Storia della Guerra della Independenza degli Stati Uniti di America, vol. 1 - 06

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previa approvazione e consentimento dei rappresentanti loro, poter dar
luogo a spedizioni onerose pel popolo delle colonie, ed abbassarlo a
quella condizione, in cui si trovano i sudditi di Francia nel Canadà
ridotti, i quali ora sono da simile autorità da parte del governatore
loro oppressati, il quale, sono due anni, hagli grandemente travagliati
con lunghi e distruggitivi viaggi verso l'Ojo.
«Se tutte le colonie insieme possono essere bene amministrate dai
governatori e Consiglj eletti dalla Corona, senza rappresentanti, anche
le colonie particolari poter essere in tal modo amministrate, e le tasse
imporvisi per autorità del Parlamento, e ad uso e sovvenimento del
governo; e perciò doversi come inutili dimettere le assemblee loro
provinciali e colonarie.
«Le facoltà concesse per la lega di Albania al Gran Consiglio, anche in
rispetto alle materie militari, non si distendere tant'oltre, quanto
quelle che sono state concesse dai diplomi reali alle colonie dell'isola
di Rodi, e del Connecticut, facoltà non mai state misurate, imperciocchè
per quella lega il presidente generale sarebbe eletto dalla Corona, ed
avrebbe la facoltà del divieto, quandochè i governatori di queste due
colonie, ed hanno la facoltà del divieto, e sono eletti dal popolo.
«Le colonie inglesi confinanti colle terre francesi essere propriamente
le frontiere dell'Impero britannico, e le frontiere di un Impero doversi
a spese comuni di tutte le parti di esso difendere; e non sarebbe aspra
ed importevol cosa tenuta, se il Parlamento ove le coste della
Gran-Brettagna non vi avessero rappresentanti, ponesse sopra gli
abitanti di queste uno speciale balzello, a fine mantenessero essi soli
tutto il navilio dell'Inghilterra sotto colore, che questo gli difende
ed in ispecial modo gli protegge? E se le frontiere inglesi in America,
le quali sono le colonie americane, debbono esse sole sopportare le
spese della propria difesa, sarà giusto, sarà conveniente, non dovere
aver esse voce, non poter rendere partito a concedere la pecunia,
giudicare della necessità di essa, e del modo di riscuoterla?
«Oltre le tasse alla difesa delle frontiere necessarie, pagare sottomano
le colonie grosse somme di denaro alla comune patria; imperciocchè le
tasse imposte in Inghilterra sopra i possessori delle terre, e sopra gli
artefici dovere di necessità rincarare il prezzo dei proventi di quelle,
e delle manifatture di questi, ed una gran parte del medesimo pagarsi
dagli avventori delle colonie, le quali perciò vengono a pagare una
notabil porzione delle tasse inglesi.
«Esser per leggi severe ristretto il commercio delle colonie con le
nazioni estere; e perciò invece, che gli abitanti loro potrebbero far
procaccio presso di queste di manifatture a miglior mercato, esser
giuoco forza, le comprino più care dalla Gran-Brettagna. Quindi
apparire, la differenza tra questi due prezzi essere una tassa pagata
dagli Americani all'Inghilterra; essere questi obbligati di trasportare
immediatamente ne' suoi porti una gran parte dei proventi delle terre
loro, dov'e' sono sottomessi a certi dazj, la qual cosa ne diminuisce il
prezzo, e sono pertanto i possessori necessitati a vendergli a minor
prezzo di quelli, che ne avrebbono ne' mercati esterni; e perciò la
differenza essere una tassa pagata all'Inghilterra.
«Certe manifatture essere in America proibite, e doverne i coloni
cercare i lavorii dai mercatanti inglesi; adunque l'intiero prezzo di
questi essere una tassa pagata all'Inghilterra.
«Avendo gli Americani negli ultimi tempi accresciute le richieste e la
consumazione delle manifatture inglesi, essere perciò queste rincarate
d'assai, e perciò il soprappiù del prezzo essere un profitto al netto
per l'Inghilterra, ed abilitare gli abitanti suoi viemaggiormente a
pagare le tasse loro; e siccome esso soprappiù è pagato in buona parte
dagli Americani, essere questo una vera e reale tassa imposta loro a
favore dell'Inghilterra.
«In somma non essendo agli Americani lecito di regolare il proprio
commercio, e di restringere la introduzione e la consumazione delle
superfluità inglesi, siccome può l'Inghilterra la introduzione e la
consumazione delle superfluità forestiere, tutta la ricchezza dei
coloni, in ultimo concorrere ed andare a terminare nell'Inghilterra; se
gli Americani colle ricchezze proprie arricchiscono gl'Inglesi, e
viemeglio gli abilitano a pagare le tasse loro, non è questa la medesima
cosa, come se essi stessi fossero tassati, ed egualmente vantaggiosa per
la Corona? Di queste tasse secondarie non essersi mai gli Americani
doluti, quantunque l'imporle, il riscuoterle, il disporne non sia in
loro facoltà; ma pagare gravi tasse immediate e dirette, delle quali ei
non abbiano a prestare il consentimento, nè della opportunità delle
quali possano in niun modo giudicare, nè dell'uso, che s'ha da farne; e
forse di quelle tasse stesse, ch'essi riputerebbero altrettanto inutili,
quanto gravose, parere troppo insolita ed ardua cosa ad uomini inglesi,
i quali non possono comprendere, come l'aver date le vite e le facoltà
loro per soggiogare e popolar nuove contrade, allargare il dominio, ed
accrescere il commercio della patria loro, abbia ad essi fatto perdere,
come se fossero felloni stati, i diritti naturali de' Brettoni, i quali
crederebbero anzi di aver meritati, quando anche fossero prima stati in
una condizione servile costituiti. Per tutte queste ragioni, se
l'alterazione alla lega d'Albania disegnata fosse posta ad effetto,
essere da temere, non il congresso dei governatori, e dei Consiglj in
tale modo eletti, non essendovi verun maestrato di rappresentanti, che
approvi le deliberazioni loro, e concilj loro il favore del popolo,
diventasse sospetto ed odioso; promuovessersi le animosità e le
discordie tra i governatori ed i governati, e tutto tendesse al tumulto
ed alla confusione.»
Questa fu la lettera di Franklin.
[2] La provvisione, la quale s'intitolò, _atto per imporre certe gabelle
di marca, ed altre nelle colonie, e piantagioni d'America a fine di più
bastare alle spese di difenderle, proteggerle ed assicurarle, e per
emendare tali parti di parecchj atti del Parlamento relativi al
commercio e redditi di dette colonie e piantagioni, come anche per
determinare, ed esigere le multe e confiscazioni ivi menzionate_,
importò quanto segue:
1 Che una gabella di marca di tre pensi sterlini (sei soldi tornesi) sia
imposta sovra ogni pezzo di carta vitellina, o di carta pecora, o sovra
ogni pezzo o foglio di carta, sui quali sia, o manoscritta o stampata
qualche dichiarazione, citazione, risposta, replica, mora o altro atto
qualsivoglia, ovvero copia de' medesimi in qualunque Corte di giustizia
nelle colonie inglesi, e piantagioni d'America.
2 Medesimamente una gabella di marca di due scellini sterlini
(quarantotto soldi tornesi) sopra simili foglj di carta per ogni atto di
cauzione speciale, e di comparizione in conseguenza del medesimo nelle
suddette Corti.
3 Ancora una gabella di marca di un scellino, e sei pensi sterlini sopra
simili foglj contenenti alcuna richiesta, cedola, comparsa, richiamo,
citazione, risposta, replica, mora ed altri atti in ogni Corte di
cancelleria, o sia di discrezione, ed equità.
4 Ancora tre pensi sterlini per ogni copia di detti atti in alcuna delle
medesime Corti.
5 Ancora uno scellino sterlino sopra ogni monitorio, richiamo, risposta,
allegazione, inventario o rinunzia in materia ecclesiastica avanti ogni
Corte dell'ordinario, o altra esercente una giurisdizione ecclesiastica.
6 Ancora sei pensi sterlini sopra ogni copia di testamento, monitorio,
richiamo, risposta, allegazione, inventario, o rinunzia in materia
ecclesiastica avanti alcuna delle dette Corti.
7 Ancora due lire di sterlini (quarantotto lire tornesi) sopra ogni
foglio di dette carte contenente donazioni, presentazioni, collazioni o
instituzioni di, od a qualche benefizio, o scritture, ed instromenti ad
un tale oggetto, o registrazioni, o atti di admissioni, o testimoniali,
od attestati di ogni grado conseguito in qualche Università, Accademia,
Collegio o Seminario di studj.
8 Ancora uno scellino sterlino sopra ogni monizione, cedola, richiamo,
comparsa, allegazione, informazione, lettera di richiesta, esecuzione,
rinunzia, inventario, o altr'atti vanti le Corti dell'Ammiragliato.
9 Ancora dieci scellini sterlini sopra ogni foglio di copia di essi
processi ed atti.
10 Ancora dieci scellini sterlini sopra gli atti di appellazione dai
semplici tribunali di pace.
11 Ancora cinque scellini sterlini per iscritture di convenzione per
levar multe, o di permissione di presa di possesso di qualche
successione ordinaria, o di sommazione di comparizione, che sia emanata
da qualcheduna di esse Corti, od a quella abbia a ritornare.
12 Ancora quattro scellini sterlini per giudizj, decreti, o dimissioni,
o altri memoriali nelle suddette Corti.
13 Ancora uno scellino sterlino per atti di assicurazione, cauzione,
comparizione, interrogatorj, deposizioni, o mandati di ogni Corte, o
commissione, copie, sommazioni, citazioni compulsorie, e somiglianti,
eccettuati però i casi criminali.
14 Ancora dieci lire di sterlini per licenze, destinazioni, o admissioni
di qualunque consigliere, avvocato o procuratore, a dir cause presso le
dette Corti, o di qualunque notajo.
15 Ancora quattro pensi sterlini per licenza di levar dai porti ogni
sorta qualsivoglia di grasce, derrate, o merci, per licenze di
dipartita, per attestati di aver soddisfatto alle dogane.
16 Ancora venti scellini sterlini per lettere di marca, o commissioni
per andare in corso.
17 Ancora dieci scellini sterlini per commissioni di qualche uffizio, o
impiego lucrativo per lo spazio di un anno, o per minor tempo, e di un
provento maggiore di venti lire di sterlini all'anno, compresoci lo
stipendio ordinario, gli emolumenti, e quel che fa la penna, eccettuate
però le commissioni degli uffiziali di terra e di mare, dell'artiglieria
o della milizia, e dei tribunali di pace.
18 Ancora sei lire di sterlini per libertà, privilegi, franchigie
concesse sotto il sigillo di qualcuna delle dette colonie, o
piantagioni.
19 Ancora venti scellini sterlini per licenze di vendere a minuto ogni
sorta di liquori spiritosi.
20 Ancora quattro lire di sterlini per licenze di vender vino a minuto
concesse a quelle persone, che non abbiano ottenuta la licenza di
vendere a minuto i liquori spiritosi.
21 Ancora tre lire di sterlini per licenze di vendere a minuto l'uno e
gli altri.
22 Ancora cinque scellini sterlini per testamenti, lettere di
amministrazione o di tutela di beni, eccedenti il valore di venti lire
di sterlini.
23 . . . . . . . . . . . . . . . . . .
24 Ancora sei pensi sterlini per obbligazioni di pagamento di ogni somma
di moneta, la quale non ecceda quella di dieci lire di sterlini.
25 Ancora uno scellino sterlino per obbligazioni di pagamento di ogni
somma di moneta maggiore di dieci lire di sterlini, e non maggiore di
venti.
26 Ancora uno scellino, e sei pensi sterlini per obbligazioni di
pagamento di ogni somma di moneta maggiore di venti lire di sterlini, e
non maggiore di quaranta.
27 Ancora sei pensi sterlini per ordini o decreti per accatastare e
partire ogni quantità di terra non maggiore di cento acri.
28 Ancora uno scellino sterlino per somiglianti ordini o decreti per
accatastare e partire ogni quantità di terra oltre le cento, e non oltre
le dugento acri.
29 Ancora uno scellino, e sei pensi sterlini per simili ordini o decreti
per accatastare e partire ogni quantità di terra oltre le dugento, e non
oltre le trecentoventi acri; ed all'avvenante per simili ordini o
decreti per accatastare e partire ogni altra quantità successiva di
trecentoventi acri.
30 Ancora uno scellino, e sei pensi sterlini per gli atti qualsivogliano
di ogni originaria concessione, appigionamento, od assegnazione
qualsivoglia di ogni quantità di terra, non oltre le cento acri, per un
termine non eccedente gli ventun'anni.
31 Ancora due scellini sterlini per simili atti per ogni quantità di
terra oltre le cento, e non al di là delle dugento acri.
32 Ancora due scellini, e sei pensi sterlini per simili atti per ogni
quantità di terra oltre le dugento, e non al di là delle trecentoventi
acri; ed all'avvenante per altri simili atti per ogni altra successiva
quantità di terra di trecentoventi acri.
33 . . . . . . . . . . . . . . . . . .
34 . . . . . . . . . . . . . . . . . .
35 . . . . . . . . . . . . . . . . . .
36 Ancora quattro lire di sterlini per commissioni di qualche uffizio od
impiego pubblico e lucrativo, non menzionato di sopra, e di un provento
maggiore di venti lire di sterlini all'anno, compresovi lo stipendio
ordinario, gli emolumenti, e quel che fa la penna, o per copie di esse,
eccettuate le commissioni degli uffiziali di terra e di mare,
dell'artiglieria o della milizia, o dei tribunali di pace.
37 . . . . . . . . . . . . . . . . . .
38 Ancora due scellini, e sei pensi sterlini per inventarj,
appigionamenti, affittamenti, contratti, stipulazioni, scritture di
vendita, partite, protestazioni, capitoli di noviziato o convenzioni
(eccettuate quelle che concernono il salario de' servitori non
apprendenti, ed anche tali altre materie di sopra mentovate per essere
gabellate).
39 Ancora cinque scellini sterlini per mandati o decreti per sindacare
alcun conto pubblico, per ordini, concessioni, attestati non di sopra
mentovati per essere gabellati, o per passaporti, o bullette, dimissione
d'uffizj o polizze di assicurazione, eccettuati gli mandati o ordini pel
servizio delle armate, degli eserciti, dell'artiglieria e della milizia,
come pure le concessioni d'uffizj di minor provento di venti lire di
sterlini all'anno, compresovi lo stipendio ordinario, gli emolumenti e
quel che fa la penna.
40 Ancora due scellini, e tre pensi sterlini per iscritture notariali,
obbligazioni, atti, lettere di procuratore, procure, gaggi, quitanze, ed
altri istrumenti obbligatorj non di sopra menzionati per essere
gabellati.
41 Ancora tre pensi sterlini per registrature di ogni atto, o altro
istrumento qualsivoglia sopra mentovato per essere gabellato.
42 Ancora due scellini sterlini per registrature di ogni atto, o altro
istrumento qualsivoglia non di sopra mentovato per essere gabellato.
43 Ancora una gabella di uno scellino sterlino su di ciascun mazzo di
carte da giocare, che sia venduto o adoperato.
44 Ancora una gabella di dieci scellini sterlini su ciascuna coppia di
dadi, che sia venduta o adoperata.
45 Ancora un mezzo penso sterlino su di ciascun libretto volgarmente
chiamato _Pamphlet_, e su di ciascuna gazzetta non più larghi di un
mezzo foglio, i quali siano nelle dette colonie, e piantagioni dispersi
e pubblicati.
46 Ancora un penso sterlino sopra ciascun tal libretto, o sia
_Pamphlet_, e carta di gazzetta più larga di un mezzo foglio, e non
eccedente uno intiero.
47 Ancora due scellini sterlini sopra ciascun tale libretto, o carta di
sei foglj in _ottavo_, di dodici in _quarto_ e di venti in _foglio_.
48 Ancora due scellini sterlini su di ciascun avviso stampato in ogni
gazzetta qualsivoglia, o fogli, o libretti suddetti.
49 Ancora due pensi sterlini sopra ciascun almanacco o calendario per un
solo anno, o per minor tempo di un anno, scritto, o stampato sopra una
faccia sola di ciascun foglio.
50 Ancora quattro pensi sterlini sopra ogni almanacco, o calendario per
un solo anno, scritto, o stampato sulle due faccie di ciascun foglio.
51 Ancora che le suddette rispettive gabelle sugli almanacchi e
calendarj tante volte s'abbiano a pagare per gli almanacchi o calendarj
di più anni, quanti sono gli anni per i quali e' possono servire.
52 Ancora che una gabella nella proporzione di sei pensi sterlini sia
posta sopra ogni ventina di scellini di ogni somma non eccedente
cinquanta lire di sterlini, le quali siano date, pagate, contrattate o
convenute per ogni praticante o novizio o apprendente, il quale sia
posto o collocato con qualche maestro o maestra, padrone o padrona a
fine d'imparare qualche professione, traffico od impiego.
53 Ancora che una gabella nella proporzione di uno scellino sterlino sia
posta sopra ogni somma eccedente cinquanta lire di sterlini, le quali
per simili cause siano date, pagate, contrattate o convenute.
54 Ancora che ogni pezzo di carta vitellina o di carta pecora, od ogni
foglio o pezzo di carta, sul quale siano scritti o stampati atti,
istrumenti, processi, o altre materie o cose sovramenzionate in
tutt'altra lingua, che nell'inglese, abbiano a pagare doppia gabella di
quella, alla quale e' sono rispettivamente sottoposti.
55 Finalmente che il provento di tutte le soprascritte gabelle abbia a
pagarsi nella tesoreria di Sua Maestà, ed ivi tenuto in serbanza, per
essere quindi usato di tempo in tempo dal Parlamento a fine di
viemaggiormente far le spese necessarie alla difesa, protezione e
sicuranza delle dette colonie e piantagioni.


LIBRO SECONDO

[1765]
Giunte in America le novelle, che la provvisione della marca era stata
vinta in Parlamento, non si può dire quanto si commovessero quei popoli;
e quantunque il ministro Grenville, sapendo pure quanto dovesse riuscir
esosa, e dubitando che potesse porgere occasione di sdegni, avesse
cercato di mitigarla, con aver determinato di non mandar pubblicani per
riscuoterla, che fossero nati al di qua dell'Oceano, tuttavia non potè
ottenere ch'ella fosse con minor alterazione d'animi ricevuta. Le
gazzette americane incominciarono ad esser piene di querele sulla
perduta libertà; ed i principali per ogni dove andavano predicando, che
questa era una violazione manifesta dei diritti loro, la quale non da un
error passeggero del governo inglese procedeva, ma piuttosto da un
disegno molto bene considerato di ridurre le colonie in servitù:
esclamavano, esser questo un principio di una nuova e perfettissima
tirannide. Gli oppositori a cotali disegni del governo, o per contrarre
con un nome comune una cotale specie di lega fra di loro, ovvero per
render sè medesimi più accetti al popolo, accennando a quanto il
colonnello Baré aveva nel suo discorso avanti il Parlamento detto,
s'intitolarono con lo specioso nome di _Figliuoli della libertà_. Si
obbligarono tra le altre cose l'un l'altro di marciare a proprie spese
in ogni luogo del continente, dove d'uopo fosse per mantenere la
costituzione inglese in America, ed ogni sforzo usare per impedire, che
la provvisione della marca non fosse posta ad effetto. Una commissione,
che chiamarono di _corrispondenza_, ebbe il carico di scrivere ai
principali personaggi della contrada, esortandogli a far quei pensieri,
ed a pigliar quelle risoluzioni, ch'essi avevano e fatto e pigliato. La
qual cosa fu un possente stimolo all'opposizione ed ai tumulti, che poco
dopo seguirono. Il popolo era pronto a prorompere, quando si rizzasse in
qualche luogo un segnale, o si desse l'occasione.
I Virginiani furono anche questa volta i primi a dar le mosse ed a
levar, come si dice, questo dado. Addì 29 di maggio 1765, la Camera dei
borghesi di Virginia, instando perciò massimamente Giorgio Johnston e
Patrizio Enrico, venne a cotali risoluzioni: «Stantechè l'onoranda
Camera de' Comuni d'Inghilterra ha ultimamente posto in questione, fin
dove la generale assemblea di questa colonia abbia facoltà di far leggi
per impor tasse o gabelle da pagarsi dal popolo di questa antichissima
colonia di Sua Maestà, a fine di determinare e stabilire la medesima per
ogni tempo avvenire, la Camera dei borghesi di questa presente generale
assemblea ha fatto le seguenti risoluzioni.
«Che i primi avventurieri e fondatori di questa colonia di Sua Maestà, e
dominio di Virginia portaron con loro, e trasmisero alla posterità loro
ed a tutti gli altri sudditi di Sua Maestà, i quali dappoi vennero in
questa sua colonia ad abitare, tutte le libertà, privilegi, franchigie
ed immunità, le quali in ogni tempo qualsivoglia hanno avuto, gioito e
posseduto i popoli della Gran-Brettagna. Che in virtù di due reali
diplomi concessi dal re Jacopo primo, i suddetti coloni son dichiarati
di tutte le libertà, privilegi ed immunità investiti, che spettano ai
regnicoli e naturali sudditi, e ciò in ogni cosa e ad ogni fine, come
s'eglino fossero, e nati e dimorati nel proprio regno d'Inghilterra.
«Che il ligio popolo di quest'antica colonia di Sua Maestà ha avuto il
diritto di essere dalla sua propria assemblea governato sul capo delle
tasse e della interna economia; ed il quale non ha mai dato luogo, onde
andasse a confiscazione soggetto, od in qualsivoglia maniera ceduto,
essendo per l'opposto stato costantemente dai Re e dai popoli della
Gran-Brettagna riconosciuto.
«Che pertanto la generale assemblea di questa colonia in congiunzione
con Sua Maestà o con chi la rappresenta, hanno nella rispettiva capacità
loro, essi soli l'esclusivo diritto e facoltà di por tasse ed
imposizioni sopra gli abitanti della colonia; e che ogni tentativo per
investirne un'altra persona o persone qualsivogliano, fuori della
mentovata generale assemblea, è illegale, ingiusto e contro gli ordini
della costituzione, ed ha una manifesta tendenza a distruggere tanto
l'inglese, quanto l'americana libertà. Che il ligio popolo di Sua
Maestà, gli abitanti di questa colonia non sono obbligati a prestar
obbedienza ad una legge o provvisione qualsivogliano, il cui fine sia
d'imporre sopra i medesimi una tassa qualunque, salve solo quelle leggi
o provvisioni, che da quella generale assemblea state siano risolute.
«Che ogni qualsivoglia persona, la quale o in parole od in iscritto
asserirà o manterrà, che alcuna persona o persone, altre che la generale
assemblea di questa colonia, hanno qualche diritto o facoltà d'imporre o
riscuotere qualche tassa su di questo popolo, sia nemica giudicata di
questa colonia di Sua Maestà».
Queste risoluzioni furono vinte in quel dì con un grandissimo consenso
d'animi. Ma nel giorno susseguente, essendo più frequente la Camera,
perchè molti de' più vecchj e prudenti cittadini v'intervennero, fu di
nuovo riconsiderata la materia, e questi tanto dissero e tanto fecero,
che le due ultime furono messe in disparte. Il signor Farquier,
luogotenente del governatore, avendo informazione avuto delle cose
risolute nell'assemblea, l'accommiatò; abbenchè ciò partorisse poco
frutto; perciocchè quand'ebbero luogo i nuovi squittinj, quei, che
disgraziaron le risoluzioni, furon tutti esclusi, e di nuovo raffermi
coloro, che favorite le avevano.
Intanto le risoluzioni andavano attorno privatamente non quali esse
furono riconsiderate e ritocche, ma intiere; e quali erano state da
principio proposte. Particolarmente i membri della lega, che s'erano
intitolati _Figliuoli della libertà_, se le porgevano l'un l'altro con
grandissima sollecitudine, dimodochè esse furono in poco tempo disperse
per ogni dove, ed erano con eguale, e desiderio, e concitazione d'animi
lette e rilette. Ma nella Nuova-Inghilterra, e soprattutto nella
provincia di Massacciusset, i zelatori delle prerogative americane non
istettero contenti a questo, e le fecero, per maggiormente propagarle in
tutte le classi del popolo, stampar nelle gazzette, il che fu principal
cagione dei tumulti, che di corto vi si manifestarono. La mattina del
mercoledì del giorno quattordici d'agosto per tempissimo, e credesi per
movimento di Giovanni Averino, Tommaso Crafts, Giovanni Smith, Enrico
Velles, Tommaso Chace, Stefano Cleverlino, Enrico Basso e Beniamino
Edesso, uomini tutti avversissimi alle pretensioni inglesi, e di nuove
cose amantissimi, si trovarono appiccate ad un ramo di un antico olmo
piantato presso l'entrata a ostro di Boston, due effigie, delle quali
una rappresentava, siccome si leggeva nella cartella, che vi era stata
affissa, un uffiziale della marca, e l'altra un grosso stivale, che
cacciava fuori della bocca una testa cornuta, che pareva guardasse
all'intorno. Trasse ognuno a vedere non solo dalla città, ma, correndo
la fama della cosa, da tutta la contrada. La gente vi si affollava, e
l'inusitato spettacolo accendeva ed infiammava quegli animi già pur
troppo riscaldati; e quel dì senz'altro bando o decreto andò feriato. La
sera toglievano le due figure dall'albero, e con gran cirimoniale
postele in una bara le portarono a processione. Il popolo calcando
seguitava, e da ogni canto si udivano le grida: _libertà, proprietà per
sempre, niuna marca_. Passando avanti il palazzo di città ivano col
mortorio per le vie Reale, e di Kilby, e giunti ad una casa dell'Oliver,
la quale credevano, fosse destinata ad uso d'uffizio della carta
marchiata, fatto alto, senz'altro aspettare, la demolirono sin dalle
fondamenta. Quindi come in segno di trionfo portando seco loro le legna
della casa disfatta procedevano, crescendo sempre lo schiamazzo e le
grida, alla casa propria dell'Oliver, e là, mozzato il capo alla effigie
di lui, ruppero a furia tutte le invetriate. Salivano in cima al
Monteforte, portando sempre a processione le due figure, ed acceso un
rogo, abbruciarono una di quelle in mezzo alle grida universali. E come
se non avessero fatto abbastanza, ritornarono a casa Oliver con bastoni
e mazzeri, e poser mano a guastare il giardino, le siepaje, ed ogni
parte rustica dell'edifizio. L'Oliver s'era cansato per dar luogo al
furor popolare, lasciando solo alcuni amici, acciò facessero il meglio
che sapevano, per evitare maggior male. Ma avendo questi qualche mal
motto detto, venne il popolo in maggior rabbia, di forza entrò nel pian
terreno, ruppevi le imposte, e guastò ogni maniera di masserizie. La
mezza notte si disbandarono. Il giorno che seguì, l'Oliver trovandosi in
tal modo in voce di popolo, e dubitando di peggio, informava i
principali della città, avere scritto in Inghilterra per chieder licenza
dall'uffizio di distributore della carta marchiata. La sera di nuovo
s'adunava la plebe, rizzava una piramide, e dava opera a far un altro
falò; ma udita la novella della chiesta licenza, si rimase; e itasene
presso la casa di lui, gridati prima alcuni evviva, se n'andò senza far
altro danno. Si sparse intanto voce, Hutchinson avere scritto in
Inghilterra in favore della marca, e incontanente la turba trasse alle
sue case, e non fu, che se ne partissero, sinochè non fu loro affermato,
aver anzi quel gentiluomo scritto contro la provvisione. Sopra il che
gridaron gli evviva, fecer la baldoria, ed alle case loro se ne
tornarono. Ma ben più gravi furono i disordini il giorno ventisei dello
stesso mese. Alcuni fanciulli acceso avevano il falò in via Reale, e
d'intorno vi si trastullavano. Ma quando venne la guardia del fuoco per
ispegnerlo, una persona sconosciuta gli soffiò nell'orecchio lasciasse
stare. La qual cosa ricusando egli di fare, gli si calò un manritto, e
con altri tratti l'obbligarono ad andarsene. In quel mentre si udirono
fischj all'intorno, e si sentì un gridar: _serra, serra_ da ogni parte;
ed ecco, che poco stante ne venne fuori una lunga tratta di persone
mascherate ed armate con batocchj e mazzeri, le quali andaron ad
investire le case di Paxon, maresciallo della Corte dell'Ammiragliato, e
soprantendente del porto. Il guardiano, essendone partito Paxon,
gl'invitava, gissero con lui alla taverna; si contentarono, e la casa fu
preservata. Riscaldati gli animi dal bere e ribere, ivano ad assalir
quella di Guglielmo Story registratore del Vice-ammiragliato posta
dietro il palazzo di giustizia, facevan impeto nel pian terreno, dove
eran le camere dell'uffizio; rompevan le imposte, portavan via ed
abbruciavano i libri e le filze delle carte pubbliche appartenenti alla
Corte, e poi guastavano le masserizie della casa. Nè qui fe' fine la
plebe alla sua riotta; che anzi cresciuti di numero, e riscaldati
vieppiù dall'acquarzente e dalle cose già fatte, correvano alle case di
Benianimo Hallovello ricevitore delle dogane; ed in un attimo ne
guastarono il mobile. Sbevazzavano di bel nuovo nelle volte; e ciò, che
non potettero ingollare, sperdettero. Frugaron quindi in ogni angolo e
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