Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 15

Total number of words is 4549
Total number of unique words is 1561
42.4 of words are in the 2000 most common words
58.7 of words are in the 5000 most common words
66.4 of words are in the 8000 most common words
Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
del governo delle città, e di tutti gli altri onori e preminenze[358].
Ma all'incontro, dimorando in questa città molte nobili ed illustri
famiglie, le quali non comunicano nè con la Nobiltà, nè col Popolo:
perciò queste si riputano come fuori del Corpo della cittadinanza,
traendo esse la maggior parte l'origine da altre città di dentro e
fuori del Regno. Nè tal Nobiltà ha sede o luogo; perchè altrimente
dovrebbe ancor ella aver parte nei paesi, e negli onori insieme con gli
altri Nobili de' cinque Seggi.
Per questa cagione a' tempi di D. Pietro di Toledo, allora Vicerè,
cadde in pensiero a molte famiglie, che non erano aggregate a' Seggi,
nè comunicavano col Popolo, di supplicar Carlo V, che traendo esse
origine da famiglie illustri, nobilitate con feudi, per lunghi anni
signore di vassalli, ed imparentate con Nobili di Piazze, che dovessero
ammettersi a' Seggi ovvero di conceder loro licenza, che potessero
edificare un nuovo Seggio, e goder degli onori e pesi, che godono i
Nobili della loro città. Ma trovandosi allora implicato l'Imperadore
alla guerra di Siena, non potè darvi alcun provvedimento; ed intanto
perchè molte di quelle famiglie furono poi ammesse a' Seggi, non vi
si fece altro. Ma da poi correndo l'anno 1558 si rinovò la dimanda da
quelle Case, che non furono aggregate, e da molte famiglie spagnuole,
le quali ne supplicarono il Re Filippo II ma rimesso dal Re l'affare a
giustizia, s'impose a quello perpetuo silenzio. Ultimamente nell'anno
1637 molte illustri famiglie, come gli Aquini, Eboli, Filangieri,
Gambacorti, Ajerbi d'Aragona, Concobletti, Orsini, Marchesi, Franchi,
Leiva, Mendozza ed altre, posero di nuovo in tratto d'ergere un
nuovo Seggio, e ne ricorsero al Re Filippo IV; ma dopo un lungo
aspettare, secondo la solita tardità e lunghezza di quella Corte,
stancati finalmente i pretendenti, non ne fecero più parola, tanto che
proccuraron da poi d'essere aggregati negli antichi Seggi, dove sono
stati ammessi.

§. I. _Parlamenti generali cominciati a convocarsi in Napoli._
Da' precedenti libri di quest'Istoria si è potuto notare che i Re
di Sicilia, quando o per occasione di stabilir nuove leggi, ovvero
per altri bisogni dello Stato convocavano le Corti generali, non in
Napoli, ma in varie città del Regno l'intimavano. Così ora in Melfi,
ora in Ariano, ora in Bari, in S. Germano, Capua, Barletta ed altrove
tennero Parlamenti. Ma da poi che Carlo d'Angiò, residendo per lo più
in Napoli, invitò ad abitare in quella quasi tutti i Baroni, i Signori
ed i maggiori Ufficiali del Regno, fu questa città riputata la più
acconcia e comoda, per potersi quivi convocare le generali Assemblee,
dove trovandosi la maggior parte de' Baroni, e venendo i Sindici delle
altre città e terre del Regno, s'univano i due Ordini della Nobiltà
e del Popolo a deliberare delle cose importanti e rimarchevoli dello
Stato; poichè presso di Noi, siccome in tutti gli altri Stati della
Cristianità, toltone il Regno di Francia, lo Stato ecclesiastico
non fa Ordine a parte, ma non altrimente che facevano i Romani de'
loro Preti, li quali li lasciavano mescolati fra i tre Stati, gli
lasciamo nell'Ordine della Nobiltà e del Popolo; ond'è, che tra noi ne'
Parlamenti il Clero non ha luogo a parte, e se talora vi sono invitati
i Prelati, v'intervengono come Baroni, siccome l'Abate di Monte Cassino
che vanta essere il primo Barone del Regno, l'Arcivescovo di Reggio
e tanti altri. Quindi per essersi Napoli renduta capo e metropoli del
Regno, quasi tutti i Parlamenti che si tennero da poi, in questa città
si convocarono, _tanquam in solemniori, et habiliori loco_ come Carlo
II stesso lo qualifica[359]. Ciò che poi imitarono Giovanna I, Carlo
III, Luigi II, Alfonso I e gli altri Re suoi successori[360], tantochè
avendo il Re Alfonso intimato un Parlamento in Benevento, i Napoletani
se ne offesero, e feron sì, che il Re lo convocasse in Napoli.


CAPITOLO V.
_Divisione del Regno di Sicilia da quello di Puglia, per lo famoso
Vespro Siciliano._

Ma fra le cagioni sinora annoverate, onde Napoli sopra tutte le altre
città estolse il suo capo, la principale fu la divisione di questi due
Reami. Divisi questi Regni, si videro due Reggie, l'antica di Sicilia e
la nuova di Napoli. Palermo rimase per gli Aragonesi in Sicilia: Napoli
per li Franzesi in Puglia e Calabria. Ed è cosa da notare, che non meno
la prospera fortuna fin qui tenuta da Carlo, che l'avversa, la quale,
assunto che fu al Ponteficato Niccolò III cominciò a travagliar questo
Principe, cospirarono alla esaltazione di questa Città.
Morto Papa Giovanni, e non avendo potuto Re Carlo per sei mesi di
maneggi, quanto appunto vacò quella sede, ottenere, che si fosse
rifatto un Papa Franzese, si risolvè il Collegio de' Cardinali nel mese
di novembre dell'anno 1277 eleggere per successore Giovanni Cardinal
Gaetano di Casa Ursina che _Niccolò III_ volle nomarsi. Costui, che
tanto nella vita privata, come nel Cardinalato fu tenuto per uomo
di buoni costumi e di vita cristiana, assunto al Papato mostrò un
desiderio sfrenato d'ingrandire i suoi; onde nel conferire le Prelature
ed i gradi, e beni tanto temporali del suo Stato, quanto ecclesiastici,
ogni cosa donava, e conferiva a' suoi parenti o ad altri, ad arbitrio
loro[361]; e da questa passione mosso mandò a richiedere Re Carlo,
che volesse dare una delle figliuole del Principe di Salerno, ad uno
de' suoi nepoti. Ma quel Re, ch'era usato d'aver Pontefici vassalli ed
inferiori, se ne sdegnò, e rispose che non conveniva al sangue Reale
di pareggiarsi con Signoria, che finisce con la vita, come quella del
Papa. Di questa risposta s'adirò il Pontefice, in guisa che rotto ogni
indugio se gli dichiarò nemico, e rivocò fra pochi giorni il privilegio
concesso, e confermato dagli altri Pontefici in persona del Re Carlo,
del Vicariato dell'Imperio, dicendo, che poichè in Germania era stato
eletto Rodolfo Imperadore, toccava a lui d'eleggersi il Vicario, e
che 'l Papa non avea potestà alcuna d'eleggerlo, se non in tempo che
l'Imperio vacava. Poi venne a Roma, e conoscendosi col favore de' suoi
poter più di quello, che aveano potuto gli altri Pontefici, gli tolse
l'Ufficio di Senatore, e fece una legge, che nè Re, nè figliuoli di Re
potessero esercitare quell'Ufficio.
Carlo disprezzò l'ire del Pontefice e' suoi disgusti, li quali, come
vedrassi, furono una delle quattro cagioni della perdita di Sicilia;
ma tutto inteso alla guerra contro Michele Paleologo Imperador di
Costantinopoli ne avea già ordinato un apparato grandissimo nel Regno,
nell'isola di Sicilia ed in Provenza; ed erasi già accinto all'impresa
con un gran numero di galee, e numero infinito di legni da passar
cavalli, e da condur cose necessarie ad un grandissimo esercito; fece
intendere a tutti i Conti e Feudatari a lui soggetti, che si ponessero
in ordine per seguirlo: scrivendo in oltre a tutti i Capitani, che
facessero elezione de' più valenti soldati e cavalli, per venire al
primo ordine suo a Brindisi[362].
La fama di sì grande apparato sbigottì molto il Paleologo, e 'l mise in
gran timore, sapendo quanta fosse la potenza di Re Carlo; pure quanto
potea, si preparava a sostener l'impeto di tanta guerra; ma trovò
dall'ingegno e dal valore d'un solo uomo quello aiuto, che avrebbe
potuto promettersi da qualunque grande esercito.
Quest'uomo fu Giovanni di Procida cittadino nobile salernitano, Signore
di Procida e di molte terre; fu molto affezionato alla Casa di Svevia,
e da Federico II tenuto in sommo pregio per le molte virtù, alle quali
accoppiò anche una somma perizia di medicina, ciò che non faceva in
que' tempi vergogna; poichè, come si è potuto vedere ne' precedenti
libri di quest'Istoria, in Salerno questa scienza era professata da'
Nobili più illustri di quella città, nè abborrivano di professarla
eziandio i Prelati della Chiesa, siccome l'Arcivescovo di Salerno
Romualdo Guarna, e l'Arcivescovo di Napoli Berardino Caracciolo, il
quale non disdegnò nella iscrizione del suo sepolcro, rapportata dal
Summonte[363], che fra gli altri encomi vi si ponesse: _Utriusque juris
Doctoris, ac Medicinae scientiae periti_. Ed il Tutini[364] rapporta
d'aver egli osservato nel regio Archivio una carta, ove Gualtieri
Caracciolo dimanda licenza al Re Carlo II d'andare nell'isola di
Sicilia a ritrovar Giovanni di Procida, già vecchio, per farsi curare
d'una sua infermità. Non meno di Federico l'ebbe caro Re Manfredi, di
cui volle troppo ostinatamente seguire le parti; onde per la venuta di
Carlo, essendogli stati confiscati i suoi beni, non fidandosi di star
sicuro in Italia, per l'infinito numero degli aderenti di Re Carlo,
se n'andò in Aragona a trovare la Regina Costanza unico germe di casa
Svevia, e moglie di Re Pietro, al quale per segno dell'investitura
di questi Reami eragli stato portato il guanto, che, come si disse,
buttò Corradino nella piazza del Mercato, quando Re Carlo gli fece
mozzar il capo. Fu benignissimamente accolto tanto da lei, quanto
dal Re suo marito, dal quale essendo nel trattare conosciuto per
uomo di gran valore e di molta prudenza, fu fatto Barone nel Regno di
Valenza, e Signor di Luxen, di Benizzano e di Palma. Giovanni veduta
la liberalità di quel Principe, drizzò tutto il pensier suo a far ogni
opera di riporre il Re e la Regina ne' Regni di Puglia e di Sicilia; e
tutto quel frutto che cavava dalla sua Baronia, cominciò a spendere in
tener uomini suoi fedeli per ispie nell'uno e nell'altro Regno, dove
avea gran sequela d'amici, e cominciò a scrivere a quelli, in cui più
confidava.
Ma tosto s'avvide, che tentar ciò nel Regno di Puglia era cosa affatto
impossibile e disperata; poichè per la presenza di Re Carlo, che avea
collocata la sua sede in Napoli, e scorreva per l'altre città di queste
nostre province, e per li beneficj che avea fatti a' suoi fedeli, e per
lo rigore usato contro i ribelli, era in tutto spenta la memoria del
partito di Manfredi. Rivoltò perciò tutti i suoi pensieri nell'isola di
Sicilia, ove trovò le cose più disposte; poichè essendo il Re lontano,
avea commesso il governo di quella a' suoi Ministri franzesi, i quali
trattando i Siciliani asprissimamente, erano in odio grandissimo presso
tutti gli isolani. Venne perciò sotto abito sconosciuto Giovanni in
Sicilia, e cominciando a trattare della cospirazione con alcuni più
potenti e peggio trattati da' Franzesi, vennero a conchiudere fra
di loro di prender l'armi tutti in un tempo contro i Franzesi, e
gridare per loro Re Pietro d'Aragona. Ma parendo loro poche le forze
dell'isola e non molte quelle di Pietro, e che perciò bisognava a
queste due giungere altra forza maggiore: Giovanni ricordandosi de'
disgusti, che Carlo passava col Papa, e che 'l Paleologo temendo
molto degli apparati di Carlo, avrebbe fatto ogni sforzo per distorlo
dall'impresa di Costantinopoli; andò subito a Roma sotto abito di
religioso a tentare l'animo del Papa, il quale trovò dispostissimo
d'entrare per la parte sua a favorir l'impresa. Se ne andò poi col
medesimo abito a Costantinopoli, ed avendo con efficacissime ragioni
dimostrato al Paleologo, che non era più certa nè più sicura strada
al suo scampo, che prestar favore di denari al Re Pietro, affinchè
l'impresa di Sicilia riuscisse, poichè in tal caso Carlo, avendo la
guerra in casa sua, lascerebbe in tutto il pensiero di farla in casa
d'altri; di che persuaso l'Imperadore, si offerse molto volentieri
di far la spesa, purchè Re Pietro animosamente pigliasse l'impresa; e
mandò insieme con Giovanni un suo molto fidato segretario con una buona
somma di denaro, che avesse da portarla al Re d'Aragona, ordinandogli
ancora di abboccarsi col Papa, per dargli certezza dell'animo suo, e
della prontezza, che avea mostrata in mandar subito aiuti. Giunsero il
Segretario e Giovanni a Malta, isoletta poco lontana da Sicilia e si
fermarono ivi alcuni dì, finchè i principali de' congiurati, avvisati
da Giovanni, fossero venuti a salutare il Segretario dell'Imperadore,
ed a dargli certezza del buono effetto, che ne seguirebbe, quando
l'Imperadore stasse fermo nel proposito fin'a guerra finita. Poi si
partirono i congiurati, e ritornarono in Sicilia a dar buon'animo
agli altri consapevoli del fatto. Intanto Giovanni col Segretario
passarono a Roma, dove avuta audienza dal Papa, gli proposero tutto
il fatto: costui che temea la potenza di Carlo, e voleva vendicarsi
dell'ingiuria fattagli, imitando i suoi predecessori, siccome costoro
con l'aiuto de' Franzesi discacciarono da quell'isola gli Svevi, così
egli colle forze degli Aragonesi, pensò discacciarne gli Angioini; onde
non solo entrò nella Lega ma avendo inteso, che l'Imperadore mandava
denari, promise di contribuire anch'egli per la sua parte, e scrisse
al Re Pietro, confortandolo con ogni celerità a ponersi in punto
per poter subito soccorrere i Siciliani da poi che avessero eseguito
la congiura, ed occupato quel Regno, del quale egli l'avrebbe data
subito l'investitura, ed aiutato a mantenerlo. Per queste cagioni il
Re d'Aragona nella lettera scritta a Carlo dopo essersi impadronito
dell'isola, gli diceva che quella era stata aggiudicata a lui per
l'autorità della Santa chiesa e di Messer lo Papa e de' venerabili
Cardinali. Con queste lettere e promesse portossi nell'anno 1280.
Giovanni in Aragona, ed avendo comunicato al Re il disegno che s'era
fatto per dargli in mano la Sicilia, Pietro temè in prima di entrar
in una guerra, della quale dubitava di non poter uscire con onore:
ma il Procida tolse tutte le difficoltà: I con assicurarlo per parte
dell'Imperador di Costantinopoli, il quale per mezzo del suo Segretario
gli avea mandato il denaro, ed offertosi che non avrebbe mancato
per l'avvenire di contribuire a tutti i bisogni della guerra: II
con dargli le lettere del Papa che l'assicurava del medesimo, e che
l'avrebbe investito di quell'isola: III che i Siciliani per l'odio
implacabile, che aveano co' Franzesi, con contentezza universale
avrebbero agevolata l'impresa; e per ultimo gli fece concepire, che
non era necessario ch'egli s'impegnasse, se non quando la congiura di
Sicilia fosse riuscita. Per queste efficaci ragioni fu disposto quel
Re d'accettarla; tanto più, quanto la Regina Costanza sua moglie il
sollecitava non meno a far vendetta di Re Manfredi suo padre e del
fratello Corradino, che a ricoverare i Regni, che appartenevano a lei,
essendo morti tutti i maschi della linea sveva: convocati perciò i più
intimi suoi consiglieri, trattò del modo, che s'avea da tenere, e fu
convenuto tra di loro, che il Re allestirebbe una flotta considerabile,
sotto pretesto di far la guerra in Affrica a' Saraceni, e che si
terrebbe su le coste dell'Affrica, pronto a far vela in Sicilia, se la
cospirazione fosse riuscita: che se venisse a fallire, poteva, senza
mostrar d'averci alcuna parte, continuare a far la guerra a' Saraceni.
E vi è chi scrisse[365], che Re Carlo vedendo posta in ordine questa
flotta molto maggiore di quello, che potea sperarsi dalle forze di Re
Pietro, gli avesse mandato a dimandare a che fine facea tal apparato;
ed essendogli stato risposto per l'impresa d'Affrica contro Saraceni,
Re Carlo, o per partecipare del merito guerreggiando contro Infedeli,
de' quali egli fu sempre acerbissimo persecutore, o per gratificare
quel Re suo stretto parente, gli avesse mandati ventimila ducati per
soccorso di quell'impresa.
Ma ecco, che mentre queste cose si dispongono, e 'l Procida ritorna in
Italia, muore Papa Niccolò: ed in suo luogo per gl'intrighi di Carlo,
o più tosto per la violenza fatta a' Cardinali, fu rifatto a febbraio
del 1281 un Papa franzese, creatura ed amicissimo del Re Carlo, che
_Martino IV_ comunemente si noma, chiamandolo altri Martino II, poichè
i due predecessori, non Martini, ma _Marini_ gli appellano. Dubitando
perciò Giovanni, che non si raffreddasse l'animo dell'Imperadore,
tosto ritornò in Costantinopoli per riscaldarlo; e passando in abito
sconosciuto insieme col Segretario per Sicilia, venne a parlamento
con alcuni de' primi della congiura, e diede loro animo, narrando
quanto erasi fatto, e che non dovessero sgomentarsi per la morte di
Papa Niccolò: e fece opera che quelli mostrassero al Segretario la
prontezza de' Siciliani, e l'animo deliberato di morire più tosto che
vivere in quella servitù, affinchè ne potesse far fede all'Imperadore
e tanto più animarlo; poi seguirono il viaggio e giunsero felicemente
a Costantinopoli. E fu notata da' Scrittori per cosa maravigliosa, che
questa congiura tra tante diverse nazioni, ed in diversi luoghi del
Mondo durò più di due anni, e per ingegno e per destrezza del Procida
fu guidata in modo, che ancor che Re Carlo avesse per tutto aderenti,
non n'ebbe però mai indizio alcuno.
Dall'altra parte Re Pietro, ancorchè per la morte di Papa Niccolò
restasse un poco sbigottito, avendo perduto un personaggio principale
ed importante alla Lega; non però volle lasciar l'impresa, anzi
mandò Ambasciadore al nuovo Pontefice a rallegrarsi dell'assunzione
al trono e a cercargli grazia, che volesse canonizzare _Fr. Raimondo
di Pegnaforte_; ma invero molto più per tentare l'animo del Papa,
mostrando destramente volere, non per via di guerra ma per via di lite
innanzi al Collegio proponere e proseguire le ragioni, che la Regina
Costanza avea ne' Reami di Puglia e di Sicilia. Ma il Papa avendo
ringraziato l'Imbasciadore della visita e trattenuto di rispondergli
sopra la Canonizzazione, come intese l'ultima richiesta, disse
all'Imbasciadore: _Dite a Re Pietro, che farebbe assai meglio pagare
alla Chiesa romana tante annate, che deve per lo censo, che Re Pietro
suo Avo promise di pagare, ed altresì i suoi successori, come veri
vassalli e Feudatari di quella; e che non speri, finchè non avrà pagato
quel debito, di riportar grazia alcuna dalla Sede Appostolica_[366].
Mentre queste cose si trattavano, Giovanni di Procida tornato di
Costantinopoli in Sicilia, sotto diversi abiti sconosciuto, andò per
le principali terre di Sicilia, sollecitando i congiurati, e tenendo
sempre per messi avvisato Re Pietro segretissimamente di quanto si
faceva; ed avendo inteso, che la sua armata era già in ordine per far
vela, egli eseguì con tant'ordine e tanta diligenza quella ribellione,
che nel mese di marzo, il secondo giorno di Pasqua dell'anno 1282 al
suon della campana, che chiamava i Cristiani all'ufficio di vespero,
in tutte le terre di Sicilia, ove erano i Franzesi, il Popolo pigliò
l'arme, e li uccise tutti con tanto sfrenato desiderio di vendetta,
che uccisero ancora le donne della medesima isola, ch'erano casate con
Franzesi e quelle ch'erano gravide, ed i piccioli figliuoli ch'erano
nati da loro; e fu gridato il nome di Re Pietro d'Aragona e della
Regina Costanza: e questo è quello che fu chiamato e si chiama _il
Vespro Siciliano_. Non corse in questa crudele uccisione, dove perirono
da ottomila persone, spazio di più di due ore; e se alcuni pochi in
quel tempo ebbero comodità di nascondersi o di fuggire, non per questo
furon salvi; perocchè essendo cercati e perseguitati con mirabile
ostinazione, all'ultimo furon pure uccisi.
Questa crudele strage, e così repentina mutazione e rivoluzione fu
per lettera dall'Arcivescovo di Monreale scritta al Papa, a tempo,
che Carlo si trovava con lui in Montefiascone. Il Re restò sorpreso e
molto abbattuto, vedendo in tanto breve spazio aver perduto un Regno, e
buona parte de' suoi soldati veterani; pure, raccommandate le sue cose
al Papa, trovandosi già l'armata in ordine, ch'era destinata contro
l'Imperador greco, ritornò subito nel Regno, e con quella incontinente
fece vela verso la Sicilia, e cinse Messina di stretto assedio.
Dall'altra parte Papa Martino, desideroso che l'Isola si ricovrasse,
mandò in Sicilia per Legato appostolico il Cardinal Vescovo di Sabina,
con lettere ai Prelati ed alle terre dell'isola, confortandole a
rimettersi nell'ubbidienza di Carlo, con ingiungere al medesimo, che
quando queste lettere non valessero, adoperasse non solo scomuniche ed
interdetti, ma ogni altra forza, per favorire le cose del Re.
Giunse il Cardinale in Palermo, nel medesimo tempo che Carlo giunse
a Messina; ma siccome gli uffici del Legato niente poterono contro
l'ostinazione dei Siciliani, così l'assedio, che Carlo avea posto a
Messina fu con tanto vigore proseguito, che finalmente strinse gli
abitanti a volersi arrendere a lui colla sola condizione di salve le
vite: ma egli era così trasportato dalla rabbia, che negò anche questa
condizione. Mandarono Ambasciadori al Papa, perchè intercedesse per
loro presso l'adirato Principe: ma non fu data loro udienza, onde posti
nell'ultima disperazione si risolvettero di difendersi fino all'ultimo
spirito.
Giovanni di Procida, che si trovava a Palermo, impaziente della
dimora del Re Pietro, il quale era passato già coll'armata in
Affrica all'assedio d'una città che gl'Istorici siciliani chiamano
_Andacalle_, vedendo lo stretto bisogno de' Messinesi, imbarcatosi
sopra una Galeotta con tre altri, che andavano con lui con titolo di
Sindici di tutta l'isola, andò a trovare Re Pietro, ed informatolo del
presto bisogno del suo soccorso, l'indusse a lasciar tosto le coste
dell'Affrica, e colla sua armata ad incamminarsi verso Palermo.
Allora fu, che Re Pietro non potendo più nasconder i suoi disegni per
l'impresa di Sicilia, volle giustificarsi co' Principi d'Europa suoi
parenti; onde prima che lasciasse le coste d'Affrica, scrisse in questo
anno 1282 una lettera ad Odoardo Re d'Inghilterra, che si legge negli
atti di quel Regno, ultimamente fatti dare alla luce dalla Regina
_Anna_[367], nella quale gli dice, che essendo egli occupato nella
guerra contro i Saraceni, i Siciliani gli aveano inviati deputati a
pregarlo di venirsi a mettere in possesso della Sicilia, ciò ch'era
risoluto di fare, perchè quel Regno apparteneva a Costanza sua moglie.
Fece dunque egli vela per Sicilia, e a' dieci d'agosto giunse a
Trapani, ove concorsero ad incontrarlo tutti i Baroni e Cavalieri de'
luoghi convicini; indi portossi a Palermo, dove fu con grandissima
festa e regal pompa incoronato Re dal Vescovo di Cefalu, poichè
l'Arcivescovo di Palermo, a cui ciò toccava, era presso Papa Martino.
I Messinesi, per l'arrivo del Re Pietro, ripresero vigore, ed
attesero costantemente alla difesa della Patria; e non solo quelli
ch'erano abili a portare ed esercitar l'armi, ma le donne ed i vecchi
non lasciavano di risarcire di notte tutto ciò che il giorno per
gl'istromenti bellici era abbattuto.
Intanto Re Pietro, così consigliato dal Procida, ordinò che il famoso
Ruggiero di Loria Capitano della sua armata, andasse ad assaltare
l'armata franzese per debellarla, e ponere guardia nel Faro, affinchè
non potesse passare vettovaglia alcuna di Calabria al campo franzese;
ed egli per animar i Popoli, e tener in isperanza i Messinesi, si
partì da Palermo, e venne a Randazzo, terra più vicina a Messina. Di
là mandò tre Cavalieri Catalani per Ambasciadori al Re Carlo, con una
lettera, nella quale l'informa essere giunto nell'isola di Sicilia,
che gli era stata aggiudicata per autorità della Chiesa, del Papa e
de' Cardinali, e gli comanda, veduta questa lettera, di partir tosto
dall'isola, altrimente ne l'avrebbe costretto per forza. Letta da Carlo
questa lettera in pubblico avanti tutto il Consiglio de' suoi Baroni,
nacque tra tutti un orgoglio incredibile, ed al Re tanto maggiore,
quanto era maggiore, e più superbo di tutti; nè poteva sopportare, che
Re Pietro d'Aragona, ch'era in riputazione d'uno de' più poveri Re, che
fossero in tutta Cristianità, avesse osato di scrivere a lui con tanta
superbia, che si riputava il maggiore Re del Mondo. Fu consultato della
risposta. Il Conte Guido di Monforte fu di parere, che non s'avesse
a rispondere, ma subito andare a trovarlo, e dargli la penitenza
della sua superbia; ma il Conte di Brettagna, ch'era allora col Re,
consigliò, che se gli rispondesse molto più superbamente, siccome fu
eseguito con un altro biglietto del medesimo tenore, trattandolo da
malvagio e da traditore di Dio e della Santa Chiesa romana. Questi due
biglietti, oltre esser rapportati da Giovanni Villani e dal Costanzo,
si leggono ancora così in Italiano, come furono scritti, negli Atti
suddetti d'Inghilterra ultimamente stampati[368].
Esacerbati in cotal maniera gli animi d'ambedue i Re, che non si
risparmiavano anche con parole piene di gravi ingiurie d'infamar
l'un l'altro: Re Pietro intanto avea soccorsa Messina, e Ruggiero di
Loria era passato colla sua armata al Faro per combatter la franzese
e per impedirgli le vettovaglie. Errico Mari Ammiraglio di Carlo
venne dal Re a protestare, che egli non si confidava di resistere,
nè poteva fronteggiare con l'armata catalana, che andava molto ben
fornita d'uomini atti a battaglia navale. Carlo, che in tutti gli
altri accidenti s'era mostrato animoso ed intrepido, restò sbigottito,
e chiamati a consiglio i suoi, dopo molte discussioni, fu conchiuso,
che per non esporsi l'armata d'esser affamata dalla flotta del Re
d'Aragona, si dovesse levar l'assedio, e ritirarsi in Calabria, e
differire l'impresa. Carlo, benchè l'ira e la superbia lo stimolasse
a non partire con tanta vergogna, lasciò l'assedio, e subito pieno
di scorno e d'orgoglio, passò in Calabria con animo di rinovare la
guerra a primavera con tutte le forze sue; ma appena fur messe le sue
genti in terra a Reggio, che Ruggiero di Loria sopraggiunse con la sua
armata, e quasi nel suo volto pigliò trenta galee delle sue, ed arse
più di settanta altri navili di carico; del che restò tanto attonito,
e quasi attratto da grandissima doglia, che fu udito pregar Dio in
franzese, che poichè l'avea fatto salir in tant'alto stato, ed or
gli piaceva farlo discendere, il facesse scendere a più brevi passi.
Dopo distribuite le sue genti per quelle terre di Calabria più vicine
a Sicilia venne a Napoli, e pochi giorni da poi se n'andò a Roma, a
portar querele al Papa contro il suo nemico, lasciando nel Regno per
suo _Vicario_ il Principe di Salerno, a cui diede savi Consiglieri, che
l'assistessero per ben governarlo.
Ma trattanto che Carlo perdeva il tempo a querelarsi col Papa, Re
Pietro a' 10 ottobre entrò in Messina, e ricevuto con allegrezza
universale, fu riconosciuto ed acclamato per Re da tutta l'isola.
E fermatosi quivi diede assetto a tutte le cose, riordinando quel
Regno, ora che tutto quieto e pacato era sotto la sua ubbidienza. Ed
avendo voluto il Cardinal di Parma, Legato Appostolico, disturbarlo
con interdetti e censure, egli imitando gli esempi degli altri Re di
Sicilia suoi predecessori, curandosi poco dell'interdetto, costrinse
i Sacerdoti per tutta l'isola a celebrare, e que' Prelati aderenti al
Pontefice, che negarono di voler far celebrare nelle loro Chiese, si
lasciarono partire, ed andare a Roma[369]. Ed avendo poco da poi fatta
venire a Palermo la Regina Costanza sua Consorte e due suoi figliuoli,
Don Giacomo e Don Federico, ed una sua figliuola chiamata D. Violante,
ordinò a' Siciliani che dovessero ubbidir a Costanza, alla quale egli
dichiarossi avere riacquistato il perduto Regno. Indi dovendo partir
per Aragona, e dopo passar in Francia per l'appuntato duello in Bordeos
col Re Carlo, volle, che tutti i Siciliani giurassero per legittimo
successore ed erede, e futuro Re Don Giacomo suo figliuolo: il che fu
fatto con grandissima festa e buona volontà di tutti.
Ecco come rimasero questi due Reami infra di lor divisi, e come due
Reggie sursero. Palermo restò per gli Aragonesi in Sicilia: Napoli per
li Franzesi in Puglia e Calabria.


CAPITOLO VI.
_Uffiziali della Corona divisi. Il Tribunale della Gran Corte stabilito
in Napoli, e della Corte del Vicario._

Quindi nacque ancora, che quando a tempi de' Normanni e de' Svevi,
essendo una la sede regia, gli Ufficiali della Corona erano i medesimi
non meno in Sicilia che in Puglia; da questo tempo in poi ciascuno
Regno ha avuti i suoi propri, nè quelli dell'uno si impacciavano
dell'altro. Re Pietro creò i suoi per lo Regno di Sicilia, e Carlo
ritenne gli antichi, che restrinsero la loro giurisdizione nel Regno
solo di Puglia. Così avendo il Re d'Aragona creato Gran Giustiziere
di quell'isola Alaimo di Lentino, che fu uno de' principali capi
You have read 1 text from Italian literature.
Next - Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 16
  • Parts
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 01
    Total number of words is 4386
    Total number of unique words is 1531
    40.7 of words are in the 2000 most common words
    55.8 of words are in the 5000 most common words
    62.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 02
    Total number of words is 4341
    Total number of unique words is 1526
    38.4 of words are in the 2000 most common words
    52.4 of words are in the 5000 most common words
    60.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 03
    Total number of words is 4425
    Total number of unique words is 1445
    38.5 of words are in the 2000 most common words
    53.6 of words are in the 5000 most common words
    63.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 04
    Total number of words is 4418
    Total number of unique words is 1607
    38.4 of words are in the 2000 most common words
    54.3 of words are in the 5000 most common words
    62.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 05
    Total number of words is 4415
    Total number of unique words is 1656
    37.4 of words are in the 2000 most common words
    52.9 of words are in the 5000 most common words
    60.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 06
    Total number of words is 4471
    Total number of unique words is 1700
    37.5 of words are in the 2000 most common words
    53.3 of words are in the 5000 most common words
    61.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 07
    Total number of words is 4373
    Total number of unique words is 1615
    36.9 of words are in the 2000 most common words
    52.2 of words are in the 5000 most common words
    60.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 08
    Total number of words is 4366
    Total number of unique words is 1463
    35.5 of words are in the 2000 most common words
    51.8 of words are in the 5000 most common words
    58.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 09
    Total number of words is 4303
    Total number of unique words is 1509
    37.6 of words are in the 2000 most common words
    51.7 of words are in the 5000 most common words
    59.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 10
    Total number of words is 4397
    Total number of unique words is 1456
    37.4 of words are in the 2000 most common words
    50.8 of words are in the 5000 most common words
    58.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 11
    Total number of words is 4475
    Total number of unique words is 1612
    39.5 of words are in the 2000 most common words
    55.4 of words are in the 5000 most common words
    63.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 12
    Total number of words is 4471
    Total number of unique words is 1537
    39.6 of words are in the 2000 most common words
    54.9 of words are in the 5000 most common words
    61.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 13
    Total number of words is 4457
    Total number of unique words is 1485
    36.8 of words are in the 2000 most common words
    51.3 of words are in the 5000 most common words
    58.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 14
    Total number of words is 4427
    Total number of unique words is 1399
    37.1 of words are in the 2000 most common words
    49.8 of words are in the 5000 most common words
    58.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 15
    Total number of words is 4549
    Total number of unique words is 1561
    42.4 of words are in the 2000 most common words
    58.7 of words are in the 5000 most common words
    66.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 16
    Total number of words is 4475
    Total number of unique words is 1307
    41.0 of words are in the 2000 most common words
    54.9 of words are in the 5000 most common words
    63.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 17
    Total number of words is 4619
    Total number of unique words is 1448
    42.0 of words are in the 2000 most common words
    57.1 of words are in the 5000 most common words
    65.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 18
    Total number of words is 4369
    Total number of unique words is 1510
    35.0 of words are in the 2000 most common words
    49.5 of words are in the 5000 most common words
    57.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 19
    Total number of words is 4275
    Total number of unique words is 1515
    32.7 of words are in the 2000 most common words
    45.9 of words are in the 5000 most common words
    53.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 20
    Total number of words is 4283
    Total number of unique words is 1705
    30.9 of words are in the 2000 most common words
    41.9 of words are in the 5000 most common words
    47.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 21
    Total number of words is 3748
    Total number of unique words is 1619
    4.2 of words are in the 2000 most common words
    7.9 of words are in the 5000 most common words
    11.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 22
    Total number of words is 4391
    Total number of unique words is 1580
    36.4 of words are in the 2000 most common words
    48.9 of words are in the 5000 most common words
    55.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 23
    Total number of words is 4624
    Total number of unique words is 1423
    42.0 of words are in the 2000 most common words
    58.6 of words are in the 5000 most common words
    67.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 24
    Total number of words is 4597
    Total number of unique words is 1527
    41.6 of words are in the 2000 most common words
    57.2 of words are in the 5000 most common words
    65.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 25
    Total number of words is 4427
    Total number of unique words is 1494
    35.1 of words are in the 2000 most common words
    51.8 of words are in the 5000 most common words
    59.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 26
    Total number of words is 4441
    Total number of unique words is 1490
    36.1 of words are in the 2000 most common words
    51.6 of words are in the 5000 most common words
    59.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 27
    Total number of words is 4395
    Total number of unique words is 1396
    36.1 of words are in the 2000 most common words
    50.3 of words are in the 5000 most common words
    57.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 28
    Total number of words is 1435
    Total number of unique words is 683
    45.5 of words are in the 2000 most common words
    62.4 of words are in the 5000 most common words
    68.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.