti, morto Clefi nel 575, i Duchi non si poterono intendere fra
loro sulla scelta del nuovo re, e finirono col farne senza, lasciando
che ciascuno di essi governasse il suo Ducato in proprio nome, come
sovrano indipendente. E così continuarono per dieci anni, fino a che,
tornato il pericolo esterno, dovettero decidersi a ricostituire la
monarchia. Per ora l'Italia longobarda restava divisa in trentasei
Ducati, d'una sola parte dei quali (come Pavia, Brescia, Trento,
Cividale, Milano, Spoleto e Benevento) conosciamo con sicurezza i nomi.
Di altri non pochi i nomi si sanno con qualche incertezza,[32] e meno
ancora si conoscono quelli dei Duchi.
Questo nuovo stato di cose tornò certamente a danno delle popolazioni
italiane. Da principio la venuta dei Longobardi, non ostante la
violenza della conquista, assai poco contrastata del resto, aveva
portato qualche sollievo, liberando le popolazioni dalla insopportabile
oppressione fiscale dei Bizantini, costituendo una forma più stabile
di governo, dando una maggiore sicurezza, dopo che Narsete, irritato
per essere stato deposto, aveva abbandonato tutto al caso, per non
dire all'anarchia. E di questo miglioramento al tempo d'Alboino, noi
troviamo conferma nelle parole stesse di Paolo Diacono. Egli infatti,
ricordando l'abbondantissima raccolta che s'ebbe nel primo anno del
dominio longobardo, aggiunge che le popolazioni italiane «crebbero
come le biade.» Non ci parla ancora della divisione che si fece poco
dopo delle terre; sicchè è possibile supporre che incominciassero
coll'impadronirsi dapprima solo di quelle che dai Goti erano passate al
fisco bizantino, e del danaro da esso raccolto.
Sospesa però la monarchia, continua Paolo Diacono, le cose, durante
l'interregno, peggiorarono assai, perchè invece d'un padrone, se ne
ebbero trentasei, i quali, ciascuno a suo modo, taglieggiarono il
paese. Molti dei nobili romani, ricchi possessori di latifondi, furono
uccisi dai Duchi, che s'impadronirono delle loro terre. Gli altri,
divisi fra i vincitori, ne divennero tributari, costretti a pagar
loro un terzo delle proprie entrate, _tertiam partem suarum frugum_.
E questo, possiam noi osservare, era peggio che dare un terzo delle
terre, perchè non restava agl'Italiani nessuna libera proprietà. Oltre
di ciò, molte chiese furon saccheggiate dagl'invasori ariani, i quali
uccisero anche parecchi sacerdoti, per spogliarli delle loro sostanze,
come avevano fatto dei nobili; e così in mille modi angariarono le
popolazioni.
Male assai si trovarono allora Roma ed il Papa, circondati, minacciati
com'erano dai Longobardi, sopra tutto dai Duchi di Spoleto e di
Benevento. Le comunicazioni con Ravenna erano interrotte per modo che,
morto nel luglio del 574 papa Giovanni III, il suo successore Benedetto
I solo dopo dieci mesi fu consacrato, non essendo stato possibile aver
prima la sanzione imperiale, della quale nel 579 Pelagio II dovette
decidersi a fare addirittura a meno. Tutto questo spinse più tardi
a cercar di costituire in Roma un proprio esercito per difendersi,
ed a trovare una propria forma di governo autonomo. Ma per ora si
continuava sempre a sperare, a cercare aiuto dai Bizantini. Da Longino
però non c'era, per la sua incapacità, nulla da aspettarsi. Baduario,
parente dell'Imperatore, era stato, è vero, mandato da Costantinopoli
a succedergli; ma prima che arrivasse a Ravenna, fu nella Campania,
poco lungi da Napoli, battuto in uno scontro avuto coi Longobardi,
e poco dopo morì (576). Si pensò quindi di rivolgersi direttamente
all'Imperatore, cui furono spediti ambasciatori, che gli portarono
tremila libbre d'oro, perchè mandasse dei soldati a difendere il Papa
e la Città eterna contro i barbari e contro gli Ariani, sostenendo
così nello stesso tempo l'autorità dell'Impero e della Chiesa. Ma
nel 578 l'imperatore Giustino II era ammattito, e Tiberio II, che ne
faceva le veci e poi gli successe, trovandosi occupato nella guerra
persiana, non poteva fare nulla per l'Italia. Consigliò quindi ai
Romani, che si valessero del danaro che gli avevan portato, per indurre
invece i Longobardi a desistere dalla guerra. Non riuscendovi, egli
diceva, provassero di persuadere con esso i Franchi ad attaccarli.
Certo è che i Bizantini erano in Italia ridotti a tale impotenza, che
il Duca di Spoleto potè nel 579 impadronirsi di Classe, che era il
porto di Ravenna sull'Adriatico, e rimase in mano dei Longobardi fino
al 588. Essi scorrazzavano liberamente anche il territorio intorno a
Perugia; e il Duca di Benevento assediava Napoli, che resistette però
valorosamente (581). Fu saccheggiato e distrutto (l'anno preciso è
incerto) il convento di Montecassino, e i monaci dovettero fuggirsene
a Roma, portando seco la regola autografa di S. Benedetto, e fondando
colà un nuovo convento.
Durante questo _lacrimabile bellum_, come lo chiamarono i cronisti,
papa Pelagio II, abbandonato dall'Impero, minacciato dai Longobardi,
si rivolse la prima volta ai Franchi. Il 5 ottobre 580[33] secondo
alcuni, 581 secondo altri, egli scriveva al vescovo di Auxerre,
perchè ricordasse ai Franchi «che essi, come ortodossi, avevano da
Dio l'obbligo di difendere Roma e tutta Italia dalla nefandissima
gente dei Longobardi, dai quali si dovevano separare, se non volevano
esporsi alla stessa fine che a questi era certamente fra poco
serbata.» E quello che è più singolare, tali pratiche venivano ora
secondate dall'Imperatore stesso, presso il quale, in nome del Papa,
continuamente insisteva l'apocrisario Gregorio, quegli che fu poi
Gregorio Magno, uno dei più grandi uomini del secolo. L'imperatore
Maurizio di Cappadocia, che nel 582 era successo a Tiberio II, per
indurre i Franchi ad assalire i Longobardi, mandava loro la somma di
cinquantamila aurei. E così finalmente i Longobardi vennero a un tratto
assaliti con tale impeto, che dovettero rinchiudersi nelle città per
difendersi. Ma i Franchi al solito furono di nuovo travagliati dalla
guerra civile, e quindi, mediante ricchi donativi, vennero facilmente
indotti a tornarsene a casa.
È qui opportuno osservare come fin d'ora comincino chiaramente a
delinearsi alcuni caratteri, che si riproducono poi costantemente
in tutta quanta la storia d'Italia. Per opera dei Longobardi la
Penisola è già divisa in brani staccati, che non si riesce più a
riunire stabilmente fra loro. Il potere civile ed il religioso si
trovano in opposizione, e comincia quella lotta fra la Chiesa e lo
Stato che riempie tutto quanto il Medio Evo, nè ancora oggi è cessata.
I Papi fin da questo momento iniziano coi Franchi quella politica,
che per due secoli costantemente seguirono, che trionfò ai tempi di
Pipino e di Carlo Magno, nè fu mai da essi abbandonata del tutto. In
questo momento però i Franchi essendosi ritirati, il Papa si rivolse
di nuovo all'Imperatore. Il 4 ottobre 584, egli scriveva al suo
apocrisario Gregorio, perchè esponesse in Costantinopoli quali erano
le _necessitates vel pericula totius Italiae_, e le tribolazioni con
le quali i Longobardi continuamente affliggevano il Ducato romano,
affinchè si mandasse almeno un Maestro dei Militi ed un Duca, non
potendo l'esarca Decio far nulla per difendere Roma, giacchè a
mala pena egli era in grado di difendere le altre province italiane
dell'Impero. Questa lettera è notevole anche perchè ci dà la prima
menzione ufficiale che abbiamo finora del titolo di Esarca. Nel 585
venne da Costantinopoli _Smaragdus_ o Smeraldo, con buon nucleo di
genti, _firmo copiarum supplemento_. Egli che fu certamente uno dei
primi Esarchi, si pose subito con grande energia ed accortezza a
riannodare gli accordi coi Franchi contro i Longobardi.


CAPITOLO II
Ricostituzione della Monarchia — Elezione di Autari — Sue guerre coi
Bizantini e coi Franchi — Matrimonio con Teodolinda — Condizione dei
vinti

Dinanzi alla minacciata alleanza dei Bizantini e dei Franchi,
i Longobardi furono costretti a pensare sul serio ai casi loro.
Si decisero quindi a ricostituire la monarchia, per dare unità
all'amministrazione, e sopra tutto alla difesa. Adunatisi a Pavia, tra
la fine del 584 e i primi del 585, elessero a loro re Autari figlio
di Clefi. Era adesso necessario costituirgli un patrimonio, una lista
civile, perchè potesse mantenersi con decoro, e pagare gli ufficiali
della Corte. A questo fine i Duchi gli fecero cessione d'una metà dei
loro averi, quelli che avevano tolti ai nobili uccisi o che in altro
modo avevano confiscati. Restava sempre ad essi il terzo della rendita
delle terre possedute dai Romani. Si vuole però da alcuni scrittori,
che ora appunto questo terzo della rendita venisse mutato in un terzo
delle terre, il che avrebbe lasciato gli altri due terzi in proprietà
libera agli antichi possessori, e ciò sarebbe stato a loro vantaggio.
Essendo poi negli ultimi anni cresciuto non poco il numero delle
province occupate dai Longobardi, è assai probabile che si procedesse
ad una divisione delle nuove terre, a vantaggio di coloro che avevano
dovuto cedere al Re parte dei propri averi. Su tutto ciò hanno avuto
luogo dispute infinite, e le parole a questo proposito adoperate da
Paolo Diacono furono torturate in mille modi, per trovarvi quello che
non v'era, per fargli dire quello che non disse nè poteva dire sopra
un argomento che forse egli stesso imperfettamente conosceva, essendo
vissuto circa due secoli più tardi. Dice infatti solamente che i Duchi
cedettero metà delle loro sostanze al Re, e che i popoli tributari
furono divisi tra i vincitori (_populi tamen adgravati per langobardos
hospites partiuntur_, III, 16). Dedurre da ciò, come molti pretesero,
che i Romani non solo peggiorarono assai la loro condizione, ma furono
ridotti allo stato di schiavi o quasi, non è possibile; si può anzi
asserire che una tale deduzione contraddice alle parole dello storico.
Paolo Diacono, dopo aver detto che la cessazione della monarchia
fu a grave danno dei Romani, parlando della ricostituzione di essa,
aggiunge: «in questo regno nessuno era angariato, oppresso o spogliato;
a tutti si rendeva giustizia; non si commettevano furti; ognuno andava
sicuro dove voleva.» Non sarebbe questo certamente il linguaggio di chi
avesse voluto dire che sotto Autari le cose erano assai peggiorate. E
noi sappiamo che tutto allora, nella pace e nella guerra, procedette
con maggiore ordine e regolarità; che la lunga durata del dominio
longobardo si deve alla ricostituzione della monarchia, ed in parte
anche all'opera personale del re Autari.
Dinanzi alla minaccia d'un accordo tra Franchi e Bizantini, i
Longobardi tentarono di fare alleanza coi primi. Ma non vi riuscirono,
perchè l'accordo fu rotto quasi prima che concluso, e si combattè
nuovamente da ogni parte. Nel 587 i Longobardi guerreggiavano nel
Friuli e nell'Istria contro i Bizantini, ai quali l'anno appresso
tolsero l'isola Comacina che era fortificata. Nello stesso tempo
Smeraldo ripigliava finalmente Classe, ed i Franchi scendevano per
lo Spluga a combattere i Longobardi. Ma Autari era questa volta
apparecchiato, e si precipitò contro di essi con tale impeto, che li
vinse, facendone addirittura strage. _Tantaque_, dice Paolo Diacono
(III, 29) _ibi strages facta est de Francorum exercitu, quanta usque
ibi non memoratur_.
Il non avere Smeraldo, in questa occasione, dato nessuno aiuto ai
Franchi dispiacque all'Imperatore. Ma ad aggravar la cosa s'aggiunse
la condotta assai imprudente e poco misurata che egli tenne nella
questione religiosa. Il Papa, per secondare l'Imperatore e porre
termine alla disputa oziosa ed incresciosa dei _Tre Capitoli_, li aveva
condannati, dicendo che la condanna si poteva tenere già implicitamente
ammessa anche dal Concilio di Calcedonia. Ma le popolazioni dell'Istria
e della Venezia vennero allora in preda ad una tale agitazione, che
minacciavano addirittura uno scisma. E Smeraldo, invece di calmare
quest'agitazione, come gli era stato ordinato da Costantinopoli,
ricorse alla violenza, facendo imprigionare e condurre a Ravenna
alcuni vescovi per punirli. In conseguenza di ciò fu richiamato, e gli
successe l'esarca Romano (589) che si dimostrò assai più accorto.
In questo mezzo Autari, pensando sempre più a raffermare sul trono sè
stesso e la propria famiglia, si decise a prender moglie, e chiese la
mano di Teodolinda, figlia di Garibaldo duca di Baviera, che dipendeva
da Childeberto re dei Franchi, col cui regno il suo Ducato confinava.
La scelta era suggerita da ragioni politiche, perchè in caso di
guerra coi Franchi, l'alleanza della Baviera poteva molto giovare ad
Autari. Si narra che, giunta favorevole risposta alla prima domanda,
egli, travestito da ambasciatore, partì subito con altri, per fare la
richiesta ufficiale (588). E come si trovò in presenza della giovane
sposa, fu talmente preso dalla bellezza di lei, che quando ella,
secondo il costume, portò loro da bere, non sapendo più trattenersi, le
baciò furtivamente la mano, il che rivelò che egli era lo sposo. Giunto
poi al confine, Autari, rizzandosi sulle staffe, si fece riconoscere
da tutti, lanciando con vigore la scure ad un albero, ed esclamando: —
Così ferisce il re dei Longobardi. — Alla notizia di queste trattative
di matrimonio, Childeberto fu così irritato, che mosse guerra alla
Baviera, e Teodolinda dovè fuggire in fretta col fratello Gundebaldo,
il quale la condusse a Verona, dove fu incontrata dallo sposo; ed il 5
maggio 589 si celebrarono le nozze.
Questo matrimonio inasprì per modo i Franchi, che mossero ad un assalto
improvviso contro Autari, il quale venne preso alla sprovvista, e si
sarebbe trovato a mal partito, se la guerra civile scoppiata al solito
nel loro paese non li avesse obbligati a ritirarsi. A questa ritirata
contribuirono forse anche le inondazioni che desolarono per modo la
Gallia e l'Italia, che Paolo Diacono dice non essersi mai visto nulla
di simile dopo il diluvio universale. In conseguenza di che scoppiò poi
anche la peste bubbonica, di cui, fra gli altri, fu vittima lo stesso
Pelagio II. Successe papa Gregorio Magno consacrato il 8 settembre 590,
che tanta parte doveva avere nella storia d'Italia, e che più volte si
trovò a lottare energicamente contro i Longobardi.
Appena vi fu un poco di tregua a queste calamità, Autari continuò la
sua opera di organizzazione del regno, estendendo sempre più le sue
conquiste nell'Italia superiore. La leggenda però che egli giungesse
fino a Reggio di Calabria, esclamando: — Qui sono i confini del
regno d'Autari, — non merita nessuna fede. Si fece probabilmente
confusione con Reggio d'Emilia. Nel sud già v'erano allora i Ducati
di Spoleto e di Benevento; oltre di che Autari non poteva troppo
allontanarsi dal nord ora che l'Imperatore eccitava continuamente i
Franchi a ripigliare la guerra che avevano promesso di fare, e per la
quale invano egli aveva loro mandato danaro. «Era omai tempo, così
scriveva, di passare dalle parole ai fatti, _enarrata viriliter...
peragere_.» L'esarca Romano riuscì finalmente a stringere con essi
gli accordi per un assalto da muoversi in comune contro i Longobardi.
E nella primavera del 590 i Franchi s'avanzarono da una parte verso
Milano, da un'altra, per la valle dell'Adige, verso Verona. Da Ravenna
s'avanzarono nello stesso tempo i Bizantini, e molte terre, e parecchi
Duchi longobardi spontaneamente si sottomisero ad essi. Fra i Duchi
serpeggiava allora non poco scontento, alcuni essendo stati avversi
alla ricostituzione della monarchia, altri avendo sperato d'essere
eletti in luogo d'Autari. Profittando di ciò, s'era fissato, secondo
gli accordi presi, che fra tre giorni i Franchi ed i Bizantini si
sarebbero trovati insieme uniti contro i Longobardi. Il fumo del fuoco,
che i Bizantini avrebbero acceso sopra un vicino colle, sarebbe stato
il segnale del loro arrivo. Ma nulla di tutto ciò avvenne. I Franchi,
senza aver fatto altro che saccheggiare, improvvisamente si ritirarono,
accusando i Bizantini di non essersi avanzati, e di averli lasciati
soli. L'esarca Romano invece scriveva a re Childeberto, «che s'era
sul punto di circondare i Longobardi, quando seppe che già i Franchi
trattavano accordo con Autari. Aveva dovuto ordinare la ritirata,
appunto quando era giunto il momento di poter liberare affatto l'Italia
dalla nefandissima gente dei Longobardi.» E poco dopo esprimeva la
speranza, che il Re volesse ricominciare la guerra, «mandando in Italia
fidati capitani, _dignos duces_, i quali non pensassero solo a far
prigionieri i Romani, ed a saccheggiare le loro terre.» Ma non se ne
fece altro. Il fatto vero è che Franchi e Bizantini s'erano intesi nel
voler cacciare i Longobardi dall'Italia, ma ognuno di loro la voleva
poi tenere per sè. E però andavano d'accordo nell'attaccare il nemico
comune; ma quando la vittoria diveniva probabile, subito si dividevano,
ed agivano ciascuno per conto proprio, anzi gli uni a danno degli
altri. Tutto questo, com'era naturale, riusciva a vantaggio di Autari,
il quale s'era perciò assai rafforzato, quando il 5 settembre 590 cessò
di vivere.
Autari si può ritenere uno dei principali fondatori del regno
longobardo. Egli, come Odoacre, come altri barbari, prese il nome
di Flavio, e con ciò sembrava volesse andare d'accordo coll'Impero.
Ma Odoacre e Teodorico erano venuti in Italia a governarla in nome
dell'Imperatore; Alboino ed i Longobardi invece erano venuti in
loro proprio nome, e la nuova monarchia da essi fondata fu affatto
indipendente, anzi più volte mosse guerra ai Bizantini, che voleva
cacciare addirittura dall'Italia. I Longobardi furono i primi barbari
che fecero in Italia vere e proprie leggi, sanzionandole senza punto
occuparsi dell'Imperatore. Nè ai Romani fu lasciato allora nessuno
dei privilegi concessi loro da Teodorico. In sostanza i barbari sono
ora finalmente divenuti padroni del paese, e non vogliono riconoscere
altra legge, altra autorità che la loro. E questo contribuì non poco a
diffondere l'erronea opinione, che gl'Italiani fossero allora ridotti
nella condizione di servi o per lo meno di aldi, il che vorrebbe dire
una semi-servitù. A sostegno di questa tesi si torturarono, come già
accennammo, le parole di Paolo Diacono. Altro argomento favorevole
ad essa si credette trovarlo nel fatto, che la legge longobarda fissa
il guidrigildo da pagarsi per la uccisione di un Longobardo, e nulla
dice per quella d'un Romano. La vita adunque dei vinti, si disse,
non aveva pei vincitori nessun valore, perchè essi erano schiavi.
Ma dedurre così gravi conseguenze dal solo silenzio della legge, è
addirittura eccessivo. Il silenzio, fu osservato dal Capponi, potrebbe
anche significare che il guidrigildo dei vinti era fissato dalla
consuetudine. Potrebbe provare, arrivò a dire invece il Sybel, che
teoricamente almeno non si facesse differenza alcuna tra la vita del
Romano e quella del Longobardo; ed il guidrigildo sarebbe stato perciò
nei due casi identico. Ma non è facile credere che i vinti non fossero
trattati assai peggio dei vincitori.
Del resto la opinione una volta tanto diffusa della servitù dei Romani,
è adesso abbandonata. Riesce piuttosto difficile comprendere come
potesse essere stata accolta così largamente, senza tenere nessun
conto delle enormi difficoltà che si oppongono a renderla credibile.
Ed in vero è egli mai possibile che, se i Longobardi avessero tolto
la libertà personale ai Romani, di un fatto così importante non si
trovasse mai nelle cronache, nelle leggi, nei documenti pubblici
o privati una sola esplicita menzione? E dato pure che ciò fosse
possibile, si può supporre che questi schiavi o servi o aldi che siano,
arrivassero, come arrivarono, alla piena libertà, senza che neppure
d'una tale e tanta rivoluzione rimanesse traccia o ricordo alcuno?
Siccome poi, nelle continue guerre fra Longobardi e Bizantini, molte
erano le terre che passavano ripetutamente dagli uni agli altri, e
viceversa, così bisognerebbe supporre ancora, che gli abitanti di
queste terre passassero dalla libertà alla schiavitù e dalla schiavitù
alla libertà, senza che un grido di gioia, di protesta o di dolore
s'udisse mai; senza un tentativo di ribellione, senza che il fatto
stesso venisse mai da nessuno ricordato. V'erano inoltre latifondi
che appartenevano ad un solo proprietario, e si trovavano parte in
territorio bizantino, parte in longobardo. Si deve forse credere che
i coltivatori, i possessori di queste terre fossero schiavi quando
si trovavano in una parte del loro fondo, liberi quando si trovavano
in un'altra? Le lettere di Gregorio Magno parlano di cittadini romani
che dimoravano nelle terre longobarde di Brescia e di Pisa. Erano essi
liberi? E allora perchè non potevano essere liberi anche gli altri
Romani? Divenivano invece servi quando abitavano in paese longobardo?
E allora si dovrebbe credere, che essi lasciassero le terre bizantine,
dove erano liberi, per andare di propria volontà a divenire schiavi
sotto i Longobardi? E se poi si ammettesse, come alcuni suppongono, che
rimanessero liberi gli operai delle città, i quali nulla possedevano,
You have read 1 text from Italian literature.
Next - Le invasioni barbariche in Italia - 19
  • Parts
  • Le invasioni barbariche in Italia - 01
    Total number of words is 4308
    Total number of unique words is 1601
    37.9 of words are in the 2000 most common words
    56.7 of words are in the 5000 most common words
    65.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 02
    Total number of words is 4438
    Total number of unique words is 1511
    39.5 of words are in the 2000 most common words
    55.4 of words are in the 5000 most common words
    63.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 03
    Total number of words is 4385
    Total number of unique words is 1579
    41.5 of words are in the 2000 most common words
    58.0 of words are in the 5000 most common words
    65.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 04
    Total number of words is 4415
    Total number of unique words is 1649
    41.5 of words are in the 2000 most common words
    57.1 of words are in the 5000 most common words
    65.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 05
    Total number of words is 4365
    Total number of unique words is 1422
    41.5 of words are in the 2000 most common words
    58.8 of words are in the 5000 most common words
    66.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 06
    Total number of words is 4435
    Total number of unique words is 1533
    42.7 of words are in the 2000 most common words
    60.0 of words are in the 5000 most common words
    67.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 07
    Total number of words is 4453
    Total number of unique words is 1610
    40.9 of words are in the 2000 most common words
    57.3 of words are in the 5000 most common words
    67.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 08
    Total number of words is 4486
    Total number of unique words is 1647
    42.0 of words are in the 2000 most common words
    58.6 of words are in the 5000 most common words
    66.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 09
    Total number of words is 4431
    Total number of unique words is 1477
    43.6 of words are in the 2000 most common words
    60.1 of words are in the 5000 most common words
    67.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 10
    Total number of words is 4421
    Total number of unique words is 1539
    40.9 of words are in the 2000 most common words
    58.2 of words are in the 5000 most common words
    66.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 11
    Total number of words is 4352
    Total number of unique words is 1515
    40.1 of words are in the 2000 most common words
    56.3 of words are in the 5000 most common words
    64.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 12
    Total number of words is 4374
    Total number of unique words is 1656
    40.3 of words are in the 2000 most common words
    56.6 of words are in the 5000 most common words
    65.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 13
    Total number of words is 4382
    Total number of unique words is 1531
    43.1 of words are in the 2000 most common words
    59.5 of words are in the 5000 most common words
    68.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 14
    Total number of words is 4430
    Total number of unique words is 1580
    40.3 of words are in the 2000 most common words
    57.5 of words are in the 5000 most common words
    67.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 15
    Total number of words is 4384
    Total number of unique words is 1578
    42.1 of words are in the 2000 most common words
    59.6 of words are in the 5000 most common words
    68.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 16
    Total number of words is 4393
    Total number of unique words is 1568
    40.6 of words are in the 2000 most common words
    58.3 of words are in the 5000 most common words
    67.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 17
    Total number of words is 4381
    Total number of unique words is 1585
    41.9 of words are in the 2000 most common words
    59.8 of words are in the 5000 most common words
    67.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 18
    Total number of words is 4383
    Total number of unique words is 1493
    44.1 of words are in the 2000 most common words
    60.3 of words are in the 5000 most common words
    68.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 19
    Total number of words is 4378
    Total number of unique words is 1511
    40.1 of words are in the 2000 most common words
    56.1 of words are in the 5000 most common words
    63.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 20
    Total number of words is 4407
    Total number of unique words is 1617
    41.5 of words are in the 2000 most common words
    57.6 of words are in the 5000 most common words
    66.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 21
    Total number of words is 4399
    Total number of unique words is 1508
    40.7 of words are in the 2000 most common words
    57.2 of words are in the 5000 most common words
    65.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 22
    Total number of words is 4374
    Total number of unique words is 1521
    39.8 of words are in the 2000 most common words
    57.0 of words are in the 5000 most common words
    66.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 23
    Total number of words is 4382
    Total number of unique words is 1427
    42.0 of words are in the 2000 most common words
    58.3 of words are in the 5000 most common words
    66.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 24
    Total number of words is 4422
    Total number of unique words is 1453
    40.8 of words are in the 2000 most common words
    54.9 of words are in the 5000 most common words
    63.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 25
    Total number of words is 4472
    Total number of unique words is 1441
    43.5 of words are in the 2000 most common words
    59.2 of words are in the 5000 most common words
    67.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 26
    Total number of words is 4549
    Total number of unique words is 1572
    43.1 of words are in the 2000 most common words
    61.1 of words are in the 5000 most common words
    69.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 27
    Total number of words is 4489
    Total number of unique words is 1533
    42.8 of words are in the 2000 most common words
    57.7 of words are in the 5000 most common words
    66.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 28
    Total number of words is 4431
    Total number of unique words is 1563
    39.8 of words are in the 2000 most common words
    56.9 of words are in the 5000 most common words
    65.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 29
    Total number of words is 3739
    Total number of unique words is 1103
    34.7 of words are in the 2000 most common words
    51.3 of words are in the 5000 most common words
    60.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 30
    Total number of words is 3721
    Total number of unique words is 1100
    35.9 of words are in the 2000 most common words
    51.4 of words are in the 5000 most common words
    60.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 31
    Total number of words is 3607
    Total number of unique words is 1066
    33.7 of words are in the 2000 most common words
    49.9 of words are in the 5000 most common words
    58.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 32
    Total number of words is 2427
    Total number of unique words is 815
    36.8 of words are in the 2000 most common words
    51.3 of words are in the 5000 most common words
    62.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.