Miti, leggende e superstizioni del Medio Evo, vol. I - 07

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_De montibus Sina et Sion_, falsamente attribuito a San Cipriano, si
mostra come il nome Adam sia formato delle quattro lettere con cui
principiano, in greco, i nomi dei quattro punti cardinali, ἀνατολή,
δύσις, ἄρκτος, μεσημβρία; e ivi stesso si svela che nel nome di Adamo
era indicato il tempo della passione di Cristo e il numero d'anni
speso da Salomone in costruire il Tempio. Sant'Agostino dice che quella
composizione del nome di Adamo sta a mostrare, sia che la discendenza
di Adamo si spargerà per le quattro plaghe della terra, sia che dalle
quattro plaghe saranno raccolti gli eletti[216]. Per quella ragione
Adamo fu detto _tetragrammatos_ e microcosmo[217]. Tralascio di parlar
di coloro che nei nomi di Adamo e di Eva trovarono, o credettero di
trovare, le prove del solito mito solare[218].
La creazione del primo uomo, se fu incominciamento d'iniquità e di
sciagura sopra la terra, fu pure cagione di discordia e di ruina nel
cielo. Narrano i rabbini, che come appena si sparse colassù la nuova
che l'Eterno voleva creare Adamo, si affollarono intorno al trono di
lui gli angeli e i genii, de' quali, parte lo esortavano a crearlo, e
parte ne lo dissuadevano. Gli angeli della Misericordia, della Pace,
della Giustizia e della Verità, espressero varii sentimenti e diedero
opposti pareri. Quest'ultimo gridò piangendo: «Padre del vero, tu crei
sulla terra il padre della menzogna». Ma l'Eterno rassicurò le schiere
degli spiriti, dicendo che la verità avrebbe legato la terra col
cielo; e Adamo fu creato[219]. Nel Corano il contrasto si aggrava, e
produce effetti disastrosi. Dio, dopo che ebbe creato Adamo, chiamò le
schiere degli angeli suoi perchè onorassero la nuova creatura. Tutti si
piegarono volentieri al divino comando, salvo Iblîs, l'angelo superbo,
il quale ricusò d'inchinarsi alla creta, e fu per tale disobbedienza
cacciato dal cielo; di che poi si vendicò, trascinando l'uomo e la
donna al peccato[220]. Fantasie simili ebbero anche i cristiani, e si
può tener per sicuro che Maometto, il quale da cristiani e da ebrei
toglieva ciò che gli tornava utile, ne conobbe qualcuna. Nella Vita
latina ricordata di sopra, Satana stesso narra ad Adamo la cagione
della sua caduta. Creato l'uomo, Dio ordinò a tutti gli angeli di
adorare quella sua immagine. Primo obbedì Michele, il quale poi fece
obbedire gli altri; ma Satana, tenendosi troppo da più di Adamo, ricusò
di adorarlo, e alle minacce di Michele rispose che porrebbe la sua
sede sopra gli astri del cielo, e si farebbe simile all'Altissimo.
L'ira dell'Altissimo piombò su di lui. Egli fu espulso, insieme coi
suoi seguaci, dal cielo, e per vendicarsi trascinò alla colpa chi
fu involontaria cagione della sua caduta[221]. Qualche accenno a sì
fatto mito si trova già, come fu notato da altri, in Tertulliano, in
Sant'Ireneo, in Sant'Agostino. Questi lo ricusa, e sostien la opinione
che Satana cadde per superbia nell'inizio dei tempi[222].
Il primo uomo aveva, del resto, qualità e pregi quasi divini, tali,
insomma, da meritargli l'ammirazione e la reverenza degli angeli. In
più luoghi si trova detto che egli vinceva in perfezione tutti gli
spiriti celesti: stando a una delle tante fantasie rabbiniche, gli
angeli, vedutolo, credettero ch'egli fosse un secondo Dio, e l'unico
vero Dio, per disingannarli, lo fece cadere in un profondo sopore, Non
si dimentichi che in molte altre mitologie il primo uomo è un dio, o
quasi un dio.
Adamo fu il più sapiente degli uomini, superato solo da Cristo, l'Uomo
Dio. Seguendo San Tommaso e la tradizione patristica, dice Dante che in
Adamo e in Cristo fu infuso da Dio stesso
Quantunque alla natura umana lece
Aver di lume[223].
Sapere connato dunque, non acquisito. I cabalisti pensarono invece che
Adamo fosse stato ammaestrato dagli angeli, e Mosè Maimonide asserì
ch'egli fu uno stolto finchè non ebbe gustato il frutto proibito.
La opinione, per altro, ch'egli avesse in sè, comunque acquistata,
ogni dottrina, fu la opinion prevalente. Alcuni rabbini dissero che
Dio stesso mandò ad Adamo, per mezzo dell'angelo Rasiele, un libro,
in cui erano dichiarati tutti i secreti del cielo, ed esposte tutte
le sante dottrine, e che gli angeli scendevano apposta per udirne la
lettura. Questo libro miracoloso ritornò da sè stesso in cielo dopo il
peccato; ma quando Adamo ebbe fatto penitenza, Dio ordinò all'arcangelo
Raffaele di riportarglielo, e Adamo ne fece diligente lettura, e
lo lasciò, morendo, a Seth[224]. Una finzione simile a questa corre
tra' musulmani: nella fantasia di taluno il libro diventò un vero e
proprio libro di magia[225]. Adamo fu tenuto inventore dei caratteri,
peritissimo in astrologia e, generalmente parlando, institutore di
tutte le scienze e di tutte le arti[226]. Frutto di tanto sapere furono
parecchi libri. Sant'Epifanio ricorda certe rivelazioni attribuite
dagli gnostici ad Adamo; alcuni rabbini parlarono di un libro di
singolarissimo pregio in cui egli raccolse quanto nel Paradiso
terrestre udì dalla bocca di Dio; Mosè Maimonide dice che i Sabei
facevano Adamo autore di trattati sopra l'agricoltura: persino libri
di alchimia gli furono attribuiti. Due salmi si volle fossero opera
sua. Eva dovette avere, in qualche parte almeno, il sapere di Adamo:
Sant'Epifanio fa menzione di un evangelo che si diceva dettato da
lei[227].
Una solenne e innegabile prova del suo sapere, se non altro filologico,
diede Adamo quando, essendogli stati condotti innanzi, da Dio, tutti
gli animali creati, egli seppe nominar ciascuno in settanta lingue
diverse, mentre, per confession dei rabbini, gli angeli non avevano
saputo nominarli nemmeno in una lingua sola. Gli è vero, per altro, che
di solito non si concede ad Adamo la cognizione di tante lingue quante
ne nacquero poi, al tempo della edificazione della Torre di Babele; ma
si ragiona della lingua parlata da lui come di una lingua assai più
perfetta che non quelle venute dopo, e perdutasi già sin dai tempi
della prima sua discendenza.
La lingua ch'io parlai fu tutta spenta
Innanzi assai ch'all'ovra inconsumabile
Fosse la gente di Nembrot attenta,
dice lo stesso Adamo a Dante, là nel Paradiso[228]. Vero è che nel
trattato _De vulgari eloquentia_, Dante aveva affermato che la lingua
parlata primamente da Adamo fu quella stessa che parlarono poi gli
Ebrei, serbata integra, affinchè il redentore del mondo potesse
parlare il linguaggio della grazia, e non un linguaggio nato dalla
confusione[229].
Vogliono alcuni che Adamo fosse introdotto da Dio nel Paradiso
terrestre solo quaranta giorni dopo la sua creazione[230]. Checchè
sia di ciò, la felicità di cui godettero nel giocondo giardino egli
e la donna sua fu quale noi non possiamo nemmeno immaginare, nonchè
descrivere. Vivendo in terra, eglino eran fatti partecipi della vita
del cielo. Nel _Testamento_ ricordato pur dianzi, lo stesso Adamo
racconta al figliuolo Seth quale fosse la condizione di lui e di Eva
nel Paradiso, prima del peccato. Udivano il suono armonioso che moveva
dalle ali dei serafini preganti; udivano la gran voce dell'acque, le
quali, dal profondo, adoravano il loro fattore; udivano le preghiere
di tutti gli esseri distribuite per le diverse ore del giorno e della
notte. Fruivano della beatifica visione di Dio, e pascevano l'anime
della parola divina. Godevano delle delizie incomparabili del giardino,
circondati dalla reverenza e dall'amore di tutte le creature viventi.
Ma quanto tempo godettero di così invidiabile felicità? quanto durò, in
altri termini, lo stato di loro innocenza? Su questo punto le opinioni
divariano assai, giacchè nulla dicono le Scritture. San Giovanni
Crisostomo crede che Adamo ed Eva non rimasero forse nemmeno un giorno
nel Paradiso[231]; e narrano alcuni talmudisti che Adamo peccò nella
decima ora del giorno in cui fu creato, e che egli ed Eva furono pieni
di terrore quando, essendo già stati cacciati dal Paradiso, videro per
la prima volta in lor vita tramontare il sole[232]. In Occidente si
accreditò in più particolar modo la opinione che i primi parenti non
rimanessero nel Paradiso più di sett'ore, dalla prima alla settima,
o dalla terza alla nona del giorno in cui furono creati, o vi furono
introdotti. Perciò dice Adamo a Dante:
Nel monte, che si leva più dall'onda,
Fu'io, con vita pura, e disonesta,
Dalla prim'ora a quella che seconda,
Come il sol muta quadra, l'ora sesta[233].
Ma altre opinioni vi furono in buon numero, delle quali alcune poco
si dilungavano da questa, e altre moltissimo; e secondo che si badi
all'una o all'altra, Adamo ed Eva sarebbero rimasti nel Paradiso un
giorno, sei, nove, quaranta giorni, sett'anni, quindici, ventotto, un
secolo[234]. I maomettani ce li fanno stare cinquecent'anni.
Non si creda, del resto, che questi numeri fossero sempre immaginati a
caso; molte volte si cercò in essi un indizio di misteriose e recondite
colleganze tra i due fatti capitali della storia del genere umano,
la caduta e la redenzione. Le condizioni e il modo di quella dovevano
prenunziare le condizioni e il modo di questa. Perciò da taluno si fece
durare il soggiorno dei primi parenti nel Paradiso quanto poi durò la
passione di Cristo; e si disse che il peccato fu commesso l'ora sesta,
nella qual ora Cristo fu posto in croce; e che l'espulsione avvenne
l'ora nona, nella quale ora poi Cristo morì. Altre corrispondenze pure
s'immaginarono. I quarant'anni dovevano rispondere agli altrettanti che
gli Ebrei passarono nel deserto.
Secondo i musulmani, che drammatizzarono in assai poetico modo
la storia della tentazione, Adamo resistette ottant'anni alle
sollecitazioni di Eva, che voleva fargli gustare il fatal pomo. I
cristiani non si curarono di sapere troppi particolari in proposito.
Ammisero, senz'altro, che Adamo fu trascinato al peccato da Eva[235];
e solo si mostrarono alquanto più curiosi di conoscere la vera qualità
del peccato commesso da entrambi. La opinione ortodossa e legittima è
ch'essi abbiano veramente trasgredito il divino precetto mangiando il
pomo; non un pomo simbolico, ma un pomo reale. Divieti simili a quello
di cui narra la Genesi si trovano in tutte le mitologie, e non di rado
riguardano appunto una pianta; e di ciò non si meraviglia chi ricordi
con quanta facilità gli uomini primitivi attribuissero ai frutti, o
ai succhi di certe piante, virtù di conferire, sia la immortalità,
sia un sovrumano sapere. Dante, che in così fatte questioni suol farsi
ripetitore delle dottrine approvate dalla Chiesa, dice, parlando della
sacra pianta del Paradiso terrestre:
Per morder quella, in pena ed in disio
Cinquemil'anni e più, l'anima prima
Bramò colui che il morso in sè punio;
e facendo consistere la colpa, non nel fatto materiale dello aver
mangiato il frutto, ma nella disobbedienza, pone in bocca ad Adamo
queste parole:
Or, figliuol mio, non il gustar del legno
Fu per sè la cagion di tanto esilio,
Ma solamente il trapassar del segno[236].
Alcuni talmudisti, per altro, pensarono, non ostante il detto
divino _Crescete e moltiplicate_, che il peccato fosse consistito
nella copula, e questa loro opinione ebbe seguitatori anche fra'
cristiani[237].
Dove, quando seguì il primo accoppiamento dei due primi genitori? Anche
intorno a ciò vi furono più disparate opinioni. Alcuni rabbini dicono
ch'esso avvenne nel Paradiso, e che nel Paradiso furono concepiti
Caino e Abele. I musulmani narrano meraviglie delle nozze di Adamo
ed Eva, e del padiglione di seta sotto cui esse furono celebrate, nel
bel mezzo del Paradiso. Ma i Dottori cristiani, tra cui San Girolamo e
Sant'Agostino, sostennero sempre che Adamo ed Eva uscirono vergini dal
Paradiso terrestre, e non si congiunsero se non passato certo tempo,
più o meno lungo, dalla loro espulsione; e Felice Faber afferma che,
se fossero rimasti nel Paradiso, avrebbero generato senza perdere la
verginità[238]. Ad ogni modo si ammetteva da tutti che, immediatamente
dopo il peccato, essi avessero perduto in certa guisa la verginità
dello spirito, avvedendosi della nudità propria. Perciò parecchie
sètte di eretici, che si chiamarono col nome di Adamiti, sorte in varii
tempi, considerarono la nudità come un segno di libertà di spirito e
d'innocenza, e rifiutarono ogni maniera di vesti[239].
Ma fu veramente Eva la prima moglie di Adamo? ed Eva, la gran
prevaricatrice, fu ella sempre fedele al suo legittimo sposo? Strani
dubbii si mossero intorno a ciò; anzi strane cose si affermarono. Fu
credenza diffusa tra' rabbini che, prima di generar figliuoli con Eva,
Adamo ne generasse con un demone femmina per nome Lilith, il quale
vuolsi da taluno che sia una cosa istessa con Ilithia, dea della notte
e dello spazio, adorata in Grecia ed in Egitto. Da quelle prime nozze
nacquero molti spiriti maligni[240]. Secondo un'altra finzione, Dio,
prima di trarre Eva dalla costa di Adamo, creò di terra Lilith, la
quale rifiutò di obbedire al marito, lo abbandonò, e divenne un genio
malefico, infesto ai pargoli, e madre di demonii[241]. Per contro,
una favola satirica, dovuta assai probabilmente alla fantasia di un
trovero, narra che, prima d'Eva, Dio aveva dato ad Adamo una compagna
assai più perfetta; ma che Adamo, ingelositosi della superiorità di
lei, la uccise, dopo di che Dio, per punirlo, diedegli Eva, che lo
trasse al peccato[242]. E fu persin detto che Adamo non ischifò di
congiungersi con le fiere.
Eva, da canto suo, non avrebbe dato prova di troppo maggior
continenza[243]. Vogliono ch'ell'abbia avuto commercio con Samaele,
principe de' demonii, e procreato con esso più figliuoli, tra cui
v'è chi pone Caino, e anche Abele. Del resto le notizie intorno
ai figliuoli di Adamo ed Eva sono molto confuse, e non di rado
contraddittorie[244].
Negli apocrifi ricordati di sopra si narra l'aspra e dolorosa vita
che dovettero condurre i due primi parenti dopo la loro cacciata dal
Paradiso; si narra la dura e lunga penitenza con cui si studiarono
di cancellare il peccato e di racquistare la grazia e l'amore di
quel Dio che avevano offeso; si narra la vecchiezza loro e la morte,
supreme calamità che sulla terra produsse la colpa. Usciti dal luogo
di beatitudine, si trovano in una terra inospitale ed ingrata, fra
belve fatte nemiche; errano in cerca di cibo, e debbono contentarsi di
quello onde le belve si pascono. S'accostano di bel nuovo al Paradiso,
con isperanza d'esservi riammessi, ma la speranza rimane delusa. Essi
piangono vedendo i corpi loro tanto mutati da quelli di prima; piangono
pensando alla felicità irreparabilmente perduta. Pregano senza fine
il Signore, ne implorano la pietà, digiunando, rimanendo immersi per
lunghi giorni nelle acque del mare, o in quelle del Giordano o del
Tigri. Ma Satana, e gli spiriti suoi, non dànno loro pace, li insidiano
in tutti i modi, tentano di ucciderli, seducono una seconda volta Eva,
distogliendola dalla cominciata penitenza. A consolare tanta miseria,
a confortare gli animi che stanno per cedere alla disperazione, viene
di quando in quando dall'alto la voce del Signore, che annunzia il
futuro perdono e la redenzione: a rinfrancare i corpi afflitti Dio
misericordioso manda delle frutta del Paradiso. Nuovi uomini nascono
sopra la terra e si vanno aggravando le conseguenze fatali della
colpa. Caino uccide Abele: Adamo ed Eva piangono amaramente l'ucciso.
Sono corsi nove secoli, e Adamo, stremato dalla vecchiezza e dalla
malattia, manda il figliuolo Seth, manda la moglie, prima cagione di
tanto soffrire, a chiedere al cherubino, cui fu commessa la custodia
del Paradiso, l'olio di misericordia. Qui nuova promessa di futura
redenzione. Adamo passa di questa vita, profetando nuove colpe e nuove
sciagure; Eva non tarda a seguirlo. I figliuoli dànno sepoltura ai
loro corpi, e la storia del mondo procede qual fu pronunziata, correndo
incontro al Diluvio.
Tale in succinto, raccolta da' varii racconti, la storia dei due
primi uomini dopo il peccato. Come ognuno può immaginar facilmente,
più e più opinioni particolari si ebbero sopra tale, o talaltro punto
di essa. Nel trattato _Erubim_ si legge che la penitenza di Adamo
durò centotrent'anni: secondo una tradizione musulmana, le lacrime
ch'egli pianse dopo il peccato formarono il Tigri e l'Eufrate; secondo
un'altra, quelle lacrime caddero sull'isola di Serendib, e produssero
le piante medicinali e gli aromati. Uno dei tristi e più visibili
effetti della colpa fu, a detta di certi rabbini, la calvizie[245].
Circa il luogo ove i due primi parenti vissero dopo la espulsione dal
Paradiso, e il luogo dove poi ebbero sepoltura, furono varie credenze.
Si disse da alcuni ch'e' furono rimessi nell'agro damasceno, ov'era
stato creato Adamo. Secondo Sant'Epifanio (sec. IV), Adamo ed Eva
dimorarono alcun tempo in prossimità del Paradiso, poi errarono per
molte regioni, e finalmente vennero in Giudea, ove morirono[246].
Dionigi di Telmahar (sec. IX) dice che la caverna dei tesori, ove
ripararono e vissero i due cacciati, e sulla quale apparve poi la
stella che guidò i Re Magi, era posta nell'ultimo Oriente, nella
montagna di Scir, di contro all'oceano che cinge il mondo, e non
lungi dal Paradiso terrestre. Coloro poi che ponevano il Paradiso
nell'antictone, pensavano, come abbiam veduto, o che Adamo ed Eva
fossero rimasti di là, e la progenitura loro similmente, sino al
Diluvio, o che fossero venuti di qua, attraversando l'oceano. Secondo
un'altra opinione, che fu diffusissima, così in Oriente, come in
Occidente, e in Oriente è viva tuttora, Adamo ed Eva vissero gli anni
del loro esilio nell'isola di Serendib, o Ceilan.
Questa credenza è, senza dubbio, di origine maomettana, o, piuttosto,
è una credenza buddistica trasformata da maomettani; ed ecco in qual
modo. Credevano, e credono ancora i buddisti, che il Budda soggiornò
alcun tempo sopra un monte dell'isola di Ceilan, chiamato Langka dai
bramani del continente[247]; che quivi menò vita contemplativa; e che
sollevandosi poi al cielo, lasciò nella rupe la impronta del proprio
piede, visibile a tutti. I maomettani, usando un procedimento assai
frequente nella storia delle leggende, riferirono ad Adamo quanto si
narrava del Budda, e le due tradizioni continuarono a vivere l'una
accosto all'altra. Di ciò ci porge una curiosa testimonianza Marco
Polo nella relazione dei suoi viaggi. Egli dice che nell'isola di
Ceilan, sulla cima di un alto monte, al quale non si può salire
se non con l'ajuto di catene, è un sepolcro, che i Saracini dicono
essere di Adamo, e gli idolatri (intendi i buddisti), di Sergamon
Borcam. Il séguito del racconto mostra che questo Sergamon non è
altri che il Budda, il quale andò soggetto, come è noto, ad una altra
consimile trasformazione, diventando il santo Josafat della leggenda
cristiana[248]. Gli Arabi chiamarono il monte Rahun, e il primo loro
scrittore che abbia fatto ricordo della leggenda sembra essere stato
Suleymân. Edrîsi, il quale scrisse il suo trattato geografico alla
corte di Ruggero II di Sicilia, nel 1154, Edrîsi, il quale attesta,
fra tant'altre cose, d'aver visitato la grotta dei Sette Dormienti
presso Efeso, e d'aver veduto i loro corpi tra l'aloe, la mirra e la
canfora, non s'intende bene se morti, o sopiti di nuovo, riferisce
la leggenda del monte, da lui chiamato el-Rahuk. A suo dire, narrano
i bramani esservi sulla vetta del monte l'impronta del piè di Adamo,
lunga settanta cubiti e luminosa. Da quel punto, con un passo, Adamo
giunse al mare, ch'è lontano due o tre giornate[249]. Dicono inoltre
i maomettani che Adamo, cacciato dal Paradiso, cadde nell'isola di
Serendib, e quivi morì, dopo aver compiuto un pellegrinaggio al luogo
dove poi doveva sorgere la Mecca. Una descrizione del monte si trova
pure nei viaggi d'Ibn-Batûta[250].
La leggenda passò d'Oriente in Occidente, e dai maomettani ai
cristiani; e il monte di Ceilan, chiamato poi dai Portoghesi Pico de
Adam, diventò celebre. Eutichio, patriarca d'Alessandria (m. 940)
dice solo che Adamo fu cacciato in un monte dell'India[251]; ma il
monte è poi sempre quello di Ceilan. Odorico da Pordenone lo descrive
succintamente, e narra che nella sommità di esso era un lago che quelli
dell'isola dicevano formato delle lacrime piante da Adamo e da Eva
per la morte di Abele[252]. Giovanni de' Marignolli ha un racconto
più particolareggiato e più esplicito. L'angelo di Dio prese Adamo,
e lo posò sul monte di Ceilan, e l'impronta del piede di Adamo rimase
miracolosamente impressa nel marmo, lunga due palmi e mezzo. Sopra un
altro monte, lontano dal primo quattro piccole giornate, l'Angelo posò
Eva, e i due peccatori stettero disgiunti, immersi nel lutto, quaranta
giorni, trascorsi i quali, l'angelo condusse Eva ad Adamo, il quale
era ormai disperato. Sulla prima montagna erano, oltre l'impronta
del piede, una statua seduta, con la destra stesa verso l'Occidente;
la casa di Adamo; una fonte di purissime acque, le quali si credeva
venissero dal Paradiso, e in cui eran gemme, formate, secondo la
opinione di quegli abitanti, delle lacrime di Adamo; un orto pieno
d'alberi che recavano ottimi frutti. Molti pellegrini si recavano a
visitare il santo luogo[253]. Sulla fine del secolo XVII, Vincenzo
Coronelli diceva ancora che sulla cima del monte era sepolto Adamo, e
che ci si vedeva un lago formato delle lacrime versate da Eva per la
morte di Abele[254]. Quest'ultima affermazione contraddiceva a un'altra
credenza, che non sembra, per altro, sia stata molto diffusa. Il già
ricordato Burcardo di Monte Sion dice che nel fianco di un monte, nella
valle d'Ebron, era la spelonca ove Adamo ed Eva piansero cent'anni
la morte di Abele, e che ci si vedevano ancora i letti su cui avevano
dormito, e la fonte delle cui acque avevano bevuto[255].
Se fu posta sulla sommità del monte di Ceilan, la sepoltura di Adamo
fu posta pure in molti altri luoghi. Secondo una leggenda orientale,
Adamo fu seppellito nel Paradiso terrestre[256]; e nella già più
volte ricordata Vita latina si dice il medesimo; e nell'Apocalissi
greca si dice anche di Eva. Ma questa credenza non ebbe molto favore.
Nel _Testamento di Adamo_ si narra che Adamo fu seppellito a oriente
del Paradiso, e che gli stessi angeli e le Virtù del cielo ne fecero
i funerali. Nel _Combattimento di Adamo ed Eva_ il racconto si
arricchisce di particolari a questo riguardo, e si narrano parecchie
vicende a cui andò soggetto il corpo del primo genitore. Adamo mancò
l'anniversario del giorno in cui fu creato, ricorrendo l'ora in cui
fu espulso dal Paradiso. Il suo corpo fu deposto nella caverna dei
tesori, dove andarono a raggiungerlo a mano a mano i corpi degli altri
patriarchi. Avvicinandosi il Diluvio, Noè e i figliuoli tolsero, per
comandamento divino, dalla caverna il corpo di Adamo, insieme con
l'oro, l'incenso e la mirra che v'erano stati raccolti, e lo portarono
nell'Arca, lasciando gli altri corpi nella caverna, la quale fu
chiusa da Dio per modo da non lasciarne veder segno; e così rimarrà
sino al giorno della risurrezione. Molti anni dopo, morto Noè, Sem e
Melchisedec traggono, per ordine di Dio, il corpo dall'Arca, e, guidati
da un angelo, vanno a seppellirlo sul Golgota. Ecco qui la leggenda
celebre che vuole sepolto il peccatore nel luogo stesso ove dovrà poi
sorgere la croce del redentore, e che narra bagnata del prezioso sangue
di questo il capo ribelle che non aveva saputo piegarsi al divino
comandamento. Di questa, che certo è leggenda mirabile, s'inspirarono
le arti del disegno: il teschio che in infiniti quadri si vede fuor di
terra, appiè della croce, è il teschio di Adamo[257]. Alcuni eretici si
spinsero più oltre nei liberi campi della fantasia: essi identificarono
il redentore col peccatore, fecero passar l'anima di Adamo prima in
Davide, poi in Cristo. E Cristo fu anche detto secondo Adamo[258].
Vogliono alcuni Padri della Chiesa greca che la tradizione, la quale
dice Adamo sepolto sul Golgota sia di origine giudaica: concesso pure
che tale sia la sua origine (e gli Ebrei dovevano essere naturalmente
tratti a raccostare il padre del genere umano a Gerusalemme) bisogna
riconoscere che quella tradizione aveva ogni desiderabil carattere
per farsi accettar da' cristiani. Sant'Agostino esprimeva il pensiero
e il sentimento di molti quando mostrava che alla riparazione nessun
altro luogo poteva essere più acconcio di quello ove giaceva sepolto
il colpevole[259]. Accostandosi a certi racconti di cui dovrò parlare
più innanzi, e seguitando una opinione professata da parecchi rabbini e
da parecchi Dottori cristiani, dice l'inglese Sevulfo, nella relazione
del viaggio che fece in Palestina negli anni 1102 1103, che Adamo
era seppellito nella valle d'Ebron, insieme con Abramo, Isacco e
Giacobbe[260]. Di così ingegnosi collegamenti non si dilettarono, del
resto, solamente gli ebrei e i cristiani: secondo una delle tradizioni
maomettane, Adamo fu seppellito a poca distanza dal luogo ove doveva
sorgere la Mecca, sul monte Abù-Cais, oppure sul monte Arafat, dove
Adamo si ricongiunse con Eva dopo centovent'anni di separazione[261].
Adamo ed Eva lasciarono, com'è ben naturale, lungo ricordo di sè,
del loro peccato, e della punizione che gli tenne dietro, nella loro
progenie, defraudata per essi della felicità a cui Dio la voleva
chiamata, e data in preda a inenarrabili sciagure. Non si può aprire
libro di sacro argomento senza incontrare i loro nomi, e un qualche
cenno della istoria loro. Per secoli, durante tutto il medio evo, essi
furono vivi nella coscienza dei credenti, che sognavano e agognavano,
nella comune desolazione, la perduta felicità. Ai tempi di Michele
Psello (sec. XI) si vedevano in un luogo di Costantinopoli le statue
di Adamo ed Eva accanto a quelle della prosperità e della fame. Nella
solitudine dei chiostri, i monaci si proponevano a vicenda indovinelli,
cui porgevano argomento Adamo ed Eva, domandando per esempio: _Chi morì
senz'esser mai nato?_ Nei Misteri si vedeva la creazione dei due primi
parenti, e tutta la storia dolorosa della tentazione e del peccato,
sceneggiata[262]. Nelle epopee francesi del medio evo sono molto
frequenti le preghiere poste in bocca a tale o talaltro dei personaggi,
e quelle preghiere cominciano assai spesso con un cenno alla creazione
dei due progenitori e al peccato da essi commesso[263]. Non era forse
uscita da quel peccato tutta la storia dell'uman genere? I versi
d'Alcuino esprimevano a questo riguardo la credenza e il rammarico di
un infinito popolo:
Postquam primus homo paradisi liquerat hortos,
Et miseras terrae miser adibat opes:
Exilioque gravi poenas cum prole luebat,
Perfidiae quoniam furta et maligna gerit:
Per varios casus mortalis vita cucurrit,
Diversosque dies omnis habebat homo[264].
Ma lasciamo ora, per ritrovarli anco una volta un po' più innanzi,
Adamo ed Eva, e volgiamoci ad altri abitatori del Paradiso.
Primi ci si presentano Enoch ed Elia, il patriarca e il profeta che
mai non pagarono il debito loro alla morte, e vivi furono sottratti
alla vista degli uomini. La tradizione che entrambi li pone ad abitare
nel Paradiso terrestre è assai antica, e comune così ad ebrei come a
cristiani: essa aveva una sua ragion naturale nel pensiero che chi
scampava per divina grazia alla morte dovesse rientrar nel luogo
ove la morte non poteva aver potestà, ov'era l'albero della vita.
Sant'Ireneo, Tertulliano, Santo Agostino, Mario Vittore, Gregorio
di Tours, Sant'Aldelmo, altri assai, così del tempo più antico, come
del medio evo, la ricordano, e se i più l'accettano, parecchi ancora
la rifiutano[265]. Un dubbio rimane, se il luogo dove i due santi
soggiornano da secoli sia proprio il Paradiso terrestre. Nell'apocrifo
_Libro d'Enoch_ è detto che nessuno mai conobbe il luogo ov'ebbe
ricetto il patriarca[266]; e Alano de Insulis, per non recare altri
esempii, in uno degli scritti suoi dice che il santo fu trasportato nel
Paradiso terrestre, e in altro ch'egli fu trasportato, sia nel Paradiso
terrestre, sia in luogo a noi occulto[267]. Ma questo dubbio fu di
pochi. Le leggende medievali ci mostrano assai spesso Enoch ed Elia
nel Paradiso; e nel Paradiso li pongono Fazio degli Uberti e Federigo
Frezzi; e Dante non dice qual ragione l'abbia indotto a non lasciarveli
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