Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5 - 16

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della congiura, vennero a farsi due _Gran Corti_, una in Sicilia,
della quale era capo Alaimo; l'altra in Napoli, nella quale era Gran
Giustiziere Luigi de' Monti: ond'è che Sicilia ritenga ancora questo
Tribunale della _Gran Corte_, senz'altra giunta di _Vicaria_; poichè
in quell'isola non vi fu la Corte del Vicario, come fu in Napoli,
essendo questa stata istituita da Carlo I, quando lasciò il Principe
di Salerno per Vicario del Regno, come diremo. Così nell'istesso tempo,
che Re Pietro creò Giovanni di Procida Gran Cancelliere di Sicilia, noi
avevamo l'altro in Napoli. Ruggiero di Loria fu Grand'Ammiraglio del
Re Pietro, ed Errico di Mari del Re Carlo; e così di mano in mano degli
altri Ufficiali.
Perciò Napoli ritiene oggi li suoi Ufficiali separati da quelli di
Sicilia, siccome eziandio gli ritenne, ancorchè quella si fosse riunita
poi sotto il Regno d'Alfonso I. Ciò che per questa divisione ne avanzò
il Regno di Sicilia fu, che gli Aragonesi per aver sempre avversi i
Pontefici romani, i quali volevano che il Regno si restituisse agli
Angioini, non cercarono più ad essi investitura; onde a lungo andare
quella del Regno di Sicilia si tolse, e rimase solo per lo Regno di
Napoli.
Ma non perchè Napoli fosse per tanti gradi salita ad esser capo e
metropoli del Regno di Puglia, è punto vero quel che il Munstero[370],
Freccia[371], e 'l Summonte[372] scrissero, che sin da questi tempi
fosse questo Regno perciò chiamato il _Regno di Napoli_, e che Carlo
I d'Angiò, _Re di Napoli_ volle denominarsi; poichè tanto Carlo I
quanto Carlo II suo figliuolo, e Roberto suo Nipote, e tutti gli
altri suoi successori, non ostante la Bolla di Clemente IV, che chiamò
questi Regni di Sicilia _citra, et ultra Pharum_, non vollero ne' loro
diplomi mutar punto gli antichi titoli, e sempre vollero intitolarsi
_Rex Siciliae, Ducatus Apuliae, et Principatus Capuae_. Anzi per
quest'istesso che la Sicilia era occupata dagli Aragonesi, affinchè non
potesse dirsi di aver avuto animo d'abbandonarla, perciò s'intitolavano
anch'essi, non meno che gli Aragonesi, _Re di Sicilia_. E l'essersi
poi questo Regno detto di Napoli non più di Puglia, non accadde in
questi tempi, ma molto tempo da poi; e ciò avvenne, quando di nuovo
fu diviso dalla Sicilia sotto il Regno di Ferdinando I d'Aragona,
figliuolo d'Alfonso e de' suoi successori, poichè questi Aragonesi non
avendo altro Reame che quello di Napoli, nè potendo aver pretensione
per quello di Sicilia, si dissero, o semplicemente Re di Napoli, ovvero
di Sicilia _citra Pharum_. E nel Regno degli Angioini, gli Scrittori di
questi tempi non chiamarono con altro nome questo Regno, che con quello
di Puglia, siccome, oltre di molti altri, può scorgersi in Giovanni
Boccaccio, il quale scrivendo ne' tempi del Re Roberto e di Giovanna I,
non chiamò mai questo Regno di Napoli, ma sempre di Puglia.

§. I. _Del Tribunale della Gran Corte stabilito in Napoli._
L'essersi questo Tribunale stabilito in Napoli, non solo si dee alla
residenza di Carlo I d'Angiò in questa città, non molto più a questa
divisione del Regno di Sicilia, la quale obbligò così lui, come
gli altri Re suoi successori a mantenerlo quivi. Non è, che questo
Tribunale riconoscesse la sua istituzione da Carlo o da Federico II,
siccome si diedero a credere alcuni, ma come si è veduto nell'undecimo
libro di quest'Istoria, quando si favellò del Gran Giustiziere, fu
introdotto da' Normanni. Federico per mezzo di molte sue Costituzioni
lo innalzò, e stese molto la giurisdizione, costituendolo supremo
sopra tutti gli altri: siccome, imitando i suoi vestigi, fecero poi
gli altri Re della Casa d'Angiò. Prima, oltre del Gran Giustiziere
suo Capo, componevasi di quattro Giudici; ma Federico v'aggiunse poi
l'avvocato, ed il Procurator fiscale, il M. Razionale, molti Notai
ed altri Ufficiali minori. Si agitavano in questo, non solo le cause
civili e criminali, ma anche le Feudali, delle Baronie, dei Contadi e
de' Feudi Quaternati, le liquidazioni d'istromenti; e tutte le cause
degli altri tribunali inferiori, e de' Giustizieri delle province, si
portavano a quello per via d'appellazione, anche quelle delegate dal
Re. Erano sottoposti alla sua giurisdizione tutti i Conti, tutti i
Baroni e tutte le persone del Regno. Poteva anche conoscere de' delitti
di Maestà lesa, e di tutte le cause più gravi e rilevanti dello Stato.
I Re angioini gli diedero anche per mezzo de' loro _Capitoli_ più
regolata e stabil forma: e fra gli altri Carlo II nel 1306, mentr'era
Gran Giustiziere Ermengano di Sabrano Conte d'Ariano, mandò al medesimo
molti altri Capitoli, co' quali gli diede norma più particolare,
come dovesse reggere il suo Ufficio, mostrandogli quanto quello fosse
sublime, ed in quante cause potesse stendere la sua giurisdizione[373].
Reggendosi questo Tribunale dal Gran Giustiziere, perciò veniva anche
chiamato _M. Curia Magistri Justitiarii_ il quale prima avea la facoltà
di destinar egli il suo Luogotenente, ovvero Reggente, che in sua vece
lo reggesse: la qual prerogativa fu da poi tolta al Gran Giustiziere,
ed attribuita a' Vicerè, siccome ora costumasi.
Napoli adunque resasi più cospicua sopra l'altre del Regno, anche
per cagion di questo Tribunale, il quale tirando a se per via
d'appellazione tutte le cause del Regno, e dove trattavansi le più
rilevanti de' Baroni e de' Conti, doveva per necessità renderla più
frequentata e grande. Ma con tutto che per la residenza de' Re angioini
fossesi un tribunale così augusto stabilito in Napoli, non s'estinse
perciò l'altro più antico che vi era del Capitano. Il Capitano di
Napoli avea la sua Corte composta da suoi particolari Giudici, la quale
amministrava giustizia a' cittadini napoletani ed a suoi Borghesi[374].
Si stendeva ancor la sua giurisdizione nella città di Pozzuoli; ond'è,
che nei Registri[375] di questi Re franzesi, si leggano alcuni che
furono Capitani di Napoli e di Pozzuoli, come _Aymericus de Deluco
Miles Capitaneus Neapolis, et Puteolis_. E ne' tempi del Re Roberto
ancor si legge Roberto di Cornai Capitano di Napoli e di Pozzuoli.
Era creato a dirittura dal Re, e perciò non poteva il Reggente della
Gran Corte impedire, che non esercitasse la sua giurisdizione in
questi luoghi. Così leggiamo a' tempi di Carlo II, che Francesco
d'Ortona Capitano ottenne dal Re, che il Reggente della Gran Corte non
l'impedisse a poter esercitare la sua giurisdizione, anche nella città
di Pozzuoli.
Di questa Corte del Capitano di Napoli sin da' tempi di Carlo I
d'Angiò, ne' quali come si è altrove rapportato, vi fu Giudice il
famoso _Marino di Caramanico_, abbiamo ne' registri di questi Re
franzesi spessa memoria. Nel registro del Re Carlo II dell'anno 1298
si legge una sua carta dirizzata _Capitaneo, et universis hominibus
Civitatis Neap. ec[376]._ E ne' registri dello stesso Re dell'anno
1302 e 1303 si legge essersi scelta la Casa de' Fellapani nella Piazza
di Portanova, che era allora quasi in mezzo della città, per reggersi
questa Corte; dalla quale fu denominata la Chiesa di San Giovanni a
Corte, come narra il Summonte[377]: ancorchè il Tutini[378] creda, che
questa Chiesa ritenga tal nome dal Tribunale della G. Corte, che dice
essersi in que' tempi in quella contrada eretto. Nel tempo di Carlo
III pure della medesima si ha memoria, leggendosi una carta rapportata
dal Tutini[379] di questo Re, dove drizza un suo ordine; _Magistro
Justitiario Regni Siciliae, et Judicibus M. Curiae Consiliariis nec non
Capitaneo Civitatis Neap. ec._ Fassene anche menzione negli ultimi anni
del Regno degli Angioini; poichè la Regina Giovanna II ne' suoi Riti
della G. Corte della Vicaria ne favella[380]. Nè sentendosi da poi più
di quella parlare, crede il Tutini[381], che questa Corte rimanesse
estinta ne' tempi de' Re aragonesi ond'è, che ora il Tribunal della
Gran Corte abbia la conoscenza delle sue cause, la quale erasi negli
ultimi tempi degli Angioini molto estenuata, perchè non gli era rimasa,
se non la conoscenza delle cause criminali, nè poteva procedere nella
liquidazione degli stromenti, come si vede da Riti[382] della Regina
Giovanna II, donde si convince l'errore di _Prospero Caravita_[383],
il quale credette, che siccome nella Gran Corte presideva il gran
Giustiziere, così nella Corte della Vicaria, prima che questi due
Tribunali s'unissero, presideva questo Capitano; poichè la Corte del
Capitano di Napoli era tutta altra dalla Corte della Vicaria, della
quale saremo ora a trattare.

§. II. _Della Corte del Vicario._
La Corte del Vicario, detta comunemente _Vicaria_; bisogna distinguerla
e separarla non meno dalla Corte del Capitano di Napoli, che dalla
Gran Corte, così se si riguarda l'origine, come le persone, che le
componevano, e le loro preminenze. Il Tribunale della Gran Corte è più
antico, come quello, che riconosce la sua istituzione da' Normanni.
La Corte del Vicario ricevè i suoi principii da Carlo I d'Angiò, ma la
sua forma e perfezione l'ebbe da Carlo II suo figliuolo. Errano perciò
il Frezza ed il Mazzella, che credettero questo Tribunale essere stato
istituito dal Re Roberto figliuolo di Carlo II.
L'origine di questo nuovo Tribunale deve attribuirsi alle moleste
cure, ed a' continui travagli, ne' quali fu Carlo I intrigato, da poi
che vide la sua fortuna mutar aspetto, e da prospera, che l'era sempre
stata, farsi poi avversa: quando voltandogli la faccia, gli fe' vedere
ribellanti i Popoli, e perdere in un tratto la Sicilia, ed intrigarsi
perciò con nuove guerre col Re Pietro d'Aragona suo fiero nemico e
competitore, che glie la involò. Percosso da così gran colpo Carlo, che
non fece per ricuperarla? mosse tutte le sue forze con grandi apparati
di guerra contro i Siciliani, ma sempre invano: strinse d'assedio
Messina; ma costretto ad abbandonarla, va in Roma, ove altamente si
querela col Papa del Re Pietro, chiamandolo traditore, e mancator di
fede. Rimprovera colà l'Ambasciadore dell'Aragonese, e lo chiama a
particolar tenzone. Accettata la disfida da Pietro, si stabilisce il
luogo da battersi, e si destina la città di Bordeos in Francia, ch'era
allora tenuta dal Re d'Inghilterra.
Dovendo Carlo adunque imprendere sì lungo viaggio, coll'incertezza se
mai sopravvivesse a sì pericolosa e grande azione, perchè il Regno
di Puglia, che era rimaso sotto la sua ubbidienza, e seguendo forse
l'esempio della vicina Sicilia, per la sua assenza, non pericolasse,
pensò d'eleggere il Principe di Salerno suo primogenito, e successore
per _Vicario_ del Regno, con assoluto ed independente imperio, dandogli
tutta la sua autorità regia per governarlo in sua assenza. Gli assegnò
ancora i più gravi Ministri, ed i più alti Signori, perchè assistessero
al suo lato per Consiglieri nelle deliberazioni più importanti della
Corona. Ed il Principe, come savio, seppe così bene valersi di tanta
autorità, che riordinò il Regno in miglior forma, stabilendo, mentr'era
Vicario, più Capitoli, de' quali a suo luogo farem parola, pieni di
somma prudenza, e benignità verso i Popoli di queste nostre province.
Per questa nuova dignità di _Vicario_, e per gli Ufficiali destinati al
lato del Principe per suo consiglio, surse questa nuova Corte, detta
perciò _Curia Vicarii_[384]: maggiore e più maestosa dell'altra, che
vi era della Gran Corte; poichè la Gran Corte era rappresentata dal M.
Giustiziere uno degli Ufficiali della Corona, che n'era Capo; ma questa
rappresentava la persona del Primogenito del Re, come Vicario Generale
del Regno, di cui egli era Capo: ciocchè certamente era di maggiore
dignità e preminenza. Quindi la preminenza, che oggi ritiene il
Tribunale della Gran Corte della Vicaria di dar la tortura a' rei dal
processo informativo, la ritiene perchè a quello sta unita la Corte del
Vicario, poichè altrimenti la sola gran Corte non potrebbe darla[385].
Ma la Corte del Vicario, in tempo di Carlo I, fu solamente adombrata,
e ne' suoi primi delineamenti; siccome furono quasi tutte le cose di
Carlo, che dal suo successore furono poi ridotte a perfezione.
Carlo II suo figliuolo le diede forma più nobile, e maggiore
stabilimento, per una occasione, che bisogna qui rapportare. Avendo
questo Principe promesso nelle Capitolazioni della pace fatta per la
sua scarcerazione, di presentarsi di nuovo prigione, nel caso che Carlo
di Valois non volesse rinunziare l'investitura del Regno d'Aragona;
vedendo differita tal rinunzia, deliberò passare in Francia a stringere
quel Re, e suo fratello a farla, con fermo proponimento di ritornare
in carcere, quando non avesse potuto ciò ottenere. Dovendo dunque
intraprender questo viaggio creò nell'anno 1294 _Vicario_ Generale
del Regno _Carlo Martello_ suo primogenito, come si legge nel libro
dell'Archivio dell'anno 1294[386]. Ed avendo differita la partenza per
Francia, portatosi a Roma per l'elezione del nuovo Pontefice, da questa
città nel mese d'aprile dell'anno seguente 1295 mandò a Carlo Martello
una più esatta istruzione del reggimento di questa Corte, destinandogli
i Consiglieri e tutti gli altri Ufficiali, de' quali dovea comporsi:
donde si raccoglie ancora la preminenza di questo Tribunale; poichè
anche alcuni Ufficiali supremi della Corona furono destinati per
Consiglieri Collaterali del Vicario. Ed in prima fu trascelto Filippo
Minutolo Arcivescovo di Napoli, quello stesso, di cui il Boccaccio[387]
ragiona in una delle sue Novelle, Giovanni Monforte Conte di Squillaci
Camerario, Raimondo del Balzo figliuolo del Conte d'Avellino, Gotifredo
di Miliagro Senescallo, Guglielmo Stendardo Marescallo, Rainaldo de
Avellis Ammiraglio, e Guido di Alemagna, e Guglielmo de Pontiaco
Militi. Tommaso Stellato di Salerno Professore di Legge civile, e
Maestro Razionale della Gran Corte, Andrea Acconciajoco di Ravello
Professore di legge civile, e Viceprotonotario del Regno; e Fr. Matteo
di Roggiero di Salerno, e M. Alberico Cherico, e familiare del Re.
Prescrissegli ancora il modo da spedire gli affari appartenenti a'
loro Uffici, distribuendo a ciascuno ciò ch'era della sua incumbenza,
come si legge nel suo diploma istromentato in Roma per mano di
Bartolommeo di Capua, e rapportato non men dal Chioccarelli[388], che
dal Tutini[389] nelle loro opere.
Questo medesimo istituto mantennero gli altri Re angioini suoi
successori; e Carlo II istesso, partito che fu Carlo Martello per
Ungheria a prender la possessione di quel Regno, elesse per Vicario
Generale del Regno Roberto altro suo figliuolo[390]. Roberto innalzato
al soglio, fece suo Vicario Carlo Duca di Calabria suo unigenito, del
quale come Vicario abbiamo più Capitoli, ed una Costituzione fra' Riti
della Gran Corte[391]. E negli ultimi tempi del Regno loro leggiamo
ancora, la Regina Isabella essere stata creata Vicaria del Regno
dal Re Renato suo marito, la quale nell'anno 1436 dirizzò una sua
lettera a Raimondo Orsino Conte di Sarno Giustiziere del Regno, ed al
Reggente della Gran Corte della Vicaria, che si legge tra' Riti della
medesima[392].
Fu ancora lor costume, che i Vicari in caso d'assenza, o altro
impedimento, solevano eleggere loro Luogotenenti, chiamati _Reggenti_,
affinchè attendessero all'amministrazione e governo di questa Corte,
della quale erano Capi, e perchè maggiormente si veda quanto nel
Regno degli Angioini si fosse innalzato questo Tribunale, i figliuoli
stessi de' Regi non isdegnavano d'essere eletti Reggenti del medesimo.
Così leggiamo che tra' figliuoli di Carlo II fu eletto Reggente della
Vicaria Raimondo Berlingerio suo quintogenito[393]. E nell'anno 1294
il suddetto Re fece Reggente Pietro Bodino d'Angiò; e nell'anno 1306
Niccolò Gianvilla. Il Re Roberto creò ancor egli vari Reggenti, come
nell'anno 1326 Francesco Stampa di Potenza; e nell'anno 1338 Giovanni
Spinello da Giovenazzo. La Regina Giovanna I creò ancor ella nell'anno
1369 Gomesio de Albernotiis, detto per ciò _Regens Curiam Vicariae, et
Capitaneus Generalis Regni Siciliae_[394].
Oscurò pertanto questo nuovo Tribunale del Vicario non poco l'altro
della Gran Corte. La Corte del Vicario per li personaggi che la
componevano innalzossi sopra tutte l'altre, ed era, come è a noi
oggi il Consiglio collaterale del Principe. Così osserviamo che nel
Regno de' _Normanni_, e degli _Svevi_ la _Gran Corte_ era il Tribunal
supremo. Nel Regno degli _Angioini_ tenne il campo la _Corte del
Vicario_. Nel Regno degli _Aragonesi_, il nuovo Tribunale del _Sacro
Consiglio di S. Chiara_ oscurò tutti due. E nel Regno degli _Austriaci_
si rese eminente sopra tutti gli altri il _Consiglio Collaterale_, come
si vedrà nel corso di questa istoria.
Questi Tribunali della Gran Corte, e della Vicaria furono lungo tempo
divisi, leggendosi ne' medesimi tempi i _M. Giustizieri_, che reggevano
la Gran Corte ed i _Vicari_, ovvero loro Reggenti, che amministravano
quella della Vicaria. Nel tempo istesso di Carlo II abbiamo Ermengano
di Sabrano Giustiziere della Gran Corte, e Niccolò di Gianvilla
Reggente della Vicaria ed in tutte le scritture di questi tempi de' Re
_Angioini_ osserviamo d'altra maniera espressi i Reggenti di Vicaria,
e d'altra i M. Giustizieri della Gran Corte. Così di coloro preposti
alla Corte del Vicario, leggiamo; _Regens Curiam Vicariae_. Degli
altri: _In quo hospitio M. Curiae Magistri Justitiarii Regni; regebatur
et regitur_. In breve la Gran Corte era chiamata: _Curia Magistri
Justitiarii_. Quella del Vicario: _Curia Vicarii, seu Vicariae_.
Quando questi Tribunali si fossero uniti e ridotti in uno, e chiamato
perciò _la Gran Corte della Vicaria_, non è di tutti conforme il
sentimento. Camillo Tutini[395] credette, che questa unione si fosse
fatta da Carlo I, ma va di gran lunga errato; poichè tanto è lontano
che fosse stato egli autore di quest'unione, che appena possiamo
riconoscerlo per istitutore della Corte del Vicario, avendocene sol
egli dati i primi principii e delineamenti. Carlo II suo figliuolo
ancora non è da dirsi, che gli unisse, perchè egli diede forma e
perfezione alla Corte del Vicario, e la rese eminente anche sopra la
Gran Corte, per i personaggi dei quali volle che si componesse; e nelle
scritture degli altri Re angioini suoi successori, sovente quando
fassi memoria di questi Tribunali, leggiamo l'uno essere chiamato
_Curia M. Justitiarii_, e l'altro _Curia Vicarii_. Per questa ragione
alcuni credettero, che questa unione non si fosse fatta nel Regno degli
Angioini; e Prospero Caravita[396] credette, che a' tempi della Regina
Giovanna II questi Tribunali fossero ancora divisi. Altri dissero,
che tal unione seguisse negli ultimi tempi d'Alfonso I d'Aragona, il
quale avendo istituito il nuovo Tribunale del S. C. unì insieme questi
Tribunali, che chiamò della Gran Corte della Vicaria, come tenne il
Toppi[397]. Ma più verisimile sarà il dire, che questa unione non si
facesse in un subito. L'origine d'essersi tratto tratto questi due
Tribunali uniti, e la cagione di ciò, bisognerà riportarla fin a' tempi
di Carlo II verso l'anno 1306. Maggiori occasioni di tal unione si
diedero dopo il vicariato del Duca di Calabria figliuolo di Roberto, ma
assai più nel Regno di Giovanna II onde negli ultimi tempi d'Alfonso I
Re d'Aragona fu l'unione perfezionata, e di due Tribunali se ne formò
un solo.
Chi vi diede la prima mano fu l'istesso Carlo II poichè avendo egli,
come si disse, nell'anno 1306 formati alquanti capitoli[398] intorno
all'amministrazione dell'ufficio di G. Giustiziere, che drizzò ad
Ermengano de Sobrano M. Giustiziere del Regno di Sicilia, fra l'altre
cose, che in quelli costituì, fu di dar la cognizione al M. Giustiziere
di tutte le cause, delle violenze, ingiurie, delitti e di tutto ciò che
s'apparteneva alla Corte del Vicario, e che a lui potesse ricorrersi,
siccome _Robertus primogenitus noster Dux Calabriae, nosterque Vicarius
Generalis posset adiri_. Essendosi adunque fra di lor confuse le
cognizioni e le preminenze; fu cosa molto facile in decorso di tempo
farsi questa unione, e congiungersi insieme queste due Corti. Ma dopo
il vicariato del Duca di Calabria figliuolo di Roberto, la divisione
fu riputata più inutile; poichè non leggendosi dopo lui essersi creati
altri Vicari, se non che, negli ultimi periodi del Regno loro, si legge
costituita Vicaria del Regno la Regina Isabella dal suo marito Renato,
avvenne, che tal separazione fosse riputata inutile, potendosi gli
affari di questi due Tribunali spedire con più facilità ridotti in uno.
Poi la Regina Giovanna II volendo per mezzo de' suoi riti, riformare
queste due Corti, riputò meglio congiungerle insieme; onde avvenne, che
il gran Giustiziere ch'era capo della Gran Corte a' tempi de' Normanni,
unendosi ora questi Tribunali, ne venne anche egli ad esser capo di
questo altresì. Quindi è, che tutte le provvisioni ed ordini, che
dal Tribunale della Gran Corte della Vicaria si spediscono, tanto per
Napoli, quanto per tutto il Regno, sotto il titolo di gran Giustiziere
vengono pubblicate[399].
Da ciò nacque ancora, che dandosi al solo gran Giustiziere la
soprantendenza di queste due Corti[400], siccome poteva egli crear il
Luogotenente, e Reggente per regger la sua Gran Corte, così ancora
deputava egli quello stesso per Reggente della Corte della Vicaria:
unendo queste due dignità ed uffici in una sola persona che vi
destinava, de' quali Reggenti, insino ai suoi tempi, Niccolò Toppi
tessè lungo catalogo.
E quindi avvenne ancora, che volendo la Regina Giovanna II riformare
e ristabilire i riti ed osservanze di quelle, trovando ne' suoi tempi,
che scambievolmente comunicavansi infra d'esse tutta la loro autorità
e cognizione, con una sola determinazione providde al ristabilimento e
buono governo ed amministrazione delle medesime.
Ed è da notare, che quantunque i riti, che questa Regina ordinò,
fossero stabiliti per lo miglior governo ed amministrazione di questo
Tribunale, componendosi di due Corti, perciò viene da lei nominato
ora con singolar nome di sua Corte o Gran Corte di Vicaria, ed ora
di Corti in plurale. Così nel proemio disse: _In nostris Magnae et
Vicariae Curiis_. E nel primo rito: _In praedictis nostris Magnae,
et Vicariae Curiis, et qualibet ipsarum_. Ed altrove _Judices ipsarum
Curiarum_.[401] Ed è notabile ancora, che questa Regina ne' privilegi
che spedì a' Napoletani nell'anno 1420 che son registrati tra' riti
suddetti[402], volendo che di quelli potessero valersi in tutte le
Corti di Napoli, disse: _Tam scilicet Magna Curia Domini Magistri
Justitiarii Regni Siciliae, seu ejus Locumtenentis; ac Regentis Curiam
Vicariae; quam Capitaneorum, vel aliorum habentium merum, et mixtum
Imperium etc._ volendo denotare componersi questo Tribunale di due
Corti, di quella del M. Giustiziere e dell'altra della Vicaria. E la
Regina Isabella creata Vicaria dal Re Renato suo marito, drizzando,
come si disse, nell'anno 1436 una sua lettera, che pur leggiamo
tra quei riti[403] agli Ufficiali di questo Tribunale, pur disse:
_Raymondo de Ursinis etc. Magistro Justitiario Regni Siciliae, et ejus
Locumtenenti: Nec non Regenti Magnam Curiam nostrae Vicariae._
Donde si convince l'errore d'alcuni, e fra gli altri del Reggente
Petra[404], i quali leggendo ne' riti della Gran Corte della Vicaria
fatti compilare dalla Regina Giovanna II chiamarsi questo Tribunale
ora in dual numero, ed ora in singulare, si diedero a credere, che
nel tempo, che questa Regina ordinò la Compilazione, erano queste
Corti separate; quando poi fu quella ridotta a fine, erano già unite;
onde perciò nei primi riti si nominano in dual numero, e negli ultimi
in singulare. Ciò che sarebbe far gran torto alla diligenza, ed
accortezza di que' Giureconsulti, de' quali si valse la Regina per
quella compilazione, i quali raccolti ed ordinati che l'ebbero, gli
diedero fuori tutti insieme in un volume; e sarebbe stata grande loro
trascuraggine, se nel principio avesser separate queste Corti, e nel
fine l'avesser congiunte. Oltre che non meno la Regina Giovanna II nel
privilegio conceduto a' Napoletani, spedito negli ultimi anni del suo
Regno, e posto nel fine di que' riti, che la Regina Isabella, che visse
dopo Giovanna, separò queste due Corti nel tempo, che il Reggente Petra
le vuole unite, drizzando quella sua carta non meno al gran Giustiziere
e suo Luogotenente, che al Reggente della Vicaria. Erano adunque queste
Corti separate in se medesime, ma congiunte insieme a questi tempi,
facendo un solo Tribunale, di due Corti composto.
Nel Regno poi d'Alfonso I si tolse affatto così nelle scritture, come
nel parlare ogni vestigio di divisione, e l'unione si rese perfetta,
onde da poi non si nominò più in numero di più, ma fu riputato un solo
Tribunale; e poichè era composto di due Corti, fu chiamato perciò con
un sol nome, _Tribunale della Gran Corte della Vicaria_.


CAPITOLO VII. _CARLO Principe di Salerno governa il Regno come Vicario,
mentre il padre è in Roma, e va poi a battersi in Bordeos con PIETRO Re
d'Aragona._

Il Re d'Aragona, ancorchè fosse certo, che le sue preghiere al
Pontefice Martino niente doveano giovargli, essendo il Papa alle
preghiere di Carlo già risoluto di dare a costui ogni aiuto per la
ricuperazione dell'isola; nulladimanco perchè Carlo non fosse solo
a querelarsi col Papa, e potesse, con frapporre qualche trattato
di pace divertire la guerra, mandò a Roma suoi Ambasciadori ad
iscusarsi con Martino e col collegio de' Cardinali, ponendo loro in
considerazione, che volendo ricovrare quel Regno dovuto alla moglie ed
a' suoi figliuoli, non avea potuto con aperte forze levarlo di mano a
Carlo, ch'era il più potente Re dei Cristiani; e però avendo veduto,
che quelli dell'isola, disperati per gli atrocissimi portamenti de'
Franzesi, erano stati sforzati di fare quella uccisione, avea voluto
pigliare quella occasione, e cercare di salvar insieme la vita a'
Siciliani e racquistare alla moglie il perduto Regno: e che conveniva
alla Santità del Papa ed al decoro di quel sacro Collegio di spogliarsi
d'ogni passione e giudicare quel che ne fosse di giustizia: che se si
fosse sentenziato per lui, avrebbe egli così ben pagato il censo alla
Chiesa romana, e sarebbe stato così buon feudatario di quella, com'era
stato Re Carlo, e quando, udite prima le sue ragioni, fosse sentenziato
contra di lui, egli avrebbe lasciata la possessione dell'isola in man
della Chiesa.
Ma furono ben tosto conosciuti, e dal Papa e da Carlo questi artificii
di Pietro, onde ne furono rimandati gli Ambasciadori, non riportando
altro da Roma, se non che il Papa avea conosciuto, che queste erano
parole per divertire la guerra, e che era risolutissimo di dar ogni
aiuto e favor possibile al Re Carlo, il quale senza dubbio alla nuova
campagna verrebbe sopra l'isola con grandissimo apparato per mare e per
terra.
Allora fu, che Re Pietro lasciate ordinate alcune cose in Sicilia,
come fu consigliato da Ruggiero di Loria e da Giovanni di Procida,
passò in Aragona per provvedere di mandare in Sicilia nuovi soccorsi.
Gli Aragonesi, che prima aveano avuta a male quella impresa, come
pigliata senza volontà e consenso dei Popoli, e con ciò d'esser
altresì rotte e violate l'ordinanze e privilegi di quel Regno;
nulladimanco vedendola succeduta prospera, e guadagnato un Regno, nel
quale, da poi, molti del Regno di Aragona e di Valenza ebbero Stati
e Signorie, cominciarono a pensare d'aiutare il Re quanto potevano,
e nel Consiglio gli persuasero, che cercasse in ogni modo di placar
il Papa; onde l'indussero a mandare di nuovo Gismondo di Luna per
Ambasciadore, il quale avesse d'assistere a Roma, e pregar uno per
uno i Cardinali, che vedessero d'addolcir l'animo del Papa. Ma ecco,
che ciocchè Re Pietro con tanto studio non avea potuto per innanzi
ottenere, fortunatamente gli avvenne; poichè mentre il suo Ambasciadore
va per Roma, è incontrato da Carlo, il quale subito che 'l vide,
come era impaziente e soggetto all'ira, gli disse: che il Re Pietro
avea proceduto villanamente e da traditore, con avergli, essendogli
cugino, occupato il Regno suo, nel qual Manfredi non era stato mai Re
legittimo, ma occupatore e Tiranno; e ch'egli sarebbe per sostenerlo in
battaglia a corpo a corpo, o con alcuna compagnia di soldati. Gismondo,
ch'era persona accorta, rispose, ch'egli era venuto per trattar altro,
e non per disputare se 'l Re avea fatto bene o male, ancora che fosse
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