Il bacio della contessa Savina - 06

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altero, le guancie sostenute dai solini bene inamidati, e il ciuffo irto
sul capo come le aste dell'istrice, io diceva a me stesso:
--Ecco Lucchino Visconti.
Egli lamentava continuamente l'egoismo dei villani, l'ingratitudine di
coloro, ai quali pretendeva d'aver salvata la vita, e che credevano
sdebitarsi d'un tale beneficio, coll'offrirgli in dono una magra ricotta
affumicata!... Io afferrava subito il pensiero dominante, e lo traducevo
in versi tragici:
«Popolo sconoscente... che le gravi
Cure del regno con l'oltraggio paghi
E con l'infame tradimento!...»
Una domenica, dopo la messa solenne, i parrocchiani usciti di chiesa
s'intrattennero sul piazzale in conversari amichevoli. Gaspare il
farmacista si avvicinò alla signora Pasquetta, e mentre il dottore
scambiava una presa di tabacco con un cliente, io udii la signora che
diceva sotto voce all'amico:
--Questa sera fanno il tarocco in casa Bruni.... io sarò sola....
--A rivederci....--l'altro rispose.
Ed io corsi subito a casa, e presa la penna scrissi:
«Al chiaror della luna, quando il suono
Dell'armi, nel vicino castel, chiama
I guerrieri, vien, mio diletto, involto
Nel tuo bruno mantel, che mi rammenta
I segreti misteri della notte.»
Un altro giorno Tobia corse da me tutto ansante per isfogare il suo
dispetto contro il parroco, che avendolo ricevuto pranzando, aveva osato
trinciargli sotto al naso un pollo arrosto fumante senza dargliene un
boccone, e vuotare un intiero fiasco di vino senza offrirgliene un
bicchiere.... Egli declamava contro l'avidità del clero, ed io pronto
col mio Uguccione della Fagiuola ad esclamare:
«Ingorda razza!... che il feroce acciaro
Immergi in petto all'innocente! e bevi
Fino all'ultima stilla il sangue puro
Del mio amico fedel.... forse tu ignori
Ch'io ti guardo fremente... e aspetto il giorno
Della vendetta!...»
Uguccione della Fagiuola, non trovando nel mio sguardo quelle scintille
di sdegno che secondo le sue idee avrebbero dovuto accendere un incendio
al racconto dei casi suoi, andava dicendo in paese che io era uno
scettico, un uomo senza cuore, un cervello balzano, un enigma vivente!
Così cavando dei versi tragici dalla prosa slombata del villaggio,
osservando col microscopio gli omuncoli del mio tempo e vestendoli
all'antica, io passai il primo inverno, col corpo in Valtellina, col
pensiero nel medio evo, col cuore a Milano; diviso in tre parti, una che
tremava dal freddo sotto le Alpi, l'altra sepolta fra le tenebre del
passato, la migliore che, accovacciata alla finestra di mio zio
canonico, aspettava il bacio della contessa Savina.
Finalmente venne la primavera, e coi tiepidi aliti dell'aprile io sentii
nel mio cuore innalzarsi anche la temperatura dell'amore, assopito sotto
le nevi del verno.


VIII.

Chi nega l'influenza della primavera sull'amore non ha mai studiato la
natura, e vivendo in un mondo artificiale non ha mai sentito il profumo
delle prime mammole rifiorire nel suo cuore le aspirazioni alla suprema
felicità. Colui che schiude il suo cuore nella stagione del gelo, ha
vissuto certamente nell'atmosfera artificiale delle conversazioni, dei
balli e dei teatri, e come una pianta esotica in serra calda ha fiorito
precocemente per effetto dei caloriferi. Ma nel libero regno delle
montagne, dei campi e dei mari, gli animali e i vegetali sono soggetti
agli stessi fenomeni, dipendono dagli stessi agenti, subiscono la stessa
influenza delle evoluzioni del globo. E quando nelle belle sere
d'inverno si passeggia solitari al chiaro di luna per le strade deserte,
mentre la brezza notturna forma delle stalattiti di ghiaccio sulle
grondaie con l'acqua sgocciolata dalle nevi del tetto, quando la brina
gelata sugli alberi li fa sembrare coperti di candida ciniglia, quando
spira dalle gole dei monti quel zeffiretto del polo a dieci gradi sotto
lo zero, che solidifica le cascate, io sfido qualunque innamorato
lontano dalla sua bella, a non sentirsi il cuore indurito e la punta del
naso rossa.
Invece quando il nostro pianeta si avvicina all'equinozio di primavera,
e le nevi si sciolgono sui monti gonfiando i torrenti, e la terra e gli
alberi si vestono di fiori come per celebrare il risveglio della natura,
si sente il sangue scorrere più rapido per le arterie, il cuore battere
più forte, il cervello espandersi in soavi pensieri. In tale epoca io
pure sentii farsi maggiore l'attrazione della lontana finestra del
palazzo Brisnago.
Era magnetismo?... non saprei dirlo, ma era un fatto in armonia col
resto della natura: il risveglio del mio cuore si trovava all'unisono
con quello delle piante; e alla sera, scartabellando l'_Ortolano
dirozzato_, mi son trovato d'accordo colla fioritura delle carote.
Mio zio canonico mi scriveva regolarmente ai quindici d'ogni mese, senza
mai alterare d'un giorno l'epoca precisa della sua corrispondenza
periodica. Le sue lettere occupavano una pagina e un quarto di foglio, e
credo anche che avessero lo stesso numero di linee. Il giorno 13 aprile
ho ricevuto una sua lettera. Giorno nefasto! Al solo vederla mi si
drizzarono i capelli sulla fronte. Era impossibile che mio zio avesse
anticipato due giorni la sua corrispondenza mensile, senza un grave
motivo. Apersi la lettera con mano tremante, essa portava un poscritto;
un'altra novità minacciosa!... Nel poscritto l'occhio mi corse subito
sulla parola «Savina». Mi appoggiai al muro per non cadere, e lessi:
«Questa mattina, nella chiesa di S. Babila, venne celebrato solennemente
il matrimonio della signora contessa Savina di Brisnago col signor conte
Azzone di Montegaldo».
Il foglio mi sfuggì dalla mano, dovetti sedermi, appoggiai la testa
sullo scrittoio, e rimasi lungamente sbalordito, come allo scoppio d'un
fulmine!... Addio bei sogni della primavera che sorridevano ai miei
pensieri, che illuminavano la mia mente come il sole che sorge i fiori
sul prato! Addio speranze di supreme gioie!... addio fede nell'amore
della donna! addio vane illusioni giovanili!... Ecco il primo
disinganno... e il più amaro!... Ah! mio zio aveva ben ragione di ridere
delle mie stolte pretese!... o vanità delle vanità!... Io aveva creduto
agli sguardi d'una fanciulla, come si crede alla santità d'un
giuramento... ma quegli sguardi non erano che un inganno!... il profumo
d'un fiore che esala i suoi aromi, che imbalsama l'aria, che inebbria e
svapora!... Io avevo creduto sentire una voce arcana che mi parlasse
d'amore... e non era altro che l'eco del mio cuore!... Io aveva sognata
una vita di paradiso, ove l'amore era melodia di due anime, che come due
arpe unissone mandano lo stesso suono!... Ahimè! vane illusioni dello
spirito umano, che confonde i desiderii colla amara realtà!... le due
arpe dopo un soave preludio ruppero l'incanto--una ha stonato!... Rotta
l'armonia succedeva nel mio cervello un caos di suoni discordi, rauchi,
reboanti, che mi davano il capogiro.
Per raccapezzarmi ripresi la lettera di mio zio, e rilessi quelle parole
fatali, come l'annunzio funebre del mio cuore.... esso era morto!...
morto.... ucciso a tradimento!... da chi?... da chi?... chi ha ucciso
crudelmente il mio cuore?... chi l'ha ucciso? io chiedeva--come un
giudice inquisitore che cerca un assassino--chi ha ucciso il mio
cuore?...
Una voce misteriosa mi rispondeva:--la contessa Savina!... La contessa
Savina?... impossibile! quell'angelo di bontà!... il sorriso della mia
vita!... il raggio della mia aurora!... l'immagine soave della
dolcezza... l'espressione sincera e profonda del primo affetto!...
impossibile, quella divina creatura non è capace d'uccidere un cuore....
un cuore che l'adora.... che confida nel suo amore!... essa non è capace
d'un tal delitto contro natura!... essa mi ama.... io lo sento.... sì,
quella voce arcana che parlava al mio cuore era la sua.... no, non era
un'eco del mio cuore, era l'espressione della sua anima ingenua.... che
si sentiva spinta da un impulso ineffabile ad incontrarsi coll'anima
mia!
Chi ci ha divisi?... Essa non è colpevole... essa è una vittima al pari
di me!... Chi ha dunque ucciso i nostri cuori innocenti? Chi ha imposto
l'atroce sacrifizio?.. ove sono dunque gli assassini?...
Io mi scontorceva nelle convulsioni, mi strappavo i capelli come un
disperato! Ho passato ore spaventose chiedendo conto alla società della
sua fellonia, poichè essa mi rapiva ciò che la natura mi aveva dato.
Ah, nell'abbattimento della stanchezza, quando la calma della
prostrazione succedette alla lotta del cuore, meditando sulle umane
sorti... ho trovato gli assassini!... sì, li ho trovati.--Sono i
milioni... quei maledetti milioni... quei miserabili milioni che,
affluendo nelle casse forti dei Brisnago, incatenano quella fanciulla
alla schiavitù, la sottomettono al loro dominio dispotico, la obbligano
a rinunziare agli impulsi della natura, alle aspirazioni del cuore, ai
desiderii dell'anima, per trascinarla alle gemonie dei ricchi, sulla
strada fatale prescritta dalla sorte, condotti alla perdizione a quattro
cavalli, lacerando i loro cuori, e gettandone i frammenti ad altri
milionari, al pari di loro costretti dalla necessità a seguire le stesse
vie, a formare delle famiglie senza inclinazioni naturali, senz'anima,
senza amore... maledetti, miserabili, vili milioni!...
Gli abbaiamenti persistenti e reiterati di Bitto arrestarono il delirio
del mio cervello esaltato, e la Rosa entrando nella stanza mi annunziò
la visita del mugnaio Zaccheo, che voleva assolutamente parlarmi.
--Non sono in caso di parlare con nessuno!... dite al mugnaio....
Ma il mugnaio, che l'aveva seguita con insistenza, forzava la consegna,
e mi si presentava mio malgrado sulla porta, col suo cappello a larghe
falde, le vesti e il volto infarinati come un pagliaccio.
Era impossibile evitarlo; dovetti subirlo.
--Venite avanti,--gli dissi.
--Signor maestro, scusi il disturbo, ma in due parole mi sbrigo....
Siamo al quarto sacco di farina.... e avrei assoluto bisogno che me ne
pagasse l'importo.
--Capisco, avete ragione, ma oggi mi è impossibile soddisfarvi....
Aspetto del denaro da Milano; quando mi sarà giunto vi pagherò....
--Mi dispiace, ci avevo contato sopra... l'ultima volta che sono venuto
a trovarla mi aveva promesso il pagamento pei primi del mese... siamo
alla metà... ho anch'io le mie spese....
--Avete ragioni da vendere... ma un povero maestro non ha il diritto di
battere moneta.... Se non ne ho, non ne ho... non c'è rimedio....
--Pazienza... pazienza...--ripeteva il mugnaio con impazienza,--ma siamo
povera gente, l'aspettare ci molesta... tuttavia se oggi non può
pagarmi, ritornerò domani....
--Domani!.. domani! potrebbe darsi che domani fossi nel caso d'oggi, in
ventiquattr'ore non si fanno miracoli... diamine! per quattro sacchi di
farina... non avete dunque fiducia nella mia onestà?...
--Ma che cosa dice? s'immagini!.. le domando scusa... se non si fosse
povera gente... se non ne avessi proprio bisogno, non sarei venuto a
disturbarla....
--Abbiate un po' di tolleranza per alcuni giorni... verrò io stesso al
molino a soddisfare il mio debito....
--Non s'incomodi per questo... io passo due volte al dì, e non mi
disturba fermarmi....
--Verrò io stesso, vi ripeto... fra pochi giorni... ve lo prometto....
--Come crede... dunque mi raccomando....
--Siamo intesi... che Dio vi benedica... e che il diavolo vi porti,
mormorai fra i denti, quando quell'importuno se ne andava, e mi lasciava
finalmente tranquillo.
E ritornato solo ripeteva fra me:
--Quattro sacchi di farina di debito, e non ho un soldo in saccoccia!...
io mangio il pane a credito, molestato dal mugnaio... e chi sa quanto
denaro si sarà sprecato nei fiori e nei bomboni... per celebrare le
nozze... senza amore... della contessa Savina!...
Maledetti milioni!... sono la rovina del genere umano... la rovina di
chi li ha... e di chi non li ha!...
E ripensavo al mugnaio che, gettandomi in faccia i suoi quattro sacchi
di farina, mi faceva vedere più chiaramente la mia posizione!... Io era
un uomo assurdo!... un uomo che nell'amore non vedeva che la donna,
senza guardarsi in saccoccia!... un uomo che si permetteva un affetto...
senza farina!... con una donna milionaria!... un cieco che aspirava alla
luce... senza chiederne il prezzo alla direzione del gas!... Un
aspirante a diventar milionario, senza saperlo... che adora un angelo, e
si trova davanti una barricata di milioni!...--Miserabile!.. la società
si burla di tali insanie, essa mi avrebbe chiamato ambizioso, avido,
ingannatore, astuto... ed io non sono che un imbecille!... che credeva
all'amore ideale, segreto, ignoto, misterioso, imprevidente, senza altre
aspirazioni che d'uno sguardo... senza altro desiderio che d'un bacio...
l'amore per l'amore... imbecille!...
Forse, nell'assurda ingenuità del mio spirito, avrei trovato naturale
che una moglie milionaria pagasse un po' di farina al marito povero!...
quale aberrazione! il superfluo che provvede il necessario!... La
società condanna severamente tali aspirazioni!... Meno male ch'io non ci
aveva pensato, e davanti la mia coscienza era innocente. Ma il mondo non
lo avrebbe creduto. Il mondo avrebbe creduto il mio amore un pretesto, e
vero scopo i milioni; e la società crede che lo sposo ricco domandi la
mano della fanciulla pei suoi begli occhi? È tutto il contrario che è
vero... ma andate mo' a dire alla gente che un povero diavolo può
innamorarsi d'una ricca signora senza ambizione. Nessuno gli presterebbe
fede. Così vuole il mondo che l'oro vada sopra l'oro, e i cenci e la
miseria si mettano insieme. Questi sono i matrimoni bene assortiti. Il
mio amore mi conduceva direttamente all'infamia!.. la società non mi
avrebbe mai perdonato di diventar milionario senza averci pensato; mio
zio mi aveva mostrato il precipizio, ma io camminava cogli sguardi
rivolti al cielo, io non vedeva che in alto, la mia stella, e la terra
col suo fango sfuggivano alla mia vista!
Quel mio primo amore, ingenuo, fervente, celeste, non è stato che un
viaggio aereo. La punta d'uno spillo aveva forato il globo che mi
trasportava in aria, il gas era uscito dal forellino, io era precipitato
al suolo, restando morto sul colpo!.. morto!
--Meglio così!--esclamai,--tutto è perduto, meno l'onore.
Ma se l'anima è volata all'empireo, la materia rimane. Eccomi ancora al
mondo senz'anima. Eccomi solo davanti la nuda realtà, solo!... in un
mondo scellerato... in mezzo a quattro sacchi di farina da pagarsi... e
colla borsa vuota.--Senz'anima e senza denaro!.. solo!.. quale parola
spaventosa!...


IX.

Bitto, venendomi incontro con aria carezzevole, con mille affettuose
dimostrazioni, guardandomi co' suoi grandi occhi pietosi, girandomi
d'intorno, fregandosi alle mie gambe, e lambendomi le mani, pareva mi
accusasse d'ingratitudine verso la sua razza, e mi dicesse:--Non
diffidare della vita, gli uomini sono egoisti, le donne sono leggiere...
ma i cani sono fedeli!...
Uscimmo insieme come due veri amici che non si abbandonano nel dolore, e
intendono dividere le amarezze della vita. Vagando pel villaggio, io
dissimulava agl'indifferenti la burrasca che mi agitava tutte le
passioni dell'animo. Il mio cuore, ch'io credeva morto, non era che
ferito mortalmente, e dava dei guizzi turbinosi, come una balena
moribonda che si rotola nelle convulsioni, e intorbida la profondità
dell'oceano, mentre la superficie ne rimane tranquilla. Guai però al
bastimento che naviga in quei paraggi! mentre scorre a piene vele in un
mare senz'onde e sotto un cielo sereno, la balena con uno slancio
supremo s'innalza dal fondo e manda in aria la nave. Toccava al dottore
il rappresentare la parte del bastimento. L'incontrai per via, che
andava a fare le sue visite, colla sua aria soddisfatta di sè stesso e
del mondo. Il suo miele mi fece sembrare più amaro il mio assenzio. Mi
arrestò per raccontarmi i suoi trionfi. Il momento era cattivo, anzi
pessimo.
--Sentite,--mi disse,--un bel caso d'alienazione mentale.
--Un bel caso!...
--Sì, un caso di pazzia furiosa... con assalti convulsi da rompere le
corde più grosse, superando le forze riunite di quattro guardiani....
--Un bel caso!
--Bellissimo. Sangue, doccie e deprimenti... ho potuto domarlo...
abbatterlo... risanarlo... non si muove più dal suo letto... è
tranquillo come un fanciullo....
--Lo credo bene, se lo avete svenato!
--Non fa niente, il sangue ritorna... ma la pazzia è svanita. Figuratevi
che il pover'uomo s'era fissato in mente d'essere un Dio!...
--E voi lo avete guarito!--io esclamai.
--Guarito perfettamente,--soggiunse con albagia.
--Ebbene!--io gli dissi,--il matto siete voi!...
Il dottore rimase per un istante sbalordito, poi mi fissò in faccia con
due occhi di civetta, e fattosi tutto rosso, alzò la testa, e
m'interrogò come un giudice alle assisie:
--Che cosa intendete dire?...
--Intendo dire che colui che d'un Dio ha fatto un uomo, è un malfattore.
Voi avete trovato un essere felice, e ne avete fatto un disgraziato, un
meschino. L'uomo non è realmente che quello che crede di essere. Tutte
le umane felicità non sono che sogni! Chi risveglia l'uomo felice non è
che un idiota o un briccone!... La vostra scienza non è che
malvagità.... La vostra pretesa guarigione non è che un'insania. Dunque
adesso avrete inteso che cosa ho voluto dire. Il sapiente è scomparso,
il vostro trionfo non è che una corbelleria, avete fatto un infelice di
più, ecco la vostra opera... il matto sussiste sempre... è colui che
d'un Dio ha fatto un uomo... il matto siete voi!... Ad ognuna delle mie
frasi, il medico dava uno sbalzo, e i suoi occhi mi fulminavano.
--Signor Daniele Carletti?...
--Signor Marco Canziani?...
--Voi avete bisogno d'un salasso... non vi dico altro... i vostri occhi
sono iniettati di sangue, la vostra ragione vacilla... la vostra vita è
in pericolo....
--Andate al diavolo... voi... i vostri salassi... e la vostra pazzia!..
ma lasciate dunque vivere e morire in pace la gente, abbiate un po' di
rispetto per l'umanità sofferente che vi serve di zimbello. Risanate voi
stesso della vostra mania, della vostra presunzione, che vi spinge a
credere di dar vita alle vostre vittime. Voi non siete che un flagello
sociale, la malattia delle malattie, il tiranno della natura... che vi
rinnega. Vero tiranno in carne ed ossa, coll'eroismo di meno, e il
ridicolo di più!... Un povero tiranno in caricatura, coi solini
inamidati, il cappello a cilindro, i ciondoli dell'orologio che battono
sulla pancia l'ora perpetua della dabbenaggine! Un vero matto che
intende guarire i matti felici, ed è più matto di loro... mille volte
più matto di tutti!...
La balena aveva dato il suo balzo alla superficie.
Il dottore, barcollante come un naviglio che sta per affondare, mi
faceva veramente pietà. Lo piantai sulla strada, in quella posizione
disastrosa, e ritornando sui miei passi rientrai in casa; dissi alla
Rosa che un urgente affare mi obbligava a partire sul momento, che non
sapevo quando sarei ritornato, e camminando rapidamente, per non
rispondere alle sue inquiete interrogazioni, sempre in preda d'una
grande esaltazione, mi misi a correre pel villaggio, seguito dal cane, e
presi un sentiero che s'inerpicava sui monti.
Gli uomini m'erano venuti in uggia, le donne in odio, la società mi
faceva paura, io correva in cima alle Alpi colla speranza di trovare una
tribù d'orsi fra i quali potessi eleggere domicilio, e vivere in pace e
libertà. Il silenzio e la solitudine delle montagne erano i soli
farmachi convenienti ai miei mali. L'Alpe è opportuna a tutte le vittime
umane, ai rejetti ed ai profughi, ai derelitti che piangono, agli
innamorati nell'abbandono, che cercano delle scene corrispondenti
all'immensità dei loro dolori. Lo spettacolo che presentano i secoli
accumulati davanti i grandi fenomeni geologici rende più tollerabile
ogni affanno mortale, i disinganni della politica, dell'ambizione,
dell'amore, l'ingratitudine della patria e dell'innamorata. In cima
delle montagne anche i molluschi diventano fossili, il tempo e l'alito
delle ghiacciaie possono forse pietrificare anche il cuore. Così
pensando io vagava per le cime deserte, cercando la mia tribù degli orsi
per diventare selvaggio. Non trovai che pastori, i quali, pascolando gli
armenti come gli antichi patriarchi, viveano in solitudine e in
contemplazione davanti le opere più sublimi della natura. Mi sedetti con
loro, guardando in silenzio l'orizzonte lontano che si perdeva nella
nebbia, e si confondeva col cielo. La natura parla un linguaggio che
calma l'anima esagitata, e consola gl'infelici con sublimi ispirazioni.
L'acre sentore delle piante alpine sembra assopire i dolori morali, come
i loro succhi sanano le ferite.
Vagai lungamente in quei deserti col mio povero Bitto, riposandomi
all'ombra aromatica dei boschi, dormendo sulle foglie secche, assopito
dal suono monotono delle cascate, risvegliato dal fischio acuto degli
uccelli di rapina, cibandomi di latte e pane inferigno nelle capanne dei
pastori. Ma l'uomo non è fatto per vivere lungamente ramingando nella
solitudine; la società lo reclama, il suo destino lo condanna a lottare
co' suoi simili, ad impiegare le sue forze per il bene comune. Tali
saggie riflessioni mi vennero suggerite dalla cura debilitante del
latte, che raccomando caldamente a tutti i giovani innamorati senza
speranze.
Ritornai a casa, sfinito dalla fatica e dalla fame; gli innamorati che
hanno perduto l'appetito possono tentare una salita sul Monviso o sul
Monte Rosa con molta probabilità di riacquistarlo.
Appena rientrato in casa, la fantesca mi disse che il farmacista, venuto
per parlarmi, era ritornato più volte per sapere se fossi di ritorno,
mostrando gran bisogno di vedermi il più presto possibile, e dichiarando
che mi aspettava con impazienza.
Ma io mi trovava nell'assoluta necessità di rimettere le forze esauste
con qualche alimento sostanzioso: ordinai alla Rosa di farmi da pranzo,
e rimisi ad altro momento la visita alla farmacia. Dopo pranzo sentii il
bisogno d'un liquido corroborante, che in casa mi faceva difetto, e
andai a cercarlo dove sapevo che i bevitori più intelligenti del paese
lo trovavano eccellente. Mi rammentavo benissimo che anche a Como avevo
trovato un valido conforto ai miei affanni amorosi nel fondo d'una
bottiglia; e volli ritentarne la prova.
Aprendo la porta dell'oscura osteria, i fumi del vino e del tabacco mi
resero esitante, e sarei retrocesso se la voce rauca d'Uguccione Della
Fagiuola non avesse pronunciato il mio nome con accento di sorpresa.
--Oh!... oh!... avanti, avanti, caro maestro... non abbia paura.... il
dottore non è qui.... egli sfugge questi luoghi tenebrosi.... venga
avanti, l'asilo è sicuro....
E tutti ridevano in coro.
Io entrai, ordinai all'oste il vino migliore, e mi sedetti sorridendo
tranquillamente, come un idiota che non capisce nulla di quanto gli
succede dintorno.
--Via da bravo, non faccia il gnorri.... tutti abbiamo cara la nostra
pelle....
--Ma di che cosa si tratta?--io chiesi.
--Ah! vuol fare proprio il misterioso! ma è troppo tardi, caro lei!
tutto il villaggio sa che ella ha insultato il dottore.... poi è
fuggito, per paura di un duello!...
E giù tutti d'accordo con una nuova risata.
Allora compresi finalmente l'enigma, balzai in piedi d'un tratto, diedi
un pugno sul tavolo, e dissi, con volto risoluto:
--Se il dottore è offeso delle mie parole, sono pronto a dargli
qualunque soddisfazione. Io non sono mai fuggito in veruna occasione,
perchè non ho paura di nessuno, e ne sia prova che dichiaro vile chi
sostiene il contrario, pronto subito a battermi con qualunque arma,
fosse anche il coltello. Invito a levarsi in piedi chi non mi crede!...
Tutti rimasero seduti e in silenzio. Allora io narrai semplicemente la
mia diatriba col medico, dissi che lo credevo abbastanza punito del suo
fallo dalle mie parole, che ero andato a fare un'escursione sui monti,
ignorando il resto; che se il dottore non era contento, io era disposto
a fare a piacer suo quanto fosse possibile per soddisfarlo.
Allora pensando alle visite reiterate del farmacista, sospettai che
avessero qualche rapporto col fatto, e pregai l'organista a seguirmi per
avere le prove delle mie asserzioni.
Egli si rifiutava, ma io insistetti, e dopo d'aver bevuto un bicchiere
di vino, ci recammo insieme alla farmacia. Il farmacista ci raccontò
come era passata la storia. Dapprima il dottore credeva ch'io
vaneggiassi, e supponendomi minacciato di congestione cerebrale mi
propose un salasso; ma poi, ferito sul vivo dalle mie risposte
impertinenti, se n'era offeso altamente, ed esitava sul partito da
prendersi.... in questo punto la balena lo aveva colpito, e andò a
naufragare in farmacia.
--È entrato barellando come un briaco!...--diceva il farmacista,--ed è
caduto su questa sedia con tale precipitazione, che l'ho creduto colpito
d'apoplessia. Gli portai subito dell'acqua fresca, volevo bagnargli la
fronte, egli me lo impedì, e tutto ansante mi raccontò le vostre
invettive.... a dire il vero un po' troppo vivaci!... Poi,--continuò
il farmacista,--mi chiese consiglio sulla condotta da tenersi. Cercai di
calmarlo, gli dissi che siete un giovane dabbene, alquanto strano di
carattere, ma onesto nel fondo, ch'io non dubitavo punto che ogni cosa
si sarebbe accomodata senza scandali nè rancori. Egli si mostrava
inquieto, agitato e ripeteva:
--È un cervello balzano!... è stata una vera provocazione!... Chi sa!
Avrà forse bisogno di fare una prodezza, e mi ha scelto come capro
espiatorio....
Questa idea dì capro espiatorio mi ha fatto sorridere; il farmacista
abbassò gli occhi, e continuò:
--Esso ha forse sete del mio sangue!--egli esclamava,--il duello è
divenuta una mania del giorno, un atto indispensabile per la gioventù
alla moda.... questi giovinotti milanesi se ne fanno una necessità, guai
a colui che non ha da vantare una simile fanfaronata!... È certo ch'io
diventerò il suo trofeo, la vittima della sua ambizione.... io sarò
assassinato!!...--Aveva gli occhi stravolti, i lineamenti alterati, la
faccia accesa e il sudore gli grondava dalla fronte a goccioloni.
Per tranquillarlo mi incaricai di mettermi di mezzo, e terminare ogni
cosa senza lesione d'onore e senza disgrazie....
--Andate, andate,--egli mi diceva,--cercatelo in casa, procurate di
raggiungerlo prima che nascano ciarle, pettegolezzi, complicazioni.... è
un esaltato, procurate di abbonirlo.... chiedetegli una ritrattazione
semplice.... dichiari ch'io non sono matto.... che non ha inteso di
offendermi.... non domando altro che di salvare il decoro.... che mi
rispetti, ecco tutto.... tutti abbiamo il diritto d'essere
rispettati.... non gli domando altro.... andate.... andate subito.
Corsi a casa vostra, e la Rosa mi disse che siete rientrato per un solo
momento, molto agitato, inquieto, annunziandole un viaggio repentino....
impreveduto.... e che vi siete posto a correre, senza nemmeno prendere
un sacco da notte.... e non sapeva quando sareste di ritorno. Tornai più
volte per vedere se foste rientrato; ma essa mi ripeteva le stesse cose,
aggiungendo ogni volta qualche nuova espressione d'inquietudine, di
dubbio, sulla vostra precipitosa partenza, senza indicare nè il tempo
dell'assenza, nè il luogo.... infatti, a dire il vero, le parole della
vostra fantesca indicavano piuttosto una fuga che un viaggio, ed io era
costretto di riferire l'avvenuto.
Alla prima ricerca il dottore rimase inquieto e mi spinse a cercarvi con
maggior attenzione; alla seconda, ed alla terza volta il suo ardire si
andava rialzando, e quando gli comunicai i miei sospetti sulla vostra
fuga, e le precise parole della fantesca, allora ricominciò ad alzare la
testa, a parlarmi con gravità magistrale, aggiustandosi il solino,
rilevandosi il ciuffo, mettendo i pollici nello sparato delle maniche
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