Miti, leggende e superstizioni del Medio Evo, vol. I - 09

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oscuri come ad altri piacque di renderli, speculandovi intorno. Essi
diedero luogo, ciò nondimeno, a varie interpretazioni, e chi volle
che il poeta facesse rimanere Adamo nel Paradiso solamente cinque
ore, e chi sei, e chi sette, e chi non più di un istante. Ma le
parole del poeta sono esplicite e chiare abbastanza: Adamo stette nel
Paradiso dalla prima alla settima ora del giorno; e chi sappia che una
diffusa credenza faceva durare quel soggiorno sett'ore, non istarà
più a questionare se l'ora prima, o la settima, o entrambe, debbano
considerarsi incluse nel computo, o escluse da esso. Parlando dei primi
parenti, dice PIETRO COMESTORE: Quidam tradunt eos fuisse in Paradiso
septem horas (_Historia scholastica, Libri Genesis_, cap. 24); ed erra
il POLETTO, quando attribuisce a questo autore la opinione che Adamo
fosse rimasto nel Paradiso solamente sei ore; _Dizionario Dantesco_,
Siena, 1885-7, s. v. Adamo. CEDRENO ricorda la opinione di alcuni,
che facevano rimanere Adamo nel Paradiso dall'ora terza alla nona.
(_Historiarum compendium_, ediz. di Bonn, 1838-9, v. I, p. 12).
[234] BEDA, o chi altri possa essere l'autore dell'opuscolo intitolato
_Collectanea et flores_, dice: _Adam vixit annos quindecim in paradiso,
Eva quatuordecim: alii dicunt septem_. SINCELLO dice la trasgressione
avvenuta nel settimo anno, la cacciata nell'ottavo, tenuta occulta la
colpa quaranta giorni. (_Op. cit._, pp. 13-4). Anche Cedreno segue la
opinion dei sett'anni. Nel _Chronicon_ di TEODORICO ENGELHUSEN (m.
1434) si legge: «Adam et Eva, sicut creditur, die suae creationis,
scilicet sexta die mundi, circa meridiem praevaricati, paulo post circa
horam nonam ejecti sunt, et exilium projecti. In quadam tamen antiqua
_Chronica Treverorum_, quae et hodie jacet in Ecclesia S. Matthiae
ibidem, legitur septies quaternis temporum annis in paradyso fuisse, et
post haec expulsos.» (Ap. LEIBNITZ, _Scriptores rerum brunsvicensium_,
t. II, p. 979). Il soggiorno di un secolo è ricordato da Cedreno e da
alcun altro.
[235] Ciò che la Bibbia narra di Adamo tentato da Eva, si riscontra in
qualche parte con quanto il mito indiano narra di Yami, sollecitato
dalla sorella Yama ad altro peccato. Il Yami indiano diventa il Yima
iranico. Cfr. KOHUT, _Die talmudischmidraschische Adamssage in ihrer
Rückbeziehung auf die persische Yima- und Meshiasage_, in _Zeitschrift
der deutschen Morgenländischen Gesellschaft_, vol. XXV, pp. 59-94.
[236] _Purgat._, XXXIII, 61-3; _Parad._, XXVI, 115-7.
[237] Nel secolo XVI il celebre CORNELIO AGRIPPA la svolse nel suo
libro _De originali peccato_. Nel secolo seguente ADRIANO BEVERLAND
mise fuori una strana dissertazione intitolata: _Peccatum originale,_
κατ’ εξοχὴν _sic nuncupatum, philologice elucubratum a Themidis
alumno_, Eleutheropoli in horto Hesperidum, 1678. Egli sostiene:
«primum protoplastorum peccatum in coitu consistere et per arborem
scientiae boni et mali intelligi debere truncum illum, quem in
meditullio corporis Adami plantaverat naturae auctor, cuiusque florem
decerpere vetuerat». L'autore fu, per quella sua opinione, chiuso in
un carcere, d'onde trovò modo di fuggire. Morì pazzo molti anni dopo.
Quella opinione, del resto, è anche presentemente assai più diffusa che
non si creda tra certi cattolici, i quali, essendo digiuni di studii
teologici, credono che, per questa parte, il racconto biblico non
vada inteso alla lettera. Un recentissimo sognatore, CARLO SCHOEBEL,
prese di bel nuovo a propugnarla, in uno scritto intitolato: _Le mythe
de la femme et du serpent, étude sur les origines d'une évolution
psychologique primordiale_, Parigi, 1876. Bisogna per altro riconoscere
che la dottrina cristiana, coprendo di disprezzo la carne e di vergogna
l'atto generativo, legittimò così fatte stranezze. Pei catari, e per
altri eretici, la copula fu una frode del diavolo. Cf. _Curiosités
théologiques_, Parigi, 1861, pp. 4-5.
[238] «Venerunt autem ad illum specum, in quo Adam accepit Evam eamque
primo carnaliter cognovit, et ambo hic virginitatem perdiderunt, quam
si in paradiso mansissent, nec in conceptione nec in generatione
prolis amisissent, nec in carnali illo actu deformitas immoderatae
concupiscentiae fuisset, nam naturalia membra, ad hunc usum deputata,
sicut inferiores vires, omnino subdita essent rationi». _Op. cit._,
vol. II, p. 347.
[239] Vedi BEAUSOBRE, _Dissertation sur les Adamites_, nel secondo
volume della _Histoire du Concile de Bâle et de la guerre des
Hussites_, del LENFANT, Amsterdam, 1731.
[240] Vedi EISENMENGER, _Op. cit._, vol. I, pp. 165, 461; vol. II, p.
413.
[241] BARTOLOCCI, _Op. cit._, vol. II, p. 69. Cf. HAMBURGER,
_Real-Encyclopädie für Bibel und Talmud_, Strelitz, 1883, s. v.
_Lilith_.
[242] Vedi una finzione, pressochè eguale a questa, riferita da P.
PARIS, _Op. cit._, vol. IV, pp. 27-8.
[243] In una versione inglese della Genesi e dell'Esodo si dice, dietro
a non so quale autorità, ch'Eva si chiamò da prima Issa:
Issa was hire firste name.
_The Story of Genesis and Exodus, edited by_ Richard Morris (_English
Text Society_), Londra, 1865, v. 233.
[244] Varia il numero totale, variano i nomi e altre particolarità di
alcuni. Secondo la Piccola Genesi, Adamo ed Eva avrebbero generato
in tutto quattordici figliuoli, dodici maschi e due femmine.
Nell'Apocalissi greca, e nella Vita latina, è detto che, dopo aver
generato Caino, Abele e Seth, Adamo ed Eva generarono ancora trenta
figliuoli e trenta figliuole. Stando a Sincello, i figliuoli furono
in tutto trentatrè, e ventitrè le figliuole; ma nei _Fioretti della
Bibbia_ il numero dei maschi e delle femmine, presi insieme, sale
a centoquaranta. Per le prime figliuole generate, sorelle e spose
di Caino, di Abele e di Seth, si trovano i nomi di Calmana, Debora,
Luva, Leluda o Lebuda, Aklejane, Chinia o Clinia, Ava, Azura o Azrûn,
Asua. Secondo una leggenda che appare in Metodio, in Eutichio, in
Abû 'l-Faragi, in Vincenzo Bellovacense e in altri cronisti (RENAN,
_Fragments_, etc., p. 467, n.), la inimicizia fra Caino e Abele nacque
per gelosia amorosa.
[245] Nel _Roman du Renard_ si narra che Dio diede ad Adamo ed Eva,
espulsi dal Paradiso, una verga di tale virtù, che percotendo con essa
il mare potevano avere tutto quanto desideravano. Adamo fece uscire
dalle acque una pecora, Eva un lupo, che acchiappò la pecora; poi
Adamo, di nuovo, un cane che inseguì il lupo, ecc. Tutti gli animali
fatti sorgere da Adamo si addomesticarono: tutti quelli fatti sorgere
da Eva inselvatichirono. Il poeta cita a tale proposito un libro
_Aucupre_, che non so quale possa essere. Ediz. Méon, Parigi, 1826,
vol. I, vv. 41-104; ediz. Martin, Strasburgo e Parigi, 1882-7, vol. I,
pp. 336-8.
[246] _Contra haereses_, 80.
[247] Cf. BURNOUF, _Recherches sur la géographie ancienne de Ceylan
dans son rapport avec l'histoire de cette île, Journal asiatique_,
serie V, vol. IX (1857), pp. 9 sgg.
[248] «Seilan est une grant ysle ensi con je voz ai devisé en ceste
livre en arieres. Or est voir que en ceste ysle a une montagne mout
aut si degrat celes rocches, que nul hi puent monter sus se ne en ceste
mainere que je voz dirai. Car à ceste montagne pendent maintes chaennes
de fer, ordrée en tel mainer que les homes hi puent monter sus par
cel chaene jusque sus le montagne. Or voz di qe il dient que sus cel
mont est le menument de Adan nostre primer pere, el Sarain dient que
celui sepoucre est de Adan, et les idres dient qu'il est le moument
de Sergamon Borcam...». _Voyages de_ MARCO POLO (_Recueil de voyages
et mémoires publiés par la Société de géographie_), Parigi, 1824, cap.
178.
[249] Traduzione di A. Jaubert (_Recueil de voyages et mémoires_,
etc.), Parigi, 1836, vol. II, p. 71.
[250] Traduzione di S. Lee, Londra, 1829, pp. 189-90.
[251] _Contextio gemmarum sive_ EUTYCHII _Patriarchae Alexandrini
Annales, interprete_ Edwardo Pocockio, Oxoniae, 1658, vol. I, pp. 15
sgg.
[252] _Descriptio de partibus infidelium_, cap. 39, ap. MARCELLINO
DA CIVEZZA, _Storia universale delle missioni francescane_, vol. III,
Roma, 1859, p. 760. La relazione del viaggio di Odorico si trova con
vario titolo nei codici, _Peregrinatio, De mirabilibus mundi, De rebus
incognitis_. Un'antica versione italiana, contenuta nel cod. marciano
ital. cl. VI, CCVIII, presenta alcune diversità in confronto del testo
latino pubblicato.
[253] _Op. cit._, pp. 94-7. Del Monte di Adamo parla anche Fra Mauro.
Vedi ZURLA, _Op. cit._, p. 51.
[254] _Isolario_, parte II, Venezia, 1697, p. 122. Una lista di
scrittori che parlano del Monte di Adamo può vedersi in FABRICIO, _Cod.
pseud._, vol. I, p. 30; vol. II, pp. 30-36. Io ne aggiungerò qui alcuni
altri. _Sketch of a Journey to the Summit of Adam's Peak in the Island
of Ceylon, Asiatic Journal_, vol. II, 1816; KNOX, _Historical Relation
of the Island of Ceylon_, 2ª ediz., Londra, 1817, p. 144; DAVY, _A
description of Adam's Peak, Journal of Science_, vol. V. 1818; _Notes
of an Excursion to Adam's Peak, Colonial Magazine_, vol. V, 1845; _A
Trip to Adam's Peak, Colonial Magazine_, voll. XIV e XV, 1848; SKEEN,
_Adam's Peak. Legendary, traditional and historical notices of the
Samanala and Sri-Páda_, Londra, 1878. Un'apposita dissertazione sulla
famosa impronta scrisse J. Low nelle _Transactions of the Royal Asiatic
Society of Great Britain and Ireland_, vol. III, 1835.
[255] _Op. cit._, pp. 81-2.
[256] D'HERBELOT, _Bibl. orient._, s. v. _Magarat al Conouz_.
[257] Vedi PIPER, _Adams Grab auf Golgatha_, nell'_Evangelisches
Kalender_ pel 1861, pp. 17 sgg.
[258] Di sì fatti collegamenti porgono un esempio, ma scevro di ogni
spirito di eresia, alcuni versi, i quali furono già attribuiti a
ILDEBERTO DI LAVARDIN. Eccoli:
Arbore sub quadam dictavit clericus Adam
Quomodo primus Adam peccavit in arbore quadam;
Sed postremus Adam, natus de virgine quadam,
Damna prioris Adam repensat in arbore quadam.
Ni sumpsisset Adam fructus sub arbore quadam,
Non postremus Adam moreretur in arbore quadam.
Li pubblicò P. Meyer nelle _Archives des missions scientifiques et
littéraires_, 2ª serie, vol. V (1868), p. 183. Vedi del resto il
poemetto d'ILDEBERTO, intitolato _De ordine mundi_, il quale comincia
col verso:
Arbore sub quadam protoplastus corruit Adam.
(_Opera_, ediz. Beaugendre, col. 1179).
[259] _Sermo 71._ ABÛ'L-FARAGI si scosta alquanto dal racconto del
_Combattimento_. Egli dice che Noè prese nell'Arca solamente il capo
d'Adamo; che poi Sem e Melchisedec trasportarono quel capo sopra un
monte, su cui Melchisedec edificò Gerusalemme, e che su quel monte
Cristo fu crocifisso. (_Op. cit._, pp. 8-10). Dionigi di Telmahar, per
contro, segue fedelmente il racconto dell'apocrifo.
[260] _Recueil de voyages_, etc. vol. IV, p. 849.
[261] D'HERBELOT, _Op. cit._, pp. 20, 122, 708, 806.
[262] Ricorderò solo: l'_Adamo_ del grammatico _Ignazio_ (IX secolo)
pubbl. prima dal BOISSANADE, _Anecdota graeca_, Parigi, 1829 sgg., t.
I, pp. 436-44; poi dal DUEBNER, _Christus patiens_, etc., Parigi, 1846;
_Adam, drame anglo-normand du XIIe siècle, publié par_ V. Luzarche,
Tours, 1854; nuova edizione critica a cura di L. Palustre, Parigi,
1877; la _Creazione_ e la _Caduta_ nel _Ludus Coventriae_, Londra,
1841; _The Creation of the World, a cornish Mystery edited with a
Translation and Notes by_ Whitley Stokes, Lipsia, 1863; _Der Sündenfall
und Marienklage, zwei niederdeutsche Schauspiele herausg. von_ Dr.
O. Schönemann, Annover, 1855; JACOB RUFF, _Adam und Heva_, Lipsia,
1848. In Italia rappresentazioni di Adamo ed Eva non mancarono: vedi
D'ANCONA, _Origini del teatro in Italia_, Firenze, 1877, vol. I, pp.
85, 202; 2ª ediz., Torino, 1891, pp. 91, 228; TORRACA, _Studi di storia
letteraria napoletana_, Livorno, 1884, p. 20. Il FARSETTI (_Biblioteca
manoscritta_, Venezia, 1771-80, vol. II, p. 221) registra una
_Rappresentazione spirituale_ di Adamo ed Eva, in verso, manoscritto
del secolo XVI. Ricordo, sorpassando, l'_Adamo_ dell'ANDREINI, quello
del LOREDANO, l'_Adamo ed Eva_ di TROILO LANCETTA, l'_Abele_ del
METASTASIO, l'_Abele_ dell'ALFIERI, la _Morte d'Adamo_ del KLOPSTOCK,
il _Caino_ del BYRON.
[263] ALTONA, _Gebete und Anrufungen in den altfranzösischen Chansons
de geste_ (_Ausgaben und Abhandlungen aus dem Gebiete der romanischen
Philologie, IX_), Marburgo, 1883, p. 14. In una preghiera che si trova
nello _Chevalier au Cygne_ (vv. 1771-5), è detto:
Sire Dieu qui fesis mer salée
Et le ciel et la tierre, créature fourmée,
Et Adam à qui fu la pume devée,
Eve l'en fist mengier, qui mal fu enortée,
S'en fu bien Vm ans en prison enfremée.
Qui non si tratta di una leggenda speciale come opina il REIFFENBERG
(_Le Chevalier au Cygne_, Bruxelles 1846, Introduzione, pp. XCV-XCVI),
ma si allude solo alla dimora di Eva nel Limbo sino alla venuta di Gesù
Cristo.
[264] _De rerum humanarum vicissitudine et clade Lindisfarnensis
Monasterii, Opera_, ediz. Froeben, vol. II, p. 238, col. 2ª. È pur cosa
degna di nota che la storia della penitenza di Adamo si legò in Francia
al cielo del Santo Graal. V. _Le Saint-Graal_, ediz. Hucher, Le Mans,
1864-8, vol. I, pp. 452 sgg.
[265] Vedi THILO, _Codex apocryphus Novi Testamenti_, volume I, Lipsia,
1832, pp. 756-68; ITTAMEIER, _Die Eliassage_, in _Zeitschrift für
kirchliche Wissenschaft und kirchliches Leben_, anno 1883, pp. 416-30,
476-93.
[266] Ediz. cit., cap. 12, p. 6.
[267] _Opera moralia, paraenetica et polemica_, Anversa, 1654, pp.
164-5, 231.
[268] Nella _Istoria di cose memorabili della città di Bologna per
uno della famiglia de' Ramponi_ (ms. della Biblioteca Universitaria di
Bologna) Enoch ed Elia diventano a dirittura i custodi del Paradiso:
«Et est (_paradisus_) in Orientis partibus constitutus, quem propter
peccatum primorum parentum Helyas et Enoch pro ligno vite cum versatili
gladio custodiunt ante fores».
[269] La identificazione di Elia col misterioso Khidr non è sicura.
L'autore del _Tarikh montekheb_ li distingue, e così fanno altri. Khidr
fu pure identificato con Enoch.
[270] D'HERBELOT, _Op. cit._, t. II, p. 435; t. III, p. 118; REINAUD,
_Description des monuments musulmans du cabinet de M. le duc de
Blacas_, Parigi, 1828, t. I, p. 169. Un racconto diverso intorno
ad Enoch in _Rosenöl_, vol. I, pp. 30-2. In leggende orientali si
vede Khidr far da guida ad Alessandro Magno, che muove in cerca
della fontana di giovinezza, ed è curioso notare come nel _Romans
d'Alixandre_ Enoch diventi un semplice seguace di Alessandro, seguace
che trova la fonte, vi si bagna, ed è per ciò severamente punito. Ed.
cit. p. 335.
[271] _Les mille et un jours_, gg. 186-7.
[272] FAZIO DEGLI UBERTI dice, per altro, parlando della condizione del
Paradiso (_Dittam._, l. I, cap. 11):
Vecchiezza e infermità non sa che sia
Giammai colui che dentro ivi giunge:
E questo prova Enoc ed Elia.
[273] Cap. XI, 3 sgg.
[274] Vedi intorno a questo argomento ZARNCKE, _Ueber das
althochdeutsche Gedicht vom Muspilli_, in _Berichte über die
Verhandlungen der k. sächsischen Gesellschaft der Wissenschaften_,
Lipsia, vol. XVIII (1866), pp. 213-25.
[275] GRIMM, _Deutsche Mythologie_, ediz. cit., vol. II, pp. 794 sgg.;
III, pp. 284 sgg. Gli eroi rimossi ritornano spesso per difendere una
giusta causa, appunto come Enoch ed Elia.
[276] Cap. 25.
[277] _Epistolarum_ l. I, CCLXXXII, _Maxima Bibliotheca veterum
Patrum_, t. VII, p. 562.
[278] Cf. quanto è detto nel cap. 19 dell'Evangelo di Nicodemo.
[279] Ediz. cit., cap. 60.
[280] Come fu già notato, gli Esseni credettero che le anime pie,
sciolte dai vincoli della carne, avessero un soggiorno felice di là
dall'oceano.
[281] Vedi per le varie opinioni in proposito: BELLARMINO, _De
sanctorum beatitudine_, cap. 1; RENAUDOT, _Liturgia orientalis_,
Parigi, 1716, vol. II, pp. 332-3; ASSEMANI, _Bibliotheca orientalis_,
t. II, pp. 130, 165, 294-5; t. III, parte 1ª, p. 312; parte 2ª, p.
CCCXLII; THILO, _Op. cit._, pp. 749-55; ALEXANDRE, _Oracula Sibyllina_,
2ª edizione, Parigi, 1869, vol. II, exc. VI.
[282] _Historia ecclesiastica_, l. V, cap. 12.
[283] _Otia imperialia_, decis. III, cap. 103.
[284] _Historia major_, ad. a. 1196.
[285] _Visio Tnugdali_, ediz. Schade, capp. 16, 28.
[286] Cf. BRANDES, _Visio S. Pauli, ein Beitrag zur Visionslitteratur_,
Halle, 1885, pp. 8-9, 18; FRITZSCHE, _Die lateinischen Visionen des
Mittelalters bis zur Mitte des 12. Jahrhunderts_, Halle. 1885, pp.
18-9.
[287] Vedi WRIGHT, _St. Patrick's Purgatory_, p. 26; FRITZSCHE, _Op.
cit._, pp. 36-7. Altre credenze pure ebbero corso. In alcune redazioni
della leggenda di San Brandano si dice che i cristiani troveranno
ricetto nel Paradiso terrestre quando ricominceranno le persecuzioni.
Abû 'l-Faragi credette che il Limbo dei patriarchi fosse appunto
il Paradiso terrestre, e che in esso dovessero essere trattenute
perpetuamente le anime di coloro che non si mostrarono meritevoli nè
del cielo, nè dell'inferno. Dice Fra Mauro nella scritta che accompagna
sulla sua mappa l'immagine del Paradiso, che le anime dei giusti,
liberate da Cristo, furono introdotte nel giardino, e quivi rimasero
sino al giorno dell'Ascensione, in cui, seguendo Cristo, salirono al
Paradiso celeste. (Vedi ZURLA, _Op. cit._, p. 74). Non so ond'egli
abbia potuto trarre così curiosa opinione. È pur qui da ricordare una
credenza espressa nell'_Elucidarium_ di Onorio d'Autun, secondo la
quale gli uomini, se Adamo non avesse peccato, sarebbero moltiplicati
nel Paradiso terrestre fino a raggiungere il numero degli angeli
caduti, e di mano in mano avrebbero sciamato dal Paradiso terrestre al
celeste per lasciar luogo alle nuove generazioni.
[288] _Historia major_, ad a. 1206.
[289] _Speculum historiale_, l. XXX, capp. 6-10. L'arcangelo Raffaele
guida il novizio prima al Paradiso e poi all'Inferno. Cap. 8: «Et cum
appropinquaret vidit novicius civitatem quandam ex auro, cujus porta
immense pulcritudinis erat. Quam cum miratur, angelus misit eum intra
portam, et vidit intra paradisum herbas et arbores pulcerrimas et aves
cantantes. Sub una arbore erat fons limpidissimus cujus rivi per mediam
civitatem fluebant. Cumque novicius vellet pausare iuxta fontem, duxit
eum angelus ad aliam arborem mire altitudinis et pulcritudinis, super
quam erat homo pulcerrimus et pregrandis stature, quasi gigas, vestitus
vestis diversorum colorum a pedibus usque ad pectus. Hic est, inquit
angelus, pater humani generis protoplastus Adam per sanguinem Jhesu
Christi filii Dei redemptus».
[290] Cap. 26. Fu molto disputato da antichi e moderni teologi se,
conformemente alle note parole di promessa pronunziate da Cristo in
croce, il buon ladrone fosse introdotto nel Paradiso terrestre o nel
celeste. Cf. THILO, _Op. cit._, pp. 768-79.
[291] Nel terzo cantare del poema del PUCCI, _Historia della Reina
d'Oriente_, la figliuola di questa Reina, mutata di femmina in maschio,
dice all'imperatore di Roma d'essere stata portata da Enoch ed Elia nel
Paradiso terrestre (st. 39):
i' fu preso
Nella foresta da Enoc e Elia,
Che con certi altri mi portàr di peso
Dove si sta con gioia tuttavia,
Ciò fu nel Paradiso Luciano
Dov'era Salamone allegro e sano.
[292] GIOVANNI, XXI, 21; MATTEO, XVI, 28.
[293] _De gloria martyrum_, l. I, cap. 30.
[294] Vedi varie testimonianze recate dal THILO, _Op. cit._, pp. 764-5.
[295] _Orl. Fur._, XXXIV, 54-9.
[296] SAN TEOFILO, _Ad Autolycum_, l. II, cap. 26; PRUDENZIO,
_Cathemerinon_, inno X. Mario Vittore pone le Virtù a soggiornare nel
Paradiso terrestre, e nel Paradiso terrestre finge Metodio che abbia
luogo il suo _Convivium decem virginum_. Uno dei sette paradisi dei
Maomettani si chiama Eden.
[297] Una reminiscenza di sì fatta mansuetudine si ha nella leggenda
rabbinica della veste di Adamo. BREDOW, _Op. cit._, p. 50.
[298] BECHSTEIN, _Mythe, Sage, Märe und Fabel im Leben und Bewusstsein
des deutschen Volkes_, Lipsia, 1854, vol. II, p. 21.
[299] Dice il Pigafetta (ap. RAMUSIO, _Navigationi et viaggi_, vol. I,
p. 367): _Hanno opinione i Mori che questo uccello venga del Paradiso
terrestre._ Cf. DENIS, _Le monde enchanté_, già cit., pp. 150-1.
[300] _Del reggimento e de' costumi delle donne_, parte XVI.
[301] THÉVENOT, _Relation d'un voyage fait au Levant_, Parigi, 1665, p.
502.
[302] EISENMENGER, _Op. cit._, vol. I, pp. 868-9; LEVI, _Op. cit._, p.
218.
[303] Vedi intorno al mito della Fenice, prima nell'antichità, poi
nella sua notabilissima prosecuzione per entro al mondo cristiano:
HEINRICHSEN, _De Phoenicis fabula apud Graecos, Romanos et populos
orientales_, Hauniae, 1825-7: LEOPARDI, _Saggio sopra gli errori
popolari degli antichi_, Firenze, 1848, cap. 17; PIPER, _Op. cit._,
vol. I. pp. 446-71; GRAESSE, _Beiträge zur Literatur und Sage des
Mittelalters_, Dresda, 1850, pp. 71-9. Per quanto concerne il carattere
astronomico della Fenice, e l'era di felicità che ad essa si collegava,
vedi LEPSIUS, _Die Chronologie der Aegypter_, Berlino, 1849, l. II,
cap. 73; SEYFFARTH, _Die Phoenixperiode, Zeitschrift der deutschen
morgenländischen Gesellschaft_, vol. III (1849), pp. 63-89. Alla Fenice
corrisponde, per questo e per altri rispetti, il Fong-hoang dei Cinesi,
che torna a intervalli, e il cui ritorno segna il principio di un'era
di felicità.
[304] Canz.: _Standomi un giorno, solo, alla fenestra_. Nell'atto II,
sc. 4, dell'_Ipocrito_ dell'ARETINO, Prelio racconta come sia andato
a prendere alcune penne d'oro e di porpora della Fenice per farne
presente all'amata.
[305] Non so che descrizione ne faccia TITO GIOVANNI SCANDIANESE in un
suo poema intitolato _La Fenice_, che io non conosco se non di nome.
Ho già ricordato altrove il poemetto attribuito a Lattanzio e quello di
Cinevulfo.
[306] Vedi p. 32 e la nota 69 al cap. II.
[307] DU MÉRIL, _Études sur quelques points d'archéologie et d'histoire
littéraire_, Parigi e Lipsia, 1862, p. 454, n. 3.


CAPITOLO IV.
I VIAGGI AL PARADISO TERRESTRE.

Fu comune opinione tra coloro (ed erano di gran lunga i più) i quali
ponevano il Paradiso terrestre in questa nostra terra, e lo dicevano
tuttavia esistente, che esso, o non si potesse per nessun modo trovare
dagli uomini, o, se pur si poteva trovare, fosse loro impossibile di
penetrarvi. I Padri sono concordi su questo punto. La impossibilità
di penetrarvi si faceva venire, di solito, dal volere divino, per
decreto del quale il Paradiso terrestre doveva, dopo il peccato,
rimanere inesorabilmente chiuso ai viventi; ma si faceva anche venire
da difficoltà naturali, che non lasciavano via da passare a chi avesse
in animo di recarvisi. Brunetto Latini, ripetendo quanto molti avevano
affermato prima di lui, dice nel _Tresor_: _Et sachiez que après lou
pechiéz dou premier hom, cist leus fu clos à touz autres_[308]. E nel
_Tesoretto_, parlando di Adamo:
Per quel trapassamento
Mantenente fu miso
Fora del Paradiso,
Dov'era ogni diletto,
Senza niuno eccetto
Di freddo o di calore,
D'ira nè di dolore.
E per quello peccato
Lo loco fue vietato
Mai sempre a tutta gente[309]
Che anche Dante avesse il monte del Paradiso in conto d'inaccessibile,
sembra risulti dal racconto che Ulisse fa del suo viaggio (_folle
volo_) nell'oceano[310]. Il Geografo Ravennate s'ingegna di mostrare,
con ogni maniera di buoni argomenti, come non sia possibile agli
uomini penetrare nel Paradiso[311]; e il Mandeville, cui duole di non
averlo potuto visitare, dice, ripetendo ancor egli cose già dette da
altri, che molti tentarono inutilmente di andarvi, e che l'altezza
e l'asprezza dei monti, e le strane fiere che infestano il paese
d'intorno, non lasciano che nessun vi s'accosti. Ne' _Fioretti della
Bibbia_ si legge: «Questa montangnia si dice ch'è sì alta et dura e
aspra fortemente e sì maravigliosa che neuno huomo per sua bontà non vi
potè mai salire, nè là drento intrare, secondo quelli che vi sono stati
nel paese»[312]. Perciò Fazio degli Uberti lo dice _un monte ignoto a
tutta gente_, e Giovanni di Hese lo descrive altissimo, con le pareti
a perpendicolo, a guisa di torre, _ita quod nullus potest esse accessus
ad illum montem_.
Ricordiamoci che per gli antichi gli Elisii erano _reclusum nemus,
discretae piorum sedes, regna impervia vivis_; e che frugando nelle
memorie mitologiche e nelle leggende, molti altri esempii si trovano
di luoghi o vietati, o inaccessibili. Del paese degl'iperborei dice
Pindaro che non vi si può andare nè per terra, nè per acqua. All'isola
dov'era l'Orto dell'Esperidi, serbato agli dei, nessuna nave poteva
approdare[313]; e al monte Kâf degli Arabi non si perviene se non
per arte magica; e all'isola Bulotu, immaginata dagli abitanti di
Tonga, non si approda se non per volontà degli dei. Il Mons Romuleus
(Rocciamelone), ove un re Romolo raccolse ingente quantità di tesori,
è descritto come inaccessibile nel _Chronicon Novaliciense_; e di
una montagna inaccessibile, a poca distanza dalla città di Die, nel
Delfinato, parla uno scrittore francese del secolo XVII[314].
Ma, a dispetto di chi diceva che non ci si poteva andare, e di chi
affermava che nessuno di coloro che avevan corsa felicemente tutta la
via era poi riuscito a penetrarvi, parecchi, in varii tempi, ebbero
desiderio di tentare l'avventurosa impresa; e se di alcuni la leggenda
narra che non fu dato loro di passare il formidabile muro di fuoco
o di diamante, e la ben custodita porta, di altri narra che superato
ogni ostacolo, penetrarono veramente nell'impareggiabil giardino, e
vi fecero alcuna breve o lunga dimora, e ne tornarono per dare altrui
alcun debole ragguaglio delle sue inenarrabili meraviglie. Ricordiamo,
anche a questo proposito, che gli Elisii antichi furono, più di una
volta, penetrati da vivi, e che altri consimili esempii si trovano in
altre mitologie.
Le leggende che ora io mi accingo ad esporre sono assai varie, non solo
per la qualità delle cose che narrano, e pel modo della narrazione,
ma ancora pel diverso spirito che le informa, e la ragione ond'hanno
principio. Alcune hanno carattere spiccatamente ascetico, e pajono
dettate da un indomabile fervore di fede e di desiderio; altre hanno
carattere spiccatamente romanzesco, e pajono dettate, più che da altro
sentimento o pensiero, da quella immaginosa e inquieta curiosità, da
quel vivo amor del meraviglioso che nelle fortunose epopee, nei lunghi
romanzi di avventura, si agitano, ma non si appagano. Molte di esse son
figlie tutte ideali della fantasia; ma parecchie ve n'ha, le quali pur
solvendosi, come l'altre, in un sogno, muovono tuttavia da alcun che
di reale. Nessuno di questi viaggi, per certo, ebbe suo compimento nel
Paradiso terrestre; ma più d'uno fu, anzichè immaginato da narratori,
impreso davvero da pellegrini e da naviganti. Ben s'intende come queste
distinzioni, che io ho accennate, sieno, del resto, assai più agevoli
e sicure in teorica che non in pratica; e se nelle pagine che seguono
io mi studierò di tenere un ordine che ad esse corrisponda, questa
corrispondenza sarà soltanto approssimativa, e quell'ordine avrà tanto
di rigore quanto ne può concedere la natura stessa delle cose, e non
più.
Ecco qua, anzi tutto, una leggenda celebre, la quale è inspirata bensì
da quel fervore di fede e di desiderio che informa l'altre di carattere
più risolutamente ascetico; ma vuol essere pure considerata come una
naturale espansione e prosecuzione _storica_, se così posso esprimermi,
di un tema leggendario anteriore, in quanto viene ad esplicare ed a
compiere, in conformità di certi postulati della coscienza religiosa,
una storia mitica non compiuta e non chiusa. Intendo dire la leggenda
di Seth, mandato dal padre infermo, e già vicino a morte, al Paradiso
terrestre per procacciare l'olio della misericordia. Questa leggenda
ebbe a congiungersi poi con quella del legno della croce, e delle due
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