L'amore di Loredana - 04

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Ma quando le dame e il conte Lombardi si congedarono, verso le sette,
Filippo si avvicinò a sua madre, le baciò di nuovo la mano sorridendo, e
disse:
--Ebbene, mamma, so che tu sei inquieta....
--Sono sdegnata, Flopi,--rispose la contessa Bianca, severamente, pur
non potendo abbandonare il diminutivo col quale sempre aveva chiamato il
figliuolo.--Sono sdegnata per quello che so e per quello che si dice....
--Quanto a quello che si dice,--osservò Filippo,--non è il caso di
curarsene; a Venezia si dice sempre qualche cosa di qualcuno, per ozio e
per abitudine. Quanto a quello che sai....
--È questo!--interruppe la contessa, con gli occhi vivi di luce,
fissando il figlio.--Tu hai fatto fuggire di casa una onesta ragazza e
te la sei portata via; con quale coscienza, con quale diritto? Che ne
farai, quando il vergognoso capriccio sarà sazio e non potrai più
mentire? Mi spaventa l'idea che tu sia di quelli i quali, per un istante
di concupiscenza, osano spezzar la vita d'una donna e abbandonarla a un
destino orrendo; e mi sembra anche ridicolo che tu, a trentasei anni,
non sappia calcolar l'importanza delle tue azioni e non veda dove tu
vai....
Filippo, ch'era seduto in una poltroncina assai bassa, quasi alle
ginocchia di sua madre, la guardò più inquieto per la verità semplice e
logica delle sue parole, che non per lo sdegno onde s'era imporporato il
bel viso pallido di lei.
--Bisogna conoscere gli ambienti,--egli osservò.
--Gli ambienti?--ripetè la contessa.--C'è dunque un ambiente nel quale
tu abbia il diritto di non essere onesto? Se questo ambiente esiste, un
gentiluomo non deve mettervi piede.
--E dàlli!--esclamò Filippo, allungando la mano fino a togliere da un
tavolino un astuccio, e accendendo una sigaretta.--Tu sei rigida come la
matematica! Non ti dico che io abbia il diritto di essere disonesto; ti
dico che ogni colpa ha le sue attenuanti.
La contessa si alzò, passeggiò lentamente pel salotto, a capo chino,
meditando; e dopo un istante di silenzio, disse:
--Forse noi non ci comprendiamo. Tu credi che io voglia ascoltare le
attenuanti della tua colpa per giudicarti. No, di questo non mi occupo,
perchè le tue attenuanti non mi commoverebbero, e la colpa è, in ogni
caso, alla tua età, nella tua posizione, imperdonabile ed enorme.
Fece una pausa; sedette di nuovo, sopra un divano, all'altro angolo del
salotto. La luce morente che entrava dai poggiuoli aperti illuminò i bei
capelli candidi della signora e il viso un po' roseo per l'interna
agitazione; c'era in quella donna forte ancor qualche cosa di giovane e
di fresco, una purezza di linea e d'espressione, che pareva riflettere
la purezza del sentimento e del pensiero. Nei suoi occhi non era mai
passata un'ombra.
Soggiunse:
--Ma è di lei, capisci? che io mi preoccupo! Di quella, giovinetta, di
quella illusa, di quella tua vittima, io voglio sapere. Che ne farai? È
spaventevole pensare che tu non abbia il concetto giusto della vita....
Filippo, che stava scuotendo la cenere della sigaretta in un piattino
d'argento, alzò la testa.
--No, tu non sai, ancora oggi, che cosa sia la vita, perchè non sai che
valga una creatura di Dio. Credi che quella fanciulla sia nata pel tuo
piacere, che il suo corpo, la sua anima, la sua intelligenza, i suoi
sentimenti, le sue speranze, i suoi sogni giovanili, tutto quanto è più
misterioso, più delicato, più nobile ed alto in una creatura umana,
credi sia stato creato per te, perchè tu ne goda e ne abusi, perchè tu
ne decida come un padrone e un giudice. E di una fanciulla, ti fai una
concubina; e di una concubina farai una donna perduta! Mi parli di
attenuanti, per questo delitto di prepotenza e di superbia, per questo
scandalo, per questa ribellione alla volontà di Dio? Non ce ne sono, non
potresti essere scusato che quando tu mi dicessi d'esser diventato
pazzo. Soltanto a un pazzo non si chiede conto di ciò che fa; soltanto
un pazzo può essere perdonato se reca ingiuria a Dio nelle sue
creature....
Sotto quell'irruenza, stretto in quella inesorabilità di logica, toccato
nei sentimenti intorpiditi ma sempre vivi coi quali era stato allevato,
Filippo non osò replicare. Mormorò soltanto:
--Se non mi lasci dire una parola, mamma....
La contessa si rischiarò in volto e aggiunse con voce subitamente più
calma:
--Hai ragione.
--Io non ti posso rispondere, per ora, intorno alla sorte della
ragazza,--seguitò Filippo.--Fui travolto da un impeto di passione, ed è
giusto che tu mi rimproveri la mia debolezza; ma appunto perchè la
passione era ed è sincera, non posso risponderti circa l'avvenire che è
serbato a me e a quella ragazza.
--Tu mi spaventi!--interruppe la contessa, levandosi in piedi.--Non ho
mai udite parole così gravi dalla tua bocca.
--Gravi e leali, mamma, perchè non voglio ingannarti,--rispose Filippo,
guardando sua madre con occhio tranquillo.--Ma devo aggiungere subito
che comunque gli avvenimenti si svolgano, io non dimenticherò nè il nome
che porto, nè i doveri che ho verso una fanciulla onesta e buona....
--E vai così, alla ventura, senza un'idea, senza la stessa percezione di
ciò che fai? È deplorevole, è veramente deplorevole....
La contessa tacque; aveva udito, lontano, fin dalle ultime camere, un
passo cauto e lento; indi a poco, sulla soglia comparve un valletto in
livrea verde scura, e s'inchinò.
--Pranzi in casa, Flopi?--disse con voce mutata la contessa.--Dammi il
braccio. Stasera siamo soli.


IX.

Col pretesto di mutarsi finalmente d'abito e d'indossare lo _smoking_,
Filippo salì nel suo appartamento dopo pranzo, e scrisse una lunga
lettera a Loredana, che le avversità gli rendevano più cara. Dovette
confessarle che il soggiorno a Venezia si sarebbe prolungato oltre le
previsioni, perchè non gli riusciva di sottrarsi a qualche invito e
fors'anche a una gita nelle campagne di suo cognato de Idris.
S'affacciò a una finestra e vide il Canal Grande immerso quasi
totalmente nell'oscurità, con qualche linea più nera, una gondola, che
passava silenziosa, distinta appena dal fanale piccolo e rossastro. I
palazzi, in fila, come spettri bianchi che si dessero la mano, erano
muti e chiusi; ai pali innanzi alla gradinata scorse giù alcune gondole
ferme, che avevan recato i visitatori, i pochi amici non ancora partiti
per la campagna. Le note d'un valzer gli giunsero all'orecchio, e nel
Canal Grande, da una gondola lontana, arrivò la strimpellata vivace e
improvvisa d'un mandolino. Poi passò una barca, zeppa d'uomini e di
donne, illuminata a palloncini, silenziosa; era una serenata, che
s'avviava nel bacino di San Marco, presso i grandi alberghi; e di nuovo
l'oscurità e la quiete pesante si stesero sul Canale.
Filippo discese e passò qualche ora in salotto, a fianco di sua madre.
Gli ospiti ridevano ascoltando le chiacchiere del conte Mercatelli,
piccolo, pelato, rosso in volto, che magnificava il sonno.
--«Le sommeil»,--diceva, rivolto a una francese, madame de la
Chaux.--«Le sommeil»; io non conosco che questa voluttà: dormire,
dormire, dormire quanto mi è possibile. Se non avessi dormito tanto,
avrei fatto certo qualche cosa di straordinario.... Ma dormire mi piace,
mi piace troppo! Sembra che l'anima si volatilizzi, che il corpo si
riduca in una materia imponderabile. «Qu'en dit madame de la Chaux»?
E senza aspettare che madama, vestita di violetto scuro, con un merletto
prezioso sui capelli grigi, enunziasse una risposta, il conte Mercatelli
seguitò:
--«Moi, je vous assure» che l'imprevisto non si trova, se non nel sonno.
Dove potreste incontrare qualche cosa che somigli a un sogno, nella
realtà d'ogni giorno? Uomini che volano, bestie che parlano, mostri non
mai veduti, gioie, terrori, fughe, combattimenti, scene che si
dissolvono e si sovrappongono.... «Moi, je vous assure que votre Dumas
n'est qu'un imbécile en comparaison de ce romancier inépuisable qui
s'appelle rêve....»
Madame de la Chaux ebbe un debole sorriso.
Filippo disse qualche parola a un domestico, fece preparare il tavolino
da giuoco, e mentre le dame e le fanciulle ascoltavano quella specie di
conferenza sul sonno, egli sedette al tavolino col conte Lombardi, col
marchese di Spinea e con Berto Candriani.
Berto Candriani era temutissimo per la sincerità pazzesca delle sue
parole. Egli diceva ad alta voce tutto quel che pensava e tutto quel che
sapeva, a costo di parere insolente o mal educato. Qualcuno in società
aveva espresso il dubbio ch'egli fosse un po' matto, e poichè questa
induzione accomodava molte cose, risparmiava la noia di indignarsi e
toglieva ogni valore a quanto raccontava, tutti convennero ch'egli era
un po' matto e che bisognava lasciarlo fare.
Del resto, bel giovane non ancora trentenne, snello, con capigliatura
nera foltissima e occhi castagni dallo sguardo pungente, piaceva alle
signore, che ne ambivano la lode, perchè rara.
Egli, quella sera, aveva tentato più volte di dire a Filippo ciò che gli
stava fitto in testa dal momento che l'aveva visto; ma il tema della
conversazione, la presenza della contessina Fioresi e di qualche altra
fanciulla, glielo avevano impedito.
Appena i quattro uomini furono appartati pel giuoco, presso la finestra
d'angolo, Berto Candriani disse a Filippo:
--Dunque, come va?
Filippo s'aspettava qualche razzo di quei famosi, ma ormai, dopo le
spiegazioni con sua madre, poco gli importava ciò che si poteva dire.
--È vero,--domandò Berto quietamente,--che hai fatto scappar di casa una
ragazza?
Il conte Lombardi e il marchese di Spinea, che disponevano le carte
nella sinistra, alzarono sbalorditi il capo, e videro Filippo che
sorrideva.
--Ti sembra,--egli rispose,--che se avessi una ragazza per le mani,
starei qui a giuocare?
--Evvia, Flopi! Polvere negli occhi! Non sei mica vecchio per niente, e
fai le tue cose benino, pian pianino, in punta di piedi.... Insomma,
questo è l'ultimo pettegolezzo e dovevo pur dirtelo!
Filippo fece un cenno con la testa, come per ringraziare il Candriani
della sua premura; e nell'intervallo seguente, Berto riprese:
--M'hanno detto che è un tesoro, quella ragazza! Una delle nostre più
belle e più caratteristiche borghesi....
--Sai che ho buon gusto!--rispose Filippo, sempre sorridendo.
--Già; ma mi dispiace che il cattivo gusto sia dall'altra
parte!--mormorò Berto con rammarico sincero.
I giuocatori diedero in una risata. Risonò la voce del conte Mercatelli,
che diceva:
--Dormendo circa dodici ore al giorno, io mi trovo benissimo....
--O perchè non va a dormire anche adesso?--osservò Berto, senza curarsi
di abbassar la voce.
E seguitò la partita; mentre la contessina Giselda Fioresi, che non si
divertiva a parlar con le altre fanciulle, dopo aver gironzato qua e là
a occhieggiare i vecchi quadri che conosceva da tempo, andò a mettersi
alle spalle di Filippo, guardando il giuoco.
--Non so,--disse Berto Candriani,--perchè voglia portar fortuna a
Flopi, contessina. È già tanto fortunato! Venga dalla mia parte.
Giselda non rispose, e coll'indice sottile indicò a Filippo una carta
che doveva giuocare. Filippo obbedì.
--Andiamo, andiamo!--esclamò il Candriani.--È proibito immischiarsi nei
giuochi degli altri. Il giuoco di Flopi è poi così pericoloso!
La fanciulla non battè palpebra, e indicò a Filippo un'altra carta. Ma
le parole di Berto Candriani le parvero oscure, e trovò conveniente non
allontanarsi, per udir qualche cosa di più significante. Alla fine di
quel giro, Filippo s'era avvantaggiato molto sugli avversarii, e Berto
Candriani, mentre il conte Lombardi mischiava le carte, protestò:
--Io la sequestro, tesoro mio! Lei fa vincere Flopi per ridere di noi.
Le assicuro che il nostro amico non ha bisogno di lei, proprio non ha
nessun bisogno!
--Com'è noioso!--esclamò Giselda.--Stia zitto e tiri avanti!
--Bisognerebbe fargli la cura di Mercatelli,--osservò Filippo.--Se
dormisse dodici ore al giorno, sarebbero tante chiacchiere di meno.
Berto diede un'occhiata a Giselda, sempre ritta alle spalle di Filippo;
era giovane e magra; l'abito leggero lasciava trasparir gli omeri scarni
e delicati; il corpo esile faceva pensare alla donna futura, non più
magra ma snella, non più scarna ma sottile e flessibile. I capelli
fulvi, illuminati dalla luce elettrica, davano al volto bianco qualche
ombra viva e tagliente.
Filippo sembrava non accorgersi della presenza di Giselda.
--Mi pare un gatto che vigila,--pensò il Candriani.--Se la porti via
anche questa?
Ma la partita finiva; la contessina Fioresi volse le spalle ai
giuocatori, tornò fra le donne, e subito trovò un appiglio per
interloquire.
--Mi direte voi,--chiese Berto al Lombardi e al marchese di Spinea,--che
cosa ha questo vecchio satiro per piacere alle ragazze?
--Vecchio satiro!--esclamò il marchese di Spinea.--Ma non ha
quarant'anni; e che cosa dovresti dire di me, che ne ho cinquantasette?
--Satiro decrepito!--sentenziò il Candriani.--Filippo, occhio alla
Fioresi! Quella sta facendo una passione per te, vorrà scappare anche
lei.
Filippo stette ancora muto. Egli rispondeva raramente a Berto Candriani;
dacchè lo si era classificato per matto, Filippo lo lasciava parlare, e
il più delle volte non ascoltava nemmeno le sue parole, col pensiero
rivolto altrove. Così, se non fosse stata la necessità incoercibile di
dire tutto quanto gli frullava pel capo, Berto Candriani, a sua volta,
non avrebbe mai parlato con Filippo; e quando v'incappava, se ne pentiva
sempre.
Egli si alzò indispettito e andò a raggiungere il conte Mercatelli, che
fumava una sigaretta, sdraiato sopra un divano, beatamente, gli sguardi
perduti in alto.
--_Ciò_!--disse Berto.--Non dormi? Vattene, su; è quasi mezzanotte....
--Hai ragione,--rispose il conte mansueto.--Nel mio letto starei tanto
bene!
Si mosse, andò a porgere il saluto alla contessa Bianca, alle signore,
agli amici, ed uscì lentamente.
Poco dopo, anche gli altri visitatori presero congedo.


X.

Quella notte, Filippo Vagli sentì crudelmente la solitudine in cui lo
piombava l'assenza di Loredana. Vagò fino ad ora tarda per le calli
deserte, immerse in un'ombra che un fanale rompeva a pena, e salito in
una gondola si fece condurre alla ventura; i rii, coi muri delle case a
picco, parevan chiusi, senz'aria; ora la gondola sfiorava la scalea d'un
palazzo, ora scivolava lungo qualche casipola, dalle finestre della
quale giungeva il chiacchierìo infaticabile delle popolane; e se una
gondola passava rasente, era una visione d'ombra, una linea nera e
fugace, un uomo ritto a poppa, una figura indistinta sdraiata sui
cuscini; poi silenzio, rotto dal remo che grondava acqua.
Allorchè tornò a casa, Filippo notò quel che già aveva sentito durante
il giorno: la sua camera non gli diceva più nulla, il suo ricco
appartamento, al quale era andato per tanti anni recando belle cose
d'arte e oggetti di pregio, non gli importava più dell'appartamento
d'un albergo. Le ore gli sembrarono eterne; il pensiero di quella
ragazza, lasciata sola in un piccolo paese, in un alloggio che differiva
poco da una taverna, gli martellò il cervello tutta notte.
Prese sonno verso l'alba; e non si svegliò da quel torpore se non quando
gli parve che qualcuno camminasse cautamente per la camera.
Era un servo, mandato dalla contessa Bianca, la quale, vista l'ora
tarda, temeva che Flopi stesse poco bene.
--Che ora è, Piero?--domandò Filippo.
--Sono le undici, signor conte.
Piero stava immobile presso il letto ad aspettare gli ordini.
--Va, va!--gli disse il conte.--Non ho bisogno di nulla. Avverti la
contessa che mi alzo subito.
E poco dopo, mentre attendeva alle cure della persona, Filippo sentì la
noia plumbea per quelle ore che ancora gli toccava di passare a Venezia,
per il pranzo dei conti Lombardi, per le chiacchiere insulse alle quali
avrebbe dovuto prestare orecchio. Egli era irritato e malcontento. Dopo
una colazione quasi sempre silenziosa, perchè sua madre cercava ella
pure di schivare allusioni ed argomenti spiacevoli, egli uscì, gironzò
qualche tempo in Piazza e sotto le Procuratie, fece parecchi acquisti
per Loredana, e quasi senz'accorgersi, camminando lentamente, si trovò
nel campiello, innanzi alla casetta bianca della piccola amica.
Egli aveva promesso a Loredana di portar notizie di lei alla sua mamma;
e quando rivide la casa, con quelle finestre bifore, alle quali la
fanciulla s'affacciava un giorno per salutarlo; e quando sentì la
familiarità di quel tranquillo angolo di Venezia, dov'egli veniva per
salvarsi dalle omelíe della contessa Fausta, per vivere la vita modesta
degli altri e dimenticar la propria, inutilmente ricca e fastosa; quando
mille ricordi semplici e graditi gli tornarono in folla al pensiero,
Filippo non si perdette a riflettere oltre: si avvicinò alla porta,
dipinta in verde scuro, con un bel battente di bronzo foggiato ad anello
che una testa di leone teneva fra le mandibole; e suonò il campanello.
A una delle finestre si affacciò indi a poco la domestica, piccoletta e
nera in viso, che voleva bene alla fanciulla.
Essa fu così stupita alla vista di Filippo, che mandò un'esclamazione:
--Maria a te provveda! Il conte! Il conte! Il conte!...
E d'un subito si mise a correre per la casa, in cerca della signora,
gridando a perdifiato:
--Il conte! Il conte! Il conte!
La signora De Carolis, che era occupata a stirare, accorse tutta
maravigliata e tremante; si affacciò alla finestra ella pure, s'assicurò
che il visitatore era il conte Vagli, e infine si decise a tirare il
cordone.
La porta s'aperse, e Filippo entrò.
In alto della scala, proprio sull'ultimo gradino, vide ritta e pallida
la signora Emma; la quale, senza rispondere al saluto di lui, scese
qualche scalino per abbreviar la distanza, e domandò con voce rauca:
--E Lori, dov'è?
--Sono venuto a portarle sue notizie,--rispose Filippo, salendo con la
signora, tuttavia incerto dell'accoglienza.--Sta bene, mi parla sempre
di lei.
Passarono innanzi alla domestica, la quale rimaneva a bocca aperta,
guardando Filippo con ammirazione attonita.
--Buon dì, Rosa!--egli le disse.
E l'altra fece una riverenza, non potendo esprimere la voglia d'aver
notizie della signorina.
La signora Emma e Filippo entrarono in quella saletta dal pavimento a
piastrelle bianche e rosse, dove il conte e la fanciulla avevano
concertata la fuga; Filippo notò subito, sopra una mensoletta di legno,
una figurina di _biscuit_, che abitualmente era sulla tavola, e che un
giorno la ragazza andava girando e rigirando, mentre l'amico le
susurrava all'orecchio parole ardenti d'amore e speranze di giorni
felici.
Egli prese le mani della signora De Carolis, e le disse con voce
malcerta:
--Io devo chiederle perdono. Le ho portato via Loredana, la sua Lori! Ma
essa è oggi felice con me. Ho fatto male, ho agito per impulso,
ciecamente. Non oso scolparmi, lo vede! Pure, Loredana è felice, e
questo non risponde a tutti i suoi dubbii, a tutte le sue paure?
La signora scosse tristemente la testa e ritrasse le mani dalle mani di
Filippo.
--No,--ella rispose.--Sarebbe felice se potesse andare a fronte alta:
ma così, quale umiliazione! Ora non comprende; comprenderà più tardi....
È una fanciulla disonorata; non ha nome; e nessuno crederà all'amore. Il
mondo è cattivo; sarà accusata d'essersi venduta per vizio o per
bisogno....
Filippo fece un movimento con la mano, come per protestare.
--Oh, non neghi!--interruppe la signora, il cui volto bianco, dalle
occhiaie scure, diceva quante notti tormentose e quante ore d'angoscia
aveva passato la povera donna.
Ella sedette sopra un divano, dimenticando di accennare una sedia a
Filippo; e proseguì:
--Nessuno di quelli che la conoscono sa ancora nulla; ma il mistero non
può durare più a lungo, e il giorno si avvicina in cui dovrò confessare
la sua colpa. Che cosa dirò per farla perdonare, o perchè gli altri le
siano indulgenti? Non aveva la sua mamma che le voleva bene? Forse le
mancava qualche cosa, qui, dove io non pensava che a lei? Non voleva
sposare quel Gianella maledetto? E io l'avrei aiutata, e io le avrei
permesso di scegliersi persona più degna.... Ma fuggire, ma diventar
l'amante d'un uomo che non potrà mai sposarla, e abbandonare la mamma
sua, la casa, tutto e tutti, come una disperata, e rovinare la sua
giovinezza!... Sì, è giovane, era inesperta, io mi fidava ciecamente....
Io posso assolverla; il mondo riderà di lei e di me, cadute vittime di
un falso amico, d'un egoista senza cuore....
Filippo, tuttavia in piedi, col cappello di paglia tra le mani, udendo
l'accusa scudisciargli il viso, fece un passo, sentì il viso
avvampargli, ma si rattenne e non disse parola.
La signora Emma lo guardò, e aggiunse freddamente:
--Si sieda! Mi parli di Lori. Dov'è adesso?
--A Sirmione,--rispose Filippo.
--Verrò a prenderla,--annunziò la signora con voce decisa.
--A prenderla?--esclamò il conte sbalordito.
--Sì, a prenderla. Forse sono ancora in tempo a riparare uno scandalo.
Ho detto a chi mi chiedeva di lei che è in campagna. Ebbene, bisogna che
da questa campagna Loredana ritorni. Io non confesserò mai mai, che mi è
fuggita di casa, capisce? Il suo ritorno, la sua presenza, la ripresa
delle nostre abitudini faranno tacere le cattive lingue. Mia figlia è
conosciuta da poca gente modesta, che certo non villeggia a Sirmione.
Forse sono ancora in tempo a salvarla se Dio mi aiuta. E lei, conte, non
si opporrà. Ha commesso un'azione disonesta, non vorrà commetterne una
seconda....
--Ma io l'amo, Loredana!--proruppe Filippo.--Non permetterò che me la
portino via; io vivo per lei, cerco di renderla felice, mi allontano io
pure dal mondo, per dedicare a lei le cure più affettuose, e ho fatto
della sua vita la mia.... Non permetterò che me la ritolgano, a nessun
costo; non permetterà ella stessa, Loredana, perchè mi ama e non domanda
nulla a nessuno!
La voce del conte vibrava di tanta sincerità e di tanto affanno, che la
signora De Carolis ne fu scossa e lo guardò un istante, presa da
esitazione.
--Sono venuto da lei a chiederle perdono,--proseguì Filippo,--a
chiederle perdono con una umiltà che non è nelle mie abitudini. E
lealmente le ho detto dove viviamo, perchè non volevo continuare con lei
una finzione antipatica; se l'avessi ingannata, se le avessi detto che
viviamo a Roma o a Parigi, ora potrei ridermi delle sue minaccie.
S'interruppe e camminò pel lungo e pel largo nella saletta.
--Non me la porterà via!--soggiunse.--A qualunque costo, non me la
porterà via! Appartiene a me, ora, e a nessun'altro al mondo! Non me la
porterà via!
La signora De Carolis comprese che non poteva ragionare con un uomo in
tale stato d'animo. Filippo aveva le labbra bianche e il suo corpo
tremava come scosso da febbre violenta; egli si abbandonò in una
poltrona, nascose il volto tra le mani, e stette così, per lungo tempo,
in silenzio, agitato sempre da un tremito invincibile.
Emma tacque ella pure, a lungo, guardando l'uomo superbo, ridotto da una
parola come uno schiavo o come un mendico, accasciato sotto il peso
della sua passione.
--Veda,--cominciò infine la signora.--È necessario! Appunto perchè vuol
bene a Loredana, la lasci tornare con la sua mamma.... Lei si pentirà un
giorno di questo rifiuto.
--Non mi pentirò mai!--esclamò Filippo, staccando le mani dal volto.
La signora De Carolis vide che le lagrime solcavano il viso del conte,
ebbe un lampo forse di riconoscenza, certo di pietà, ma seppe frenarsi,
e continuò, quasi non avesse notato nulla:
--Per parlare come lei parla, bisognerebbe dirmi quale avvenire attende
mia figlia. E lei non lo sa, perchè l'avvenire di Loredana dipende dal
capriccio, dalla volontà, dall'interesse del conte Filippo Vagli, il
quale oggi l'ama sinceramente e domani può considerarla un impaccio....
Filippo crollò le spalle, ma la signora aggiunse, senza badargli:
--È possibile che io accetti una situazione simile per mia figlia?
Ripeto che forse sono ancora in tempo a impedire uno scandalo enorme; se
non mi ingegnassi di riuscirvi, sarei non una madre, ma la più vile, la
più spregevole delle donne....
Nel turbamento di tutto il suo spirito, Filippo sentiva che la disgrazia
aveva dato una lucidità di comprensione, un'energia e una volontà, a
quella donnina fragile e dimessa, quali egli non avrebbe mai potuto
sospettare. La signora De Carolis aveva il viso pallido tutto
rischiarato dalla luce d'una decisione, dalla speranza di salvare la
figliuola; Filippo intuì che era impossibile lottare con un sentimento
così forte, il quale aveva l'aureola di qualche cosa di sacro. Egli non
poteva opporre che le ragioni del suo amore, cioè di un sentimento
comune, fatto di egoismo, di concupiscenza, di orgoglio.
Disse lentamente:
--Loredana penserà che io l'ho tradita, che son venuto apposta a Venezia
perchè lei andasse a ripigliarsela, dopo quindici giorni....
--Oh no,--interruppe la signora Emma,--io saprò parlarle, e le spiegherò
come sono avvenute le cose....
Seguì un breve silenzio. Filippo era sempre seduto, con le labbra
bianche, gli occhi annebbiati dal pianto: la signora Emma gli si
avvicinò, gli mise una mano sulla spalla, e disse:
--Lei non deve opporsi. Dio aiuta le madri. Se lei non mi facesse trovar
più la mia Lori a Sirmione, ebbene, scandalo per scandalo: agirei con la
forza, come non ho osato fino ad oggi....
Il conte sollevò il viso a fissare la donna, e rispose brevemente:
--Non minacci!
--No, non minaccio,--disse la signora più calma.--È stato Dio che l'ha
mandato, per quest'atto di pentimento e di sincerità....
Tacque, guardò Filippo, che pareva in quell'istante un fanciullo domato,
un mendico febbricitante, così scosso dal tremito implacabile. La
signora si ritrasse, perchè non voleva mostrar gli occhi che le si
velavano di pianto, e uscì in fretta.
Filippo rimasto solo, si guardò intorno come trasognato....
Era dunque la realtà, quella? Non doveva più vedere Loredana, la sua
bella, la sua cara amica, e non più baciarne i capelli bruni dai
riflessi dorati, e non più udirne la parola, e non più farla fremere di
piacere e di gioia? Quale demonio l'aveva così scioccamente condotto in
quella casa, a chiedere un più sciocco perdono, a dire stupidamente dove
Loredana era nascosta?
Tutto crollato, tutto finito in un lampo! E Loredana, la fiduciosa
amica, abituata a considerar lui come il più forte, il più libero, il
più saggio degli uomini? Che avrebbe pensato?...
La porta della saletta si aperse ed entrò la signora Emma, recando ella
stessa un vassoio col caffè e una bottiglia di liquori.
--Prenda qualche cosa,--ella disse.--Le ho preparato un caffè; beva una
goccia di cognac.
Essa versò, mise innanzi il vassoio a Filippo, riempì di cognac un
bicchierino, glielo porse: egli lasciava fare, macchinalmente, e sorbiva
il caffè, senza sentirne il gusto.
--Non capisco,--disse a un tratto, rimettendo sul vassoio la
chicchera.--Non capisco. Loredana torna qui? Lei va a riprenderla?... E
io....
La signora Emma non rispose, ma Filippo incalzò:
--Mi dica: non la vedrò più?
E poichè la signora rimaneva sempre silenziosa, anch'egli non domandò
più nulla, e restò immobile, con gli occhi fissi nel vuoto, come a
seguire qualche fantasma spaventevole.
Finalmente si alzò, prese il cappello, stese la mano alla signora De
Carolis, e uscì senza far parola. In anticamera, la domestica lo
aspettava per dirgli qualche complimento, ma vedendolo così pallido e
sfatto, corse in cucina e vi si richiuse, perchè egli non avesse a
soffrire incontrandola in anticamera.


XI.

Il sole che arroventava il campiello e illuminava le case con una luce
quasi insopportabile, ebbe potere di scuotere Filippo da
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