Istoria civile del Regno di Napoli, v. 1 - 15

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nei canoni del Concilio di Calcedonia in cotal guisa, e per questa
divisione di province, e di diocesi, si distinguevano gli Esarchi da'
Metropolitani: così Filalete Vescovo di Cesarea, e Teodoro Vescovo
d'Efeso furon chiamati Esarchi, perchè il primo avea sotto di se la
diocesi di Ponto, ed il secondo quella dell'Asia. Egli è però vero, che
alcune volte questo nome fu dato anche a' semplici Metropolitani: ed i
Greci negli ultimi tempi lo diedero profusamente a più Metropolitani,
come a quel d'Amira, di Sardica, di Nicomedia, di Nicea, di Calcedonia,
di Larissa, ed altri. Nulladimeno la propria significazion di questa
voce _Esarca_ non denotava altro, che un Vescovo, il quale a tutta la
diocesi presedeva, siccome il Metropolitano alla provincia. Alcuni
di questi Esarchi furon detti anche _Patriarchi_, il qual nome in
Oriente, in decorso di tempo, a soli cinque si restrinse, fra i quali
fu l'_Antiocheno_.
I confini dell'Esarcato d'Antiochia non s'estesero oltre a' confini
della diocesi d'Oriente, poichè l'altre province convicine essendo
dentro i confini dell'altre diocesi, appartenevano a gli altri
Esarchi. Così la diocesi d'Egitto, come quinci a poco vedrassi, era
all'Esarca d'Alessandria sottoposta, e l'altre tre diocesi d'Oriente,
come l'Asiana, la Pontica, e la Tracia, erano fuori del suo Esarcato;
anzi nel Concilio costantinopolitano espressamente la cura di queste
tre diocesi a' propri Vescovi si commette. Nè quando il Vescovo di
Costantinopoli invase queste tre diocesi, ed al suo Patriarcato
le sottopose, come diremo più innanzi, si legge, che il Vescovo
d'Antiochia glie l'avesse contrastato, come a lui appartenenti.
La seconda diocesi, ch'era sotto la disposizione del Prefetto Pretorio
d'Oriente, fu l'Egitto. La città principale di questa diocesi fu la
cotanto famosa e rinomata _Alessandria_: quindi il suo Vescovo sopra
tutti gli altri alzò il capo, e la sua Chiesa, dopo quella di Roma,
tenne il primo luogo: s'aggiungea ancora un'altra prerogativa, che in
questa Cattedra vi sedè S. Marco Evangelista primo suo Vescovo.
Fu questa diocesi prima divisa in tre sole province, l'Egitto
strettamente preso, la Libia e Pentapoli, e quindi è che nel sesto
canone del Concilio Niceno si legga: _Antiqua consuetudo servetur
per Aegyptum, Lybiam, et Pentapolim, ita ut Alexandrinus Episcopus
horum omnium habeat potestatem._ La Libia fu da poi divisa in due
province, la superiore e l'inferiore: s'aggiunse l'Arcadia, la Tebaide
e l'Augustamnica: e finalmente, la diocesi d'Egitto si vide divisa in
dieci province, ed altrettante città metropoli sursero, onde dieci
Metropolitani furon a proporzione del numero delle province indi
accresciuti. Questi al Vescovo d'Alessandria, come loro _Esarca_, e
Capo della Diocesi erano sottoposti, sopra i quali esercitò tutte
le ragioni, e privilegi esarcali. I confini del suo Esarcato non
si distendevano oltre alla diocesi d'Egitto, che abbracciava queste
dieci province. Nè s'impacciò mai dell'Affrica occidentale, come ben
pruova l'accuratissimo Dupino[504], onde furon in gravissimo errore
coloro, che stimarono tutta l'Affrica, come terza parte del Mondo, al
Patriarcato d'Alessandria essere stata sottoposta. Anche questo Esarca,
come quello d'Antiochia, acquistò da poi il nome di _Patriarca_, e fu
uno de' cinque più rinomati nel quinto, e sesto secolo, come diremo più
innanzi.
La terza diocesi disposta sotto il Prefetto P. d'Oriente fu l'_Asia_,
nella quale, una provincia, detta ristrettamente Asia, fu Proconsolare;
e metropoli di questa provincia, ed insieme Capo dell'intera diocesi
fu la città d'_Efeso_. L'altre province, come Panfilia, Elesponto,
Lidia, Pisidia, Licaonia, Licia, Caria, e la Frigia, che in due fu
divisa, Pacaziana, e Salutare, erano al Vicario dell'Asia sottoposte,
e ciascuna ebbe il suo Metropolitano: oltre ciò era un Metropolitano
nell'isola di Rodi, ed un altro in quella di Lesbo.
La diocesi asiana divenne una delle _Autocefale_, come quella che nè al
Patriarca d'Alessandria, nè a quello d'Antiochia fu giammai sottoposta.
Riconosceva, solamente il Vescovo d'Efeso per suo Primate, come
colui, che nella città principale di tutta la diocesi era preposto;
per questa ragione Teodoro Vescovo d'Efeso fu detto _Esarca_, siccome
furon appellati tutti gli altri, che ressero quella Chiesa; poichè la
lor potestà si distendeva non pure in una sola provincia, ma in tutta
la diocesi asiana. Ma non poterono questi Esarchi conseguire il nome
di Patriarca; perchè tratto tratto quello di Costantinopoli non pur
restrinse la loro potestà, ma da poi sottopose al suo Patriarcato tutta
intera questa diocesi.
La quarta fu la diocesi di _Ponto_, la cui città principale era
_Cesarea_ in Cappadocia. Prima questa diocesi si componeva di sei sole
province, che furono Cappadocia, Galazia, Armenia, Ponto, Paflagonia,
e Bitinia; tutte queste da poi, toltone Bitinia, furon divise in due,
onde di sei, che prima erano, si vide il lor numero multiplicato in
undici, che altrettanti Metropolitani conobbero. In questa diocesi
era la città di Nicea, che nel civile, e nell'ecclesiastico ebbe la
prerogativa d'essere dagl'Imperadori Valentiniano e Valente innalzata
in metropoli. S'oppose a tal innalzamento il Vescovo di Nicomedia,
ch'era la città Metropoli di quella provincia, pretendendo, che ciò
non dovesse cagionar detrimento alcuno alle ragioni, e privilegi della
sua Chiesa metropolitana; ma perchè Valentiniano e Valente avevan
bensì conceduta a Nicea quella prerogativa, ma non già, che perciò
intendessero togliere le ragioni altrui; per ciò furon al Metropolitano
di Nicomedia conservati i privilegi della sua Chiesa, e che quella
di Nicea potesse ritener solamente l'onore ed il nome, ma non già le
ragioni e privilegi di Metropolitano. Sopra tutti questi Metropolitani
presedeva il Vescovo di _Cesarea_, ch'era la città principale di questa
diocesi. Per questa ragione fu anch'egli appellato _Esarca_, come
quelli d'Antiochia, d'Alessandria, e d'Efeso: ma non già come quei
due primi potè acquistar l'onore di Patriarca, poichè la sua diocesi
fu da poi non altrimenti, che l'Asiana sottoposta al Patriarcato di
Costantinopoli.
La quinta ed ultima diocesi, che ubbidiva al Prefetto P. d'Oriente,
fu la _Tracia_, Capo della quale era _Eraclea_. Si componeva di
sei province, Europa, Tracia, Rodope, Emimonto, Mesia e Scizia; e
ciascuna riconobbe il suo Metropolitano: ma da poi in questa diocesi
si videro delle molte e strane mutazioni, così nello stato civile, che
ecclesiastico. Prima per suo Esarca riconosceva il Vescovo d'_Eraclea_,
come Capo della Diocesi, il quale avea per suffraganeo il Vescovo di
_Bizanzio_; ma in appresso, che a Costantino piacque ingrandir cotanto
questa città, che fattala Capo d'un altro Imperio, volle anche dal
suo nome chiamarla, non più Bizanzio, ma _Costantinopoli_, il Vescovo
di questa città innalzossi, secondando la politia dell'Imperio, sopra
tutti gli altri, e non solamente non fu contento delle ragioni di
Metropolitano, ovvero di _Esarca_, con sopprimer quello d'Eraclea; ma
decorato anche dell'onore di _Patriarca_, pretese poscia stender la sua
autorità oltre a' confini del suo Patriarcato, ed invadere ancora le
province del Patriarcato di Roma, come più innanzi dirassi.
Ecco in breve, qual fosse in questi tempi, che a Costantino seguirono,
la politia dello Stato ecclesiastico nella Prefettura d'Oriente, tutta
conforme e adattata a quella dell'Imperio.

ILLIRICO.
Non disuguale potrà ravvisarsi l'ecclesiastica politia in quelle
diocesi, che al Prefetto P. dell'_Illirico_ ubbidirono, cioè nella
_Macedonia_, e nella Dacia. La diocesi di Macedonia, che abbracciava
sei province, cioè Acaja, Macedonia, Creta, Tessaglia, Epiro
vecchio, ed Epiro nuovo, ebbe ancora la città sua principale, che
fu _Tessaglia_, dalla quale il suo Vescovo, come Capo della diocesi,
reggeva l'altre province, e sopra i Metropolitani di quella esercitava
le sue ragioni _esarcali_. La diocesi della _Dacia_ di cinque province
era composta, della Dacia Mediterranea, e Ripense, Mesia prima,
Dardania, e parte della Macedonia Salutare. Ci tornerà occasione della
politia di queste diocesi più opportunamente favellare, quando del
Patriarcato di Roma tratteremo; e potendo fin qui bastare ciò, che
della politia dello Stato ecclesiastico d'Oriente fin'ora s'è narrato
per la conformità, ch'ebbe con quella dell'Imperio, passeremo in
_Occidente_, per potere fermarci in Italia, e più da presso in queste
nostre province ravvisarla, per conoscere ciò che di nuovo ne recasse,
e qual mutazione portasse al loro Stato politico, e temporale.

GALLIE.
Ma prima bisogna notare ciò, che da' valenti investigatori delle cose
ecclesiastiche fu osservato, che più esattamente corrispose la politia
della Chiesa a quella dell'Imperio in Oriente, e nell'Illirico, che
in Occidente, ed in queste nostre province. Nell'Oriente appena potrà
notarsi qualche diversità di piccol momento; ma nell'Occidente se
n'osservano molte. Nelle Gallie se ne veggon delle considerabili:
nell'Italia pur alcune se ne ravvisano: ma molto più nell'Affrica
occidentale, ove le metropoli ecclesiastiche non corrispondono per
niente alle civili.
Le Gallie, secondo la descrizione di sopra recata, che a quel Prefetto
ubbidivano, eran divise in tre diocesi: la Gallia, che abbracciava
diciassette province, la Spagna, che si componeva di sette, e la
Brettagna di cinque.
La Gallia non v'è alcun dubbio, che prima tenesse disposte le sue
Chiese, secondo la disposizione delle province, che componevano la
sua diocesi, in maniera che ciascuna metropoli ecclesiastica aveva
corrispondenza colla civile; ed in questi primi tempi non riconobbe la
Gallia niun Primate, ovvero _Esarca_, siccome le diocesi d'Oriente,
ma i Vescovi co' loro Metropolitani reggevano in comune la Chiesa
gallicana. E la cagion era, perchè nella Gallia non vi fu una città
cotanto principale ed eminente sopra tutte altre, sì che da quella
dovessero tutte dipendere, siccome nell'altre parti del Mondo. Ma
da poi si videro molte di quelle città in contesa per le ragioni di
Primate. Nella provincia di Narbona fuvvi gran contrasto fra i Vescovi
di Vienna, e l'Arclatense[505], di cui ben a lungo tratta Dupino[506].
Nell'Aquitania ne' tempi posteriori altra contesa s'accese fra i
Vescovi Bituricense[507], e Burdegalense[508], che potrà vedersi
appresso Alteserra[509]. In quest'ultimi tempi nell'Occidente quei
Vescovi, i quali di qualche principalissima città erano Metropolitani,
s'arrogaron molte altre prerogative sopra gli altri Metropolitani,
e si dissero Primati, ancorchè prima questo titolo s'attribuiva
indifferentemente a tutti i Metropolitani: così nella Francia
il Metropolitano di Lione appellasi Primate, e ritiene assai più
prerogative, che non gli altri Metropolitani.
La Spagna riconobbe in questi primi tempi qualche politia
ecclesiastica, conforme a quella dell'Imperio, ma da poi mutandosi
il suo governo politico, fu tutta mutata, e secondo che una città, o
per la residenza de' Principi, o per altra cagione s'innalzava sopra
l'altre di più province, così il Vescovo di quella Chiesa, non contento
delle ragioni di Metropolitano, s'arrogava molte prerogative sopra
gli altri, e Primate diceasi: così oggi la Spagna ha per suo Primate
l'Arcivescovo di Toledo, come la Francia quello di Lione.
La Brettagna, ancorchè prima riconoscesse qualche politia
ecclesiastica, conforme alla civile dell'Imperio, nulladimeno occupata
che fu poi da' Sassoni, perdè affatto ogni disposizione, nè in essa si
ritenne alcun vestigio dell'antica politia, così nello stato civile,
come nell'ecclesiastico.

ITALIA.
Abbiam riserbato in questo ultimo luogo la Prefettura d'Italia, poichè
in quella secondo il nostro istituto dovremo fermarci, per conoscere
più minutamente la politia ecclesiastica delle nostre province in
questi tempi.
Sotto il Prefetto d'Italia, come s'è veduto, erano tre diocesi,
l'Illirico, l'Affrica, e l'Italia: delle due prime non accade qui
favellare; ma dell'Italia, nella quale veggiamo instituito il più
celebre Patriarcato del Mondo, è di mestieri, che un poco più
diffusamente si ragioni: ciò che anche dovrà riputarsi uno de'
maggiori pregi di questa diocesi, che quando gli altri Patriarcati,
e quell'istesso di Costantinopoli, che attentò di usurpar eziandio le
costui ragioni, sono già tutti a terra, il solo Patriarca di Roma sia
in piedi; ed unendosi anche nella sua persona le prerogative di Primo,
e di Capo sopra tutte le Chiese del Mondo cattolico, e sopra quanti
Patriarchi vi furon giammai, meritamente può vantarsi la nostra Italia,
e Roma, esser ella la principal sede della religione, siccome un tempo
fu dell'Imperio.
Al Prefetto d'Italia, come sè detto, due _Vicariati_ erano sottoposti:
il Vicariato di _Roma_, e quello d'_Italia_. Nel Vicariato di Roma
erano poste dieci province. Tutte le quattro nostre province; onde ora
si compone il Regno, cioè la Campagna: la Puglia e Calabria: la Lucania
e Bruzj: ed il Sannio, appartenevano al Vicariato di quella città. Vi
andavan ancora comprese l'Etruria e l'Umbria: il Piceno Suburbicario:
la Sicilia: la Sardegna: la Corsica e la Valeria.
Sotto il Vicariato d'Italia, il cui Capo fu la città di _Milano_, erano
sette province: la Liguria: l'Emilia: la Flaminia, ovvero il Piceno
Annonario: Venezia, a cui da poi fu aggiunta l'Istria: l'Alpi Cozzie,
e l'una e l'altra Rezia.
Questa divisione d'Italia in due Vicariati portò in conseguenza, che la
politia ecclesiastica d'Italia non corrispondesse a quella d'Oriente;
poichè non ogni provincia d'Italia, siccome avea la città metropoli,
ebbe il suo Metropolitano, come in Oriente, ma le città, come prima,
ritennero i semplici Vescovi; e questi non ad alcun Metropolitano, ma
o al Vescovo di Roma, o a quello di Milano erano suffraganei: quegli
del Vicario di Roma al Vescovo di quella città, gli altri del Vicariato
d'Italia al Vescovo di Milano[510].
Le province, che al Vicariato della città di Roma s'appartenevano,
come ben pruova il Sirmondo[511], per questo stesso s'appellarono
suburbicarie: onde le Chiese suburbicarie eran quelle, che nel
Vicariato di Roma eran comprese. G. Gotofredo, e Cl. Salmasio sono
d'altro sentimento: essi, restringono in troppo angusti confini
le province e le Chiese suburbicarie, e pretendono, che fossero
state quelle, che per cento miglia intorno a Roma, e non oltre si
distendevano, e che al Prefetto della città di Roma ubbidivano. Altri
diedero in un'altra estremità, e sotto nome di province suburbicarie
intesero, chi l'universo Imperio di Roma, e chi almeno tutto
l'Occidente, come con grandi apparati studiaronsi provare Emanuello
Schelstrate, e Lione Allacci[512].
Ma Lodovico Ellies Dupino[513] non può non commendare per vera
l'opinione di Sirmondo, e riprovando così l'una, come l'altra delle
opposte sentenze, sopra ben forti e validi fondamenti stabilisce le
province e le Chiese suburbicarie essere state quelle, che al Vicario
di Roma ubbidivano, e che da quel Vicariato eran comprese.
Per questa cagione avvenne, che secondando la politia della Chiesa
quella dell'Imperio, il Vescovo di Roma sopra tutte queste province
esercitasse le ragioni di Metropolitano. Non potea chiamarsi
propriamente Esarca, perchè non l'intera diocesi d'Italia fu a
lui commessa, siccome eran nomati gli Esarchi d'Oriente, i quali
dell'intere diocesi avean il pensiero; ma la diocesi d'Italia essendosi
divisa in due Vicariati, questo fece, che non si stendesse più oltre
la sua autorità, nè fuori, nè dentro l'istessa Italia; poichè fuori di
queste province suburbicarie, i Metropolitani di ciascuna provincia
ordinavano tutti i Vescovi, ed essi da' Vescovi della provincia eran
ordinati[514]: e se si legge, avere i romani Pontefici in questi
medesimi tempi raunato talora da tutte le province d'Occidente
numerosi Sinodi, cotesto avvenne, non per ragion dell'autorità sua
di Metropolitano, ma per ragion del Primato, che tiene sopra tutte
le Chiese del Mondo cattolico; la qual cosa in progresso di tempo
(confondendosi queste due autorità) portò quell'estensione del
Patriarcato romano, che si vide da poi, quando non contento delle
province suburbicarie, si sottopose l'_Illirico_, dove mandava
suoi Vicarj; ed indi non solamente si dilatò per tutte le province
d'_Italia_, ma per le _Gallie_, e per le _Spagne_ ancora, tanto che
acquistò il nome di Patriarca di tutto l'_Occidente_, come si vedrà più
innanzi.
Ma in questi tempi, ne' quali siamo di Costantino, infino
all'Imperio di Valentiniano III l'autorità sua, che per ordinario
diritto esercitava, non s'estendeva più, che nelle sole province
suburbicarie[515]. E perciò avvenne ancora; che il R. P. esercitasse in
queste province la sua autorità con maggiore e più pieno potere, che
non facevan gli Esarchi d'Oriente nelle province delle loro diocesi;
imperciocchè a lui come Metropolitano s'appartenevano l'ordinazioni,
non solamente de' Vescovi delle città metropoli, ma anche di tutti
gli altri Vescovi di quelle province: quando in Oriente gli Esarchi
l'ordinazione di questi Vescovi la lasciavano a' loro Metropolitani.
Nè il nome di Patriarca dato al Pontefice romano, fu cotanto antico,
come agli Esarchi d'Oriente. Se voglia riguardarsi l'antichità della
Chiesa, fu prima questo nome di Patriarca dato in Oriente per encomio
anche a' semplici Vescovi[516]: poi si ristrinse agli Esarchi, ch'avean
cura dell'intere diocesi, per la qual cosa presso a' Greci tutti gli
Esarchi con questo nome di Patriarca eran chiamati. Ma in Occidente
infra i Latini, il primo che si fosse nomato, fu il Pontefice romano:
ed i Greci medesimi furono i primi a dargli questo encomio, ma non
prima de' tempi di Valentiniano III. In questi tempi Lione R. P. fu da'
Greci e da Marciano stesso Imperador di Oriente chiamato Patriarca; nè
prima, come notò l'accuratissimo Dupino, da' Latini stessi, o da' Greci
se gli diede tal nome: ed il Sirmondo[517] non potè contra Claudio
Salmasio allegar sopra ciò esempi più antichi, che degli Imperadori
Anastasio e Giustino, i quali aveano chiamato Patriarca Ormisda Vescovo
di Roma.
Per questa cagione nelle nostre province non leggiamo noi Metropolitano
alcuno: ed ancorchè dopo Costantino si fosse veduta in maggior
splendore la Gerarchia ecclesiastica, le città delle nostre province
però non ebbero, che i soli Vescovi, come prima, non riconoscenti
altri, che il Vescovo di Roma per loro Metropolitano. Ciò che non
accadde nelle province d'Oriente, nelle quali, come s'è veduto,
ciascuna provincia ebbe il suo Metropolitano, il quale sopra i Vescovi
di quella provincia esercitava le ragioni sue di Metropolitano: presso
di noi fu diversa la politia: poichè, ancorchè la provincia della
Campagna avesse la sua città metropoli, la quale fu Capua, non per
questo il suo Vescovo sopra gli altri Vescovi della medesima provincia
alzò il capo, con rendersegli suffraganei: nè se non ne' tempi a noi
più vicini, e propriamente nell'anno 968, la Chiesa di Capua fu renduta
metropoli, ed il suo Vescovo acquistò le ragioni di Metropolitano
sopra molti Vescovi di quella provincia suoi suffraganei. La Puglia
parimente, e la Calabria non riconobbe se non molto da poi i suoi
Metropolitani; e se non voglia tenersi conto di ciò, che dal Patriarca
di Costantinopoli si disponeva intorno alle Chiese di questa provincia,
Bari, Canosa, Brindisi, Otranto, Taranto, S. Severina, e l'altre città
della medesima, non gli riconobbero, se non ne' secoli seguenti,
e Siponto più tardi da Benedetto IX fu nell'anno 1034 costituita
metropoli. Lo stesso s'osserva nella provincia della Lucania, e de'
Bruzj, dove Reggio e Salerno, che secondo la politia dell'Imperio
erano in questi tempi le città metropoli della medesima provincia, non
ebbero, che i soli Vescovi, e Reggio conobbe da poi i Metropolitani,
mercè del Patriarca di Costantinopoli, siccome Salerno da Benedetto V
nell'anno 984, e così gli altri, che veggiam ora in questa provincia.
Il Sannio ancora gli conobbe molto tardi: Benevento fu innalzato a
questo onore da Giovanni XII nell'anno 969 un anno dopo Capua: e tutti
gli altri Metropolitani, che ora scorgonsi moltiplicati in tanto numero
in tutte queste nostre province, hanno men antica origine, come si
vedrà chiaro più innanzi nel corso di questa Istoria.
Ne' tempi adunque, ne' quali siamo di Costantino sino a Valentiniano
III, le Chiese di queste nostre province, come suburbicarie, ebbero
per loro Metropolitano il solo Pon. Romano: a lui solo s'apparteneva
l'ordinazione de' Vescovi[518]: e quando mancava ad una città il
Vescovo, il Clero ed il Popolo eleggevan il successore, poi si mandava
al R. P. perchè l'ordinasse[519]; il quale sovente, o faceva venir
l'eletto a Roma, ovvero delegava ad altri la sua ordinazione; e da poi
s'introdusse, che quando accadevan contese intorno all'elezione, egli
le decideva, o per compromesso si terminavano: il qual costume vedesi
continuato ne' tempi di S. Gregorio M. del quale ci rimangono ancora
nel Registro delle sue Epistole molti provvedimenti, che diede per
l'elezione de' Vescovi di Capua, di Napoli, di Cuma e di Miseno, nella
Campagna; e nel Sannio, de' Vescovi di Apruzzi[520][521].
Ed in Sicilia, come provincia suburbicaria, pur osserviamo la medesima
autorità esercitata da' romani Pontefici intorno all'elezione de'
Vescovi, come è manifesto dall'Epistole di Lione, e da quelle di
Gregorio M.[522].
Ecco in brieve qual fu del quarto e quinto secolo la politia
ecclesiastica in queste nostre province: ebbero, come prima, i soli
Vescovi, nè riconobbero sopra le loro città alcun Metropolitano: solo
il Pontefice romano esercitava le ragioni di Metropolitano sopra
quelle, e vi tenea spezial cura e pensiero. Per questa cagione, nè
l'eresia d'Arrio, nè la Pelagiana poteron giammai in queste province
por piede[523]. Nè i Patriarchi di Costantinopoli eran ancora entrati
nella pretensione di volere al loro Patriarcato sottoporre queste
province, siccome tentaron da poi a tempo di Lione Isaurico, e del
Pontefice Gregorio II, e posero in effetto ne' tempi seguenti; di che
altrove avrem opportunità di favellare. Nè in queste nostre province
si conobbe fin a questo tempo altra Gerarchia, che di Diaconi, Preti,
Vescovi, e di Metropolitano, qual era il Vescovo di Roma, Capo insieme,
e Primo sopra tutte le Chiese del Mondo cattolico. Alcuni anche a
questo tempo mettono l'instituzione de' Sottodiaconi, degli Acoliti,
Esorcisti, Lettori, ed Ostiarj; ed eziandio d'alcuni altri Ministri,
che non s'appartengono punto all'ordine gerarchico, ma alla custodia
ed alla cura delle temporalità della Chiesa: di che altrove ci tornerà
l'occasione di ragionare.

§. I. _De' Monaci._
In Oriente però s'erano già cominciati a sentire i Solitarj, appellati
in lor favella _Monaci_: ma questi non eran, che uomini del secolo,
senza carattere e senza grado, i quali nelle solitudini, e ne'
deserti dell'Egitto per lo più menavano la lor vita: data che fu pace
alla Chiesa dall'Imperador Costantino, cominciò a rilasciarsi nella
comunità de' Cristiani quella virtù, che ne' tre primi precedenti
secoli in mezzo alle persecuzioni era esercitata: e siccome non era
più di pericolo l'esser Cristiano, molti ne facevan professione,
senz'esser ben convertiti, nè ben persuasi del disprezzo de' piaceri,
delle ricchezze, e della speranza del Cielo. Così coloro che vollero
praticare la vita cristiana in una maggior purità, trovarono più sicuro
il separarsi dal Mondo, ed il vivere nella solitudine[524].
I primi Monaci, che ci comparvero, furon in fra di loro divisi e
distinti in due ordini, ciò sono, _Solitarj_, e _Cenobiti_: i primi si
chiamaron anche Eremiti, Monaci, Monazonti, ed Anacoreti. Alcuni han
voluto tirar l'origine del Monachismo da' Terapeuti, che credettero
essere una particolar società di Cristiani stabilita da S. Marco
ne' contorni d'Alessandria, de' quali Filone descrive la vita. Ma se
bene Eusebio avesse creduto, che i Terapeuti fossero Cristiani, ed
avesse loro attribuito il nome di Asceti; nulladimanco è cosa affatto
inverisimile riputar quelli, Cristiani e discepoli di S. Marco.
Poichè quantunque la vita, che di lor ci descrive Filone, fosse molto
conforme a quella de' Cristiani, le molte cose però che e' soggiunse
dei loro riti e costumi, come l'osservanza del Sabato, la Mensa sopra
la quale offerivano pani, sale, ed isopo, in onor della sacra Mensa
ch'era dentro al vestibolo del tempio, e mille altre usanze, che non
s'accordano co' costumi degli antichi Cristiani, convincono e fan
vedere, che coloro fossero Ebrei, non Cristiani. Il nome di Asceti, che
Eusebio loro attribuisce, non deve fargli passar per Monaci, poichè
siccome il termine d'Asceti è un termine generale, che significa
coloro, che menano una vita di quella degli altri più austera e più
religiosa, così non si può conchiudere aver egli creduto, che gli
Asceti fosser Monaci[525].
Comunque ciò siasi, egli è cosa certa, che erano nel quarto secolo
questi Monaci moltiplicati in guisa, che non vi fu provincia
dell'Oriente, che non ne abbondasse. La diocesi d'Oriente, il cui
capo era Antiochia, ne fu piena: in Egitto il numero era infinito.
Nell'Affrica, e nella Siria parimente abbondavano: ed in Occidente eran
ancora in questi tempi penetrati fin dentro a' confini del Vescovato
romano, nella nostra Campagna, e nelle circonvicine province, siccome
è chiaro da una costituzione di Valentiniano il Vecchio dirizzata
nell'anno 370 a Damaso Vescovo di Roma[526]. Palladio[527] ancor
rapporta, in queste nostre province, come nella Campagna e luoghi
vicini, verso la fine del quarto secolo, molti aver menata vita
eremitica e solitaria: ed il P. Caracciolo[528] non pur nella Campagna,
ma anche nel Sannio e nella Lucania ne va molti ravvisando.
Questi viveano nelle solitudini e ne' deserti, ed ivi menavan una vita
tutta divota, sciolti da ogni cura mondana, e lontani dalle città,
e dal commercio degli uomini. Si fabbricavano per abitare povere
cellette, e passavano il giorno lavorando, facendo stuoje, panieri,
ed altre opere facili, e questo lor lavorio bastava non solo per
alimentargli, ma ancora per far grandi elemosine. I Gentili reputavano
questa lor vita, oziosa ed infingarda, onde ne furono acerbamente
calunniati da' loro Scrittori[529], accagionandogli, che in queste
solitudini si contaminassero d'ogni sozza libidine, e di nefandi vizj.
Non avevan certa regola, nè si legavan a voto alcuno: la lor vita
quieta tirava della molta gente al bosco, tanto che ne venner tosto
a nascere degli abusi; perchè molti per isfuggire i pesi della Curia,
e degli altri carichi della Repubblica, e per menare una vita affatto
oziosa, e sottrarsi da ogni altra obbligazione, sotto finto pretesto
di religione, lasciavano le città, e andavansi ad unire con questi
Solitarj; tanto che fu di mestieri a Valente di proibire questi loro
recessi, e ordinare, che si richiamassero da que' luoghi nelle città,
a portare i carichi lor dovuti[530].
Ma i Solitarj, non guari da poi, degenerando dal lor instituto, troppo
spesso frequentavano le città, e s'intrigavano negli affari del secolo;
nè vi occorreva lite ne' Tribunali, nè faccenda, o qual altro si
fosse negozio nelle piazze, ch'essi non ne volessero la lor parte: e
crescendo vie più la lor audacia, furon sovente cagione nelle città di
molti disordini e tumulti: di che se ne leggono molti esempj appresso
Eunapio[531], Crisostomo, Teodoreto, Zosimo, Libanio, Ambrosio,
Basilio, Isidoro Pelusiota, Geronimo, ed altri: tanto che bisognò, che
i Giudici, e gli altri Magistrati ricorressero all'Imperador Teodosio
M. perchè rimediasse a' disordini sì gravi, ed alla Rep. perniziosi,
e da quel Principe fu proferita legge, colla quale fu comandato, che
non partissero dalle loro solitudini, nè capitassero mai più nelle
città: ma non passarono venti mesi, che Teodosio in grazia de' medesimi
Solitarj rivocò la legge[532].
Ebbero costoro per loro Gonfaloniere nella Tebaide Paolo, detto perciò
primo Eremita: nella Palestina, Ilarione, e ne' deserti d'Egitto
Geronimo, i quali con intento d'imitare, così vivendo, Elia e Giovanni
precursor di Cristo, si renderono per la loro austerità assai rinomati
e celebri.
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