L'amore di Loredana - 10

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Roberto lo toccò nel gomito. I due Sovrani uscivano scambiando qualche
parola con gli ufficiali ch'erano intorno; tutto il sèguito si muoveva.
Roberto disse:
--Ebbene, che pensi? Ti piace?
Filippo non potè trattenersi dal ridere sommessamente.
--Che verbo strano tu hai scelto!--egli rispose.--Se mi piace! Come
fossimo a un ballo!
--A me piace molto,--disse lo zio con semplicità.--Ogni passo su questo
terreno mi fa rivivere. Non è stata una grande battaglia, sai? E si sono
commessi spropositi da cavallo; tuttavia è andata bene. A Montebello ci
eravamo divertiti meglio; gli Ussari erano magnifici; bei soldati gli
Ussari; ma qui abbiam picchiato più forte, più deciso. Tu avessi visto
il cimitero! Un carnaio; si dovette conquistarlo a mitraglia e a
fucilate come una fortezza. E la villa Tracagne, presa e ripresa sei
volte? Ha nella fronte ancora diciotto palle da cannone....
Tacque un istante, gli occhi nel vuoto, sopra le teste della folla che
egli non guardava e che guardava lui. Aggiunse, col sorriso pacifico:
--Ci siamo divertiti! Bah! Non potere tornar daccapo!...
Filippo voleva dire qualche cosa; voleva dirgli che lo amava assai in
quel momento, che gli pareva nobile ed alto; ma si rattenne non trovando
la parola discreta, e sorrise egli pure.
Il resto della cerimonia, la messa, il banchetto nel padiglione reale,
non ebbero per Filippo alcun significato; la festa si vestiva ormai
della sua veste ufficiale.
Davanti alla Torre, i due cannoni che la presidiavano con le bocche
rivolte al viale, attrassero l'occhio di Filippo, che pensò i due vecchi
arnesi della guerra già antica serrassero qualche cosa in sè dell'anima
di Roberto; egli era della stessa tempra ingenua e salda.
Ma l'imagine che rimase nitidissima fra tutte nella mente di Filippo fu
quella dei teschi, dei frantumi di mitraglia, delle scolopendre che
correvano smarrite.
Rivide il vialetto dei cipressi già imbevuto di sangue, e si provò a
sognar quell'episodio di furore, la corsa, il crepitìo delle fucilate;
udì quasi l'ansimar dei soldati sotto la tempesta di ferro, e questo e
quello vide cadere, squarciato il viso, rotto il fianco. Il conte
Roberto eccolo alla testa d'un plotone di lancieri sbucare di repente
tra quell'inferno, urlando e sciabolando coi suoi cavalieri indemoniati;
e il sibilo della mitraglia raddoppiare: cavalli impennati, uomini
precipitati di sella; e dietro, altri plotoni e altri, e lampeggiar di
lame e di lance: cavalleggieri Saluzzo, lancieri Aosta, cavalleggieri
Monferrato, tutti addosso al nemico che balena. Poi, d'un tratto
l'uragano scoppia; la furia del cielo si mesce alla furia degli uomini,
violentissima, e al fragor delle armi si unisce il guizzo dei fulmini e
lo scroscio della bufera.
--Torni a Venezia?--domandò il conte Roberto.
Filippo sussultò in modo, che il vecchio si mise a ridere.
--A che pensavi?--disse.
L'altro si passò una mano sul viso come trasognato. Erano tutti in
piedi, al finir del banchetto. Si fece un gran silenzio: i Sovrani si
congedavano; e a Umberto piacque salutare affettuosamente il conte
Roberto Vagli.
--Arrivederci,--gli disse, stringendogli la mano e fissandolo con gli
occhi acuti.--Sono contento d'aver conosciuto ancora un valoroso....
Strinse la mano pure a Filippo, con un breve sorriso.
Sul volto di Roberto s'era diffusa una espressione di compiacimento
quasi fanciullesco, alle parole di Umberto; e il vecchio restò a
guardare il Re che s'allontanava con Margherita, stretti intorno dagli
alti funzionarii.
Filippo gli domandò:
--Sei soddisfatto? Umberto è stato molto gentile con te.
--Molto, molto!--esclamò il vecchio con gioia.--Non potevo desiderare di
più. È stato troppo buono, e mi ha confuso. Per quattro sciabolate!...
In verità mi rammarico del poco che ho potuto fare!... Quattro
sciabolate! Ma se torno daccapo....
S'interruppe e si mise a ridere.
--Oggi mi son fitto in testa di far la guerra,--disse poi.--Si vede che
ho la febbre. Ma ti assicuro che farei meglio, farei pazzie!...
Drizzò la bella persona, quasi imaginando di rotear la sciabola contro
un nemico invisibile; ed era in quella sua fantasia così fiero e deciso,
che Filippo lo guardò ammirato.
Risonava il terreno per un galoppo sordo e continuo; la folla sterminata
correva a veder la partenza dei Sovrani, a prender d'assalto i treni; e
spinta innanzi dalla curiosità e dalla fretta, innalzava un convocìo
incessante che a poco a poco diventava un urlo rauco, quasi il soffio di
una procella vicina.
Più volte Roberto e Filippo vennero urtati; ma essi procedevano adagio e
in silenzio, ciascuno abbandonato all'onda dei proprii pensieri, i quali
eran tanto dissimili che si sarebbe detto i due uomini appartenessero a
due mondi piuttosto che a due epoche diverse.
Roberto ebbe ancora qualche esclamazione:
--Buon Re!--disse, quasi parlando da solo.--Egli ha conosciuto la guerra
e la battaglia; le sue parole mi son più care.
Rintronava il galoppo; passavano intere famiglie, seguite dalla
domestica che recava sulle braccia i canestri vuoti della colazione, e
tutti della famigliuola correvano, chiamandosi e incitandosi ad alta
voce; qualche volta, rapido al par del fulmine, appariva e spariva un
cane, abbaiando per cercare il padrone; di quando in quando passava una
carrozzella, zeppa di gente così da far pensare che le molle stessero
per cedere e il cavallo per rimanere stecchito; e di nuovo la folla
sparsa, una tempesta di ombrellini aperti con colori strani, con le
forme più varie, dal minuscolo all'enorme; e gruppi che procedevan
lenti, a squadre, alternando l'inno di Garibaldi con l'inno di Mameli. I
due uomini seguitavano a camminare adagio, in silenzio, urtati e
stretti, col pensiero lontano.


IV.

Quando, la sera stessa, Loredana gli domandò qualche notizia di quella
festa, Filippo fu insolitamente loquace.
Il salottino nel quale si trovavano era per tutta la parte superiore
immerso nell'oscurità; dalla tavola di mezzo la lampada, coperta con un
paralume rosso, proiettava la luce sul capo di Loredana, che stava un
po' curva a ricamare; e Filippo, sdraiato in una poltrona nell'angolo,
s'intravedeva appena. Egli era ancor tutto vibrante per le impressioni
della giornata, e fu felice di parlarne; disse a Loredana di quella
cerimonia straordinaria e si fece a descrivere i particolari che meglio
avevano attratto il suo sguardo.
--Ah quei teschi, quei teschi!--esclamò.--Che eloquenza viene dalle
cose! Io, vedi, non avevo mai capito, anzi dirò che non avevo mai
apprezzato lo zio; ci voleva San Martino, ci voleva l'Ossario perchè
comprendessi finalmente Roberto e imparassi ad amarlo. È un uomo
semplice e buono, ed è un valoroso. Prima m'infischiavo di lui: oggi in
verità, non vorrei dispiacergli per nulla al mondo.
Loredana tacque: il fervore inusato dell'uomo le giungeva nuovissimo, e
non sapeva come spiegarne la causa.
--Ho sentito,--continuò Filippo,--quanto io sono miserabile al confronto
di quei vecchi. C'era il generale Cucchiari, te l'ho detto? Guardandolo,
ho pensato ch'egli ha visto cose e provato emozioni che io non potrò mai
nemmeno sognare. Io sono un piccolo uomo impegolato in una piccola
guerra di pettegolezzi; e tra me e quei vecchi c'è la stessa differenza
che tra il pettegolezzo e un colpo di cannone.
--Quale piccola guerra di pettegolezzi?--domandò Loredana, senza alzare
il capo dal suo lavoro.
--Ma sì, la solita musica!--disse Filippo.--Voglio dire, tutte le
chiacchiere che si fanno intorno a me, e intorno a te, e le ire dei
parenti, di mia madre, di mia sorella, di mio cognato e anche dello zio.
--Ma allo zio non vorresti spiacere!--osservò Loredana.--E se ti
pregasse di lasciarmi, allora mi lasceresti subito?
Le parole furon dette con accento così teneramente dubbioso, che Filippo
balzò in piedi ridendo, e corse a baciar la testa curva dell'amante.
--Sono uno sciocco!--esclamò.--Anche tu sei una sciocca, a farmi queste
domande. Su, àlzati, su, viperetta!
Loredana si alzò lentamente, e senza comprendere depose il ricamo sulla
tavola; ma Filippo l'afferrò pel busto e la trascinò ballando.
--Su, su!--diceva.--Dobbiamo ballare; non essere triste per queste
sciocchezze....
La giovane, abbandonata fra le braccia del suo Flopi, cominciò a ridere,
lasciandosi trasportare; ma a poco a poco, perchè egli insisteva, si
mosse con giusto ritmo; e la signora Teobaldi, che entrava in quel punto
con un mazzo di carte per il suo abituale solitario, restò a bocca
aperta, vedendo i due amanti che ballavano un valzer in silenzio nella
camera penombrosa.
--Quale spettacolo!--disse ammirata, disegnando nell'aria un gesto
solenne.--Quale spettacolo d'amore perfetto!
Loredana diede in una risata; ma il cuore le martellava dalla gioia; una
fanciullaggine di Filippo, un suo atto gentile, un pensiero di
sollecitudine le snebbiavan dall'anima quelle ore di trepidanza che la
vita mondana di lui le cagionava.
Non era più la vita dei salotti; l'autunno aveva ormai circoscritto i
convegni, e la società elegante si ritrovava nelle sale dei grandi
alberghi sulla Riva degli Schiavoni o lungo il Canalazzo. Ivi i ricchi
stranieri che avevano amicizia con l'aristocrazia veneziana, davano
pranzi e feste: e le riunioni eran tanto curiose e vivaci, quanto e
meglio che quelle della società consueta.
Gli stranieri si dilettavano di recarsi dopo pranzo in gondola alle
serenate, per udir le canzoni e per vedere i palloncini che si
riflettevano dalle barche dei cantanti nell'acqua scura. Filippo, che a
quei pranzi doveva spesso partecipare, si destreggiava sempre in maniera
da evitare il supplizio delle canzoni, e tornava presto a Loredana per
uscir con lei in gondola, lontano, nell'ombra del Canal della Giudecca,
dove il silenzio era stupendo.
A una di quelle feste date da stranieri in un grande albergo, Filippo
non fu poco sorpreso di trovare lo zio Roberto.
--Tu qui?--gli disse Filippo, con espressione di piacere.
--Ti dirò poi; usciremo insieme,--rispose il vecchio.
Alla festa erano intervenuti madame Lodge, una parigina bionda (bionda o
tinta?) e una mistress Stewart col marito, il signor Stewart, il quale
era un grande cacciatore di galli di montagna.
V'era la principessa Stephen, una viennese di trent'anni, che girava il
mondo; suo marito girava il mondo dall'altra parte e non s'incontravano
mai. La principessa parlava costantemente dell'anima e si faceva
corteggiare di preferenza dagli ufficiali. Ella era tutta vestita di
bianco, tre giri di grosse perle al collo, merletti bianchi sullo
strascico; ma aveva le scarpette d'oro come mademoiselle de Toulouse.
Mademoiselle Lucienne de Toulouse, di passaggio a Venezia con la madre,
abitava a Singapore, aveva diciotto anni, sapeva quattro lingue ed era
molto insolente; non la si vedeva mai senza il portasigarette d'argento
stellato di turchesi e una piccola borsa a maglie d'oro. Parlava di
tutto, a grande velocità. Il conte Roberto stava ad udirla con una
maraviglia così schietta, che Filippo scorgendolo non potè trattenersi
dal ridere. Egli conosceva bene quei convegni di gente venuta da tutte
le parti del globo, non legata che da vincoli di cortesia, pronta a
ripartire domani per il Polo Nord o per l'Africa o per qualunque paese
dove la noia fosse minore e la moda imperasse; di volta in volta
ricomparivano vecchie conoscenze e si ingrossava la schiera delle nuove.
Il signor Stewart, ad esempio, passava a Venezia quindici giorni ogni
anno, da trent'anni; e Filippo l'aveva sempre udito parlar della caccia
al gallo di montagna; sopra gli altri argomenti il signor Stewart non
nutriva alcuna opinione; onde Filippo aveva preso tanto in uggia il
gallo di montagna, che avrebbe dato la caccia al cacciatore.
Ma in quelle riunioni di stranieri infierivan l'amoretto, il piccolo
intrigo, ciò che le persone bennate chiamano _flirt_, e mademoiselle de
Toulouse e la principessa Stephen avevano un _flirt_ a ogni angolo della
sala; e abitualmente a Vienna, a Biarritz, a Zermatt, al Cairo, ad
Aix-les-Bains, ovunque le signore si recassero, il _flirt_ si ripeteva
con altri personaggi e con lo stesso effetto; Filippo, sapendo il
giuoco, vi si prestava per cortesia, senza mettervi alcun impegno, come
chi arrischia una partita per ingannare il tempo.
Egli fu molto gentile con la principessa Stephen, la quale desiderava,
civettando con Filippo, d'indispettire il capitano Ketwort, che nel
_flirt_ non era sufficientemente destro e si appassionava in modo
pericoloso; ma quando Filippo s'accorse che negli occhi del giovane
capitano balenavano lampi d'odio, smise subito, fece un lieve cenno al
conte Roberto e insieme con lui si congedò.
Era ormai la mezzanotte; i due uomini percorsero in silenzio la riva
degli Schiavoni battuta dalla luna; l'isola di San Giorgio era così
bianca sotto il raggio, che la chiesa e il campanile parevano di gesso.
Dietro l'isola si effondevano densi cirri color d'argento.
Roberto si fermò d'un tratto e disse:
--Volevo chiederti una spiegazione.
Dal tono, Filippo sentì che si trattava d'un argomento inusitato, e
aspettò.
--Volevo chiederti quante sono a Venezia le contesse Vagli.
--Non capisco,--disse Filippo, guardando stupito lo zio.
--Ecco; oggi ero in un negozio a comprarmi qualche cianfrusaglia, quando
è entrata una ragazza, un cosino, un diavolino alto quattro spanne, che
rivolgendosi al commesso ha detto: «Quella roba per la contessa Vagli
non è ancor pronta?» Io ho guardato la ragazza, ma non la conoscevo. Il
commesso ha risposto: «Sì, è pronta!» E volgendosi al facchino, e
consegnandogli un involto, ha soggiunto: «Porta subito alla contessa
Vagli, sulle Zattere!» Ora io ti domando di nuovo: quante sono a
Venezia le contesse Vagli?...
Filippo non rispose: era annichilito. La descrizione del cosino, del
diavolino alto quattro spanne, gli aveva fatto subito comprendere che si
trattava della cameriera di Loredana, e le osservazioni di Roberto lo
avevano colpito in pieno petto.
--Di contesse Vagli, io non ne conosco che una!--seguitò lo zio:--tua
madre, mia cognata. Se ve n'è un'altra sulle Zattere, ti prego di
presentarmi, perchè avrò piacere di vederla in faccia.
Filippo continuò a tacere; e come se il silenzio di lui lo inacerbisse,
il conte Roberto riprese alzando la voce:
--Si tratta di quella solita birichina che ho visto a Sirmione. Io non
ne ho più parlato perchè non volevo annoiare me e te. Ma ormai le cose
prendono proporzioni fantastiche: non posso permettere, nessuno può
permettere che usurpi un nome e un titolo, i quali non solo non le
appartengono....
Filippo diede rapidamente un'occhiata intorno: sulla Riva i passanti
erano radi e non parevano badare ai due uomini, che si fermavano di
tratto in tratto.
--....ma appartengono a tua madre, la quale è una dama, una vera dama,
esempio d'ogni virtù! Che cosa sarebbe avvenuto se quel diavolino di
quattro spanne si fosse trovato nel negozio con tua madre? Che cosa
avrebbe pensato di te quella povera donna?
--Permettimi!--interruppe Filippo, tanto per interrompere.--Tu ti
arrabbi troppo per la storditaggine d'una cameriera....
--Ah no, poi!--esclamò il conte Roberto, fermandosi.--Non verrai a dirmi
che è un capriccio della cameriera: la cameriera non può inventarsi un
titolo; se lo inventa, la si redarguisce; ma essa ne usa, invece, e ne
abusa, perchè sa che quest'abitudine riesce gradita alla tua monella e
fors'anco a te....
--Io?--disse Filippo, mentendo come un ragazzo.--Io non ne sapeva
niente.
--Tu non ne sapevi niente, è inteso!--ripetè il conte Roberto con
sarcasmo.--In casa, pei negozii, tra pettegole, per le vie, tutti la
chiamano contessa Vagli, e tu non ne sai niente, tu vivi nelle nuvole,
tu non hai orecchie per udire.... Questo è deplorevole, Flopi; bisogna
saper udire e vedere, specialmente quando si ha a fare con donne, le
quali, da ciò che ho appreso, non hanno scrupoli.... Qui si tratta d'una
vera e propria usurpazione di titoli, non solo, ma anche di nomi. Certo,
quella ragazza non è di nostra famiglia; certo, non è contessa....
Questa commedia, insomma, deve finire....
--Finirà,--disse Filippo seccamente, sperando che lo zio si arrendesse.
Ma Roberto, forse animato dalla brezza che soffiava piacevolmente e
dall'ora calma che incitava a lunghi discorsi, volle continuare:
--Tutto potevo aspettarmi da te, all'infuori di questa mancanza che è
quasi una mancanza contro l'onore....
--Zio, non dire spropositi!--rimbeccò Filippo.
--Dico _quasi_: _quasi_ una mancanza contro l'onore,--insistette il
conte Roberto.--Hai dato in balìa d'una ragazza un nome e un titolo
illustri, che a noi devono essere sacri; hai permesso che i servi e le
serve se ne gonfino la bocca e forse ridano alle vostre spalle, sapendo
magnificamente che nome e titolo sono falsi, messi insieme per divertire
la tua mantenuta....
--Ma che mantenuta!--esclamò Filippo, irritato.--È la mia amante!
--Amante e mantenuta sono sinonimi in certi casi,--dichiarò
inappellabilmente Roberto.--La birichina non ha una posizione sociale
che le permetta di vivere senza il tuo aiuto; e dunque tu la mantieni, e
dunque è la tua mantenuta....
--La mantenuta è un altro tipo di donna,--osservò Filippo.--Fa
dell'amore un reddito e un mestiere, allogandosi presso l'uno o presso
l'altro; è un oggetto di piacere che si noleggia per un dato tempo. Il
caso di Loredana è ben diverso....
--Loredana!--ripetè il conte Roberto.--Si chiama anche Loredana, nome
patrizio e storico....
--Non pretenderai mica di toglierle il nome di battesimo?--osservò
Filippo ironicamente.
--Ma è suo? È veramente suo? Non sarà posticcio come il titolo di
contessa?--domandò Roberto con inquietudine.
Per tutta risposta, Filippo alzò le spalle.
--E si deve chiamar Loredana!--seguitò Roberto, quasi parlando tra di
sè.--Una volta si era più guardinghi nella scelta dei nomi, e si
rispettavano quelli che il patriziato rendeva famosi....
--Oggi non si rispetta più nulla,--osservò Filippo con lieve
canzonatura.
--Tu giudichi queste cose con troppa leggerezza,--disse il conte
Roberto.--Sei molto cambiato da qualche tempo, e non hai più le nostre
idee....
--Quali idee?
--Le idee della nostra classe. Ogni classe sociale deve avere le sue
idee e difenderle,--sentenziò il vecchio.--Ne ha il popolo, ne ha la
borghesia, ne ha l'aristocrazia, e dal conflitto nasce la vita, sorge il
progresso. Quando una classe rinunzia alle sue idee e non le difende o
comincia a dubitarne, è perduta. Mi dispiace sempre vedere che i giovani
moderni ridono d'ogni cosa; noi eravamo assurdi, forse, eravamo troppo
rigidi, ma abbiamo difeso il tesoro d'idee lasciatoci dai vecchi, e
abbiamo ritardato il trionfo dell'anarchia.
--Che c'entra tutto questo con Loredana?--chiese Filippo.
I due uomini passeggiavano in lungo e in largo per la Piazza deserta a
quell'ora; la Basilica aveva alla sommità, tra gli archi, le cupole, le
croci bizantine, ancora qualche pallido sprazzo d'oro; e dalle
Procuratie prorompeva qua e là, in diversi toni di giallo sul grigio, la
luce dei caffè aperti. Così spopolata, con le infinite finestre delle
Procuratie, tutte chiuse, la Piazza sembrava immensa.
--Tua madre ha ragione,--dichiarò il conte Roberto, per tornare
all'argomento.--Ella vorrebbe che tu sposassi quella piccola Giselda, la
Fioresi....
--Ma se non mi piace!--esclamò Filippo.
--Non ti piace, non ti piace!... È impossibile che non ti piaccia; una
ragazza come la Fioresi deve piacere a un uomo di buon gusto. Bella,
educazione squisita, intelligenza pronta, nome, titolo, patrimonio
sicuri, ecco la vera contessa Vagli di domani. Io ne sarei
contentissimo, per te e per tua madre.... E sai che cosa vuol dire far
contento lo zio?
Filippo non rispose; procedeva a capo basso, le mani dietro la schiena,
guardando le liste bianche della pietra sul selciato. Era la prima volta
che il conte Roberto faceva allusione all'eredità e al denaro,
quantunque assai discretamente; Filippo stette silenzioso ad ascoltare.
--Lo zio ha molti quattrini inutili,--seguitava Roberto, in tono fra lo
scherzoso e il grave;--molti quattrini inutili, bene impiegati, che
dànno una rendita larga e certa. E se sarà contento, lascerà tutto a
Flopi, a sua moglie, ai piccoli «flopini», e creperà tranquillo, da buon
vecchione semplice e onesto. Ma se lo zio non sarà contento, parola
d'onore, Flopi rimarrà senza un soldo: zero via zero!...
Filippo alzò il capo: non si aspettava una dichiarazione così esplicita,
e se ne sentiva offeso e annoiato. Guardò in faccia Roberto e disse con
accento reciso:
--Non ti ho mai chiesto nulla, zio: non ho mai domandato quali fossero
le tue intenzioni, e mi dispiace che tu confonda una questione di
sentimento con un affare d'eredità. Io devo disingannarti subito: non
farò nulla, non farò nulla mai per allungar la mano sul tuo denaro.
--Ma no,--interruppe Roberto stupito.--Che cosa dici? Mi sono espresso
male: non ti credo capace d'un calcolo. Volevo dirti che la Fioresi
sarebbe una buona moglie per te, e che io vorrei sentirmi tranquillo
circa il tuo avvenire....
--Lasciamo, lasciamo,--fece bruscamente Filippo.--Abbiamo già parlato
troppo. Oggi è di moda la beneficenza, e tu puoi regalare i tuoi
quattrini inutili a qualche istituto umanitario. Ma io mi terrò
Loredana.... Anzi, per soprammercato potresti regalare all'istituto
anche quella maledetta Fioresi perchè la sposassero a qualcuno, tanto da
togliermela di tra i piedi....
Il conte Roberto crollò il capo, disapprovando quel tono impertinente;
poi si fece forza, e disse con rammarico:--Non ci comprendiamo.
--Non ci comprendiamo,--ripetè Filippo.
I due uomini tacquero un istante, poi arrivati in fondo alla Piazza,
all'angolo della Merceria dell'Orologio, si strinsero la mano e si
lasciarono freddamente.


V.

Berto Candriani, che quella sera medesima si era recato al teatro
Goldoni, per veder chi ci fosse e per far qualche visita nei palchi, non
appena fu in platea ed ebbe girato intorno lo sguardo, si rallegrò seco
stesso della sua buona idea.
--Com'è bella!--egli borbottò, senza badare a quelli che gli stavano
addosso e lo urgevano da tutti i lati.
In un palchetto di primo ordine aveva subito scorto Loredana, alla quale
era di fronte Clarice. La fanciulla stava attentissima alla scena ed
alla musica del «Boccaccio», e la dama di compagnia si faceva fresco con
un gran ventaglio, lenta e solenne. Berto gettò un'altra occhiata tutta
in giro per abitudine.
Il teatro era stipato; nelle poltrone molte signore; molte dame nei
palchi, le quali avevano abiti chiari; in platea non v'era modo di
muoversi; nella penombra che avvolgeva il vaso, per dare maggior forza
alla luce e ai colori chiassosi del palcoscenico, si vedevan tuttavia
parecchi binocoli rivolti al palco di Loredana; uomini e donne la
fissavano con curiosità e si scambiavano sottovoce qualche osservazione.
Berto non attese che l'atto finisse; uscì dalla platea, corse per le
scale, aperse l'uscio del palco....
--Oh come mi fa piacere!--esclamò Loredana ingenuamente, al veder Berto
che inoltrava, col cappello nella sinistra.
--Fa più piacere a me!--egli rispose ridendo e chinandosi a baciar la
mano della giovane.
Clarice voleva lasciare il posto a Berto, ma questi la inchiodò con
un'occhiata.
--Mi metto qui,--egli disse,--a fianco della signorina; si sta meglio.
Non c'è Flopi?
--No,--rispose Loredana.--È al «Grand Hôtel», credo, a fare una visita.
Tornerà tardi.
Uno zittìo improvviso le troncò la parola in bocca; gli spettatori della
platea non volevano essere disturbati, e alcuni guardavano in su con
espressione di sdegno. Loredana si mise a ridere sommessamente: poi
sommessamente continuò a parlare.
--Ha fatto bene a venire a trovarci,--ella disse.--Se rimane fino alla
fine, ci può riaccompagnare a casa: io ho la gondola.
--Ma io rimango fino all'alba!--dichiarò Berto, guardando Loredana.
Essa indossava un abito di panno bianco, con la sottana a pieghe
verticali e la camicetta di trine; un gran cappello nero dalle lunghe
piume posava sulla testolina, dandole un'espressione graziosamente
spavalda. Berto si sforzò a imaginare sotto l'abito il bel corpo nitido
e giovanile, il tesoro di voluttà che quella eleganza semplice e degna
avvolgeva misteriosamente; e vicino a lei, con la spalla destra che
sfiorava la sinistra della ragazza, aspirò il profumo che sorgeva dalla
gonna e dal collo.
Forse qualche cosa avvertì Loredana dei pensieri che galoppavano per il
cervello del suo visitatore, qualche lampo nello sguardo di lui,
l'istinto che parla presto e sicuramente nell'anima della donna; essa
non gli volse più gli occhi e si rabbuiò in viso.
--Lei ha un trionfo, questa sera!--mormorò Berto.--Veda quanti binocoli
sono diretti qui!
--Non è vero?--disse Clarice.--L'ho osservato io pure; ma la contessa
non vuol sentirselo dire.
--Hanno ragione, quegli stupidi,--continuò il giovane.--La signorina è
deliziosa; non c'è una, in tutto il teatro, che possa starle a paragone.
Flopi è ben fortunato!
Loredana lo guardò duramente.
--Lei è molto strambo,--disse.--Non mi ha mai fatto complimenti di
questo genere....
--Ho avuto torto, e riguadagno il tempo perduto,--rispose Berto
sorridendo.
--No, la prego: questi discorsi mi affliggono. E voi, Clarice, non dite
altre sciocchezze!
La signora Teobaldi dimenò il ventaglio in tutta furia, dolentissima del
rimbrotto, che la impacciava davanti al Candriani.
--Io vorrei sapere,--riprese questi, ostinatamente,--perchè l'affligga
un'espressione di lode sincera. Io l'ammiro e glielo dico; lei è molto
bella, stasera, e glielo dico; lei veste con molta eleganza, e glielo
dico....
--Perchè?--interruppe Loredana, che aveva sentito una vampa infiammarle
il viso.--Perchè tutti me lo dicono, ecco; per le calli, pei negozii,
sui vaporetti, dovunque io vada, son le solite frasi: a Venezia, gli
uomini non fanno altro, come non avessero mai visto una donna giovane
che non sia un mostro. Io credeva che lei non fosse così. E poi, aspetti
a dirmi che sono molto bella quando c'è Flopi. Perchè non me lo dice
quando c'è Flopi?
--Già!--esclamò Berto.--Come se Flopi avesse bisogno di apprenderlo da
me! E del resto, se aspetto che ci sia Flopi, devo aspettare un pezzo,
perchè mi sembra che Flopi non ci sia mai....
Il giovane s'interruppe e si morse le labbra. Un velo d'angoscia era
calato repentinamente sul viso della ragazza e le aveva dato
un'espressione di tanto dolore, che Berto dovette confessarsi d'essere
stato villano e maligno.
--Come canta bene quella nanerottola!--disse, accennando del capo alla
prima donna, con la speranza di sviare il discorso.
Ma Loredana non rispose. Le parole di Berto l'avevano toccata
profondamente: anche gli altri, dunque, notavano che Flopi sembrava
trascurarla per vivere la sua maledetta vita mondana? E quelle donne,
quegli uomini che glielo toglievano per godere essi la sua compagnia,
quanto erano odiosi ed egoisti! Nei palchi tutt'intorno v'eran parecchie
di quelle donne con le quali Filippo aveva dimestichezza, e Loredana le
avrebbe avvelenate dello sguardo; esse invece la fissavano
insolentemente col binocolo, susurrando poi qualche parola, e insistendo
così che si sarebbe detto facessero a bella posta per irritarla.
Da quando Berto Candriani s'era mostrato nel palco, la curiosità era
cresciuta; molte signore che conoscevano il Candriani, si ripromettevano
d'interrogarlo con affettata indifferenza. Le più sapevano che quella
ragazza era l'amante di qualcuno; altre, che avevano un migliore
servizio di pettegolezzi, sapevano che era l'amante di Filippo Vagli; e
i commenti non erano favorevoli: tutte dicevano che il cappello era
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