La carità del prossimo - 15

Total number of words is 4576
Total number of unique words is 1676
36.3 of words are in the 2000 most common words
50.8 of words are in the 5000 most common words
58.4 of words are in the 8000 most common words
Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
sua moglie, e le mandassi presso a custodirla la mia Teresa, perchè
quella poverina avendo perso il ben dell'intelletto....
Antonio e Giovanni mandarono un'esclamazione.
--Sicuro! riprese Matteo. E dapprincipio conveniva sempre esserle a'
panni, perchè la voleva scappare ad ogni modo e da ogni finestra
voleva buttarsi. La mia buona moglie le ha fatto un'assistenza!...
Perchè il signor Nicolazzo non vuole servitù per la casa, e, tolta una
meschinella fante che non esce fuori della sua cucina, siamo noi che
facciamo tutto. E la prima cosa che il signor Nicolazzo disse a mia
moglie mettendola presso alla sua, si fu questa:... «Badate bene,
disse, che di quanto possiate udire da quest'infelice, voi non avete
da tener memoria nè ripeter verbo con persona al mondo, chè
altrimenti, disse, mal per voi!...» Teresa promise e tenne così bene
la parola che nemmanco meco non si lasciò sfuggire mai pure una
sillaba. Del resto, poverina!... la sua pazzia è la più innocua che
esser possa, e la non sarebbe capace di far male nè anche ad un
moscherino. Certi giorni non fa che piangere, piangere; certi altri,
ma sono i meno, ride e canterella come un bambino ancora
nell'innocenza. Delle intiere notti sta in piedi, e va e viene per la
sua stanzuccia che pare una fantasima; e il marito allora veglia ancor
esso, ma nella camera vicina, che la non lo soffrirebbe nella sua per
nissun patto, e parecchie volte ch'egli le si accosta essa da in
convulsioni tremendissime che sono una pietà e uno spavento a vederla.
A poco a poco però la si è avvezzata a que' luoghi, non ha più cercato
di scappare, ed ora anzi la ci si piace.... Ma, forse io faccio male a
raccontar loro tutte queste cose.
--No, brav'uomo: disse Giovanni, voi fate invece un'opera buona,
perchè ci aiuterete a levar dalle mani d'un mostro una povera
innocente ch'egli tormenta.
--In vero che la mi par così anche a me, se ho da dire proprio ciò che
penso; quel signor Nicolazzo io non lo posso soffrire... E poi lei
signore (ed accennò a Vanardi) è stato così buono per me, che io mi
sono sentito di botto una gran confidenza a suo riguardo.... Ma
intanto il tempo se ne va, e non vorrei perdere il vapore. Mia moglie
mi aspetta e manderà il garzone colla carrettella alla stazione della
ferrata, e se poi la non mi vedesse arrivare, la buona vecchia non se
ne darebbe pace.
Tolse commiato, che fu da tutte due le parti affettuoso come fra gente
che si conosce da un pezzo, e discese le scale più affrettate che ei
poteva. Ma giunto Matteo al pianerottolo degli ammezzati, ecco un
altro intoppo ad arrestarlo.
L'uscio dell'alloggio d'Agapito s'aprì di botto e comparve Anna colla
sua pezzuola da villanella in testa ed un fardelletto sotto il
braccio.
--Eccomi qui, diss'ella vivamente. Lo zio per fortuna non è in casa,
andiamo, andiamo presto, che mi par mill'anni di esser lontana di qui.
--Ma dove abbiamo da andare? chiese Matteo.
--Ve lo dirò quando saremo per istrada.
E, senz'aspettar altro, Anna si chiuse l'uscio dietro di sè, e preso
il contadino per un braccio, lo trasse seco giù della scala.
Camminarono un poco per la strada senza parlare. La giovane andava di
buon passo e con sembianza irrequieta, come se temesse di essere
seguitata e raggiunta. Matteo l'arrestò.
--Mia cara, le disse, io vorrei sapere dove andiamo: non ho tempo
affatto da indugiarmi se non voglio perdere il vapore.
--Noi ci andiamo appunto al vapore, rispose la ragazza guardandosi
attorno timorosa; venite, venite... Io partirò con voi, e voi mi
farete la carità d'accompagnarmi.
Matteo allargò tanto d'occhi.
--Partire!... E lo zio lo sa?
--No. Egli non mi lascerebbe andare, ed io ne ho bisogno. Non posso
più durarla così, non posso più viver qui.
--Volete dunque abbandonare la casa dello zio?
--Sì.
--Ma, mia cara: cominciò il vecchio con accento di rampogna.
--Ah! non mi farete cambiar pensiero, Matteo: interruppe Anna. Da
lungo tempo meditavo di far così.
--Lo zio vi tratta dunque ben male?
--No, no: rispose la giovane impacciata. Ma io sono avvezza alla vita
del paese, ho bisogno di quell'aria, qui in città soffoco.
--Eh! c'è un altro guaio, disse Matteo: gli è che io non istò più al
paese.
Anna impallidì, giunse le mani, e con tanta passione che il vecchio ne
fu tocco, esclamò:
--Oh mio Dio!
--Io sto a Valnota....
La faccia della giovane tornò ad illuminarsi d'un raggio di speranza.
--Oh non importa. È sempre dalle nostre parti; non è lontano dal paese
che dieci miglia. Ci andrò bene di colà al villaggio da me sola.
--Ma che cosa volete farvi al villaggio?
--Lavorerò, mi metterò da serva presso qualcheduno, andrò da manovale
in giornata, farò di tutto, purchè me ne viva colà.
--Voi siete dunque ben infelice qui? disse il vecchio commosso.
--Oh tanto! oh tanto! esclamò la poveretta; poscia, prendendo una mano
del contadino e serrandola: per amor di Dio non mi abbandonate!...
Matteo fu vinto.
--Ebbene, venite, disse bruscamente; siete una buona e brava giovane,
me lo ricordo, che il lavoro non ispaventa. In un modo o nell'altro si
troverà bene dove allogarvi e forse, forse... Basta, non sarà mai
Matteo che lascierà mancare d'aiuto una sua compaesana.


XX.

Matteo ed Anna arrivarono sull'imbrunire al paese a cui dovevano
discendere dal treno della ferrovia, affine di recarsi poi per una
strada comunale alla villetta in territorio di Valnota.
La giovine incominciava a riconoscere i luoghi della regione a cui
apparteneva il suo paesello e il cuore le palpitava dolcemente. Ella
poteva già scorgere le sue montagne, le sue valli, le dilette pendici;
e quei luoghi le richiamavano vivo vivo il passato alla mente, e la
ritornavano, come dire, nella tranquillità e nelle gioie d'una
esistenza ch'ella aveva affatto perduta da quel momento, in cui ella
aveva dato l'addio al suo villaggio. Gli occhi le si inumidivano di
lagrime, ed ella, stringendo il braccio del vecchio contadino che le
stava accosto, designava col dito ogni picco, ogni punta di collina
che le apparisse, dicendone il nome con vero affetto.
Commozione siffatta si comunicava al buon Matteo che amava pur esso di
pari amore quella contrada, e quasi pareva anche a lui di rivederla
con nuovo e maggior diletto, e un medesimo sentire attemperando quelle
due anime faceva nascere tra di loro una più spiccata simpatia. E poi,
al povero vecchio, cui tanto dolore aveva dato un figliuolo, la
confidente amorevolezza e la quasi figliale osservanza con cui quella
giovane lo trattava riusciva come un sollievo, leggero sì, ma pure non
inefficace. Ed alla giovane, avvezza ai mali trattamenti d'Agapito,
priva da tanto tempo di ogni mostra non che d'affezione, ma del menomo
interesse, il piglio buono, famigliare e schietto del vecchio era una
squisita e cara amorevolezza.
Uscirono dalla stazione il vecchio prima e la ragazza dietrogli.
Gaspare era fuori sulla spianata, ritto sulla carrettella, che faceva
chioccare la frusta a tutt'andare di braccio per annunciare la sua
presenza, e il cavallo bigio dell'ortolano, fra le stanghe del
veicolo, teneva giù la testa verso terra, senza commuoversi punto a
quello schioppettio.
In breve furono saliti nella carrettella, il vecchio e la giovine
ch'egli conduceva seco, a veder la quale Gaspare il garzone si era
stupito non poco, non sapendo chi ella potesse essere e per qual modo
avere col suo padrone attinenza.
Non ci volle molto tempo, benchè il cavallo non fosse de' più veloci
corridori, per giungere alla loro destinazione. Il bianchiccio del
palazzotto cominciava ad apparire nello scuro della notte, che era
discesa intieramente. Non un lume ci si vedeva, non una riga di luce
che filtrasse pel fesso d'una imposta di finestra. Gaspare fece
voltare il cavallo in una straduccia più angusta, peggio mantenuta,
sfondata e guasta, la quale menava alla porta per cui s'entrava
nell'abitazione rustica, e per cui passavano sempre i contadini.
Quella porta era chiusa, ma Teresa, avendo udito il rotolare della
carrettella sul suolo ineguale e ronchioso della stradicciuola, si
veniva affrettando ad aprirne i battenti. Gaspare fermò la _grigia_ e
saltò giù ad aiutare la padrona a spalancare le pesanti imposte del
portone.
--Buona sera, Teresa: disse l'ortolano dal suo posto.
--Buona sera, Matteo: rispose la donna. Hai fatto buon viaggio? La ti
va bene?
--Sì, grazie.... Eccoci qui sani per grazia di Dio.
Ma nella pronunzia di queste parole l'affetto della donna sentì
l'accento d'una profonda mestizia dell'animo, onde alzò ella il lumino
che teneva in mano per vedere in faccia il suo uomo, disposta, come
pareva, ad altre interrogazioni in proposito; ma i raggi della lucerna
caddero sulla giovane rincantucciata nel carrozzino.
--Oh, oh! disse Teresa, tu ci meni qualcheduno.
--La è un'antica nostra conoscenza, rispose Matteo; sai bene, la
piccola Anna del nostro vicino Gianantonio.
Teresa alzò di meglio il lume e fece sbatterne la luce nuovamente
sulla faccia della giovane.
--Che! diss'ella, proprio dessa?
Anna sportasi in fuori, accennava di sì, sorridendo mestamente.
--E come qui da noi? domandava la donna di cui s'era desta vivissima
la curiosità. Dove l'hai rintoppata Matteo? Eravate, se non la
sbaglio, allogata a Torino presso un vostro zio. Ve ne siete
dipartita? E dove siete diretta? forse al paese?
Mentre la Teresa faceva queste interrogazioni, Matteo era disceso
dalla carrettella ed aveva aiutato la giovane a venir giù essa pure.
--Per ora la è qui con noi: disse il vecchio ortolano, interrompendo
alquanto bruscamente le ciarle della moglie: dove l'abbia da andare e
quel che da fare ne discorreremo poi a miglior agio; frattanto
entriamo in casa, chè qui tira un maledetto venticello che ti figge i
fianchi.
Mentre Gaspare staccava la _grigia_, e la menava in istalla, e le
metteva innanzi l'abbondante profenda, Matteo, Teresa e la loro ospite
s'intromisero nella cucina a pian terreno, rallegrata dalla vampa d'un
bel fuoco fiammante nell'ampio camino, dove cuoceva in un capace
paiuolo la cena.
Fecero sedere la ragazza presso al focolare e Matteo le si pose in
faccia sul basso sgabello che gli serviva di solito. Teresa, per
riscaldar di meglio gli arrivati, riempì due scodelle di quel brodo
che bolliva nel paiuolo a cuocere la minestra, ne diede una prima ad
Anna, e l'altra poi al marito, dicendo:
--Bevete, che ciò vi vorrà far bene. E intanto la cena sarà presto
all'ordine. Avrai fame tu Matteo, non è vero?
Il vecchio scosse la testa e mandò un sospiro: allora la moglie notò
sul volto di lui le traccie d'un dolore profondo.
--O mio Dio! che cosa ci hai? dimandò essa con affannosa
sollecitudine. T'è capitato qualche cosa?
Matteo si sforzò ad abbozzare un calmo sorriso.
--Nulla, nulla: diss'egli.
Ma la donna guardandolo fiso:
--Sì che c'è qualche cosa... Ah! che indovino.... Tu hai saputo di
quell'altro... tu lo hai visto....
Il marito mostrò colla sua emozione come bene la Teresa si fosse
apposta, ma l'interruppe bruscamente.
--Per adesso lasciamo stare codesto; ne parleremo poi.
In quella entrò Gaspare.
--Sentite Matteo, diss'egli, c'è qui fuori il pigionante che v'aspetta
e vuol parlarvi.
--Ah! disse l'ortolano levandosi in fretta: ei viene a cercar la
risposta al suo biglietto; ed io bestia non mi ricordavo manco più di
lui.
Uscì sollecito; il pigionante andò vivamente incontro all'ortolano,
appena lo vide comparire.
--Ebbene? diss'egli: la lettera di Marone?
--Non ne ho di sorta: rispose Matteo.
Nicolazzo, o per meglio dire Orsacchio, perchè oramai per noi egli si
cela invano sotto quel finto nome, alzò impetuosamente la testa, come
cavallo che adombra e mandò un lampo dagli occhi.
--Come mai?
--Se vuol favorire un momento in mia casa... Qui fa un certo
freddolino...
--No, interruppe il burbero, dite su, e siate spiccio.
Matteo contò più breve che seppe ciò che era accaduto a Marone;
Orsacchio mozzicò una bestemmia fra i denti.
--Converrà dunque che ci vada io stesso, diss'egli parlando a sè
medesimo; poi volto a Matteo e facendogli un piccolo cenno del capo
come a congedarlo, soggiunse: va bene.
L'ortolano fece un rispettoso saluto e stava per rientrare; il
pigionante lo ritenne con una esclamazione:
--Ah! diss'egli: mia moglie sta peggio. Se lungo la notte avessi
bisogno d'alcuno di voi, come dovrei fare?
--Mandi senz'altro la fante a picchiare al nostro uscio; qualcheduno
di noi sentirà di sicuro, e ci affretteremo a' suoi cenni.
Ritornando nella cucina, Matteo disse di botto alla moglie:
--Madama Nicolazzo sta male, e il marito teme d'averci da chiamare sta
notte.
Teresa giunse le mani e scosse la testa.
--Poverina! esclamò: son due giorni che soffre più dell'usato. La è
proprio una compassione il vederla.
La cena era pronta. Anna fu posta a sedere tra Matteo e sua moglie, al
fondo della tavola sedette il garzone: la ragazza aveva bisogno
grandissimo di sostentamento, e la buona Teresa la sollecitò con ogni
amorevolezza a saziarsi. Matteo potè appena trangugiare qualche
boccone: e la moglie inquieta, che non ispiccava il suo sguardo dalla
faccia pallida del marito, non fece neppur essa molto onore alla
gustosissima minestra che spandeva un consolante odore per tutta la
cucina, ed a cui, per parte sua, Gaspare mostrò col fatto una stima
tutto particolare.
Teresa si levò la prima di tavola; la mestizia del suo uomo, di cui
ella pur troppo indovinava la cagione, si era riflessa nel volto e
nell'animo di lei. Ella accese un altro lume, e sulle mosse per uscir
dalla stanza, disse ad Anna:
--Vado a prepararvi un letto... Ah! non sarà, nè esso nè la camera, da
signori, sapete... Siamo povera gente noi...
Anna l'interruppe pigliandole amorevolmente la mano.
--Ah, Teresa, credete voi ch'io sia stata nella bambagia fin adesso?
Sapete anche voi se sin da piccina ho dovuto sì o no far conoscenza
colla povertà: e dacchè le buone anime dei miei si partirono di questo
mondo, se sapeste come ho vissuto!... Mi metteste anche sullo strame,
sotto la tettoia, ci starei meglio... Non è di ciò che mi vorrei
lamentare. Sono avvezza da tempo a cosiffatte cose. Per me, nessuna
sorta d'agi richiedo, ma solo un po' di pace e d'affetto...
E le lagrime le brillavano in pelle in pelle.
--Pover'anima! disse Teresa commossa; ne avete ingollate di amare.
Anna sentì che aveva quasi il dovere di spiegare alla buona massaia
com'ella fosse venuta colà e in tal modo, e che quello era per ciò il
momento opportuno.
--Oh non dirò ciò che ho sofferto: rispose. Voglio dimenticarlo, e
l'ho già perdonato. Forse il torto era mio più che d'altrui. Ma non
potendo più reggere mi sono risoluta, qualunque cosa dovesse avvenire,
di tornare a vivere nel mio paese. Colà almeno qualcheduno mi conosce,
qualcheduno forse mi vorrà un po' di bene. E me ne siete prova ed
augurio voi che mi avete accolta così generosamente.
--Eh! lasciate un po' stare, disse la donna: vedete mo' se gli è il
caso di simili discorsi.
Anna riprese narrando come la vista di Matteo in casa lo zio avesse di
botto reso più violento il suo desiderio di tornarne al villaggio,
come quella le fosse parsa un manifesto eccitamento ed un aiuto al suo
disegno mandatile dalla Provvidenza, e quindi ella si fosse
determinata a non lasciare sfuggire l'occasione.
--Non ho pur tentato, soggiuns'ella poscia, di continuare il mio
cammino per il villaggio, chè l'ora era troppo tarda e sapevo non me
l'avreste permesso; ma domani io torrò congedo da voi, dolente di non
potervi lasciare altro attestato della mia gratitudine che i miei
ringraziamenti.
--Zitto lì, saltò su di nuovo la Teresa; voi parlate come se foste in
città fra quella bella gente dalle frasi colle stampite. Eh! con noi è
un altro par di maniche; noi abbiamo il cuore alla mano, e quel che
facciamo non è per esserne ringraziati.
--Domani, disse a sua volta Matteo, lasciamolo stare il domani. Badate
a riposarvi adesso, e non ponetevi in pensiero del resto. Quando ci
saremo, a domani, ne discorreremo dell'altro.
La donna s'avviò: Anna rattamente le fu accosto e le tolse il lume di
mano.
--Vengo con voi, Teresa, diss'ella, se me lo concedete, vi ci aiuterò
per quanto valgo.
Scambiati gli auguri per la notte con Matteo, la ragazza uscì colla
Teresa.
Matteo si ridusse ancor egli nella stanza coniugale. Quando Teresa
entrò poscia colà, lo trovò abbandonatamente seduto sulla cassapanca
appiè del letto, la testa fra le mani e le lagrime agli occhi. Era
egli immerso in riflessioni che parevano altrettanto tristi quanto
erano profonde: teneva le braccia appoggiate alle sue ginocchia, il
corpo accasciato sulle reni, il capo chino e gli occhi, con quello
sguardo atono che nulla vede, fissi innanzi a sè.
Teresa gli si accostò pian piano, e lo toccò leggermente sur una
spalla; il vecchio si riscosse in sussulto e levò verso la moglie la
sua faccia melanconica e gli occhi inumiditi.
--Matteo, disse la donna, io ho indovinato... Tu colà a Torino hai
avuto novelle di Tommaso.
A questo nome l'ortolano sorse in piedi con impeto.
--Taci lì: gridò con accento che pareva sdegnato. Te l'ho pur detto, e
più d'una volta, che di colui non volevo più che mi si parlasse, che
non volevo più mai udire quel nome.
Teresa rimase un poco in silenzio quasi mortificata; poscia riprese a
parlare con tutta amorevolezza:
--Tu hai lì dentro una gran pena, lo vedo, e tacere non ti giova, ma
ti fa anzi maggior male ancora. Sono certa che tutto ciò proviene
da.... da colui che non vuoi che io nomini; e se non è così non
dovresti aver nessuna ripugnanza a dirmi la ragione di quella tua
melanconia che vorresti, ma non puoi nascondermi.
Matteo non era uomo da resistere inconcusso alle amorevoli
sollecitazioni della moglie; finì per narrarle tutto quanto gli era
occorso coll'ingrato figliuolo, e di belle lagrime ne versarono
insieme quegli infelici genitori.
Anna, da canto suo, benediceva e ringraziava intanto il Signore,
perchè il suo disegno fosse così felicemente riuscito, e quella sera
le si accordasse sì benevola e gradita ospitalità.
La stanza in cui l'avevan posta era modestissima, imbiancata a calce,
non d'altro fornita che d'un letto, di poche seggiole e d'un cassone,
ma pulitissima. A capoletto c'era il solito aquasantino, il ramoscello
d'ulivo benedetto e un quadro a cornice grossolana di legno non
inverniciato, in cui ci era la stampa orrendamente colorita di rosso,
di celeste e di giallo della Madonna dai sette dolori. La finestra
guardava nel cortile, precisamente in prospetto all'angolo del
palazzotto dalla parte del giardino. La nostra giovane guardando
traverso i vetri vide che una camera sola del palazzotto era
illuminata, quella appunto che si trovava l'ultima verso il giardino
e, posta in sulla cantonata, aveva un'apertura a ciascuno dei lati, un
verone sopra il giardino, una finestra verso il cortile.
Dietro i cristalli di quella finestra, Anna vide un'ombra, che conobbe
tosto per quella d'una donna, andare e venire irrequietamante, e le
parve smaniasse e si muovesse come persona assalita da turbamento
fortissimo. Talvolta la si fermava innanzi alla finestra e levava le
braccia agitandole, poi si cacciava le mani sul capo, come per
istracciarsi e sciuparsi i capelli, e ad un tratto le braccia le
ricadevano come svigorite subitamente. E sembrava ad Anna che questi
atti di maggior dissennatezza fossero accompagnati da certe voci, da
certi lai, che non ostante la distanza e l'esser chiuse le due
finestre, giungessero pur tuttavia fiochi e rotti sino a lei.
Anna aprì i vetri. S'era messo un tempo fosco, basso e d'un freddo
umidiccio che penetrava nelle ossa e gelava il sangue. Un nevischio
minuto minuto turbinava sotto le folate d'un vento del nord che
fischiava fra i rami secchi degli alberi e alle cantonate delle case.
La nostra giovane non udì voce umana, e facilmente si persuase che il
sibilo del vento l'aveva tratta in inganno.
La donna della camera in prospetto parve pure tranquillarsi in quella;
essa s'era ritratta e non compariva più che a maggiori intervalli
lenta e quieta come persona che passeggi sovrapensieri. Anna si tolse
alla finestra mezzo abbrividita, richiuse le imposte, e quando si
trovò poi ben coperta e ben riparata nel suo letto benedì anche una
volta il Signore che le avesse concessa una tanta fortuna.


XXI.

Quanto tempo avesse dormito, Anna non lo avrebbe saputo dire; quando
fu svegliata nel cuor della notte da un forte e pressante picchiare
all'uscio da basso.
Saltò su sollecita, mentre udiva la voce del servitore Gaspare che
gridava:
--Chi va là?
--Son io, sono la Menica: rispose una voce di donna.
--Vengo subito.
--Oh, non occorre. Io scappo tosto, chè qui c'è da agghiadare... È la
padrona che sta male, e non vuol più veder nessuno intorno a sè, e la
Teresa è la sola cui forse la soffrirà d'avere allato. E il padrone mi
manda a pregarla volesse un poco venire....
La Teresa medesima, che aveva udito il dialogo, qui entrò in mezzo.
--Ci andrò tosto che potrò: diss'ella aprendo una finestra; ma gli è
che anche il mi' uomo non istà bene, e mi levavo appunto per scendere
in cucina e fargli una scodellata di caffè.
--Fate più presto che potete: disse dal cortile la voce della serva
d'Orsacchio, che ne abbiamo gran bisogno di voi, e il padrone mi ha
proprio detto di pregarvene con tutta istanza.
La fante si partì, Teresa richiuse la finestra. Nel silenzio che
succedette, alle orecchie di Anna che si vestiva in fretta, senza pur
sapere che le toccasse di fare, giunsero alcune grida strazianti tra
d'orrore e di spavento. Non era, no, una illusione; quelle grida
venivano proprio da quella camera del palazzotto, la quale, già prima
d'andare a letto, aveva attirata l'attenzione della ragazza.
Costei frattanto, dovendo vestirsi allo scuro, perchè non aveva
fiammiferi da accendere il lume, aggirandosi a tentoni per la stanza a
trovar l'uscita e poi ad imboccar la scala, non potè scendere in
cucina prima che Teresa avesse già acceso il fuoco, e postovi sopra,
appiccato alta catena, un ramino, che in mancanza di cuccuma, le
serviva per fare il caffè.
--Voi qui, figliuola mia! disse Teresa meravigliata di vederla. Che
cosa siete venuta a fare?
--Ho udito che son venuti a chiamarvi per la signora del palazzo; udii
pure che compar Matteo non istà bene, e son qui per vedere se posso
essere utile in alcun modo.
--Vi ringrazio... Ma coll'aiuto qui di Gaspare...
--Oh, non mi rinviate, vi prego... In tre potremo far meglio che in
due.
--Ebbene, come volete: ecco qui l'acqua che sta per bollire; fateci il
caffè: la scatola del macinato è qui sulla tavola. Lo porterete caldo
caldo al mi' uomo... Ed io frattanto correrò a vedere la signora.
--Spero che il malessere di Matteo non sia nulla: disse Anna mentre la
Teresa già s'avviava per uscire.
--Ah! pur troppo il pover'uomo ha molto male: disse la donna
fermandosi. Egli ieri ha avuto un gran colpo... Soffre, poveretto!....
Siamo ben disgraziati, cara la mia fanciulla.
--Voi? esclamò Anna. Voi così buoni e pietosi verso gli altri!
--Dio ci ha dato una gran croce... Pazienza!... Non restiamo più che
noi due vecchi soli a volerci bene... Povero Matteo!... Ah! non fo
bene a lasciarlo adesso per quell'altra, che in fin dei conti non mi è
nulla di nulla.
Anna fu pronta a suggerire ciò che di certo passava per la mente della
donna e che non osava manifestare.
--Se provassi a recarmi io in vostra vece presso quella signora?
diss'ella. Di buona pazienza e di buona volontà per accudire ai malati
oso assicurare che non ne manco.
--Ecchè! esclamò Teresa: voi ci andreste?
--Certo che sì. Solo che Gaspare mi venisse a guidarci.
--Siate benedetta, la mia brava figliuola! Possiamo tentare. Se poi la
povera inferma non vi vuole nemmanco voi, allora vedremo... E può
anche darsi che frattanto Matteo migliori, ed io possa andarci senza
più scrupolo. Tu, Gaspare, va ed accompagna questa buona ragazza, e
menala innanzi al signor Nicolazzo, e contagli il fatto, e digli che
non ha da riguardarsi per niente a metterla intorno a sua moglie, che
glielo affermo io e che gli è come se ci fossi io stessa. Voi, poi,
mia cara figliuola, ci rendete un servizio proprio di quei famosi.
Anna e Gaspare uscirono. Nevicava tranquillamente: il vento aveva
smesso e i fiocchi cadevano larghi, lenti, con una specie di silenzio
solenne. La finestra della camera di Gina era aperta non ostante l'ora
e la stagione, e l'infelice stava là, al davanzale, disfatte e sparse
le chiome, nudo il collo, discinte al seno le vesti, alla fredda
temperatura di quella notte d'inverno. Parlava con una volubilità
straordinaria, ora sommesso, ora forte, ora lentamente, ora con una
rapidità convulsa. La sua voce a volta a volta era un mesto sospiro,
un grido di collera, un lamento, una imprecazione; ora la si sfogava
in pianto tranquillo, ora rompeva in urla disperate. Ma quello che
dicesse non poteva capirsi bene, cotanto erano affollate le parole,
tanto molteplici, varie, intralciate le idee.
I due giovani studiarono il passo per attraversare il cortile, e
furono in un attimo al palazzotto.
La Menica attendeva al pian terreno. Si stupì assai nel vedere una
giovane che non conosceva punto; ma Gaspare avendole spiegato la cosa
in poche parole, essa li lasciò montare ambidue al piano di sopra.
Appena ebbe udito i passi di due persone che si accostavano, il marito
di Gina, che vegliava nella stanza precedente a quella dell'inferma,
corse loro incontro ed aprì l'uscio.
Anna, all'aspetto di quell'uomo, fu per indietrare dalla paura. La
poca luce che mandava dall'interno della stanza la lampada accesa
faceva parere più infossate, più livide, più cadaveriche le guancie di
lui; l'occhio fosco, affondato, irrequieto, brillava d'una fiamma
sanguigna; il contrarsi delle mascelle e delle labbra aveva qualche
cosa di spaventato e di spaventoso, di feroce e di doloroso insieme.
Dalla stanza di Gina venivano più miserevoli, più strazianti i
lamenti.
--Che volete? chi siete? chiese bruscamente quell'uomo, vedendo la
faccia sconosciuta di Anna.
Gaspare entrò innanzi ed espose l'ambasciata. Orsacchio appena lo
lasciò finire.
--Che storia è questa? esclamò egli ruvidamente. Lo sapete ch'io non
voglio gente estranea per casa. La Teresa non vuol venire? E se ne
stia... Andatevene, non ho mestieri di nessuno.
Ma in quella la povera Gina gettò un grido più acuto d'ogni altro: la
si udì sclamare:
--Sangue! sangue alle mani! Ah, quel sangue!
Ed un tonfo che risuonò fece capire ch'ella aveva dato uno stramazzone
per terra.
Accorsero tutti nella stanza vicina senza più parole. La misera donna
si giaceva disanimata, bianca come un sudario, gli occhi chiusi
attorniati da un livido cerchio, uno de' smagriti e deboli bracci
sotto il capo abbandonato: nel suo deliquio doloroso, nell'eccesso del
suo male pur bella tuttavia.
Il marito le fu primo dattorno, e presala alla vita, la sollevò e la
trasse sopra un divano che era lì presso. Anna aveva visto per colà un
fazzoletto ed afferratolo tosto, l'aveva immerso nell'acqua e ne
veniva bagnando la fronte e le tempia della svenuta.
Dopo un poco, Gina aprì gli occhi e girò intorno uno sguardo smemorato
ancora, ma non più dissennato. Vide prima d'ogni altro il marito, e se
ne discostò ratta con immenso orrore. Avvisò accosto a sè dall'altra
parte una donna, e senza nemmeno guardarla in viso, le si gettò fra le
braccia, e nascondendole il volto in seno, esclamò in tono di
commovente supplicazione:
--Salvatemi! salvatemi!
Ma Orsacchio sapeva che la crisi, una di quelle a cui l'infelice
You have read 1 text from Italian literature.
Next - La carità del prossimo - 16
  • Parts
  • La carità del prossimo - 01
    Total number of words is 4529
    Total number of unique words is 1748
    36.5 of words are in the 2000 most common words
    50.7 of words are in the 5000 most common words
    57.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La carità del prossimo - 02
    Total number of words is 4642
    Total number of unique words is 1780
    34.9 of words are in the 2000 most common words
    48.5 of words are in the 5000 most common words
    56.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La carità del prossimo - 03
    Total number of words is 4563
    Total number of unique words is 1652
    38.6 of words are in the 2000 most common words
    53.5 of words are in the 5000 most common words
    60.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La carità del prossimo - 04
    Total number of words is 4542
    Total number of unique words is 1683
    37.4 of words are in the 2000 most common words
    50.9 of words are in the 5000 most common words
    56.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La carità del prossimo - 05
    Total number of words is 4558
    Total number of unique words is 1716
    38.0 of words are in the 2000 most common words
    52.0 of words are in the 5000 most common words
    58.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La carità del prossimo - 06
    Total number of words is 4577
    Total number of unique words is 1676
    38.6 of words are in the 2000 most common words
    55.5 of words are in the 5000 most common words
    62.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La carità del prossimo - 07
    Total number of words is 4511
    Total number of unique words is 1589
    39.4 of words are in the 2000 most common words
    55.9 of words are in the 5000 most common words
    63.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La carità del prossimo - 08
    Total number of words is 4558
    Total number of unique words is 1714
    37.5 of words are in the 2000 most common words
    51.7 of words are in the 5000 most common words
    59.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La carità del prossimo - 09
    Total number of words is 4527
    Total number of unique words is 1695
    37.8 of words are in the 2000 most common words
    51.8 of words are in the 5000 most common words
    59.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La carità del prossimo - 10
    Total number of words is 4473
    Total number of unique words is 1751
    35.7 of words are in the 2000 most common words
    50.3 of words are in the 5000 most common words
    56.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La carità del prossimo - 11
    Total number of words is 4437
    Total number of unique words is 1714
    37.1 of words are in the 2000 most common words
    51.0 of words are in the 5000 most common words
    58.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La carità del prossimo - 12
    Total number of words is 4543
    Total number of unique words is 1720
    37.3 of words are in the 2000 most common words
    51.4 of words are in the 5000 most common words
    58.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La carità del prossimo - 13
    Total number of words is 4452
    Total number of unique words is 1682
    38.6 of words are in the 2000 most common words
    54.2 of words are in the 5000 most common words
    60.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La carità del prossimo - 14
    Total number of words is 4516
    Total number of unique words is 1635
    37.7 of words are in the 2000 most common words
    52.7 of words are in the 5000 most common words
    58.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La carità del prossimo - 15
    Total number of words is 4576
    Total number of unique words is 1676
    36.3 of words are in the 2000 most common words
    50.8 of words are in the 5000 most common words
    58.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La carità del prossimo - 16
    Total number of words is 4481
    Total number of unique words is 1711
    36.3 of words are in the 2000 most common words
    50.1 of words are in the 5000 most common words
    58.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La carità del prossimo - 17
    Total number of words is 4370
    Total number of unique words is 1574
    36.5 of words are in the 2000 most common words
    49.5 of words are in the 5000 most common words
    57.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La carità del prossimo - 18
    Total number of words is 4498
    Total number of unique words is 1657
    36.5 of words are in the 2000 most common words
    51.0 of words are in the 5000 most common words
    58.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La carità del prossimo - 19
    Total number of words is 4376
    Total number of unique words is 1645
    38.3 of words are in the 2000 most common words
    53.2 of words are in the 5000 most common words
    61.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La carità del prossimo - 20
    Total number of words is 4485
    Total number of unique words is 1620
    37.8 of words are in the 2000 most common words
    52.3 of words are in the 5000 most common words
    59.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • La carità del prossimo - 21
    Total number of words is 1601
    Total number of unique words is 748
    46.8 of words are in the 2000 most common words
    59.1 of words are in the 5000 most common words
    64.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.