La carità del prossimo - 11

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livrea vanno mescendo il biondo liquore dal collo della bottiglia
coperto di carta inargentata, appena vedono vuoto il cristallo d'un
bicchiere; una profusione di argenterie lucicchia sulla tavola, dove
la rarità e la bellezza delle frutta in quella stagione invernale dà
indizio della sontuosità di quell'asciolvere, che ora è giunto al suo
fine.
La grossa persona del signor Bancone siede in capo alla tavola in un
seggiolone a bracciuoli: e, come il Trimalcione del famoso festino di
Petronio, anima i convitati a bere e i domestici a servire, mentre per
impiacevolire viemmeglio coi discorsi il banchetto non trova nulla di
più acconcio che parlare di sè, delle sue fortune, e fare con poca
modestia il suo panegirico. Vezzo di parvenu. Dei personaggi che fanno
corona al superbo anfitrione non ce ne sono che due, i quali hanno
alcuna cosa da fare colla nostra storia: il primo è Gustavo Pannini,
il secondo è un medico di cui abbiamo già udito menzionare il nome, il
dottor Lombrichi; gli altri sono parassiti, più o meno spiritosi, più
o meno adulatori, che pagano colla piacenteria il diritto di venire a
porre al caldo i loro piedi nel folto pelo delle pelli belluine che
stanno innanzi ad ogni convitato sotto la tavola da pranzo del
milionario banchiere. Per costoro ogni motto dell'anfitrione è
un'ingegnosa facezia, ogni sua osservazione è un ragionamento sapiente
e profondo; avvicendano i loro numerosi e grossi bocconi agli scoppi
di risa ed alle esclamazioni ammirative, accompagnando ogni cosa di
cenni del capo entusiasticamente approvatori.
Bancone, colla sicurezza di chi sa di non poter essere contraddetto,
coll'imponenza di un uomo che ha parecchi milioni di suo, parla di
tutto e di tutti, e dice spropositi da cavallo sopra ogni cosa di cui
possa parlare un uomo, come si suol dire, di mondo. Gustavo,
abbacchiato dalla ricchezza, riconoscente al suo principale di quella
preferenza che mostra per lui, crede in buona fede al merito d'un uomo
che ha saputo guadagnare sì splendida fortuna; il dottor Lombrichi,
tutto miele per tutti i ricchi, non ha che parole di complimento per
chi gli reca o può recare quandocchessia alcun vantaggio e presenta ad
ogni beniamino della sorte un bel sorriso cordiale sulla sua faccia
fresca e rosata dai baffi incerati, dal pizzo ben ravviato e dai denti
candidissimi; ma talvolta ascoltando le superbe grullaggini di
Bancone, quando questi non vede, quel suo sorriso prende una tinta
d'ironia che ben mostra com'egli apprezzi i talenti, la dottrina e
l'educazione di quel fastoso rincivilito.
--Bevete, miei cari, diceva dunque Bancone adagiando la schiena sopra
la soffice poltrona e mettendo in aria il suo ventre enorme: bevete,
che diavolo, chè di vino come questo non ne troverete altrove, ve lo
dico io.
Le teste dei convitati si chinarono con una zelante premura come una
sola testa, e delle esclamazioni d'assenso partirono dai ventricoli
saziati, con piena convinzione.
--Questo _Champagne rosè_ è vero Moët... _Möet et Chandon_, leggete la
scritta... Tutto ciò che vi ha di meglio nel genere... Me lo faccio
venir io apposta di Francia... e non mi mandano che proprio il più
fine... _la fleur du panier_. Oppure amate meglio quel vino lì del
Reno?... E abbastanza grazioso, non è vero? Gli è quello che si chiama
_Lab... Lib_... Un nome strano.
--_Liebe-frau-milch_: suggerì il dottore Lombrichi.
--Giusto!... E non è dei migliori vini del Reno che io abbia nelle mie
canove, sapete!... Sfido io che ci sia un altro nel nostro paese che
abbia una provvista di vini così squisiti come ho io.
I convitati protestarono coll'accordo d'un coro d'opera che era
impossibile alcuno potesse stare a paro al signor Bancone in questa
come in ogni altra cosa.
Il signor Bancone sorrise e continuò:
--Solamente in compre di vino indovinate un po' quanto io spendo
all'anno?
Nessuno seppe indovinare.
--Circa diecimila lire, disse l'Anfitrione per non lasciarli in pena
più oltre.
Fu uno scoppio di esclamazioni ammirative e le mani dei più zelanti si
levarono con mossa piena di slancio.
Bancone non l'avrebbe certo finita così presto intorno all'argomento
dei vini, se in quella uno de' suoi domestici non fosse entrato
coll'aria di avere qualche cosa da dirgli.
--Che cosa c'è? lo interrogò il padrone. Parla.
--È un uomo che ci ha detto di darle subito questa carta.
E porgeva verso il banchiere un foglio ripiegato.
Bancone crollò le spalle.
--Che mi venite a disturbare adesso? Sapete che voglio esser lasciato
tranquillo in questi momenti.
--Scusi: ma quell'uomo ha insistito tanto, ha detto che premeva di
molto.
--Uhm! Qualche seccatura... Vediamo.
Prese il foglio, lo spiegò, inforcò sul naso gli occhiali a molla e
scorse lo scritto con aria disdegnosa, che si fece tale sempre più.
--Un miserabile che domanda l'elemosina, diss'egli poi, e che viene a
contarmi una lunga storia di sciagure capitategli, di malattie e che
so io...
Il servo commise l'impertinenza di frammettersi nel discorso.
--Ha un aspetto che fa veramente compassione, diss'egli; pare il
ritratto della fame, e raccomandandosi perchè recassimo a lei quel
foglio non poteva frenar le lagrime.
Le parole furono troncate in bocca all'imprudente domestico dal
fulmine d'un'occhiata furibonda del padrone.
--Che è codesto? gridò egli. Di che vi immischiate voi? Andate a
scacciar fuori di casa mia quel pezzente fannullone, e se un'altra
volta mi verrete a seccare per una simile ragione, sarete voi che
caccerò altresì.
E gettata la carta sul naso del domestico, gli additò con atto
imponente la porta per cui il mal capitato s'affrettò ad uscire.
Bancone soffiò come una foca incollerita.
--Peuff! Noi poveri diavoli di ricchi siamo assediati da un'infinità
di mendicanti faciniente che vorrebbero vivere alle nostre spalle...
come se il nostro santo denaro guadagnatoci bravamente dovesse servire
a mantenere la loro infingardaggine!... Lavorino, se ne guadagnino
anche loro del denaro, che diavolo!...
Il coro unanime dei parassiti mostrò la sua approvazione alla teoria
economica del banchiere.
--La carità, continuava questi col tono di un professore d'economia
politica, è un incoraggiamento al vizio dei poveri... Non dico già con
ciò che non si debba mai far carità... Piace anche a me il far del
bene... Do cento lire all'anno al Ricovero di mendicità.
Scoppio di entusiasmo per una sì generosa larghezza.
--Oh, non è codesta la sola opera buona che faccia vossignoria: disse
il dottor Lombrichi con quel suo sorriso che non si sapeva bene se era
ironico o adulativo. Ne conosciamo ben altre di sue beneficenze; ed io
stesso potrei raccontarvene qualcuna...
--Sentiamo, sentiamo: gridò perfettamente intonato alla piacenteria il
coro de' parassiti.
Bancone si arrovesciò a suo modo sul seggiolone, e illuminando la sua
larga faccia melensa d'un sorriso beato di compiacente abbandono,
disse anch'egli con degnazione di principe in baldoria:
--Suvvia, sentiamo. Parli pure, dottore, e voi altri bevete, che
diavolo!
Lo Sciampagna tornò a spumeggiare nelle coppe, e Lombrichi,
inumiditosi le labbra e la gola, incominciò:
--Un giorno il nostro caro ed illustre ospite fu ad assistere alla
distribuzione dei premi delle allieve della scuola di ballo...
--È una funzione a cui non manco mai: interruppe Bancone stuzzicandosi
i denti con un piumino d'oca appuntato.
--Ella è così amante e protettore dell'arte e degli artisti! disse uno
dei convitati, facendo la dedica dell'adulazione con un inchino.
Lombrichi continuava:
--Colà il suo occhio cadde per caso sopra una povera fanciulla di
quattordici o quindici anni appena, che tutto timida e vergognosa si
serrava alla madre e quasi pareva cercar di nascondersi: ed era perchè
madre e figliuola per la loro povertà vestivano così miseramente che
non osavano affatto lasciarsi scorgere. Nell'animo pietoso del nostro
caro signor Bancone nacque di botto un grande interesse per quella
poveretta....
Il milionario interruppe ancora per dire con tutta la franchezza d'un
vecchio libertino senza pudore:
--Quella birbona di _Fifina_ aveva un'aria così originale, sotto la
sua spettinatura e con quel miserabile scialletto tirato intorno alle
sue spalluccie!... Un altro non le avrebbe badato; ma non si è già
conoscitori per nulla! Io indovinai in essa la stoffa d'un bel tôcco
di grazia di Dio e.... Ma parli lei, dottore, poichè è così bene
informato de' fatti miei.
--Il signor Bancone si accostò alla madre ed alla figliuola ed avviò
con loro il discorso. Quella poveretta, un momento prima oggetto di
compassione e di disprezzo di tutte le sue compagne, cominciò ad esser
tosto per esse cagione d'invidia. Il generoso mecenate, udite le
triste condizioni in cui quelle donne si trovavano, loro non promise
ma subito accordò la sua protezione. Procurò loro un conveniente
alloggio, le rifornì di quanto abbisognavano, pagò alla giovane
maestri della sua arte perchè la potesse meglio progredire; breve, ne
fece una delle prime, delle più nominate, delle più applaudite
ballerine del nostro teatro; ed ora l'avventurata ha cavalli e
carrozza ed abbigliamenti che offuscano le più splendide acconciature
delle donne più eleganti. Se questa non è più che generosa
beneficenza, io non so più che nome darle.
Il solito coro non mancò al dovere di esclamare la sua ammirazione.
--Oh, oh! disse il banchiere, e tutti fecero silenzio; quella
biricchina mi costa abbastanza caro: un occhio della testa. Ancora
questa mattina ho ricevuto per lei da Parigi una collana che ho pagata
cinque mila lire.... Essa ne aveva vista una simile nella vetrina del
gioielliere di corte e le era piaciuta tanto che ad ogni modo mi toccò
prometterle d'andargliela a comperare. Ma vedete fatalità: il
gioielliere l'aveva venduta giusto pochi momenti prima ch'io entrassi.
_Fifina_ all'udir codesto diede in ismanie, come fa lei, e dovetti
giurarle che glie ne avrei fatta venire una affatto compagna da
Parigi, donde veniva quella prima, perchè qui era affatto impossibile
trovarla. Mi è arrivata questa mattina e stassera la farò ben
contenta, quella matta.... Appunto voglio farvelo vedere questo bel
gioiello. Ehi (comandò ad uno dei domestici) andate nella mia camera
da letto, prendete quella busta di marocchino rosso che c'è sul
cassettone e portatemela qui.
Due minuti dopo la busta domandata era rimessa nelle mani del padrone,
il quale l'aprì e fece sfolgorare agli occhi dei convitati l'oro e le
gemme d'un'elegantissima collana.
Tutti acclamarono alla magnificenza di quel gioiello.
Bancone lo prese per l'un dei capi e lo sollevò in aria a farvi
rompere e riflettere i raggi della luce a tutti gli angoli e le
faccette smaglianti; fu tutto uno scintillio.
--Che si che va ad esser contenta quella birbona! disse con un suo
grasso riso il milionario, compiacendosi nel mirare quella cascatella
d'oro ingemmato. Mi par già di vederla batter le mani e saltarmi al
collo e fare una _pirovetta_ per la stanza. E come la farà bella
figura, scollacciata, con questa roba intorno al suo bel collo
sottile!...
Gustavo Pannini guardava con occhio che avreste detto invidioso lo
sfavillare di quel prezioso oggetto, e un sospiro soffocato gli
sfuggiva dalle labbra. L'infelice pensava quanto più bella sarebbe
stata la sua Lisa con un simile ornamento, e si doleva seco stesso di
non essere in grado di far egli alla sua brava, buona e legittima
donna quel regalo che il fastoso principale prodigava al sorriso d'una
traviata ed alla capriola d'una ballerina.
--Ciò vuol dire, saltò fuori allora col suo sorriso malizioso il
dottor Lombrichi, che di queste stupende collane ve ne saranno due
nella nostra città. Sarei curioso di sapere qual sia l'altra donna che
sarà compagna alla _Fifina_ nel possedere un sì bel gioiello.
--È una curiosità che le posso levare io stesso, signor dottore:
rispose Bancone riponendo nella busta la collana. È la moglie di
Sgritti.
Fu uno scoppio di varie esclamazioni.
--Quella bella donna! disse l'uno.
--Quella civetta! soggiunse l'altro.
--È la più ambiziosa delle signore torinesi.
--Suo marito può pagarle tutto il lusso che la vuole, poichè è quasi
altrettanto ricco quanto il nostro caro signor Bancone.
--A proposito: dicono che il di lei primo commesso, signor Bancone,
quel bellimbusto di Padule le faccia una corte in piena regola, senza
tregua e senza pietà.
--Tò! l'ho visto appunto, Padule, a passeggiare col marito parecchie
volte.
--Ieri era nella loro carrozza al corso.
--Al teatro rimase tutta la sera nel palco della signora.
Bancone fece il suo sogghigno che voleva essere malizioso, e disse a
sua volta:
--Ed io vi do una novella ancora più importante a questo riguardo.
Padule abbandona la mia banca per passare nella medesima qualità in
quella di Sgritti.
--Buona sera! esclamò Lombrichi. L'assedio di Padule è finito: eccolo
entrato nella fortezza.
--Il nemico si sarà reso a discrezione.
--E il marito pagherà le spese della guerra.
Bancone rise sgangheratamente di questa stupida facezia.
--Ma no, ma no, diss'egli poi. Quel buon uomo di Sgritti sarà quello
che in ciò guadagnerà di meglio. Certamente voi sapete che con tutta
l'importanza che si dà, egli è un babbeo che non capisce nulla di
nulla. Padule farà camminare i suoi affari con molto maggior
intelligenza...
--Terrà il posto del principale alla Banca e presso la signora: disse
Lombrichi che si piccava di smaltir delle arguzie.
--E a lei, signor Bancone, non rincresce venir privo d'un così buon
commesso?
Il banchiere crollò le spalle disdegnosamente.
--Oh, io non ho bisogno che nessuno pensi, immagini e provveda per me.
Non ho bisogno io che di fedeli ed esatti esecutori dei miei disegni e
della mia volontà, e da questo lato Padule è facilmente surrogabile.
Puntò il dito verso Gustavo Pannini, che gli sedeva quasi di faccia, e
continuò:
--Ecco un giovinetto che, se va avanti di buon animo e seguita ad
andarmi a versi, potrà fra poco tempo andare a sedersi nel gabinetto
che occupa adesso Padule.
Gustavo arrossì dal piacere. Quell'impiego, con tutti i guadagni
diretti e indiretti che procurava, era quasi la ricchezza verso cui
egli anelava cotanto, era se non l'effettuazione medesima dei suoi
sogni di Creso, il mezzo facile e sicuro per avvicinarsi ad essa, per
ottenerla. Dopo alcuni anni ch'egli fosse in così stretta
collaborazione col ricco banchiere, a parteciparne, anco in meno
proporzione, gli enormi utili, avrebb'egli potuto a sua volta regalare
alla sua adorata Lisa di bei gioielli, qual'era la collana che allor
allora Bancone aveva fatto brillare agli occhi meravigliati dei suoi
commensali.
I suoi vicini, naturalmente, si voltarono verso il giovane a fargli
complimenti; i fumi dello Sciampagna, salendogli al cervello come nubi
di colore rosato, assumevano per Gustavo le forme più seduttive delle
più splendide chimere, l'avvenire gli appariva come una terra promessa
di delizie e di ricchezze, a cui stesse per approdare. Infelice, che
non presentiva nemmeno come in quel momento medesimo venisse al pian
di sotto negli uffici della banca un cotale che doveva essere lo
stromento della sua rovina; e questo cotale era il signore elegante
cui dal cassiere abbiamo udito salutato col nome di Borgetti.
Ma frattanto sopra ricco e larghissimo vassoio, d'argento era portato
da uno dei domestici un elegantissimo servizio di chicchere di
porcellana finissima della fabbrica francese di Sèvres, ed un altro
domestico seguiva con una grande caffettiera di brillantissimo
argento, mentre un terzo veniva portando in giro una cassetta in cui
stavano dritti infissi in varie righe i più biondi e profumati sigari
d'Avana. Si accesero le foglie nicoziane arrotondate, si sorseggiò il
caffè caldissimo, s'ingollarono varii bicchierini di _curaçao_, di
_alchermes_, dei più fini fra quanti liquori l'arte abbia inventato a
solleticare il palato dell'uomo, e i discorsi continuarono
animatissimi frammezzo alla maldicenza, agli aneddoti più o meno veri,
alle adulazioni al padrone di casa, alle infinite chiaccole onde si
compone la conversazione della gente che non ha nulla da dirsi.
Ed ecco che Gustavo non aveva ancora finito di assorbire il suo caffè,
quando un domestico venne ad avvisarlo un garzone della banca essere
salito di sopra ad annunziare che vi era qualcuno negli uffici che
domandava di lui.
--Che cos'è? domandò Bancone vedendo il suo servitore parlar piano a
Pannini.
Questi ripetè l'ambasciata che gli era stata fatta.
--Eh! sarà qualche seccatore: disse il banchiere col supremo disdegno
d'un ricco che ha finito appena un suntuosissimo pasto: mandatelo al
diavolo.
Gustavo fece a senno del padrone: ma quando già il domestico s'avviava
per andare a far risposta, quelle persone che attendevano tornassero
più tardi, ravvisatosi ad un tratto il marito di Lisa lo richiamò.
--Ehi! hanno detto chi sia che cerca di me?
--Sono due: rispose il domestico; ma il più impaziente, quegli che
mandò su il garzone è il signor Borgetti agente di cambio.
Pannini piantò lì a mezzo la tazza che stava bevendo, la depose sulla
tavola affrettatamente, gettò colà la servietta che ancora aveva sulle
ginocchia e si levò in piedi sollecito.
--Ci vado, ci vado subito: diss'egli. A Borgetti, soggiunse
rivolgendosi al principale come per ispiegargli la ragione del suo
cambiamento d'avviso, debbo parlare di qualche cosa che mi preme.
--Va benissimo: rispose il banchiere dandogli quasi licenza di
andarsene con un olimpico cenno di capo. Scendete per la scaletta
interna che mette nel mio studiolo, e così farete più presto. Se vi
sbrigate sollecitamente, potrete tornar qui che ci coglierete ancora
od a tavola o nel salotto da fumare: se no, aspettatemi laggiù ch'io
vi discenderò poi ed avrò bisogno dell'opera vostra.
--Sì signore: disse con premura Gustavo, e corse via senza manco finir
di bere il suo caffè.


XV.

Ad un tratto Vanardi e Borgetti, che aspettavano sempre nel salotto
della banca, videro aprirsi con impeto l'uscio del gabinetto del
signor Bancone ed entrare sollecito con aria di assai premuroso
interesse il signor Gustavo Pannini.
Il pittore si alzò, e indovinando che quello era il giovane aspettato,
fece un passo verso di lui nella speranza di dover egli essere il
primo a parlargli, poichè di tanto era stato il primo a venire ed a
noiarsi nell'attenderlo; ma Gustavo, invece, non fece a lui la menoma
attenzione, e quasi non l'avesse manco veduto, si rivolse all'altro
che lo aspettava e gli disse vivamente:
--Ebbene? ebbene? come vanno le cose? che hai tu fatto per me
stamattina?
Borgetti prima di rispondere, per farlo avvertito che non eran soli,
gli additò con un cenno di capo Antonio che tormentava il suo
cappellaccio con aria tra d'imbarazzo e tra di cattivo umore.
Gustavo non potè trattenere un atto di contrarietà e si volse al
pittore con una certa impazienza, che appena era coperta da un poco di
urbanità:
--Lei cerca di me?
--Sì signore, se ella è il signor Pannini.
--Lo sono appunto.
Pannini diede una più attenta guardata alla persona ed agli abiti di
chi gli stava innanzi e non parve che codesta vista gli ispirasse
molta fiducia.
--Che cosa mi vuole? soggiunse asciuttamente, come per far capire che
gli avrebbe fatto piacere sbrigandosi in fretta.
Cotale accoglimento sconcertò un poco il nostro povero pittore.
--Ero venuto per... Credo che le abbiano già parlato di me... Il suo
signor suocero, il mio amico Giovanni... Giovanni Selva, lo conosce
bene anche lei?... Ed ho qui anzi una lettera per vossignoria.
Il contegno di Gustavo si fece più gentile e benigno.
--Ah! lei è il signor Vanardi?
--Sì signore.
Ed Antonio s'affrettò a trar di tasca la lettera di Selva e porgerla a
Pannini; ma in quella Borgetti guardò l'orologio e fece un atto che
indicava la sua premura e la sua impazienza.
--Abbia la gentilezza di aspettare ancora un momento, disse Gustavo ad
Antonio. Questo signore ha da parlarmi di cose premurose che non
ammettono indugio.
E senza attender altro soggiunse parlando all'agente di cambio:
--Vieni di qua Borgetti.
Passò nello studiolo con quest'ultimo: e Vanardi, rassegnandosi alla
pazienza, tornò a sedersi presso il fuoco.
Tra il marito di Lisa e l'agente di cambio aveva luogo il seguente
dialogo:
--Ebbene? aveva ripreso Gustavo; che hai tu fatto?
--Secondo il tuo desiderio ho comperato di nuovo per fine mese.
--Quanto?
--Dieci mila di rendita: che unite alle già comperate fanno cinquanta
mila.
--A quanto?
--Mezzo punto più del corso di ieri.
--La tendenza è all'aumento, non è vero?
--Ah! non voglio ingannarti. La è invece più che mai al ribasso. I
principali giuocatori al rialzo si sono _voltati_ e tentano
compensarci con vendere... ti consiglerei anche a te a far lo stesso,
invece di ostinarti a comprare.
Gustavo stette un momento a riflettere.
--Compensarmi!... Ad ogni modo non potrei mai _coprirmi_ del tutto.
--Ma la perdita sarebbe minore...
--Per esserne sempre allo stesso punto.
--Ma, mio caro, se questo ribasso continua, la differenza sarà tale
che non potrai nemmeno far più il _riporto_... E ancora chi sa se lo
si vorrà fare!
--Ebbene vada il tutto pel tutto: disse Pannini con una risoluzione a
cui l'eccitamento e i fumi dei vini bevuti non erano estranei. O su o
giù una buona volta. Se la mi va bene, sarò ricco... E sento qualche
cosa in me che mi avverte che andrà bene. Sono entrato in una fase di
fortuna. Sono persuaso che tutto mi riesce; vedrai pronunziarsi
l'aumento e la liquidazione farsi a benefizio dei _rialzisti_...
--Così pur sia! E intanto ora quali sono le tue istruzioni? fermarsi
non è vero?
--No: rispose colla medesima eccitazione Gustavo. Non ti ho io detto
di voler proprio tentare un colpo decisivo? Compra ancora, compra
sempre.
--Diavolo! diavolo!
--Esiti?
--Se la ti va male, come farai per pagare?
--Bancone mi ci aiuterà.
Borgetti fece una smorfia molto incredula.
--Lo speri?
--Ne sono sicuro. Mi vuol molto bene; sta per darmi il posto di
Padule; a lui lo anticiparmi una cinquantina di mila lire gli è come
niente; va là ch'egli non mi lascierà negli imbrogli.
--Tanto meglio. Dunque comprerò ancora?
--Sì, almeno altre diecimila di rendita.
--Va bene. Addio! Corro alla piccola borsa. A rivederci domattina.
L'agente di cambio uscì frettoloso, e Gustavo, rimasto solo nello
studiolo, si affondò nelle sue meditazioni, o per meglio dire nelle
sue allucinazioni delle chimere che perseguiva colla mente eccitata,
sognando già d'essere ricco e di sedere frammezzo ai potenti del
giorno alla mensa dei diletti sociali.
Il rialzo di tanto gli avrebbe dato tanto di guadagno; quanto maggiore
sarebbe stato quello, tanto più considerevole questo. Esso avrebbe
potuto spingersi fino alle sessanta, alle settanta mila lire. Ciò non
avrebbe ancora bastato: ma con questo capitale ch'egli avrebbe messo
nella banca e col posto di Padule che gli avrebbe dato occasione di
farlo meravigliosamente fruttare e gli avrebbe procurati mille altri
vistosi proventi, egli poteva dirsi giunto alla conquista della
ricchezza. Quanti castelli in aria non faceva di botto il suo povero
cervellino eccitato!... E intanto dimenticava compiutamente che nel
salotto vicino stava aspettando da due ore per parlargli l'individuo
raccomandatogli dal suocero e dalla moglie.
Antonio da parte sua, visto Borgetti uscire dallo studiolo, aveva
creduto che o Pannini venisse tosto a dargli udienza, o lo facesse
entrare a sua volta nel gabinetto; ma nulla avvenne di codesto; onde,
lasciato passare forse un quarto d'ora, l'impazienza gli diede
coraggio di aprir pian piano l'uscio socchiuso dello studiolo e
gettarvi dentro uno sguardo.
Pannini passeggiava in su e in giù con le braccia incrociate al petto,
il capo chino, sorridendo alle liete fantasie che gli danzavano nella
mente. A quel lieve rumore che fece l'uscio aprendosi, pur tuttavia si
volse, richiamato a sè stesso, vide Vanardi e di subito gli increbbe
d'averlo così dimenticato.
--Ah, mi scusi, diss'egli andandogli incontro. Ho qualche cosa per la
testa che mi occupa di molto, e raccoglievo, come si suol dire, i
pensieri a capitolo... S'avanzi, la prego, ed eccomi tutto per lei.
La gentilezza, la buona grazia e le maniere garbate di quel giovane
veramente simpatico, fecero il loro solito eccellente effetto anche
sull'animo del pittore; il quale senz'altro ebbe scancellato e
dimenticato tutto quel po' d'irritazione che aveva il momento prima
per sì lungo attendere.
--Ho letto la lettera del suo amico, ed oso dire anche mio, l'avvocato
Selva. Mio suocero d'altronde mi ha già parlato di lei, e me ne ha
parlato eziandio mia moglie.
Sorrise colla più franca e piacevole maniera del mondo.
--E questa, soggiunse, è per me la più valida ed autorevole
raccomandazione ch'esser possa. Ciò vuol dire che io mi prendo a cuore
la sua domanda, signor Vanardi, e farò di contentare i suoi desiderii.
--Oh signore, la mia riconoscenza...
Era destino che il povero Antonio avesse ogni fatta contrasti in quel
suo passo di venire a parlare a Pannini. Ora che il colloquio era
avviato così bene, ecco aprirsi l'uscio del gabinetto ed una voce ben
nota pur troppo al nostro pittore domandare:
--Si può?
Vanardi si volse in sussulto, e si trovò a fronte il suo padron di
casa, il signor Marone.
Con pari stupore quest'ultimo si vide innanzi il suo pigionante; ma
l'uno e l'altro si limitarono ad esprimere la loro meraviglia con un
atto onde accompagnarono il lieve saluto che fu tra loro scambiato.
--C'è il signor Bancone? domandò il nuovo venuto.
--Pel momento no: rispose Pannini; e se posso io servirla in alcuna
cosa.
--Desidererei parlare proprio col signor Bancone.
--Allora s'accomodi costì nel salotto, che il signor Bancone non
tarderà a discendere in ufficio.
--Grazie tante.
Marone si ritrasse nel vicino salotto, e Gustavo riprese il colloquio
con Antonio.
--Vorrei poterle dir subito: la cosa è bella e fatta; ma pur troppo
non è così. Pel momento non c'è posto nessuno nella banca; e proporre
al signor Bancone di prendere un impiegato di più di quanto
strettamente abbisogna è fare una cosa affatto inutile; ma tra qualche
tempo è probabile, è sicuro anzi che si farà un posto: il primo
commesso ci lascia, ed io ho più che buona speranza di sostituirlo, un
altro passerà a mio luogo, e così via via: si farà un posticino da
poter introdurre un nuovo... Io la terrò in memoria e farò di tutto
perchè questo nuovo sia lei.
In quella fece il suo ingresso la persona imponente del signor
Bancone, disceso dai suoi appartamenti.
Vanardi si ricantucciò in un angolo tutto umile innanzi a quel milione
incarnato.
--Pantani, disse il banchiere, è venuto qualcheduno a cercarmi?
--C'è di là il signor Marone che desidera parlarle.
--Lo faccia entrare.
Vanardi fece un profondo inchino al banchiere che non gli badò, e
seguì Pannini, il quale passò nel salotto.
--Il signor Bancone c'è: disse Gustavo a Marone. Entri pure.
Marone s'affretto a penetrare nello studiolo.
--E quando potrò sapere alcuna cosa di ciò che mi riguarda? chiese
Antonio.
--Non potrei precisarle il momento: rispose Pannini; ma spero che fra
una settimana o poco più... Torni fra quindici giorni, ecco, e son
certo di poterle dire qualche cosa di positivo; che se mai avrò prima
di quel tempo alcun che da comunicarle, glielo farò sapere per mezzo
di Selva.
Antonio sentì come se un secchio d'acqua gli fosse versato giù della
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