Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 07

Total number of words is 4373
Total number of unique words is 1615
36.9 of words are in the 2000 most common words
52.2 of words are in the 5000 most common words
60.8 of words are in the 8000 most common words
Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
un gran merito col Papa, fu fatto prigione, e fattosi assicurare di
risparmiargli la vita, lo mandò in dono a Papa Clemente, il quale
tosto l'inviò al Re Carlo, che insieme con gli altri lo fece condurre
prigioniero in Napoli. Altri dicono, che fuggì verso Rieti, e che pure
un Abate d'un altro monastero, dove capitò, fattolo prigione, lo mandò
al Papa.
Soli scamparono dall'ira del Re, Corrado Capece, e Federico fratello
d'Errico; i quali trovandosi in Sicilia ebbero modo d'imbarcarsi sopra
alcune galee dei Pisani, ed a Pisa ne andarono.
In memoria di questa rimarchevole vittoria, per cui, se diam fede al
Fazzello, fu sparso il sangue di dodicimila Tedeschi, fece Re Carlo
edificare una Badia per li Monaci di S. Benedetto[133], nel luogo ove
seguì la battaglia col titolo di S. Maria della Vittoria, dotandola di
molte possessioni. Ma per le guerre seguenti fu disfatta e disabitata:
ed oggi il Papa conferisce il titolo di quella Commenda, la quale
è delle buone del Regno per li frutti delle possessioni, che ancora
ritiene[134].
Non si possono esprimere le crudeli stragi, che fece Carlo de' ribelli
e de' presi in battaglia dopo questa vittoria. Alcuni fece impiccar per
la gola, altri furono fatti morire col ferro, e moltissimi condennati
a perpetuo carcere. Le città delle nostre province, che alla venuta
di Corradino ribellaronsi, furono da' Franzesi manomesse, portando da
per tutto desolazioni, ruine ed incendi. Aversa fu disfatta, Potenza,
Corneto, e quasi tutti i castelli di Puglia e di Basilicata furono
crudelmente distrutti.
Nè minori furono le stragi nell'Isola di Sicilia. A Corrado
d'Antiochia, ed a molti Signori del partito di Corradino furono
prima cavati gli occhi, e poi fatti barbaramente impiccare. Ridusse i
Siciliani in una quasi schiavitudine, gravandogli di nuovi tributi; ed
i Franzesi insolenti non perdonavano nè all'onore, nè alle robbe degli
abitatori, onde nacque il principio del famoso Vespro Siciliano; poichè
i Siciliani per uscire da tanta servitù diedero poi mano alla cotanto
celebre congiura di Giovanni di Procida, della quale parleremo più
innanzi.
Debellò ancora i Saraceni, che s'erano fortificati in Lucera, ed avendo
ridotta quella città sotto la sua ubbidienza, fece ivi prigioneri
_Manfredino_, e sua madre Elena degli Angioli seconda moglie di
Manfredi, che condotti in carcere nel castel dell'Uovo di Napoli,
furono per opera del Re Carlo fatti ivi morire.
Scipione Ammirato ne' suoi Ritratti[135] rapporta, che i figliuoli di
Manfredi fossero stati tre, e che i lor nomi fossero Errico, Federico
e d'Ansellino, a' quali infino a' tempi del Re Carlo II, essendo
tenuti incarcerati nel castello di Santa Maria al Monte, si davano tre
tarì d'oro per ciascun giorno. Ma altri, fra' quali è _Inveges_[136],
rifiutano ciò, che scrive quest'Autore; poichè i due figliuoli
di Manfredi, ch'ebbe della prima sua moglie Beatrice di Savoja,
premorirono al padre, e sol _Manfredino_ figliuolo della seconda fu
fatto prigione con la madre, che furono da Carlo I fatti morire in
prigione.

§. II. _Infelice morte del Re CORRADINO, in cui s'estinse il legnaggio
de' Svevi._
Avendo con tali mezzi di crudeltà Carlo recati questi Regni sotto la
sua ubbidienza, ed usando rigore estremo, avendo ridotti i suoi sudditi
in istato di non poterlo più offendere, gli rimaneva solo di deliberare
ciò, che dovesse farsi di Corradino, del Duca d'Austria, e degli
altri Signori prigionieri. Ne volle prima il Re sentirne il parere
del Papa, con cui soleva consultare delle cose più ardue e gravi del
Regno. Scrivono Errico Gualdelfier, il Villani, Fazzello, Collenuccio,
ed altri, che Clemente alla domanda rispondesse queste brevi parole;
_Vita Corradini, mors Caroli: Mors Corradini, vita Caroli_. Lo niegano
il Costanzo, il Summonte e Rinaldo; ed il Summonte s'appoggia ad una
ragion falsissima, dicendo, che ciò non poteva avvenire, trovandosi già
dieci mesi prima morto Clemente, quando Corradino fu fatto decapitare:
nientedimeno ciò non ripugna al testimonio di quegli Scrittori, i
quali dicono, che Carlo richiedesse il Pontefice del suo parere, che
gli fu dato; ma che poco da poi prevenuto dalla morte non potè vedere
l'esecuzione del suo crudel consiglio. Il Costanzo avendo quel Papa
per uomo di santissima vita, e perchè lo scrive il Collenuccio suo
antagonista, non potè persuadersi a crederlo. Ma in ciò dee pur darsi
tutta la fede al Villani, il quale con tutto che Guelfo, e capital
nemico de' Svevi, difendendo il Papa, non ardisce di negarlo.
Papa Clemente non potè vedere l'esecuzione di sì fiero consiglio,
poichè a' 29 di novembre di quest'anno 1268 o pure com'altri scrissero
a' 30 dicembre trapassò; e per le continue fazioni contrarie de'
Cardinali, che per la potenza di Carlo non potevano deliberarsi ad
eleggere un successore di loro arbitrio e volontà, vacò la sede quasi
tre anni, cioè infino all'anno 1271 siccome scrive il Gordonio.
Re Carlo, morto il Pontefice, nel nuovo anno 1269 essendo per la sua
natural fierezza e crudeltà stimolato a prender di quell'infelice
Principe le più crudeli risoluzioni: per dar altra apparenza e più
speziosa a questo fatto, volle che si prendesse su ciò pubblica
deliberazione; e fatti convocare in Napoli tutti i maggiori Baroni di
quello, e quelli Signori franzesi che erano con lui ragunò un consiglio
affinchè deliberasse ciò che dovesse farsi di Corradino. I principali
Baroni franzesi erano in discordia; poichè il Conte di Fiandra genero
del Re e molti altri Signori più grandi e di magnanimo cuore, e che
non tenevano intenzione di fermarsi nel Regno, furono di parere, che
Corradino e 'l Duca d'Austria si tenessero per qualch'anno carcerati,
finchè fosse tanto ben radicato e fermato l'imperio di Carlo, che non
potesse temer di loro. Ma quelli, che aveano avuto rimunerazione dal
Re, e desideravano assicurarsi negli Stati loro (il che non parea, che
potesse essere, vivendo Corradino) erano di parere, che dovesse morire.
Altri, a cui era nota l'inclinazione del Re, per andar a seconda del
suo desiderio s'unirono co' secondi. A questa opinione s'accostò il
Re[137], o fosse per sua natura crudele, o per la grandissima ambizione
e gran desiderio di Signoria, che lo faceva pensare agli Stati di
Grecia, a' quali non poteva por mano senz'esser ben sicuro di non aver
fastidio ne' Regni suoi, massime per le rivoluzioni, ch'avea veduto
per la venuta di Corradino; onde dubitava, che i medesimi Saraceni,
ch'erano rimasti nel Regno, ajutati da' Saraceni di Barberia, essendo
egli lontano, non si movessero a liberarlo; fu conchiuso in fine, che
se gli dasse morte.
A questo fine, fu imposto, che gli si fabbricasse il processo sopra
queste accuse: di perturbatore della pubblica quiete, e dei precetti
de' sommi Pontefici: di tradimento contro la Corona: d'aver ardito
d'invadere ed usurpare il Regno con falso titolo di Re, e d'aver
tentato anche la morte del Re Carlo. Fu il processo fabbricato e
compito innanzi a Roberto da Bari, ch'era Protonotario del Re Carlo;
il quale proferì la sentenza di morte, e quella lesse in pubblico,
appoggiandola sopra le riferite accuse.
(Di questo Roberto e della poca sua letteratura, ne fa anche menzione
Errico d'Isernia in quella lettera scritta a Fr. Bonaventura, che
si legge nel Codice MS. della Biblioteca Cesarea di Vienna, _N._ 170
_pag._ 82 dove fra l'altre cose gli dice: _Novimus etiam, si ad moderna
tempora stilum retrahimus, quod Papa Clemens Robertum de Baro non
magnae Literaturae hominem, imo tantum ex usu aliquid cognoscentem,
apud Regem promovit Carolum_.)
Fu da questa sentenza di morte sol eccettuato D. Errico di Castiglia,
che fu condennato a perpetuo carcere in Provenza, per osservarsi la
fede data all'Abate, che lo consignò al Papa sotto parola, che di lui
non si spargesse sangue.
Fu a' 26 ottobre di quest'anno 1269 in mezzo del Mercato di Napoli
con apparati lugubri e funesti, essendosi apprestato il talamo e
l'altre pompe di morte, mandata in esecuzione sì barbara e scellerata
sentenza; e narrasi che l'infelice Corradino quando l'intese leggere
dal Protonotario, voltatosi a lui, gli avesse detto queste parole:
_Serve nequam tu reum fecisti filium Regis et nescis quod par in parem
non habet imperium_: poi rivolto al Popolo purgossi de' delitti, che
falsamente se gl'imputavano, dicendo, ch'egli non ebbe mai talento
d'offendere S. Chiesa, ma solo di acquistare il Regno a lui dovuto
per chiare e manifeste ragioni, e del quale a torto n'era stato
spogliato. Ch'egli sperava, che di sì inaudite e barbare violenze,
ne dovessero prender vendetta i Duchi di Baviera della stirpe di sua
madre, e che i Tedeschi, ancora non lasceranno invendicata la barbara
sua morte. E dette queste parole, trattosi un guanto, come vuole il
Collenuccio, e come altri un anello, lo buttò verso il Popolo, quasi
in segno d'investitura. E vi è chi scrive, che per tal atto avesse
voluto lasciar suo erede D. Federico di Castiglia figliuolo di sua zia,
che, come s'è detto, erasi da Sicilia fuggendo, ricovrato a Pisa. Ma
il Maurolico ed altri comunemente affermano, che Corradino con questo
segno, morendo senza figliuoli, istituì erede D. Pietro d'Aragona
marito di Costanza sua sorella cugina. E narra Pio II[138] che questo
guanto o anello fu raccolto da Errico Dapifero, da cui fu portato in
Ispagna al Re Pietro. Ond'è che i Re aragonesi e gli austriaci prendono
la lor ragione per la successione de' Regni di Sicilia e di Puglia,
non già dagli Angioini, ma da questo Corradino, il quale tramandogli
a' Re di Sicilia discendenti da Pietro e da Costanza figliuola di
Manfredi, siccome, dopo Aventino, scrissero Besoldo[139], il Summonte
ed altri. E gli Scrittori siciliani[140], che riguardando il testamento
dell'Imperador Federico, dove Manfredi è trattato come suo figliuol
legittimo, invitandolo alla successione de' suoi Regni nel caso che
Corrado ed Errico mancassero senza figliuoli, riputano per vero, ciò
che Matteo Paris narra, come una voce fatta insorgere da Manfredi
stesso, cioè, che sua madre essendo vicina a morte, fattosi chiamar
l'Imperadore, avesselo per le calde preghiere e sue pietose lagrime,
indotto per quelle poche ore di vita, che le rimanevano a riconoscerla
per vera moglie, con isposarla; ed in conseguenza, che per cotal atto
Manfredi si venne a legittimare[141]: tengono per cosa certa, che la
successione di questi Reami per la morte di Corradino si fosse diferita
a _Costanza_ figliuola di Manfredi e moglie del _Re Pietro_, ed a' suoi
discendenti; e che a ragione gli _Arragonesi_ ne cacciarono i Franzesi,
e con giustizia se ne rendesser poi Signori.
Ma perchè più dura e acerba fosse l'angoscia dell'infelice Corradino,
non fu il primo ad essergli mozzo il capo, ma vollero riserbarlo al
fiero spettacolo della decapitazione di Federico Duca d'Austria; poichè
il primo ad esser decapitato fu quest'infelice, il cui capo mozzo dal
carnefice prese in mano il dolente Corradino, e dopo averlo bagnato
d'amare lagrime, baciollo e se lo strinse al petto, piangendo la sua
sventurata sorte, ed incolpando se stesso ch'era stato cagione di sì
crudel morte, togliendolo alla sua infelice madre. Poi rincrescendogli
di sopravvivere a tanti acerbi spettacoli, postosi inginocchione
chiedendo perdono a Dio de' suoi falli, diede segno al carnefice di
dover eseguire il suo ufficio, il quale in un tratto gli recise il
regal capo. E dopo lui, furon decapitati il Conte Girardo da Pisa, ed
Hurnasio Cavalier tedesco, e nove altri Baroni regnicoli furono fatti
morire su le forche.
(Questo _Federico_ ultimo dell'antica stirpe Austriaca era della casa
di Baden, e s'intitolava Duca d'Austria, com'erede di Federico II il
Bellicoso. E' nacque da Gertrude figliuola d'Errico III ch'era fratello
del Bellicoso, la quale si maritò con Ermando di Baden, come narra
Gerardo _a Roo_[142]: _Cum Fridericus Austriae Ducum ex Babenbergensi
gente ultimus Anno post mille ducentos sexto et quadragesimo ex vulnere
in pugna cum Hungaris commissa accepto, obiisset, Hermanus Badensis,
qui Gertrudim illius ex fratre Henrico Medlicense neptem in matrimonio
habebat, Austriae gubernationem adierat. Ejus filius Fridericus annos
tutelae vix egressus, Neapoli cum Cunradino Apuliae et Siciliae Rege,
uti paulo post dicetur, capite plexus erat. Vedasi Struvio_[143]).
Questo infelice fine, compianto da quanti videro sì funesto ed orrido
spettacolo, ebbe il giovanetto Corradino in età di 17 anni. In lui
s'estinse la chiara e nobilissima casa di _Svevia_, che per linea non
men mascolina che femminina discendea da' Clodovei e dai Carolingi
di Francia, e da' Duchi di Baviera. Famiglia, che sopra tutte le
altre d'Europa contava più Imperadori, Re, Principi e Duchi, e che
sopra tutte le famiglie di Germania teneva il vanto di nobiltà. In
questo sangue incrudelì Re Carlo, portandogli cotal barbaro fatto
eterna infamia presso tutte le Nazioni d'Europa; nè vi è Scrittore,
ancor che franzese, che non detesti ed abbomini atto sì crudele, da
non paragonarsi a quante empietà e scelleraggini si leggono de' più
fieri Tiranni, ch'ebbe la terra. Quindi in Alemagna surse l'illustre
Casa d'Austria; poich'estinta la stirpe de' Principi di _Svevia_, e
Riccardo, fratello del Re d'Inghilterra, che aspirava all'Imperio,
essendo morto, ed Alfonso Re di Castiglia suo competitore non avendo
più partigiani in Alemagna, gli Elettori l'anno 1273 si ragunarono
in Francfort, ed elessero per Imperadore _Rodolfo Conte di Auspurg_,
il quale fu coronato l'istesso anno in Aquisgrana, e riconosciuto da'
Principi d'Alemagna; ed avendo umiliato Ottogaro Re di Boemia, fece che
restituisse l'Austria, la qual diede ad _Alberto_ suo primogenito, i di
cui discendenti presero il nome di _Austriaci_.
Ecco finalmente come dopo 69 anni terminò in Sicilia, ed in Puglia
il Regno de' Svevi e con qual crudel principio cominciasse quello de'
_Franzesi_, che portò in queste nostre province grandi mutazioni, così
nello stato civile e temporale, come nello ecclesiastico e spirituale.
Ciò, che dopo aver narrata la politia ecclesiastica di questi tempi,
sarà il soggetto de' seguenti libri di quest'Istoria.


CAPITOLO V.
_Politia ecclesiastica dal decimoterzo secolo insino al Regno degli
Angioini._

La potenza de' romani Pontefici si stese in questo secolo tanto, che
non fu veduta in altri tempi maggiore: volevan esser creduti Monarchi
non meno nello spirituale che nel temporale, e s'arrogavano perciò
la facoltà di poter deporre i Principi da' loro Stati e Signorie:
chiamargli in Roma a purgarsi de' delitti, dei quali erano stati
accusati: assignar loro certo termine a comparire, sentenziargli, e
nel caso non ubbidissero, di dichiarargli decaduti da' loro Reami:
assolvere i loro vassalli da' giuramenti dati, ed invitar altri alla
conquista delle Signorie, ond'erano stati deposti. Riputandosi Signori
del Mondo, non aveano difficoltà d'investire i loro devoti di province,
e di Regni in tutta la terra, ed in tutto il mare d'isole e golfi, e
d'altre province sconosciute e lontane. Bonifacio VIII avendo Ruggiero
di Loria famoso Ammiraglio di mare conquistata Gerba ed alcune altre
isole dell'Affrica, tosto nel primo anno del suo Ponteficato 1295
essendo in Anagni gliene spedì Bolla d'investitura, per la quale
gli concedè in Feudo le isole suddette con obbligarlo a prestar il
giuramento di fedeltà ed omaggio, e di pagarli cinquanta once d'oro
l'anno al peso del Regno di Sicilia, per censo, in ricognizione del
dominio diretto, ch'egli vi pretendeva, siccome lo pretendeva in
tutte le altre province del Mondo; e la carta di quest'investitura
è rapportata dal Tutini[144]. E da questo principio nacque, che
Alessandro VI nell'anno 1493 si facesse lecito di concedere la terra
ferma e l'isole insino a' suoi tempi sconosciute, e tirar una linea da
un Polo all'altro, assegnandole e donandole a Ferdinando ed Isabella
Re di Castiglia[145]. Quindi surse la nuova dottrina professata da'
Dottori Guelfi e dai Canonisti che il Papa fosse Signore di tutto
il Mondo contrastando a' Dottori Ghibellini, che ne facevano Signore
l'Imperadore.
La Cattedra di S. Pietro volevano che si riputasse la Reggia universale
del Cristianesimo, ed a questo fine ingrandirono i Cardinali e
depressero i Vescovi, per rendere più maestosa la loro Sede. I
Cardinali, come si è veduto, sdegnavano di andar di persona a trattare
con Manfredi, dicendo, che ciò non era di loro stima ed onore; ed
Innocenzio IV ad onta di Federico, che s'ingegnava abbassargli insieme
con tutto l'Ordine ecclesiastico, volle dargli il cappel rosso, la
valigia e la mazza d'argento quando cavalcavano, volendo che alla regia
dignità fosse la loro agguagliata; ed essendosi da poi proccurato
d'innalzar assai più la loro dignità a gradi ed onori _Eminenti_,
vennero dagli adulatori della Corte romana anche chiamati _Grandi
Senatori_, che venerati con regali onoranze eleggono il _Supremo
Principe_, che così chiamano il Papa, ed assistono al suo gran soglio.
Divenuto il Papa Monarca, i Cardinali grandi Senatori, e la Sede
Appostolica Reggia e Corte universale del Cristianesimo, Gregorio
IX per maggiormente stabilire la Monarchia applicò l'animo ad una
compilazione e pubblicazione di _Decretali_, le quali terminarono
di mettere interamente in rovina il diritto antico de' Canoni, e
stabilirono la possanza assoluta e senza termine de' romani Pontefici;
poichè considerando, che siccome l'Imperador Teodosio formò la
politia dell'Imperio, con far raccorre le costituzioni ed editti,
così suoi, come degli altri Imperadori predecessori in un libro, che
fu poi chiamato il _Codice Teodosiano_; e l'Imperador Giustiniano,
oltre la compilazion delle _Pandette_, che contenevano le leggi
antiche accomodate al suo tempo, ridusse ancora in un corpo le sue
costituzioni e quelle de' predecessori Imperadori nel suo _Codice_;
così bisognava formar una nuova politia per la Chiesa accomodata a'
suoi tempi (giacchè, mutate le cose, la compilazione del _Decreto_
non era a proposito) e di ridurre perciò in un corpo tutte l'epistole
decretali de' suoi predecessori, con separarle da' canoni, e dall'altre
epistole de' Pontefici, le quali non potevano servire, come queste,
ch'egli trascelse, per stabilire la Monarchia romana, e massimamente
per la materia beneficiale e per lo Foro episcopale, e per maggiormente
stendere la conoscenza nelle cause e la loro giurisdizione; ond'egli,
ad imitazione di que' due grandi Imperadori, ordinò la compilazione
d'un nuovo Codice; ed aboliti tutti gli altri rescritti, volle, che
questo suo libro, che chiamò _Decretale_, avesse tutta la forza e
vigor di legge; nel quale vi è molto più intorno a quello che concerne
l'edificazione de' processi, che l'edificazione dell'anime.

§. I. _Della compilazione delle decretali; e loro uso ed autorità._
Epistole decretali erano ne' primi tempi chiamate quelle lettere,
che i Vescovi delle Sedi maggiori scrivevano a' Padri della Chiesa,
che gli richiedevano di qualche parere intorno alla dottrina, e
disciplina della Chiesa[146]. Ma da poi il Pontefice romano, come Capo
della Chiesa essendosi innalzato sopra tutti i Vescovi e Patriarchi,
e facendo perciò valere la sua autorità più di tutti gli altri,
s'appropriò egli solo di mandar sue epistole ai Padri ed a' Vescovi,
che ricorrevano a lui per consultarsi di qualche affare delle loro
Chiese; e pervenute queste epistole a qualche numero, sin ne' tempi
di Papa Gelasio nel Sinodo di 70 Vescovi tenuto in Roma nell'anno 494
furono quelle confermate, acquistando vigore non meno che i Canoni, che
ne' Concilj erano stabiliti[147].
Ma a' tempi di Carlo M. che favorì cotanto i Pontefici romani,
acquistando vie più forza le loro decretali, si cominciò a separarle
da' Canoni, e riputandosi non esser mestieri per aver vigore, di esser
confirmate da' Concilii, o da' Sinodi, si credette, che esse sole
bastassero per regolare la dottrina e la disciplina della Chiesa, onde
maggiormente i Pontefici stabilirono la loro autorità, e vie più crebbe
il lor numero, tanto che bisognò pensare ad unirle insieme, e farne
raccolta, con introdursi perciò un nuovo dritto Pontificio, lasciando
da parte stare i Canoni de' Concilii[148].
La prima compilazione di queste lettere decretali separate da' Canoni
la fece _Bernardo Circa_ Preposito di Pavia, e poi Vescovo di Faenza,
il quale sotto certi titoli dispose le decretali de' Pontefici,
cominciando da Alessandro III, insino a Papa Celestino III il qual
pervenne al Ponteficato nell'anno 1191. Non ebbe egli altro scopo, se
non perchè quella servisse, come un supplemento al decreto di Graziano;
onde questa Raccolta fu chiamata libro delle _Stravaganti_, perchè
le Costituzioni ivi racchiuse, vagavan fuori del _Decreto_[149].
Antonio Augustino la diede alla luce, dandole il primo luogo fra le
altre Raccolte delle antiche decretali. In questo decimoterzo secolo
ne surse un'altra, di cui si nominano tre Autori, _Gilberto_, _Alano_
e _Giovanni Gallense_. Questi imitando _Bernardo_, raccolsero le
decretali di quelli Pontefici, che vissero dopo Bernardo; ma sopra i
due primi si distinse _Giovanni_, che ne fece più ampia Raccolta[150].
La terza la dobbiamo a Bernardo _Compostellano_ il quale da' Registri
d'Innocenzio III Pontefice il più dotto, e 'l maggior facitore di
decretali, le raccolse, fu chiamata _Romana_[151].
Tutte queste Collezioni essendosi fatte per privata autorità, allegate
nel Foro o altrove, non avevano vigor alcuno; onde era di mestieri
da' scrigni della Chiesa di Roma cavar gli esemplari perchè facessero
autorità. Per la qual cosa i Romani pregarono Innocenzio III perchè
di sua autorità comandasse una nuova Compilazione: Innocenzio loro
compiacque e diede la cura a _Pietro Beneventano_ suo Notajo, che la
facesse: questi nell'undecimo anno del suo Ponteficato intorno il 1210
la fece, e fu la prima raccolta del _jus Pontificio_, che si facesse
con pubblica autorità[152]. Passati cinque anni, coll'occasione del
Concilio tenuto in Laterano sotto il medesimo Pontefice, se ne fece
un'altra nel 1215, nella quale furono aggiunte tutte le decretali e
rescritti, che per lo spazio di que' cinque anni eransi emanati. Da
poi nell'anno 1227 _Tancredi_ Diacono di Bologna ne fece un'altra,
nella quale unì le Costituzioni d'Onorio III successor d'Innocenzio; ma
quantunque fosse stata terminata in quell'anno, nel quale morì Onorio
IX suo successore, che meditava oscurar la fama de' suoi predecessori
con una più ampia o nuova compilazione, la fece supprimere, nè mai
vide la luce del Mondo, se non negli ultimi tempi, quando Innocenzo
Cironio nell'anno 1645 la fece imprimere in Tolosa colle sue dottissime
chiose[153].
Gregorio IX adunque per maggiormente stabilire la Monarchia romana,
ordinò, che si compilasse un nuovo Codice, nel quale ad imitazione
dell'Imperadore Giustiniano, volle, che risecate le altre Costituzioni
dei Pontefici suoi predecessori, le quali non erano più confacenti
a' suoi tempi, s'inserissero in quello le sue e l'altre de' suoi
predecessori, che egli stimò più a proposito; ed oltre a ciò, perchè
non s'avesse occasione di ricorrere al _jus civile_, statuì da se molte
cose ancorchè non richiesto[154], affinchè con questo suo Codice si
regolassero i Tribunali ne' giudicii, e le Scuole nell'insegnar a'
giovani la giurisprudenza. Commise la compilazione di quest'opera a
_Raimondo di Pennaforte_ del Contado di Barcellona, Frate Domenicano,
gran Canonista, ed Inquisitore in Catalogna, e molto caro a Giacomo Re
d'Aragona, che lo trascelse per suo Confessore[155]. Gregorio tratto
dalla fama della sua dottrina e bontà de' costumi, lo fece venire in
Roma, e lo creò suo Cappellano e Penitenziero, dignità che a que' tempi
non si conferiva se non che ad uomini riguardevoli e letteratissimi.
Costui eseguendo la sua commessione la ridusse a compimento. Divise
l'opera in cinque libri, e seguitò l'istesso metodo appunto, che tenne
Triboniano nella compilazione del Codice di Giustiniano[156].
Papa Gregorio, vedendo terminata l'opera a seconda del suo genio,
tosto promulgò una Costituzione, che la propose all'istesso Codice,
per la quale, abolendo tutte le altre, comandò a tutti, che solamente
di questa compilazione si servissero così ne' giudicii, come nelle
scuole: proibendo ancora con molto rigore, che per l'avvenire niuno
abbia ardimento di farne altra, senza spezial autorità della Sede
Appostolica[157]. Comandò ancora, che per tutto il Mondo si divolgasse,
ed in tutte l'Accademie ed Università d'Europa si legesse[158],
infiammando allo studio di quella non meno i Professori, che gli
scolari.
Non vi fu parte d'Europa, che per la potenza e credito di Gregorio non
la ricevesse con ardore; e si mossero i Professori da tutte le parti,
non meno ad insegnarla nelle scuole, che a farvi copiose chiose. I
primi furono _Ruffino_, _Silvestro_ e _Riccardo_ inglese: _Rodovico_
cognominato di _pocopasso_, e Pietro _Corbolo_, ovvero _Boliato_
spagnuolo: _Bertrando_, _Damaso_ ed _Alano_ inglese: _Pietro_ Preposito
di Pavia, _Pietro Gallense_ di Volterra, _Bernardo Compostellano_,
_Vincenzo Castiglione_ di Milano, _Giovanni Teutonico_ e _Tancredi_.
Seguitarono appresso le costoro pedate _Guglielmo Naso_ e _Giacomo di
Albenga_ Vescovo di Faenza, _Vincenzo Goffredo_, _Filippo_, _Innocenzio
Ostiense_, _Pietro Sampso_, _Egidio_ bolognese, _Bonaguida_ d'Arezzo,
_Francesco_ da Vercelli, _Boatino_ di Mantua, e l'_Arcidiacono_.
Ma surse poi sopra gli altri _Bernardo Bottone_ da Parma, il quale
raccogliendo tutte le costoro Chiose, ne fece egli, intorno l'anno
1240, una più ampia, trasferendo a se la gloria di tutti[159].
Anche i _Monaci_ per secondare il genio de' Pontefici v'impiegarono i
loro talenti, e sopra queste _Decretali_ composero un'opera intitolata
_Suffragium Monachorum_; ma come mancante delle cose sustanziali,
e ripiena di molti errori e di cose vane e superflue, riuscì molto
inetta ed inutile. _Frate Giacomo_ Canonico di S. Giovanni in Monte
pure intorno a ciò volle affaticarsi: ma così egli, come tutti coloro,
che vi s'erano affaticati riuscirono inetti, e siccome per quelli, che
s'erano impiegati sopra il _Decreto_, ne nacque il proverbio _Magnus
Decretista, Magnus Asinista_, così ancora, secondo che ci testifica
Giacomo Gujacio[160], non vi furono Dottori più inetti di coloro, i
quali a questi tempi si posero a scrivere sopra questo nuovo _Diritto
Pontificio_.
Dopo questa compilazione di Gregorio non tralasciarono gli altri
Pontefici suoi successori (per ingrandire vie più la Monarchia
romana) di stabilire altre loro Costituzioni, sicchè nel fine di
questo istesso secolo decimoterzo non fosse stimata necessaria da
Bonifacio VIII una nuova altra compilazione. Se n'erano stabilite
alcune da Gregorio istesso, molte da Innocenzio IV, da Alessandro IV,
da Urbano IV, da Clemente IV, da' due Gregorio IX e X, da Niccolò III
e dall'istesso Bonifacio. Vi erano ancora molte Costituzioni fatte
nel Concilio di Lione nell'anno 1245 sotto Innocenzio IV. Ve n'erano
ancora delle stabilite nell'altro Concilio di Lione, tenuto nel 1274
sotto Gregorio X. Per tanto Bonifacio VIII, il quale sopra tutti gli
altri suoi predecessori ebbe idee molto grandi, e vaste del Ponteficato
romano, riputando per quella sua veramente _stravagante_ Costituzione
_unam Sanctam_, che in balia del Papa sia maneggiar ugualmente i due
coltelli, e la sovranità temporale essere dipendente dalla spirituale:
volle, che di tutte queste Costituzioni se ne formasse una nuova
raccolta, e fosse come di Giunta a quella fatta da Gregorio IX, e ne
diede l'incumbenza a tre Cardinali, a Guglielmo Mandagoto Arcivescovo
d'Ambrun, al Vescovo Berengario Fredello ed a Riccardo Malumbro da
Siena gran Dottore di que' tempi, e Vicecancelliere della chiesa di
Roma[161]. Costoro diedero compimento all'opera, e la divisero pure in
cinque libri, e quasi in altrettanti titoli, come fu divisa da Raimondo
di Pennaforte la sua. Bonifacio, compita che fu, la fece pubblicare
intorno l'anno 1299 e volle, che s'aggiungesse al volume delle
decretali di Gregorio, e si chiamasse perciò il _Sesto_ libro; e con
sua particolar Bolla ordinò, che da tutti s'osservasse, che in tutte
You have read 1 text from Italian literature.
Next - Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 08
  • Parts
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 01
    Total number of words is 4386
    Total number of unique words is 1531
    40.7 of words are in the 2000 most common words
    55.8 of words are in the 5000 most common words
    62.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 02
    Total number of words is 4341
    Total number of unique words is 1526
    38.4 of words are in the 2000 most common words
    52.4 of words are in the 5000 most common words
    60.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 03
    Total number of words is 4425
    Total number of unique words is 1445
    38.5 of words are in the 2000 most common words
    53.6 of words are in the 5000 most common words
    63.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 04
    Total number of words is 4418
    Total number of unique words is 1607
    38.4 of words are in the 2000 most common words
    54.3 of words are in the 5000 most common words
    62.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 05
    Total number of words is 4415
    Total number of unique words is 1656
    37.4 of words are in the 2000 most common words
    52.9 of words are in the 5000 most common words
    60.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 06
    Total number of words is 4471
    Total number of unique words is 1700
    37.5 of words are in the 2000 most common words
    53.3 of words are in the 5000 most common words
    61.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 07
    Total number of words is 4373
    Total number of unique words is 1615
    36.9 of words are in the 2000 most common words
    52.2 of words are in the 5000 most common words
    60.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 08
    Total number of words is 4366
    Total number of unique words is 1463
    35.5 of words are in the 2000 most common words
    51.8 of words are in the 5000 most common words
    58.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 09
    Total number of words is 4303
    Total number of unique words is 1509
    37.6 of words are in the 2000 most common words
    51.7 of words are in the 5000 most common words
    59.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 10
    Total number of words is 4397
    Total number of unique words is 1456
    37.4 of words are in the 2000 most common words
    50.8 of words are in the 5000 most common words
    58.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 11
    Total number of words is 4475
    Total number of unique words is 1612
    39.5 of words are in the 2000 most common words
    55.4 of words are in the 5000 most common words
    63.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 12
    Total number of words is 4471
    Total number of unique words is 1537
    39.6 of words are in the 2000 most common words
    54.9 of words are in the 5000 most common words
    61.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 13
    Total number of words is 4457
    Total number of unique words is 1485
    36.8 of words are in the 2000 most common words
    51.3 of words are in the 5000 most common words
    58.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 14
    Total number of words is 4427
    Total number of unique words is 1399
    37.1 of words are in the 2000 most common words
    49.8 of words are in the 5000 most common words
    58.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 15
    Total number of words is 4549
    Total number of unique words is 1561
    42.4 of words are in the 2000 most common words
    58.7 of words are in the 5000 most common words
    66.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 16
    Total number of words is 4475
    Total number of unique words is 1307
    41.0 of words are in the 2000 most common words
    54.9 of words are in the 5000 most common words
    63.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 17
    Total number of words is 4619
    Total number of unique words is 1448
    42.0 of words are in the 2000 most common words
    57.1 of words are in the 5000 most common words
    65.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 18
    Total number of words is 4369
    Total number of unique words is 1510
    35.0 of words are in the 2000 most common words
    49.5 of words are in the 5000 most common words
    57.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 19
    Total number of words is 4275
    Total number of unique words is 1515
    32.7 of words are in the 2000 most common words
    45.9 of words are in the 5000 most common words
    53.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 20
    Total number of words is 4283
    Total number of unique words is 1705
    30.9 of words are in the 2000 most common words
    41.9 of words are in the 5000 most common words
    47.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 21
    Total number of words is 3748
    Total number of unique words is 1619
    4.2 of words are in the 2000 most common words
    7.9 of words are in the 5000 most common words
    11.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 22
    Total number of words is 4391
    Total number of unique words is 1580
    36.4 of words are in the 2000 most common words
    48.9 of words are in the 5000 most common words
    55.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 23
    Total number of words is 4624
    Total number of unique words is 1423
    42.0 of words are in the 2000 most common words
    58.6 of words are in the 5000 most common words
    67.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 24
    Total number of words is 4597
    Total number of unique words is 1527
    41.6 of words are in the 2000 most common words
    57.2 of words are in the 5000 most common words
    65.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 25
    Total number of words is 4427
    Total number of unique words is 1494
    35.1 of words are in the 2000 most common words
    51.8 of words are in the 5000 most common words
    59.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 26
    Total number of words is 4441
    Total number of unique words is 1490
    36.1 of words are in the 2000 most common words
    51.6 of words are in the 5000 most common words
    59.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 27
    Total number of words is 4395
    Total number of unique words is 1396
    36.1 of words are in the 2000 most common words
    50.3 of words are in the 5000 most common words
    57.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 28
    Total number of words is 1435
    Total number of unique words is 683
    45.5 of words are in the 2000 most common words
    62.4 of words are in the 5000 most common words
    68.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.