L'amore di Loredana - 08

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servizio d'argento massiccio e molti biscottini deliziosi, vennero a
parlar di Loredana.
--Ah, bisogna ch'io riveda quella mia fantolina!--esclamò Clarice,
quantunque avesse la bocca piena.--Andrò a trovarla, andrò ad
abbracciarla. Non l'ho mai dimenticata un'ora, in tutto questo tempo.
Così bella, così buona, quella creatura di Dio.... Grazie!
Filippo le versava una seconda tazza dì tè, qualche goccia di latte, e
le porgeva il canestro argenteo coi biscottini.
--Grazie. Bisogna ch'io la riveda, e che le parli.
Bevve alcuni sorsi, e, incoraggiata dalla simpatia che risvegliava
nell'animo di Filippo rievocandogli l'amante perduta, Clarice riprese:
--Ma le pare, conte, che le cose possano andare avanti a questo modo?
Lei non osa avvicinarla, per colpa della madre; Loredana non osa
chiamarlo; e intanto vivono infelici l'uno e l'altra, mentre son fatti
per intendersi, e si adorano.... Sono certa che io ho una missione, in
questo dramma; sento che potrò riavvicinare due anime, due destini, due
cuori. Ho certamente una missione; io non m'inganno! È stata Loredana
stessa che mi ha chiamata a parte, quella sera, quella sera del
telegramma, e mi ha additato ciò che dovevo fare. Sera fatidica!...
Filippo non avrebbe mai pensato che due tazze di tè potessero ubbriacare
la buona donna, meglio che due coppe di sciampagna; ed esitando rispose:
--Vuole? Vuole parlare a Loredana? Le dica, allora....
Ma si tacque, non parendogli di poterla trattare, di punto in bianco, da
ambasciatrice in un'impresa così delicatamente intima.
La Teobaldi diede fondo alla tazza, mangiò ancora un paio di biscottini.
--Sono _baicoli_, specialità di Venezia, non è vero?
E seguitò, aprendo un ventaglio spettacoloso di carta, e facendosi aria:
--Non ho bisogno che lei mi consigli. So quel che devo dire; ho, qui
dentro, un consigliere infallibile che si chiama cuore.... Prima
cercherò di studiare le abitudini della casa e di sapere come sta, quel
tesoro di Dio, come la pensa: e poi, se tutto va a seconda, mi
presenterò alla madre. È più prudente e più.... corretto. Le pare?...
Scusi, è una Venere, quella che si vede lassù?
--Venere,--rispose Filippo.
--L'avevo capito subito; vecchi capolavori. Ah conte, lei non può
imaginare quanto io sia fiera del compito che mi assumo.... Quando vedrò
sorridere quelle labbra di fanciulla, io che l'ho vista partire disfatta
da Sirmione, sarò felice più di tutti!
Filippo sorrise, prese una mano della Teobaldi, la tenne un istante fra
le sue, e rispose:
--Lei è molto buona, cara signora, e vuole impedirmi di ringraziarla. Ma
creda che, comunque le cose finiscano, io non dimenticherò mai, mai, ciò
che lei ha fatto per me, per tutti e due!
--Le dico: io servo il mio cuore, e nessuno mi deve nulla. Se permette,
quando avrò notizie, verrò a portargliele.
--Ma venga anche tutti i giorni, la prego. Faccia conto che questa casa
sia sua,--esclamò Filippo, incalorito dalla speranza di aver finalmente
nuove dell'amica.
La Teobaldi si alzò e s'incamminò con passo svelto, a testa alta, il
ventaglio nella destra, pensando a un figurino di gran dama che aveva
visto in un giornale di moda. E camminando, seguita a un passo da
Filippo, domandò:
--Questo è il suo appartamento particolare, conte?
--Sì, sono le mie camere,--rispose Filippo, mentre, all'uscire dallo
studio, premeva il bottone d'un campanello elettrico.--Ho la mamma in
campagna.
--Messe con gusto principesco,--osservò Clarice, traversando un
corridoio e poi una sala.--Magnifiche tappezzerie!... Non si disturbi,
non si disturbi!
Filippo volle accompagnarla alla scala, ai cui piedi stava Piero in
attesa di ricondurre la visitatrice attraverso il primo piano fino alla
porta d'uscita. Al momento di stringerle la mano, Filippo non potè
vincersi, e disse:
--La vedrà subito, non è vero?
--Domani!--promise Clarice, e ridendo d'un bel riso grasso,
aggiunse:--Ma non sono a Venezia per questo?
--Grazie, grazie, grazie!--esclamò il conte inchinandosi.--Arrivederci!
Clarice scese la scala, e preceduta da Piero, ripercorse tutte le sale
che aveva già intravedute; nell'anticamera, scorgendo sopra una tavola
un Sileno coronato di pampini, circondato da baccanti ebbre, disse a
mezza voce, con tono di persona esperta:
--Bello quel _biscuit_!
--Legno policromo del seicento!--enunziò Piero, senza guardar la
signora, come avesse parlato all'aria.
Ella passò, a testa alta, imperturbabile, il ventaglio nella destra,
mentre il valletto, premuto il bottone elettrico per dar avviso al
portiere, si piegava fino a terra.


XX.

Così fu che Loredana potè aver notizie di Filippo e dargliene.
Il giorno in cui la Teobaldi si decise a varcar la soglia di casa De
Carolis--quel giorno avverso ad Adolfo Gianella--Loredana fu contenta da
non trovar parole per esprimersi.
Partita appena Clarice, la fanciulla corse nella cameretta dove sua
madre stava ricamando la quattordicesima fogliolina in seta verde, e
infantilmente si mise a ballare.
--Ebbene, Lori, che hai?--domandò Emma stupita.
Ma Loredana seguitava a girare in tondo, gli occhi scintillanti e le
labbra aperte a un sorriso di pace.
Si arrestò d'un tratto, con un ultimo giro, in modo che le gonnelle le
si gonfiassero d'aria, e si mise in ginocchio presso la mamma, la quale
andava seguendola con l'occhio.
--Ho,--disse Loredana,--che Filippo mi ama sempre, anzi meglio di prima,
e che non mi sono ingannata fidando in lui, e che mi pento d'aver
pensato male, e che è qui, e che è mio, e che io sono sua....
--Questa bella ambasciata è venuta a farti la signora
Teobaldi?--interrogò Emma, mentre una ruga profonda le solcava la
fronte.
--Sì, mamma, la Teobaldi è buona. Anche su di lei m'ero ingannata. È
buona, è prudente, e non bisogna rimproverarla. Non ha che il difetto di
dipingersi male, e di vestirsi peggio. Hai visto, mamma, quel suo
cappellino alla cacciatora, e subito sotto, quelle terribili
sopracciglia al carbone? Oh che paura e che risate a Sirmione, quando la
vidi la prima volta!...
Si mise a ridere, a gola spiegata, e balzò in piedi, a riprendere il
ballo, cantarellando l'aria di un valzer.
--Lori,--esclamò Emma severamente, arrestandola con lo sguardo.--Che
pensieri hai? Che cosa conti di fare?
--Io?
La fanciulla, ritta in mezzo alla camera, stette pensierosa un momento;
poi disse:
--Io? Non temere nulla, mamma! Ah come ho imparato a vivere in questi
pochi mesi, come son diversa da una volta! Flopi non saprà più
riconoscermi, e mi dirà con meraviglia: «Sei una donnina, sei veramente
una donnina!» E tu non temere, mamma; io sarò felice....
--In nome di Dio,--interruppe Emma, respingendo il lavoro, e
alzandosi,--che cosa intendi con queste parola? Vuoi tornare con lui?
Loredana le corse incontro, l'abbracciò stretta, le diede molti baci,
dicendo:
--O mamma bella, o mamma cara, non sgridarmi, ma sì, ecco, voglio
tornare con lui! Ed egli vuole tornare con me, o mamma bella, perchè
niente gli piace senza di me, e il lusso non è il lusso, e il suo
palazzo è una casupola, e le donne sono pupattole, e le abitudini sono
catene.... Me l'ha scritto, e l'ho imparato a memoria, e gli credo....
--Povera, povera bambina!--esclamò Emma.--Tu credi tutto; ma non gli hai
domandato perchè non ti sposa?
Loredana allentò le braccia e lasciò sua madre.
--Non glielo domando,--rispose, oscurandosi in volto,--perchè se anche
egli volesse, io non vorrei. Ah no, non vorrei morire per tutta la
guerra che la sua famiglia mi muoverebbe contro prima di cedere, e per
tutte le umiliazioni che dovrei subire da quella sua gente e dai suoi
amici, il giorno ch'io fossi moglie di Flopi. Vedi: io so, perchè egli
non mi sposa; perchè non mi tormentino e prima e dopo fino alla morte.
Sarò la sua amante; dunque meglio che la sua sposa.
--E calpesterai anche il ritegno, e lascerai che tutti sparlino di te e
di tua madre?--osservò Emma con voce dolente.
--O mamma cara, non parlan male di te e di me, ora, tutti?--rispose
Loredana.--E che premio ho io dunque di ciò che credono il mio
ravvedimento? Hanno saputo, hanno inventato, mi hanno già uccisa
nell'anima; nulla può accrescere il male che già mi fu fatto, e se io
non sono morta per gli altri, gli altri sono ben morti per me. O mamma
bella, tu, tu sei la bambina che crede; io non potrò mai essere tanto
cattiva quanto si è detto....
--E vuoi andartene ancora, e lasciarmi sola?--domandò Emma, guardandola
con gli occhi annebbiati.
--Non so, mamma; non interrogarmi, non turbarmi, oggi. Oggi io sono così
contenta, perchè egli mi ama ancora; e non bisogna turbare chi è
contento dopo un lungo dolore.
--Ma come, dunque,--insistette Emma,--se ti ama tanto non è venuto più
qui?
--O mamma, cara, tu lo sai. Tu gli hai detto che ogni cosa doveva essere
finita e che non varcasse più la soglia della nostra casa. Egli ha
obbedito; non lo rimproverare; è stato lontano da me, pensando che io
pure non lo volessi, temendo che io gli facessi colpa--e gli facevo
colpa!--di avere svelato il luogo ov'ero rifugiata.... Non lo
rimproverare; egli ti ha obbedita.
--Poi ti ha mandato quella donna a dirti che ti vuole ancora!--esclamò
Emma.--Così mi ha obbedita, il briccone!
--Volevi ch'egli morisse?--domandò Loredana.--Volevi ch'egli mi
lasciasse morire?
--Non si muore per queste cose, bambina!
--Io sarei morta, o mamma bella! Io ero già sfinita e non avevo più
forza per resistere all'avvilimento! Si può essere vivi e morti, non
sai? Io era viva e morta, fin che di lui nulla sapevo; ed oggi soltanto
sono tutta, tutta viva!...
--Oh che pazza!--esclamò Emma, andando a sedersi in un angolo della
cameretta.--Che pazza è dunque diventata mia figlia?
Ma non ardì continuare il lamento.
Guardò Loredana e la vide, com'essa diceva, tutta, tutta viva; la
fragranza di quella giovinezza s'effondeva per la camera; la fanciulla
dritta, svelta, bella, sembrava una prigioniera in quel piccolo spazio;
qualche voce che nessuno poteva udire, echeggiava intorno a Loredana,
chiamandola per la sua strada ampia o aspra; e nulla avrebbe potuto
arrestare la forza misteriosa, che gli uomini chiamano destino, e che
parlava inconsciamente per gli occhi ardenti di Loredana.
Emma sentì questo in confuso; e capì che ogni ostacolo sarebbe stato
travolto; si domandò se avesse diritto d'imprigionare ancora sua figlia,
e del suo diritto dubitò.
Riprese in silenzio il ricamo, abbassò la testa sul lavoro, non disse
più nulla.
Loredana, in punta di piedi, non potendo trattenersi, ricominciò a
ballare il valzer chetamente.


XXI.

Essa non potè mai dimenticare quella notte, quell'angoscia, quelle
emozioni.
Sol per aprire la porta della camera e per discendere le scale, dovette
radunar tutta la sua volontà; e ad ogni scalino le sembrava che il
fruscìo della gonna fosse strepitoso, che il suo respiro fosse veemente
così da destar chi dormiva; e i ginocchi le scricchiolavano.
S'era avvoltolata intorno alla testa una sciarpa nera, che le cadeva
fino in grembo; ed era tutta vestita di nero; il viso bianco e i grandi
occhi scuri attraevan meglio lo sguardo, per quella sciarpa che
incorniciava l'ovale delicato del volto; ma Loredana credeva d'essersi
mascherata, sentendosi avvampar dal caldo.
Finalmente, aperto, con un ultimo brivido, l'uscio a pianterreno, si
trovò in istrada, e vide Clarice.
Le due donne si misero a camminare senza far parola, spaurite dalla
propria audacia e pensierose. Era di poco valicata la mezzanotte; da una
taverna uscirono alcuni uomini e squadrarono quella coppia frettolosa,
non comprendendo di quali femmine si trattasse; e poichè l'uno diceva
con parole villane la sua ammirazione per la ragazza, un altro lo ammonì
sarcasticamente:
--Lascia andare, figliuolo. Lì, occorrono biglietti da mille!
Loredana vibrò da capo a piedi; mormorò a Clarice:
--Ho paura. Torniamo indietro.
--Su, su, coraggio!--disse la Teobaldi, che tuttavia non era meno
inquieta della sua giovane amica.--Non siamo lontane.
Ella stentava ad agguagliare il passo di Loredana; ma correva aiutandosi
con qualche piccolo salto, facendo sobbalzar tutta la sua povera carne.
--Presto!--diceva Loredana quasi ad ogni passo.--Non ci segue nessuno?
--Nessuno!--rispondeva Clarice, cogliendo il destro per rallentare un
poco, e voltarsi.
Un ubbriaco, in una calle stretta, parlava e gesticolava da solo. Non
gli tornava il conto della serata e nominava alcuni uomini illustri
della città, dichiarando che all'indomani li avrebbe chiamati a
testimoni contro l'oste e i compagni di giuoco. Vide le due donne, le
lasciò avvicinare, e si rivolse a Loredana:
--Dica: se io spendo sessanta per un litro e mezzo....
E pencolò maledettamente; Loredana mandò un grido soffocato e si mise a
correre.
--Lei, la vecchia, è più ragionevole,--osservò il beone, guardando
Clarice che s'allontanava a passo celere.--Non corre, la vecchia, perchè
ha i piedi in malora. Ma se io spendo sessanta per un litro e mezzo....
--Lori, Lori, mi aspetti!--disse a mezza voce Clarice.
La fanciulla si fermò, la Teobaldi le si mise al fianco, e ripresero a
camminare.
--Che paura, tesoro mio!--esclamò Clarice, tentando di sorridere.
--Ah sì, muoio di paura! Quell'ubbriaco per poco non mi cadeva
addosso!... Ma quanto dobbiamo camminare ancora?
--Adesso ci siamo. Volti a destra....
--Non ne capisco più nulla,--mormorò Loredana.
Essa stentava a riconoscere le calli, in quell'ora notturna; tutte le
porte eran chiuse, le finestre chiuse, e di tratto in tratto una larga
chiazza d'ombra toglieva la vista delle case, dei confini, degli angoli;
poi appariva un lampione dalla luce rossastra, e, a quando a quando, un
rio dall'acqua immota e nera. Nel silenzio solenne, dentro le calli più
anguste, i passi delle due donne davano un rimbombo prolungato;
lontanamente, per due volte in due punti diversi, risonò la voce
gutturale d'un gondoliere, che s'internava con la sua gondola in un rio;
e qua e là una zaffata di odore salso giunse alle nari di Loredana, che
storse la bocca.
--Ci siamo!--disse improvvisamente Clarice.
Loredana alzò gli occhi, e riconobbe il palazzo Vagli, balzato fuori
dall'ombra come per magìa; largo e tozzo, ammantellato nell'oscurità,
lasciava a pena intravedere le finestre bifore e le colonne patinate dal
tempo; era tutto muto.
Ma la fanciulla non ebbe agio a contemplare; un uomo si staccava dalla
porta fiocamente illuminata, le veniva incontro, l'abbracciava con tale
veemenza da sollevarla da terra e trasportarla dentro in un sol gesto.
Richiuse d'un colpo lo sportello, e stringendosi la fanciulla al fianco,
cingendole col braccio destro il collo quasi a difenderla da un nemico
invisibile, inoltrò.
Restarono per sempre impressi nella mente di Loredana il cortile buio,
l'atrio buio, illuminati a sprazzi dal fanale, che l'uomo teneva nella
sinistra; e la scalinata e quelle sale dove lampeggiavan fugacemente uno
specchio, la doratura dei mobili, la superficie levigata d'una tavola o
d'una statua.
I passi risonavano sordamente sul tappeto, e tanto silenzio era intorno,
che benchè nessuno vegliasse a quell'ora, i due amanti non parlavano.
Loredana si volse a cercar Clarice, ma non vedendola più, alzò gli occhi
a guardar Filippo, e gli sorrise.
Obliata la madre, la notte, la casa, essa era felice e superba della
propria audacia; il palazzo le sembrava immenso, ma sicuro, e quel
braccio attorno al collo era il segno d'una protezione quasi
onnipotente. Le tornava l'imagine di Filippo più forte, più audace, più
fidato di chiunque al mondo, e ne fremeva di piacere.
--Qui?--ella domandò sottovoce.
--Qui,--rispose Filippo, liberandola dalla stretta.
Erano nella camera di lui. Loredana vide larghi e pesanti cortinaggi
alle finestre, un letto ampio, una pelle di tigre, con la testa enorme e
gli occhi fissi, stesa a terra; sopra un tavolino moresco incrostato di
madreperla ardevan cinque candele in un candelabro di vecchio argento; a
una parete scintillavano le guaìne metalliche di armi stravaganti.
Non vide altro, nel tumulto della gioia; pensò che il suo amore
seguitava, riallacciando quella notte col giorno malinconico in cui era
tornata tutta sola da Peschiera; oh, anche il suo amore gagliardo
vinceva gli ostacoli, e i baci che sentiva eran più saporosi dopo tante
lagrime...!


SECONDA PARTE.


I.

Giselda Fioresi, al braccio di Berto Candriani, s'era fermata innanzi
alla tavola del buffet, in casa della contessa Lombardi.
La lunga tavola era tutta occupata da piatti colmi di pasticcini e di
dolci; due grandi samovar d'argento fumavano, e da un'enorme zuppiera un
servo scodellava nelle tazze il punch freddo, mentre altri versavano lo
sciampagna gelido dalle caraffe di cristallo e distribuivano i sorbetti
rosei e bianchi.
--Se lei non fosse venuto a salvarmi,--continuò Giselda, accennando con
la testa a un signore tozzo e rubicondo, che sorbiva adagio una granita
di caffè,--gli sarei caduta fra le braccia....
--Oh Dio!--singhiozzò comicamente Berto Candriani.
--Per la noia, per la noia!--disse Giselda ridendo.--Non sa parlare che
del suo automobile, e s'atteggia a disdegnare i cavalli....
--Così le ha fatto sapere che ne ha....
--Ne ha dieci, nelle scuderie della sua tenuta di San Polo; ma vuol
venderli....
Nuove coppie, gli uomini in marsina, le donne in abito scollato e grande
cappello, erano sopraggiunte e facevan coda, incalzando, alle spalle di
Berto e di Giselda.
--Vuole sciampagna?--domandò Berto, prendendo una coppa dalle mani d'un
servo e passandola a Giselda, che vi bagnò appena le labbra.
--Datemi due gelati,--ordinò qualcuno che stava dietro il Candriani.
--Aspetta,--disse questi al marchese di Spinea, che aveva al braccio la
contessina Cafiero,--ti lasciamo il posto.
E avviandosi con Giselda, seguitò ad alta voce:
--Bada, che c'è molto punch bollente, che non si beve, e poco sciampagna
freddo che si berrebbe volontieri.
--Zitto, maldicente!--gli disse il marchese di Spinea.--Vedremo che cosa
ci offrirai quando verremo da te.
--Bravo, stai fresco!--esclamò Berto.--Resto scapolo apposta per non
avere seccatori in casa!
Sul limitare, Berto e Giselda dovettero fermarsi. La duchessa di
Torrecusa e la contessa Osvaldi, tenendo ciascuna una coppa di
sciampagna, s'esercitavano a portarla alle labbra, dopo aver fatto col
braccio destro alcuni giri a spirale. La duchessa vi riuscì, versando
dall'orlo metà del contenuto, e la contessa Osvaldi, che rideva a gola
spiegata, vuotò la coppa intera sul tappeto, e rinunziò alla prova,
perchè i cavalieri intorno la facevan ridere troppo.
Berto Candriani s'aprì un varco tra i gruppi, traversò con Giselda un
lungo corridoio, poi la sala pei fumatori, dove sedevano alcuni uomini,
timidi o noiati, che si scambiavan gli astucci delle sigarette o i gravi
propositi d'una più energica politica internazionale; passò oltre la
sala rossa, tutta rossa fiammante per le tappezzerie e pel colore dei
mobili dorati, e si fermò nella sala rosea che precedeva la sala da
ballo.
--Andiamo laggiù!--disse, accennando un alto e lungo paravento sul quale
eran trapunte in oro parecchie grosse cicogne, brillanti sopra uno
sfondo color chiaro di luna.
--Dietro il paravento?--chiese Giselda, lasciandosi trascinare senza
troppa resistenza.
--Sieda,--ordinò Berto.--Io siedo qui di di fronte; lei metta fuori le
punte dei suoi piedini, così quelli che passeranno per andare a saltar
come pere secche, capiranno che qui c'è qualcuno.
--Ma no, ma no, è sconveniente!--osservò Giselda.--E poi, lei ha
l'abitudine di parlar male di tutti, e potrebbe sparlare proprio di
quelli che passano....
--Ingenua fanciulla!--esclamò Berto Candriani.--C'è l'occhio della
cicogna!
--Che cosa vuol dire?--domandò la contessina Fioresi con un sorriso, che
pregustava qualche strana storia.
--Vuol dire che son forati gli occhi d'una cicogna, e di qui vedo
benissimo senza essere veduto. Guardi che bei buchi!
Giselda si alzò a guardare, appoggiandosi lievemente alla poltrona di
Berto; attraverso due fori, che corrispondevan dall'altro lato agli
occhi d'una gigantesca cicogna, si vedevan benissimo il resto della sala
e la porta dalla quale dovevan passare le coppie. Giselda diede in una
risata.
--Ma quando ha fatto questo lavoro?--domandò.
--Badiamo: è un segreto che si rivela a una gentildonna; i buchi li ha
fatti Silvestrelli, il capitano di corvetta, due anni or sono, e prima
di partire per il giro del mondo li ha confidati a me. Io sono l'unico
erede di questi buchi, e nessuno se n'è mai accorto. Spero che lei
apprezzerà tutto il valore della mia rivelazione.
--Sono utilissimi,--dichiarò la Fioresi solennemente.--Non dirò parola
ad anima viva.
Berto fece un cenno con la mano; qualche coppia passava, dirigendosi al
salone da ballo e chiacchierando; alcuni cavalieri sopraggiunsero,
diedero un'occhiata, videro la sala vuota e se ne andarono di nuovo.
--Ha notato, contessina, che stasera non c'è Flopi?--riprese Berto con
la sua voce più melliflua, piano piano.
--Non ho notato nulla!--rispose Giselda bruscamente.--Perchè dovrei
notare queste inezie?
--Inezie? Non ci sono inezie per chi ama.... Si vorrebbe sapere dove è
Flopi a quest'ora, che cosa fa, che cosa dice.... Non è vero?
--Non è vero; io non voglio sapere nulla. Il conte Vagli non m'interessa
più di quanto sia lecito, e io non ho l'abitudine di amare chi non si
occupa di me.
--Non dico sia un'abitudine,--osservò Berto.--Può essere una
fatalità.... Zitta!--soggiunse, dopo aver dato uno sguardo ai buchi
della cicogna.--C'è lo zio!
Il conte Roberto Vagli entrava in quel punto con un altro vecchio
signore; il conte Roberto era dritto e magnifico, il largo petto
inquadrato dal panciotto della marsina, all'occhiello della quale era
fissato un superbo garofano bianco; tra le mani il conte teneva il
gibus, alla maniera antica.
--Io ti assicuro,--egli seguitava,--che è una corbelleria, questa di
voler tanti treni fra Venezia e Milano; treni diretti, treni
direttissimi, o, come si dice ora, treni-lampo! Sai che cosa avverrà?
L'amico sedette in una poltrona, e il conte ripetè, standogli innanzi:
--Sai che cosa avverrà? Avverrà che Venezia fra pochi anni sarà un
sobborgo di Milano, e le nostre civette andranno a far le compere a
Milano, e i nostri giovanotti si vestiranno a Milano, e tutti i nostri
quattrini ingrasseranno Milano, e il nostro commercio e la nostra
industria rimarranno quel che sono ora, una povera cosa. Non mi diceva
un momento fa il Cavenaghi, sai, quel mercante di carbone, che si pensa
d'attuare un treno per tempissimo, cosicchè si possa andare a Milano,
starvi sei o sette ore, e tornar la sera medesima? Io ti domando!...
L'amico si alzò, e tutt'e due s'avviarono.
--Io ti domando se questo si chiama far l'interesse di Venezia....
--Che bella mente!--esclamò Berto Candriani, quando fu sicuro che i due
se n'erano andati.--Non vuole i treni diretti; bisognerà offrirgli un
servizio di muli. Dopo la battaglia di San Martino, non ha capito più
nulla. E Flopi deve lottare con questi suoi parenti, i quali, nonchè
l'amore, non sanno intendere nemmeno la ferrovia!...
--Ma io non comprendo perchè Flopi debba lottare coi parenti,--osservò
Giselda.--Lotta per che, per chi?
--Bah,--esclamò Berto Candriani, arricciandosi i mustacchi con studiata
espressione di mistero.--Affari riservati! Non dimentichiamo che lei è
una signorina.
Giselda si sentì avvampar la faccia: aveva ventitre anni, molta voglia
di vivere, fors'anco molta violenza contenuta dall'abitudine e dalla
educazione; e nulla più l'irritava che l'ignoranza e l'espressione di
candore che dovevan formare la sua maschera sociale.
Ella crollò il capo e rispose con voce dura:
--Quali sciocchezze! Ma se so tutto!...
--Tutto?--ripetè Berto, sicurissimo che non sapeva nulla, ma contento
d'essere esonerato dalla discrezione.--Lei sa che Flopi ha un'amante?
--Ma certo!
--La quale è bellissima?
Giselda esitò un attimo.
--Ciò non importa. Chi la dice bellissima,--rispose,--chi mediocre, chi
brutta!
Berto sorrise fugacemente, e incalzò:
--Bellissima; e lei sa che Flopi l'ha rapita, l'ha sedotta, la tiene con
sè, e che ora ha sulle braccia tutti i parenti?
--Di lei; è naturale,--osservò Giselda.
--No, di lui; i parenti di lui sono spaventati, perchè non capiscono che
cosa voglia farne, e temono che la sposi....
--Ma i parenti di lei perchè non intervengono?--domandò Giselda quasi
con impazienza.
--Per una ragione ottima, contessina mia,--rispose Berto
ridendo.--Perchè sono nel regno dei cieli, ad eccezione d'una madre, la
quale se l'è ripresa una prima volta, ma se l'è vista ripartire con
Flopi; onde la povera donna ha rinunziato a lottare e a discutere.
--E dove sono ora?--chiese Giselda con aria distratta.
--Chi? I parenti? Lo zio era qui poco fa, a parlar di treni....
Giselda interruppe, battendo un piede a terra, spazientita.
--Ma no, mio Dio! Flopi e quell'altra!...
--Ah!... Sono a Venezia; anzi ho pranzato oggi da loro. Bisogna dire che
se qualche cosa d'irregolare è in quella casa, non lo si vede certo
nella disposizione dei mobili, nella scelta delle vivande, nella qualità
degli oggetti che adornano l'appartamento. Tutta roba squisita.... Credo
che Flopi verrà stasera a salutar la contessa, sul tardi....
--Lei è molto addentro nella confidenza di Flopi!--osservò ironicamente
Giselda, alzandosi.
--Sì, sono dei pochi che frequentano la casa,--disse Berto drizzandosi
in piedi e offrendo il braccio a Giselda.
--No, grazie,--rispose questa, freddissima.--Devo dire una parola alla
Torrecusa, che vedo seduta laggiù, nella sala da ballo.
E s'avviò sola, ma si fermò di repente:
--Quale casa?--domandò sottovoce.
--Sì, la casa di Flopi. Egli vive solo, ora; voglio dire non vive a
palazzo. Ha un bellissimo appartamento sulle Zattere....
--Con la bellissima compagna!--concluse Giselda, che si lasciò sfuggire
una risatina troppo stridula per essere sincera.
Berto s'inchinò, girò sui tacchi, e perfettamente sicuro d'aver fatto il
bene di Giselda, di Flopi, e fors'anco di Loredana, passò nella sala
rossa, e si mischiò a un gruppo di dame che ridevano in piedi con alcuni
ufficiali di marina.
L'orchestra attaccò un valzer; i cavalieri traversarono la sala,
s'incrociarono, ricomparvero con le dame al braccio, s'avviarono alla
sala da ballo; fu una sfilata rapida di coppie, un'ondata di profumi.
Il valzer diceva: «Queste gioie fallaci, tutte simili all'invisibile
onda delle mie note, si dissolvono nel tempo, e nulla più rimane quando
l'alba livida vi richiama alle case. Abbandonatevi a queste gioie
malinconiche, a quest'onda invisibile, e sognate tutti i vostri sogni,
prima che l'alba vi risvegli....»
Il maggiordomo comparve a un tratto nella sala rossa, si presentò alla
contessa Lombardi, le disse qualche parola inchinandosi.
La contessa ebbe un sorriso e mosse lentamente verso la porta d'entrata,
mentre un susurrìo di curiosità si propagava nella sala tra i gruppi
degli invitati che avevan preferito la conversazione alla danza.
Quasi contemporaneamente un signore non alto di statura, largo di
spalle, con lunghi favoriti biondi, varcava il limitare e dirigendosi
rapidamente incontro alla contessa, le prendeva la mano, così da
impedirle l'inchino che la dama aveva abbozzato.
S'udì la voce dell'uomo, una bella voce molle:
--«Je vous suis bien reconnaissant, comtesse»,--egli diceva, baciando la
sottile mano guantata.
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