Istoria civile del Regno di Napoli, v. 1 - 10

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tutta la provincia, e non pur nelle città, ma in tutti i villaggi,
per ricevere le querele de' provinciali, e con diligenza ricercar
l'insolenze e disordini ivi accaduti, per darvi riparo. A costoro fu
diretto da Costantino M. quell'aureo editto, con cui si puniscono così
severamente le venalità e rapacità dei Giudici, che si legge nel Codice
di Teodosio[339].
Sieguono in secondo luogo i Consolari, a' quali il governo e
l'amministrazione d'una sola provincia si commetteva. Questi eran in
maggior dignità, che i Correttori, ed i Presidi: e per insegne tenevano
ancor essi i fasci, ed erano distinti col nome di _Clarissimi_.
Solevano anche a' Consolari gl'Imperadori dirizzare le loro
costituzioni e perciò le province Consolari erano di maggior dignità,
che le Correttoriali, e le Presidiali. Fra l'altre, la Fenicia ebbe
il Consolare che ora in Tiro, ora in Berito, ora in Damasco faceva
residenza, ed al quale da' Cesari molte leggi furon dirizzate. Sotto il
governo de' Consolari furono quasi tutte le province più riguardevoli
d'Italia, l'Emilia, la Liguria, Venezia, il Piceno, la Sicilia, la
Flaminia, e la nostra _Campania_.
Dopo i Consolari erano i Correttori a' quali parimente si commettevano
i governi delle province, che sotto la disposizione del P. P.
amministravano, ed erano parimente ornati col nome di _Clarissimi_.
Questi quasi in niente eran inferiori a' Consolari, di gran lunga
però avanzavano nella dignità i Presidi: ed anche ad essi i Principi
dirizzavano le loro costituzioni. Alcune province d'Italia furon
governate da' Correttori, come la Toscana, la cui sede fu Firenze[340]:
la Puglia, e Calabria; e la Lucania, e' Bruzj, delle quali più innanzi
distintamente tratteremo.
Vengono nell'ultimo luogo i Presidi, a quali i governi delle province
erano parimente commessi; questi altresì venivan nomati _Clarissimi_,
aveano per insegne le bandiere, e sotto la disposizione del P. P.
eran collocati. L'altre province d'Italia furono all'amministrazione
de' Presidi assegnate, come il _Sannio_, Valeria, l'Alpi, le Rezie,
la Sardegna, e la Corsica: e rade volte gl'Imperadori dirizzavano a
costoro le loro costituzioni. Giacomo Gutero[341] tiene altro ordine,
collocando in primo luogo i Presidi, indi i Consolari, i Correttori,
e nell'ultimo i Rettori delle province, seguendo l'ordine tenuto
da Zenone[342] in una sua costituzione, che leggiamo nel Codice di
Giustiniano. A noi però giova con Gotofredo[343] seguir meglio l'ordine
tenuto dall'Imperadore Graziano nel Codice Teodosiano, ove i Presidi
tengono l'ultimo luogo.


CAPITOLO III.
_Degli Ufficiali, a' quali era commesso il governo delle nostre
province._

Ciò che dunque ora noi appelliamo Regno di Napoli, o si riguardi la
disposizione d'Adriano, o quella di Costantino, era diviso in quattro
sole province: anzi la _Campania_ non è ora tutta intera dentro a' suoi
confini; ma parte di quella è rimasa fuori, ed occupa molto altro paese
ch'ora è dello Stato della Chiesa romana. Queste Province erano: I. la
Campagna: II. la Puglia, e la Calabria: III. la Lucania, ed i Bruzj:
IV. il Sannio. Una Consolare: due Correttoriali: e l'altra Presidiale.
Tutte del Vicariato della città di Roma, e perciò tutte _Suburbicarie_
appellate.
Richiede per tanto l'ordine di quest'opera, che partitamente di
ciascheduna di queste province si ragioni, de' Magistrati a' quali ne
fu commesso il governo, delle leggi e de' loro ordinamenti; perchè si
vegga qual forma di politia avessero ne' tempi di Costantino fin agli
ultimi Imperadori d'Occidente.

§. I. _Della Campagna, e suoi Consolari._
Quella regione, che al dir di Paolo[344] Warnefrido, per gli ubertosi
e piani campi, che intorno a Capua sono, Campania fu detta, ebbe già
in varj tempi ora più ristretti, ora più spaziosi confini di quel,
ch'oggi non sono. Si distese in alcun tempo dal territorio romano
insino a Silaro fiume della Lucania; abbracciava Benevento, e dilatò
per altra parte i suoi termini fino ad _Equo Tutico_ oggi appellato
Ariano. Fu perciò riputata una delle più celebri ed illustri province
d'Italia, e per l'ampiezza e vastità de' suoi confini, e per le molte
e preclare città, che l'adornavano, ma soprattutto per Capua, suo
capo e metropoli, cotanto chiara, ed illustre; perciò al governo ed
amministrazione di questa provincia non furon mandati Correttori, o
Presidi, ma Consolari: Magistrato, come s'è detto, se bene inferior al
P. P. ed al Vicario di Roma, sotto la cui disposizione reggevasi, era
nondimeno ornato di più grandi prerogative di quelle dei Correttori,
e de' Presidi. La loro sede era Capua: e fu tanta la stima ed il lor
grado appresso gl'Imperadori, che sovente venivan loro indirizzate
molte costituzioni, e mandati imperiali.
Costantino il Grande, dopo avere sconfitto e morto Massenzio (che
fattosi acclamar in Roma Augusto, per sei anni con vera tirannide
avea signoreggiata l'Italia) trionfando in Roma, e sottomettendosi
volentieri al suo dominio l'Italia, e tutte l'altre province
dell'Occidente, come prima avean fatto le Gallie, la Spagna, e la
Brettagna, mentre nell'anno 313 risedeva in quella città, cominciò a
ristorar l'Italia dei passati danni, ed a provvedere a' di lei bisogni.
Promulgò quivi a tal fine molte utili e salutari costituzioni, che
dirizzò al Popolo romano, e che ancor oggi abbiamo nel Codice di
Teodosio[345]; ed indi passato in Milano, per mezzo d'altri editti,
che pubblicò in quella città, ristabilì, come potè il meglio, le
cose d'Italia. Passossene da poi nella Gallia, e nella Pannonia; e
quindi fatta la pace con Licinio, nuovamente in Italia si restituì, e
nell'anno 315, in Aquileja fermatosi, passò poi in Roma, ed a Milano: e
dopo altri viaggi ne' seguenti anni fatti nella Dacia, e nella Gallia,
ritornò in Roma nel 319 ove per li seguenti quattro anni si trattenne,
nè ad altro intese, se non per mezzo di varj editti a restituire quanto
più fosse possibile nell'antica forma le cose di Roma, e d'Italia.
Ma passato da poi in Oriente, e vinto nell'anno 325, e spento Licinio,
fattosi già Monarca di tutto l'Imperio, cominciò (secondo che contro
la comun credenza prova Pagi[346]) a gettare i fondamenti della nuova
Roma; ed ancorchè nel seguente anno 326 tornando in Italia, da Aquileja
passasse a Milano, e quindi a Roma, partissi nondimeno da poi da questa
città, nè mai più fecevi ritorno, ma nell'Oriente trasferì per sempre
la sua sede, dove nell'anno 338 volendo ridurre a fine la gran mole
di Costantinopoli, adoperovvi tutta la sua cura e tutto lo studio,
consumandovi il resto della sua vita, contento di mirar da lontano le
cose di queste nostre parti. Quindi nacque il principio d'ogni male
in Occidente, che in progresso di tempo portò la ruina di Roma, e la
dissoluzion dell'Imperio. Quindi le tante querele de' Romani: onde
Porfirio nel Panegirico a Costantino dirizzato, scongiurandolo gli
dice:
_Et reparata jugans moesti divortia mundi_
_Orbes junge pares: det leges Roma volentes_
_Principe te in populos._
Per la qual cagione alcuni lo riputarono più tosto distruttore
dell'antica Roma, che facitor della nuova: poichè avendo egli commesso
il governo d'Italia ai suoi Ufficiali, cominciò a venir meno ogni buona
disciplina: e stando egli lontano, questi abusando l'alta potestà a lor
conceduta, si videro in breve declinar le forze ed il vigore di queste
nostre province. Lasciò l'amministrazione al Prefetto P., a' Vicarj, e
nell'ultimo luogo a' Consolari, a' Correttori, ed a' Presidi, a' quali
immediatamente era commesso il governo di ciascuna provincia.
Ebbe l'Italia per Prefetto P. sotto questo Principe nell'anno 321,
_Menandro_. Negli anni seguenti 334, 335 e 336, ebbe _Felice_,
quegli, che da Preside, che fu di Corsica nell'anno 319 fu poi in
quest'anni inalzato da Costantino a cotal sublime dignità. Questi per
suo successore ebbe nello stesso anno 336 _Gregorio_, di cui sovente
ragiona Ottato Milevitano nei suoi libri. De' Vicarj di Roma, che
ressero sotto Costantino, non s'ha altra notizia, se non che d'un tal
_Gennaro_, ovvero _Gennarino_[347], nell'anno 320.
Ma de' Consolari di questa nostra provincia di Campagna, è di mestiere
che dal lungo obblio, ove fin'ora sono stati sepolti, qui se ne
sottragga la memoria.
Il primo Consolare, del quale possa da noi aversi contezza, che
sotto Costantino M. avesse immediatamente governata e retta la nostra
Campagna, fu _Barbario Pompejano_. Tenne questi, siccome tutti gli
altri Consolari di questa provincia, la sua residenza in Capua,
la quale n'era capo e metropoli. A costui, che ne fece richiesta,
dirizzò Costantino M. nell'anno 333, mentre risedeva nella Tracia e
propriamente in Apri: luogo non molto distante da Costantinopoli,
quella cotanto celebre e famosa costituzione[348], per la quale
s'impone a' Magistrati, che debbiano inchiedere della verità delle
preci ne' rescritti ottenuti dal Principe, in guisa che non possano
eseguirgli, se l'esposto dalle parti non sia conforme al vero: della
quale si compiacque tanto Giustiniano, che volle inserirla anche
nel suo Codice[349]. Ciò che poi vollero eziandio imitare i romani
Pontefici, inserendola nelle loro decretali[350].
L'altro Consolare della nostra Campagna, che governò sotto questo
stesso Principe, fu _Mavorzio Lolliano_, per la testimonianza che ce
ne dà Giulio Firmico[351]. A costui dedicò Firmico, sotto l'imperio
di Costantino, i suoi libri astronomici, celebrando nella prefazione
dell'opera[352] gli alti meriti d'un tal sublime spirito, il quale
dopo aver deposte l'insegne di Consolare di Campagna, fu da Costantino
innalzato a' più eccelsi onori, dandogl'il governo di tutto l'Oriente
e finalmente l'insegne d'ordinario Console; e morto Costantino, fu poi
nell'anno 342, sotto Costante, rifatto Prefetto della città di Roma,
e sotto Costanzio suo fratello fu anche Prefetto P. d'Italia. Di lui
fassi eziandio memoria presso ad Ammiano Marcellino, appo il qual
Autore ne' gesti dell'anno 356, si legge anche il di lui elogio[353].
Nè d'altri Consolari di questa provincia, del tempo di Costantino
abbiam noi notizia, se non che in un marmo trovato nell'anno 1712, nel
tenimento della terra di Atripalda, ov'era l'antica città d'Avellino,
si legge la seguente iscrizione, nella quale fassi memoria di un tal
_Taziano_, che fu Consolare della Campagna.
TATIANI
C. JULIO RUFINIANO
ABLAVIO TATIANO C. V. RUFI
NIANI ORATORIS FILIO FISCI PA
TRONO RATIONUM SUMMARUM
ADLECTO INTER CONSULARES JUDI
CIO DIVI CONSTANTINI LEGATO PRO
VINCIAE ASIAE CORRECTORI TUSCIAE
ET UMBRIAE CONSULARI AE
MILIAE ET LIGURIAE PONTIFICI
VESTAE MATRIS ET IN COLLE
GIO PONTIFICUM PROMA
GISTRO SACERDOTI HER
CULIS CONSULARI CAM
PANIAE HUIC ORDO SPLEN
DIDISSIMUS ET POPULUS
ABELLINATIUM OB INSIGNEM
ERGA SE BENIVOLENTIAM ET RELI
GIONEM ET INTEGRITATEM EJUS STATUAM
CONLOCANDAM CENSUIT.
Questa iscrizione maggiormente conferma ciò, che fu da noi dimostrato,
che anche dopo Costantino Magno non fu presso noi affatto abolita
l'antica religione pagana, leggendosi quivi, che questo Consolare
era del Collegio de' Pontefici, e Sacerdote d'Ercole: dei quali pregi
gli Avellinesi non vollero fraudarlo in una sì pubblica iscrizione,
riponendogli fra gli altri suoi titoli, come furon quelli di Correttore
della Toscana, di Consolare dell'Emilia, e della nostra Campagna. La
Toscana fu pure provincia Correttoriale, e la sede de' Correttori era
Fiorenza, siccom'è manifesto da più leggi del Codice Teodosiano: di che
è da vedersi Giacomo Gotifredo; onde ben si legge nel marmo _Correctori
Tusciae_.
Nè di Costantino si leggono nel Codice di Teodosio altre costituzioni
dirizzate ad altri Consolari della nostra Campagna. Non mancan però in
quello altri suoi editti indirizzati al Prefetto Pretorio d'Italia,
o al Vicario di Roma, a' quali non solamente la cura delle diocesi a
lor commesse generalmente s'incarica, ma particolarmente per questa
provincia in più sue leggi altri particolari provvedimenti si danno.
Tolto intanto a' mortali nel mese di Maggio dell'anno 337 questo
Principe, le cui alte e magnanime imprese gli portaron il soprannome
di Grande, succedè all'Imperio d'Occidente _Costante_ suo figliuolo,
al quale nella divisione fatta cogli altri fratelli toccò l'Affrica,
e l'Illirico, la Macedonia, la Grecia, e l'Italia, ed in conseguenza
queste nostre province. Per tal cagione molte costituzioni si leggono
di questo Principe nel Codice di Teodosio, che riguardan il governo
di quelle, e particolarmente della Campagna; e se non sappiamo quali
Consolari avesse questa provincia sotto Costante, si veggon però sue
leggi, per le quali appare aversi presa di essa particolar cura e
pensiero. Di questo Principe è quella legge registrata nel suddetto
Codice sotto il titolo _de Salgamo_, letta ed accettata in Capua,
metropoli di questa provincia, promulgata da Costante nell'anno 340 per
reprimere l'insolenza de' soldati, che coll'occasione della guerra, che
allora faceva in Italia con Costantino suo fratello (il quale in questo
stess'anno presso Aquileja fu vinto e morto) inquietavano la Campagna,
e per li fastidiosi lor tratti e licenza militare l'onore e le sostanze
de' provinciali malmenavano; e forte argomento di credere, che Costante
in quest'anno avesse per qualche tempo fatta dimora in Capua, ce ne dà
Atanasio per quel che scrive nella sua Apologia a Costanzo[354].
Ma, morto in appresso Costante nell'anno 350, dieci anni dopo
Costantino suo fratello, rimase solo Imperadore l'altro suo fratello
_Costanzo_; onde queste nostre province coll'Italia caddero sotto il di
lui Imperio. Regnando dunque Costanzo, furono Prefetti al P. d'Italia
negli anni 352 e 353 _Merilio Ilariano_; a cui succedè _Mavorzio
Lolliano_ nell'istesso anno 353 quegli, che fu Consolare della nostra
Campagna, e negli anni seguenti, _Tauro_; a' quali da Costanzo furono
indirizzate molte sue costituzioni. Governò anche in questi medesimi
tempi per Vicario di Roma _Volusiano_, al quale parimente Costanzo
indirizzò alcune sue leggi[355]. E quantunque sotto questo Principe
sian ignoti i Consolari della Campagna, nè si sappiano i loro nomi,
in modo che non si leggono editti indirizzati a coloro da Costanzo,
vi sono però molte di lui costituzioni dirette a' P. P. d'Italia
per le quali si prende cura di questa provincia. In fatti nell'anno
355 dirizzò una sua costituzione a Mavorzio Lolliano allora P. P.
d'Italia, la quale perchè toccava i bisogni di questa provincia fu
letta e pubblicata in Capua, come porta la sua soscrizione[356]. E
questo Principe fu colui, che per torre le contese giurisdizionali, che
sovente sorgevano fra i Prefetti P. d'Italia, ed i Prefetti di Roma,
intorno all'appellazioni, separò le province; e mentre egli risedeva
a Sirmio, città assai illustre della Pannonia, dirizzò nell'anno 357 a
Tauro P. P. d'Italia quella celebre costituzione[357] ove stabilì, che
tutte l'appellazioni, che dalla Sicilia, dalla Sardegna, dalla nostra
_Campagna_, dalla _Puglia_ e _Calabria_, dalla _Lucania_ e _Bruzj_,
Piceno, Emilia, Venezia, e dall'altre province d'Italia, si riportavan
in Roma, non già dal Prefetto di Roma, ma da quello d'Italia, si
dovessero conoscere e giudicare.
Resse Costanzo l'Imperio undici anni, avendo finito suoi giorni
nell'anno 361, e gli succedè _Giuliano_, al quale perciò ricaddero
queste nostre province. Fu sotto lui Prefetto Pretorio d'Italia
_Mamertino_, e Vicario di Roma _Imerio_; a costoro Giuliano, e
particolarmente al primo, dirizzò molte leggi. Quali fossero stati
i Consolari della Campagna ne' tempi di Giuliano, Simmaco[358]
chiaramente ce l'addita nel libro decimo delle sue epistole. Quivi
volendo dimostrar la congiunzione, che in questi tempi era fra i
Pozzolani e' Terracinesi, poichè stendendosi allora i confini della
Campagna infino a Terracina, erano gli uni, e gli altri sotto un sol
Moderatore, ch'era il Consolare, dice Simmaco che _Lupo_, essendo sotto
Giuliano Consolare della Campania, ben s'avvide e considerò l'angustie,
nelle quali vivevano i Terracinesi. Di questo _Lupo_ Consolare della
Campania ancor oggi in Capua se ne serban le memorie in una iscrizione
di marmo attaccata alla chiesa de' Frati del Carmelo, dove si leggono,
benchè alquanto tronche, queste parole[359]:
. . RIUS LUPUS
. . . . V. C
. . ONS. CAMP
. . URAVIT
Da quest'istessa epistola di Simmaco si raccoglie eziandio, che a Lupo
in quella carica fosse succeduto _Campano_. In Napoli, come città al
Consolare di Campagna pur sottoposta, serbasi ancora la memoria d'un
altro Consolare chiamato _Postumio Lampadio_: il marmo si vede oggi
prostrato in terra avanti la chiesa della Rotonda, dove si legge
POSTUMIUS
LAMPADIUS
V. C. CONS. CAMP
CURAVIT
Ma nel Codice di Teodosio non vi è alcun vestigio, che da Giuliano, o
dal suo successore, fosse stato a costoro indirizzato editto, o mandato
alcuno imperiale.
Morto Giuliano nella guerra de' Persi nell'anno 373, ed indi a poco
anco _Gioviano_, non durando più l'Imperio di questo religiosissimo
Principe[360], che otto mesi, se vogliamo prestar fede a Zosimo[361]
e Sozomeno, ovvero dieci, secondo Filostorgio[362], fu assunto
all'Imperio _Valentiniano_, il quale creò Augusto _Valente_ suo
fratello, e fra di loro fu in cotal guisa diviso l'Imperio[363].
Valentiniano serbossi l'intero Occidente, cioè tutto l'Illirico colla
Macedonia, l'Affrica, le Gallie, le Spagne, la Brettagna, e l'_Italia_.
Ed a Valente si lasciò tutto l'Oriente[364].
Valentiniano adunque, a cui l'Italia fu sottoposta, dopo avere scorse
l'altre regioni del suo Imperio, e date a quelle i provvedimenti
opportuni, venne in Italia, e prima in Aquileja, ove in due soli mesi,
settembre ed ottobre di quest'anno 364, dieci costituzioni pubblicò, ed
allo stato d'Italia ed al governo della medesima attese, e varj editti
e per la Campagna diretti al Consolare, e per la Lucania e Bruzj e
Toscana a' Correttori, ed a Mamertino allora Prefetto d'Italia, furon
da questo savissimo Principe promulgati[365].
Governarono nel suo Imperio come Prefetti Pretorj d'Italia _Mamertino_
cotanto rinomato nell'opere d'Ammiano Marcellino, _Rufino_, _Probo_,
ed ultimamente _Massimino_. Vicarj di Roma furono nell'anno 364
_Severo_, nell'anno 367 _Magno_, nell'anno 372. _Probo_, e nell'anno
373 _Simplicio_[366]. Si leggono ancora più Consolari della nostra
Campagna, a' quali varie leggi furono dirizzate.
Era in quest'anno 364 Consolare della Campagna _Buleforo_, al quale,
risedendo Valentiniano in Altino città di Venezia, furono dirizzate
due costituzioni, che si leggono nel Codice di Teodosio, una sotto il
titolo, _Quibus equorum usus_, l'altra sotto il titolo, _usus interd._
per le quali, affinchè da questa provincia s'estirpassero i ladronecci
e molt'altri disordini, fu proibita severamente l'asportazione de'
cavalli e dell'armi, comandando, che niuno senza sua licenza potesse
quelle movere. A quest'istesso Buleforo, mentr'era Consolare della
Campagna, dirizzò nell'anno seguente 365 quell'altra costituzione[367],
che si legge sotto il titolo _de Cursu publico_, risedendo egli in
Milano. Diede ancora questo Principe opportuni provvedimenti, perchè
fossero esterminati i ladroni, che allora grandemente infestavano la
Campagna, proccurando che fosse restituita la pace e tranquillità
a questa provincia. Sue parimente furono la l. 1. _de Pascuis_,
ed alcune altre costituzioni, per le quali alla quiete d'Italia, e
precisamente di queste regioni, ch'oggi forman il Regno, con somma
applicazione e studio intese. Egli ancora in quest'istess'anno 365
mentre era in Verona, provvide a' bisogni del comune d'Avellino,
città posta dentro a' confini di questa provincia, comandando con sua
particolar costituzione[368], ch'ancor leggiamo nel Codice di Teodosio,
che s'abolisse tutto ciò, che dall'ordinario Giudice erasi fatto in
pregiudicio di quel comune, contra l'antica lor consuetudine.
Succedè a Buleforo in quest'anno 365 per Consolare _Felice_, a cui
parimente in quest'anno, risedendo Valentiniano in Milano, indirizzò
quella costituzione[369], che si legge nel _C. Teod._ sotto il _tit.
ad S. C. Claudianum_, della quale fece anche menzione l'Autore di
quell'antica consultazione inserita da Cujacio tra le sue nel _cap._
10. E se bene quell'Autore in vece di _Campaniae_ legga _Macedoniae_:
nondimeno, siccome notò il diligentissimo Gotifredo[370], si convince
d'errore per la soscrizione che porta, donde è chiaro essere stata
soscritta da Valentiniano Imperadore d'Occidente, mentr'era in Milano,
e per conseguenza dover quella appartenere all'Occidente, non già
all'Oriente, nel quale è posta la Macedonia.
A Felice sotto Valentiniano stesso succedè nella carica di Consolare
della Campagna _Anfilochio_. A costui nell'anno 370, stando
Valentiniano in Treveri, fu indirizzata quella legge, che sotto il
_tit. de Decurionibus_ ancor si vede nel Codice di Teodosio[371].
Resse Valentiniano l'Occidente, e con tanta prudenza l'Italia, e queste
nostre province, che niente era da desiderare: ristabilì l'Accademia di
Roma, e molto riparò la giurisprudenza già inchinata, e quasi affatto
caduta dal suo antico lustro e splendore: represse per varj editti la
rapacità e venalità de' Giudici. Principe religiosissimo, al quale dopo
Costantino Magno molto dee la cristiana religione, e maggiori utilità
certamente n'avrebbe l'Italia ritratte, se dopo soli dodici anni
d'Imperio non fosse stato tolto dal Mondo.
Morì Valentiniano nell'anno 364, e fu dopo sei giorni nella Pannonia
fatto Imperadore il figliuol _Valentiniano_, il quale con _Graziano_
suo fratello in questa guisa si divise l'Imperio d'Occidente (poichè
l'Oriente era retto da Valente lor zio): a Graziano toccarono le
Gallie, le Spagne e la Brettagna: a Valentiniano l'Illirico, l'Affrica
e l'_Italia_[372].
Sotto Valentiniano II. e Graziano furono Prefetti Pretorj d'Italia,
_Massimino_, _Antonio_, _Esperio_, _Probo_, _Siagrio_, _Ipazio_,
_Flaviano_, _Principio_, _Eusignio_, _e Pretestato_. Sotto Valentiniano
solo, _Trifolio_, _Polemio_, _Taziano_, _Apodemio_, _Destro_, _ed
Eusebio_. I Vicarj di Roma furono, _Potito_, _Antidio_, _Ellenio_, _ed
Orienzio_[373].
Ma quali fossero sotto questo Imperadore i Consolari della Campagna
non se ne trova alcun vestigio. Non mancan però di Valentiniano II.
moltissime costituzioni, come quegli, che resse l'Imperio diciotto
anni, colle quali al governo ed amministrazione di queste province,
e dell'Italia generalmente provvide. Quella legge[374], che sotto il
_tit. de Extraord._ leggiamo nel _Cod. Teod._ è di questo Principe,
che l'anno 382 dirizzò a Siagrio Prefetto Pretorio d'Italia, per la
quale si prende cura della _Campania_, _Puglia e Calabria_, _Lucania e
Bruzj_; in questi tempi molto turbate ed afflitte.
Morì Valentiniano II. presso a Vienna l'anno 392 dopo aver regnato
diciotto anni; e tennero dopo lui l'Imperio _Teodosio M._ ed _Arcadio_,
ed _Onorio_ suoi figliuoli. Ad Onorio toccò l'Occidente, onde
l'_Italia_, e queste nostre province a lui si sottoposero. E morto
Teodosio nell'anno 395 pur Onorio ritenne l'Occidente, avendo Arcadio
suo maggior fratello regnato in Oriente. Molti furono i Prefetti
Pretorj d'Italia sotto Onorio, come colui, che lungamente visse,
tenendo l'Imperio d'Occidente trentun'anno: e quelli furono _Messala_,
_Teodoro_, _Adriano_, _Longiniano_, _Senatore_, _Curzio_, _Teodoro II_,
_Ceciliano_, _Giovio_, _Giovanni_, _Faustino_, _Palladio_, _Melizio_,
_Liberio_, _Felice_, _Faustino_, _Giovanni_, _Selevio_, _Adriano_,
_Palladio_, _Giovanni_, _e Proculo_. I Vicarj di Roma, che ressero in
tempo d'Onorio, furon _Varo_, _e Benigno_[375]. E de' Consolari della
Campagna, pur sotto di lui si legge _Gracco_. A costui, mentre risedeva
Onorio in Milano dirizzò nell'anno 396 quella costituzione, che
leggiamo nel Codice di Teodosio sotto il _tit. de Collegiatis_[376]. A
questa provincia ancor provvide Onorio, concedendole qualche indulgenza
nel pagare i tributi, com'è manifesto da quella sua Costituzione[377],
che dirizzò a Destro Prefetto Pretorio d'Italia. E molte altre sue
leggi abbiamo, per le quali governò queste nostre province, nel
medesimo tempo, che in Oriente imperava _Teodosio_ il Giovane figliuolo
d'Arcadio.
Morto finalmente Onorio in Ravenna l'anno 423, ancorchè Teodosio il
Giovane per un anno reggesse solo l'uno e l'altro Imperio, nulladimeno
nell'anno seguente 424 creò in Occidente per Augusto _Valentiniano_
III. al quale coll'Italia furono sottoposte queste nostre province.
Furon sotto di lui Prefetti Pretorj d'Italia _Volusiano_, e _Teodosio_.
E quantunque non si leggano di questo Valentiniano costituzioni
dirizzate a' Consolari della Campagna, fu non però egli un Principe, a
cui molto dee non solamente l'Italia, e queste nostre province per la
particolar cura e provvido governo, che ne prese, ma anche la nostra
giurisprudenza, che già vacillante fu da lui ristabilita in Occidente,
nell'istesso tempo, che Teodosio suo collega avea posto tutto il suo
studio a ripararla in Oriente; di che a più opportuno luogo ci toccherà
distesamente ragionare.
Questi dunque sono stati gli Ufficiali per li quali da' tempi
di Costantino M. infino a quest'ultimi di Valentiniano III. fu
amministrata e retta la nostra Campagna. Per questa cagione osserviamo
noi alcuni marmi d'antichi edifici, che nelle città di questa
provincia, per opera de' Consolari della Campagna, dirizzavano i
Campani, i Napoletani, i Beneventani, ed altri, che possono vedersi
in quella laboriosa opera di Grutero dell'iscrizioni dell'orbe antico
romano; ed in Capua, ed in Napoli ancor oggi, come s'è veduto, si
serba di lor memoria. Capua fu la lor sede, siccome quella, che in
questi tempi era capo e metropoli della Campagna, come la chiamò anche
Atanasio[378], il quale favellando nell'_Epistola ad Solitarios_ del
Concilio di Sardica, e de' Legati da lui spediti, fra i quali Vincenzo
Vescovo di Capua, acciocchè l'Imperador Costanzo facesse ritornare alle
loro sedi que' Vescovi, che avea discacciati, dice; _Missis a Sancto
Concilio in legationem Episcopis Vincentio Capuae, quae Metropolis
est Campaniae etc._ E per questa cagione ancora s'osservano molte
costituzioni del Codice di Teodosio lette, ed accettate in Capua,
perchè il Consolare, che faceva sua residenza in questa città, doveva
pubblicarle ed aver cura, che si spargessero per l'altre città di
questa provincia, acciocchè fossero note a tutti i provinciali.

§. II. _Della Puglia e Calabria, e suoi Correttori._
Alla Campagna siegue la Puglia accompagnata con la Calabria, nella
quale è la regione Salentina, che unite insieme, secondo il libro
della _Notizia_ dell'uno, e dell'altro Imperio, formavano la nona
provincia d'Italia, e secondo il novero di Paolo Diacono[379], la
decima quinta. Si distendeva quest'ampia provincia da Oriente fino al
mar Adriatico, ch'ebbe per confine, e verso Occidente e Mezzo dì; i
suoi termini furono il Sannio, i Bruzj e la Lucania. Le sue più celebri
ed abbondanti città furono Lucera, Siponto, Canosa, Acerenza, Venosa,
Brindisi, e Taranto, e nel sinistro corno d'Italia, che si distende
per cinquanta miglia, ebbe Otranto, città assai comoda ed adatta a
qualunque traffico, e che suo emporio meritamente potè nomarsi.
I Pugliesi adunque ed i Calabresi eran governati e retti da un solo
Moderatore. L'ampiezza ed estensione di questa provincia meritò, che
non fosse Presidiale, ma Correttoriale; cioè, che l'amministrazione di
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