Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 13

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quella toccando leggiermente a ciascuno il capo diceva: _Iddio ti
faccia buon Cavaliere_. Altri, come il Mennio[285], dicono, che il
Re percuoteva colla sua spada gli omeri, non il capo. Allora, senza
che i valletti si movessero davanti il Re, comparivano sette donzelle
della Regina vestite a bianco, le quali portando i cingoli nelle loro
mani, offertigli prima al Re, gli cingevano ne lombi de' Cavalieri.
Si prendevano poi da su l'altare le spade, come narra Pietro di
Blois[286], e dalle medesime donzelle erano attaccate a' lati de' nuovi
Cavalieri. Venivano appresso alcuni Cavalieri, e lor calzavano gli
sproni, e poscia ponevano loro una sopravvesta di panno di lana verde
foderata di pelle di vajo. La Regina poi dalla sua sedia lor porgea la
mano, ed alzatisi, s'andavano a sedere nella lor sedia. Venivan allora
tutti i Cavalieri e Nobili quivi presenti a rallegrarsi con loro della
dignità ricevuta, e datasi una colazione di cose inzuccherate, si
finiva la festa.
D'allora in poi non più valletti, ma _Messeri_, o _Militi_ erano
appellati, e come gente di guerra godevano de' militari privilegi,
e di quelli ancora, che hanno i semplici Gentiluomini, cioè d'essere
esenti dalle tasse: di portar la spada sino al gabinetto del Re: goder
il privilegio della caccia: essere esenti dalle pene degli ignobili; e
non esser tenuti battersi in duello con gli ignobili. Ne' loro tumuli
perciò si scolpivano vestiti d'arme, col cingolo, con la spada e con
gli sproni ai piedi, sotto i quali erano due cani per simbolo della
fedeltà, ciò ch'era l'impresa de' Cavalieri; e di ciò infiniti marmi
si veggono in varie chiese di Napoli; nè era permesso ad altri, che
non fosse Cavaliere, farsi scolpire in cotal modo nelle sepolture;
poichè i Dottori ne' loro tumuli si scolpivano con la toga lunga, e
col cappuccio su 'l capo, come si vede nella chiesa di S. Domenico
Maggiore di Napoli nel sepolcro di Niccolò Spinelli da Giovenazzo,
detto di Napoli ed in altre chiese ancora; e que' del minor popolo,
come i mercatanti e gli artefici, si facevano scolpire con una vesta a
mezza gamba, con maniche larghe, e con uno involto di tela su 'l capo,
siccome si veggono i loro tumuli in varie chiese di questa città[287].
Per questo era necessario, che si ritornasse il cingolo, quando si
voleva far guerra al Principe, da cui erano stati armati Cavalieri,
perchè altrimenti sarebbero stati reputati felloni ed infami, siccome
de' Principi di Bisignano e di Melfi, del Duca d'Atri e del Conte di
Maddaloni rapportano l'Engenio ed il Tutini[288], i quali essendo stati
onorati da Luigi XII Re di Francia della collana di S. Michele, quando
occupò il Regno, essendo quello poi ricaduto a Ferdinando il Cattolico,
restituirono la collana a Luigi.
Queste cerimonie per essersi rese le più segnalate e rimarchevoli, si
facevano con tale magnificenza e dispendio, che si vede così in più
Costumanze di Francia, come nelle nostre leggi del Regno, che i Baroni
aveano dritto d'imporre dazi su i loro vassalli, e dimandar sovvenzioni
da essi per le spese, che si avean da fare in tal funzione, quando essi
o i loro figliuoli primogeniti dovean armarsi Cavalieri, non altrimente
che quando maritavano le loro figliuole primogenite[289]. Noi ne
abbiamo una Costituzione di Guglielmo sotto il titolo _de adjutoriis
exigendis_[290], che parla de' figliuoli, _pro faciendo filio Milite_.
Federico II l'ampliò poi al fratello, come si legge nella Costituzione
_Comitibus_ sotto il titolo _de adjutoriis pro militia fratris_.
E tra l'epistole di Pietro delle Vigne[291] ne leggiamo una di
quell'Imperadore dirizzata ad un Giustiziero, affinchè faccia esigere
il solito _adjutorio_ da' vassalli d'un certo Barone, il cui figliuolo
dovea prender l'onoranza di Cavaliere: _Idem Justitiarius a Vaxallis
praefati Baronis juxta Constitutionem Regni nostri subventionem fieri
faciat congruentem_.
Così ancora nel Regno di Carlo di Angiò e del suo figliuolo leggiamo
ne' regali Archivi molti di questi ordini; e nel Registro dell'anno
1268[292], se ne vede uno spedito a favore di Filippo Brancaccio:
_Scriptum est Justitiario Terrae Laboris, ec. Quod Philippo Brancaccio,
qui nuper se fecit militari cingulo decorari, subventionem per hoc
congruam a Vaxallis suis faciat exhiberi._ E nel Registro dell'anno
1294[293] un altro a beneficio di Lionardo S. Framondo: _Quod Vaxalli
Leonardi de S. Framundo, praestent eidem congruam subventionem juxta
Regni consuetudinem, pro militari cingulo accipiendo_. Simil ordine
ottenne Adinolfo d'Aquino per Cristoforo suo fratello, quando da
Carlo primogenito del Re, mentr'era in Francia, fu cinto Cavaliere:
_Adenulphus de Aquino petit subventionem a vaxallis pro Christophoro
ejus fratre militari cingulo decorato a Carolo primogenito in
partibus Franciae_[294]. E poichè per la celebrità e magnificenza,
che si usavano nella creazione de' Cavalieri, s'introdusse, che non
solamente i semplici Gentiluomini, ma anche i Principi, i fratelli e
sino i figliuoli del Re volevano avere quella dignità di Cavaliere,
perciò nella creazione de' figliuoli, o fratelli del Re, poteva questi
dimandar la sovvenzione da' suoi vassalli per tutto il Regno; ed Andrea
d'Isernia rapporta, che tra' Capitoli di Papa Onorio venga anche ciò
dichiarato, che possa il Re imponere una taglia nel Regno, quando, o
volesse egli armarsi Cavaliere, o suo figliuolo, o fratello, pur che
però non eccedesse la somma di dodici mila once[295].
Tante belle e sì magnifiche cerimonie, che si facevano nella
creazione de' Cavalieri, furono cagione, che non solamente i semplici
Gentiluomini, e que' che non aveano ufficio o carica pubblica, ma
ancora i Signori, i Principi e fino i figliuoli de' Re vollero armarsi
Cavalieri, riputando, che questo fosse non solamente un onore, ma
ancora un buon presagio, e parimente un impegnamento al valore ed alla
generosità il ricevere la spada dalle mani del loro Principe. Ciò che
frequentemente, ed in Francia, e presso noi da' nostri Re costumavasi.
Negli Annali di Francia vediamo, che il Re Carlo M. cinse la spada a
Luigi il Buono suo figliuolo, essendo in procinto d'andare alla guerra.
E Luigi medesimo fece il simile a Carlo il Calvo suo figliuolo. Il
Santo Re Luigi armò Cavaliere il suo figliuolo primogenito Filippo III,
e Filippo tre altri suoi figliuoli. E l'Istoria nota, che in queste
funzioni, il Re avea la sua corona in capo, la Corte era piena, ed in
quel giorno era tavola aperta per tutti.
I nostri Re normanni ed angioini, che punto non si discostarono
dall'usanze de' Re di Francia, solevano praticar il medesimo. Così
leggiamo di Adelasia Contessa di Calabria e di Sicilia, la quale prima
che Ruggiero suo figliuolo fosse Conte, e poi primo Re di Sicilia,
volle che s'armasse Cavaliere; onde è, che prima questo Principe ne'
diplomi si nominasse Cavaliere, e poi Conte, come si osserva in più
carte rapportate da Pirro[296], in una delle quali si legge così:
_Ego Adelais Comitissa, et Rogerius filius meus Dei gratia jam Miles,
jam Comes Siciliae et Calabria, etc._ Ruggiero istesso, narra l'Abate
Telesino[297] che fatto Re, _duos liberos suos ad militiam promovit,
Rogerium Ducem, et Tancredum Bagensem Principem, ad quorum videlicet
laudem et honorem quadraginta Equites cum eisdem ipsis militari cingulo
decoravit_; e Paolo Pansa nella vita d'Innocenzio IV[298] rapporta
ancora, che l'Imperador Federico II essendo nell'anno 1245 passato a
Cremona, creò Cavaliere Federico suo figliuolo Principe d'Antiochia,
che quivi era, e cinsegli di sua mano la spada al lato.
Ciò che fu da poi imitato da' Re angioini, ed infra gli altri da Carlo
II il quale, innanzi di dar altri titoli a' suoi figliuoli, gli volle
prima crear Cavalieri: così nell'anno 1289 dopo un general parlamento
volle, prima di crearlo Re d'Ungheria, ornar Cavaliere, insieme con
molti altri, Carlo Martello suo primogenito. Il simile fece a Filippo
Principe di Taranto suo quartogenito, il quale fu da lui ornato del
cingolo militare prima d'esser creato Principe di Taranto. A Roberto
suo terzogenito, che poi gli successe nel Regno fece il medesimo;
poichè trovandosi egli nell'anno 1296 in Foggia scrisse a Filippo
suo figliuolo, che pubblicasse per mezzo de' soliti editti, come a' 2
Febbrajo giorno della Purificazione, voleva cinger Cavaliere Roberto;
e tutti que' gentiluomini, che desideravano armarsi, comparissero in
Foggia, ove insieme con Roberto avrebbero ricevuto il cingolo militare.
Il mentovato Re Roberto volle anch'egli nella città di Napoli cinger
Cavaliere nel dì della Purificazione Carlo Duca di Calabria suo
unigenito, e di ciò nell'anno 1316 ne diede parte a tutto il Regno,
scrivendone a' Giustizieri delle province, come dal diploma, che
rapporta il Tutini[299] insieme con gli altri esempi sopra riferiti.
Da questo costume, che tenevano i Re d'armare Cavalieri i loro
figliuoli, che dovevano succedere nei loro Reami, nacque il dubbio,
se essendosi ciò tralasciato di farsi, coloro che succedevano al Regno
essendo Re, fossero Cavalieri, ancorchè non avessero ricevuto l'Ordine.
E da quello ch'essi praticavano si scorge, che pare non s'avessero
per tali, già che essendo Re volevan esser cinti Cavalieri. Così
osserviamo nel libro dell'epistole di Pietro delle Vigne[300] dove si
legge una lettera, che scrisse il Re Corrado figliuolo di Federico II
agli abitanti di Palermo, nella quale loro scrivea aver voluto cingersi
Cavaliere: _Licet_, dic'egli, _ex generositate sanguinis qua nos natura
dotavit, et ex dignitatis officio una duorum Regnorum nos in solio
gratia divina praefecit, nobis militaris honoris auspicia non deessent;
quia tamen militiae cingulum, quod reverenda sancivit antiquitas,
nondum serenitas nostra susceperat, prima die praesentis Mensis Augusti
cum solemnitate tyrocinii latus nostrum eligimus decorandum, etc._
Parimente leggiamo in Sigeberto, che Malcolmo Re di Scozia volle esser
fatto Cavaliere dal Re di Francia Errico I. E narra Ottone Frisingense,
Guglielmo Rufo Re d'Inghilterra essersi fatto cingere Cavaliere da
Lanfranco Arcivescovo; poichè in que' tempi ancor durava il costume,
che non pure i Principi, ma anche i Vescovi e Prelati armavano
Cavalieri: ciò che fu poi lor proibito nel Sinodo _Westmonasteriense_
celebrato nel 1102[301]. Così ancora Errico II si fece armare dal
Maresciallo Bisense[302]: ed Odoardo IV Re d'Inghilterra ricevè
l'onoranza di Cavaliere dal Conte di Devonia. Errico VII ricevè il
cingolo dal Conte d'Evadolia: ed Odoardo VI dal Duca di Somersette.
Giovanni Villani[303] ancor rapporta, che Luigi di Taranto secondo
sposo della Regina Giovanna I ricevè il cingolo militare dalle mani
d'un Capitano tedesco; e negli annali di Francia si legge, che dopo la
giornata di Marignano il Re Francesco I fu fatto Cavaliere da Capitan
Bajart, che gli cinse la spada[304]; e Luigi XI si fece ancora armar
Cavaliere dal Duca Filippo di Borgogna[305].
Ma quantunque l'istorie abbondino di questi e di molti altri esempi,
dove si vede, che non avendo preso il cingolo nella loro adolescenza,
fatti Re, se n'han voluto ornare; non è però, come saviamente notò
Loyseau[306], che ne avessero avuto bisogno, e non fossero senza
quello Cavalieri: essi lo facevano per maggiormente onorare l'Ordine
de' Cavalieri, e per metterlo in maggior lustro e splendore. I Re come
Oceano d'ogni dignità e d'ogni onore, e come Sole onde deriva ogni
splendore, contengono in se medesimi tutte le dignità e tutte le più
alte prerogative e preminenze.
Quest'Ordine reso sì illustre da' Franzesi e da' nostri Re angioini in
maggior numero ristabilito in Napoli, ed in queste nostre province, per
li molti Cavalieri, che creavano, pose in tanta riputazione l'esercizio
militare, che non vi era gentiluomo, che non proccurasse quest'onoranza
e s'esercitasse perciò nella milizia; onde venne il Regno a fornirsi di
bravi e valorosi Capitani.
Non è, che Carlo I d'Angiò fosse stato il primo ad introdurgli in
Napoli e nel Regno; cominciarono sin da' tempi di Ruggiero I Re di
Sicilia; ma egli fu che esaltò quivi tal Ordine, e specialmente a
Napoli, in maggior elevatezza, e lo rese più numeroso e florido.
Ruggiero I Re di Sicilia fu il primo ad introdurlo a Napoli, e
fu allora, quando entrato pien di trionfo, e vittorioso in questa
città, si narra, che nel primo ingresso che vi fece nell'anno 1140
armò 150 Cavalieri[307]. E quando diede il cingolo al Duca Ruggiero,
ed a Tancredi Principe di Bari suoi figliuoli, ne creò quaranta
altri[308]. Il di cui esempio imitò poi _Tancredi_, il quale essendo
stato nell'anno 1189 coronato in Palermo Re di questi Regni insieme
con Ruggiero suo figliuolo, in questa solennità cinse molti Cavalieri,
dell'uno e l'altro Reame.
Il Re Manfredi, narra Matteo Spinello da Giovenazzo[309], coronato che
fu Re in Palermo, essendosene passato in Calabria, creò per quelle
città molti Cavalieri, e poscia venendo in Napoli, nell'ingresso
solenne, che vi fece, armò trentatrè Cavalieri, tra' quali vi furono
Anselmo e Riccardo Caracciolo Rossi. E portatosi poi nell'anno 1253 in
Civita di Cheti, nelle feste di Natale cinse molti Cavalieri di varie
città di Abbruzzo.
Ma niuno altro de' nostri Principi usò tanta magnificenza e profusione
in armar Cavalieri in Napoli e nel Regno, quanto Carlo I d'Angiò.
Non vi occorreva pubblica solennità, che Carlo con sontuose feste non
volesse crearne. Nell'anno 1272 nel dì di Pentecoste ne cinse in Napoli
moltissimi tutti nobili Napoletani, fra' quali Bartolommeo dell'Isola,
Landolfo Protonobilissimo, Marino Tortello, Liguoro Olopesce, Filippo
Falconaro, Bartolommeo d'Angelo, Marino del Doce, Marino Pignatello,
Tommaso Pignatello, Gualtieri Falconaro, Lorenzo Caputo, Bartolommeo
Gaetano, Gualtieri Caputo, tutti nobili Napoletani. De' Nobili poi del
Regno, armati da Carlo Cavalieri, ne sono pieni i Registri, siccome
in quello dell'anno 1269 ove ne sono notati infiniti, e fra gli altri
Pietro di Ruggiero da Salerno, Bernardo di Malamorte, Raimondo di
Brachia, e Pietro di Penna d'Abbruzzo: creò ancora Cavaliere il Giudice
Sparano da Bari, che poi innalzò ad esser G. Protonotario del Regno,
ed altri infiniti sotto questo Re se ne trovano. Nè la munificenza di
questo Re si restrinse a' soli Nobili, ma ammise anche a quest'onoranza
que' del Popolo di Napoli e del Regno, che s'erano distinti, o per
il loro valore o per altra prerogativa: così nel suddetto Registro
dell'anno 1269 se ne leggono moltissimi[310], tanto che adornò questo
Principe Napoli ed il Regno di tanti Cavalieri, che la disciplina
militare e l'esercizio dell'arme si rese di gran lunga mano superiore a
quello delle lettere; e siccome a' tempi nostri il presidio delle Case,
ed il loro istituto è di applicar i figliuoli alle lettere ed alle
discipline, e sopra tutto alla legale; così allora per quest'Ordine
di Cavalleria cotanto da Carlo pregiato, non vi era famiglia, non
istruisse i figliuoli all'esercizio della guerra e delle armi.
Ad esempio di Carlo, fecero lo stesso tutti gli altri Re angioini
suoi successori, come Carlo II suo figliuolo, che nell'anno 1290
coll'occasione dell'incoronazione di _Carlo Martello_ in Re d'Ungheria,
armò in Napoli più di 300 Cavalieri[311], e negli anni 1291, 1292,
1296 e 1300 altri moltissimi[312]. Così Roberto suo nipote, dopo
la sua coronazione diede il cingolo a molti Napoletani e del Regno
ancora, siccome nell'anno 1309 ad alcuni d'Aversa, nell'anno 1310 a
molti di Salerno, di Capua e d'Isernia; e circa il 1312 trovandosi
egli nell'Aquila fece molti Cavalieri di quella città. E così fecero
gli altri Re della seconda stirpe d'Angiò, come Carlo III, Luigi
III, Ladislao ed altri, avendo tutti calcate le vestigie di Carlo il
Vecchio. Quindi si fece poi, che fosse tanto cresciuto nel Regno il
numero de' Cavalieri, che per cagione della moltitudine, e del poco
merito d'alcuni, che n'erano ammessi, cominciava già l'Ordine della
Cavalleria a cadere in disprezzo, e di non esser molto stimato.
Nè ciò avvenne presso noi solamente, ma anche in Francia, e negli
Reami degli altri Principi, pure a cagion della moltitudine ch'essi
ne facevano: poich'era la facilità di fare Cavalieri giunta a tanto,
che i Re tanti ne facevano, quanti in qualche pubblica festività
se ne presentavano avanti. E negli Annali di Francia si legge,
che il Re Carlo V all'assedio di Burges in un giorno solo ne fece
cinquecento[313]. E di Carlo V Imperadore pur si legge, che quando
fu incoronato Imperadore in Bologna da Clemente VII fece Cavalieri
tutti quelli, che trovò ragunati avanti la Chiesa di S. Giovanni,
toccandogli, senz'altra solennità, leggiermente con la sua spada su gli
omeri.

§. II. _Particolari Ordini di Cavalleria._
Da questa facilità e dal disprezzo, che poi ne avvenne, nacque
l'origine de' particolari Ordini di Cavalleria; poichè da tanta
moltitudine se ne sottrassero i più principali, e segnalati Cavalieri,
e si ridussero ad una piccola banda, o truppa; per la qual cosa si
inventarono certi nuovi Ordini o Milizie di Cavalieri, ne' quali si
ritennero solamente quelli di più merito, o per valore o per legnaggio,
non ricevendosi coloro che non avevano altra prerogativa o titolo, che
di semplici Cavalieri.
E per rendere questi nuovi Ordini più augusti, e venerabili,
s'astrinsero a certe cerimonie di religione, riducendogli in forma di
Confrateria; ed ancora, affin di rendergli rimarchevoli e distinti
sopra li semplici Cavalieri, loro si fa portare un collare d'oro, o
altra insegna, che il Re dà loro, e pone in conferendogli l'Ordine
nel luogo della collana degli antichi Cavalieri. Ed erano questi
Ordini diversi e distinti da que' di S. Giovanni di Gerusalemme,
de' Teutonici, de' Templari, de' Cavalieri di Portaspada, di Gesù
Cristo, de' Commendatori di S. Antonio, di S. Lazaro, ed altri
rapportati da Polidoro Virgilio: perchè questi erano dell'Ordine
ecclesiastico, compreso sotto i Regolari; e per ciò erano chiamati
_Fratelli Cavalieri_, i quali anche s'astringevano a certi voti, come
di castità ed ubbidienza, ed a certe regole mescolate di vita monastica
e secolaresca.
In Francia il primo Ordine, ch'è stato di durata (poichè quello della
_Gennetta_ istituito da Carlo Martello, non accade annoverarlo, perchè
non durò guari) fu quello de' Cavalieri della Vergine Maria istituito
nell'anno 1351 dal Re Giovanni; e poichè essi portavano una _Stella_
nel loro cappuccio, e poi nel mantello dopo essersi abolito l'uso de'
cappucci, si chiamarono perciò Cavalieri della _Stella_. Di questa
compagnia furono presso di noi molti Cavalieri napoletani, e siccome
rapporta l'Engenio[314] fuvvi Giacomo Bozzuto, ed alcuni della famiglia
Zurla ed Aprana, siccome si vede ne' loro sepolcri.
Il secondo, fu l'Ordine di _S. Michele_, istituito in onore dell'Angelo
tutelare della Francia dal Re Luigi XI il quale per annientare il primo
Ordine, ed innalzare il suo, diede l'insegna della Stella a' Cavalieri
della sentinella di Parigi, ed a' suoi Arcieri. I nostri Cavalieri
pure ne furon decorati da' Re di Francia, siccome Troiano Caracciolo
Principe di Melfi; Berardino Sanseverino Principe di Bisignano, Andrea
Matteo Acquaviva Duca d'Atri, e Gio. Antonio Carafa Duca di Maddaloni,
li quali da poi (come si è di sopra rapportato) ricaduto il Regno al Re
Cattolico, resero la collana al Re di Francia.
Finalmente Errico III grande inventore ed amatore di nuove cerimonie,
oltre aver istituito l'Ordine militare della _Vergine del Monte
Carmelo_, al quale Paolo V concedè molte prerogative[315], istituì
l'Ordine e Milizia di _San Spirito_, in memoria, che nel dì della
Pentecoste era nato e stato fatto Re. E questi Cavalieri oltre
l'insegne del loro Ordine, che portano sopra i loro mantelli, ne
portano un altro ad una fascia di color turchino.
Ad esempio de' Re di Francia hanno per l'istessa cagione altri Principi
istituiti nuovi Ordini di Cavalleria, ed i nostri Re _Angioini_ ne
furono i più pronti imitatori. Odoardo III Re d'Inghilterra, essendo
caduta ad una Dama, la quale egli amava, una becca della gamba, che
gl'Inglesi in lor lingua chiamano _Garter_, egli alzolla, ed alla
Dama cortesemente la rendè: di che si levò romore tra la Corte, che il
Re con quella avesse amorosa pratica; onde il Re in sua scusa, e per
onorar quell'accidente, istituì l'Ordine, detto tra noi volgarmente
della _Giarrettiera_; aggiungendo alla becca quelle parole franzesi:
_Honni soit, qui mal y pense_, che in nostra lingua vuol dire, _mal
abbia, chi mal pensa_[316]. I Re di Castiglia ne istituirono un
consimile detto della _Banda_, ovvero _Fascia_. I Duchi di Borgogna
l'altro del _Toson d'oro_. I Duchi di Savoja quello dell'_Annunziata_.
I Duchi di Toscana l'altro di _S. Stefano_. I Duchi di Orleans quello
dell'_Istrice_; e sotto gli ultimi Re di Spagna, e Portogallo quelli
d'_Alcantara_, di _S. Giacomo_, di _Calatrava_, di _S. Benedetto de
Avis_, ed altri.
Ma i nostri Re della casa d'_Angiò_ istituirono ad imitazione di quelli
di Francia più Ordini. Luigi di Taranto Re di Napoli, secondo marito
della Regina Giovanna I nell'anno 1352 nel giorno della Pentecoste
ordinò una festa in memoria della sua coronazione, nella quale istituì
l'Ordine, e la Compagnia del _Nodo_ di sessanta Signori e Cavalieri i
più valorosi di quella età, sotto certa forma di giuramento e perpetua
fede; ed insieme col Re vestivano ognun di loro la giornea usata a que
tempi della divisa del Re, con un laccio di seta d'oro e d'argento,
il quale si annodava dal Re al petto, come il Costanzo[317], ovvero
al braccio, come vuol l'Engenio[318], di quel Cavaliere, ch'entrava
in questa Compagnia. Di questo Ordine furono il Principe di Taranto,
fratello maggiore del Re Luigi, benchè scriva Matteo Villani, che
quando il Re gli mandò la giornea riccamente adornata di perle e di
gioje, col Nodo d'oro e d'argento, egli ch'era di maggior età, e che
s'intitolava Imperadore, sdegnato di ciò, disse ridendo a quelli,
che la presentarono, ch'egli avea il vincolo dell'amor fraterno col
Re, e però non bisognava più stretto nodo. Il mandò anche Re Luigi a
Bernabò Visconte Signor di Milano, il quale l'accettò molto volentieri.
Il diede a Luigi Sanseverino, a Guglielmo del Balzo Conte di Noja,
a Francesco Loffredo, a Roberto Seripando, a Matteo Boccapianola, a
Gurrello di Tocco, a Giacomo Caracciolo, a Giovanni di Burgenza, a
Giovannello Bozzuto, a Cristofano di Costanzo, a Roberto di Diano,
ed altri. E fu loro istituto, che quando un Cavaliere faceva qualche
pruova notabile, per segno del valor suo, portava il nodo sciolto: ed
alla seconda pruova tornava a rilegarlo, siccome avvenne a Giovannello
Bozzuto, il qual portandosi valorosamente in una battaglia, meritò
sciogliersi il nodo, ed in Gerusalemme poi tornò a rilegarlo; ond'è,
che nel suo tumulo nel Duomo di Napoli si veggono due nodi da' lati del
suo cimiero: e nel sepolcro del Costanzo nella Tribuna di S. Pietro
Martire, si vede un nodo legato, e l'altro sciolto. Quest'Ordine di
Cavalleria, crede il Costanzo, che fosse stato il primo istituito in
Italia: seguirono da poi gli altri istituiti da' seguenti nostri Re.
Carlo III ad emulazione di Luigi, istituì da poi nell'anno 1381 un
nuovo Ordine, il quale l'intitolò la compagnia della _Nave_, alludendo
alla Nave degli Argonauti, affinchè i Cavalieri che da lui erano
promossi a quell'Ordine, s'avessero da sforzare d'esser emuli degli
Argonauti[319]. Volle lo stesso Re esser Capo di questa compagnia,
eleggendo per protettore S. Niccolò Vescovo di Mira, al qual dedicò la
chiesa appresso il Molo, ed ordinò, che da' Cavalieri di quest'Ordine
ciascun anno si celebrasse la sua festa. Portavano costoro nelle
sopravvesti, e negli altri militari ornamenti dipinta una Nave in
mezzo l'onde alla divisa de' colori del Re, con alcuni interlacci
d'argento[320], e di questa compagnia furono i più pregiati e valorosi
Cavalieri di que' tempi, e fra gli altri Giannotto Protoiudice di
Salerno creato da Carlo Conte dell'Acerra, e G. Contestabile del
Regno[321], Gurrello Caracciolo detto Carafa Marescalco del Regno (i
sepolcri dei quali con l'insegne si veggono nella chiesa di S. Domenico
di Napoli), Errico Sanseverino Conte di Melito, Ramondello Orsino Conte
di Lecce, Angelo Pignatello, Gianluigi Gianvilla di Luxemburgo Conte di
Conversano, Tommaso Boccapianola, Giovanni Caracciolo ed altri.
Dopo la morte del Re Carlo III la Regina Margherita sua moglie col Re
Ladislao suo figliuolo nel 1388 fuggirono a Gaeta, rimanendo Napoli
a divozione del Re Luigi d'Angiò; e travagliando allo spesso li
vascelli della Regina le Marine di Napoli, alcuni Nobili del Seggio di
Portanova con altri Napoletani armarono i loro navili per contrastare
le galee della Regina; ed acciocchè con maggior ardire ed amore fra di
lor andassero, istituirono la compagnia dell'_Argata_, e per insegna
portavano nel braccio sinistro un'Argata ricamata d'oro in campo
azzurro, simile a quelle argate di canna, delle quali si sogliono
servir le donne ne' loro femminili esercizi[322]. Di quest'Ordine
furono molti Cavalieri di diversi Seggi e famiglie, come di Costanzo,
Caracciolo del Lione, di Dura ed altri[323].
Fu istituita da poi in Napoli la compagnia della _Leonza_, e l'insegna
era una Leonessa d'argento legata con un laccio nelle branche e ne'
piedi; e li Cavalieri di quest'Ordine furono quasi tutti del Seggio
di Portanova, cioè della famiglia Anna, Fellapane, Gattola, Sassona,
Ligoria e Bonifacia, e ve ne furono degli altri Seggi ancora[324].
Da poi, Giovanni Duca d'Angiò figliuolo di Renato Re di Napoli,
essendo giunto nel Regno coll'armata di suo padre ad assaltarlo, per
cattivarsi gli animi de' Cavalieri napoletani, e fra gli altri di
Roberto Sanseverino, cercò all'uso di Francia istituire una nuova
compagnia che chiamò della _Luna_, a cagion che per impresa di questa
sua milizia portava la Luna cornuta, e ciascun de' suoi compagni la
portava d'argento legata nel braccio. Furon molti di quest'Ordine, e
fra gli altri Roberto figliuolo di Giovanni Conte di Sanseverino[325].
Finalmente Ferdinando I Re di Napoli, essendo scampato dall'insidie
e tradimenti di Marino Marzano Duca di Sessa e marito d'una sua
sorella, ed avendolo fatto incarcerare, era consigliato da alcuni di
farlo morire; ma il Re non volle acconsentirvi, reputando atto crudele
imbrattarsi le mani nel sangue di un suo cognato, ancorchè traditore.
Volendo poscia dichiarar questo suo generoso pensiero di clemenza,
figurò per impresa un _Armellino_, il qual pregia tanto il candor
della sua politezza, che per non macchiarla si contenta più tosto
morire. Si portava perciò dal Re una collana ornata d'oro e di gemme
coll'Armellino pendente, e col motto: _Malo mori, quam foedari_[326].
Fu di questa Compagnia, fra gli altri, Ercole da Este Duca di Ferrara,
al qual il re Ferdinando mandò la collana per Gio. Antonio Carafa
Cavalier Napoletano[327].
Fu veramente nel Regno degli _Angioini_ per questi Ordini di Cavalleria
la milizia tenuta in sommo pregio: onde la Nobiltà di Napoli seguendo
questi generosi costumi, stese l'ale della sua fama per ogni parte
della Terra abitata: poichè molti Cavalieri napoletani impazienti
dell'ozio, e spinti da studio di gloria, si congregavano in diverse
Compagnie, e sotto diverse insegne; ed a guisa di Cavalieri erranti,
mentre il Regno era in pace, andavano mostrando il lor valore per
diverse parti del Mondo, dove sentivano, che fosse Guerra; ed avevano
tra loro alcuni obblighi di fratellanza con molta fede e cortesia
osservati; ed il Costanzo[328] rapporta, non esservi memoria, in tanta
emulazione d'onore, che l'invidia o malignità avesse tra loro suscitata
mai briga o discordia alcuna.
Ma in decorso di tempo avendo perduto Napoli ed il Regno il pregio
d'esser Sede regia, per la lontananza de' nostri Re, non solo l'Ordine
de' Cavalieri rimane oggi affatto estinto; ma anche sono estinti tutti
questi altri nuovi Ordini di Cavalleria, e solo il nome di _Milite_
è rimaso agli Ufficiali perpetui di toga del Re, come a' Reggenti
della Cancelleria, al Presidente del Consiglio, al Luogotenente della
Camera ed a tutti i Consiglieri e Presidenti di Camera, i quali dal
Re nella loro creazione sono decorati di questo titolo, come quelli,
che militano ancor essi[329]. E siccome i primi eran cinti di spada,
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