Miti, leggende e superstizioni del Medio Evo, vol. I - 04

Total number of words is 4525
Total number of unique words is 1679
33.9 of words are in the 2000 most common words
48.5 of words are in the 5000 most common words
56.1 of words are in the 8000 most common words
Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
del musa, le quali sono assai grandi, si coprirono, dopo il peccato,
i primi parenti, e che tagliando per traverso il frutto si vede in
ciascuna metà l'immagine di un uomo crocifisso[96]. Comunque sia, si
credeva universalmente che il pomo vietato, e gli altri frutti del
Paradiso, fossero di così grato odore e di così squisito sapore da
vincere di gran lunga quanti ne nascono in terra. San Giovanni, Enoch
ed Elia ne dànno alcuni ad Astolfo
Di tal sapor, ch'a suo giudicio, sanza
Scusa non sono i duo primi parenti,
Se per quei fûr sì poco ubbidienti[97].
Ma si sa che il mal desiderato frutto restò nella strozza ad Adamo,
e formò quello che appunto si chiama dal volgo il pomo d'Adamo, e dai
dotti cartilagine tiroidea. Dio, «perciò che l'uomo sapesse che tutte
le schiatte doveano essere colpevoli di questo peccato, fece rimanere
lo nodo che àe la gola», si legge nel _Libro di Sidrach_[98]; e più
esplicitamente nei _Fioretti della Bibbia_: «Et quando Adamo mangiò
del pome, avengnia che buono gli parve al ghusto, sì gli ricordò del
comandamento che iddio gli avea fatto, et puosesi allora la mano alla
ghola, e ristrinse la volontae e fu pentuto, et per questo si dice che
gli uomeni anno uno nodo nella ghola e le femmine no»[99].
Tutti, o quasi tutti coloro che poterono penetrare nel Paradiso
terrestre, videro l'albero che aveva dato materia al peccato, spoglio
delle sue fronde e inaridito. Le leggende che io riferirò nel capitolo
IV cel proveranno. Nel _Combattimento d'Adamo_ è detto che Dio
stesso disseccò, dopo il peccato, la pianta; e disseccata prima, poi
_rinnovellata di novella fronda_, la vide Dante:
Io sentii mormorare a tutti: Adamo!
Poi cerchiaro una pianta dispogliata
Di fiori e d'altra fronda in ciascun ramo[100].
Tale, e ingombra di spine per giunta, e con avvolta al tronco la
scoglia d'un serpente, la descrive Federigo Frezzi:
Quando trovai un arbor senza fronde
Ch'era di spoglio d'un serpente avvolto,
Sì come un'edra che un ramo circonde.
Lo spoglio avea di forma umana il volto;
E l'arbore di spine era pien tutto
Intorno a sè, siccome luogo incolto.
Ogni altro legno ivi era pien di frutto,
E di be' fiori e frondi, fresco e bello;
E questo solo era secco e distrutto;
E su non vi cantava alcun uccello[101].
Nello strano racconto francese che ho citato poc'anzi si dice che Dio
aveva fatto dono dell'albero della scienza ai demonii, e che Adamo ed
Eva, avendo mangiato del suo frutto, caddero in loro potestà.
Nella leggenda italiana de' tre monaci, della quale ho già fatto
parola, si ricordano quattro alberi meravigliosi di cui andava lieto
il Paradiso: l'albero del bene e del male, l'albero della salute,
del cui legno fu fatta la croce, l'albero della vita e l'albero della
grazia, o della gloria[102]; ma ben più numerose eran le piante che
v'allignavano. Ezechiele ricorda nominatamente i cedri, gli abeti e
i platani, e accenna a molti altri _ligna voluptatis, quae erant in
Paradiso Dei_[103]. Nelle innumerevoli descrizioni che se ne fecero la
selva divina appar sempre densa di alberi, e dove non è selva, è campo
sparso di minori piante, vestito d'erba e smaltato di fiori. I fiori
sono, di solito, questi nostri, la rosa, il giglio, il giacinto, la
viola, salvo che hanno assai più vivi i colori e più soavi i profumi.
Gli alberi, o sono i nostri, con più perfetta natura, come si conviene
al luogo, o son di specie meravigliose, incognite a noi, e sempre in
grandissima quantità. Rabbi Giosuè già ricordato, ne noverava 800,000
specie[104].
Si credeva che le piante aromatiche, le spezie, i balsami, venissero
dal Paradiso terrestre, o da luoghi prossimi al Paradiso terrestre, e
fatti, in certa misura, partecipi della sua condizione. Già Tertulliano
ricorda, a tale proposito, la cannella e l'amomo, e Alcimo Avito
descrive piante che stillano balsami. Arnaldo di Bonneval (m. dopo
il 1156) dice, in una sua entusiastica descrizione, che dalle piante
del Paradiso stillavano resine odorose e balsami d'ogni specie[105];
e il Mandeville fa venir giù dal Paradiso, con la corrente del Nilo
(che diventò, come s'è già notato, uno dei quattro fiumi) l'aloe; e
il Joinville, oltre l'aloe, ne fa venir la cannella, lo zenzevero o
gengiovo, il rabarbaro, i garofani e altre spezie[106]. Ma sino dal
IV secolo, Sant'Atanasio, arcivescovo di Alessandria, aveva detto che
gli aromati vengono dall'Oriente, perchè il Paradiso terrestre, che
appunto è in Oriente, impregna de' suoi olezzi le piante delle regioni
circostanti[107]; opinione seguìta poi dall'Anonimo Ravennate. A quei
fiati del Paradiso accenna Gualtiero di Châtillon, quando, descrivendo
l'Asia, dice:
instat ab arcto
Caucasus, irriguo Paradisus spirat ab ortu[108].
Secondo una leggenda musulmana gli aromati nacquero dalle lacrime di
Adamo, espulso dal Paradiso e caduto nell'isola di Ceilan, mentre dalle
lacrime di Eva nascevano le perle.
Nel Paradiso era pure ogni specie di piante medicinali. Tertulliano,
dopo aver descritte molt'altre cose mirabili che ci si trovavano, dice:
Et pulcre redolet munus medicabile Cretae[109],
alludendo al dittamo, o a più erbe medicinali, per cui andò famosa un
tempo l'isola di Creta. Nel trattato _Abodath Hakkodesh_ del Talmud è
detto che nel Paradiso terrestre sono tutte le piante medicinali[110];
e Gotofredo da Viterbo fa menzione di certi frutti ch'eran buoni,
sembra, contro tutti i mali:
Optima per fluvium currentia poma tenentur;
Infirmis oblata viris medicina tenentur;
Solus odoratùs sanat odore caput[111].
Piante medicinali coprivano i fianchi del Meru: nell'isola d'Avalon,
qual è descritta nella _Bataille Loquifer_, le pietre della città
guarivano tutti i mali del corpo e dell'anima.
Il Petrarca paragona il suo lauro simbolico agli alberi del Paradiso:
In un boschetto novo i rami santi
Fiorian d'un lauro giovenetto e schietto
Ch'un degli arbor parea di paradiso[112];
ma gli è certo che nel Paradiso ci erano alberi i quali vincevano di
molto in pregio e in virtù quel suo lauro. Onorio d'Autun ne ricorda
di proposito tre, oltre a quello della vita. Chi, a tempo opportuno,
avesse gustato dei frutti del primo, non avrebbe mai più avuto fame;
e chi avesse gustato dei frutti del secondo, sarebbe stato liberato
in perpetuo dalla sete; e chi di quei del terzo, non avrebbe più
conosciuto stanchezza[113]. Vedremo più oltre che nel Paradiso c'erano
pure alberi con le fronde d'oro e d'argento. In un luogo del _Mondo
creato_ Torquato Tasso accenna a _canuta e sacra fama_ appo gli
Ebrei, secondo la quale le piante del Paradiso avrebbero avuto senno
e favella. Da altra banda, nel _Libro d'Enoch_, è ricordato un albero
sempre verde, sempre fiorito, che spande un soavissimo odore, e a cui
non può agguagliarsi nessuno di quelli dell'Eden. I frutti suoi sono
serbati agli eletti dopo il Giudizio[114]. Le piante del Paradiso
non abbisognavano di nessuna coltura; e benchè mai non le bagnasse la
pioggia, serbavansi sempre verdi e fresche, e recavano sullo stesso
ramo il fiore appena sbocciato e il frutto già maturo. Tutti i poeti
concordemente lo affermano[115].
Sia ricordato ancora che il paradiso di Maometto è tutto pieno di
alberi, tra' quali primeggia lo smisuratissimo Thuba, grave sempre di
ogni specie di frutti; che un nuovo albero vi si pianta ogni volta
che un credente dice _Lode a Dio!_ e che secondo una opinione del
Profeta, o a lui attribuita, deriva dal Paradiso il succo del popone,
il quale perciò guarisce settanta specie di mali, e ha tal virtù che un
boccone che se ne mangi equivale a dieci buone opere e cancella dieci
peccati[116]. Alberi erano pure nel Vara, o paradiso dell'iranico Yima.
Nel racconto biblico è fatta parola della fonte che irrigava il
Paradiso, e da cui nascevano i quattro fiumi; ma non è detto che essa
avesse virtù di perpetuare la vita, o di restituire la giovinezza
perduta. Ciò nondimeno, l'idea di porre accanto all'albero della vita
anche una fontana di vita e di gioventù era un'idea così naturale,
tanto consentanea ad una delle fantasie mitiche più diffuse e più
costanti, che non poteva, o prima o poi, non sorgere nello spirito
di qualcuno. A farla sorgere sarebbero bastati i parecchi accenni
che ad una fonte di vita si trovano nelle Sacre Scritture[117];
sarebbe bastato l'esempio dell'autore dell'Apocalissi, che nella
celeste Gerusalemme fa scorrere presso l'albero della vita il fiume
della vita[118]; ma, anche senza di ciò, la fonte meravigliosa
sarebbe scaturita nel luogo di tutte le delizie, e perchè la natura
stessa del luogo pareva richiederla, e perchè essa esisteva già
e non c'era bisogno d'inventarla. Nel paradiso indiano sgorga la
fonte Ganga, da cui nasce il Gange; nell'iranico sgorga la fonte di
vita Ardvî-sûra; nel cinese è un fonte giallo dell'immortalità, il
quale si spartisce in quattro fiumi, o un fiume giallo, che ritorna
alla sua fonte, ed ha la stessa virtù; negli Orti delle Esperidi, o
nell'Elisio, sono i fonti dell'ambrosia, cioè del sacro liquore che
procaccia la immortalità[119]. Una fonte di giovinezza si trova nel
paradiso messicano, e nel gaelico[120], e in quello degli abitanti
dell'arcipelago di Hawai, e in altri. Di uno stagno, le cui acque
hanno virtù di ringiovanire, si parla nel _Satapatha Brâhmana_[121].
La immaginazione riappar frequente in tradizioni di più sorta e in
novelline popolari, alcune delle quali sono senza dubbio assai antiche.
Di una spedizione di Alessandro Magno alla ricerca della miracolosa
fontana si narra nello Pseudo-Callistene, nei poemi di Firdusi e di
Nizâmi[122], in quello di Lambert li Tors e Alessandro da Bernay,
ecc. Tra le fiabe tedesche pubblicate dai fratelli Grimm, ve n'è una
intitolata _Das Wasser des Lebens_, nella quale si narra di tre giovani
principi, che per ridare la sanità al padre ammalato muovono in cerca
dell'acqua della vita: solo il minore dei tre riesce a trovarla[123].
Questa novella fu narrata anche in latino, ed ebbe corso nel medio
evo[124]; fiabe consimili si trovano nelle letterature popolari
di tutta Europa[125]. Nei racconti orientali la fontana di vita, o
di gioventù, è spesso ricordata[126], e i più dei geografi arabici
la pongono in Oriente[127], e in Oriente la lasciano, di solito, i
racconti occidentali. Il desiderio di Fausto fu desiderio di tutti i
tempi e di tutte le genti.
La fontana di vita e di giovinezza doveva dunque scaturire dal suolo
benedetto del giardino di felicità. Nel _Combattimento d'Adamo_,
l'acqua di che si formano i quattro fiumi sgorga dalle radici
dell'albero della vita[128]. Sant'Agostino racconta nel suo trattato
_De origine animae_ come a Santa Perpetua fosse conceduto di vedere
il proprio fratello, morto di lebbra, «aggirarsi pieno di salute e di
bellezza in una splendente dimora, bevendo acque miracolose entro una
coppa d'oro»[129]. Non dice che acque fossero; ma s'indovina ch'erano
attinte a una fontana di vita: quanto alla dimora splendente, essa
è, senza dubbio, come vedremo più oltre, il Paradiso terrestre. Nelle
leggende medievali concernenti il Paradiso si parla risolutamente di
una vera e propria fontana[130].
In altre leggende questa fontana appar di bel nuovo fuori del Paradiso,
con cui può serbare o non serbar relazione: nel secondo caso nulla
vieta di credere che si ammettessero più fonti diverse; nel primo
la fonte deriva in qualche modo dal Paradiso, o è piuttosto un'acqua
derivata dalla fonte del Paradiso. Di una fonte così derivata si parla
nell'_Huon de Bordeaux_:
Ens ou vregiet l'amiral est entré;
Dix ne fist arbre qui péust fruit porter
Que il n'éust ens el vregiet planté.
Une fontaine i cort par son canel;
De paradis vient li rius sans fauser.
Il n'est nus hom qui de mere soit nés,
Qui tant soit vieus ne quenus ne mellés,
Que se il puet el ruis ses mains laver
Que lues ne soit meschins et bacelers[131].
Nel già citato _Romans d'Alixandre_ di Lambert li Tors e Alessandro
da Bernay la fontana ha la medesima origine, sebbene non troppo se ne
intenda il modo:
Li fontaine sordait de l'flun de paradis,
De l'aighe de Deufrate qui départ de Tigris[132].
Nel _Trojanischer Krieg_ di Corrado da Würzburg, Medea usa di un'acqua
venuta dal Paradiso terrestre per far ringiovanire il padre di
Giasone[133]; e dal Paradiso deriva la fonte che guarisce tutti i mali,
della quale si parla nel _Titurel_ di Albrecht[134]. Nell'_Arzigogolo_
del Lasca è ricordata cert'acqua che ha virtù di far ringiovanire e che
un tale andò a cercare nel Paradiso terrestre, sul Caucaso, consumando
nel viaggio gran parte della vita[135]
Ma della fonte si parla pure, come ho detto, indipendentemente dal
Paradiso terrestre. Stefano di Borbone (m. c. 1262) narra, per averlo
udito narrare da altri, il caso di un vecchio, il quale avendo, là
nelle terre d'oltremare, bevuto, senza intenzione, dell'acqua di
certa fonte, tornò subito giovane, ma dopo non potè ritrovar mai
più il luogo ov'essa scaturiva[136]. Il Mandeville, che tante cose
vide, vide anche questa. Egli dice che la fontana miracolosa sgorga
alle falde di un monte, vicino alla città di Polambe; che ha odore
e sapore di tutte spezie, e muta l'uno e l'altro a ciascun'ora del
giorno. Chi, a digiuno, beve tre volte di quell'acqua guarisce d'ogni
male; e gli abitanti di quelle terre vicine, i quali spesso ne usano,
vanno esenti da malattie e pajono sempre giovani. Il viaggiatore volle
berne ancor egli e credette di sentirsi tutto ringagliardito[137].
Nel _Phisiologus_ di Teobaldo (sec. XI), nei _Bestiarii_ di Filippo
di Thaun (sec. XII) e del chierico Guglielmo (sec. XIII), e altrove,
è riferita una credenza secondo la quale l'aquila, quando è vecchia,
sale verso il sole, e ne' suoi raggi quasi s'abbrucia, poi va in
Oriente, s'immerge nell'acqua di certa fontana, e insieme con la
giovinezza racquista il vigore perduto[138]. Questa fontana benedetta
fu anche fatta sgorgare nel Paese di Cuccagna e nel paese del Prete
Gianni. Nella lettera a Emanuele, imperatore d'Oriente, lettera che
andò soggetta a tante interpolazioni, il Prete Gianni dice che in un
suo palazzo, il quale vince di magnificenza tutti gli altri palazzi
del mondo, «scaturisce un fonte che non ha l'eguale per fragranza e
per sapore, e che non esce da quelle mura, ma corre da uno a un altro
angolo del palazzo, e scende sotterra, e correndo quivi in contraria
direzione, ritorna là d'onde è nato, a quella guisa che torna il sole
da Oriente a Occidente. L'acqua ha il sapore di quella cosa che colui
che la gusta può desiderare di mangiare o di bere, ed empie di tanta
fragranza il palazzo come se ci si manipolassero tutte le sorta di
balsami, di aromi e di unguenti». Chi la beve con certo modo e regola
campa più di trecent'anni, serbandosi sempre in età giovanissima[139].
In pieno secolo XVI la fontana di vita o di giovinezza[140] faceva
ancora sognare più d'uno. Luca Cranach si contentava di torla
a soggetto di un suo dipinto, e Giovanni Sachs di una poetica
fantasia; ma Ponce de Leon, lo scopritore della Florida (1512), mosse
appositamente con due navi per cercarla nell'isola di Bimini, dove
credeva ch'essa scaturisse[141]. Altri pure ebbe sì fatti sogni, e
trovò, sembra, chi lo mise in canzone[142].
La fantasia degli uomini del medio evo non si appagò del resto
della fontana di vita o di giovinezza, ma più altre cose venne
immaginando provvedute di quelle stesse virtù. In molti racconti
si parla di un'erba che ridà la vita[143]. Nella continuazione
dell'_Huon de Bordeaux_ si parla di pomi del Paradiso terrestre che
fanno ringiovanire; e Ugone ne dà a mangiare anche al sultano di
Tauride[144]. Gervasio da Tilbury dice che i frutti degli Alberi della
Luna e del Sole, alberi che diedero responso ad Alessandro Magno,
facevano vivere quei sacerdoti quattrocent'anni[145]; e Uggieri il
Danese ebbe a mangiarne. Del Santo Graal fu detto che avesse, tra le
altre virtù, anche quella di ringiovanire i vecchi e risuscitare la
Fenice[146]; e del pastorale di San Patrizio la leggenda narra che
conservava la gioventù e la bellezza. Virtù consimili furono attribuite
a molte altre cose. L'anello che Morgana dà ad Uggieri il Danese lo
restituisce e lo serba in età di trent'anni, sebbene egli ne abbia
più di cento: il cavallo bianco del re Thiermana-Oge, nel paese di
gioventù, ha, secondo la leggenda irlandese, tal qualità, che chi vi
monta su racquista immediatamente la più florida giovinezza, ma, come
ne smonta, subito la perde[147].
La fontana, di cui ho parlato, mi conduce ora, naturalmente, a dire
dei fiumi. La Scrittura ne ricorda quattro, tanti quanti ne venivan
dal Meru. La fonte da cui traggono l'origine, sia essa, o non sia, la
fonte di vita o di giovinezza, è spesso descritta come ridondante di
acque, dalle quali i quattro fiumi prendono nascimento[148]. A far
immaginare tanta copia di acque nel Paradiso deve aver contribuito,
oltre i precedenti mitici normali, la scarsità di cui se ne pativa
in Palestina, e che doveva di molto accrescerne il pregio agli occhi
degli Ebrei: in fatti sono frequenti nei profeti le lodi dell'acqua
fresca[149]; e anche nel paradiso di Maometto sono acque in gran copia.
Il Mandeville dice che a cagione delle grandi acque le quali vengono
dal Paradiso tutta l'India è come spartita in isole. Precipitando
dal monte altissimo, su cui fiorisce il giardino, nella sottostante
pianura, le acque levano un così terribil fragore che le genti di
quelle terre vicine son fatte sorde, anzi nascono sorde[150].
Già dentro al Paradiso, oppur fuori di esso, da un lago che il fonte
formava, nascevano i quattro fiumi, Fison, Gihon, Tigri (Hiddekel) ed
Eufrate[151], i quali ridussero alla disperazione quanti cercarono di
conciliare ciò che se ne dice nella Genesi con una realtà geografica
qualsiasi. Circa gli ultimi due non vi fu dubbio, generalmente
parlando; ma circa i due primi le opinioni furono infinite, e chi
volesse raccogliere tutte quelle che si trovano sparse negli scrittori
ecclesiastici e non ecclesiastici potrebbe formare un volume che
riuscirebbe di mole non picciola e di assai maggiore fastidio[152].
Basti dire che non vi fu fiume di qualche importanza il quale non
siasi fatto venire dal Paradiso. L'antica, diffusa e comoda dottrina
del corso sotterraneo, e anche sottomarino dei fiumi, permetteva, a
tale riguardo, e rendeva inconfutabile qualsiasi più arrischiata e
più strana opinione[153]; e la confusione, solita a farsi, dell'India
con l'Etiopia agevolava le più chimeriche fantasie. Ne ricorderò solo
qualcuna.
Che uno dei quattro fiumi, e propriamente il Gihon, fosse il Nilo è
credenza antica. Già Giuseppe Flavio, certamente non primo, asseriva
che il Gange, l'Eufrate, il Tigri e il Nilo derivano dal fiume
paradisiaco che cinge tutto intorno la terra[154]. Nel medio evo
quella credenza fu molto comune e sarebbe lungo ed ozioso recarne le
testimonianze: la confusione, pur ora notata, fra l'India e l'Etiopia
doveva favorirla e la favorì nel fatto[155]. Secondo gli autori del
_Bundehesh_ e dell'_Avesta_, risalendo l'Indo e il Nilo si giungeva
all'Hara-berezaiti. Altri, per ragioni facili a intendere, fece
venire dal Paradiso il Giordano[156]; e altri, non si sa perchè, il
Danubio[157]. Federigo Frezzi, per non far torto a nessuno, fa venire
dal Paradiso, oltre i quattro fiumi biblici, anche il Danubio, il Po,
il Reno, il Tanai[158].
Ma al Paradiso i soli fiumi d'acqua non potevano bastare, e Tertulliano
vi fa scorrere i rivi di latte. Più di un rabbino parla di fiumi di
latte, d'olio, di vino, di balsamo[159]; e Maometto se ne ricorda
descrivendo il luogo di beatitudine serbato a' suoi seguaci[160].
Cosa ben più strana, vi scorreva anche un fiume di pietre preziose.
Veramente, da prima, si parla di uno o più fiumi che, venendo dal
Paradiso, trascinano con sè grande quantità d'oro, d'argento e di
gemme. Nel già citato libro di Juniore Filosofo è detto che quelle
genti, le quali abitano in prossimità del Paradiso terrestre,
raccolgono con reti le gemme che seco mena un fiume[161]. Per Brunetto
Latini questo fiume è l'Eufrate[162]; ma secondo Giordano da Sévérac
le gemme abbondano in tutti e quattro i fiumi[163]. I fiumi del
paradiso di Maometto hanno le rive d'oro, il letto pieno di rubini e
di perle, scorrono fra montagne di muschio; e nella paradisiaca dimora
di Quetzalcoatl, quale la immaginarono gli Aztechi, sono in copia,
fra molte altre cose meravigliose, le gemme e i metalli preziosi.
Nella ricordata lettera del Prete Gianni all'imperatore Emanuele si
discorre di un fiume, chiamato Idono, il quale, venendo dal Paradiso,
mena con sè gran quantità di smeraldi, di zaffiri, di carbonchi, di
topazii, di crisoliti e di altre pietre preziose[164]; e si discorre
di un altro fiume, il quale passa sotterra, menando similmente con sè
grandissima copia di gemme. Di questo secondo fiume, che dà occasione a
una delle avventure di Sindbad il Navigatore nelle _Mille e una Notte_,
non è detto che venga dal Paradiso[165]. Un piccolo sforzo ancora e
si avrà il fiume di sole gemme immaginato da Giovanni d'Outremeuse
(secolo XIV), fiume che sbocca nel mar dell'arena[166]; nè quello
era uno sforzo difficile a fare, giacchè di un fiume di sassi e di
un mare d'arena, che si vedevano in Asia, parecchi avevan narrato le
meraviglie[167].
Era naturale che nel Paradiso terrestre si ponessero tutte le ricchezze
e tutti gli splendori: l'oro, l'argento e le gemme vi dovevano essere
in abbondanza. Un passo di Ezechiele mostra sì fatta tendenza in
modo assai spiccato[168]; il monte Meru, secondo una delle molte
immaginazioni cui porse argomento, aveva quattro lati, l'uno d'oro,
l'altro di cristallo, il terzo d'argento e il quarto di zaffiro.
Nell'Elisio descritto da Platone gli alberi recano gemme, come nel
paradiso di Maometto; e nella Gerusalemme celeste descritta dall'autore
dell'Apocalissi, abbondano le pietre e i metalli preziosi. Delle molte
gemme che sono nel Paradiso terrestre Tertulliano ricorda il prasio,
il carbonchio, lo smeraldo, e Alcimo Avito afferma che quelle che noi
chiamiamo gemme sono i sassi di colà. Sebbene il Mandeville dica che
non si può sapere di che cosa sia formato il muro del Paradiso, tanto
lo velano agli altrui sguardi il musco e l'edera, pure molti sapevano
ch'esso era di materia preziosissima e tutto tempestato di gemme[169].
Secondo qualche rabbino, tutto il Paradiso era selciato di pietre
preziose e di perle. Si sapeva inoltre che Adamo, uscendo dal giardino,
aveva potuto recar con sè l'oro, l'incenso e la mirra che dovevano
poi, dai Re Magi, essere offerti al bambino redentore, e deporli,
insieme con altre ricchezze, in una caverna, detta, per ciò appunto,
la Caverna dei Tesori[170]. Se si pensa alle virtù meravigliose, che
già nell'antichità, e poi, durante tutto il medio evo, si attribuirono
alle gemme, virtù di cui si discorre largamente nei _Lapidarii_, e al
significato simbolico che si soleva dar loro, non parrà strano che di
gemme si volessero pieni il Paradiso e le sue acque[171].
Il Meru, quale è descritto nel Mahâbhârata, è coperto d'oro, e aureo è
detto nei Purâni. Aureo meriterebbe d'essere chiamato anche il Paradiso
terrestre. Il muro che lo serra è, talvolta, tutto d'oro, e d'oro sono
i palazzi e le chiese ch'esso contiene. Un soldato di cui San Gregorio
narra la visione, passa un fetido fiume, e giunge a prati fioriti, dove
si stan costruendo, di mattoni d'oro, mirabili case[172]. Note sono
le relazioni mitiche dell'oro con la luce, col sole, con la felicità.
Una città d'oro, stanza di beatitudine, sognarono gl'indiani; la
Gerusalemme celeste sfolgora d'oro; i palazzi del paradiso di Maometto
sono costruiti d'oro, di perle, di smeraldi e di rubini. El Dorado
chiamarono gli Spagnuoli la nuova terra di promissione[173].
Con tali condizioni di luogo e di clima quali abbiamo vedute, con tanto
rigoglio di vegetazione soprammirabile, con tanto splendore di metalli
preziosi e di gemme, il Paradiso terrestre doveva essere di tale
bellezza e magnificenza da vincere ogni più ardita e fervida fantasia.
Ma ciò appunto doveva stimolare e far vie più intenso il desiderio di
rappresentarselo e colorirselo nella mente, di descriverlo con parole.
Chi sa quante anime innamorate di solitarii e di reclusi lo sognarono
nelle ore di estatica contemplazione, credettero d'intravvederne
gl'immortali splendori nello spettacolo d'un tramonto pomposo! I primi
poeti cristiani, che presero a sparger di fiori la nuda terra del
Golgota e a lumeggiare l'austera speranza sorta novamente negli animi,
andarono a gara in narrarne le divine delizie. Bisognava che gli uomini
conoscessero ciò che avevano perduto per poter meglio intendere il
pregio di ciò che il sangue di Cristo aveva loro ridato. Tertulliano,
Proba Falconia, Prudenzio, Draconzio, Mario Vittore, Alcimo Avito, ci
lasciarono tutti descrizioni calde di entusiasmo e non prive di merito,
le quali hanno questo carattere comune, che tutte traggono elementi,
colori ed immagini dalle descrizioni che i poeti gentili avevan fatte,
degli Elisii[174]. Nè questo poteva sembrare ai poeti cristiani un
procedimento illegittimo, giacchè essi credevano che il mito degli
Elisii altro non fosse se non una ricordanza e come dire un riflesso
alterato del racconto biblico[175]. E fu appunto la gran somiglianza
di sì fatte descrizioni quella che permise di attribuire a Lattanzio
il noto poemetto _De Phoenice_, il quale, non solo non è di lui, ma
non è, forse, nemmeno di autore cristiano, e in cui si descrive, non
già, come fu creduto, il Paradiso terrestre, ma il Bosco del Sole[176].
Proba Falconia formava la descrizion sua, e tutto il compendio del
Vecchio e del Nuovo Testamento di cui quella descrizione è parte, con
versi tolti a Virgilio. Mario Vittore chiamava il Paradiso col nome di
Tempe, e sebbene in certa _Epistola de perversis suae aetatis moribus
ad Salmonem abbatem_ rimproverasse, più specialmente alle donne, di
posporre Salomone e Paolo a Virgilio, ad Ovidio, ad Orazio, a Terenzio,
i suoi versi sono tutti pieni di reminiscenze classiche. L'autore
di un _metrum in Genesim_ (forse Ilario d'Arles, ancor egli, come
Mario Vittore, del V secolo), prendeva a modello il primo libro delle
_Metamorfosi_[177], e Sidonio Apollinare, cristiano, descriveva gli
Orti del Sole con quelle parole medesime che si usavano a descrivere il
Paradiso terrestre[178].
Le descrizioni del Paradiso terrestre si possono dire innumerevoli, e
vanno moltiplicando dai primi tempi del cristianesimo, attraverso il
medio evo, sino ai giorni nostri, e sono in verso e in prosa, e sono
in tutte le lingue. Compajono com'è naturale, nei Commentarii alla
Genesi, negli _Hexaemera_, nelle Bibbie versificate e istoriate, in
molti trattati teologici; compajono in trattati scientifici, varii di
natura e di forma; compajono in cronache, in Visioni, in leggende;
compajono in poemi d'ogni sorta[179]. I rabbini gareggiano in così
fatte descrizioni coi dottori e coi poeti cristiani, e di gran lunga
li vincono quanto a stranezza e audacia d'immaginazioni[180]; e tra'
cristiani v'è chi non si contenta delle descrizioni fatte da uomini, ma
altre ne pone in bocca a Dio stesso e agli stessi demonii[181].
Molte di quelle descrizioni sono documenti assai notabili del carattere
che venne assumendo nei primi secoli del cristianesimo e nel medio
evo il sentimento della natura[182]. La natura vi è idealizzata
conformemente a una immaginazione di bellezza e di giocondità
sovrammondana, che il Frezzi rese non infelicemente in tre versi:
Rallegra tutto il cor quel paradiso:
Ivi ogni cosa intorno m'assembrava
Un'allegrezza di giocondo riso.
Il Paradiso terrestre diventava un prototipo di bellezza, e suscitava
altre immaginazioni affini, e di esso si ricordavano quanti poeti
prendevano a descrivere luoghi di delizie e di felicità. Isole e
giardini d'incantevol bellezza abbondano nei poemi cavallereschi,
nei romanzi di avventura, e hanno col Paradiso terrestre anche
questa somiglianza, che rinchiudono un principio malvagio, una
You have read 1 text from Italian literature.
Next - Miti, leggende e superstizioni del Medio Evo, vol. I - 05
  • Parts
  • Miti, leggende e superstizioni del Medio Evo, vol. I - 01
    Total number of words is 4242
    Total number of unique words is 1725
    32.4 of words are in the 2000 most common words
    44.6 of words are in the 5000 most common words
    51.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Miti, leggende e superstizioni del Medio Evo, vol. I - 02
    Total number of words is 4363
    Total number of unique words is 1657
    34.3 of words are in the 2000 most common words
    46.9 of words are in the 5000 most common words
    55.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Miti, leggende e superstizioni del Medio Evo, vol. I - 03
    Total number of words is 4444
    Total number of unique words is 1762
    32.7 of words are in the 2000 most common words
    47.1 of words are in the 5000 most common words
    53.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Miti, leggende e superstizioni del Medio Evo, vol. I - 04
    Total number of words is 4525
    Total number of unique words is 1679
    33.9 of words are in the 2000 most common words
    48.5 of words are in the 5000 most common words
    56.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Miti, leggende e superstizioni del Medio Evo, vol. I - 05
    Total number of words is 4071
    Total number of unique words is 1849
    24.6 of words are in the 2000 most common words
    34.6 of words are in the 5000 most common words
    40.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Miti, leggende e superstizioni del Medio Evo, vol. I - 06
    Total number of words is 4248
    Total number of unique words is 1878
    29.6 of words are in the 2000 most common words
    41.8 of words are in the 5000 most common words
    49.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Miti, leggende e superstizioni del Medio Evo, vol. I - 07
    Total number of words is 4529
    Total number of unique words is 1618
    36.8 of words are in the 2000 most common words
    51.4 of words are in the 5000 most common words
    59.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Miti, leggende e superstizioni del Medio Evo, vol. I - 08
    Total number of words is 4290
    Total number of unique words is 1749
    32.2 of words are in the 2000 most common words
    44.4 of words are in the 5000 most common words
    50.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Miti, leggende e superstizioni del Medio Evo, vol. I - 09
    Total number of words is 4132
    Total number of unique words is 1929
    26.9 of words are in the 2000 most common words
    38.0 of words are in the 5000 most common words
    43.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Miti, leggende e superstizioni del Medio Evo, vol. I - 10
    Total number of words is 4628
    Total number of unique words is 1701
    35.7 of words are in the 2000 most common words
    50.5 of words are in the 5000 most common words
    58.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Miti, leggende e superstizioni del Medio Evo, vol. I - 11
    Total number of words is 4474
    Total number of unique words is 1736
    34.8 of words are in the 2000 most common words
    49.5 of words are in the 5000 most common words
    57.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Miti, leggende e superstizioni del Medio Evo, vol. I - 12
    Total number of words is 4456
    Total number of unique words is 1869
    32.6 of words are in the 2000 most common words
    47.0 of words are in the 5000 most common words
    54.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Miti, leggende e superstizioni del Medio Evo, vol. I - 13
    Total number of words is 4323
    Total number of unique words is 1801
    31.0 of words are in the 2000 most common words
    43.9 of words are in the 5000 most common words
    50.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Miti, leggende e superstizioni del Medio Evo, vol. I - 14
    Total number of words is 3865
    Total number of unique words is 1981
    20.8 of words are in the 2000 most common words
    29.0 of words are in the 5000 most common words
    34.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Miti, leggende e superstizioni del Medio Evo, vol. I - 15
    Total number of words is 3727
    Total number of unique words is 2428
    9.7 of words are in the 2000 most common words
    14.2 of words are in the 5000 most common words
    17.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Miti, leggende e superstizioni del Medio Evo, vol. I - 16
    Total number of words is 4574
    Total number of unique words is 1805
    23.8 of words are in the 2000 most common words
    31.7 of words are in the 5000 most common words
    35.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Miti, leggende e superstizioni del Medio Evo, vol. I - 17
    Total number of words is 4310
    Total number of unique words is 1719
    32.7 of words are in the 2000 most common words
    46.9 of words are in the 5000 most common words
    54.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Miti, leggende e superstizioni del Medio Evo, vol. I - 18
    Total number of words is 4265
    Total number of unique words is 1837
    32.4 of words are in the 2000 most common words
    44.4 of words are in the 5000 most common words
    50.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Miti, leggende e superstizioni del Medio Evo, vol. I - 19
    Total number of words is 4441
    Total number of unique words is 1905
    33.3 of words are in the 2000 most common words
    45.6 of words are in the 5000 most common words
    53.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Miti, leggende e superstizioni del Medio Evo, vol. I - 20
    Total number of words is 4598
    Total number of unique words is 1661
    40.3 of words are in the 2000 most common words
    55.3 of words are in the 5000 most common words
    63.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Miti, leggende e superstizioni del Medio Evo, vol. I - 21
    Total number of words is 1995
    Total number of unique words is 922
    33.0 of words are in the 2000 most common words
    42.6 of words are in the 5000 most common words
    48.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.