Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 08

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l'Università del Mondo si leggesse, e ne' Tribunali avesse la sua forza
e vigore, non altrimenti di quel, che Gregorio fece per la sua; ma in
Francia questa compilazione di Bonifacio non ebbe gran successo, non
solo per contener molte ordinazioni riguardanti l'ingrandimento della
sua potenza, e del maggior guadagno della sua Corte, ma ancora perchè
molte cose in quella avea stabilite in odio del Regno di Francia per le
controversie, ch'allora ardevano fra lui e il Re Filippo il Bello[162].
Non così gli avvenne negli altri Regni[163] dove fu con onor ricevuta,
nè le mancarono Canonisti, che vi facessero le loro Chiose, e fra
gli altri il famoso _Giovanni d'Andrea_ insigne Dottore del diritto
canonico di quei tempi[164].
Seguirono da poi nel seguente secolo decimoquarto l'altre Collezioni
chiamate le _Clementine_; ed anche l'_Estravaganti_, affinchè siccome
le compilazioni sinora fatte corrispondevano, cioè quella del _Decreto_
alle _Pandette_, e le _Decretali_ al _Codice_, così l'_Estravaganti_
corrispondessero alle _Novelle_; e perchè niente mancasse, negli ultimi
secoli, si venne anche a far compilare i libri delle _Istituzioni_; di
che ne' loro luoghi e tempi secondo l'opportunità, che ci sarà data,
ragioneremo.
Queste _Decretali_ presso di noi durante il Regno de' Svevi, in quelle
cose, che s'opponevano alle nostre _Costituzioni_, non ebbero gran
successo: e così Federico II come gli altri Re svevi suoi successori
fecero valere le loro Costituzioni, e quelle dei Re normanni suoi
predecessori, contrastando con vigore alle sorprese, che intendevano
fare i romani Pontefici sopra i loro diritti e supreme regalie,
facevano valere le leggi da essi stabilite sopra i matrimoni, sopra gli
acquisti de' stabili alle Chiese, mantenevano le loro regalie nelle
Sedi vacanti, nell'elezioni de' Prelati, e sopra tutto ciò, che ne'
precedenti libri si è potuto osservare.
Ma caduto questo Regno sotto la dominazione degli Angioini uomini ligi
de' Pontefici romani, e da' quali riconoscevano il Regno, prendendo
vigore la fazion Guelfa, ed abbassata affatto la Ghibellina, tantosto
si vide tutto mutato, ed introdotte nuove massime, e le _Decretali_ non
pur ricevute ed insegnate nelle scuole, ma anche ne' Tribunali: non già
per legge d'alcun Principe, ma per l'uso e consuetudine, che di quelle
s'avea in ciò, che non era espresso nel diritto civile, e massimamente
per l'edificazione de' processi nelle cause forensi, per la forma
e per l'ordine di procedere ne' giudicii, contenuto nel secondo
libro[165]; siccome ancora per le cause ecclesiastiche, e dove accadeva
disputarsi di cosa, che poteva portar peccato e pericolo della salute
dell'anima[166]. Ed i nostri Principi della casa d'Angiò, ancorchè
conoscessero essersi quel volume fatto compilare per gareggiare colle
leggi degli Imperadori, ed ingrandire la potenza de' Pontefici, e
che si metteva mano non pure alle cose ecclesiastiche ma anche alle
profane, con assumersi autorità di giudicare sopra tutte le cause ne'
dominii dei Principi cristiani, così fra gli Ecclesiastici come fra'
laici; nulladimanco parte per trascuraggine ed ignoranza, non sapendo
essi farne migliori, parte perchè molto loro premea aver la grazia e
buona corrispondenza de' Pontefici, non si curarono di farle valere ne'
loro dominii, e che non pure nelle pubbliche scuole s'insegnassero, ma
anche ne' loro Tribunali s'allegassero.
I nostri Professori perciò vi s'applicarono non meno di quello,
che faceano gli altri nelle altre città d'Italia; onde imbevuti
delle loro massime, ciò che non era a quelle conforme, era riputato
straniero ed ingiusto. Alcune Costituzioni di Federico e degli altri
Re normanni suoi predecessori, parvero perciò empie, e tra l'altre
quelle, che disponevano de' matrimoni, degli acquisti, della cura
delle robe delle Chiese vacanti e cose simili: si credette che ciò
non potesse appartenere alla potestà del Principe, e fosse un metter
la falce nell'altrui messe. Andrea d'Isernia disse chiaramente, che
tutto ciò erasi prima stabilito, perchè allora non era uscito fuori
il libro delle _Decretali_: _non erat compilatum_ (e' dice) _volumen
Decretalium_[167].
A tutto ciò providero ancora i romani Pontefici nell'investiture, che
diedero a' nostri Re, e Clemente IV in quella che diede al Re Carlo I
d'Angiò, volle che s'annullassero tutte le Costituzioni e tutti gli
Statuti, che riputava essere contra la libertà ecclesiastica[168],
togliendogli molte regalie e preminenze, che i Re normanni e svevi si
aveano mantenute; onde presso di noi nel Regno degli Angioini, non
solo i Pontefici romani non ebbero alcuno ostacolo a' loro disegni
di stabilire la Monarchia; ma trattando questo Reame come lor Feudo,
ed i Principi come veri Feudatarj e loro ligi, vi fecero progressi
maravigliosi, come si vedrà chiaro ne' seguenti libri di quest'Istoria.

§. II. _Elezione de' Vescovi, e provisione intorno a' beneficj._
Non bastava per fondar una Monarchia provvederla di sole leggi, ed
ornar la Corte di grandi Senatori, e di altri Ministri per renderla più
maestosa; ma bisognava ancora provvederla di denaro, per mantenerla con
pompa e fasto conveniente ad una Reggia universale del Cristianesimo,
senza il quale sarebbe tosto sparita. Le sole rendite dello Stato della
Chiesa di Roma non bastavano: si proccurò pertanto tirare da tutte le
province ogni cosa a Roma. Bisognava, che siccome gli altri Principi
per gratificare i loro fedeli, e per premiare coloro che per essi
militavano, concedevan Feudi, Dignità ed Ufficj: così era uopo averne
de' consimili per potergli dispensare a coloro che militavano per
la Corte, e trovar mezzi per istabilirgli, affinchè niente mancasse,
ed in tutto il Sacerdozio corrispondesse all'Imperio. S'istituirono
perciò molte dignità ed ufficj, i quali non appartengono punto alla
Gerarchia della Chiesa per ciò che concerne il suo potere spirituale;
ma indrizzati solamente per la temporalità e giurisdizione, e per
le cose del governo politico: ed in ciò la Corte di Roma ha superate
tutte l'altre Corti de' Principi. Per li _Feudi_, si sono istituiti
i _Beneficj_, e siccome per la materia _Feudale_ surse una nuova
giurisprudenza, che ha occupati tanti volumi, così per la materia
_Beneficiale_ ne surse un'altra, che ha occupati assai più volumi
presso i _Canonisti_, che non la Feudale presso i _Legisti_.
La maniera, che si praticò per fargli sorgere, fu non meno ingegnosa
che travagliosa: bisognò lungo tempo per istabilirgli, e s'ebbero da
sostenere grandi contese co' Principi, e co' Popoli, e Capitoli delle
province per tirargli tutti a Roma.
L'elezioni de' Vescovi, ancorchè in apparenza si lasciassero al Clero,
si è già veduto, che i Pontefici si servivano di varj mezzi per tirarle
tutte in Roma. Si proccurò ancora togliere nell'elezioni l'assenso a'
nostri Principi: Federico II, Corrado e Manfredi sostennero con vigore
i loro diritti, nè permisero sopra ciò novità alcuna; ma Clemente
IV, investendo Carlo I d'Angiò, fra i Capitoli, già rapportati,
che gli fece giurare, volle espressamente, che si rinunciasse a
quest'assenso, e nel capitolo 18 gli prescrisse, che così egli, come
i suoi successori, non s'intromettessero nell'elezioni, postulazioni e
provisioni de' Prelati, in maniera, che nè prima, ne dopo l'elezione si
ricercasse regio assenso; ma solamente lor rimanesse salvo il diritto,
che per ragione di _patronato_ avessero in alcune Chiese, per quanto i
canoni concedono a' _padroni_ di quelle[169].
Rimase solamente a' nostri Re la facoltà di poter impedire all'eletto,
che se gli dasse la possessione senza il lor _placito regio_; e questa
pure tentarono di contrastarla; ma non meno gli Aragonesi, che gli
Angioini stessi loro ligi, se la mantennero, leggendosi, che Carlo II
essendo stato eletto Manfredi Gifonio Canonico di Melito per Vescovo
di questa istessa città, perchè era al Re sospetto, gl'impedì il
possesso di quella Chiesa, non concedendogli il _regio exequatur_,
come si legge nella carta del Re data in Napoli nell'anno 1299,
rapportata dall'Ughello nella sua Italia Sacra[170]. E tutti gli altri
Re Angioini, come Carlo III Ladislao, insino alla Regina Giovanna II
quando gli eletti non eran loro sospetti, davano alle Bolle papali di
loro provisione l'_exequatur_; di che presso il Chioccarelli[171] se ne
leggono più esempj.
Tolse ancora Clemente a' nostri Re la _Regalia_, la quale (non meno
che i Re di Francia) tenevano nelle Sedi vacanti del nostro Regno,
con porvi i Regj Baglivi, o altre persone da essi destinate per
l'amministrazione dell'entrate, per conservarle al successore, secondo
il prescritto de' canoni; e Federico II, com'è chiaro dalle nostre
Costituzioni del Regno[172], ve la mantenne. Siccome altresì fece
Corrado suo successore, il quale, secondo che narra Matteo Paris,
essendo stato dal Pontefice, fra l'altre cose, imputato, che avesse
occupato i beni delle Chiese vacanti; rispose all'accusa, ch'egli non
faceva usurpazione alcuna, ma valevasi di quella istessa ragione, che
i suoi Predecessori s'erano valsi nelle Sedi vacanti, con dar la cura
de' beni di quelle a' suoi proccuratori idonei, e fargli da quelli
amministrare; e che egli era contento di valersi di quell'istessa
ragione, che i Re di Francia, e d'Inghilterra valevansi nelle Chiese
vacanti de Regni loro[173].
Ma Clemente IV ne' suddetti Capitoli investendo Carlo I ciò non
piacendogli, volle nel capitolo 22 obbligare quel Re, e suoi successori
a rinunziare a qualunque _Regalia_, stabilendo, che nelle Sedi vacanti
non potesse pretendere, nè avere, nè regalie, nè frutti; rimanendo
intanto, finchè non fossero proviste, la custodia delle Chiese presso
le persone ecclesiastiche, le quali secondo il prescritto de' Canoni
dovranno amministrare le rendite di quelle, e conservarle a' futuri
successori[174]. Questo fu un gran passo, che avanzarono i Pontefici
romani, togliendo a' nostri Principi le regalie nelle Chiese vacanti;
poichè, se bene in questi principii si mostrasse di far rimanere
la cura delle medesime alle persone ecclesiastiche, e di regolare
l'amministrazione delle loro entrate secondo i Canoni; nulladimanco in
processo di tempo, vi destinarono essi i Collettori e Nunzii, i quali
mettendo mano sopra i beni di quelle, non più a' futuri successori, ma
a Roma si serbavano i frutti; onde fu stabilito presso di noi un nuovo
fondo, e cominciò a sentirsi il nome di _Nunzio Appostolico_, il che
non ebbe perfezione se non nel seguente secolo decimoquarto nel Regno
di Roberto per le cagioni, che saranno da noi rapportate ne' libri
seguenti di quest'Istoria, quando ritornerà occasione di favellare
dell'introduzione del _Collettore Appostolico_ nel Regno e de' suoi
maravigliosi progressi in fornir Roma di danari per gli spogli delle
nostre Chiese, e per altri emolumenti, che ivi si tirarono.
Si fecero ancora a questi tempi altre sorprese per tirar ogni cosa
in Roma; poichè quando prima, secondo i concordati dal Re Guglielmo I
colla Sede Apostolica, non erano accordate le appellazioni del Regno
di Sicilia[175]; ora Clemente nel 18 articolo dell'investitura data a
Carlo, espressamente convenne, che le cause ecclesiastiche dovessero
trattarsi innanzi agli Ordinarii, e per appellazione dalla Sede
Appostolica; ed essendosi proccurato in questi tempi, come vedremo più
innanzi, stendere la conoscenza, ed il Foro episcopale in immenso, e
tanto che non vi era litigio, dov'essi non pretendessero metter mano,
furono tirate tutte le cause in Roma: ciò che apportò a quella Corte
grandi emolumenti e danari.
Ma quello, che portò maggior utile e guadagno alla Corte di Roma,
siccome non minor povertà al Regno, fu la provisione de' beneficii,
ed i varii mezzi e modi inventati e stabiliti da poi per le loro
_Decretali_, ed _Estravaganti_ e molto più _per le Regole della
Cancelleria_, per le quali quasi tutto il denaro delle nostre chiese e
monasterii va a colare in Roma.
Il nome di _Beneficio_ fu ne primi secoli della Chiesa inaudito, nè
per tutto il tempo, che durò la quadripartita divisione de' beni di
quella, s'intese mai; ma quella poi posta in disuso ed annullata,
si videro varie mutazioni. Siccome la parte assignata a' poveri si
diede a' Vescovi col peso d'alimentargli, così la porzione assegnata
a' Cherici cessò, ed in sua vece furono assegnati agli ecclesiastici
ufficii certi, con destinar loro determinate rendite, delle quali si
servissero i Ministri delle Chiese, come di roba propria; e questo
dritto di raccogliere le mentovate rendite congiunto col ministerio
spirituale, fu generalmente appellato _Beneficio_, e credesi che
tal nome, ed assegnato di rendite a ciascun ministero cominciasse
nel nono secolo circa l'anno 813 come si raccoglie dal _Maguntino_,
celebrato in quell'anno, dove la prima volta si fa menzione del
Beneficio ecclesiastico[176]. In cotal guisa, siccome coloro, che
militavano per l'Imperio, erano premiati con Feudi, che pure si dissero
_Beneficj_, così i Ministri militanti per la Chiesa era di dovere, che
si premiassero con tal sorte di _Beneficj_, cioè con queste rendite,
e dignità ecclesiastiche, le quali erano chiamate Beneficj; affinchè
con tal premio ciascuno si rendesse più animoso e forte, e adempisse al
proprio dovere ed ufficio.
Ma questi beneficj non essendo, che un dritto annesso e dipendente dal
ministerio di godere le rendite ecclesiastiche in vigore d'una canonica
istituzione, bisognava, che chi il conferiva, avesse ragione e potestà
di conferirlo, e che la persona, a chi si conferiva, fosse parimente
ecclesiastica, per cagion del ministerio, a cui con titolo perpetuo
era unito. Nelle diocesi la facoltà di conferire era de' Vescovi, i
quali o liberamente gli conferivano, ovvero di necessità; ed era quando
il beneficio non poteva conferirsi se non a colui, che il _Padrone_
presentava in vigor del _patronato_, che v'avea: diritto, che erasi
acquistato, o per aver fondata la Chiesa, o arricchitala di beni, sopra
i quali avea istituito il beneficio.
I Pontefici romani trovaron mezzi non solo di tirar in Roma le
collazioni, e privarne i Vescovi, ed i padroni delle presentazioni,
ma d'inventare nuove regole, perchè ogni cosa servisse a congregar
tesori. Prescrissero certi termini, così agli uni, come agli altri, di
valersi di loro ragione, li quali elassi, la collazione si devolve a
Roma. Parimente se nominavano persone indegne ed incapaci, ed a' quali
ostassero canonici impedimenti, a' quali essi soli si riserbarono la
potestà di poter dispensare, togliendola ad ogni altro. Se fra gli
presentati, o eletti accadeva litigio, la causa era tirata in Roma,
e spesso il beneficio si conferiva nè all'uno, nè all'altro, ma ad
un terzo. S'introdusse, che il Papa potesse concorrere, e prevenire
ciascun collatore de' Beneficj. S'inventò la _Riservazione_, ch'è un
decreto, per cui il Papa innanzi che un Beneficio vachi, si dichiara,
che quando vacherà, nessuno lo possa conferire. Che li vacanti in
Curia, la provisione sia del Papa; siccome tutti li vacanti per
privazione, ovvero per traslazione ad un altro Beneficio, ed ancora
tutti quelli, the fossero rinunziati in Curia, e tutti li Beneficj dei
Cardinali, Ufficiali della Corte, Legati, Nunzj, ed altri Rettori e
Tesorieri nelle terre dello Stato romano, e parimente li beneficj di
quelli, che vanno alla Corte per negozj, se nell'andare, o nel tornare
morissero circa 40 miglia vicini alla Corte, ed ancora tutti quelli,
che vacassero, a cagione che li possessori loro avessero avuto un altro
beneficio.
Furono ancora introdotte le _Rassegnazioni_, comandandosi sotto
spezioso pretesto di levare la pluralità de' Beneficj, che chi ne avea
più gli rassegnasse; e per l'avvenire, chi avendo un beneficio curato
ne ricevesse un altro, dovesse parimente rassegnar il primo, e li
rassegnati fossero riservati alla disposizione del Papa.
S'introdussero in questo secolo le _Commende_ dei beneficj, le quali
secondo la loro istituzione antica, non duravan, che per poco tempo:
perchè vacando un beneficio, che dall'Ordinario per qualche rispetto
non si potesse immediatamente provvedere, la cura di quello era
raccomandata dal Superiore a qualche soggetto degno, sin tanto che
la provisione si facesse, il quale però non aveva facoltà di valersi
dell'entrate, ma di governarle, e riserbarle al futuro successore; ma
poi, ancorchè i Pontefici proibissero a' Vescovi il _Commendare_ più
che sei mesi, essi passarono a dare le Commende a vita. E le _Commende_
delle nostre Badie rendute ricchissime, che stabilirono nel nostro
Reame, han tirato in Roma più tesori, che quelle di tutte le altre
parti d'Italia.
Papa Giovanni XXII che si distinse sopra tutti gli altri per
l'esquisita diligenza, che avea in cavar danari d'ogni cosa, onde
in 20 anni di Pontificato ragunò incredibili tesori, e con tutta
la profusione usata in vita, pure lasciò alla morte sua 25 milioni:
introdusse da poi l'_Annate_, ordinando, che per tre anni ogniuno,
che otteneva beneficio di maggior rendita, che 24 ducati, dovesse
nell'espedizione delle Bolle pagare l'entrata d'un anno: il qual
pagamento però finiti li tre anni fu continuato così da lui, come da'
suoi successori.
Furono anche introdotte le _Pensioni_ sopra i beneficj, le quali sono
riuscite più utili che i beneficj stessi. S'introdussero anche le
_Coadiutorie_, i _Regressi_, le _Grazie espettative_, gli _Spogli_
e tanti altri modi per tirar denaro in Roma[177]. Ma sopra tutto li
tanti _divieti_, per potervi appoggiar poi le tante _dispense_, così
per la pluralità de' beneficj in una persona, come per li gradi di
matrimonj, per le irregolarità, per l'illegittimità di natali, e per
tante altre infinite ed innumerabili cagioni; onde non concedendosi
quelle senza denari, vennesi per tante, e sì diverse scaturigini ad
essere ben provveduta di tesori la Reggia universale del Cristianesimo:
con impoverirsi all'incontro le nostre Chiese, e togliersi ai nostri
Vescovi la provisione di quasi tutti i beneficj del Regno, li quali
erano in Roma provveduti nella maggior parte a' forestieri, esclusi i
nazionali, contro il prescritto de' Canoni.
Quando nella general Dieta tenuta in Vormazia, alle querele de'
Principi e de Vescovi si trattò di togliere questi abusi, narra il
Cardinal Pallavicino[178], che i Legato del Papa Alessandro altamente
si protestava, che ciò sarebbe uno sconvolgere tutto il Mondo: e
facendo la Chiesa un _Corpo politico_, diceva che il volerlo ridurre
all'antica disciplina, era l'istesso, che far tornare un giovane al
vitto, che usò bambino; e che siccome le complessioni si mutano ne'
corpi umani, così parimente avviene ne' Corpi politici. E quando
nel Concilio di Trento s'ebbe a trattare di quest'istessa materia,
per darvi almeno riforma, fu la cosa più sensibile e spiacente, che
mai potesse proporsi. Si opposero con vigore i Prelati del Papa, e
difendevano gli abusi per quest'istesso, che sarebbe dissolvere questo
_Corpo politico_, e questa gran _Monarchia_; e l'istesso Cardinal
Pallavicino[179] alla svelata dice, ch'essendo il Papa il _Supremo
Principe_, che ha tanti _gran Senatori_ venerati con regali onoranze,
in una _Reggia_ universale del Cristianesimo, non deve sembrar cosa
strana, se per conservar lo splendore d'una _Reggia_ ecclesiastica
abbia tirato a se tutte le grazie, le dispense, le collazioni, e tanti
altri emolumenti per le resignazioni, regressi, annate, pensioni,
spogli e tanti altri modi introdotti per tirar danaro in Roma; poichè
(e' dice) siccome qualunque Principe riscuote senza biasimo i diritti
per le grazie e per le dispensazioni, ch'egli concede secondo le tasse
del suo Governo, così non debba biasimarsi il Papa _Principe Supremo_ e
_Monarca_, per ciò che concede e dispensa nel Cristianesimo; e siccome
i Principi qualora talun de' suoi Fedeli s'è segnalato in qualche
azione militare o politica, gli concede Feudi o altra mercede; così il
Papa _Principe Supremo_ dispensa quanti beneficj egli vuole a chi s'è
segnalato in qualche azione o d'aver maneggiato bene un affare, compita
bene una Legazione o Nunziatura o fatti altri importanti servizi alla
Santa Sede; ed affinchè non fossero distratti dai loro impieghi, e
si togliesse l'incompatibilità d'aver molti di questi beneficj, e non
adempire a' ministeri, a cui sono annessi, s'introdusse, che in vece
dell'ufficio, bastasse la semplice recitazione del breviario e dell'ore
canoniche.
Per mantener questa _Reggia_, dice ancor questo Cardinale[180], che
bisognava aprire più fonti per cavar denari ed onori, onde i Ministri
si mantengano con decoro e pompa conveniente a' Re; e che perciò
non debbasi molto badare all'unione di più beneficj in una persona,
senza obbligargli alla residenza. Questi sono i mezzi in verità (e'
dice) per conservar con splendore l'Ordine clericale, ed una _Reggia_
ecclesiastica; un de' più efficaci è la copia di que beneficj, i
quali non obbligano a residenza: dovea provvedersi con ciò ed una
Corte e ad una _Reggia_ universale. Ed altrove[181] valendosi del
medesimo paragone del Principe, apertamente dice, che siccome l'erario
del Principe bisogna star sempre pieno per ben governarsi lo Stato,
così, tener l'erario vuoto il Papa, _Principe supremo_, è l'istesso,
che _allentar la disciplina_. Quindi conchiude, che il riformar la
_Datarìa_, proibire a' Giudici ecclesiastici impor pene pecuniarie,
ed il levar le spese nelle _dispensazioni_, era un _allentar la
disciplina_; poichè _la pecunia_ (sono sue parole) _è ogni cosa
virtualmente; così la pena pecuniaria è dall'umana imperfezione la più
prezzata di quante ne dà il Foro puramente ecclesiastico: il quale non
potendo, come il secolare, porre alla dissoluzione il freno di ferro,
convien che gliel ponga d'argento_.

§. III. _Della conoscenza nelle Cause._
Tirate tutte le cause d'appellazioni in Roma, si proccurò ampliare
la giurisdizione del Foro episcopale, e stendere la conoscenza de'
Giudici ecclesiastici sopra più persone, ed in più cause, sicchè poco
rimanesse a' Magistrati secolari d'impacciarsene. Federico II in alcuni
enormi e gravi delitti de' Cherici, perchè non rimanessero impuniti,
prendeva egli sovente a fargli castigare: ma Clemente nelle condizioni
dell'investitura data a Carlo, volle nel 20 articolo che si stabilisse,
che in tutte le cause così civili, come criminali non si potessero
convenire avanti il Giudice secolare, se non si trattasse civilmente
di cause feudali. E le sorprese, che a questi tempi si fecero, non
pure presso di noi, durante il Regno degli Angioini, ma anche nel
Regno stesso di Francia, furono maravigliose. I nostri Re della Casa
di Angiò riconoscendo da' romani Pontefici il Regno; e vedendo che in
Francia anche quei Re lo sofferivano, non aveano cuore di resistere
e di opporsi. Sottratto l'Ordine ecclesiastico totalmente dalla
giurisdizione secolare, ed arricchito di molti privilegi ed immunità,
si pensò stendere in prima l'esenzione a più persone che non erano di
quell'Ordine.
I. Essi mettevano al numero de' Cherici tutti quelli che avevano avuta
tonsura, ancorchè fossero casati, ed attendessero ad altre occupazioni,
che ecclesiastiche; e narra Carlo _Loyseau_[182], che in Francia la
cosa s'era ridotta in tale estremità, che quasi tutti gli uomini
erano di loro giurisdizione, perchè ciascuno prendeva tonsura per
esenzionarsi dalla giustizia del Re o del suo Signore, più tosto che
per servire alla Chiesa. In Francia però quest'abuso fu nell'anno 1274
corretto a riguardo dell'esenzioni delle tasse o gabelle dal Re Filippo
l'_Ardito_, il quale volle che i Cherici casati fossero sottoposti
alle tasse, come li puri laici, e l'immunità loro rimanesse solo a
riguardo del Foro, la quale pure fu poi lor tolta dall'Ordinanza di
Rossiglione, la quale questa immunità la conservò solamente ai Cherici
costituiti negli Ordini Sacri, e poi il Parlamento la conservò anche
a' Beneficiati. Ma nel nostro Regno l'abuso non fu tolto all'intutto, e
rimase sol corretto a riguardo dell'esenzioni delle collette o gabelle,
rimanendo loro l'immunità a riguardo del Foro, perchè facevano i Re
della Casa d'Angiò valere nel Regno la Costituzione di Bonifacio VIII,
per la quale era stato conceduto a' _Cherici conjugati_ privilegio
d'immunità; onde il Re Roberto nel 1322 ordinò a' suoi Ufficiali del
Regno che osservassero detto privilegio, e che non procedessero,
così nelle loro cause civili, come criminali, purchè però abbiano
contratto matrimonio con una, e vergine, portino la tonsura, e le vesti
chericali, e non si meschino in mercatanzie e negoziazioni; ed ancora
se non abbiano assunto la tonsure, ed abito del Chericato dopo commesso
il delitto per evitar la pena[183]. La qual Ordinanza fu rinnovata
poi dalla Regina Giovanna I nell'anno 1347[184]; e confermata dal Re
Ferdinando I d'Aragona per sua Prammatica[185] stabilita nell'anno
1469.
Parimente nel nostro Regno a' _Frati terziarj_ di S. Francesco che sono
mantellati e cordonati, ed abitano in luoghi claustrali; siccome alle
_Bizoche_, che vivono con voto verginale o celibe viduale, pure loro
si diede l'esenzione dal Foro secolare. E nel Regno degli Angioini la
cosa si ridusse a tal estremità, che fino le _Concubine_ de' Cherici
godevano esenzione; e quel che fa più maraviglia, ne furon persuasi gli
stessi nostri Principi, leggendosi, che i Cherici della città e diocesi
di Marsico si querelavan col Re Roberto, perchè il Giustiziero della
provincia di Principato _citra_ procedeva contro le loro concubine;
imperocchè avendo il Re Carlo II padre di Roberto per suoi Capitolari
ordinato, che le concubine scomunicate, le quali passato l'anno
persistevano pure nella scomunica, fossero multate in certa quantità di
denari, il Giustiziero, anche dalle concubine de' Cherici voleva esiger
la multa; onde il Re Roberto nell'anno 1317 ordinò al medesimo, che non
procedesse contro di loro in virtù del detto Capitolo di suo padre, nè
tampoco le molestasse nelle persone, nè nelli beni, ma che lasciasse il
castigo di quelle alli Prelati delle Chiese[186].
S'introdussero ancora nel Regno i _Diaconi selvaggi_ che pure
pretendevano esenzione; e bisognò per correggere in parte quest'altro
abuso, che il suddetto Re Ferdinando I, nel 1479, pubblicasse
prammatica[187] colla quale fu stabilito, che qualora non sono ascritti
al servizio d'alcuna Chiesa, ma si mescolano ne' negozi secolari, e
di Diaconi e di Cherici non abbiano che il puro nome, s'abbiano da
riputare come veri laici, in modo che siano soggetti al Foro secolare,
ed avanti giudici secolari, così nelle cause civili, come criminali,
debbano essere convenuti, e debbano soffrire tutti i pagamenti fiscali,
gabelle, collette, e tutti gli altri pesi, che sostengono i laici.
Fu da poi praticato, che non godessero il privilegio del _can. si
quis suadente_, nè il privilegio del Foro nelle cause civili, ma solo
nelle criminali, e nelle civili in quanto al costringimento del corpo,
rendendogli immuni da' pesi personali, non però di gabelle, collette,
ed altri pagamenti fiscali e pesi reali. Intorno a che dal nostro
Collaterale per varie consulte, e dal Tribunale della regia Camera per
molti suoi Arresti fu meglio regolato tutto quest'affare, e rimediato
in parte agli abusi; di che è da vedersi il Chioccarelli[188].
Ancora fra noi fu uno de' punti controvertiti se i laici _famigliari
de' Vescovi_ dovessero convenirsi così nelle cause civili, come
criminali avanti il Vescovo, o pure avanti Giudici secolari[189];
pretendendo gli Ecclesiastici tirargli al loro Foro episcopale.
Parimente stendevano la esenzione conceduta alle loro persone,
anche sopra i mobili de' Cherici, in conseguenza di quella massima
mal intesa, _mobilia sequuntur personam_, di maniera che tutti li
mobili delle genti di Chiesa casate o non casate, non potevano essere
eseguiti, nè ad altri aggiudicati dal Giudice laico.
II. Essi sostennero, che ogni causa dove occorresse mala fede, e per
conseguenza peccato, fosse della loro giurisdizione, come quella nella
quale occorre di doversi trattare del soggetto dell'anima, di cui essi
sono i Moderatori; e così essi intendevano il passo del Vangelo, _si
peccaverit frater tuus, dic Ecclesiae_, particolarmente quando le Parti
se ne querelavano; la qual querela perciò essi chiamavano _denuncia
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