Brani inediti dei Promessi Sposi, vol. 2 - 13

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che per fare del bene, la prima condizione è di essere in vita, e,
per allora, volle assicurar questa. Quanto al prossimo, non pensò
più a regolarlo, ma soltanto a tenerselo lontano, tanto che non li
comunicasse la pestilenza. Don Ferrante, invece, persuaso che tutte le
precauzioni immaginabili non avrebbero potuto fare che là congiunzione
di Saturno con Giove non fosse avvenuta, nè stornare le conseguenze di
un avvenimento dì quella sorte, non cangiò nulla al suo tenore solito
di vita, e contrasse la pestilenza, che[138] in un giorno lo spicciò.
Donna Prassede[139] s'era ritirata con la signora Ghita nella stanza
più remota della casa; Prospero, che alla morte di Don Ferrante era
certo di dovere andare a spasso, pensava a farsi un po' di fardello;
il resto della famiglia seguiva il suo esempio; e il povero astrologo
sarebbe morto abbandonato, se Lucia non avesse avuta la carità di
prestargli qualche servigio. Il giorno stesso in cui Don Ferrante morì,
Lucia fu presa da un gran sopore, rimase come insensata, e cadde senza
forze: Donna Prassede ordinò tosto che[140] ella fosse portata nella
via, ad aspettare un carro o una bussola che la portasse al lazzeretto.
Così fu fatto, e così avvenne. Lucia, deposta in quella capannuccia,
stette alcuni giorni fuori di sè, senza prender cibo, nè rimedi,
lottando il vigore della natura con la violenza del male, e non riprese
l'uso delle sue facoltà se non quando il male fu superato. Ma quale
risvegliamento! in quel tumulto di morte, in quello scompiglio di guai,
senza vedere un volto conosciuto, senza udire una voce famigliare!
Pure in quel tempo, come in tutte le grandi calamità, la vista o il
racconto e l'aspettazione continua dei mali rendeva preparati a tutto
anche gli animi i meno agguerriti; questa preparazione, la gran ragione
della necessità, la cascaggine stessa che il male aveva lasciata
addosso a Lucia, la fecero avvezzare ben tosto alla sua situazione;
la fiducia in Dio gliela raddolcì. La capannuccia non capiva che due
letti, o covili che fossero: in pochi giorni Lucia cangiò più volte di
compagnia. Finalmente, quando ella cominciava a potersi reggere, vi fu
portata una donna, che era moglie, anzi vedova d'un ricco mercante di
stoffe, madre, anzi orba di due figli: la peste le aveva tutto portato
via. Questa, rimasta sola in casa, e sentendosi pure colpita dal
morbo, aveva chiamato un commissario della Sanità, che conosceva per
sua buona sorte, e che per una sorte ancor più rara era un galantuomo,
e gli aveva raccomandata sè e la sua casa. Egli la fece chiudere e
sigillare, promise di vegliarla, e fece portare la donna al lazzeretto,
con tutta quella cura particolare che si poteva in quelle circostanze.
Lucia assistette la sua compagna, che superò pure la malattia, e, come
è facile ad intendersi, tra quella che prestava sì pietosi servigj, e
quella che gli riceveva, ambedue deserte, buone ambedue, s'era formata
una strettissima amicizia.
La vedova, prima di venire al lazzeretto, aveva nascosta nella sua
casa una buona somma di danari, e vi aveva lasciate molte mercanzie,
protette dal sigillo pubblico, e ancor più dalla indifferenza dei
monatti per le robe che non fossero di pronto uso o di facile smercio.
Trovandosi quindi sola e doviziosa, ella aveva proposto a Lucia di
tenerla con sè, come una sua figlia, e Lucia, ringraziando Dio che le
aveva preparato un asilo, e la buona donna che glielo offeriva, lo
aveva accettato, ma solo per qualche tempo, tanto che potesse aver
notizie di sua madre, e pensare a prendere una risoluzione stabile.
Ciò ch'ella aveva promesso alla sua compagna era dì non abbandonarla
finch'ella non potesse uscire dal lazzeretto; e perciò Lucia non s'era
unita ai convalescenti che erano partiti quel giorno alla guida del
Padre Felice. Ma la buona vedova, avvezza a quella dolce compagnia,
e atterrita dal solo pensiero di restarne priva, nella desolazione,
esprimeva di tempo in tempo quel suo terrore e si faceva rinnovare
da Lucia la promessa in cui trovava la quiete dell'animo suo. E per
dissipare appunto una di queste dubitanze, Lucia aveva dette le soavi
parole che colpirono l'orecchio di Fermo, e che abbiamo riferite.
Fermo era dimorato su la porta; e di là il suo secondo sguardo s'era
rivolto su la persona alla quale quelle parole erano state dirette; e
fu molto contento quando vide a che sesso ella apparteneva.
--Ah! siete viva e v'ho trovata! diss'egli, quando potè ricuperar la
parola; ed entrò nella capanna.
--Voi! sclamò Lucia.
--Son venuto qui per cercarvi, e v'ho trovata! rispose Fermo.
--E la peste?
--L'ho avuta.
--Ah! fece Lucia con un gran respiro, che significava assai più che un:
me ne rallegro infinitamente.
--Ma come... qui?
--Son venuto a cercarvi in Milano, appena ho potuto; m'hanno detto
ch'eravate qui; ci son venuto.
--Oh Signore! disse Lucia, stringendo le mani giunte, alzando gli occhi
al cielo, e con una voce che i singhiozzi stavano per interrompere.
Poi, come entrata di repente in un altro pensiero, chiese ansiosamente:
Sapete qualche cosa di mia madre?
--L'ho veduta jeri; è sana, vi saluta, e potete credere... era tutta
in pensiero per voi, e sospira di vedervi.
Lucia rispose con un altro respiro di consolazione.
Fermo continuò:--Sospira di vedervi, e crede... tiene per sicuro...
Ma voi,... voi mi parete stupita... ch'io sia venuto a cercarvi.
Io... son sempre lo stesso... non vi ricordate...? che è avvenuto,
Lucia?
--Tante cose! rispose ella sospirando.
--Ecco! disse Fermo: sa il cielo che cosa v'avranno detto di me!
--Che importa, rispose Lucia, quel che dica la gente?
--Dunque...
--Dunque... io credeva... che dopo tanto tempo... dopo tanti
guai... non avreste più pensato a me.
--L'avete creduto? e me lo dite? quando son qui...
--L'ho creduto, disse Lucia, troncando in fretta le parole appassionate
di Fermo, l'ho creduto, perchè sarebbe stato meglio... è meglio.
Lucia aveva sempre tenuti gli occhi bassi; ma proferendo, non senza
fatica, queste parole, chinò anche la testa e la tenne appoggiata sul
petto, come per riposarsi d'un grande sforzo.
--È meglio! disse Fermo, stordito e contristato di quel mistero, e
guardando fiso nel volto di Lucia, per trovarvi la spiegazione di
quelle tronche ed oscure parole. È meglio! che cosa, v'ho fatto io?
è colpa mia se... Non sono io quello a cui avete promesso? Che vi
mancava perchè foste mia? un momento... e... ma gli ho perdonato. Non
siete voi più quella...? Dopo tanto sperare! dopo tanto pensare a voi!
dopo... Parlate chiaro; dite che non mi volete più; dite il perchè;
non mi fate...
--Fermo, disse con voce più riposata e solenne Lucia, che, mentre egli
parlava, aveva cercato di raccogliere tutte le sue forze.--Fermo,
ascoltatemi tranquillamente: pensate dove siamo: vedete questa buona
creatura che ha bisogno di quiete: ascoltatemi. Io non sarò mai di
nessuno... e non posso più esser vostra.
--No, non l'avete detta voi questa parola, rispose Fermo; no, che non
l'ascolto: che ho fatto io? perchè? chi ve l'ha detto? chi è entrato
tra voi e me? chi c'è entrato? voglio saperlo.
--Zitto, zitto, non andate avanti, per amor del cielo, disse Lucia.
Quando lo saprete, se siete ancora quello di prima, se temete Dio come
una volta, non direte così.
--Parlate, per amor del cielo!
--Sapete voi in che casi, in che spaventi io mi son trovata, in che
pericoli?
--Lo so, lo so, e... gli ho perdonato.
--Ora, sappiate quello che nessuno, nè pure mia madre, ha udito finora
dalla mia bocca. In una notte... Vergine santissima! qual notte!...
lontana da ogni soccorso... senza speranza di liberazione... sola
... io sola, in mezzo... all'inferno, ho guardato in su, ho domandato
l'ajuto di quel solo che può fare i miracoli... ho domandato un
miracolo, e ho dovuto fare una promessa... mi son votata alla Madonna
che se, per sua intercessione, io usciva salva da quel pericolo,
non... sarei mai stata sposa d'un uomo.
--Ahi! che avete fatto! sclamò dolorosamente Fermo: che avete fatto!
--Ho ottenuto il miracolo, riprese Lucia: la Madonna mi ha salvata.
--Bastava pregarla, e vi avrebbe salvata. Che avete fatto! Che avete
fatto! Non dovevate fare un tal voto.
--L'ho fatto: che giova parlarne più? Che giova pentirsi? Pentirsi? No,
no, Dio liberi! Egli pure è sempre a tempo a pentirsi d'avermi salvata.
Può lasciarmi cadere ancora in un pericolo, e allora, chi pregherei io?
che promessa potrei fare?
--Lucia, disse Fermo, e se non fosse il voto...? dite; sareste la
stessa per me?
--Uomo senza cuore! rispose Lucia, contenendo le lagrime, quando mi
avreste fatte dire delle parole inutili, delle parole che mi farebbero
male, delle parole che sarebbero forse peccati, sareste voi contento?
Partite, scordatevi di me: non eravamo destinati; ci rivedremo lassù.
Dopo queste parole, le lagrime soverchiarono, e fra i singhiozzi ella
continuò: dite a mia madre ch'io son guarita, che ho trovata questa
buona amica che pensa a me; ditele che spero ch'ella sarà preservata da
questi guai, che Dio provvederà a tutto, e che ci rivedremo. Partite,
per amor del cielo; e non vi ricordate di me che quando pregate il
Signore.
--Lucia, disse Fermo, con tuono riposato e solenne egli pure; noi siamo
due poveri figliuoli senza studio: quel brav'uomo, quel gran religioso,
quel nostro padre, il Padre Cristoforo...
--Ebbene?
--E qui, nel lazzeretto, ad assistere gli appestati.
--È qui! disse Lucia: ah! non mi fa maraviglia: oh se potessi vederlo,
sentir la sua voce! È egli sano?
--È in piedi, disse Fermo, ma il suo volto... Dio voglia che sieno
gli anni e le fatiche!
--Voi l'avete veduto! disse Lucia.
--L'ho veduto e gli ho parlato, rispose Fermo: egli mi ha fatto animo a
cercarvi, mi ha fatto promettere che tornerei a rendergli conto delle
mie ricerche. Corro da lui: egli ci ha sempre ajutati; e spero che ci
ajuterà anche in questa occasione.
--Che dite voi? che volete ch'egli faccia? preghiamo Dio che ci
ajuti... che vi ajuti a sopportare. Ditegli che io ho sempre pregato
per lui; che, se può, venga a trovarmi, a consolarmi, e voi...
voi...
Non tornate più qui, per amor del cielo, voleva ella dire, ma non lo
disse[141]. Dopo fatto quel voto Lucia aveva sempre creduto di essersi
legata irrevocabilmente, e non aveva supposto mai che alcuna autorità
potesse annullare un patto col cielo; aveva rispinto come colpevole il
pensiero stesso, e non aveva mai confidato a persona il suo doloroso
segreto. Ma quando Fermo parlò d'una speranza nel Padre Cristoforo,
quella stessa speranza confusa, entrò nel cuore di Lucia; le balenò
nella mente un: chi sa? intravide come non impossibile che il Padre
Cristoforo potrebbe trovar qualche mezzo... e in quel dubbio ella
stimò inutile di dire risolutamente a Fermo: non tornate. Egli partì
senza far altre parole, come un uomo che pensa di tornar ben tosto, e
s'avviò alla capanna del buon frate.
La vedova, compagna di Lucia, era rimasta con gli occhi sbarrati a
guardare quel personaggio sconosciuto e ad udire quel dialogo, nuovo
per lei; giacchè Lucia, la quale, come si è potuto vedere in altre
parti di questa storia, era molto discreta, non le aveva mai parlato
nè della sua promessa di matrimonio, nè per conseguenza delle vicende
conseguenti. Ma ora non potè scusarsi di fargliene il racconto: e, a
dir vero, la disposizione d'animo di Lucia, in quel momento s'accordava
assai bene con le voglie, curiose e benevole ad un tempo, della vedova.
Quelle memorie, compresse e rispinte per tanto tempo, s'erano ora
presentate tutte in tanta folla e con tanto impeto all'animo di Lucia,
che il parlarne diveniva per lei quasi uno sforzo necessario. Dopo aver
dunque risposto alla meglio ai rimproveri che la vedova le fece dì
un tanto segreto tenuto con lei, cominciò il racconto, che fu spesso
interrotto dai suoi singhiozzi e dalle esclamazioni e dalle inchieste
della ascoltatrice[142].


XXIII.
SCIOGLIMENTO DEL VOTO DI LUCIA E MORTE DI DON RODRIGO.

Fermo intanto era giunto alla capannuccia del Padre Cristoforo, e
avendolo veduto lì fuori, che, pregando, chiudeva gli occhi ad un
morente, si era ritirato nella capannuccia, senza dar voce, nè far
segno che turbasse quel pio e doloroso uficio. Quando il poveretto
fu spacciato, Fermo si mostrò, e il Padre Cristoforo andò a lui, che
tosto gli raccontò la lietissima scoperta ch'egli aveva fatta di Lucia
viva e sana e quell'altra scoperta che era venuta come a tradimento
a guastargli una tanta consolazione. Benchè egli, in questa parte
del racconto, volesse aver l'aria di chi propone un dubbio superiore
ai suoi lumi, aspettando il giudizio d'un sapiente, pure non lasciò
scappare nessuna occasione di qualificare d'imprudenza e di pazzia quel
voto, che veniva per lui così male a proposito. Così faceva sentire
che, per la parte sua, il giudizio era bell'e fatto; e intanto guardava
attentamente ai volto del Padre Cristoforo, per iscoprire un pensiero,
dal quale avrebbe potuto dipendere la sua sorte. Ma non potendo
leggervi nulla, terminò con una aperta domanda: Che ne dice, Padre?
Il Padre stava pensoso: combattuto fra il desiderio di rivedere Lucia
e la speranza di consolarla forse, e il timore di rendersi colpevole,
abbandonando per qualche tempo i suoi infermi. Dopo essere così rimasto
alquanto, pronunziò ad alta voce la conclusione del dibattimento che
era stato tra i suoi pensieri. Ho un dovere con quella creatura,
diss'egli. Dio l'aveva in altri tempi indirizzata a me, ed ora non me
l'ha fatta venir così presso perch'io ricusi di esserle utile. Andiamo.
Lasciò per la seconda volta i suoi ammalati alla cura del Padre Vittore
e si mosse con Fermo.
Questi andava innanzi tacito, facendo la guida per quel triste
labirinto, e dirigendosi al viale per cui era passato la prima volta, e
il frate, pur tacito, gli teneva dietro.
Gli oggetti, che ad ogni mutar di passo si succedevano alla vista,
tenevano occupato l'animo di quella compunzione che non trova parole; e
in quel momento su quel mesto spettacolo pareva che scendesse e pesasse
una mestizia più cupa e più grave dell'ordinario.
Una nuvola comparsa all'occidente aveva a poco a poco coperto tutto
il cielo: e alla oscurità crescente avresti detto che il giorno era
finito, se il sole, lontano ancor forse due ore dal tramonto, non
avesse mostrato, come dietro ad un velo spesso ed immobile, il suo
disco grande e biancastro, donde partivano non vivi raggi e diretti, ma
un barlume scialbo e circonfuso, che mandava[143] una caldura morta
e gravosa. L'aria non dava un soffio, non si vedeva muovere una tenda
delle baracche, nè piegar la cima d'un pioppo nelle campagne d'intorno.
Solo si vedeva la rondine, sdrucciolando rapidamente dall'alto,
rasentare con l'ali tese, per un picciol tratto, la superficie ingombra
e confusa di quel terreno; e tosto risalire, volteggiare per l'aria
in cerchi veloci e piombar di nuovo. Un'afa faticosa prostrava gli
animi con una oppressione straordinaria. La lotta del morire era più
affannosa; i gemiti dei languenti erano soppressi dall'ambascia; il
movimento delle opere era stanco, rallentato, come sospeso; quella
dubbia luce dava al colore della morte e della infermità un non so che
di più livido; un non so che di più squallido all'abbattimento onde
erano atteggiate le figure dei sani; e su quel luogo di desolazione non
era forse ancor passata un'ora amara al par di questa.
Eppure quegli che sopravvissero rammentarono quell'ora con gioja per
tutta la vita; era la preparazione d'una burrasca, che scoppiò la
notte, e menò poi per due giorni una pioggia continua, dopo la quale
il contagio cessò quasi ad un tratto. Sotto il fascio di quella comune
gravezza, procedevano il giovane e il vecchio, con la fronte bassa
il primo e con l'animo diviso fra lo studio della via, fra l'orrore
delle cose che vedeva e l'ansietà del suo destino futuro; e l'altro
levando di tratto in tratto al cielo la faccia smunta, come per cercare
un più libero respiro, e per secondare con quell'atto una speranza
interna.--È qui, disse Fermo con voce tremante, accennando la capanna;
e v'entrarono, che Lucia, col volto lagrimoso, stava proseguendo il
suo racconto. Al riveder Fermo ella trasalì, e al vedere il Padre
Cristoforo balzò dal saccone di paglia, ov'era seduta, e gli si gettò
incontro sulla porta.--Oh Padre!... Signore Iddio! come sta ella?
soggiunse poi tosto, vedendogli i segni della morte in volto.--Come Dio
vuole, mia buona figlia, rispose il frate; e presto spero starò bene
affatto.
--Come?... disse Lucia.
--Come Dio vorrà, riprese egli tosto: Parliamo ora di voi, per cui son
venuto.
--Oh Padre! quanto tempo! quante cose! disse Lucia.
--Quante cose! ripetè il frate. E certo, se fossimo là ai vostri monti,
seduti in su la porta della casetta di quella buona Agnese, mi lascerei
andar volentieri a farne lunghi discorsi. Ma qui il tempo è misurato. E
tosto, trattala in disparte in un angolo della capanna, continuò: Fermo
mi ha detto che avete fatto voto di non maritarvi.
--È vero, rispose Lucia arrossando.
--Avete voi pensato allora, proseguì il vecchio, che voi avevate un
impegno solenne di matrimonio, e che offerivate alla Vergine una
libertà della quale avevate già disposto? E che riprendevate una
parola già data, senza sapere se quegli che l'aveva ricevuta avrebbe
consentito a restituirvela?
--Ho fatto male? chiese Lucia con sorpresa, e con un rimorso che non
era tutto doloroso.
--Avete voi confidato a nessuno questo vostro nuovo impegno? interrogò
di nuovo il frate: avete chiesto consiglio?
--Non ho ardito, rispose Lucia.
--Ed ora, proseguì egli, che vi dice il vostro cuore di quel voto?
--Che vuoi ella che me ne dica? rispose Lucia, arrossando più che mai e
chiudendo quasi del tutto gli occhi, ch'erano già chini a terra.
--Se non lo aveste fatto, lo fareste?
--Se... non fossi in quel pericolo... in un grande pericolo... e poi
se non è permesso... non lo farei.
--Se non lo aveste fatto, sareste tuttavia risoluta di sposare
quell'uomo a cui avevate promesso?
--Io credeva... che fosse male il pensarvi... ma poi ch'ella me ne
domanda... oh Padre sì!
Fermo intanto adocchiava ansiosamente verso quell'angolo, e la vedova
anch'essa stava in una tacita aspettazione. Il frate si fece presso
a loro, accennando a Lucia, che lo seguì con gli occhi bassi. Allora
egli, con voce spiegata, le rivolse questa nuova interrogazione:
Credete voi che la santa madre Chiesa ha ricevuta da Dio l'autorità di
sciogliere e di legare?
--Lo credo, rispose Lucia.
--Credete voi dunque che ella possa in suo nome ricevere, confermare,
o rimettere i voti che gli son fatti, interpretando la sua volontà in
questo, come nel perdono dei peccati, e usando una potestà che tiene da
lui?
--Lo credo, rispose ancora Lucia.
--Domandate voi alla Chiesa di essere sciolta dal voto di verginità,
che avete fatto, o inteso di fare alla Madre santissima di Dio?
--Lo domando, rispose Lucia, con una prontezza, alla quale Fermo non
ebbe nulla a desiderare, e che potrà parere forse troppa a chi, non
essendo stato presente a quell'atto, non rifletta che la solennità
della richiesta, l'aria autorevole di chi l'ha fatta, non lasciavan
luogo a titubamenti leziosi, e che ivi la verecondia doveva essere
tutta nella sincerità.
--Ed io, disse allora il buon frate con tuono ancor più solenne, prego
umilmente la Vergine, regina di tutti i santi, che abbia sempre per
aggradito il sentimento del vostro divoto e travagliato sacrificio, e
lo offra al suo e nostro Signore; e con l'autorità, che la Chiesa mi
ha affidata, vi sciolgo dal voto, annullando ciò che vi potè essere
d'inconsiderato, e liberandovi da ogni obbligazione, se ne avete
contratta.
Non parleremo dell'effetto che queste parole produssero nell'animo dei
due giovani: la buona vedova era tutta commossa. Il frate continuò,
rivolto a Lucia: Siate moglie pudica, moglie affettuosa, moglie
contenta dì quella contentezza che conduce all'eterna. Questo Iddio
ha voluto e vuole da voi. Quindi levò le mani verso i due giovani,
come per parlare ad ambedue. Essi caddero ginocchioni ai suoi piedi,
ed egli, tutto assorto, e quasi senza avvedersi di quell'atto, stese
le mani su le loro teste e stette un momento pensoso. Erano nel fondo
della capanna, come chiusi tra quello e il letto della vedova, che
teneva gli occhi fissi su di loro; i giovani inginocchiati con la
fronte bassa, e il frate ritto dinanzi a loro, con le spalle rivoltate
alla porta.
--Figliuoli, disse egli, che ho amati e che amerò sempre, ricordatevi
che se la Chiesa vi assolve da un sagrificio, non lo fa per procurarvi
le consolazioni di questa vita, che deve esser tutta un sagrificio, ma
per mettervi su la via della santificazione. Amatevi, come compagni
di viaggio, col pensiero di avere a lasciarvi, con la speranza di
ritrovarvi ancora e per sempre. Rendete grazie al cielo, che vi ha
condotti a questo stato non con le allegrezze turbolente e passeggiere,
ma coi travagli e fra le miserie, per disporvi ad una gioja raccolta,
temperata e continua. E nei vostri discorsi qualche volta, e sempre
nelle vostre preghiere, ricordatevi...
Queste parole, che rinchiudevano come un presentimento e un tristo
addio, rinnovarono nell'animo di Lucia l'impressione dolorosa che le
aveva prodotta l'aspetto di chi le proferiva. Levò ella gli occhi
quasi involontariamente, tutta commossa, a riguardarlo di nuovo; ma
insieme con l'oggetto che cercava il suo sguardo, un altro inaspettato
le se ne offerse su la porta della capanna, alla vista del quale ella
mandò uno strido repentino. Tutti gli occhi si rivolsero a quella parte
donde le era venuta quella subita commozione[144].
Ritto sul mezzo dell'uscio stava un uomo, smorto, rabbuffato i capegli
e la barba, scalzo, nudo le gambe, le braccia, il petto, e nel resto
mal coperto di avanzi di biancheria, pendenti qua e là a brani e a
filaccica; stava, con la bocca semiaperta, guatando le persone raccolte
nella capanna, con certi occhi, nei quali si dipingeva ad un punto
l'attenzione e la dissensatezza; dal volto traspariva un misto di
furore e di paura, e in tutta la persona una attitudine di curiosità
e di sospetto, uno stare inquieto, una disposizione a levarsi, non
si sarebbe saputo se per fuggire, o per inseguire. Ma in quello
sfiguramento Lucia aveva tosto riconosciuto Don Rodrigo, e tosto lo
riconobbero gli altri due. Quell'infelice, da una capanna, posta lungo
il viale, nella quale era stato gittato, e dove era rimasto tutti
quei giorni languente e fuor di sè, aveva veduto passarsi davanti
Fermo e poi il Padre Cristoforo, senza esser veduto da loro. Quella
comparsa aveva suscitato nella sua mente sconvolta l'antico furore e il
desiderio della vendetta, covato per tanto tempo, e insieme un certo
spavento, e con questo ancora una smania di accertarsi, di afferrare
distintamente con la vista quelle immagini odiose, che le erano come
sfumate dinanzi. In una tal confusione di passioni, o piuttosto in un
tale delirio, s'era egli alzato dal suo miserabile strame, e aveva
tenuto dietro da lontano a quei due. Ma quando essi, uscendo dalla
via, s'internarono nelle capanne, il frenetico non aveva ben saputa
ritenere la traccia loro, nè discernere il punto preciso per cui essi
erano entrati in quel labirinto. Entratovi anch'egli da un altro punto,
poco distante, non vedendo più quegli che cercava, ma dominato tuttavia
dalla stessa fantasia, era andato a guardare di capanna in capanna,
tanto che s'era trovato a quella in cui, mettendo il capo su la porta,
aveva riveduto in iscorcio quelle figure. Quivi, ristando stupidamente
intento, udì quella voce ben conosciuta, che nei suo castello aveva
intuonata al suo orecchio una predica, troncata allora da lui con
rabbia e con disprezzo, ma che aveva però lasciata nel suo animo una
impressione che s'era risvegliata nel tristo sogno precursore della
malattia. Quella voce lo teneva immobile, a quel modo che altre volte
si credeva che le biscie stessero all'incanto, quando Lucia s'accorse
di lui. Dopo la sorpresa, il primo sentimento di quella poveretta fu
una grande paura: il primo sentimento del Padre Cristoforo e di Fermo,
bisogna dirlo a loro onore, fu una grande compassione. Entrambi si
mossero verso quell'infermo stravolto, per soccorrerlo e per vedere
di tranquillarlo; ma egli, a quelle mosse, preso da un inesprimibile
sgomento, si mise in volta e a gambe verso la strada di mezzo; e, su
per quella, verso la chiesa. Il frate e il giovane lo seguirono fin
sul viale, e di quivi lo seguivano pure col guardo: dopo una breve
corsa egli s'abbattè presso ad un cavallo dei monatti che, sciolto,
con la cavezza pendente e col capo a terra, rodeva la sua profenda:
il furibondo afferrò la cavezza, balzò su la schiena del cavallo, e
percotendogli il collo, la testa, le orecchie coi pugni, la pancia con
le calcagna, e spaventandolo con gli urli, lo fece muovere e poi andare
di tutta carriera. Un romore si levò all'intorno, un grido di piglia,
piglia; altri fuggiva, altri accorreva per arrestare il cavallo, ma
questo, spinto dal demente, e spaventato da quei che tentavano di
avvicinarglisi, s'innalberava e scappava vie più verso il tempio.
I due, dei quali egli era stato altre volte nemico, tornarono tutti
compresi alla capanna, dove Lucia stava ancora tutta tremante.
--Giudizii di Dio! disse il Padre Cristoforo: preghiamo per
quell'infelice. Dopo un momento di silenzio, il pensiero che venne a
tutti fu di concertare insieme quello che era da farsi: e i concerti
furon questi: che Fermo partirebbe tosto, giacchè ivi non v'era
ospitalità da offerirgli, cercherebbe un ricovero per la notte in
qualche albergo, e all'indomani si rimetterebbe in via pel suo paese,
porterebbe ad Agnese le nuove della sua Lucia, andrebbe poi a Bergamo
a disporre la casa dove intendeva di stabilirsi con la moglie e con
la suocera; e tornerebbe poi ad aspettare Lucia nel suo paese, dove
dovevano celebrarsi le nozze: ne avvertirebbe intanto Don Abbondio,
il quale era da sperarsi che, invece di frapporre nuove difficoltà,
sarebbe vergognoso di quelle che aveva frapposte altra volta. Quanto
a Lucia, ella protestò, prima d'ogni cosa, che non si staccherebbe
dalla sua buona compagna, fin che questa non fosse affatto guarita, e
ristabilita nella sua casa. Il Padre la lodò, Fermo non v'ebbe nulla a
ridire, e la vedova, tutta commossa, promise che accompagnerebbe essa
Lucia a casa e la consegnerebbe a sua madre.
--E voglio farle il corredo, aggiunse all'orecchio del Padre, a cui
aveva fatto cenno di avvicinarsi.
--Dio vi benedica, le rispose il buon vecchio.
--E tu, disse poi a Fermo, che stai qui tardando? il tempo, come
vedi, si fa più nero e la notte si avvicina: affrettati di cercare un
ricovero.
Convien dire ancora, ad onore di Fermo, che in quel momento non gli
doleva tanto lo staccarsi da Lucia, appena trovata, è vero, ma ch'egli
contava di riveder presto, quanto dal Padre Cristoforo, che restava lì
a morire.
--Ci rivedremo, Padre? disse il buon giovane.
--Se Dio vorrà e quando Egli vorrà, rispose il frate, vincendo una
commozione, che andava crescendo. Va', va', che non c'è tempo da
perdere.
Fermo disse, con voce accorata, riverisco, al Padre, che lo benedisse
e gli strinse la mano: disse addio a Lucia e alla vedova, sopprimendo:
un arrivederci presto, che gli veniva su le labbra; poi spiccatosi in
fretta, partì.
--Vi raccomando l'una all'altra, buone creature, disse il frate, e
fece atto pure di andarsene; ma, nel dare a Lucia uno sguardo di
commiato, vide nell'aspetto di lei, mista alla commozione, una grande
inquietudine; s'avvisò tosto di ciò che poteva esserne la cagione, e
disse: Di che state inquieta?
--Quell'uomo...! disse Lucia.
--Poveretto! rispose il frate, non è più in caso di far paura a
nessuno: non lo vedrete più, siatene certa. Pure, soggiunse dopo
d'aver pensato un momento, per ogni altro evento, sarà meglio ch'io
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