La carità del prossimo - 17

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generoso per una soverchia ed immeritata sventura. Onde, sollecitato
da questo bisogno che si aggiungeva agli altri della famiglia, Vanardi
umiliò anche una volta la sua dignità innanzi alla necessità e si
risolvette di andare per soccorsi dalla marchesa di Campidoro cotanto
in fama di generosa.
Ah! ben gli sapeva d'amaro questo nuovo sacrifizio, e, per quanto
rammollito e ricurvo dalla sventura, il suo animo aveva fieramente
riluttato un bel pezzo; ma poi aveva fatto come il malato che ha da
tracannare una disgustosissima bevanda, il quale chiude gli occhi e la
caccia giù; e il mattino del lunedì si presentava vergognoso e
raumiliato nell'anticamera della signora marchesa.
Dei supplicanti al par di Antonio ve n'era già un buon numero. Per
essere intromessi al cospetto della vecchia signora occorreva o
venirci con una commendatizia del parroco, oppure del presidente della
congregazione di Santa Filomena, che era il signor Marone, oppure del
filantropo cavalier Salicotto, od anche del dottor Lombrichi, o in
difetto di alcuna di queste tornar accetti al signor Grisostomo.
Antonio non aveva il primo requisito, ed era molto da temersi non
avesse neanche il secondo.
Quand'ebbe detto al domestico che lo interrogava, nome, cognome e
condizione, egli sedette in un canto e rimase ad attendere con tutta
la paziente rassegnazione che nella sua corta carriera di supplicante
aveva pur già dovuto imparare.
Ed aspettò tanto, che la mattinata omai era oltre e l'anticamera a
poco a poco si era vuotata, senza che egli, rimastoci ultimo, fosse
pur mai introdotto.
Antonio voleva appunto rivolgersi di nuovo al domestico, cui vide
accostarsi a quella stanza, quando il servo stesso lo prevenne, e
andandogli incontro, mezzo brusco, gli disse:
--Che cosa fate ancora voi lì?
--Aspetto sempre per parlare alla signora marchesa.
--Adesso è tardi, buon uomo; la non riceve più. Potete andarvene.
Primo pensiero del pittore fu di scappare di trotto; ma la ragione lo
soprattenne.
--Ho tanto, tanto bisogno di parlarle! diss'egli.
Il servo si strinse nelle spalle.
--Eh! dicono tutti così. Chi è che vi manda?
--Come? chi mi manda?
--Sì, voglio dire da cui siete raccomandato.
--Da nessuno.
--Ah! allora avrete parlato col signor Grisostomo.
--Non lo conosco.
--In tal caso, mio caro, non sarete ricevuto mai.
--Diavolo! Come ho da fare? Menatemi dal signor Grisostomo.
--In questo momento è fuori di casa: tornate dopodomani.
--Dopodomani! ripetè il poveretto lasciando cadere la testa e mandando
un sospiro desolato che diceva tutta la sua disperazione.
In questa attraversava l'anticamera quella vispa fanciulla che abbiamo
veduta nel fondaco di messer Agapito incontrarsi appunto col nostro
disgraziato pittore. Ella udì quelle due parole pronunziate con tanta
mestizia e quel sospiro tirato con tanta doglianza, e il suo buon
cuore ne fu commosso. Si fermò a guardare chi le aveva dette.
--Voi volete parlare alla signora marchesa? disse la brava giovane
accostandosi ad Antonio, e ravvisandolo di subito.
--Sì, madamigella.
--E vi preme?
--Oh tanto! esclamò il povero diavolo; e l'umiliazione, la vergogna,
la confusione davano al suo accento una efficacia anche maggiore.
--Voi siete quel pittore che abita nella casa del signor Marone qui
presso?
--Per l'appunto.
--Padre di famiglia?
--Quattro figli.
Carlotta non istette a pensarci nè tanto nè poco; fece un attuccio
graziosissimo colla testa, come per dire «voglio così» e prese per
mano senz'altro il pittore.
--Venite, disse, vi menerò io dalla marchesa.
Il domestico ch'era lì presente si mostrò tutto scandolezzato.
--Carlotta! esclamò egli in tono che significava: «Guarda che fai!
questa è troppa temerità.»
La giovane rispose crollando vezzosamente le spalle.
--Eh! lasciatemi fare... il _turco_ è fuori di casa, e quando venga...
se questi ci è ancora... ebbene gli diremo... gli diremo che son io
che l'ha fatto entrare... oh bella!
E trasse Antonio nella stanza della marchesa.
Era un antico salone, proprio di quelli degli antichi palazzi in cui
non si misurava con avara parsimonia lo spazio come nelle costruzioni
moderne, con antichi mobili, antiche tappezzerie, antichi quadri, si
sarebbe detto antica atmosfera. Entrando colà vi sareste creduti
trasportati nel secolo scorso, e in mezzo a quell'ampio ambiente, fra
tutta quella roba alla rococò, vi sareste aspettati da un momento
all'altro di veder comparire un guardinfante od una parrucca
incipriata.
Quasi ugualmente antica come le cose che l'attorniavano era la padrona
di quel palazzo e di quelle ricchezze. Ella, meglio che seduta,
sepolta in una gran poltrona, con attorno un esercito di cuscini,
stava presso alla gran caminiera, entro la quale ardeva un fuoco poco
meno che spaventoso. A ripararsi dall'ardenza che mandavano
esorbitante le legna cui consumava la fiamma vivace e le braci accese,
aveva innanzi un parafuoco di legno di mogano nella intelaiatura, con
una stoffa di seta ricamata a personaggi sbiadita nel colore. Comechè
regnasse in quella stanza una caldissima temperatura, la marchesa era
tuttavia sotterrata da una montagna di varie pelliccie e scialli e
mantelletti coll'ovatta; così bene che la non appariva che come un
enorme fagotto di robe da cui sporgesse una testolina, con una gran
cuffia bianca a ricciatura di tulle tutt'intorno, con una faccetta
sottovi, ammencita, ossea, del color della pergamena, corsa in tutti i
sensi da minutissime rughe. Questa testolina si dondolava di continuo
per un moto meccanico e involontario; e per questo medesimo le
mascelle non cessavano mai da un atto che sembrava un masticare.
Antonio, appena messo il piede riguardoso e peritante sul morbido e
spesso tappeto che in quella stanza impediva affatto il rumore del
passo, sentì una tossetta secca, e poi una voce fessa, debole,
stonata, che quasi non aveva più nulla di femmineo, la quale diceva:
--C'è qualcheduno costì?
--Sono io, rispose la Carlotta accorrendo sollecita presso la padrona.
La marchesa volse all'insù più che potè il suo capo dondolante, e
disse trascinando le parole e stentando nel pronunziare:
--Dov'è?... dov'è Grisostomo?
--È fuori di casa.
--Gli è mezz'ora che chiamo, e nessuno viene... Non ho più il mio
campanello... È un ora che lo cerco... chi l'ha preso?
--Eccolo qui: disse Carlotta raccogliendolo in terra e porgendolo alla
signora; le era caduto.
--Mi si lascia sola come un appestato... È questo il vostro dovere,
canaglia?... Nessuno ha cura di me... Fatemi venire Grisostomo.
--Le ho già detto, signora marchesa, che egli non era in casa.
--Dove è andato?
--Non lo so.
--Ancor egli mi abbandona... L'ingrato!... Datomi da bere, Carlotta...
Quel Grisostomo è un ingrato... Non è vero che gli è un ingrato?
La giovane era andata a prendere un gotto sopra un vicino tavoliere, e
lo porgeva alla vecchia.
--Eccole da bere.
--Ma ditemi se quel Grisostomo non è un ingrataccio.
Carlotta sapeva troppo bene che non le conveniva a niun modo sparlare
del favorito servitore, anche quando la marchesa pareva più disposta a
sentirne dir male, epperò rispose con accortezza diplomatica:
--Forse la signora marchesa lo avrà mandato essa stessa a far qualche
commissione.
La vecchia parve riflettere profondamente.
--Io? disse, come parlando fra sè; l'ho mandato io?... Mi par ben di
sì... Oh la mia povera testa!... Non mi ricordo più di niente... Sì,
sì, l'ho mandato a prender nuove del presidente della Congregazione di
santa Filomena che s'è rotto qualche cosa... che cosa s'è rotto?
--Si è slogata una gamba.
--Giusto: e poi doveva andare in un altro sito.. Dove l'è che doveva
andare? Ah! dal notaio... Sicuro, ora mi ricordo, dal notaio...
Vogliono che io rifaccia il mio testamento.
Guardò con una specie di curiosità maliziosa la cameriera.
--Sapete che mi vogliono far cambiare il mio testamento?
--So di nulla, io.
--E lo rifarò... E se siete buona, e se mi servite bene, ci sarà
qualche cosa anche per voi.
Un accesso di tosse la colse. Carlotta le pose innanzi la tazza che
aveva sempre tra mano.
--Beva!
--Che cos'è quella bevanda? dimandò la marchesa.
--Gli è sempre quel calmante che il dottore ha ordinato si ripetesse,
perchè dice che le fa tanto bene.
La testa della vecchierella s'agitò in un modo assai vivace, e la sua
vocina si fece tutta irritata.
--Non lo voglio più, non lo voglio più... Mi sento sempre più male,
io... Pare a voi che esso mi faccia bene?
--Io non saprei...
--Siete una sciocca: interruppe stizzita la marchesa.
--Però credo di sì: s'affrettò a soggiungere Carlotta.
--Voi non sapete di niente... chiamate Grisostomo; domanderò a lui.
--È la terza volta che ho l'onore di dirle che Grisostomo non è in
casa.
--È vero... è vero... Mi pianta sempre così sola... Riponete pure
quella droga... Non voglio attossicarmi... Aspetterò a bere che
Grisostomo sia tornato e mi dica lui come debbo fare... Ah! è una gran
brutta vita la mia!... Povera donna!... In mano d'una gentaglia... Non
ho una persona a cui fidarmi... E quella senzacuore di mia figlioccia
che non si lascia mai vedere!... Tutti mi fuggono... Mi vedono malata
da morirne... Ho proprio assai male, sapete... E il dottore? Non s'è
ancora lasciato vedere il dottore?
--È presto l'ora in cui è solito a venire, e credo che non mancherà.
--Anche quel dottore è ingrato; sono io che l'ho messo all'onor del
mondo; ne prenderò un altro. Tutti ingrati, tutti!... Non c'è che
quella povera Mimì che mi sia fedele. _Mimì, Mimì_, dove sei _Mimì_?
E la testolina oscillante della marchesa si chinò verso il suolo da
una parte e dall'altra della poltrona, poi s'agitò vivamente
irrequieta.
--Oh mio Dio!... Dove l'è?... _Mimì, Mimì._ Non c'è più... Cercatela.
La cagnuola dormiva raggomitolata sopra uno sgabello lì vicino.
--La è qui: disse Carlotta additandola alla marchesa.
--Povera piccina! esclamò la vecchia con un'intonazione di tenerezza,
di cui si sarebbe creduta incapace quella voce squartata. Portatela
qui, adagiatela sulle mie ginocchia.
Carlotta prese quell'informe ammasso di carne grassa e spelata che era
la cagnolina, e non ostante la protesta ch'ella, destandosi di botto,
fece con un vociare che somigliava ad un grugnito, venne a deporla
sulle pelliccie della marchesa.
--Non farle male: esclamò questa commossa a quel lamento della brutta
e schifosa bestiola.
Questo fatto, chi lo avrebbe detto? tornò in aiuto di Vanardi; il
quale si stava là nel fondo della stanza dritto, impacciato, col suo
cappello in mano, senza sapere se meglio era inoltrarsi o partirsene
chetamente senz'altro.
Mimì, appena svegliata e sulle ginocchia della padrona, avvertì la
presenza di un estraneo; onde senza acquattarvisi tosto come soleva,
ma stando invece sulle sue piote podagrose, cominciò a ringhiare fra i
pochi denti che le rimanevano, poi volti in giro gli occhi cisposi e
visto lo sconosciuto, si mise ad abbaiare con tutta la forza di cui
essa era tuttavia capace.
--Che cosa c'è? domandò la marchesa agitata. C'è qualcheduno qui.
E volse la testa dalla parte verso cui abbaiava la cagnetta.
Vanardi vide innanzi a sè la pelle d'alluda di quel viso da mummia con
due occhi semi-spenti senza luce e senza vita, e si piegò in un
profondo inchino.
--Chi è costui? chiese la vecchia quasi atterrita: come qui? chi l'ha
fatto entrare?... chiamate Grisostomo, Carlotta.
E la buona ragazza che era Carlotta diede una pasticcina a _Mimì_ per
farla tacere; poi rispose alla padrona:
--Gli è uno di quei poverelli cui ella fa tutti i giorni la carità di
accordare udienza.
--Ah sì? disse la marchesa che non aveva cessato di fissare il suo
sguardo vitreo sul pittore. È raccomandato dal parroco?
--Credo di sì: rispose la giovane con imperturbabile franchezza.
--Come si chiama?
Antonio disse il suo nome.
--Non me ne ricordo... Dev'essere scritto su quella lista che c'è lì
sul tavolino. Ah no, quella lì è dei raccomandati da Salicotto... Se
non isbaglio, Grisostomo mi ha detto che Salicotto è un poco di
buono... Come può mai essere?... Io mi confondo... Voi dunque siete
raccomandato dal parroco?... Ah! se ci fosse Grisostomo!... Perchè
venite quando non ci è lui?
Vanardi non sapeva che cosa rispondere e si tacque.
--Accostatevi: disse la marchesa.
Il pittore ubbidì. Allora si vide quell'involto di pelliccie e di
coperture d'ogni fatta agitarsi per un moto interno che durò alcun
tempo, finchè una mano scarna, magrissima, dal color della cera antica
ne venne fuori. Questa mano si diede tosto a cercare, frugare e
rifrugare qua e là per la poltrona.
--I miei occhiali, Carlotta; dove sono i miei occhiali?
Erano sul tavolo vicino. La cameriera li prese e li diede alla
padrona; la quale messili a cavalcioni sul naso si pose a squadrare
l'uomo che le stava dinanzi.
Fortuna volle che _Mimì_, abbonita dalla pastina di Carlotta, sentisse
non so quale simpatia o curiosità per quell'uomo che non avea mai
visto: onde guardando verso Antonio prese ad agitarsi sulla farragine
delle pelliccie della padrona ed a gemicolare sommesso.
La marchesa non tardò ad accorgersi di questi diportamenti della sua
favorita.
--Carlotta, diss'ella, vedete che _Mimì_ la vuol scendere. Suvvia,
prendetela adagino e mettetela a terra.
E con occhio irrequieto tenne dietro all'operazione che la cameriera
s'affrettava ad eseguire.
Appena la cagnetta ebbe tocco il tappeto del pavimento, la corse, come
le concedevano la pinguedine e la gotta, verso Vanardi, e per benigna
protezione di non so qual nume, giuntagli ai piedi, si pose a fargli
quel tanto di festa ch'ella sapeva, a dimenare un simulacro di coda e
tentare di drizzarsi sulle piote deretane per appoggiare le anteriori
alle gambe di lui.
Vanardi, benchè molto glie ne pesasse, e gli paresse quasi una viltà,
si abbassò verso la bestiola e ne accarezzò con la mano il dorso
sconciamente grasso e privo di peli. La vecchia signora che aveva
guardato con interesse sempre crescente i moti e gli atti della
_Mimì_, drizzò al volto d'Antonio la sua faccia impresciuttita, sulle
cui labbra tirate c'era la smorfia di un sorriso.
--Oh, oh! esclamò essa in sul piacevole; _Mimì_ vi protegge. Vieni qui
_Mimì_... Da brava, vieni qui.... Accostatevi ancora, mio caro... Come
vi chiamate?
Antonio ripetè il suo nome.
--Avanzatevi.... ancora un po'... lì, più presso a me... così...
Carlotta date un'altra pasta alla piccina... Com'è cara, neh?
soggiunse volgendosi a Vanardi... Poi tosto di nuovo a Carlotta che
offriva la pasta alla cagnetta: non la vuole?... Guardate se la
preferisce un pezzetto di zuccaro.
La schifiltosa bestiola si degnò finalmente di accettare una zolletta,
e quando la padrona ebbe visto che i pochi avanzi dei denti di _Mimì_
si erano cimentati vittoriosamente colla durezza dello zuccaro
cristallizzato, tornò badare ad Antonio.
--Ebbene, brav'uomo, gli disse, contatemi su i fatti vostri.
Mentre egli s'accingeva a parlare, la marchesa nascose accuratamente
sotto le pelliccie la destra che aveva tratta fuori poco prima e si
scosse come se un brivido l'avesse assalita.
--Carlotta, diss'ella, aggiungete della legna; fa freddo qui dentro.
La giovane s'affrettò ad ubbidire, quantunque ce ne fosse già una
catasta ad ardere sugli alari.
--Parlate pure: soggiunse tornando rivolgersi al pittore.
Antonio apriva la bocca, quando l'uscio della stanza s'aprì ed entrò
la superba, imponente ed importante persona del signor dottore.
Vanardi rimase in asso, e Carlotta disse alla marchesa:
--Ecco il dottore.
La vecchia s'agitò sotto il monte delle sue pelliccie, più che non
avesse fatto per l'innanzi e fece con ogni suo sforzo a volgere il
capo tremolante della parte da cui veniva il medico.
--Ah dottore! diss'ella: è questo il modo? Mi lascia qui senza darsi
un pensiero di me.... Ho un male addosso, sa.... Sono due ore che
l'aspetto.
Lombrichi non si turbò niente affatto della sua placidità olimpica.
Continuò ad inoltrarsi col suo passo grave e ben appoggiato per terra,
sorridente in volto e colla coda dell'occhio cercando la sua bella
immagine nello specchio.
--Che cosa c'è? dimandò egli con sussiegosa gentilezza. Cara marchesa,
io son qui tutto per lei... Si figuri che per venir qui ho lasciato la
contessa A., che voleva seco ritenermi a viva forza, ho trascurato di
andare dalla baronessa B, che mi attende, ed ho mandato dire a madama
C, la moglie del banchiere, che mi trovavo impegnato tutto il giorno.
Così dicendo, aveva deposto sul tavolino il suo cappello, e colla mano
aveva dato una ravviatina ai baffi ed al pizzo: poscia sbirciò un
momento con piglio altezzoso Vanardi, fece un amorevole sorriso a
Carlotta e presa una seggiola, dopo recatala vicino vicino alla
poltrona della vecchia, vi sedette con le arie d'una affettuosa
dimestichezza.
--Ebbene? ebbene? soggiuns'egli allora, andando a cercare sotto alle
coperture la mano gialla e gelata dalla marchesa, e stringendola fra
le sue. Il nostro male è dunque cresciuto?
La vecchia fissava i suoi occhietti semi-spenti sulla faccia rubizza,
prosperosa e con gravità sorridente del signor dottore.
--Tanto, tanto: rispose ella con voce più fiacca e senza vibrazione
affatto.
E Lombrichi con piglio dottorale:
--Già, me ne avvedo. Il fiato è più difficile?
--Sì.
--Il sonno irrequieto?
--Sì, sì.
--La digestione grave?
--Sì, sì, sì.
--Sa che cosa? Abbiamo fatto lavorar troppo quella benedetta
testolina. Ci siamo occupati soverchio questa mane per le solite
nostre opere di beneficenza.... Quel gran buon cuore lì ci fa di
questi brutti tiri alla nostra salute.... Abbiam bisogno di calma noi,
di aver tutte le nostre faccende assestate, tutte le nostre
disposizioni prese, di non dover più pensare a nulla.... Ed anche
nelle opere di carità ci conviene mettere un freno, fare più per mezzo
degli altri che da noi stessi, e poichè ci sono intorno delle persone
degne di tutta confidenza, affidarci in loro e lasciar fare.... Oggi,
per esempio, son persuaso che abbiam parlato più del dovere, ascoltato
un subbisso di nenie da quei piagnoloni, ricevuto ogni sorta di
gente....
E dava un'occhiata di traverso a Vanardi, il quale avrebbe voluto
essere le cento miglia lontano.
--È vero, è vero: disse la marchesa dondolando vieppiù la testa; ma
quella è l'unica mia distrazione; eppoi abbiamo sempre fatto così in
questa casa.... fin da quando c'era ancora la buon'anima di mio
marito.... La colpa è di quell'ingrato di Grisostomo. È lui che
dovrebbe vegliare sulla mia salute, ed egli mi abbandona.... È tutta
la mattinata che è fuori.... Gli è un ingrataccio... ecco.
Lombrichi prese con zelo le difese dell'assente.
--Quel buon Grisostomo! esclamò egli. Non dica così di lui, cara
signora marchesa. Il brav'uomo è tutto divoto alla signoria vostra, e
se quest'oggi s'è allontanato da lei gli è perchè il servizio e gli
ordini di vossignoria ve l'hanno costretto. L'ho trovato non è guari
in casa del nostro buon amico, quel sant'uomo di Marone, dove era
venuto a prendere notizie di lui da parte della signora marchesa.
--Ah! è vero.... sicuro.... l'avevo dimenticato.... Ce l'ho mandato io
per sapere come quel povero Marone sta del suo braccio....
--Della sua gamba, vuol dire; la è una gamba quella che s'è
slogata....
--Sì, sì: è ben ciò che intendo io, una gamba.
--Glie ne posso dar io novelle fresche e precise; e' va un po' meglio,
ma per alcuni giorni è condannato a non uscire di casa. Uscendo di là
Grisostomo andava a parlare col notaio per quel certo affare che ella
ben sa....
--Sì, sì: so certo, quell'affare, il mio testamento....
Lombrichi diede una guardata sospettosa alla figura impacciata di
Antonio, ed interruppe:
--Ma ora parliamo di questa preziosa salute. Ci abbiamo dunque una
leggiera recrudescenza?... Già.... già.... Vediamo un poco.... Euh!
euh!
--Ebbene?... Che cosa mi ordina lei per rimettermi un po' meglio?
Il medico stette un minuto col polso della marchesa fra le dita,
corrugando la fronte in sembianza di gravissima meditazione; poi
rinascose egli stesso la mano di lei sotto le pelliccie e ve la coprì
bene.
--Uhm! diss'egli con gran sicumera, come se dicesse chi sa che
profonda sentenza; vi è stato un po' di agitazione, si ha bisogno di
calma, dopo la fatica occorre il riposo.
Trasse di tasca il suo pettinino di tartaruga e lo passò due o tre
volte nei baffi e nel pizzo, poi si mirò nello specchietto del manico
e riprese:
--Quella pozione l'ha già finita?
--No signore, saltò su Carlotta; anzi la non ne vuol più. Io glie ne
aveva mesciuto qui un bicchiere....
--Creda a me, disse Lombrichi alla marchesa: la ne prenda chè le
gioverà sicuro.
E tolto il bicchiere dalla fante, lo porse egli stesso alla vecchia
che lo bevette senza più renitenza.
Ma ecco a questo punto aprirsi di nuovo la porta, ed entrare sollecita
una giovine signora, vestita con modesta semplicità di buon gusto,
avvenevole senz'esser bella, con nelle fattezze, nello sguardo,
nell'atteggio delle labbra, l'espressione d'una meravigliosa bontà.
Essa accorse vivacemente presso la marchesa, esclamando con una voce
soavissima e piena d'affetto:
--Cara santola!...
E chinatasi ad abbracciarla, le depose sulla fronte e sulle guancia
una mezza dozzina di baci.
--Ecchè? disse la vecchia un po' stordita, traendo in là più che
poteva il suo capo: sei tu Lisa? Gran miracolo che ti sei ancora
ricordata di me!... È un mese.... sì, certo, un mese che non ti
vedo.... Già.... una vecchia madrina.... che importa alla signora?....
La si dimentica....
Lisa s'era ritratta alquanto per deporre il cappellino che s'era
slacciato e la mantellina che s'era tolta dalle spalle.
--Come! interruppe essa vivamente. Non lo sa? Vengo due o tre volte la
settimana; sono venuta anche jeri.
La marchesa scosse la testa dondolante.
--Jeri! diss'ella. Non mi ricordo.
--Non ho potuto venire sino a lei, perchè Grisostomo, come da un pezzo
mi viene dicendo, mi disse che il signor dottore aveva proibito di
lasciarla parlare a chicchessia. Io ho insistito e pregato
vanamente....
Lombrichi, il quale all'entrare della signora Pannini s'era levato da
sedere per salutare con cerimoniosa freddezza, s'inchinò un poco ed
interruppe:
--È vero che io ho data questa proibizione. La signora marchesa ha
bisogno d'essere lasciata tranquilla e non aver disturbi di sorta.
Lisa volse al medico uno sguardo dignitoso e ribattè con giusta
alterigia:
--Spero, diss'ella, che non conterà fra i disturbi una figlioccia che
viene per accudire alla sua santola.
Il dottore s'inchinò un'altra volta e fece un atto come per dire: «Non
voglio mica alludere a lei.»
Allora Lisa scorse la figura impacciata del povero Vanardi.
--Ma io, diss'ella con isquisita cortesia, sono venuta proprio a
disturbo di lei, signore, che stava discorrendo colla marchesa. Non
voglio essere d'impaccio, e piuttosto mi ritiro.
--No, no, sta qui: proruppe la vecchia. Quest'uomo può benissimo
parlare anche in tua presenza.... Dite pur su.... Com'è già che vi si
chiama?
Antonio ripetè per la terza volta il suo nome. Lisa si ricordò di
presente come la persona che portava quel nome fosse stata vivamente
raccomandata a lei ed a suo padre da Selva e da sua moglie.
--Ella è pittore? domandò con interesse ad Antonio.
--Signora sì.
--Ed amico dell'avvocato Selva?
--Per l'appunto.
--Ah, ah! tu lo conosci? interrogò la marchesa.
--Sì, santola, e sapendo ch'e' merita la sua protezione, glie lo
raccomando.
--Bene, bene: disse la vecchia volgendo il suo capo tremolante ad
Antonio, Eh, eh!... Sai tu Lisa che un'altra me l'ha giù
raccomandato?... Non indovineresti mai più chi.... _Mimì_, la brava
_Mimì_.... L'hai già veduta, Lisa? Essa è sempre più cara che è una
meraviglia; _Mimì, Mimì_, dico, vieni a salutar Lisa.
La cagnuola s'avanzò lentamente alla chiamata della padrona; la quale,
curvando più che le venisse fatto la testa, le faceva quella sua
smorfia grinzosa che equivaleva un sorriso.
Lisa si risolvette a passare la sua manina inguantata sul dorso della
bestiola, ma non con troppa buona voglia; Lombrichi invece chiamò a sè
la podagrosa cagnetta, la tolse sulle sue ginocchia e le fece un mondo
di carezze e di feste. La marchesa guardava con occhio tutto
compiacenza gli atti del dottore. Lisa ne volle richiamare
l'attenzione al povero Antonio.
--Ebbene, diss'ella, l'istinto non ha ingannato _Mimì_, quando essa
notò il signor Vanardi come degno del suo interesse.
A questo punto Lombrichi credette doversi degnare di riconoscere il
pittore.
--Se non isbaglio, disse, voi abitate una soffitta in casa del signor
Marone?
--Signor sì.
--Ah, ah! esclamò la marchesa con una specie d'interesse: in casa di
quel sant'uomo. Siamo dunque vicini?
--E fu in casa vostra, soggiungeva Lombrichi, che venne ricoverato
Marone allorchè cadde giù della scala.
--Appunto.
--Oh, oh! tornò ad esclamare la vecchia; siete voi che avete soccorso
quella santa persona!...
Le cose parevano incamminate il meglio del mondo in favore del nostro
povero Antonio, quand'ecco la sua cattiva stella, per rovinarlo,
mandar in iscena un nuovo personaggio: il signor Grisostomo.
Era un uomo grande, grosso, a lunga barba nera, a spalle quadre, a
faccia e modi volgari, non privi d'impertinenza. Entrò con una certa
padronanza, e gettò intorno uno sguardo scrutatore.
--Oh, oh! quanto gente c'è qui! diss'egli di subito, senza nemanco
salutare. Evviva signora marchesa! La compagnia non le manca.
All'udire la voce di costui la vecchia aveva voltato ratto la testa
tremolante, e lo guardava con quegli occhietti spenti che parevano in
tal momento animarsi un poco.
--Ah siete qui buona lana? disse la marchesa. Sapevate ch'io stava
peggio, lo sapevate, e m'avete lasciata sola tutta la mattina.
E Grisostomo, venendo accosto alla padrona con molta famigliarità, e
rassettandole le robe ond'era coperta, ch'essa, nell'atto del rapido
voltarsi, aveva un poco disacconciate:
--Eh! sono stato fuori per suo servizio e dietro suo comando, sa bene?
--Sì, sì; mi ricordo.... ma siete stato tanto tempo!...
--Se ho tardato un po', disse Grisostomo, gli è perchè ho pensato bene
di fare insieme un'altra commissione in servizio di lei.
--Che commissione?
--Sono andato per que' cavalli più queti ch'essa desiderava alla sua
carrozza. Ho finito tutto, e di quest'oggi saranno nella scuderia.
La vecchia curvò il capo sul petto e d'infra le sue mascelle, che
masticavano col loro moto abituale, non uscirono che parole
indistinte.
--Eh lo sapeva io, s'affrettò a dire Lombrichi tutto sorridente,
deponendo a terra la cagnolina che teneva ancora sulle ginocchia; lo
sapeva bene che il bravo Grisostomo non poteva indugiare che per
servire la signora marchesa.
E tese amichevolmente la mano al domestico.
--Buon giorno, Grisostomo.
--La riverisco, signor dottore: poi girando di nuovo uno sguardo
all'intorno: ma dica un poco lei, non siamo in troppi qui dentro per
la quiete della signora marchesa?
A queste parole due persone arrossirono, Lisa e Vanardi.
--Ehm, ehm: rispose il medico guardandosi nello specchio; potrebbe
anche darsi.... certo che.... il troppo parlare e il troppo sentire a
parlare....
Lisa corse dalla marchesa, l'abbracciò amorevolmente e le disse con
caldo accento:
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