Annali d'Italia, vol. 2 - 15
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Scappato per sua buona ventura dall'infausta battaglia di Andrinopoli
_Vittore_ generale di Valente, con quella poca cavalleria che restò
illesa, traversò la Macedonia, ed arrivò a trovar Graziano Augusto, il
quale, udite le triste nuove della suddetta battaglia e della morte
dell'Augusto suo zio, se n'era tornato a Sirmio. Perchè ci abbandona qui
Ammiano, cominciamo a penuriar di notizie, e niun preciso lume abbiamo
di quello che operasse di poi esso Augusto. V'ha chi pretende[735]
ch'egli tosto passasse a Costantinopoli, per prendere il possesso degli
stati che in Oriente godeva l'estinto Valente; ma di ciò niun vestigio
s'incontra altrove, e noi il troveremo anche nel gennaio del seguente
anno in Sirmio[736]. Quel che è certo, giacchè Valente non lasciò dopo
di sè alcun figlio maschio, ma solamente due figliuole, appellate
_Carosa_ ed _Anastasia_, Graziano pacificamente venne riconosciuto per
lor sovrano dalle provincie orientali, e massimamente dal popolo di
Costantinopoli. Ma ritrovando egli sì sconvolti gli affari della Tracia
e dell'Illirico a cagion del diluvio di tanti Barbari, e Barbari
insuperbiti per la riportata gran vittoria, allora fu che richiamò alla
corte _Teodosio il giovane_, il quale, dopo la morte indebitamente data
a Teodosio suo padre governatore dell'Africa, si era ritirato ad una
vita privata ed occulta nella Spagna sua patria. Conosceva Graziano il
valore, la prudenza e le altre virtù di questo uffiziale, e che potea
promettersi un buon servigio da lui in sì scabrose contingenze, e però
venuto ch'egli fu, gli diede il comando di una parte della sua armata.
Se si ha da credere a Teodoreto[737] non perdè punto di tempo il
generale Teodosio a marciare contra dei Barbari, cioè, per quanto pare,
dei Sarmati, e diede loro una considerabile rotta, obbligando quei che
sopravanzarono al filo delle spade[738] a salvarsi di là dal Danubio. Ne
portò egli la nuova a Graziano, il quale a tutta prima durò fatica a
crederla, finchè gli fu confermata da più persone la verità di quel
fatto. Gran merito si fece presso di lui Teodosio con questa prima
azione.
NOTE:
[703] Gothofred., in Chronolog. Cod. Theodos.
[704] Ammian., lib. 31, cap. 10.
[705] Orosius, lib. 7, cap. 33.
[706] Hieronymus, in Chronic.
[707] Cassiodorus, in Fast.
[708] Aurelius Vict., in Epitome.
[709] Gothofred., in Chronolog. Cod. Theod.
[710] Pagius, Crit. Baron.
[711] Hermant, Vie de Saint Basil.
[712] Tillemont, Mémoires des Empereurs.
[713] Ammian., lib. 31, cap. 10.
[714] Aurelius Victor, in Epit.
[715] Zosimus, lib. 4, cap. 21.
[716] Eunap., de Legat.
[717] Idacius, in Fastis.
[718] Socrat., lib. 4, cap. 31.
[719] Sozom., lib. 4. cap. 40. Theodoret., lib. 4, c. 41. Theophan.,
Chronogr. Zonar., in Annalib.
[720] Zosimus, lib. 4, cap. 23.
[721] Idacius, in Fastis. Socrates, lib. 4, cap. 28. Ammianus, lib. 31,
cap. 12.
[722] Ammian., lib. 31, cap. 13. Socrates, lib. 4, cap. 36. Sozom., lib.
6, cap. 40. Liban., in Vita sua.
[723] Hieron., in Chron. Victor, in Epit. Ammian., l. 31, c. 14.
[724] Rufinus, Zosimus, Orosius, Socrates, Sozomen. et alii.
[725] Ammian., lib. 31, cap. 1.
[726] Themist., Or. XI.
[727] Ammian., lib. 3, cap. 15. Socrat., l. 4, cap. 1.
[728] Idacius, in Fastis.
[729] Chrysost., ad Viduam.
[730] Eunap., de Legat.
[731] Hieron., in Epitaph. Nepotian., ad Heliod.
[732] Idem, in Sophon., cap. 1.
[733] Gregorius Nazianzen., Orat. XIV.
[734] Ammianus, lib. 31, cap. 16. Zosimus, l. 4, c. 26.
[735] Pagius, Crit. Baron.
[736] Gothofr.
[737] Theodor., lib. 5, cap. 5.
[738] Pacatus, in Panegyr.
Anno di CRISTO CCCLXXIX. Indizione VII.
DAMASO papa 14.
GRAZIANO imperadore 13
VALENTINIANO II imperad. 5.
TEODOSIO imperadore 1.
_Consoli_
DECIMO MAGNO AUSONIO e QUINTO CLODIO ERMOGENIANO OLIBRIO.
_Ausonio_, primo di questi due consoli, celebre scrittore dei presenti
tempi, quel medesimo è che, nato nelle Gallie in Bordeaux di mediocre
famiglia, avea avuto l'onore di essere maestro di Graziano Augusto. La
gratitudine di questo principe, arrivato che fu al governo degli stati,
non si restrinse solamente a farlo prefetto del pretorio delle Gallie;
il volle anche rimunerare colla più cospicua dignità dell'imperio,
creandolo console nell'anno presente. Si disputa tuttavia, se egli fosse
cristiano o pagano[739]. Alcuni suoi versi (se pure sono tutti di lui)
cel rappresentano professore della fede di Cristo; il complesso
nondimeno di tanti altri suoi versi pieni di paganesimo, e di sordide
impurità, porge sospetto giusto ch'egli fosse un gentile. Certamente
s'egli fu cristiano, dovette esser tale più di nome che di fatti: tanto
que' suoi poemi svergognano la professione di sì santa religione.
L'altro console, cioè _Olibrio_, quello stesso è che abbiam veduto in
addietro prefetto di Roma. Nell'anno presente, se non son fallati i
testi del Codice Teodosiano[740], essa prefettura fu appoggiata ad
_Ipazio_. Passò l'Augusto Graziano il verno in Sirmio, e quivi
riflettendo al miserabil sistema dei tempi correnti per la inondazione
di tante nazioni barbariche nell'Illirico e nella Tracia, con essere
nello stesso tempo minacciate anche le Gallie dagli Svevi ed Alamanni;
conoscendo inoltre che non era possibile a lui solo il sostenere in tali
circostanze il peso dell'occidentale e insieme dell'orientale imperio,
trovandosi il fratello Valentiniano in età puerile, e che bisogno ci era
di un braccio forte per rimediare ai presenti disordini e ai maggiori
pericoli dell'avvenire, determinò di scegliere un collega
nell'imperio[741]. Si fermarono i suoi sguardi e riflessi (giacchè
trovar non dovette alcuno dei suoi parenti atto a sì gran soma) sopra
_Teodosio il giovane_, da lui poco fa alzato al grado di generale,
personaggio che negli anni addietro, ed ultimamente ancora, si era
segnalato in varie imprese militari. Però chiamatolo a Sirmio nel dì 19
(Socrate scrive nel dì 16) di gennaio dell'anno presente, ancorchè
trovasse in lui della ripugnanza non finta, il dichiarò _imperadore
Augusto_[742], con approvazione e plauso di chiunque non penuriava di
giudizio. Era Teodosio nato in Ispagna in Cauca città della Galizia, e
non già in Italica patria di Traiano, come scrisse Marcellino conte; e
quantunque non manchino scrittori che il fanno discendente da esso
Traiano[743], pure gran pericolo vi ha che figlia dell'adulazione fosse
la voce di una tal parentela. Certo è bensì che nei pregi egli somigliò
non poco a quel rinomato Augusto, e non già ne' vizii. Ebbe per padre,
siccome dicemmo, quel _Teodosio_ conte, valoroso generale, che per
ordine dello sconsigliato Graziano Augusto fu ucciso in Africa. _Onorio_
vien malamente appellato suo padre da Vittore[744], il quale dà il nome
di _Termanzia_ alla di lui madre. Intorno a vari suoi fratelli e parenti
hanno disputato gli eruditi[745], ma io non vo' fermare i lettori in sì
spinose ricerche. Credesi che Teodosio, allorchè fu alzato al trono, si
trovasse nel più bel fiore della sua età, cioè di circa trentatrè anni.
Aveva per moglie _Elia Flacilla_, nominata per lo più dagli scrittori
greci[746] _Placilla_, ed anche _Placidia_, da alcuni creduta figliuola
di quell'Antonio che vedremo console nell'anno 382. Delle rare qualità e
virtù di questo novello Augusto, per le quali si meritò il nome di
_grande_, ragioneremo altrove. Per ora basterà il dire ch'egli aveva
ereditato dai suoi maggiori l'amore della religion cristiana, tuttochè
per anche non avesse ricevuto il sacro battesimo, secondo l'uso od abuso
di molti d'allora; ma che poco tarderemo a vederlo entrato pienamente
nella greggia di Cristo, con divenir poi da lì innanzi il più luminoso
de' suoi pregi la pietà e l'amor della vera religione.
Fu dunque di nuovo partito il romano imperio. _Graziano_ ritenne per sè
l'Italia, l'Africa, la Spagna, la Gallia e la Bretagna. Vuol Zosimo[747]
che esso Graziano assegnasse a _Valentiniano II_ suo fratello minore le
due prime provincie coll'Illirico, e taluno pensa ciò fatto nell'anno
presente; ma Graziano, attesa la tenera età di esso Valentiniano, almen
come tutore, continuò anche da lì innanzi a comandare in tutte le
suddette provincie di sua porzione. A _Teodosio_ toccò Costantinopoli
colla Tracia, e tutte le Provincie dell'Oriente colle quali solea andar
unito l'Egitto: Sozomeno[748] vi aggiugne anche l'Illirico: per la qual
asserzione gli vien data una mentita dal Gotofredo[749], perchè di ciò
non parlano gli altri storici; e molto più perchè ci son pruove che
Valentiniano iuniore signoreggiò in esso Illirico. Ma il padre Pagi[750]
e il Tillemont[751] eruditamente ha dimostrato che l'Illirico fu in
questi tempi diviso in occidentale ed orientale. Nel primo si contavano
le due Pannonie, i due Norici e la Dalmazia. Nell'altro la Dacia, la
Macedonia, i due Epiri, la Tessalia, l'Acaia e l'isola di Creta. Restò
in potere di Graziano l'occidentale, e l'altro pervenne a Teodosio. Dopo
avere in questa guisa regolati i pubblici affari, Graziano si mise in
viaggio per ritornar nelle Gallie. Le leggi[752] del Codice Teodosiano
cel fanno vedere in Aquileia sul principio di luglio, sul fine in
Milano. Professava questo principe una particolar amicizia e confidenza
con sant'_Ambrosio_ arcivescovo dell'ultima città suddetta; e per le
istanze di lui questo insigne pastore scrisse i suoi libri della Fede.
All'incontro per le premure di sant'Ambrosio si può ben credere che esso
Augusto pubblicasse in Milano nel dì 3 di agosto una legge[753]
riguardante gli eretici. Aveva egli nell'anno precedente, mentre
dimorava in Sirmio, con suo editto permessa la libertà a tutte le sette
degli eretici[754] a riserva degli Eunomiani, Manichei e Fotiniani,
accomodandosi alla necessità de' tempi e per guadagnarsi gli animi degli
Orientali, gente avvezza alle novità e alle eresie. Ora colla legge
suddetta emanata in Milano egli proibì a tutti gli eretici di predicare
i lor falsi dogmi, e di tener delle assemblee, e di ribattezzare: il che
massimamente si usava dai Donatisti. Se non prima, certamente dimorando
Graziano in Milano, gli dovettero giugnere avvisi che gli Svevi e gli
Alamanni faceano de' fieri movimenti, e già erano passati di qua dal
Reno ai danni delle Gallie. Prese egli dunque il cammino frettolosamente
per la Rezia alla volta di Treveri[755], dove una sua legge cel
rappresenta già arrivato nel dì 14 di settembre. Abbiamo ben da
Sozomeno[756] che l'armi sue ripulsarono i Barbari della Germania,
giunto ch'egli fu colà; ma non parlandone Ausonio nel suo panegirico, si
può giustamente dubitar di tali imprese. Non può già restar dubbio
intorno al tempo in cui esso Ausonio recitò il suo panegirico in
rendimento di grazie a questo Augusto pel consolato suo, essendo ciò
avvenuto dappoichè lo stesso Graziano si fu restituito a Treveri, e però
non nel principio dell'anno presente, ma almen dopo l'agosto, e più
probabilmente verso il fin di quest'anno. Nè si dee tralasciare che san
Prospero, nella sua cronica[757] intorno a questi tempi comincia a farci
udire il nome de' popoli _longobardi_, conosciuti nondimeno fino ai suoi
tempi da Cornelio Tacito; e questi son quegli stessi che due secoli dopo
vennero a recar tanti affanni all'Italia. Scrive egli che questa nazione
uscita dalle estremità dell'Oceano o della Scandinavia, cercando miglior
nido, sotto la condotta di Ibor e Aione lor capi, vennero verso la
Germania, e mossa guerra ai Vandali, li vinsero, piantandosi, come si
può credere, nel loro paese.
Restò l'Augusto Teodosio, dopo la partenza di Graziano, nell'Illirico,
attorniato bensì dagli splendori dell'eccelsa novella sua dignità, ma
insieme in una immensa confusione di cose. Piene tutte le contrade
dell'Illirico e della Tracia di Barbari[758] orgogliosi, che in niun
luogo trovavano resistenza; i popoli o trucidati, o avviliti dal
terrore, o fatti schiavi; egli senza armata valevole a far fronte, e
que' pochi combattenti romani che vi restavano chiusi nelle città e
castella, senza osar di muovere un passo contra di quella gente fiera e
vincitrice. Contuttociò Teodosio animosamente si applicò alla cura di
tante piaghe, dichiarando suoi generali _Ricomere_ e _Majorano_ che con
fedeltà e bravura secondarono le sue disposizioni. Venuto a Tessalonica
ossia a Salonichi, nel giugno di quest'anno quivi ricevette gli omaggi
di molte città che gli spedirono i lor deputati. _Temistio_ sofista[759]
specialmente fu uno degl'inviati dal senato e popolo di Costantinopoli,
che non dimenticò di procurar privilegi e vantaggi per i senatori di
quella regal città. Attese Teodosio in Tessalonica ad unir quanta gente
potè atta alle armi, prendendo coloro ancora che lavoravano alle
miniere, come avvezzi ad una vita dura e faticosa. Tutti gli addestrò in
breve all'arte e disciplina militare, e restituì il coraggio a chi lo
avea perduto. Poscia allorchè si vide assai forte, uscì in campagna, e
cominciò a dar la caccia alle nazioni barbare. Prosperose furono in più
incontri le armi di lui. Idacio[760] e Prospero[761] scrivono aver egli
riportate molte vittorie de' Goti, Alani ed Unni, e che nel dì 17 di
novembre le liete nuove ne furono portate a Costantinopoli[762]. Non ci
resta scrittore che più precisa memoria di que' fatti ci somministri,
fuorchè Zosimo[763], il quale parla di un solo di essi, molto
vantaggioso ai Romani. _Modare_, nato di regal sangue in Tartaria,
essendo passato al servigio de' Romani, tal credito si era acquistato
colle sue azioni guerriere, che pervenne al grado di generale. Essendo
egli andato un dì colle truppe di suo comando a portarsi sopra una
collina, fu avvertito dalle spie che un grossissimo corpo di Barbari era
venuto ad accamparsi al piede di quella collina, e che tutti stavano a
tavola in gozzoviglia, tracannando i vini rubati. Li lasciò egli ben
bene aborracchiare e prendere sonno; ed allora coi suoi quietamente
calò, e diede loro addosso. Tutti a man salva gli uccise, e dipoi prese
le donne e i fanciulli con quattromila carrette, sulle quali in vece di
letto posavano ed erano condotte in volta le loro famiglie. Dalle
lettere di san Gregorio Nazianzeno[764] par che si possa ricavare che il
suddetto general Modare fosse cristiano e cattolico. Tra questi
fortunati combattimenti, e l'aver Teodosio tratte alcune altre brigate
di que' Barbari a chieder pace e a dargli ostaggi[765], o pure ad
arrolarsi nell'esercito suo (che di questo ripiego si servì egli ancora
per maggiormente sminuire il numero de' nemici) cangiarono faccia gli
affari, e non passò il presente anno, che la Tracia respirò, e si vide
tutta o quasi tutta libera dal peso di que' crudi masnadieri.
NOTE:
[739] Scalig. Cave, Tillemont et alii.
[740] Gothofr., Chronol. Cod. Theodos.
[741] Themistius, Orat. XIV.
[742] Pacatus, in Panegyr. Idacius, in Chronic. Zos. lib. 4, cap. 24.
Chronicon Alexandrin. Prosper., in Chronic.
[743] Socrates, Hist. Eccl. Victor, in Epitome. Claudian. et alii.
[744] Victor, in Epitome.
[745] Tillemont, Mémoires des Empereurs.
[746] Du-Cange, Hist. Byzant.
[747] Zosimus, lib. 4, cap. 19.
[748] Sozom., Histor. Eccl., lib. 7, cap. 14.
[749] Gothofred., Chronol. Cod. Theodos.
[750] Pagius, Crit. Baron. ad ann. 380.
[751] Tillemont, Mémoires des Empereurs.
[752] Gothofred., Chronol. Cod. Theodos.
[753] L. 5, de Haeret. Cod. Theodos.
[754] Suidas, verbo _Gratianus_. Socrates, l. 5, cap. 2 et 4. Sozomenus,
lib. 7, cap. 1.
[755] Auson., in Panegyr.
[756] Sozom., ib., cap. 4.
[757] Prosper, in Chron.
[758] Themist., Orat. XVI. Zosim., lib. 4, cap. 25.
[759] Idem, Orat XIV.
[760] Idacius, in Fastis.
[761] Prosper, in Chronic.
[762] Sozom., lib. 4, cap. 25.
[763] Zosim., ibid.
[764] Gregor. Nazianz., Epist. CXXXV et seq.
[765] Sozom., lib. 7, cap. 4.
Anno di CRISTO CCCLXXX. Indizione VIII.
DAMASO papa 15.
GRAZIANO imperadore 14.
VALENTINIANO II, imperad. 6.
TEODOSIO imperadore 2.
_Consoli_
FLAVIO GRAZIANO AUGUSTO per la quinta volta, e FLAVIO TEODOSIO AUGUSTO.
Le leggi del Codice Teodosiano[766] ci danno prefetto di Roma nell'anno
presente _Paolino_. Che questi non fosse quel Paolino, il quale fu poi
vescovo santo di Nola, come si diede a credere il cardinal Baronio,
forse sufficientemente l'ho io provato altrove[767]. Passò Graziano
Augusto il verno di quest'anno in Treveri, e dopo il dì 13 di febbraio
sen venne in Italia, trovandosi egli in Aquileia nel dì 14 di marzo, e
in Milano nel dì 24 e 27 d'aprile. Il motivo di questo viaggio abbiamo
ragion di credere che fosse la malattia mortale, da cui fu sorpreso
Teodosio Augusto, mentre soggiornava in Tessalonica nei primi mesi
dell'anno presente, secondochè si ricava da Sozomeno[768], a cui in
questo proposito pare dovuta più fede che a Socrate[769], il quale cel
rappresenta caduto infermo negli ultimi mesi. Benchè questo buon
principe col cuore e colle opere si fosse mostrato fin qui cristiano,
pure non avea per anche preso il sacro battesimo. Il pericolo che gli
sovrastò per quel malore, servì a lui di stimolo per non differir
maggiormente di chiedere, e con ansietà, il lavacro della regenerazione,
affin di ottenere il perdono de' suoi peccati. Per buona fortuna di lui
e della Chiesa cattolica si trovò vescovo di Tessalonica in questi tempi
sant'_Ascolio_ ossia _Acolio_, prelato di eminenti virtù. Anche per
gl'interessi temporali grande obbligo a lui professava la sua città;
imperciocchè, per attestato di sant'Ambrosio[770], nel tempo che tutto
l'Illirico era inondato e desolato dai Barbari, egli non solamente
preservò Tessalonica dai loro insulti, ma li cacciò ancora dalla
Macedonia, non già colla forza delle armi, ma unicamente colle sue
preghiere a Dio, da cui inviata la peste nel barbarico esercito, obbligò
quella fiera gente a fuggirsene e a liberar il paese. Chiamato da
Teodosio il santo vescovo, volle prima esso Augusto saper da lui qual
fede egli professasse, e qual fosse la vera in mezzo a tante sette che
tutte professavano la legge di Gesù Cristo. Il buon prelato gli disse di
seguitar la dottrina insegnata dagli Apostoli, professata dalla Chiesa
romana, capo di tutte, e stabilita nel concilio di Nicea, con asserirgli
inoltre che tutte le provincie dell'Illirico, anzi dell'intero
Occidente, non altra fede tenevano che questa appellata la cattolica; al
contrario delle province orientali divise in più sette. Allora il saggio
Augusto protestò con allegria di voler dare il suo nome alla Chiesa
cattolica; e però secondo i riti e la dottrina della medesima Chiesa
ricevette il sacro battesimo, nè tardò a farlo conoscere all'imperio
romano. Cioè, come si può conghietturare, ad istanza d'esso sant'Acolio,
pubblicò in Tessalonica nel dì 28 di febbraio una celebre legge[771],
con cui ordinò che tutti i popoli a lui ubbidienti dovessero seguitar la
fede che la Chiesa romana avea ricevuto da san Pietro, ed era insegnata
allora da papa _Damaso_ e da _Pietro_ vescovo d'Alessandria, con
intimare l'infamia ed altre pene a chi la rigettasse, e con proibir le
conventicole di qualsivoglia setta ereticale. Questo nobil editto
riguardante nondimeno i soli eretici, e non già i pagani, seguitato poi
da altre azioni di questo glorioso e piissimo Augusto, e dalla
benedizione di Dio, produsse col tempo mirabili frutti per la pura
religione di Cristo, siccome consta dalla storia ecclesiastica.
Ora le nuove della pericolosa malattia di esso Teodosio, la quale
probabilmente fu lunga, fecero muovere dalle Gallie l'Augusto Graziano,
temendo egli, che se in congiunture di tanto scompiglio fosse mancato di
vita il collega, ne avrebbono trionfato i Barbari, e avrebbe potuto
insorgere qualche tiranno in Oriente. Perchè dovettero poi di mano in
mano venir nuove migliori della di lui salute, perciò si andò egli
fermando in Italia; e noi il troviamo anche sul fine di giugno in
Aquileja. Buona apparenza ancora c'è ch'egli passasse a Sirmio verso il
principio di settembre, per abboccarsi con Teodosio, e conferir seco
intorno ai presenti bisogni; perchè nel concilio d'Aquileia, tenuto
nell'anno seguente, si legge ch'egli, stando in Sirmio, avea dati gli
ordini per quella sacra assemblea. Scrivendo poi san Prospero[772], che
mentre Teodosio si trovava infermo in Tessalonica, Graziano giudicò bene
di far pace coi Goti; questo, se è vero, ci fan intendere la grave
apprensione d'esso Augusto che fosse per mancare quel buon principe:
laonde egli cercò di rimediare il meglio che potè alle perniciose
conseguenze che per sì gran perdita si poteano temere. Idazio[773]
scrive che Graziano riportò qualche vittoria nell'anno presente, ma
senza dire se nell'Illirico, oppure nelle Gallie. Parla ancora d'altre
conseguite da Teodosio, e con lui si accordano Marcellino conte[774],
Filostorgio[775] e il Nazianzeno, ma senza che apparisca circostanza
alcuna di sì favorevoli avvenimenti. Per lo contrario Zosimo, scrittore
pagano[776], che per l'odio suo verso di Teodosio distruttore del
gentilesimo, si studia di avvelenar, per quanto può, tutte le di lui
azioni, racconta, che entrato l'esercito dei Goti nella Macedonia,
Teodosio marciò contra di loro con quelle forze che potè adunare. Ma una
notte i Goti, segretamente secondati dai lor disertori che si erano
arrolati fra i Romani, passato il fiume, penetrarono nel campo dei
Cristiani e a dirittura andarono dove era maggior copia di fuochi,
immaginando che quivi fosse il quartiere dell'imperadore. Ebbe tempo
Teodosio di montar a cavallo e di salvarsi. Fecero i suoi gagliarda
resistenza ai Barbari con una strage grande d'essi, ma soperchiati in
fine dall'esorbitante numero de' nemici, quivi lasciarono le lor vite.
In questa occasione Zosimo fa il pedante addosso a Teodosio, tacciandolo
di poca avvertenza per aver ammessi tanti Barbari nelle armate romane,
pretendendo che costoro fossero segretamente congiurati per rivoltarsi,
allorchè si trovassero assai cresciuti di numero. Vero è che, accortosi
Teodosio di questo pericolo, prese lo spediente di inviarne una gran
parte di guarnigione in Egitto sotto il comando di _Ormisda_, che
altrove vedemmo figliuolo di un Sapore re di Persia. Ma costoro, non
volendo alcun freno di disciplina, viveano a discrezione, prendendo i
viveri senza pagare; s'intendevano con gli altri Goti nemici; e colle
loro insolenze guastavano tutto l'ordine delle armate romane. Aggiunge
finalmente Zosimo, aver Teodosio con gran rigore esatti i pubblici
tributi, con ridurre in camicia molti de' suoi sudditi, di maniera che
non si udivano che lamenti dappertutto, augurandosi molti d'essere
piuttosto sotto i Barbari, che vivere nelle terre romane. Così quel
nemico del nome cristiano. Ma può dubitarsi della verità di questi
fatti, giacchè il dirsi da lui, che dopo quella notturna vittoria i
Barbari divennero padroni della Macedonia e Tessalia, resta smentito
dall'autentica testimonianza di sant'Ambrosio[777], che scrive avere il
santo vescovo Acolio più volte difeso colle sue preghiere a Dio da
coloro la città di Tessalonica. Ed in essa città le leggi del Codice
Teodosiano ci assicurano che Teodosio soggiornò per la maggior parte
dell'anno presente. Venuto poi il novembre, egli passò a Costantinopoli,
dove dice Zosimo[778] per irrisione, ch'egli entrò come trionfante,
quasi che avesse riportato delle vittorie e non delle busse; e che poi
si diede alle delizie. Opponsi alle dicerie di costui il giovine Aurelio
Vittore[779], il qual si crede vivuto in questi medesimi tempi,
scrivendo egli tutto il contrario. L'elogio ch'ei fa di Teodosio, lo
vedremo a suo tempo. E già abbiam detto che altri storici attribuiscono
a Teodosio delle vittorie in questo medesimo anno.
Entrò il buon imperadore in Costantinopoli nel dì 24 di novembre
(dovendosi leggere così nel testo d'Idazio[780]), dove fu ricevuto con
gran festa. Una delle sue prime gloriose azioni fu di levar tutte le
chiese agli Ariani, e di consegnarle a san _Gregorio Nazianzeno_[781],
che governava allora il corpo dei cattolici di quella metropoli, finchè
fosse eletto un vescovo della vera credenza. Lo stesso Augusto in
persona gli diede il possesso di quella cattedrale, occupata per
quarant'anni dalla setta ariana; e ciò seguì senza tumulto alcuno, e con
gran gioia di tutti i cattolici. Varie leggi pubblicate nell'anno
presente da questo saggio e pio imperadore, si veggono registrate nel
Codice Teodosiano. In una di esse proibì ai giudici le azioni criminali
ne' quaranta giorni della quaresima. Con un'altra intimò delle pene alle
donne che si rimaritavano entro il termine dello scorruccio, ridotto
allora ad un anno, applicando i lor beni agli eredi naturali, e non al
fisco. Altre sue leggi dichiararono che chiunque avrà ottenuto dalla
camera imperiale beni caduchi, e rimasti senza possessori legittimi,
debba comparire colla spia ossia col denunziatore, da cui sia venuta la
scoperta, che que' beni fossero caduchi, per provarne la verità. Se
l'avviso era falso, s'intimava la pena capitale. Nè già lasciava
Teodosio di odiar le spie, come professione troppo odiosa e turbatrice
della pubblica quiete: il perchè volle che simili denunziatori, se per
tre volte avessero dati simili avvisi, fossero puniti coll'ultimo
supplizio. Ad impedire ancora le accuse di lesa maestà, portate da
alcuni anche contra persone innocenti per profittar del confisco de'
beni, decretò che questi tali non potessero mai ottener somiglianti
beni. Prendeva in addietro il fisco tutte le sostanze dei banditi e
relegati. Teodosio volle che loro si lasciasse la metà di essi beni, da
essere compartita co' figliuoli. I beni poi de' condannati a morte (se
pure non v'ha sbaglio in un'altra legge) volle che restassero
intieramente ai lor figli o nipoti. Con altro editto comandò che non si
potesse dar sentenza contra degli accusatori, se non si costituivano
prigioni anch'essi. Nella qual congiuntura prescrisse de' buoni
regolamenti in favore dei prigionieri, acciocchè non fossero maltrattati
dai guardiani delle carceri, o detenuti più del dovere in quelle
miserie. Per conto di chi avesse trovato un tesoro, vuole che tutto
appartenga all'inventore, se l'ha scoperto nel proprio fondo. Ma se nel
fondo altrui: un quarto ne vada al padrone del luogo. Altre sue leggi io
tralascio, tutte tendenti al pubblico bene. Circa questi tempi pare che
mancasse di vita _Sapore_ re di Persia, quel medesimo che tanto da fare
avea dato in addietro ai Romani[782]. A lui succedette _Artaserse_ suo
fratello, o piuttosto suo figliuolo, come si ha da Eutichio[783].
NOTE:
[766] Gothofred., Chronol. Cod. Theodos.
[767] Anecdot. Latin., Tom. I, Disser. X.
[768] Sozom., lib. 7, c. 4.
[769] Socrat., l. 5, cap. 6.
[770] Ambr., Epist. XXI et XXII.
[771] L. 1, cunctos Popul. De Fide Catholica, Cod. Theodos.
[772] Prosper, in Chron.
[773] Idacius, in Fastis.
[774] Marcellinus Comes, in Chronico.
[775] Philostorgius, lib. 9, c. 19.
[776] Zosimus, lib. 4, c. 31.
[777] Ambr., Ep. XXII.
[778] Zosimus, lib. 4, cap. 33.
[779] Aurel. Victor, in Epitome.
[780] Idacius, in Fastis.
[781] Gregorius Nazianz., Carm. 1. Marcellin., in Chronico.
[782] Agath., lib 4.
[783] Eutych., in Histor.
Anno di CRISTO CCCLXXXI. Indiz. IX.
DAMASO papa 16.
GRAZIANO imperadore 15.
VALENTINIANO II imperad. 7.
TEODOSIO imperadore 3.
_Consoli_
FLAVIO SIAGRIO e FLAVIO EUCHERIO.
Abbiamo da Temistio che _Eucherio_, console fu zio paterno di Teodosio
Augusto. Zosimo[784] parla del medesimo, e sembra chiamarlo zio
dell'imperatore Arcadio, e per conseguente fratello, e non zio del
medesimo Teodosio. Ma Temistio parla chiaro, e Zosimo vorrà dire gran
zio. Dello varie dignità sostenute da _Siagrio_ primo console, è da
vedere il Gotofredo[785]. La prefettura di Roma nelle leggi del Codice
Teodosiano si trova amministrata da _Valeriano_. Per quanto poi si
_Vittore_ generale di Valente, con quella poca cavalleria che restò
illesa, traversò la Macedonia, ed arrivò a trovar Graziano Augusto, il
quale, udite le triste nuove della suddetta battaglia e della morte
dell'Augusto suo zio, se n'era tornato a Sirmio. Perchè ci abbandona qui
Ammiano, cominciamo a penuriar di notizie, e niun preciso lume abbiamo
di quello che operasse di poi esso Augusto. V'ha chi pretende[735]
ch'egli tosto passasse a Costantinopoli, per prendere il possesso degli
stati che in Oriente godeva l'estinto Valente; ma di ciò niun vestigio
s'incontra altrove, e noi il troveremo anche nel gennaio del seguente
anno in Sirmio[736]. Quel che è certo, giacchè Valente non lasciò dopo
di sè alcun figlio maschio, ma solamente due figliuole, appellate
_Carosa_ ed _Anastasia_, Graziano pacificamente venne riconosciuto per
lor sovrano dalle provincie orientali, e massimamente dal popolo di
Costantinopoli. Ma ritrovando egli sì sconvolti gli affari della Tracia
e dell'Illirico a cagion del diluvio di tanti Barbari, e Barbari
insuperbiti per la riportata gran vittoria, allora fu che richiamò alla
corte _Teodosio il giovane_, il quale, dopo la morte indebitamente data
a Teodosio suo padre governatore dell'Africa, si era ritirato ad una
vita privata ed occulta nella Spagna sua patria. Conosceva Graziano il
valore, la prudenza e le altre virtù di questo uffiziale, e che potea
promettersi un buon servigio da lui in sì scabrose contingenze, e però
venuto ch'egli fu, gli diede il comando di una parte della sua armata.
Se si ha da credere a Teodoreto[737] non perdè punto di tempo il
generale Teodosio a marciare contra dei Barbari, cioè, per quanto pare,
dei Sarmati, e diede loro una considerabile rotta, obbligando quei che
sopravanzarono al filo delle spade[738] a salvarsi di là dal Danubio. Ne
portò egli la nuova a Graziano, il quale a tutta prima durò fatica a
crederla, finchè gli fu confermata da più persone la verità di quel
fatto. Gran merito si fece presso di lui Teodosio con questa prima
azione.
NOTE:
[703] Gothofred., in Chronolog. Cod. Theodos.
[704] Ammian., lib. 31, cap. 10.
[705] Orosius, lib. 7, cap. 33.
[706] Hieronymus, in Chronic.
[707] Cassiodorus, in Fast.
[708] Aurelius Vict., in Epitome.
[709] Gothofred., in Chronolog. Cod. Theod.
[710] Pagius, Crit. Baron.
[711] Hermant, Vie de Saint Basil.
[712] Tillemont, Mémoires des Empereurs.
[713] Ammian., lib. 31, cap. 10.
[714] Aurelius Victor, in Epit.
[715] Zosimus, lib. 4, cap. 21.
[716] Eunap., de Legat.
[717] Idacius, in Fastis.
[718] Socrat., lib. 4, cap. 31.
[719] Sozom., lib. 4. cap. 40. Theodoret., lib. 4, c. 41. Theophan.,
Chronogr. Zonar., in Annalib.
[720] Zosimus, lib. 4, cap. 23.
[721] Idacius, in Fastis. Socrates, lib. 4, cap. 28. Ammianus, lib. 31,
cap. 12.
[722] Ammian., lib. 31, cap. 13. Socrates, lib. 4, cap. 36. Sozom., lib.
6, cap. 40. Liban., in Vita sua.
[723] Hieron., in Chron. Victor, in Epit. Ammian., l. 31, c. 14.
[724] Rufinus, Zosimus, Orosius, Socrates, Sozomen. et alii.
[725] Ammian., lib. 31, cap. 1.
[726] Themist., Or. XI.
[727] Ammian., lib. 3, cap. 15. Socrat., l. 4, cap. 1.
[728] Idacius, in Fastis.
[729] Chrysost., ad Viduam.
[730] Eunap., de Legat.
[731] Hieron., in Epitaph. Nepotian., ad Heliod.
[732] Idem, in Sophon., cap. 1.
[733] Gregorius Nazianzen., Orat. XIV.
[734] Ammianus, lib. 31, cap. 16. Zosimus, l. 4, c. 26.
[735] Pagius, Crit. Baron.
[736] Gothofr.
[737] Theodor., lib. 5, cap. 5.
[738] Pacatus, in Panegyr.
Anno di CRISTO CCCLXXIX. Indizione VII.
DAMASO papa 14.
GRAZIANO imperadore 13
VALENTINIANO II imperad. 5.
TEODOSIO imperadore 1.
_Consoli_
DECIMO MAGNO AUSONIO e QUINTO CLODIO ERMOGENIANO OLIBRIO.
_Ausonio_, primo di questi due consoli, celebre scrittore dei presenti
tempi, quel medesimo è che, nato nelle Gallie in Bordeaux di mediocre
famiglia, avea avuto l'onore di essere maestro di Graziano Augusto. La
gratitudine di questo principe, arrivato che fu al governo degli stati,
non si restrinse solamente a farlo prefetto del pretorio delle Gallie;
il volle anche rimunerare colla più cospicua dignità dell'imperio,
creandolo console nell'anno presente. Si disputa tuttavia, se egli fosse
cristiano o pagano[739]. Alcuni suoi versi (se pure sono tutti di lui)
cel rappresentano professore della fede di Cristo; il complesso
nondimeno di tanti altri suoi versi pieni di paganesimo, e di sordide
impurità, porge sospetto giusto ch'egli fosse un gentile. Certamente
s'egli fu cristiano, dovette esser tale più di nome che di fatti: tanto
que' suoi poemi svergognano la professione di sì santa religione.
L'altro console, cioè _Olibrio_, quello stesso è che abbiam veduto in
addietro prefetto di Roma. Nell'anno presente, se non son fallati i
testi del Codice Teodosiano[740], essa prefettura fu appoggiata ad
_Ipazio_. Passò l'Augusto Graziano il verno in Sirmio, e quivi
riflettendo al miserabil sistema dei tempi correnti per la inondazione
di tante nazioni barbariche nell'Illirico e nella Tracia, con essere
nello stesso tempo minacciate anche le Gallie dagli Svevi ed Alamanni;
conoscendo inoltre che non era possibile a lui solo il sostenere in tali
circostanze il peso dell'occidentale e insieme dell'orientale imperio,
trovandosi il fratello Valentiniano in età puerile, e che bisogno ci era
di un braccio forte per rimediare ai presenti disordini e ai maggiori
pericoli dell'avvenire, determinò di scegliere un collega
nell'imperio[741]. Si fermarono i suoi sguardi e riflessi (giacchè
trovar non dovette alcuno dei suoi parenti atto a sì gran soma) sopra
_Teodosio il giovane_, da lui poco fa alzato al grado di generale,
personaggio che negli anni addietro, ed ultimamente ancora, si era
segnalato in varie imprese militari. Però chiamatolo a Sirmio nel dì 19
(Socrate scrive nel dì 16) di gennaio dell'anno presente, ancorchè
trovasse in lui della ripugnanza non finta, il dichiarò _imperadore
Augusto_[742], con approvazione e plauso di chiunque non penuriava di
giudizio. Era Teodosio nato in Ispagna in Cauca città della Galizia, e
non già in Italica patria di Traiano, come scrisse Marcellino conte; e
quantunque non manchino scrittori che il fanno discendente da esso
Traiano[743], pure gran pericolo vi ha che figlia dell'adulazione fosse
la voce di una tal parentela. Certo è bensì che nei pregi egli somigliò
non poco a quel rinomato Augusto, e non già ne' vizii. Ebbe per padre,
siccome dicemmo, quel _Teodosio_ conte, valoroso generale, che per
ordine dello sconsigliato Graziano Augusto fu ucciso in Africa. _Onorio_
vien malamente appellato suo padre da Vittore[744], il quale dà il nome
di _Termanzia_ alla di lui madre. Intorno a vari suoi fratelli e parenti
hanno disputato gli eruditi[745], ma io non vo' fermare i lettori in sì
spinose ricerche. Credesi che Teodosio, allorchè fu alzato al trono, si
trovasse nel più bel fiore della sua età, cioè di circa trentatrè anni.
Aveva per moglie _Elia Flacilla_, nominata per lo più dagli scrittori
greci[746] _Placilla_, ed anche _Placidia_, da alcuni creduta figliuola
di quell'Antonio che vedremo console nell'anno 382. Delle rare qualità e
virtù di questo novello Augusto, per le quali si meritò il nome di
_grande_, ragioneremo altrove. Per ora basterà il dire ch'egli aveva
ereditato dai suoi maggiori l'amore della religion cristiana, tuttochè
per anche non avesse ricevuto il sacro battesimo, secondo l'uso od abuso
di molti d'allora; ma che poco tarderemo a vederlo entrato pienamente
nella greggia di Cristo, con divenir poi da lì innanzi il più luminoso
de' suoi pregi la pietà e l'amor della vera religione.
Fu dunque di nuovo partito il romano imperio. _Graziano_ ritenne per sè
l'Italia, l'Africa, la Spagna, la Gallia e la Bretagna. Vuol Zosimo[747]
che esso Graziano assegnasse a _Valentiniano II_ suo fratello minore le
due prime provincie coll'Illirico, e taluno pensa ciò fatto nell'anno
presente; ma Graziano, attesa la tenera età di esso Valentiniano, almen
come tutore, continuò anche da lì innanzi a comandare in tutte le
suddette provincie di sua porzione. A _Teodosio_ toccò Costantinopoli
colla Tracia, e tutte le Provincie dell'Oriente colle quali solea andar
unito l'Egitto: Sozomeno[748] vi aggiugne anche l'Illirico: per la qual
asserzione gli vien data una mentita dal Gotofredo[749], perchè di ciò
non parlano gli altri storici; e molto più perchè ci son pruove che
Valentiniano iuniore signoreggiò in esso Illirico. Ma il padre Pagi[750]
e il Tillemont[751] eruditamente ha dimostrato che l'Illirico fu in
questi tempi diviso in occidentale ed orientale. Nel primo si contavano
le due Pannonie, i due Norici e la Dalmazia. Nell'altro la Dacia, la
Macedonia, i due Epiri, la Tessalia, l'Acaia e l'isola di Creta. Restò
in potere di Graziano l'occidentale, e l'altro pervenne a Teodosio. Dopo
avere in questa guisa regolati i pubblici affari, Graziano si mise in
viaggio per ritornar nelle Gallie. Le leggi[752] del Codice Teodosiano
cel fanno vedere in Aquileia sul principio di luglio, sul fine in
Milano. Professava questo principe una particolar amicizia e confidenza
con sant'_Ambrosio_ arcivescovo dell'ultima città suddetta; e per le
istanze di lui questo insigne pastore scrisse i suoi libri della Fede.
All'incontro per le premure di sant'Ambrosio si può ben credere che esso
Augusto pubblicasse in Milano nel dì 3 di agosto una legge[753]
riguardante gli eretici. Aveva egli nell'anno precedente, mentre
dimorava in Sirmio, con suo editto permessa la libertà a tutte le sette
degli eretici[754] a riserva degli Eunomiani, Manichei e Fotiniani,
accomodandosi alla necessità de' tempi e per guadagnarsi gli animi degli
Orientali, gente avvezza alle novità e alle eresie. Ora colla legge
suddetta emanata in Milano egli proibì a tutti gli eretici di predicare
i lor falsi dogmi, e di tener delle assemblee, e di ribattezzare: il che
massimamente si usava dai Donatisti. Se non prima, certamente dimorando
Graziano in Milano, gli dovettero giugnere avvisi che gli Svevi e gli
Alamanni faceano de' fieri movimenti, e già erano passati di qua dal
Reno ai danni delle Gallie. Prese egli dunque il cammino frettolosamente
per la Rezia alla volta di Treveri[755], dove una sua legge cel
rappresenta già arrivato nel dì 14 di settembre. Abbiamo ben da
Sozomeno[756] che l'armi sue ripulsarono i Barbari della Germania,
giunto ch'egli fu colà; ma non parlandone Ausonio nel suo panegirico, si
può giustamente dubitar di tali imprese. Non può già restar dubbio
intorno al tempo in cui esso Ausonio recitò il suo panegirico in
rendimento di grazie a questo Augusto pel consolato suo, essendo ciò
avvenuto dappoichè lo stesso Graziano si fu restituito a Treveri, e però
non nel principio dell'anno presente, ma almen dopo l'agosto, e più
probabilmente verso il fin di quest'anno. Nè si dee tralasciare che san
Prospero, nella sua cronica[757] intorno a questi tempi comincia a farci
udire il nome de' popoli _longobardi_, conosciuti nondimeno fino ai suoi
tempi da Cornelio Tacito; e questi son quegli stessi che due secoli dopo
vennero a recar tanti affanni all'Italia. Scrive egli che questa nazione
uscita dalle estremità dell'Oceano o della Scandinavia, cercando miglior
nido, sotto la condotta di Ibor e Aione lor capi, vennero verso la
Germania, e mossa guerra ai Vandali, li vinsero, piantandosi, come si
può credere, nel loro paese.
Restò l'Augusto Teodosio, dopo la partenza di Graziano, nell'Illirico,
attorniato bensì dagli splendori dell'eccelsa novella sua dignità, ma
insieme in una immensa confusione di cose. Piene tutte le contrade
dell'Illirico e della Tracia di Barbari[758] orgogliosi, che in niun
luogo trovavano resistenza; i popoli o trucidati, o avviliti dal
terrore, o fatti schiavi; egli senza armata valevole a far fronte, e
que' pochi combattenti romani che vi restavano chiusi nelle città e
castella, senza osar di muovere un passo contra di quella gente fiera e
vincitrice. Contuttociò Teodosio animosamente si applicò alla cura di
tante piaghe, dichiarando suoi generali _Ricomere_ e _Majorano_ che con
fedeltà e bravura secondarono le sue disposizioni. Venuto a Tessalonica
ossia a Salonichi, nel giugno di quest'anno quivi ricevette gli omaggi
di molte città che gli spedirono i lor deputati. _Temistio_ sofista[759]
specialmente fu uno degl'inviati dal senato e popolo di Costantinopoli,
che non dimenticò di procurar privilegi e vantaggi per i senatori di
quella regal città. Attese Teodosio in Tessalonica ad unir quanta gente
potè atta alle armi, prendendo coloro ancora che lavoravano alle
miniere, come avvezzi ad una vita dura e faticosa. Tutti gli addestrò in
breve all'arte e disciplina militare, e restituì il coraggio a chi lo
avea perduto. Poscia allorchè si vide assai forte, uscì in campagna, e
cominciò a dar la caccia alle nazioni barbare. Prosperose furono in più
incontri le armi di lui. Idacio[760] e Prospero[761] scrivono aver egli
riportate molte vittorie de' Goti, Alani ed Unni, e che nel dì 17 di
novembre le liete nuove ne furono portate a Costantinopoli[762]. Non ci
resta scrittore che più precisa memoria di que' fatti ci somministri,
fuorchè Zosimo[763], il quale parla di un solo di essi, molto
vantaggioso ai Romani. _Modare_, nato di regal sangue in Tartaria,
essendo passato al servigio de' Romani, tal credito si era acquistato
colle sue azioni guerriere, che pervenne al grado di generale. Essendo
egli andato un dì colle truppe di suo comando a portarsi sopra una
collina, fu avvertito dalle spie che un grossissimo corpo di Barbari era
venuto ad accamparsi al piede di quella collina, e che tutti stavano a
tavola in gozzoviglia, tracannando i vini rubati. Li lasciò egli ben
bene aborracchiare e prendere sonno; ed allora coi suoi quietamente
calò, e diede loro addosso. Tutti a man salva gli uccise, e dipoi prese
le donne e i fanciulli con quattromila carrette, sulle quali in vece di
letto posavano ed erano condotte in volta le loro famiglie. Dalle
lettere di san Gregorio Nazianzeno[764] par che si possa ricavare che il
suddetto general Modare fosse cristiano e cattolico. Tra questi
fortunati combattimenti, e l'aver Teodosio tratte alcune altre brigate
di que' Barbari a chieder pace e a dargli ostaggi[765], o pure ad
arrolarsi nell'esercito suo (che di questo ripiego si servì egli ancora
per maggiormente sminuire il numero de' nemici) cangiarono faccia gli
affari, e non passò il presente anno, che la Tracia respirò, e si vide
tutta o quasi tutta libera dal peso di que' crudi masnadieri.
NOTE:
[739] Scalig. Cave, Tillemont et alii.
[740] Gothofr., Chronol. Cod. Theodos.
[741] Themistius, Orat. XIV.
[742] Pacatus, in Panegyr. Idacius, in Chronic. Zos. lib. 4, cap. 24.
Chronicon Alexandrin. Prosper., in Chronic.
[743] Socrates, Hist. Eccl. Victor, in Epitome. Claudian. et alii.
[744] Victor, in Epitome.
[745] Tillemont, Mémoires des Empereurs.
[746] Du-Cange, Hist. Byzant.
[747] Zosimus, lib. 4, cap. 19.
[748] Sozom., Histor. Eccl., lib. 7, cap. 14.
[749] Gothofred., Chronol. Cod. Theodos.
[750] Pagius, Crit. Baron. ad ann. 380.
[751] Tillemont, Mémoires des Empereurs.
[752] Gothofred., Chronol. Cod. Theodos.
[753] L. 5, de Haeret. Cod. Theodos.
[754] Suidas, verbo _Gratianus_. Socrates, l. 5, cap. 2 et 4. Sozomenus,
lib. 7, cap. 1.
[755] Auson., in Panegyr.
[756] Sozom., ib., cap. 4.
[757] Prosper, in Chron.
[758] Themist., Orat. XVI. Zosim., lib. 4, cap. 25.
[759] Idem, Orat XIV.
[760] Idacius, in Fastis.
[761] Prosper, in Chronic.
[762] Sozom., lib. 4, cap. 25.
[763] Zosim., ibid.
[764] Gregor. Nazianz., Epist. CXXXV et seq.
[765] Sozom., lib. 7, cap. 4.
Anno di CRISTO CCCLXXX. Indizione VIII.
DAMASO papa 15.
GRAZIANO imperadore 14.
VALENTINIANO II, imperad. 6.
TEODOSIO imperadore 2.
_Consoli_
FLAVIO GRAZIANO AUGUSTO per la quinta volta, e FLAVIO TEODOSIO AUGUSTO.
Le leggi del Codice Teodosiano[766] ci danno prefetto di Roma nell'anno
presente _Paolino_. Che questi non fosse quel Paolino, il quale fu poi
vescovo santo di Nola, come si diede a credere il cardinal Baronio,
forse sufficientemente l'ho io provato altrove[767]. Passò Graziano
Augusto il verno di quest'anno in Treveri, e dopo il dì 13 di febbraio
sen venne in Italia, trovandosi egli in Aquileia nel dì 14 di marzo, e
in Milano nel dì 24 e 27 d'aprile. Il motivo di questo viaggio abbiamo
ragion di credere che fosse la malattia mortale, da cui fu sorpreso
Teodosio Augusto, mentre soggiornava in Tessalonica nei primi mesi
dell'anno presente, secondochè si ricava da Sozomeno[768], a cui in
questo proposito pare dovuta più fede che a Socrate[769], il quale cel
rappresenta caduto infermo negli ultimi mesi. Benchè questo buon
principe col cuore e colle opere si fosse mostrato fin qui cristiano,
pure non avea per anche preso il sacro battesimo. Il pericolo che gli
sovrastò per quel malore, servì a lui di stimolo per non differir
maggiormente di chiedere, e con ansietà, il lavacro della regenerazione,
affin di ottenere il perdono de' suoi peccati. Per buona fortuna di lui
e della Chiesa cattolica si trovò vescovo di Tessalonica in questi tempi
sant'_Ascolio_ ossia _Acolio_, prelato di eminenti virtù. Anche per
gl'interessi temporali grande obbligo a lui professava la sua città;
imperciocchè, per attestato di sant'Ambrosio[770], nel tempo che tutto
l'Illirico era inondato e desolato dai Barbari, egli non solamente
preservò Tessalonica dai loro insulti, ma li cacciò ancora dalla
Macedonia, non già colla forza delle armi, ma unicamente colle sue
preghiere a Dio, da cui inviata la peste nel barbarico esercito, obbligò
quella fiera gente a fuggirsene e a liberar il paese. Chiamato da
Teodosio il santo vescovo, volle prima esso Augusto saper da lui qual
fede egli professasse, e qual fosse la vera in mezzo a tante sette che
tutte professavano la legge di Gesù Cristo. Il buon prelato gli disse di
seguitar la dottrina insegnata dagli Apostoli, professata dalla Chiesa
romana, capo di tutte, e stabilita nel concilio di Nicea, con asserirgli
inoltre che tutte le provincie dell'Illirico, anzi dell'intero
Occidente, non altra fede tenevano che questa appellata la cattolica; al
contrario delle province orientali divise in più sette. Allora il saggio
Augusto protestò con allegria di voler dare il suo nome alla Chiesa
cattolica; e però secondo i riti e la dottrina della medesima Chiesa
ricevette il sacro battesimo, nè tardò a farlo conoscere all'imperio
romano. Cioè, come si può conghietturare, ad istanza d'esso sant'Acolio,
pubblicò in Tessalonica nel dì 28 di febbraio una celebre legge[771],
con cui ordinò che tutti i popoli a lui ubbidienti dovessero seguitar la
fede che la Chiesa romana avea ricevuto da san Pietro, ed era insegnata
allora da papa _Damaso_ e da _Pietro_ vescovo d'Alessandria, con
intimare l'infamia ed altre pene a chi la rigettasse, e con proibir le
conventicole di qualsivoglia setta ereticale. Questo nobil editto
riguardante nondimeno i soli eretici, e non già i pagani, seguitato poi
da altre azioni di questo glorioso e piissimo Augusto, e dalla
benedizione di Dio, produsse col tempo mirabili frutti per la pura
religione di Cristo, siccome consta dalla storia ecclesiastica.
Ora le nuove della pericolosa malattia di esso Teodosio, la quale
probabilmente fu lunga, fecero muovere dalle Gallie l'Augusto Graziano,
temendo egli, che se in congiunture di tanto scompiglio fosse mancato di
vita il collega, ne avrebbono trionfato i Barbari, e avrebbe potuto
insorgere qualche tiranno in Oriente. Perchè dovettero poi di mano in
mano venir nuove migliori della di lui salute, perciò si andò egli
fermando in Italia; e noi il troviamo anche sul fine di giugno in
Aquileja. Buona apparenza ancora c'è ch'egli passasse a Sirmio verso il
principio di settembre, per abboccarsi con Teodosio, e conferir seco
intorno ai presenti bisogni; perchè nel concilio d'Aquileia, tenuto
nell'anno seguente, si legge ch'egli, stando in Sirmio, avea dati gli
ordini per quella sacra assemblea. Scrivendo poi san Prospero[772], che
mentre Teodosio si trovava infermo in Tessalonica, Graziano giudicò bene
di far pace coi Goti; questo, se è vero, ci fan intendere la grave
apprensione d'esso Augusto che fosse per mancare quel buon principe:
laonde egli cercò di rimediare il meglio che potè alle perniciose
conseguenze che per sì gran perdita si poteano temere. Idazio[773]
scrive che Graziano riportò qualche vittoria nell'anno presente, ma
senza dire se nell'Illirico, oppure nelle Gallie. Parla ancora d'altre
conseguite da Teodosio, e con lui si accordano Marcellino conte[774],
Filostorgio[775] e il Nazianzeno, ma senza che apparisca circostanza
alcuna di sì favorevoli avvenimenti. Per lo contrario Zosimo, scrittore
pagano[776], che per l'odio suo verso di Teodosio distruttore del
gentilesimo, si studia di avvelenar, per quanto può, tutte le di lui
azioni, racconta, che entrato l'esercito dei Goti nella Macedonia,
Teodosio marciò contra di loro con quelle forze che potè adunare. Ma una
notte i Goti, segretamente secondati dai lor disertori che si erano
arrolati fra i Romani, passato il fiume, penetrarono nel campo dei
Cristiani e a dirittura andarono dove era maggior copia di fuochi,
immaginando che quivi fosse il quartiere dell'imperadore. Ebbe tempo
Teodosio di montar a cavallo e di salvarsi. Fecero i suoi gagliarda
resistenza ai Barbari con una strage grande d'essi, ma soperchiati in
fine dall'esorbitante numero de' nemici, quivi lasciarono le lor vite.
In questa occasione Zosimo fa il pedante addosso a Teodosio, tacciandolo
di poca avvertenza per aver ammessi tanti Barbari nelle armate romane,
pretendendo che costoro fossero segretamente congiurati per rivoltarsi,
allorchè si trovassero assai cresciuti di numero. Vero è che, accortosi
Teodosio di questo pericolo, prese lo spediente di inviarne una gran
parte di guarnigione in Egitto sotto il comando di _Ormisda_, che
altrove vedemmo figliuolo di un Sapore re di Persia. Ma costoro, non
volendo alcun freno di disciplina, viveano a discrezione, prendendo i
viveri senza pagare; s'intendevano con gli altri Goti nemici; e colle
loro insolenze guastavano tutto l'ordine delle armate romane. Aggiunge
finalmente Zosimo, aver Teodosio con gran rigore esatti i pubblici
tributi, con ridurre in camicia molti de' suoi sudditi, di maniera che
non si udivano che lamenti dappertutto, augurandosi molti d'essere
piuttosto sotto i Barbari, che vivere nelle terre romane. Così quel
nemico del nome cristiano. Ma può dubitarsi della verità di questi
fatti, giacchè il dirsi da lui, che dopo quella notturna vittoria i
Barbari divennero padroni della Macedonia e Tessalia, resta smentito
dall'autentica testimonianza di sant'Ambrosio[777], che scrive avere il
santo vescovo Acolio più volte difeso colle sue preghiere a Dio da
coloro la città di Tessalonica. Ed in essa città le leggi del Codice
Teodosiano ci assicurano che Teodosio soggiornò per la maggior parte
dell'anno presente. Venuto poi il novembre, egli passò a Costantinopoli,
dove dice Zosimo[778] per irrisione, ch'egli entrò come trionfante,
quasi che avesse riportato delle vittorie e non delle busse; e che poi
si diede alle delizie. Opponsi alle dicerie di costui il giovine Aurelio
Vittore[779], il qual si crede vivuto in questi medesimi tempi,
scrivendo egli tutto il contrario. L'elogio ch'ei fa di Teodosio, lo
vedremo a suo tempo. E già abbiam detto che altri storici attribuiscono
a Teodosio delle vittorie in questo medesimo anno.
Entrò il buon imperadore in Costantinopoli nel dì 24 di novembre
(dovendosi leggere così nel testo d'Idazio[780]), dove fu ricevuto con
gran festa. Una delle sue prime gloriose azioni fu di levar tutte le
chiese agli Ariani, e di consegnarle a san _Gregorio Nazianzeno_[781],
che governava allora il corpo dei cattolici di quella metropoli, finchè
fosse eletto un vescovo della vera credenza. Lo stesso Augusto in
persona gli diede il possesso di quella cattedrale, occupata per
quarant'anni dalla setta ariana; e ciò seguì senza tumulto alcuno, e con
gran gioia di tutti i cattolici. Varie leggi pubblicate nell'anno
presente da questo saggio e pio imperadore, si veggono registrate nel
Codice Teodosiano. In una di esse proibì ai giudici le azioni criminali
ne' quaranta giorni della quaresima. Con un'altra intimò delle pene alle
donne che si rimaritavano entro il termine dello scorruccio, ridotto
allora ad un anno, applicando i lor beni agli eredi naturali, e non al
fisco. Altre sue leggi dichiararono che chiunque avrà ottenuto dalla
camera imperiale beni caduchi, e rimasti senza possessori legittimi,
debba comparire colla spia ossia col denunziatore, da cui sia venuta la
scoperta, che que' beni fossero caduchi, per provarne la verità. Se
l'avviso era falso, s'intimava la pena capitale. Nè già lasciava
Teodosio di odiar le spie, come professione troppo odiosa e turbatrice
della pubblica quiete: il perchè volle che simili denunziatori, se per
tre volte avessero dati simili avvisi, fossero puniti coll'ultimo
supplizio. Ad impedire ancora le accuse di lesa maestà, portate da
alcuni anche contra persone innocenti per profittar del confisco de'
beni, decretò che questi tali non potessero mai ottener somiglianti
beni. Prendeva in addietro il fisco tutte le sostanze dei banditi e
relegati. Teodosio volle che loro si lasciasse la metà di essi beni, da
essere compartita co' figliuoli. I beni poi de' condannati a morte (se
pure non v'ha sbaglio in un'altra legge) volle che restassero
intieramente ai lor figli o nipoti. Con altro editto comandò che non si
potesse dar sentenza contra degli accusatori, se non si costituivano
prigioni anch'essi. Nella qual congiuntura prescrisse de' buoni
regolamenti in favore dei prigionieri, acciocchè non fossero maltrattati
dai guardiani delle carceri, o detenuti più del dovere in quelle
miserie. Per conto di chi avesse trovato un tesoro, vuole che tutto
appartenga all'inventore, se l'ha scoperto nel proprio fondo. Ma se nel
fondo altrui: un quarto ne vada al padrone del luogo. Altre sue leggi io
tralascio, tutte tendenti al pubblico bene. Circa questi tempi pare che
mancasse di vita _Sapore_ re di Persia, quel medesimo che tanto da fare
avea dato in addietro ai Romani[782]. A lui succedette _Artaserse_ suo
fratello, o piuttosto suo figliuolo, come si ha da Eutichio[783].
NOTE:
[766] Gothofred., Chronol. Cod. Theodos.
[767] Anecdot. Latin., Tom. I, Disser. X.
[768] Sozom., lib. 7, c. 4.
[769] Socrat., l. 5, cap. 6.
[770] Ambr., Epist. XXI et XXII.
[771] L. 1, cunctos Popul. De Fide Catholica, Cod. Theodos.
[772] Prosper, in Chron.
[773] Idacius, in Fastis.
[774] Marcellinus Comes, in Chronico.
[775] Philostorgius, lib. 9, c. 19.
[776] Zosimus, lib. 4, c. 31.
[777] Ambr., Ep. XXII.
[778] Zosimus, lib. 4, cap. 33.
[779] Aurel. Victor, in Epitome.
[780] Idacius, in Fastis.
[781] Gregorius Nazianz., Carm. 1. Marcellin., in Chronico.
[782] Agath., lib 4.
[783] Eutych., in Histor.
Anno di CRISTO CCCLXXXI. Indiz. IX.
DAMASO papa 16.
GRAZIANO imperadore 15.
VALENTINIANO II imperad. 7.
TEODOSIO imperadore 3.
_Consoli_
FLAVIO SIAGRIO e FLAVIO EUCHERIO.
Abbiamo da Temistio che _Eucherio_, console fu zio paterno di Teodosio
Augusto. Zosimo[784] parla del medesimo, e sembra chiamarlo zio
dell'imperatore Arcadio, e per conseguente fratello, e non zio del
medesimo Teodosio. Ma Temistio parla chiaro, e Zosimo vorrà dire gran
zio. Dello varie dignità sostenute da _Siagrio_ primo console, è da
vedere il Gotofredo[785]. La prefettura di Roma nelle leggi del Codice
Teodosiano si trova amministrata da _Valeriano_. Per quanto poi si
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