L'amore di Loredana - 13

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--È quello che io ho osservato a Flopi,--ella, disse.--Ma egli mi ha
risposto che io lo scambiava per un mercante.
--Doveva rispondere così,--osservò Berto.
--Doveva essere sincero, perchè io con lui sono stata sempre sincera.
--Lei non aveva nulla da nascondere; ma la sincerità qualche volta è
incomoda,--ribattè il Candriani.--Non si può dire a una donna: «Io
preferisco due milioni al tuo amore»....
Loredana balzò in piedi.
--Perchè mi parla a questo modo?--esclamò.--Filippo le ha dato
l'incarico di esprimere le sue idee?
--No,--rispose Berto, stendendo una mano verso la giovane come a
tranquillarla.--Filippo non mi ha dato alcun incarico, glielo posso
giurare! Sono pensieri miei, quelli che esprimo.
Fece una pausa, si alzò egli pure lentamente in piedi, e movendo un
passo verso la ragazza dritta nella veste flammea, aggiunse:
--Non si spaventi, non si turbi, Loredana. È un amico che le parla. Io
voleva dirle questo fin dalla sera in cui ci siam trovati a teatro.
Volevo dirle che, qualunque cosa avvenga, in qualunque momento, io sarò
lieto di accorrere a una sua parola e di poter esserle utile....
--Come?--domandò Loredana smarrita.--Lei non crede sincero Filippo?
--Non so. È sincero oggi, forse. Domani potrebbe pentirsi, non tanto per
il patrimonio al quale deve rinunziare, quanto per la guerra che gli va
movendo la famiglia. E se quel giorno venisse, le ripeto, ella deve
ricordarsi che ha un amico devoto e pronto a tutto per lei....
La giovane squadrò da capo a piedi il suo ospite; non era più
intimorita; un sorriso ironico le increspava le labbra e una luce vivida
le sfolgorava dagli occhi.
--Io la disprezzo!--ella rispose pacatamente.
--Loredana!--esclamò Berto.
--Sì, sì, la disprezzo!--ripetè la giovane con calma.--Lei ripaga a
questo modo l'amicizia di Flopi? Lei viene a mettermi il sospetto nel
cuore, mentre io era felice! Lei viene ad accusare Filippo, mentre egli
è così buono con me, così fiducioso con lei! E tutto questo senza una
ragione al mondo, solo per dirmi.... Per dirmi che cosa? Che lei
vorrebbe succedere a Filippo, non è vero? Perchè lei crede che se domani
Filippo mi abbandonasse, io prenderei un altro amante, forse il primo
che mi capitasse, con la indifferenza con cui si muta d'abito? Questa è
la stima che lei ha di me?...
S'interruppe, dando in una risata sardonica; e proseguì:
--Caro conte, ha commesso un'azione cattiva, e io dovrò avvertirne
Filippo, perchè si guardi da lei, che è un falso amico! Lei è stato il
solo ammesso in questa casa, e ne ha compensato Flopi tentando di farmi
credere che rimpiange il denaro perduto, e cercando di portar via a
Flopi una donna che egli ama. Mi ha messo l'inferno nell'anima, mi ha
fatto dubitare, mi ha torturata....
--Loredana, non esageri, per carità,--interruppe Berto
avvicinandosi.--Lei non mi ha compreso.
--L'ho compreso, l'ho compreso!--esclamò Loredana, mentre le lagrime
cominciavano a scorrerle per le guance.--Ho compreso il suo scopo! Se
avesse detto quelle malignità senza uno scopo, sarebbe pazzo! Ah, che
dolore mi ha dato! Ora questo pensiero non mi si leverà più dal
cervello; ora io continuamente mi domanderò se Flopi è contento, se non
rimpianga il denaro perduto, se mi ama davvero! Ed ero così felice, così
stupidamente felice!...
Si lasciò cadere in una poltrona, e nascondendo il volto tra le mani,
scoppiò in singhiozzi che le fecero sobbalzare violentemente il seno. A
piccoli passi, piano, adagio, Berto si avvicinò, si curvò sulla
spalliera, osò stendere una mano quasi per carezzare la testolina
dolorosa:
--Loredana,--susurrò,--io le domando perdono; io non credeva di....
Ma dovette troncare. Loredana era scattata in piedi nuovamente; pareva
davvero una viperetta, con la testa dritta e gli occhi sfavillanti:
--Vada via!--gridò.--Vada via; non mi tocchi! La disprezzo, gliel'ho
detto. Vada via, vada via subito!...
Berto si ritrasse.
--Vada via subito!--incalzò Loredana.--Non voglio più vederla! Vada via
subito, o chiamo!
Il tono perentorio, la voce squillante, il fremito visibile che agitava
la fanciulla, fecero comprendere a Candriani ch'era impossibile
resistere; se avesse osato una parola o un gesto, Loredana avrebbe
chiamato il servo o Clarice, facendo uno scandalo. Berto camminò a
ritroso fin sul limitare, s'inchinò, uscì.
La giovane stette in ascolto qualche poco, indi si abbandonò sul divano,
tuffando il volto tra i cuscini. Ella rimase in tal positura, immobile e
con gli occhi asciutti, sforzandosi a pensare, fin che non udì
nell'anticamera i passi di Filippo che rientrava. Allora balzò in piedi,
si diede una occhiata nello specchio, afferrò un libro che giaceva sulla
tavola e finse di leggere.
Filippo entrò:
--Buona sera, piccola,--disse.
--Buona sera, Flopi. Ti sei divertito?
--No, per niente. E tu, che cosa hai fatto?
Un brivido passò nell'anima di Loredana; chinato il capo di nuovo sul
libro, mormorò con indifferenza studiata:
--Nulla. È venuto il Candriani a trovarmi....
--Berto?--esclamò Filippo stupito.--A che ora?
--Alle cinque e un quarto, o alle cinque e mezza, non ricordo.
--E che cosa voleva?
--Era passato a prenderti per andare dalla contessa Lombardi.
--Ma è impossibile, Lori; pensa bene a ciò che dici!--esclamò Filippo.
Loredana s'impaurì; impossibile? perchè era impossibile?
--Ha detto così,--ella insistette.
--Ma dalla contessa Lombardi dovevamo trovarci più tardi,--osservò
Filippo.--E infatti è venuto, mi ha visto, e non mi ha detto ch'era
stato qui. Tutto questo è stranissimo....
Tacque; s'avvicinò all'amante, ancora seduta sul divano, e la scrutò
attentamente.
--Tu sei molto agitata,--soggiunse.--Mi nascondi qualche cosa....
Loredana si sentì morire. Che cosa poteva credere Filippo? Bisognava
raccontar tutto?... Alzò il capo, e disse, disperatamente:
--Io, il Candriani, non voglio più vederlo!
Filippo sussultò, l'attirò al petto, e baciandola rispose con calma:
--Ho capito. Non lo vedrai più!


XI.

Il conte Filippo Vagli e il conte Berto Candriani, col pretesto d'un
diverbio politico, si batterono alla sciabola tre giorni dopo la visita
di Berto a Loredana. Al Candriani toccò un colpo di figura interna, che
partendo dall'orecchia destra, gli tagliava il naso, le labbra, il
mento; Filippo, a causa dell'incontro avvenuto in quell'attimo, ebbe una
sciabolata all'avambraccio destro, lunga ma non profonda.
Loredana quando vide in quel pomeriggio freddo e nebbioso tornar Filippo
col braccio al collo, diventò come pazza; correva da una camera
all'altra, gridando e piangendo; era stata lei la causa del duello;
Flopi s'era dovuto battere per lei; ella era la sua maledizione; già
tanti danni aveva avuto dal suo amore, già tanti dispiaceri, e oggi
anche un duello, una ferita, oggi anche il sangue aveva dovuto dare!
Il chirurgo che accompagnava Filippo le assicurò che la ferita del conte
non era grave; Filippo e Clarice furono attorno alla giovane per
confortarla; ma essa era così sbigottita, coi capelli sciolti e gli
occhi dilatati dallo spavento, che il medico dovette occuparsi prima di
lei che del suo ferito.
A poco a poco, quasi svegliandosi da un terribile sogno, Loredana si
rimise e cominciò a credere che Filippo non fosse minacciato da morte
imminente. Ma non appena il chirurgo si congedò, essa volle udire il
racconto della scena, e Filippo dovette raccontare, mentre Clarice
Teobaldi pensava alle più belle pagine del teatro melodrammatico.
--La conclusione si è,--terminò Filippo,--che io intendo partire non
appena mi sarà possibile. Questo duello farà troppo chiasso. Andremo a
Roma a passar l'inverno: lasceremo qui Clarice a vigilare la casa, e
torneremo a primavera....
La signora Teobaldi sentì il dispiacere del futuro distacco, temperato
dalla soddisfazione di quell'incarico di fiducia, e pensò che Filippo
era veramente un eroe.
--Mi dispiace per Berto,--soggiunse il conte.--Gli è toccato un colpo
crudele, ma non potevo misurarlo. Del resto, la lezione gli insegnerà a
tener la lingua tra i denti.... e a rispettar l'amicizia.
Filippo non s'era ingannato, prevedendo che il duello avrebbe fatto
chiasso. Per tutto il giorno dovette ricevere amici nel suo studio, i
quali venivano ad assicurarsi che non era gravemente ferito. In città il
fracasso era enorme, e quelli che ne sapevano meno erano i più esatti e
più sicuri nel raccontar particolari.
Non si trattava del solito pettegolezzo, qualche volta campato
interamente in aria, sempre mormorato con grazia; era un'onda di ciarle
e di commenti fragorosi che dilagava per tutto, nei caffè, nei teatri,
nei salotti.
L'aristocrazia veneziana, la quale conta forse i nomi più classici del
mondo, s'angustiò per quell'incidente di cui si sapevano anche le cause,
perchè il pretesto del diverbio non aveva ingannato nessuno. Da anni a
Venezia non avvenivano duelli se non tra giornalisti; una cordialità
simpatica legava i signori l'uno all'altro, e la più squisita cortesia
presiedeva ai loro convegni, tanto che al momento di trovare i padrini,
Filippo e Berto avevano incontrato non poche difficoltà, perchè gli
amici di quello erano amici di questo; Filippo aveva scelto due
ufficiali di marina giunti da poco a Venezia, e Berto due ufficiali di
cavalleria che stavano a Padova.
Il conte Roberto e la contessa Bianca furono costernati all'annunzio; nè
l'uno nè l'altra avrebbero imaginato che Filippo giungesse a tanto per
la «monella»; e l'uno e l'altra, d'intesa, fecero comprendere la loro
riprovazione ostentando di non voler parlare dell'accaduto e trascurando
di chiedere notizie del nipote e del figlio.
Era lo scandalo; lo scandalo aperto, irrimediabile, gigantesco; perchè
sapendo che Filippo si era battuto per una donna, e non già per la
politica come voleva dare a intendere, nessuno pensava che questa donna
non l'avesse tradito, ch'egli non l'avesse sorpresa fra le braccia del
Candriani, ch'egli insomma non avesse fatto una brutta figura. Il nome
di Loredana correva per le strade, e la curiosità interribiliva.
Loredana! Chi era? Dove l'aveva trovata? Che cosa faceva prima di darsi
al conte? Era quella del bagno di latte e delle fragole? Ah era quella!
Allora la medesima che una sera al teatro Goldoni civettava col
Candriani; che sfrontata! Mantenuta dell'uno, andava a teatro con
l'altro! Filippo spendeva un patrimonio per coprirla di seta e di
gioielli ed essa lo ricompensava a questa maniera; la colpa era di
Filippo, che doveva aver perduto la testa. Chi l'avrebbe detto, lui così
pronto una volta a cambiar d'amanti, così garbato e accorto, così
scettico ed egoista! È proprio vero che il gatto, all'ultimo, vi lascia
lo zampino; Filippo doveva essere invecchiato; questo amore aveva tutta
la goffaggine d'una passione senile.
Non parliamo del Candriani, tanto ben ricompensato della sua amicizia;
per poco Filippo non gli aveva portato via naso, orecchia e labbra in un
colpo solo; ad ogni modo il povero Berto rimaneva sfigurato per sempre;
la cicatrice era spaventosa; venti punti di sutura; ma che venti?
trenta, o quaranta; un macello.... E intanto Filippo s'era giuocato per
quella donna l'eredità dello zio, una diecina di milioni; lo zio l'aveva
avvertito più volte, l'aveva pregato e scongiurato, e finalmente aveva
perduto la pazienza. Chi poteva dargli torto? Era un vecchio onesto e
semplice, che non voleva pasticci in famiglia.... E quell'altra, la
madre, la contessa Bianca, quale conforto aveva dal figliuolo, ch'ella
voleva accasare! S'era trattato di matrimonio con la contessina Cafiero;
no, con la Fioresi, una ragazza che gli avrebbe portato, anche lei, una
diecina di milioni; ma Filippo aveva mandato all'aria ogni cosa; e in
tal modo, dieci della fidanzata e dieci dello zio, erano ormai venti
milioni sfumati.
Qualcuno osava una parola in difesa di Filippo, ma era peggio.... Come
difenderlo? Figurarsi: permetteva che la sua mantenuta si facesse
chiamare contessa Vagli; in tutti i negozii di Venezia, per contessa
Vagli s'intendeva non già la veneranda contessa Bianca, ma quella
ragazza; e una volta la contessa Bianca s'era vista portare a palazzo
una scatola di trine e piume, ch'eran destinate all'altra; anzi più
volte i fornitori sbagliavano, e mandavano da pagare alla contessa
Bianca le note della ragazza. Una commedia, una farsaccia, permessa,
voluta da Filippo, che neanche rispettava più il nome della famiglia....
Come si poteva difenderlo?... Tutti a questo mondo han fatto le loro; a
tutti piacciono le donne; ma c'è maniera e maniera. Un avvocato diceva:
«Nisi caste saltem caute»; il buon gusto, la decenza, non si devono mai
offendere; e da gente, poi, che ha obblighi sociali e dovrebbe dar
l'esempio.... Se così faceva un patrizio veneto, si poteva imaginare che
cosa avrebbe fatto qualche povero diavolo, un facchino della Marittima,
un plebeo....
E a proposito di plebei, che cosa era quella sua amante? La chiamava
Loredana, lui, per rialzarla; ma veniva dal basso, era uno _scialletto_,
nè più nè meno che un'infilatrice di perle a Castello; pensate che
educazione poteva avere e che linguaggio; ma faceva ogni giorno un bagno
nel latte. È per questo che la dicevano tanto caritatevole; distribuiva
ai poveri il latte che le era servito pel bagno. Quanto alla bellezza,
poi, a Venezia se ne potevan trovare mille, diecimila più belle; bastava
guardarsi intorno, e giusto a Castello e a Cannaregio v'eran certi
musetti, si vedevan certi occhi e certe capigliature; la Resi, per
esempio, e la Nana, e quell'altra, quella bionda, la Màlgari; e nessuno
si pensava di portarsele a casa, di rinunziare a venti milioni, di
chiamarle contesse, e di metterle in conserva nel latte. Ci voleva
proprio un patrizio, e un patrizio come Filippo, per queste
minchionerie!
Filippo rimase schiacciato sotto quella valanga. Caldo per ira e per
gelosia, aveva provocato Berto, senza prevedere che la responsabilità
dell'avvenimento sarebbe andata a battere contro Loredana, la quale ne
usciva compromessa irrimediabilmente; e compromettere una donna era per
Filippo azione così vigliacca e stupida, ch'egli spasimava d'esserci
involontariamente incappato. Tutto il fango della strada, l'ira degli
uomini, l'invidia delle femmine, si sollevava e ricadeva sull'amante
sua.
Era una cosa spaurevole. Fra gli amici venuti in quei giorni a trovar
Filippo fu il conte Alvise Priùli, un vecchio d'oltre sessant'anni,
dalla vita cristallina, maestro di cortesie, oracolo in materie
cavalleresche, franco nel parlare.
--Ti sei cacciato in un ginepraio,--egli disse a Filippo.--Perchè non
consigliarti con qualcuno, prima di agire?... A provocare e a battersi
v'è sempre tempo. E tu sai che quando c'è di mezzo una donna, chiunque
ella sia, un gentiluomo deve evitare duelli e scenate fin che gli è
possibile....
Filippo, col braccio al collo, passeggiava nervosamente per lo studio,
angusto alla sua furia. Si arrestò innanzi al vecchio che aveva candidi
capelli e faccia rosea:
--Che cosa dicono?--chiese avidamente.
Il conte Alvise fece un gesto desolato.
--Un disastro,--rispose.--Tutto quello che puoi imaginare di più
antipatico, di più losco, di più sciocco; è una vera orgia di
contumelie....
--Contro di me?
--Contro di te, e contro la signora, voglio dire la signorina, insomma
la tua amica.
--Per esempio?--incalzò Filippo.
--Che esempio!--esclamò Alvise sorridendo.--Non è il caso di darti
esempii; anche tu sai che cosa è la folla quando si sbizzarrisce a
inventare e a deridere.
Filippo battè i piedi a terra, riprese a camminare, e camminando disse:
--Che cosa mi consigli? Che cosa devo fare, Alvise? Bisogna ch'io ne
esca....
--Io ti consiglio di cambiar aria,--disse Alvise.--Fa un viaggio, un bel
viaggio lungo. Se tu rimani, finisci per batterti altre venti volte, e
lo scandalo cresce. Del resto, come puoi pigliartela con gli anonimi?
Tutti parlano ora che ti sanno chiuso in casa; pròvati ad uscire e non
avrai che strette di mano e sorrisi....
--Ipocriti! Vigliacchi!--esclamò Filippo.
--Ma no, caro, hai torto,--osservò prontamente Alvise.--Il mondo è
fatto così; non intende aggredirti di fronte, perchè gliela faresti
pagare; aspetta che tu volti le spalle. E in questo, Venezia, Parigi,
Londra, Pechino, sono una città sola....
--Dunque un viaggio, tu dici?--riprese Filippo, fermandosi un'altra
volta davanti al vecchio amico.--Io aveva pensato di passar l'inverno a
Roma....
--No, no, un viaggio. A Roma si sa tutto, come a Venezia; figùrati se la
Montegalda, la Fioresi, e venti altre, se di Spinea e lo stesso
Candriani non hanno scritto agli amici di laggiù! E ciascuno a modo suo.
--Come sta Berto?--domando Filippo.
--Bene, puoi imaginare. Gli hai cambiato faccia, ma non sono avvenute
complicazioni, e se la caverà in un mese o poco più....
Filippo tacque, guardando a terra.
--Me l'aveva fatta grossa,--mormorò poi.
--Sai che è un caposcarico; potevi parlargli e persuaderlo a non
molestare la tua amica. E anche la tua amica, via, confessiamolo, doveva
essere più prudente, metterlo alla porta alla chetichella e non dirtene
nulla.
Filippo scosse la testa.
--Loredana non ha alcuna colpa,--ribattè.--È abituata a dirmi tutto; e
se l'avesse messo alla porta, io non me ne sarei avveduto e non avrei
chiesto spiegazioni? Era il solo che veniva a trovarci, e ci voleva poco
ad accorgermi che non c'era più!... E la mamma e lo zio, che cosa
dicono?
Il conte Alvise fece un altro gesto in aria, più desolato del primo.
--Non ne parliamo, caro Flopi!... Credo che Roberto pensi a fondar col
suo denaro un istituto di beneficenza....
Filippo sorrise.
--Gliel'ho consigliato io!--disse.
--Bravo!--esclamò Alvise.--Non ti conoscevo come benefattore
dell'umanità. Quanto a tua madre, povera donna, questo è un colpo, è un
colpo grosso.... Sai le sue idee, anche in materia di duello; e qui poi
si tratta d'un duello inutile, d'uno scandalo gigantesco.
--Povera mamma!--disse Filippo, meditabondo.
--Dovresti scriverle chiedendole perdono,--suggerì Alvise.--Non ti
risponderà, ma la lettera la calmerà un poco, e servirà a prepararti un
colloquio.
--Le scriverò; è una buona idea,--dichiarò Filippo.--Quanto a colloquii,
non ne avremo: essa mi chiede ciò che io non voglio concederle,
l'allontanamento di Loredana. Non voglio e non posso: tu capisci che se
oggi, quando è aggredita da tutta una folla, da tutta una città,
mettessi Loredana sul lastrico, sarei un farabutto....
--È giusto,--convenne Alvise.
Altri amici sopravvennero, e Filippo li interrogò, e da ciascuno ebbe la
conferma che lo scandalo dilagava, che in alto e in basso, nel salotto e
nell'osteria, ancora non si parlava se non del duello; qualche amico più
addentro nella confidenza di Filippo ripetè, attenuando, i discorsi che
correvano, e anche attenuati, specialmente per Loredana, erano
oltraggiosi e provocanti....
Le visite si susseguirono fin quasi all'ora del pranzo; e Filippo ne
uscì in uno stato di fredda disperazione. Piegò il capo sul braccio
sinistro appoggiato alla tavola, e restò immoto a pensare.


XII.

A pensare; ma non seppe mai quanto rimanesse in quella positura.
Lievemente, con un passo che il tappeto smorzava del tutto, Loredana
entrò nello studio verso le otto, per chiamar Filippo a pranzo. Ella
sorrideva, perchè da qualche giorno era certa della guarigione
dell'amante, e quel viaggio a Roma, di cui s'era parlato, le piaceva
molto. Intorno a Roma avevan ricamato mille fantasie l'estate innanzi, a
Sirmione, poi non se n'era fatto più nulla per le vicende susseguite.
Loredana si fermò di botto sul limitare, e fu per mandare un grido.
Filippo era seduto, con la testa reclinata sul braccio, immobile.
La giovane accorse, gli toccò una spalla, ed egli alzò il capo
sussultando.
--Che c'è?--disse.
Loredana vide ch'egli aveva gli occhi lucidi di lagrime, e ne rimase
sbigottita.
--Hai pianto?--chiese.--Flopi, hai pianto? Che cosa è avvenuto?
L'amante scosse la testa, infastidito e confuso.
--No, no,--disse,--non ho pianto....
--Sì, hai gli occhi rossi e umidi.... Che cosa è avvenuto, in nome di
Dio?
Filippo si alzò, fece un giro per la camera, silenzioso, mentre Loredana
lo guardava attonita, quasi non lo riconoscesse; ella avrebbe potuto
imaginare nei suoi sogni qualunque cosa strana, ma non avrebbe imaginato
mai di dover vedere un giorno il viso di Filippo bagnato dalle lagrime;
questo spettacolo superava tutto che di più orribile e di più
straordinario ella poteva sognare....
--Dimmi che cosa hai!--insistette.--Per carità, Flopi, non farmi morire
di spavento; rassicurami, dimmi una parola, non esser crudele a questa
maniera....
Filippo s'arrestò nel bel mezzo della camera.
--Che cosa ho?--disse.--Non ne posso più, ecco! Ho tutta la città contro
di me, tutti i parenti, tutti gli amici, tutti gli sconosciuti, tutti
gli sfaccendati, tutti, i ricchi e i poveri, i buoni e i cattivi, tutti
sono contro di me. Questo duello ha sollevato uno scandalo senza
esempio, e ha coperto di fango me e te. Io sono un vanesio che
compromette le donne, un «trombone» come dicono a Venezia, e tu una
sgualdrinella, e i nostri nomi sono popolari.... Ah sì, popolari
ormai!... Nelle taverne ci conoscono come nei palazzi, e non abbiamo
uno, un solo che ci difenda! Hai capito, Lori, che cosa ho? Un uomo non
può combattere contro la folla; sono stritolato da una tempesta che ho
sollevato io; non mi posso muovere, perchè la folla son tutti e non è
nessuno.... Chi prendere? A chi chiedere ragione? Che cosa devo fare? Io
non lo so; Priùli mi ha detto di fare un lungo viaggio, e sta bene, ma
poi? Dovremo tornare, non potremo viaggiar tutta la vita, e rimettendo
il piede a Venezia, io sarò il «trombone» e tu la sgualdrina.... È
odioso, Lori! Non mi sono mai perduto d'animo, non ho mai piegato, fin
che si trattava di discutere coi parenti; ma oggi non so dove dar la
testa, perchè ho di fronte una città, l'intera città, ti dico, nella
quale il pettegolezzo è un'arte, la sola rimasta a questi cialtroni.
Capisci, Lori, che cosa ho? Non ne posso più, non ne posso più, non ne
posso più!...
Loredana aveva capito; aveva chiaramente e interamente capito.
Dopo il primo senso di terrore e di smarrimento, la giovane stava come
agghiacciata, rigida e muta. Aveva compreso; Filippo era vinto; non si
poteva chiedergli di più; perduta la famiglia, aveva resistito; perduta
una fortuna, aveva resistito. Ora, davanti al ridicolo, davanti ai
ghigni della moltitudine, davanti alla gazzarra, allo scandalo osceno,
davanti al disonore--non lo accusavano di compromettere le
donne?--Filippo era vinto, e piangeva. Lei, con la sua leggerezza
incredibile, lo aveva lei con le sue mani spinto in quell'abisso.
Ella rimaneva a testa china, le braccia pendenti lungo il corpo.
Filippo la vide e le si avvicinò.
--Scusami,--disse.--Scusami, Lori. È stata una debolezza imperdonabile,
la mia; non dovevo affliggere anche te. Ora è passata.... Faremo un
lungo viaggio, ti piace? Prima a Costantinopoli, e là poi decideremo
dove andare: io posso rimanere assente anche due, tre anni. Odio
Venezia, ormai, non mi ci posso più vedere! Non mi rispondi, Lori?
Ella non rispondeva: aveva capito e stava pensando che cosa dovesse
fare, che cosa il suo amore chiedesse da lei, e tutto le pareva orrendo.
Cercava dentro il cuore l'energia per il domani, e sentiva il cuore
gelido, come pervaso repentemente da un veleno mortale.
--Non mi rispondi?--chiese Filippo di nuovo.--Guardami, non sono più
triste; ha ragione Priùli: un lungo viaggio ci farà dimenticare, e
intanto saremo felici. Condurrò con noi anche la Teobaldi, il povero
folletto, e la faremo cantare.... Che ne dici, Lori?
Ella non rispondeva. Il suo amore era finito. Bisognava far qualche
cosa, non si poteva accettare il sacrificio ultimo dell'uomo che aveva
sacrificato già tanto; l'amore, l'amore vero, voleva da lei qualche cosa
di più.
--Va bene,--disse fievolmente, per dire.--Va bene, Flopi. Ora guarisci,
perchè non puoi partire così; e dopo decideremo tutto.... Va bene....
Sì, anche Clarice; la faremo cantare....
Tacque subito per non dare in uno scoppio di pianto, in un urlo di
dolore.
--È tardi,--soggiunse.--Andiamo a pranzo....
A tavola li aspettava, come al solito, la signora Teobaldi, la quale
aveva preparato un discorso intorno a certe opere che si davano alla
Fenice, e voleva esprimere alcuni giudizii categorici sulla musica
moderna, sulla morte del bel canto.... Ma rimase esterrefatta vedendo
Lori e Flopi; il conte pallido come un cadavere; la ragazza pareva
intormentita. Mangiarono in silenzio, senza guardarsi; Filippo e
Loredana anzi, dimenticavano spesso di mangiare e restavano con gli
sguardi perduti nel vuoto. Piero cambiava le posate, senza che il conte
avesse toccato cibo; anche Piero era costernato per quello spettacolo di
tristezza. Certo, era avvenuta qualche sciagura; ma dove, ma quando, se
proprio quel giorno nessuno era uscito di casa, se proprio quel giorno
non era arrivato nemmeno un telegramma? Il conte aveva di tanto in tanto
un fremito subito contenuto; ripensava alla folla che correva le strade,
trascinando il suo nome e il nome di Loredana; gli pareva d'udir le
sghignazzate degli oziosi maligni.... La fanciulla, inerte, con un gran
freddo dentro, si rivolgeva alcune domande angosciose, alle quali non
trovava risposta.
Subito dopo il caffè, il conte le baciò la mano e si ritirò.
Clarice e Loredana rimasero sole, innanzi alla tavola, che Piero,
interamente smarrito, aveva dimenticato di sparecchiare. Un grande
silenzio, un silenzio d'angoscia invase la sala; non si udiva fuori se
non la cantilena monotona della pioggia che cadeva fitta e instancabile
da più ore.
--Contessa,--mormorò Clarice con voce supplichevole.--Contessa, mi
dica....
Ma Loredana rabbrividì da capo a piedi, come un'aspide l'avesse morsa.
Guardò la vecchia amica dalle terribili sopracciglia al nerofumo, la
buona donna che le era sempre stata al fianco, i tristi giorni e i
lieti. Una raffica di vento sfiorò la casa fra le tenebre e fece
traballare i cristalli alle finestre.
La giovane stese le braccia nel vuoto. Perdutamente, con uno scoppio di
pianto, disse:
--È finita!... È finita!... È finita!...


XIII.

Per le calli e le callette per le quali la plebe, il popolo, la
borghesia si dan di gomito e i ragazzi sgusciano da ogni parte e la
gente va, accodata qualche volta a una coppia lenta e pigra, che sbarra
tutta la strada, Loredana si recò da sua madre.
L'alito di quella vita intima le soffiava in volto; finestre di case
spianti le case di faccia; dalla soglia d'un negozio dov'erano appesi
stoccafissi secchi, le parole e le bestemmie che al suo passaggio si
tramutavano in madrigali grossolani; più là, in alto, un'esposizione di
panni variopinti e teste di donne che si affacciavano a guardarla; per
quest'altra calle, un facchino rotolante una botte vuota e il codazzo
di monelli che correvano a dar mano per arrestare d'un tratto il viavai
e obbligare i passanti a farsi contro il muro o a ripararsi dentro le
porte. Una baruffa di femmine armate di ciabatte, lo scialle scivolato
dagli omeri raccolto sotto il gomito sinistro, e una bordata d'ingiurie
metaforiche furono, presso la sua casa, gli ultimi incidenti della
corsa; e Loredana salì, l'anima chiusa da una malinconia infinita. Era
stanca.
Lo spettacolo della miseria morale e materiale del popolo non l'aveva
mai colpita come in quel giorno in cui il suo cuore era vinto da uno
sconforto immenso. Tutta la vita non le pareva se non una trama di
dolori, di cose turpi e infami, di giunterie e di volgarità, un torrente
di fango al quale gli uomini devono abbeverarsi. L'illusione li sorregge
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