Annali d'Italia, vol. 2 - 34

Visigoti, che signoreggiavano nella Gallia le provincie dell'Aquitania e
Settimania. Ma _Teodorico_ re d'essi Goti, non contento de' confini del
suo regno, cercò in questi tempi di dilatarlo alle spese de' vicini.
Però uscito in campagna, secondochè attesta s. Prospero[1552],
s'impadronì della maggior parte delle città confinanti, e pose l'assedio
a Narbona. Fecero lungamente una gagliarda difesa i soldati romani coi
cittadini, ma per la mancanza de' viveri erano vicini a cadere nelle
mani del re barbaro, quando _Aezio_ generale dell'imperadore, che si
trovava allora nelle Gallie, spedì in loro aiuto _Litorio_ conte con un
grosso corpo di milizie. Questi avendo fatto prendere a cadauno de'
cavalieri in groppa due moggia di grano, minori di gran lunga allora,
che quei d'oggidì, spinse coraggiosamente innanzi, e gli riuscì
d'entrare nella città, con provvederla abbondantemente di vettovaglia.
Allora i Goti, ossia che seguisse un combattimento, in cui ebbero la
peggio, oppure che vedessero cessata affatto la speranza di conquistar
quella piazza, e massimamente dopo un sì poderoso rinforzo di viveri e
di gente, ritiratisi in fuga, abbandonarono l'assedio. Idacio[1553]
anch'egli scrive (ma sotto l'anno seguente) che i Goti cominciarono ad
assediar Narbona; e poscia sul fin di esso anno 436, o pure nel
susseguente 437, seguita a dire che Narbona fu liberata dall'assedio
de' Goti per valore di Aezio generale della milizia cesarea: il
che fa vedere che non è sempre sicura la cronologia d'Idacio.
Sant'Isidoro[1554] aggiugne che Teoderico fu messo in fuga da Litorio
capitano della milizia romana, il quale menava in suo aiuto gli Unni. A
quest'anno ancora, o al seguente, s'ha da riferire una scossa grande
data al regno de' Borgognoni nelle Gallie. Prospero Tirone[1555] lasciò
scritto che si accese una terribil guerra tra i Romani e i Borgognoni, e
che essendo venuti ad una giornata campale, Aezio generale de' Romani
riportò un'insigne vittoria colla morte di Gundicario re di quei
Barbari, la nazion de' quali ivi perì quasi tutta. S. Prospero aggiugne
che in quest'impresa gli Unni furono collegati dei Romani, anzi a lor
stessi attribuisce questa gran vittoria. E che in questo fatto d'armi
intervenisse lo stesso _Attila_ re degli Unni, si raccoglie da Paolo
Diacono nelle vite de' vescovi di Metz[1556], dove narra che Attila,
dopo avere atterrato _Gundicario_ re de' Borgognoni, si diede a
saccheggiar tutte le contrade delle Gallie. Ma convien ben confessare
che la storia di questi tempi resta assai scura e mancante di notizie,
non sapendo noi dove allora avessero la lor sede gli Unni, i quali di
sopra vedemmo cacciati dalle Pannonie; nè come Attila entrasse nelle
Gallie, e ne uscisse poco appresso; nè perchè, se era in lega con Aezio,
si mettesse poi a devastar esse Gallie. Aggiungasi che Idacio[1557]
imbroglia la cronologia, perchè sembra rapportar piuttosto questo fatto
all'anno seguente, se è vero ciò che pretende il padre Pagi, cioè che il
suo anno d'Abramo 2453 cominci il primo dì d'ottobre dell'anno nostro
436, perciocchè Idacio sotto quell'anno, dopo la liberazion di Narbona,
scrive che furono uccisi circa ventimila Borgognoni. Bisogna ancora
supporre che gli Svevi nella Gallicia inquietassero i popoli romani,
giacchè il medesimo Idacio sotto lo stesso anno racconta che furono
spediti per ambasciatori a quella barbara nazione Censorio e Fretimondo
per commissione, come si può credere, di Aezio. Per altro non sussiste
ciò che racconta Prospero Tirone, cioè che perisse quasi tutta la nazion
dei Borgognoni, perchè oltre al vederla tuttavia durare, all'anno 456
troveremo anche i re loro, per attestato di Giordano storico. Abbiamo
poi da Marcellino conte[1558] che Teodosio in quest'anno andò a Cizico,
città della Misia, per mare; e dopo aver fatti a quella città molti
benefizii, se ne tornò a Costantinopoli. Da un rescritto ancora, che
vien rapportato dal cardinal Baronio[1559], intendiamo che nel presente
anno da esso piissimo Augusto fu relegato in Oasi, luogo di solitudine
nell'Egitto, l'empio Nestorio; perchè avendolo prima confinato in un
monistero di Antiochia, non lasciava di seminar le sue eresie. Però non
si sa vedere quali bilancie adoperasse il cardinal annalista, là dove
accusa quel pio imperadore di una peccaminosa indulgenza verso
quell'eresiarca. Sbalzato di qua e di là questo mal uomo, e più che mai
ostinato nei suoi errori, finì di vivere e d'infettare la Chiesa nel
presente anno. Evagrio, Teodoro Lettore, Cedreno e Niceforo scrivono che
gli si putrefece la persona tutta, e gli si empiè di vermini la lingua;
ma non c'è obbligazione di prestar fede a questo racconto.
NOTE:
[1550] Theod., Epist. XLIII.
[1551] Thesaur. Novus Inscript. Class. Consulum.
[1552] Prosper, in Chronic.
[1553] Idacius, in Chron.
[1554] Isidorus, in Chron. Gothor.
[1555] Prosper Tiro, in Chronic.
[1556] Paulus Diacon., in Vitis Episcopor. Metens.
[1557] Idacius, in Chron.
[1558] Marcell. Comes, in Chron.
[1559] Baron., Annal. Eccl.


Anno di CRISTO CDXXXVII. Indizione V.
SISTO III papa 6.
TEODOSIO II imper. 36 e 30.
VALENTINIANO III imper. 13.
_Consoli_
AEZIO per la seconda volta e SIGISBOLDO.

Vedemmo di sopra all'anno 430 _Segisvoldo_ generale dell'armata di
Valentiniano in Africa. Egli è quello stesso che nei Fasti del presente
anno si truova console, essendo lo stesso nome _Sigisboldo_ e
_Segisvoldo_. Ascese dipoi questo personaggio anche alla dignità di
patrizio, facendone fede Costanzo prete nella vita di san Germano
vescovo autissiodorense, ossia di Auxerre nella Gallia. In questi tempi,
per attestato di san Prospero[1560], non contento Genserico di aver
tolto in Africa tanto paese all'imperio romano, si diede ancora a
perseguitar i Cattolici, con pensiero di far ricevere a quegli abitanti
l'eresia ariana, ch'egli colla nazione vandalica professava. L'odio suo
principalmente si scaricò sopra i vescovi cattolici, i quali, senza
lasciarsi atterrire dalle minacce e dai fatti di quel Barbaro,
sostennero coraggiosamente la vera religione. Fra essi i più
riguardevoli furono _Possidio_ vescovo di Calama, _Novato_ di Sitifa e
_Severiano_ di non so qual sedia, a' quali furono tolte le basiliche, e
dato il bando dalle città. Nelle Gallie poi, siccome lasciò scritto il
suddetto san Prospero, in quest'anno Aezio fece guerra ai Goti, avendo
per suoi collegati gli Unni che tuttavia stanziavano in quelle parti. E
sotto questo medesimo anno ci fa sapere Prospero Tirone[1561] che fu
preso Tibatone con gli altri capi della ribellione svegliata nella
Gallia ulteriore, parte dei quali tagliata fu a pezzi; e che questa
vittoria servì ancora a dileguar le insolenze dei Bagaudi sopra
descritti. Avea Valentiniano, quando anche era fanciullo, siccome è
detto di sopra, contratti gli sponsali con _Licinia Eudossia_ figliuola
di Teodosio II, imperador d'Oriente, quand'anche essa era di tenera età.
Ora giunto il tempo di effettuare il matrimonio, Valentiniano si mosse
da Roma per mare alla volta di Costantinopoli. Socrate, scrittor di quei
tempi, osserva[1562] che erano disposte le cose, e convenuto tra
Teodosio e Valentiniano, che le nozze si avessero a fare nei confini
dell'uno e dell'altro imperio, e che perciò era stata eletta
Tessalonica, ossia Salonichi. Ma Valentiniano con sue lettere fece
sapere a Teodosio che non volea permettere tanto incomodo, e che a
questo fine egli andrebbe in persona a Costantinopoli. Laonde, dopo
avere guernito i più importanti luoghi del suo imperio di buone
guarnigioni, passò a quella regal città, dove seguirono le splendide
nozze di questi principi. Ma strana cosa è che Socrate riferisce un sì
rilevante avvenimento sotto il consolato d'Isidoro e Senatore, cioè
nell'anno precedente: laddove Marcellino conte[1563], la Cronica
Alessandrina[1564], Cassiodoro[1565] e san Prospero[1566] lo raccontano
sotto l'anno presente. E l'autore di essa Cronica Alessandrina scrive
che quella suntuosa funzione seguì nel dì 29 d'ottobre. Più sicuro è
l'attenersi a tanti autori tutti concordi, che al solo Socrate, al cui
testo può essere stato aggiunto da qualche ignorante dei secoli
susseguenti quel consolato. Si partì poi Valentiniano colla moglie
Augusta da Costantinopoli; ma perchè non si arrischiò di continuare il
viaggio per mare in tempo di verno, fermossi colla corte in Tessalonica
fino alla nuova stagione. Ma non si dee tacere una particolarità assai
rilevante. Solito era presso i Romani, e dura tuttavia il costume, che i
mariti prendano non solamente la moglie, ma anche la dote pingue, per
quanto si può. Il contrario succedette in queste nozze. Bisognò che
Placidia Augusta e il figliuolo Augusto, se vollero conchiudere questo
matrimonio, cedessero all'imperador Teodosio la parte dell'Illirico
spettante all'imperio d'Occidente. Ne dobbiam la notizia a Giordano
storico[1567]. E Cassiodoro[1568] ancora lasciò scritto, che Placidia si
procurò una nuora colla perdita dell'Illirico, e che il matrimonio del
regnante divenne una division dolorosa per le provincie. Finalmente è da
osservare che Valentiniano ed Eudossia erano parenti in terzo grado, e
pure niuno degli scrittori notò che per celebrar quelle nozze fosse
presa dispensa alcuna.
NOTE:
[1560] Prosper, in Chronico.
[1561] Prosper Tiro, in Chronico.
[1562] Socrat., Hist. Eccl., lib. 7, cap. 44.
[1563] Marcell. Comes, in Chron.
[1564] Chron. Alexandr.
[1565] Cassiodorus, in Chron.
[1566] Prosper, in Chron.
[1567] Jordan., de Success. Regnorum.
[1568] Cassiod., lib. 11, epist. 11.


Anno di CRISTO CDXXXVIII. Indizione VI.
SISTO III papa 7.
TEODOSIO II imperad. 37 e 31.
VALENTINIANO III imperad. 14.
_Consoli_
TEODOSIO AUGUSTO per la sedicesima volta, e ANICIO ACILIO GLABRIONE
FAUSTO.

I nomi del secondo console, non conosciuti in addietro, risultano da una
iscrizione da me data alla luce[1569]. S'era creduto in passato per
fallo dei copisti, che Teodosio Augusto nell'anno 435 avesse pubblicato
il Codice, chiamato dal suo nome Teodosiano; ma Jacopo Gotofredo[1570]
mise in chiaro, che solamente nel presente anno seguì questa
pubblicazione. In fatti si truovano in esso Codice leggi date anche nel
436 e 437. La legge, con cui fu confermato esso Codice da Teodosio, si
vede indirizzata a _Fiorenzo_, che era prefetto del pretorio
dell'Oriente in quest'anno, e non già nel 435. Prospero Tirone[1571]
anch'egli sotto quest'anno riferisce l'edizion d'esso Codice. Questa
nobil fatica e raccolta di leggi imperiali fece grande onore a Teodosio
imperatore, essendo stato ricevuto esso Codice, non solo nell'Oriente,
ma anche nell'Occidente per l'Italia, Francia e Spagna, e fin presso i
Barbari, che s'erano piantati in queste provincie. Questo credito gli
avvenne, perchè dianzi la giurisprudenza avea delle leggi contrarie fra
loro, e molte d'esse occulte, e sparse qua e là con innumerabili
consulti e risposte, di maniera che i giudici e legisti faceano alto e
basso, e decideano con sommo arbitrio le cause, mancando loro un intero
libro delle costituzioni de' principi. In questo anno pure esso
imperador Teodosio lasciò andare Eudocia Augusta sua moglie a
Gerusalemme a sciogliere un voto fatto a Dio[1572], se potevano maritar
la figliuola, siccome poi loro venne fatto. Anche santa Melania la
giovane, allorchè fu in Costantinopoli, avea esortata l'imperadrice alla
visita di que' luoghi santi; ed essa Melania, trovandosi poi in
Gerusalemme, andò incontro all'imperadrice, e ne ricevette molti onori.
Fanno menzione ancora di questa andata Teofane[1573], e l'autore della
Miscella[1574] ed Evagrio[1575], e tutti concordano ch'ella ornò di
ricchissimi doni le chiese, non solamente di Gerusalemme, ma anche di
tutte le città per dove ella passò nell'andare e tornare. Aggiugne di
più Evagrio, ch'essa rifece le mura della santa città, e quivi edificò
varii monasteri, lasciando dappertutto fama di piissima principessa. Ma
Evagrio confonde con quest'andata l'altra, che seguì dopo alcuni anni, e
della quale parleremo più abbasso. Accadde ancora in quest'anno, che
predicando _Proclo_ vescovo di Costantinopoli le lodi di san Giovanni
Grisostomo suo antecessore[1576], il popolo alzò le voci, domandando che
il suo corpo fosse riportato in quella città, dove era stato
pastore[1577]. Però Teodosio, udito le premure di Proclo e del popolo,
puntualmente ne eseguì la traslazione con gran solennità, e con chieder
egli perdono, e pregare per gli suoi genitori che aveano perseguitato
cotanto un così insigne e santo prelato. E nel presente anno abbiamo da
Evagrio[1578], che furono ancora trasportate le sacre ossa
dell'incomparabil santo martire Ignazio dal cimitero fuori d'Antiochia
entro la città nel tempio appellato Ticheo. Intanto venuta la primavera,
Valentiniano Augusto colla real consorte, per attestato di Marcellino
conte[1579], partitosi da Salonichi, felicemente si restituì a Ravenna.
Duravano tuttavia varii moti di guerra nella Gallia, dove i Goti erano
in armi. San Prospero[1580] nota sotto quest'anno che contra di quei
Barbari fu combattuto con felicità; ed Idacio[1581] ci fa sapere che
riuscì ad Aezio, generale dell'armata imperiale, di tagliar a pezzi
ottomila d'essi Goti. Aggiugne il medesimo autore che gli Svevi, dai
quali era infestata una parte del popolo della Gallicia, si ridussero a
riconfermar la pace. Gravemente s'infermò in questi tempi _Ermerico_ re
de' medesimi Svevi, e però dichiarò re suo figliuolo _Rechila_, il quale
appresso Singilio fiume della Betica con un corpo di gente diede
battaglia ad Andevoto e lo sconfisse, con restare sua preda un
grossissimo valsente d'oro e d'argento. Il Sigonio[1582], a cui
mancavano molti aiuti per la storia, che son venuti alla luce dipoi,
narra in quest'anno, ma fuor di sito, che i Goti in Ispagna sconfissero
Rechila re degli Svevi, e gli tolsero il tesoro. Anzi Rechila fu
nell'anno presente vincitore, e quell'Andevoto era capitano
dell'esercito romano, perciocchè sant'Isidoro[1583] scrive che Rechila
con una gran parte dell'esercito fece giornata con Andevoto duce della
milizia romana, che gli era venuto incontro con gran forza, e presso
Singilio fiume della Betica il mise in rotta, con venire alle sue mani
il tesoro del medesimo. S'era poi formata nell'anno antecedente, per
attestato di Prospero[1584], una compagnia di corsari di mare, composta
di disertori barbari, cioè Vandali, Goti e Svevi; e costoro nel presente
diedero il guasto a molte isole del Mediterraneo, e spezialmente alla
Sicilia. Ma abbiamo sotto quest'anno da Marcellino conte[1585], che
Cotradi, uno de' capi di questi corsari, con assaissimi suoi seguaci fu
preso ed ucciso. Fioriva in questi tempi _Valeria Faltonia Proba_,
moglie di _Adelfio_ proconsole, donna di felice ingegno e scienziata,
che compose i Centoni di Virgilio. Ad imitazione di essa anche _Eudocia_
moglie di Teodosio Augusto formò i Centoni d'Omero. Fiorivano ancora san
_Cirillo_ vescovo d'Alessandria, e _Teodoreto_ vescovo di Ciro,
eccellenti scrittori della Chiesa di Dio.
NOTE:
[1569] Thes. Novus Inscript., pag. 404.
[1570] Gothofred., in Prolegomen. ad Cod. Theodos.
[1571] Prosper Tiro, in Chronic.
[1572] Socrat., Hist. Eccl., lib. 7, cap. 46.
[1573] Theoph., in Chronogr.
[1574] Hist. Miscella, lib. 14.
[1575] Evagr., lib. 1, cap. 20.
[1576] Socrat., lib. 7, cap. 44.
[1577] Baron., Annal. Eccl.
[1578] Evagr., lib. 1, cap. 16. Niceph., lib. 14, c. 45.
[1579] Marcell. Comes, in Chron.
[1580] Prosper, in Chronic.
[1581] Idacius, in Chron.
[1582] Sigonius, lib. 12, de Occident. Imper.
[1583] Isidorus, in Chron. Svevor.
[1584] Prosper, in Chron.
[1585] Marcell., in Chron.


Anno di CRISTO CDXXXIX. Indizione VII.
SISTO III papa 8.
TEODOSIO II imperad. 38 e 32.
VALENTINIANO III imperad. 15.
_Consoli_
TEODOSIO AUGUSTO per la decimasettima volta e FESTO.

Dopo avere impiegati molti mesi l'Augusta Eudocia nella visita de' santi
luoghi di Gerusalemme, sen venne ad Antiochia, dove quel popolo,
secondochè scritte Evagrio[1586], in memoria sua le innalzò una statua
di bronzo, lavorata con molto artifizio. Ed essa poi, in ricompensa di
questo onore, fu cagione che Teodosio suo consorte fece una considerabil
giunta a quella città, con ampliare il muro sino alla porta che guida al
borgo di Dafne. Ma, secondo la Cronica Alessandrina[1587], Eudocia andò
ad Antiochia nel suo secondo viaggio ai luoghi santi, siccome vedremo
all'anno 448. Finalmente, come narra Marcellino[1588], essa si restituì
a Costantinopoli con portar seco le reliquie di santo Stefano
protomartire, che furono poste nella basilica di san Lorenzo. Pativasi
poi da gran tempo una grave carestia in Oriente, ed attribuendone il
piissimo imperador Teodosio la cagione ai Giudei, ai Samaritani, agli
eretici, e massimamente ai gentili, i quali, ad onta di tanti editti,
seguitavano in segreto a sagrificare ai loro falsi dii, pubblicò in
quest'anno un severissimo editto contra dei medesimi, quale si legge fra
le di lui Novelle[1589]. Altri editti pubblicati dallo stesso imperadore
sopra varie materie in quest'anno si possono vedere fra le stesse
Novelle. Sappiamo ancora dalla Cronica Alessandrina che esso imperadore
fece in questi tempi le mura alla città di Costantinopoli per tutta la
parte che guarda il mare. Ma di Valentiniano Augusto non s'ha memoria
alcuna in quest'anno. Egli probabilmente si dava bel tempo in Ravenna,
città che nel presente, o nel susseguente anno, come sospetta il padre
Bacchini nelle sue annotazioni alle vite de' vescovi ravennati di
Agnello[1590], autore del secolo nono, meritò d'avere per suo vescovo
_san Pier Grisologo_, celebre scrittore della Chiesa di Dio, e
probabilmente primo arcivescovo di Ravenna, la cui elezione, secondochè
s'ha dallo stesso Agnello, fu miracolosa. Nè è da stupire, se dimorando
Galla Placidia e Valentiniano III Augusti in Ravenna, volendo essi
condecorar quella chiesa, ottennero dal romano pontefice ch'essa fosse
eretta in arcivescovato, e che si smembrassero dalla metropoli di Milano
molte chiese, per sottoporle al metropolitano di Ravenna. Già dissi che
nella concordia seguita in Africa tra il suddetto Augusto Valentiniano e
Genserico re dei Vandali, fu dato in ostaggio _Unnerico_ figliuolo del
re barbaro all'imperadore per la sicurezza dei patti. Da lì innanzi si
studiò l'astuto Genserico di mostrare una tenera amicizia e un totale
attaccamento a Valentiniano, tanto che, per attestato di Procopio[1591],
gli venne fatto di riavere il figliuolo in libertà, e di vederselo
restituito in Africa. Allora fu che l'empio e disleale, mettendosi sotto
ai piedi la parola data e i giuramenti, all'improvviso si spinse
coll'esercito sotto Cartagine, metropoli dell'Africa, sottoposta da
tanti secoli all'imperio romano, e l'occupò. Idacio[1592] scrive che ciò
seguì con frode; colle quali parole non si sa s'egli intenda l'avere con
finta pace ed amicizia tradito Valentiniano, o pure, come veramente s'ha
da san Prospero[1593], l'avere con qualche inganno trovata la maniera
d'impadronirsi di quella insigne città. Secondo Marcellino conte[1594],
seguì tal presa nel dì 23 d'ottobre del presente anno; secondo Idacio,
nel dì 19 d'esso mese, ma dell'anno precedente, se è vero, come vuole il
padre Pagi[1595], che Idacio si serva dell'era d'Abramo, il cui anno
cominci nelle calende d'ottobre. Meglio è attenersi a san Prospero e a
Marcellino su questo punto, e tanto più perchè s'incontrano tal falli di
cronologia nella Cronica d'Idacio, sia per difetto suo o dei copisti,
che non si può francamente valere della di lui autorità per istabilire
con sicurezza i tempi. Fu la misera città di Cartagine posta a sacco,
per testimonianza di san Prospero; tormentati i cittadini perchè
rivelassero le ricchezze che aveano e che non aveano; spogliate le
chiese, e date ai preti ariani, con altre orride crudeltà, specialmente
contro i nobili e contro la religione cattolica. Salviano prete di
Marsiglia, e zelantissimo scrittore di questi tempi, là dove narra[1596]
la perdita di quella gran città, descrive ancora il precedente suo
stato, con dire ch'essa per lo splendore e per la dignità gareggiava con
Roma, e poteva appellarsi un'altra Roma, perchè quivi si contavano tutti
i magistrati ed uffizii, coi quali in tutto il mondo si reggono i
popoli; quivi era scuola dell'arti liberali, raro ornamento allora di
una città; quivi la filosofia, le lingue, i costumi s'insegnavano; quivi
stava una buona guarnigion di soldati coi loro uffiziali, e il
governatore dell'Africa, proconsole bensì di nome, ma console quanto
alla potenza. Appresso soggiugne che Cartagine era piena di popolo, ma
più d'iniquità; abbondante di ricchezze, ma più di vizii, e massimamente
di disonestà, ubbriachezze, bestemmie, ladronecci, oppressioni di
poveri, idolatrie, odio contra de' monaci servi di Dio, e d'altre
malvagità ch'io tralascio. Il perchè Salviano attribuisce a manifesto
gastigo di Dio le calamità che si rovesciarono su quella città. Di là fu
cacciato il vescovo con assaissimi del suo clero, per quanto s'ha da
Vittore Vitense[1597], e l'eresia ariana professata dai Vandali
maggiormente si dilatò per l'Africa.
A così funesta disavventura del romano imperio, un'altra se ne aggiunse
nelle Gallie. Durava tuttavia in quelle parti la pace tra i Romani e
TEODORICO re dei Goti, o vogliam dire Visigoti. LITTORIO conte, che dopo
Aezio facea la prima figura nelle armate dell'imperadore, invogliato di
superar la gloria d'esso Aezio, ruppe questa pace, e fatto inoltrar
l'esercito, determinò di dar battaglia a' Goti, con aver in suo aiuto
gli Unni. Costui si fidava assai dei professori della strologia
giudiciaria e delle risposte dei demonii, siccome abbiamo dai santi
Prospero[1598] ed Isidoro[1599]; laonde imbarcato dalle lor false
promesse, attaccò la zuffa, con far sulle prime tal macello di que'
Barbari, che gli parea di tenere in suo pugno la vittoria. Ma rimasto
lui accidentalmente prigioniero d'essi, l'armata sua non fece altro
progresso, e dovette sonare a raccolta. Abbiamo ancor qui la
testimonianza di Salviano[1600], che descrive la superbia e la temerità
di esso Littorio. Imperocchè i Goti informati delle forze che costui
conduceva, bramando la pace, aveano spediti per tempo vescovi a
chiederla; ma Littorio ricusò e sprezzò ogni accomodamento. Teoderico,
all'incontro, benchè ariano, mettendo la sua speranza in Dio, prima di
combattere, prese il cilicio, si diede alle orazioni col suo popolo, e
poi uscì alla battaglia; laddove Littorio, fidandosi de' suoi indovini e
della forza degli Unni, i quali fecero un mondo di mali dovunque
passarono, entrò in campo, ma con rimaner prigioniero. Fu egli condotto
legato fra le derisioni della plebe gotica in Tolosa, città, in cui egli
si era figurato di entrar vincitore in quel medesimo giorno, e in cui
poscia miseramente stette gran tempo fra i ceppi. Cassiodoro ancora,
santo Isidoro e Idacio fanno menzione di questa sconfitta de' Romani; ma
l'ultimo d'essi storici discordando da Salviano, scrive che Littorio,
preso dai Goti, fu da lì a pochi giorni ucciso. Merita ben più fede
Salviano che in que' tempi vivea nelle Gallie. Ma non passò molto che
vedendo Teoderico dall'un canto tuttavia assai poderose le forze de'
Romani; e considerando dall'altro Aezio generale di Valentiniano, che
non era bene l'azzardare una nuova battaglia, si trattò e conchiuse la
pace fra essi Goti e Romani, avendola specialmente chiesta con più
umiltà di prima i Goti. Apollinare Sidonio[1601] attribuisce l'onore di
questa pace ad _Avito_, ch'era allora prefetto del pretorio delle
Gallie, e divenne poi imperadore. Viene attestata questa medesima pace
da san Prospero, da santo Isidoro, da Idacio e da Salviano. E se noi
vogliamo prestar fede a Giordano storico[1602], essa fu fatta sul campo;
perchè dopo aver combattuto, senza che alcuno cedesse, conoscendo
cadauna delle parti la forza dell'altra, si trattò di accordo, e questo
conchiuso, ognuno si ritirò. Aggiugne lo stesso Giordano che per quella
pace s'acquistò gran credito _Attila_ re degli Unni; colle quali parole
il sembra supporre intervenuto a quel fatto di armi, il che non so se
sussista. Narra eziandio san Prospero[1603] sotto questo anno, che
Giuliano, famoso partigiano dell'eresiarca Pelagio, rincrescendogli
d'avere perduto il vescovato di Eclano, tentò furbescamente di
rimettersi in grazia di _Sisto III_ papa, con fingersi ravveduto de'
suoi errori. Ma scoperta la frode da _Leone_ diacono, che fu poi nel
seguente anno creato papa, fu rigettato da Sisto con plauso di tutti i
cattolici. Inoltre abbiamo da Idacio[1604] che in questi tempi riuscì a
_Rechila_ re dei Svevi nella Spagna, d'impadronirsi della città di
Emerita, oggidì Merida nell'Estremadura. Di Valentiniano Augusto neppur
sotto questo anno ci si presenta memoria alcuna, quando non si volesse
dire ch'egli in questi tempi facesse fabbricare in Roma la confessione
di san Paolo[1605], cioè l'ornamento dell'altare sovrapposto al suo
sacro corpo. Pesò esso dugento libbre d'argento: ma molto di più, a mio
credere, avranno testi migliori. Fece ancora esso Augusto, secondochè
sta scritto in una lettera di papa Adriano, un'immagine d'oro, con
dodici porte, e il Salvatore, ornata di gemme preziose, ch'egli, in
adempimento di un suo voto, ordinò che fosse posta sopra la confessione
di san Pietro apostolo. Inoltre alle preghiere di papa Sisto III[1606]
fece una tribuna d'argento nella Basilica Costantiniana, pesante libre
seimila e secento dieci, che fu poi rapita dai Barbari. Si ha bensì in
quest'anno illustre memoria di Teodosio Augusto, non solamente per le
cose già dette, ma ancora per varie leggi da lui pubblicate, che si
leggono fra le sue Novelle[1607]. Particolarmente in una di esse egli
provvide alle prepotenze di chi con mendicati colori faceva prendere
dalla giustizia il possesso de' beni de' poveri. In un'altra ancora
raffrenò i calunniatori de' vescovi, proibendo ai cherici e monaci il
venire a Costantinopoli senza le dimissorie del proprio vescovo.
_Socrate_, _Sozomeno_ e _Teodoreto_, storici greci, fiorirono in questi
tempi.
NOTE:
[1586] Evagr., Hist., lib. 1, cap. 20.
[1587] Chron. Alexandr.
[1588] Marcellin., in Chron.
[1589] Novell. Theodos. tit. 3, tom. 6 Cod. Theod.
[1590] Agnell., Vit. Episcopor. Ravennat. tom. 2, part. 1, Rer.
Italicar.
[1591] Procop., lib. 1, cap. 4.
[1592] Idacius, in Chronico.
[1593] Prosper, in Chron.
[1594] Marcellin. Comes, in Chronico.
[1595] Pagius, Crit. Baron.
[1596] Salvianus, de vero judic., lib. 7.
[1597] Victor Vitensis, de persecutione Vandal., l. 1.
[1598] Prosper, in Chronico.
[1599] Isidorus, in Chron.
[1600] Salvianus, de Provident. Dei, lib. 7.
[1601] Sidonius, in Panegyr. Aviti.
[1602] Jordan., de Reb. Getic., cap. 34.
[1603] Prosper, in Chron.
[1604] Idacius, in Chronico.
[1605] Baron., Annal. Eccl.
[1606] Anastasius, in Sixto III.
[1607] Codex Theod. in Append.


Anno di CRISTO CDXL. Indizione VIII.
LEONE papa 1.
TEODOSIO II imperad. 39 e 33.
VALENTINIANO III imper. 16.
_Consoli_
VALENTINIANO AUGUSTO per la quinta volta ed ANATOLIO.

Nel dì 11 d'agosto, per quanto pretende il padre Pagi[1608], diede fine
ai suoi giorni _Sisto III_, romano pontefice, il quale fabbricò in Roma
la basilica di santa Maria Maggiore, ed arricchì d'altri ornamenti
preziosi le chiese di Roma: sopra che è da vedere Anastasio
bibliotecario[1609], ossia l'autore antichissimo delle Vite de' papi.
Stette la sede vacante, per attestato di san Prospero[1610], quaranta
giorni, perchè _Leone_ diacono, personaggio di gran credito, era ito in
Francia per amicare insieme _Aezio_, generale di Valentiniano Augusto,
con _Albino_, mandato nella Gallia colla dignità di prefetto del
pretorio. Senza di lui il clero e popolo non volle passare ad elezione