Le invasioni barbariche in Italia - 09

Total number of words is 4431
Total number of unique words is 1477
43.6 of words are in the 2000 most common words
60.1 of words are in the 5000 most common words
67.7 of words are in the 8000 most common words
Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
Primo a subire il duro destino che Ricimero serbava ai suoi eletti,
fu Avito. Quando egli s'avvide che a Roma non trovava favore, che il
barbaro faceva da padrone, si sentì come mancare il terreno sotto i
piedi, e pensò d'andarsene nella Gallia, dove era stato eletto, per
raccogliere colà un esercito e tornare con esso in Italia, sperando
così di potersi meglio raffermare sul trono. Ma questo suo intendimento
accrebbe invece le antipatie dei Romani, ai quali non poteva certamente
piacere il vederlo andare a cercare aiuto nella provincia, diffidando
della capitale. E nell'ottobre del 456 Ricimero potè arrestarlo a
Piacenza, costringendolo poi a prendere la tonsura ed a farsi vescovo.
Il potere imperiale si trovò allora nelle sue mani, fino a che egli non
si decise a far eleggere un successore.
Uno stato di cose affatto simile si riproduceva quasi
contemporaneamente in Costantinopoli, per arrivare però ad opposti
resultati. Dopo la morte di Marciano, si poteva dire anche in Oriente
estinta ogni traccia della dinastia di Teodosio. Il potere effettivo
cadde del pari nelle mani d'un generale barbarico, Aspar, il quale era
ariano e comandava i soldati goti. Ciò nonostante, egli fece eleggere
imperatore Leone I, valoroso soldato della Dacia, ortodosso, che fu
acclamato dall'esercito il 7 febbraio 457. Questi assunse la porpora e
fu consacrato dal patriarca di Costantinopoli, consacrazione che era
un fatto assolutamente nuovo. Si volle forse con essa supplire alla
mancanza d'ogni titolo ereditario. Non parendo che bastasse la sola
acclamazione dell'esercito, si dette alla Chiesa un'autorità che essa
non aveva mai avuta in passato, e della quale seppe meravigliosamente
profittare nell'avvenire. Se ne avvantaggiò intanto il nuovo
Imperatore, che ben presto dimostrò di essere un uomo atto più a
disfare gli altri che a lasciarsi disfare.
Vedendo che l'Italia dal 456 ai primi mesi del 457 era rimasta senza
imperatore, egli propose che s'eleggesse Giulio Valerio Maioriano.
Questi era stato un altro valoroso soldato di Ezio, era amico di
Ricimero; e dopo aver con onore combattuto i Vandali, l'aveva aiutato
a deporre Avito, ricevendone in compenso la nomina di _Magister
militum_. La proposta della sua elezione fu subito accolta con favore,
non tanto da Ricimero, che in sostanza pareva più che altro piegarsi
per prudenza alla volontà di Leone I, quanto dai Romani e dal Senato,
i quali, dopo un imperatore straniero come Avito, ne vedevano assai
volentieri uno che tenevano dei loro. E così il 1º di aprile, presso
Ravenna, Maioriano prese la porpora, e subito dopo scrisse al Senato
una lettera nella quale, con un linguaggio degno degli antichi tempi
di Roma, assicurava che la giustizia, la virtù, la lealtà avrebbero
sotto di lui trionfato. E fece quanto potè per mantenere la promessa.
Cercò di sollevar le province dalle troppo gravi tasse, sopra tutto
dagli arbitrii del fisco, che le rendeva ancora più incomportabili; e
tutte le sue leggi furono ispirate da questi nobili sentimenti. Egli
sapeva d'essere stato messo sul trono con uno scopo più militare, che
politico; appoggiandosi quindi al Senato ed ai Romani, cominciò col
tenere a freno le province, sopra tutto i Visigoti, verso i quali die'
prova di grande energia in una spedizione che fece nella Gallia.
Il pericolo dominante erano però sempre i Vandali. A combatterli,
nell'interesse dell'Occidente e dell'Oriente, egli s'apparecchiò per
tre anni continui, cercando di mettere insieme un poderoso esercito,
che venne ingrossato ancora cogli aiuti mandati da Costantinopoli.
Apparecchiò una flotta di 300 navi, essendo suo intendimento andare
nella Spagna, e di là passare poi in Africa. Ma le difficoltà furono
assai maggiori che non pensava. Ricimero sembrava starsene a guardare
senza aiutarlo; i Visigoti nella Spagna gli si mostravano avversi.
Genserico, sempre minaccioso e forte, devastò la costa africana, perchè
il nemico non vi trovasse vettovaglie, ed avvelenò anche l'acqua dei
pozzi. Ma quello che è più, riuscì a forza d'astuzie e di tradimenti ad
impadronirsi d'una parte della flotta di Maioriano, ed a distruggerne
il resto. Se questi fosse riuscito nella sua impresa contro i Vandali,
sarebbe certo divenuto potentissimo, ed avrebbe annullato la forza e
l'autorità di Ricimero. Ma successe invece il contrario: fu vinto,
e dovette ritirarsi umiliato. Traversando la Gallia, venne poco a
poco abbandonato dai suoi alleati; e giunto al di qua delle Alpi,
colla propria guardia, fu il 2 agosto del 461, a Tortona, affrontato,
disfatto ed ucciso dai soldati di Ricimero, che di nuovo restò solo
padrone in Italia.
Nel novembre egli fece eleggere Libio Severo, che stette quattro
anni sul trono; ma di lui non si sa nulla, giacchè par che Ricimero
continuasse a farla da padrone. Genserico intanto, il quale non aveva
mai dimenticato la rotta che da questo aveva avuta nel '56, cercava
ora di rendergli avverso Leone I, con la speranza, dopo averli prima
o poi separati del tutto, di riuscire a far eleggere in Occidente
un imperatore di suo gradimento. A tal fine aveva già mandato a
Costantinopoli Eudossia con la figlia. Ma Ricimero sapeva anche
giocare d'astuzia; e quando dopo la morte di Severo (novembre 465)
l'Italia era restata diciotto mesi senza imperatore, e Leone I mostrò
desiderio che venisse eletto Procopio Antemio, egli, pigliando la
palla al balzo, lo fece subito eleggere (467), e poco dopo ne sposò la
figlia. Così l'Oriente e l'Occidente si trovarono invece nuovamente
alleati, e si cominciarono insieme grandi apparecchi di guerra, per
farla una volta finita coi Vandali. Si narra che a Costantinopoli
raccogliessero 130,000 libbre d'oro e mille navi, che partirono con 100
mila uomini nella primavera del 468. A questa impresa però, con tanta
cura apparecchiata, nocque assai l'attitudine ostile dei due generali
barbari, onnipotenti l'uno a Roma, l'altro a Costantinopoli. Essi
temevano che la vittoria aumentasse, a loro grave danno, l'autorità
dei due Imperatori. E quindi Ricimero colla sua opposizione fece sì che
Maioriano mandasse poca gente all'impresa, alla quale Aspar metteva dal
suo lato più ostacoli che poteva. Fu lui che appoggiò l'infelice idea
d'affidare la direzione della guerra a Basilisco, affatto incapace,
ma fratello della imperatrice Verina che lo aveva proposto. E così,
nonostante il numero preponderante ed il valore grandissimo dimostrato
dai soldati romani, l'impresa andò a male, per gl'inesplicabili
errori commessi dai generali, sopra tutto da Basilisco. La pubblica
fama accusò di tradimento Aspar e più ancora Ricimero, il quale in
un momento decisivo avrebbe, così almeno si diceva, impedito che
andassero in Africa i rinforzi, necessari ad assicurare il resultato
dell'impresa.
Le conseguenze di questa guerra furono molte e gravi. L'orgoglio dei
Vandali ne crebbe a dismisura, l'Oriente ne sentì il danno finanziario
per moltissimi anni; ma quello che è più, le relazioni tra Leone
I ed Aspar s'inasprirono per modo da rendere inevitabile un'aperta
rottura. Aspar andava da un pezzo divenendo sempre più insolente.
S'era fatto promettere, che uno de' suoi figli sarebbe stato assunto
dall'Imperatore a compagno nel governo, e più volte richiese con modi
poco rispettosi l'adempimento della promessa. Queste sue pretese
destavano nella popolazione vivissimo scontento anche perchè egli
era ariano. S'abbandonò poi a una vita dissoluta, e nell'ultima
guerra aveva, come vedemmo, per sua colpa messo a gravissimo pericolo
l'Impero. A tutto questo s'aggiungeva che egli non aveva nè l'audace
energia, nè il valore di Ricimero; che Leone I non era uomo da
rassegnarsi a rimanere strumento passivo nelle mani d'un suo generale;
e i barbari non potevano mai sperare d'acquistare in Oriente la forza
che avevano in Occidente. Consapevole di tutto ciò, l'Imperatore
aumentò nel suo esercito il numero degl'Isaurici, montanari
indipendenti e valorosi del Tauro. Con essi cominciò subito a porre
un argine alla prepotenza dei Goti e degli altri soldati germanici;
e quando nel 471 gli parve giunto il momento opportuno, per mezzo di
questi suoi nuovi soldati, e di Tarasicodissa loro capo, che poi gli
successe nell'Impero col nome di Zenone, fece uccidere Aspar. Ordinò
anche l'uccisione dei tre figli di lui; ma uno si trovava lontano,
un altro si riebbe dalle ferite avute, e quindi ne morì uno solo. Per
questi fatti a Leone I fu dato il titolo di _Macellus_. Egli s'era però
liberato da un padrone incomodo e minaccioso, liberando l'Impero dalla
prepotenza dei Goti e dei loro compagni.
In Italia le cose finirono assai diversamente. Ogni giorno cresceva
la discordia fra Ricimero e l'imperatore Antemio, che pubblicamente
si doleva d'aver dovuto dare sua figlia in isposa ad un barbaro
ancora vestito di pelli. Anche qui un conflitto era quindi divenuto
inevitabile; se non che la forza e l'accortezza del generale barbarico
erano assai preponderanti. Ricimero trovavasi a Milano, alla testa d'un
esercito, col quale nel 472 mosse addirittura all'assedio di Roma, dove
era Antemio, che aveva sempre il favore d'una parte della popolazione.
Nell'esercito assediante si trovava Olibrio, un romano, che Ricimero
voleva far salire sul trono dopo d'aver deposto Antemio. E così si
vide un generale dell'Impero assumere la parte d'Alarico, assediando la
Città eterna, dentro la quale era l'Imperatore stesso. L'assedio durò
alcuni mesi, e finalmente Ricimero entrò in Roma, che s'arrese, parte
per fame, parte per tradimento. Antemio fu ucciso l'11 luglio 472; poco
dopo lo stesso Ricimero morì di emorragia (18 agosto), e ben presto
lo seguì nella tomba Olibrio (28 ottobre). Così ebbe fine il lungo,
confuso e penoso dramma di Ricimero, che lasciò tuttavia dietro di sè
un breve strascico di avvenimenti non molto diversi da quelli finora
narrati.
Egli era stato per sedici anni il padrone dell'Italia, che per opera
sua venne in piena balìa dei barbari. In ciò sta anzi il suo vero
carattere storico. Egli fu il precursore di Odoacre e di Teodorico,
che sono ora per sorgere sulla scena: quasi anello di congiunzione fra
di essi e i generali Stilicone ed Ezio. Durante la sua vita l'Italia
si assuefece a vedere il potere effettivo esercitato da un barbaro,
spesso anche senza pur l'ombra di un Imperatore, che questo potere
esercitasse almeno di nome. E non solo essa venne allora in piena balìa
dei barbari, ma si andò sempre più staccando dall'Africa, dalla Spagna,
dalla Gallia, per costituire una nuova unità politica. I vari elementi
che costituivano ancora l'Impero, l'esercito, cioè, il governo di
Costantinopoli e quello di Ravenna, finirono col venire fra di loro a
conflitto, chiudendo un'epoca, iniziandone un'altra.
Pareva che a Ricimero, nella stessa singolare condizione, collo
stesso potere, dovesse succedere il nipote Gundobaldo, un soldato
burgundo, venuto in Italia per far fortuna coll'aiuto dello zio.
Dopo aver lasciato per cinque mesi vacante il trono d'Occidente, egli
fece nominare imperatore Glicerio, che era _Comes domesticorum_, e fu
proclamato a Ravenna il 5 marzo 473. Ma ora appunto scoppiò il dissenso
con Costantinopoli, dove essendo vicino a morte Leone I, sua moglie
Verina, sempre inframmettente, fece nominare imperatore d'Occidente
Giulio Nepote, suo parente, che però rimase in Oriente fin verso la
metà del 474. Giunto in Italia, esso venne acclamato il 24 giugno di
quell'anno, e vediamo scomparire dalla scena Gundobaldo, che pare
andasse a prendere il posto di suo padre, re dei Burgundi, allora
morto. Glicerio scomparve anch'esso, senza che si sappia nè come, nè
perchè. Certo è solo che fu costretto a lasciarsi consacrare vescovo in
Dalmazia, e che non molto dopo morì.
Del governo di Giulio Nepote, che pur rappresenta la fine di un periodo
storico, sappiamo assai poco. Imposto da Costantinopoli per opera del
partito che aveva colà vinto i barbari, non piaceva punto all'esercito,
che in Italia era barbarico ed aveva eletto Glicerio. Il fatto più
notevole del suo regno fu la pace conclusa coi Visigoti della Gallia.
Con essa, per salvare l'Italia dalla guerra, egli concedeva a quei
barbari ariani l'Auvergne, che dopo essersi validamente difesa, voleva
rimanere unita all'Impero. E ciò gli fece perdere la stima dei Romani,
senza fargli riguadagnare quella dei barbari, che già aveva perduta.
Così lo scontento andò sempre crescendo, e finalmente scoppiò una nuova
ribellione, della quale, come per forza naturale dalle cose, si trovò
a capo il generale Oreste. Questi non ebbe nessuna difficoltà, ora che
l'Impero d'Oriente era in gravissimi disordini, a vincere Nepote, che,
assalito a Ravenna, si rifugiò nell'agosto del 475 a Salona. Colà si
trovava probabilmente ancora vivo Glicerio, che da lui era stato vinto
e costretto a divenir vescovo in quella stessa città della Dalmazia.
Oreste è l'ultimo di quei generali, che per molti anni fecero e
disfecero gl'Imperatori, tenendo nelle loro mani il potere, fino a che
non lo lasciarono addirittura ai soli barbari. E questo definitivo
mutamento fu compiuto appunto per mezzo suo. Nato nell'Illirico,
egli era d'origine romana, e tale era anche sua moglie. Aveva però
dimorato lungamente presso Attila, che lo aveva, come vedemmo, mandato
ambasciatore a Costantinopoli. S'andò così immedesimando sempre più
coi barbari; ed è questa forse la ragione per la quale, riuscito come i
suoi predecessori barbarici ad impadronirsi del potere, non osò neppur
lui assumere la porpora. Osò invece attuare quello che era stato il
disegno invano vagheggiato lungamente da Stilicone e da Ezio. Fece cioè
eleggere imperatore suo figlio, il quale non era vissuto coi barbari,
da parte di madre era più romano di lui: portava il nome di Romolo
Augusto, che per la sua giovane età, venne mutato in quello alquanto
dispregiativo di Romolo Augustolo. E così, come per ironia della sorte,
colui che fu l'ultimo imperatore d'Occidente, portava il nome del primo
re e del primo imperatore di Roma.
Sembrerebbe che Oreste, alla testa dell'esercito, col figlio ancora
minorenne dichiarato imperatore, avesse dovuto sentirsi in una
posizione incrollabile, tanto più che ora appunto Genserico, divenuto
vecchio, s'era indotto a concludere con Ravenna e con Costantinopoli
una pace, per la quale, durante due generazioni, l'Occidente e
l'Oriente furono lasciati tranquilli dai Vandali. Ma invece il germe
della debolezza era nascosto appunto là dove pareva che dovesse
essere l'origine della forza. Le qualità di romano e di barbaro non si
potevano facilmente immedesimare; una delle due doveva soccombere. In
Stilicone noi vedemmo il barbaro soccombere al romano; in Oreste, pei
tempi mutati, avvenne il contrario. L'esercito, alla testa del quale
egli si trovava, era composto di molti e vari elementi: Turcilingi,
Sciri, Eruli, che tutti poco differivano dai Goti. Questi barbari erano
andati da principio aumentando, mediante una continua infiltrazione;
ed ora che essi formavano addirittura l'esercito imperiale in Italia,
volevano prendervi stabile dimora, assicurandosi nella pace e nella
guerra la propria sussistenza, come era seguito in altre province
occidentali dell'Impero. Chiesero perciò il terzo delle terre. Ma qui
appunto nacque il conflitto, che doveva portar la rovina d'Oreste. La
concessione delle terre voleva dire la permanente dimora dei barbari
nell'Italia, lasciata in loro balìa. A questo passo Oreste, che era e
si sentiva di origine romana, non potè decidersi, anzi deliberatamente
si oppose. Ne nacque allora una ribellione dei soldati che lo
abbandonarono, levando sugli scudi Odoacre (23 agosto 476), un barbaro
dell'esercito di Ricimero, con cui aveva assediato Roma. Egli promise
di dare ai soldati quello che avevano chiesto, e che era stato loro
negato. Oreste dovette fuggirsene a Pavia, dove fu inseguito dal suo
rivale, e donde potè a mala pena scampare. La città venne messa a sacco
con una strage che durò due giorni interi, e cessò solamente quando
giunse la notizia che il 28 agosto 476 Oreste era stato preso ed ucciso
a Piacenza. Questa tragedia somiglia molto a quella di Stilicone, nel
408 avvenuta nella stessa città. Allora però il grido era stato: morte
al barbaro; ora invece era: morte al romano.
Odoacre corse a Ravenna, dove trovò il misero Augustolo, ultimo avanzo
della imperiale romanità. Non lo uccise, ma lo confinò nella villa
Lucullana a Pizzofalcone,[22] presso l'antica Napoli, con una pensione
di 6000 solidi. Colà questi visse tranquillo, non si sa bene quanto
tempo, e si adoperò, come vedremo, ad agevolare il trionfo di Odoacre.
Dopo poco tempo morì Genserico, ed anche questo contribuì molto a
rendere più sicura la condizione di Odoacre, col quale si chiude
l'antichità e s'inizia finalmente il Medio Evo. L'Impero d'Occidente è
caduto, la storia d'Italia incomincia.


LIBRO SECONDO
GOTI E BIZANTINI


CAPITOLO I
Odoacre

Odoacre era nato nel 433, e si trovava ora, a 46 anni, alla testa d'un
esercito composto di popolazioni diverse, ognuna delle quali pretendeva
che fosse suo connazionale. I più lo dicono Sciro, e qualcuno lo
suppone figlio di quell'Edecone che insieme con Oreste vedemmo
ambasciatore di Attila a Teodosio II. Certo era di quei barbari che a
tempo di Attila si unirono agli Unni, separandosene poi alla sua morte.
Era ancora assai giovane, quando con una banda di suoi seguaci si
mosse a cercar fortuna in Italia. Traversò allora il Norico, provincia
che per trent'anni (453-82) fu desolata, saccheggiata, abbandonata
all'anarchia. Ivi non esisteva più nessuna forma di governo, e la sola
autorità rimasta a mantenere in vita la società, pareva che fosse
quella di S. Severino, il quale dal suo chiostro, nella solitaria
cella, esercitava una prodigiosa azione morale sulle moltitudini, che
volontariamente gli obbedivano. Ed in quella piccola cella, così narra
la leggenda, entrò Odoacre, che era allora un uomo ignoto. Dovette
piegarsi, perchè era assai alto, e chiese la benedizione del Santo, il
quale, dopo avergliela data, disse: — _Vade ad Italiam_, chè, sebbene
tu sia vestito di vilissime pelli, ti aspetta colà grande fortuna.
— Fra il 460 ed il 470 Odoacre infatti era già in Italia, e nel '72
combatteva nell'esercito di Ricimero sotto le mura di Roma. Nel '76
i suoi soldati lo levarono, come vedemmo, sugli scudi, e prese il
posto di Oreste e di Augustolo ad un tempo. L'ufficio d'Imperatore
d'Occidente, già ridotto ad un'ombra, per la soverchiante potenza dei
generali che ne facevan le veci, è ora scomparso affatto nel barbaro
che ne ha usurpato il posto. E per la prima volta nella storia del
mondo, apparisce l'Italia come una nuova unità politica, indipendente.
Ma un barbaro, che comandava in essa alla testa di un esercito di
barbari, era un fatto talmente privo d'ogni precedente, che non si
vedeva su quale base legale si potesse fondare la sua autorità. Odoacre
non osò quindi assumere il titolo nè d'Imperatore, nè di re d'Italia;
non fu che un re di barbari. E con quale diritto poteva egli allora
comandare nella Penisola, sede antica dell'Impero?
Il solo vero e legittimo sovrano era adesso a Costantinopoli, ed a lui,
tra il 477 e 478, si presentarono perciò due solenni ambascerie. L'una
veniva da Salona, in nome di Nepote, che chiedeva d'essere reintegrato
nei suoi diritti a Ravenna, di dove era stato colla violenza cacciato.
L'altra veniva in nome del Senato e di Augustolo, il quale, assai
probabilmente secondo un patto già prima stipulato con Odoacre, cercava
ora ricompensarlo dell'avergli esso lasciato la vita nel privarlo
del trono. Infatti gli oratori di questa seconda ambasceria erano
venuti per dire, che i Romani non sentivano nessun bisogno d'avere
un loro proprio Imperatore, bastandone uno solo per l'Oriente e per
l'Occidente.[23] Odoacre avrebbe potuto governare l'Italia col titolo
di Patrizio, in nome dell'Imperatore, a cui rimandava perciò le insegne
imperiali, _ornamenta Palatii_.
In Costantinopoli a Leone I era nel 474 successo il nipote Leone II.
Questi essendo ancora un giovanetto, restò sotto la reggenza del padre
Tarasicodissa, che i Greci chiamarono Zenone, e che, morto ben presto
il figlio, divenne addirittura imperatore. Poco dopo insorse contro
di lui Basilisco, monofisita, favorito dalla sorella Verina, vedova
di Leone I, sempre intrigante, e lo cacciò dal trono, su cui fu nel
477 rimesso da una controrivoluzione ortodossa. Quando adunque, fra
il 477 e '78, si presentarono a lui gli ambasciatori del Senato e di
Augustolo, egli si trovò in una condizione molto difficile, perchè
non voleva riconoscere Odoacre, che era fuori di ogni legalità; ma
sentiva di non essere allora in grado di deporre chi s'era colla forza
impadronito del potere in Italia. Ricorse perciò ad un mezzotermine
diplomatico, di quelli che erano molto in uso presso i Bizantini.
Ufficialmente rispose ai Romani: — Due imperatori vi furono mandati
da Costantinopoli, Antemio e Nepote; il primo voi avete ucciso, il
secondo deposto. Ora dovete rivolgervi a Nepote, che riman sempre in
Occidente il solo sovrano legittimo e riconosciuto. — Se questa fu
però la risposta ufficiale, scrivendo privatamente ad Odoacre, gli
dava il titolo di Patrizio. In sostanza, accettando il fatto compiuto,
intendeva fare ogni riserva sulla questione di diritto, tenendo ferma
la sua propria autorità. Odoacre intanto assunse il governo d'Italia,
teoricamente sotto la dipendenza di Costantinopoli, in realtà operando
a suo modo, come principe indipendente.
Il primo e principale problema di cui si dovette subito occupare,
fu la promessa divisione delle terre, promessa dalla quale aveva
avuto origine il suo potere. In che modo questa divisione, nei
suoi particolari, venisse fatta, noi non sappiamo. Tutto si riduce
a semplici ipotesi. Certo è però che non si tratta di un sistema
nuovamente introdotto, come molti supposero, in conseguenza della
conquista. Invece esso fu in Italia ed altrove, la modificazione d'un
sistema già prima esistente nell'Impero. E l'aggravio che ne venne alle
popolazioni, fu assai più apparente che reale. L'esercito, in un modo
o l'altro, era stato sempre a carico delle popolazioni, come a loro
carico erano stati i molti sussidi che si davano ai barbari per tenerli
tranquilli, e le enormi spese sostenute per le guerre dell'Impero. Dove
i soldati venivano alloggiati, occupavano di diritto un terzo delle
case dei loro ospiti, nelle quali anch'essi erano chiamati ospiti: e
ciò naturalmente oltre le paghe che ricevevano. Quelli poi che erano
lasciati permanentemente a difesa dei confini (_limitanei_) avevano,
oltre l'alloggio, una parte delle terre, e le coltivavano per proprio
conto. Se dunque i soldati di Odoacre, i quali erano l'esercito che
doveva difendere l'Italia, avevano adesso un terzo delle terre, per
coltivarle e vivere del prodotto di esse, questo in fondo non era
qualche cosa di sostanzialmente nuovo. Bisognava però adesso mantenere
i barbari, anche quando non prestavano servizio, e non solo gli uomini
atti a portare le armi, ma i vecchi, le donne, i bimbi. E ciò in
conseguenza d'una ribellione militare, che imponeva la sua volontà
colla forza. Questo era veramente odioso, se anche non era effetto
della invasione e della conquista.
Non bisogna però credere, che una tale divisione si facesse a un tratto
per tutto, nè che dove si faceva, tutte le terre venissero divise.
L'esercito di Odoacre era ben lungi dal potere occupare l'Italia
intera. I suoi barbari alloggiarono quindi in alcune province, ed
in esse solamente fu fatta la divisione. I piccoli possidenti, là
dove ancora ce n'erano, furono lasciati in pace, non mettendo conto
dividere le terre che bastavano appena a sostenere i loro possessori.
Essi quindi restarono nello stato di prima, e furono anche meno
aggravati dalle tasse, che i barbari non erano in grado di riscuotere
o far riscuotere colla regolarità opprimente del fisco imperiale.
Nè mutò gran fatto la condizione degli artigiani nelle città. E così
anche i coloni, i contadini, gli schiavi che coltivavano le terre, e
passarono con esse ai barbari, restarono più o meno nelle condizioni
di prima, spesso anzi migliorarono. Quelli che veramente soffrirono
furono i latifondisti, i quali è però da credere che pagassero minori
imposte sulla parte che loro restava delle proprie terre. In ogni
modo la proprietà fu assai più divisa. E siccome i barbari, per
antica consuetudine, preferivano la campagna alla città, così i campi
pei quali da un pezzo mancavano le braccia necessarie a lavorarli,
furono ora più e meglio coltivati. In tutto il paese rimase inalterata
l'antica amministrazione romana, ed anche l'antico sistema di tasse,
le quali non crebbero; anzi, per quanto possiamo indurne, scemarono.
Considerevoli esenzioni ottenne pei suoi fedeli il vescovo Epifanio a
Pavia ed in tutta la Liguria, dove le imposte erano negli ultimi tempi
enormemente cresciute.
Il regno di Odoacre, che durò circa 13 anni, era limitato quasi
esclusivamente all'Italia, da cui si staccarono affatto le altre
province. Anche la Provenza, la parte cioè più romanizzata della
Gallia, venne abbandonata ai Visigoti. La Rezia, considerata sempre
come appendice integrante dell'Italia, ne faceva parte al pari della
Sicilia, la quale era però in più luoghi occupata dai Vandali, secondo
il trattato concluso nel 442. Questi occupavano anche la Sardegna, la
Corsica e le Baleari. Il nuovo stato di cose, per ora almeno, evitava
quelle grosse guerre che dissanguavano le popolazioni, e quindi il
regno di Odoacre fu per qualche tempo come un periodo di sosta alle
patite calamità, sebbene di tanto in tanto si trovino ricordate nuove
violenze e spoliazioni, che negli ultimi anni andarono crescendo. Sotto
un certo aspetto le condizioni in cui Odoacre si trovava, coll'andar
del tempo migliorarono assai. Il suo regno infatti, che era cominciato
coll'essere sostanzialmente illegale, e tale durò finchè visse il
deposto imperatore Nepote, fu in assai diversa condizione quando questi
nel 480 morì. Certo Odoacre restò ancora col solo titolo di Patrizio,
non potè mai assumere quello d'Imperatore, e neppure di re d'Italia;
ma potè sempre più agire da principe indipendente. Cominciò a nominare
anche i Consoli occidentali, che furono riconosciuti in Oriente.
L'unità generale dell'Impero, cui era a capo Zenone, teoricamente non
fu mai messa in dubbio; ma l'autorità di Odoacre divenne di fatto
assai maggiore, ed implicitamente almeno fu anche riconosciuta. A
Ravenna egli potè mettere insieme una flotta, colla quale si difese
dalle incursioni vandaliche, e fra il 481 e 482 si spinse fino alla
Dalmazia, che aggregò al proprio Stato. E se questo passo spiacque
assai all'Imperatore, nè restò più tardi senza gravi conseguenze a
lui dannose, per ora egli accrebbe il suo territorio, e non ne risentì
nessun danno.
In tale stato di cose la vita politica del popolo italiano può dirsi
spenta del tutto. Con tanto maggiore energia si svolgeva quindi in
esso la vita religiosa, alla cui testa si trovava il Papa. Ma in parte
non piccola l'indirizzo dell'attività religiosa, era determinato dalle
relazioni o per meglio dire dalla opposizione che persisteva sempre fra
la Chiesa di Roma e quella di Costantinopoli, dove non avevano mai posa
quelle dispute dottrinali, cui lo spirito romano-cattolico ripugnava
affatto. In Oriente combattevano ora accanitamente i Nestoriani, i
quali dicevano che la Vergine era madre di Gesù Cristo, solo in quanto
uomo; gli Ariani ed i Monofisiti, i quali ultimi sostenevano che la
natura umana e divina di Gesù erano una sola e medesima cosa. Siccome
però in nome appunto di questa dottrina Basilisco aveva cacciato dal
trono Zenone, che v'era stato rimesso dagli Ortodossi, così questi
voleva ora in ogni modo evitare il riaccendersi della disputa. Fra
il 482 e 83 pubblicò quindi una sua lettera conosciuta col nome
di _Henoticon_, la quale si credette suggerita o anche scritta dal
patriarca Acacio. In essa, tenendo una via media, cercava di conciliare
ortodossi e monofisiti. Ma Roma non ammise mai queste vie di mezzo,
nè ammise mai che l'Imperatore decidesse le dispute religiose. Papa
Simplicio (468-483) condannò quindi senz'altro l'_Henoticon_ ed Acacio
che lo aveva ispirato.
You have read 1 text from Italian literature.
Next - Le invasioni barbariche in Italia - 10
  • Parts
  • Le invasioni barbariche in Italia - 01
    Total number of words is 4308
    Total number of unique words is 1601
    37.9 of words are in the 2000 most common words
    56.7 of words are in the 5000 most common words
    65.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 02
    Total number of words is 4438
    Total number of unique words is 1511
    39.5 of words are in the 2000 most common words
    55.4 of words are in the 5000 most common words
    63.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 03
    Total number of words is 4385
    Total number of unique words is 1579
    41.5 of words are in the 2000 most common words
    58.0 of words are in the 5000 most common words
    65.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 04
    Total number of words is 4415
    Total number of unique words is 1649
    41.5 of words are in the 2000 most common words
    57.1 of words are in the 5000 most common words
    65.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 05
    Total number of words is 4365
    Total number of unique words is 1422
    41.5 of words are in the 2000 most common words
    58.8 of words are in the 5000 most common words
    66.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 06
    Total number of words is 4435
    Total number of unique words is 1533
    42.7 of words are in the 2000 most common words
    60.0 of words are in the 5000 most common words
    67.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 07
    Total number of words is 4453
    Total number of unique words is 1610
    40.9 of words are in the 2000 most common words
    57.3 of words are in the 5000 most common words
    67.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 08
    Total number of words is 4486
    Total number of unique words is 1647
    42.0 of words are in the 2000 most common words
    58.6 of words are in the 5000 most common words
    66.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 09
    Total number of words is 4431
    Total number of unique words is 1477
    43.6 of words are in the 2000 most common words
    60.1 of words are in the 5000 most common words
    67.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 10
    Total number of words is 4421
    Total number of unique words is 1539
    40.9 of words are in the 2000 most common words
    58.2 of words are in the 5000 most common words
    66.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 11
    Total number of words is 4352
    Total number of unique words is 1515
    40.1 of words are in the 2000 most common words
    56.3 of words are in the 5000 most common words
    64.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 12
    Total number of words is 4374
    Total number of unique words is 1656
    40.3 of words are in the 2000 most common words
    56.6 of words are in the 5000 most common words
    65.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 13
    Total number of words is 4382
    Total number of unique words is 1531
    43.1 of words are in the 2000 most common words
    59.5 of words are in the 5000 most common words
    68.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 14
    Total number of words is 4430
    Total number of unique words is 1580
    40.3 of words are in the 2000 most common words
    57.5 of words are in the 5000 most common words
    67.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 15
    Total number of words is 4384
    Total number of unique words is 1578
    42.1 of words are in the 2000 most common words
    59.6 of words are in the 5000 most common words
    68.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 16
    Total number of words is 4393
    Total number of unique words is 1568
    40.6 of words are in the 2000 most common words
    58.3 of words are in the 5000 most common words
    67.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 17
    Total number of words is 4381
    Total number of unique words is 1585
    41.9 of words are in the 2000 most common words
    59.8 of words are in the 5000 most common words
    67.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 18
    Total number of words is 4383
    Total number of unique words is 1493
    44.1 of words are in the 2000 most common words
    60.3 of words are in the 5000 most common words
    68.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 19
    Total number of words is 4378
    Total number of unique words is 1511
    40.1 of words are in the 2000 most common words
    56.1 of words are in the 5000 most common words
    63.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 20
    Total number of words is 4407
    Total number of unique words is 1617
    41.5 of words are in the 2000 most common words
    57.6 of words are in the 5000 most common words
    66.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 21
    Total number of words is 4399
    Total number of unique words is 1508
    40.7 of words are in the 2000 most common words
    57.2 of words are in the 5000 most common words
    65.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 22
    Total number of words is 4374
    Total number of unique words is 1521
    39.8 of words are in the 2000 most common words
    57.0 of words are in the 5000 most common words
    66.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 23
    Total number of words is 4382
    Total number of unique words is 1427
    42.0 of words are in the 2000 most common words
    58.3 of words are in the 5000 most common words
    66.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 24
    Total number of words is 4422
    Total number of unique words is 1453
    40.8 of words are in the 2000 most common words
    54.9 of words are in the 5000 most common words
    63.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 25
    Total number of words is 4472
    Total number of unique words is 1441
    43.5 of words are in the 2000 most common words
    59.2 of words are in the 5000 most common words
    67.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 26
    Total number of words is 4549
    Total number of unique words is 1572
    43.1 of words are in the 2000 most common words
    61.1 of words are in the 5000 most common words
    69.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 27
    Total number of words is 4489
    Total number of unique words is 1533
    42.8 of words are in the 2000 most common words
    57.7 of words are in the 5000 most common words
    66.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 28
    Total number of words is 4431
    Total number of unique words is 1563
    39.8 of words are in the 2000 most common words
    56.9 of words are in the 5000 most common words
    65.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 29
    Total number of words is 3739
    Total number of unique words is 1103
    34.7 of words are in the 2000 most common words
    51.3 of words are in the 5000 most common words
    60.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 30
    Total number of words is 3721
    Total number of unique words is 1100
    35.9 of words are in the 2000 most common words
    51.4 of words are in the 5000 most common words
    60.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 31
    Total number of words is 3607
    Total number of unique words is 1066
    33.7 of words are in the 2000 most common words
    49.9 of words are in the 5000 most common words
    58.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Le invasioni barbariche in Italia - 32
    Total number of words is 2427
    Total number of unique words is 815
    36.8 of words are in the 2000 most common words
    51.3 of words are in the 5000 most common words
    62.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.