L'amore di Loredana - 15

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Dal giorno del duello, qualche mutazione era seguita nel suo animo; egli
s'era fatto cupo e inquieto, il suo sguardo pungente era diventato più
acuto, la chiassosa allegria, la sventatezza e l'impertinenza che
l'avevan fatto celebre, erano scomparse. Si sarebbe detto che un
pensiero molesto e pertinace andasse rodendolo; e infatti non tanto gli
importava della cicatrice che gli deturpava la faccia quanto di aver
perduta Loredana per la sua incredibile fatuità.
S'era svegliato come da un sogno, dopo il duello, avvertendo quasi con
paura che per la giovane gli si era annidato in cuore un sentimento
assai più alto e più temibile che la concupiscenza; non avrebbe voluto
confessarlo nemmeno a se stesso, ma l'ingenuità mista ad orgoglio,
l'appassionatezza e insieme il riserbo, l'intelligenza e l'audacia che
formavano l'indole originale di Loredana l'avevano interessato e vinto.
Non ignorava quel che si andava cantando dappertutto, ch'egli era stato
l'amante della giovane e che perciò Filippo l'aveva provocato; e anche
questo gli cuoceva insoffribilmente, non potendo parlarne troppo,
perchè le sue negazioni non avevano alcun valore, e non potendo tacere,
perchè il silenzio sarebbe stato una conferma. In tal modo, dentro un
cerchio di tortura si dibatteva incapace a prendere una risoluzione; ora
pensando a un viaggio, che lo allontanasse da uomini e da cose venutigli
in uggia, ora meditando di rimanere, di riavvicinare Loredana,
d'impossessarsene davvero a qualunque costo.
--Giuoca, giuoca!--gli disse il marchese di Spinea, guardando in faccia.
Berto giuocò: era distratto e andava con la sinistra arricciandosi i
baffi; di tanto in tanto gli tornava il ricordo di Loredana, che gli
faceva subito smarrire il filo del giuoco; anche questa volta la partita
finì con la sua sconfitta.
--Ah, ah!--disse il marchese di Spinea, mescolando le carte.--Chi è
fortunato in amore....
Ma si morse le labbra; la vecchia frase, sfuggitagli per abitudine,
s'attagliava così bene al caso di Berto e alle dicerie di quei giorni,
che lo Spinea tossì più volte, quasi volesse far dimenticare le sue
parole. Il volto di Berto s'era rabbuiato. Egli riprese a giuocare
scuotendo la testa fastidiosamente, ma ancora non potè raccogliere
intorno al giuoco tutta l'attenzione che gli era necessaria.
Dal crocchio nel quale si trovavano Nino d'Este, il Martellieri, Paolino
Berlendi e altri giovanotti, gli veniva di tratto in tratto all'orecchio
qualche frase che lo distraeva. Gli amici parlavano a voce bassa, ma non
così che Berto, avvertito dal ripetersi di alcuni nomi, non potesse
afferrare il senso di ciò che si diceva intorno a lui.
La conversazione era mutata; Paolino aveva rinunziato a dimostrare che
le americane si possono distinguere a occhio, il Martellieri aveva
finito la sua disquisizione etnografica; si parlava di pettegolezzi, del
solito pettegolezzo che occupava tuttavia la città.
--Filippo, secondo me,--diceva Paolino Berlendi,--ha avuto il torto dei
vecchi, il torto di mescolare molto sentimento alla sua avventura.
Questa famosa Loredana lo ha stregato; dicono che sia molto giovane, ma
dev'essere esperta negli intrighi amorosi.
--Che, che!--esclamò Nino d'Este, il quale non andava mai d'accordo con
Paolino, pure essendogli amico.--Ha trovato un cucco, mi dispiace dirlo;
e al posto di lei, qualunque altra, giovane o vecchia, avrebbe insaccato
il povero Flopi.... Le donne sono ciò che l'uomo le fa. Ti piace,
Paolino, questa massima?
Paolino scosse la testa.
--Non mi piace,--rispose.--Io vorrei vedere questa famosa Loredana, per
poter giudicare.
--Io l'ho vista,--annunziò il Martellieri.--L'ho vista più volte a
teatro, con una certa megera tinta e ritinta, che mi pareva quella che
si brucia a mezza quaresima. Ebbene, la ragazza non vale nè più nè meno
di tante altre; è giovanissima e graziosa, ma a Venezia ne abbiamo una a
ogni svolta di strada.
--Che ne dici, Paolino?--esclamò Nino d'Este trionfalmente.
--Dico che il Martellieri di donne non se ne intende,--dichiarò il
Berlendi.--Egli non si intende che delle donne della Patagonia....
Vorrei vederla io.... E tu poi, Nino, sei in queste cose troppo
secco....
--Troppo secco!--ripetè Nino d'Este.--Che cosa vuoi dire?
Paolino Berlendi esitò un istante, guardandosi intorno; ma vedendo tutte
facce amiche e familiari, seguitò:
--«Ben voilà! Y a pas de ma faute»!... Certe cose si possono dire perchè
son vecchie.... Per impadronirti d'una ragazza, non hai tu comprato il
fondo sul quale la ragazza viveva? E poi per liberartene, non hai
venduto il fondo con la ragazza dentro?
Gli amici in giro scoppiarono in una risata fragorosa, che fece alzar la
testa a Berto Candriani. Egli aveva commesso parecchi spropositi e aveva
nuovamente perduto; gettò le carte sul tavoliere, dicendo ai compagni:
--Vi chiedo scusa; oggi non va. Troveremo qualcuno che possa
sostituirmi.
--No, no,--interruppe il marchese di Spinea.--Anche noi siamo stanchi,
non è vero?
Gli altri due confermarono con un cenno del capo, e i giuocatori
s'alzarono.
--Questo è un po' secco,--dichiarava intanto Paolino Berlendi.--«C'est
du citron à la rigolade». Io sono del tuo parere: non troppo
sentimentalismo con la donna; ma dal sentimentalismo di Flopi alla tua
maniera spiccia, v'è un abisso. Dico bene? «Ça te botte»?
Nino d'Este non rispose; si allungò meglio nella poltrona soffice,
epicureamente, e rinunziò a difendersi; ma Berto Candriani, che era
sopraggiunto, rispose per lui.
--Tu hai torto, Paolino,--egli disse.--Questa maniera secca di Nino
d'Este, questo, come tu dici, «citron à la rigolade», è ciò che occorre
per le donne.
Da quando eran corse le voci dei suoi amori con Loredana, Berto
ostentava uno scetticismo che doveva, nel suo concetto, far comprendere
com'egli non si dilettasse che di avventure fugaci e volgari, e
allontanare il dubbio d'una passione per la giovane compagna di Filippo.
Gli amici, i quali non avevano mai udito dalla sua bocca dichiarazioni e
aforismi di tal natura, lo ascoltavano sempre un po' incerti e sorpresi,
temendo ch'egli si beffasse di loro.
Ma Berto proseguì imperterrito, la sigaretta tra l'indice e il medio
della destra, la sinistra affondata nella tasca della giacca:
--Non solo il sentimentalismo è ridicolo, ma è ridicolo anche il
sentimento per questa specie d'animale incomprensibile....
--....«cette espèce de cruche»,--abbellì Paolino.
--....che è la donna,--concluse Berto Candriani.--Per conto mio, senza
essere un conquistatore come te, Paolino, nè un dominatore come Nino
d'Este, ho sempre cercato donne che si potessero mettere alla porta
entro le ventiquattr'ore, e non ho avuto il minimo sentimento per
alcuna, mai, in tutta la mia vita....
La dichiarazione era troppo netta ed esplicita, perchè gli amici intorno
non ne afferrassero il significato; ma Paolino strizzò l'occhio, e disse
ridendo:
--Come parla bene!... Io, intanto, ho trovato il Martellieri che mi ha
dato torto sulla questione delle americane; trovo Berto che mi dà torto
sulla questione del sentimento. Se continua così, rinunzio alla
parola!...
--Ma no; tu non hai torto,--interruppe Berto.--Se ti ho dato torto, mi
sono spiegato male. Io voleva dire....
Alzando gli occhi in quel punto, vide che un servo era sopraggiunto e
dal suo contegno capì che aspettava di potergli parlare.
--Io voleva dire che dei due modi, il modo secco e il modo
sentimentale,--proseguì rapidamente,--preferisco il primo, lo trovo più
logico, più giusto, o almeno più adatto alla nostra indole. A te,
Paolino, non mancano argomentazioni per difendere il tuo pensiero;
specialmente se parli francese!
E mentre gli altri ridevano e la discussione si faceva più vivace, egli
si avvicinò al servo e gli chiese:
--Che cosa c'è?
--Una signora desidera parlarle,--rispose il servo a bassa voce.
--Non ricevo!--disse Berto recisamente.
Ma quando il servo era già per allontanarsi, egli lo richiamò, senza ben
comprendere a quale dubbio rispondesse.
--La signora è qui?--riprese.
--Sì, Eccellenza....
--Non sarà una delle solite mendicanti?
--Non mi pare.
--Che tipo è?
--E giovanissima, molto elegante, e....
--E...?--incalzò Berto.
Il servo esitò.
--E mi pare molto spaventata,--disse infine.
--Che stupidaggini ti passano pel capo?--esclamò Berto.--La farai
accomodare nel salotto grigio, e le dirai che abbia la bontà di
attendere un istante.
--Sì, Eccellenza.
Berto ritornò verso i suoi amici.
--Vi chiedo scusa se vi lascio,--egli disse.--Mi è stata annunziata una
visita d'affari; rimanete qui, ve ne prego.
Nino d'Este s'alzò finalmente dalla poltrona.
--No, no, caro,--egli rispose.--In casa tua si sta troppo bene, e noi
abbiamo fatto tardi. Ce ne andiamo.
Berto Candriani strinse la mano agli amici, e mentre questi, ancora
discutendo e ridendo, uscivano in tumulto, egli si avviò verso il
salotto grigio.


XVI.

Ritta sulla soglia, appoggiato il braccio sinistro allo stipite e il
viso al braccio, Loredana aspettava, tremando. Aveva avvertito un clamor
di voci e di risate, poi un silenzio improvviso; guardava il salotto
grigio, brillantemente illuminato dalle lampadine elettriche, e le
pareva che i divani, le poltrone, le portiere molli, i cortinaggi
pesanti, e una certa atmosfera tepida e profumata dessero al luogo un
senso d'intimità quasi carnale.
Alla sua destra ella vide un piccolo quadro di Félicien Rops, un quadro
strano intitolato: «Le vol et la prostitution dominent le monde»; una
femmina seminuda e un uomo a mezza maschera, stretti insieme da una
fascia, posavano i piedi caprigni sul globo; ed era nel viso dell'una
l'artiglio della crapula e sotto la mezza maschera dell'altro si
delineava il ghigno cinico del delitto....
A poco a poco, fissando la terribile femmina, Loredana ne sentì paura;
le sembrò un simbolo e un monito, e che ridesse di lei, e si movesse a
lei incontro, quasi per serrarla tra le braccia.... Si volse per
fuggire; ma in quell'istante la portiera che le stava di faccia fu
sollevata, e Berto Candriani comparve.
Egli si lasciò sfuggire un grido.
Loredana sentì che la sua personalità l'abbandonava; aveva tanto pensato
a quell'ora, a quel colloquio, che le parve di agire e di parlare come
un automa, come se qualcuno alle sue spalle suggerisse parole e gesti;
pensò alla femmina dai piedi caprigni, e le corse un fremito dalla nuca
alle reni.
Pure, mosse ella per prima, verso Berto, e gli disse con voce soffocata:
--Chi c'è di là?
--Nessuno,--rispose Berto, parlando istintivamente sottovoce.--Erano
amici; sono partiti. Ma come devo interpretare questa vostra visita? Che
cosa devo pensare?
Ella chiuse gli occhi e mormorò:
--Come vorrete....
Berto la vide subito impallidire spaventosamente; avvicinatale una
poltrona, la fece sedere, le si mise a ginocchi innanzi, e Loredana
rimase un istante così, bianca in volto, gli occhi chiusi, mentre Berto
andava baciandole le mani guantate. Poi ella s'accorse che lievemente,
lievemente, con perizia consumata, le toglieva il cappello e il veletto,
e di nuovo inginocchiandosi le posava le labbra sulle mani.
Riaprì gli occhi, e guardandolo ai suoi piedi, notò la cicatrice lucida
e ardente che gli traversava la faccia come un formidabile colpo di
scudiscio.
--Sono da lei,--disse.--Sono fuggita. Ho abbandonato Filippo. Lo amo
ancora, lo amo sempre, non amo che lui; ma sua madre muore, e io devo
fuggirlo.... Sono venuta a ricoverarmi da lei.... Che caldo è in questa
camera; mi sento soffocare!
Senza levarsi in piedi, slacciò la pelliccia e la lasciò cadere intorno,
cosicchè parve che il busto snello sbucasse da quel nido candido e
morbido maculato di nero. Guardandosi in giro, ella si vide in uno
specchio; non aveva più il cappello, non più la pelliccia; era svestita,
quasi fosse tornata nella propria casa; e quell'uomo le stava ai piedi,
muto, umile, e già padrone di lei....
Lo spettacolo la rivelò a sè medesima. Si drizzò di scatto, esclamando:
--No; che cosa faccio? Sono pazza....
Anche Berto s'era alzato, e mettendosele innanzi, le disse prestamente:
--Non fugga: è in casa d'un gentiluomo. Si calmi. Ho bisogno di sapere e
di parlarle. Se vorrà partire di qui, io non la tratterrò.... Mi dia
l'amara soddisfazione di chiederle perdono. Ho scontato il mio errore.
Sono stato veramente colpevole, ma sono parso più colpevole ai suoi
occhi, perchè lei ha creduto a un capriccio, mentre io l'ho amata e
l'amo con profondo sentimento.... Non fugga, la scongiuro....
Loredana tornò a sedere, raccogliendosi intorno la pelliccia bianca.
Non appena Berto la vide così, calma e attonita, uscì dal salotto e
ritornò precipitosamente, tenendo in mano una bottiglia e nell'altra una
coppa. Nè egli nè la giovane avvertirono il ridicolo di quella corsa;
Berto spinse innanzi a Loredana una piccola tavola sostenuta da quattro
svelti grifi, e versando, posò la coppa vicino alla sua ospite.
--Bevete,--disse,--ve ne prego: vi darà forza.
Loredana aveva visto che il liquido gorgogliante era sciampagna; ella
fece un gesto per rifiutare, e rispose:
--No, non è possibile; mi farebbe male.
Il Candriani non l'ascoltava; ebbro di gioia, potendola guardare con
l'intensità di un desiderio non più rattenuto, la guardava tutta,
bramosamente, dalla testa ai piccoli piedi, la cui punta sbucava dal
lembo estremo della gonna.
--Io vi farò dimenticare Filippo,--egli disse a un tratto.--Voi non
l'amerete più; io sono libero e solo, posso dedicarvi intera la mia
vita.... Amatelo oggi ancora, non importa; è giusto che lo amiate; dovrò
io cancellare la sua imagine dal vostro cuore.
E di repente proruppe:
--Sono felice; sono felice di vedervi presso di me; vi siete ricordata
che vi ho offerta la mia amicizia in un caso estremo, e questo mi
consola di molti dolori.... Ah vi assicuro, Loredana, che non sono più
lo sventato che avete conosciuto un giorno! Vi amo teneramente e spero
di potervi rassicurare....
Ella troncò le sue parole con un gesto.
--No,--rispose.--Non vi amerò mai.
Si guardò intorno, e vedendo la coppa, la portò alle labbra che sentiva
arse da un'interna febbre.
--Ascoltatemi,--proseguì imperiosamente.--Sono qui, non perchè vi ami,
non perchè io creda alla vostra amicizia, ma perchè voglio e devo
perdermi.
--Loredana, Loredana, per carità!--interruppe Berto.
--Devo perdermi. Egli sta per commettere un delitto. Sua madre ammalata
gli ha chiesto di abbandonarmi, ed egli ha rifiutato.... No, io non
posso accettare questo sacrificio; è una cosa orrenda; io devo lasciarlo
e in maniera ch'egli non mi cerchi più, non mi desideri più.... Non
voglio far male a sua madre, che per me ha già tanto sofferto.... Se
morisse, ah se morisse, quale rimorso, quale vergogna!... E un giorno
egli si sveglierebbe da questa follia; e tra me e lui, sempre, sempre,
io vedrei il cadavere di sua madre.... Bisogna che io gli impedisca di
disonorarsi!
Berto, ritto in piedi, ascoltava con un senso di maraviglia la giovane,
che parlava velocemente agitata da violento orgasmo; alla prima
pallidezza era subentrato un rossore febbrile che le imporporava le
guance, le faceva brillare intensamente gli occhi, le invermigliava le
labbra dando loro un color di vivo sangue.
Tanto gli piacque così stesa nella poltrona e affondata nella candida
pelliccia, che Berto si chinò ancora a baciarle le mani. Loredana lo
respinse.
--Io voleva uccidermi,--proseguì,--ma sarebbe stato un nuovo scandalo;
avrebbero forse accusato Filippo della mia morte.... Ah come sono
maligni tutti!... Mi è stato detto in faccia che io sono la vostra
amante, che la mia onestà non vale nulla perchè nessuno mi crede, che un
uomo è ladro quando tutti lo dicono ladro.... Quante cose ho imparato,
spaventevoli! E allora ho pensato che avevano ragione. Il solo che non
dubitava di me era Filippo; egli crede al mio amore e alla mia onestà,
di cui tutti ridono; e bisogna dunque ch'egli pure non creda più, perchè
si salvi.... Ho pensato che poichè mi dicono vostra amante, ogni sforzo
è inutile, e io non potrò più liberarmi da questa accusa....
--Non parlare così,--interruppe Berto.--Ti fa troppo male....
Ella lo fissò con gli occhi sbarrati; quel «tu» le parve più brutale
d'un bacio che le avesse chiuso improvvisamente la bocca; ma Berto se ne
avvide, e soggiunse:
--Vi chiedo scusa; non volevo offendervi. Vi amo, e non ho saputo
dominarmi.
--No,--disse Loredana, alzandosi,--mi lasci andare!
Berto osò stendere una mano su di lei.
--Ve ne prego,--mormorò,--rimanete ancora.....
Loredana rabbrividì; raccolta la pelliccia, cercò degli occhi il
cappello. Ma mentre stava per riprenderlo, si arrestò quasi folgorata da
un pensiero.
Dove andava? A casa, sua? Filippo l'avrebbe ripresa. A casa di Filippo?
La madre di lui ne sarebbe morta. E Filippo a quell'ora doveva aver già
letto le poche righe che Loredana gli aveva lasciato: «Non ti
dimenticherò mai; ti amerò sempre; quanto più ti parrò lontana, tanto
più sarò tua....» E dopo questo, ella sarebbe tornata da lui, a capo
basso, a guisa d'una scolaretta pentita, e sempre troppo tardi per
essere perdonata?
Vide ancora quella maledetta femmina dai piedi caprigni, seminuda, che
col braccio destro levato sembrava imporle di fermarsi. Si volse, e
all'altro lato vide Berto, il quale non osava muoversi per trattenerla,
non osava parlare per non impaurirla, e andava guardandola, per
indovinar dal gesto di lei la risoluzione che avrebbe presa.
Ella tornò alla sua poltrona, vi si lasciò cadere, non disse parola.
Seguì in tal modo un silenzio angoscioso di alcuni minuti, durante i
quali Loredana e Berto si fissarono acutamente, immobili, quasi
scrutandosi; ma Berto non potè resistere più a lungo, le si avvicinò di
nuovo, le afferrò le mani.
--Resta!--disse con voce velata dalla passione.--Resta! Te ne scongiuro!
So che non mi ami, e ciò non mi spaventa....
Egli cercava di toglierle un guanto; ella se ne avvide, e lo sbottonò
con un rapido gesto, offrendogli la mano e il polso nudi da baciare; ma
quando sentì quelle labbra avide sulle carni, volse il capo quasi con
ribrezzo.
--No!--disse.--Aspettate!
Afferrò la coppa e la vuotò avidamente, poi la tese di nuovo a Berto
perchè versasse ancora, e di nuovo bevve; ma scorgendosi nello specchio,
gettò la coppa vuota a terra, dove s'infranse.
--Che cosa volete fare di me?--disse poi.
--Tutto quello che tu mi comanderai,--rispose Berto.--Io sono libero;
posso partire oggi stesso, stanotte, domani, quando tu me lo chieda.
--Sì,--dichiarò Loredana.--Partiremo subito. Andremo a Roma.
Ella diede in una risata così cruda e sardonica, che Berto la guardò
impaurito.
--A Roma,--ripetè Loredana.--Dovevo andarvi con Flopi; andrò con voi.
Non è lo stesso? Non sono la vostra amante? Non hanno voluto che io
fossi la vostra amante? Un uomo o un altro, poco importa.... Perchè non
andiamo anche a Sirmione?... Io voglio calpestare tutto il mio passato,
io voglio distruggere ogni ricordo, io voglio che non rimanga più nulla,
più nulla di ciò che mi è stato tanto caro, e che mi farebbe
arrossire!... Ah, voi non sapete l'orrore che io sento per la vita!...
Voi non pensate che a impossessarvi di me; lo vedo nei vostri occhi, e
non capite che io non sono più viva, non capite che io vi odio, e più vi
avvicinate a me e più vi odio!...
Berto non rispose, ma la sua mano che teneva la mano della giovane,
allentò la stretta; egli si ritrasse, percosso dalla veemenza selvaggia
di quelle parole.
--Perchè mi volete?--seguitò Loredana, lanciandogli uno sguardo di
sprezzo.--Io amo Filippo, e mi sacrifico per lui. Non è chiaro? Non è
chiaro che io voglio perdermi per salvare lui? Non ve l'ho detto già! E
ho scelto proprio voi, perchè egli mi disprezzi tanto che non mi cerchi
più!... E voi vi prestate a questo giuoco?... Se io acconsentissi a
diventar la vostra amante, sarebbe quello il momento in cui amerei di
più Filippo, perchè sarebbe quello il sacrificio più grave che io potrei
fargli.... E non lo avete capito? Come devo dirvi che io non vi amerò
mai?
Stretto dalla logica feroce, che sembrava dettata da quel bisogno di
mordere e di distruggere onde Loredana si sentiva tutta vibrare, Berto
non trovò dapprima risposta; poi ebbe la parola unica che spiegava
qualunque follia:
--Ma io ti amo,--disse.--Io ti amo, Loredana; e non so altro....
La giovane lo guardò, sentendo ch'egli non mentiva; le parve sommesso e
vinto, e ne ebbe pietà.
--Suvvia,--mormorò, alzandosi,--mi lasci andare!
--Dove, dove vuoi andare?--chiese Berto, movendo un passo verso di
lei.--Dove vuoi andare, così?
Ella s'era avviata alla porta, senza cappello, come una pazza.
Berto la guardò elegante e sottile nell'abito tutto liscio color
d'ametista, leggiadramente ornato con una lista di pelliccia scura, che
le correva intorno al petto e per l'estremo lembo della gonna a guisa
d'un serpentello.
Usciva, partiva, fuggiva; d'improvviso aveva sentito che il sacrificio
era troppo ripugnante, che meglio era morire, riposare, non pensare più
ad alcuno, e aveva ricordato il canale nero e fondo che scorreva innanzi
alla casa di Berto.
L'ora era tarda, la luce fievole, la gente rada in quella serata
d'inverno. Loredana avrebbe potuto gettarsi all'acqua e affogarvi, senza
che alcuno accorresse.
--Dove vuoi andare?--ripetè Berto.
S'incontrarono sul limitare e si fissarono, l'uno con gli occhi
fiammeggianti di desiderio, l'altra con lo sguardo smarrito della
disperazione; ma perchè essa voleva procedere, egli l'afferrò per le
braccia e la rattenne.
Loredana ruppe di nuovo in una risata.
Aveva in bocca il sapore di quel fango al quale s'abbeverano gli umani,
di quel fango che è tutta la vita, e un'arsura insaziata le bruciava le
vene, come avesse ingoiato un fuoco liquido....
Qualcuno alle spalle di Berto--forse la femmina seminuda dai piedi
caprigni--gli suggerì un pensiero: la giovane non si sarebbe mai decisa
nè a partire, nè a rimanere, nè a vivere, nè a morire; bisognava
forzarla.
Egli l'attrasse bruscamente al petto, le suggellò la bocca con la bocca
dandole un bacio così lungo, che pareva, volesse beverne la vita,
l'anima, il sangue; sentì che Loredana s'inclinava a poco a poco, si
rovesciava indietro, e assecondò il movimento senza staccar la bocca
dalla bocca agognata, e l'adagiò sul divano ampio.


XVII.

Fu una lieta primavera, quella del 1894 a Venezia. Una falange
sterminata di stranieri calò da tutte le parti del mondo, le donne e gli
uomini già ebbri di delizie e di desiderio, con l'anima vibrante di quel
romanticismo sensuale che Venezia, la torpida, ispira.
Nuove passioni e nuovi drammi pullularono tra quell'affoltata di gente,
e la Piazza San Marco divenne in certe serate un prodigioso salotto pel
quale s'aggiravano le eleganti di New-York e di Parigi, di Londra e di
Vienna, di Berlino e di Pietroburgo, lasciando sui loro passi un solco
di profumi esotici.
Esse vedevano Venezia con gli occhi della leggenda e della storia e la
loro anima si trasformava, effondendosi e pervertendosi fra i tesori
d'arte e il silenzio mortale della città voluttuosa. La gondola, lenta e
carezzevole, agile e muta, faceva loro sognare i sogni erotici e le
rapide tragedie dei romanzi; la notte, o rischiarata dal raggio lunare
sui rii e sui canali, o tenebrosa o velata, sembrava loro così
enimmatica e stravagante quale in nessun'altra città del mondo.
Le più belle donne avevano una falange d'ammiratori, quasi tutti
veneziani, che ne aspettavano ogni anno il passaggio, non diversamente
dal cacciatore che aspetta lo stormo della ghiotta selvaggina. Esse
s'imbevevano il giorno della luce e dei salsi umori di Lido, felici di
quella piena vita animale che ingagliardisce il sangue e stende sulle
carni una delicata patina di bronzo; la sera, tornavano alle consuete
eleganze o nelle grandi sale dei grandi alberghi o in Piazza San Marco.
Si susurrava di passioni e di capricci, di gelosie e di tradimenti.
Il suicidio d'una giovane inglese, un duello tra due russi, avevano
messo in tumulto la città; poi rapidamente le grandi feste offerte da un
patrizio alla colonia straniera e uno straripare di lusso portentoso,
una vera orgia di colori e di bellezze e di dovizie, avevan cancellato
la memoria di quelle drammatiche vicende. E l'eco del tripudio non era
spenta, chè la fuga d'una giovinetta con un uomo attempato aveva
riaperto i fiumi dei discorsi scandalosi; poi una nuova festa, la
colonia straniera che ringraziava il patrizio dell'ospitalità ricevuta,
profondendo altri tesori, sfoggiando nuovo fasto, e l'arrivo del Re, e
la caduta d'un ministero, e un accavallarsi di fatti piccoli e grandi,
avevan dato materia alle chiacchiere e non avevano saziato la curiosità
instancabile degli uomini.
La vita correva la sua corsa senza freno, superba, indifferente,
inconsapevole, travolgendo ed esaltando, premiando e punendo; e il nome
di questo o di quello roteava come un palèo.
Un giorno sulla terrazza di Lido, un pugno di gentiluomini faceva corona
ad alcune dame, la contessa Lombardi, la contessa Fausta di Montegalda,
la duchessa di Torrecusa. Erano gli uomini il conte Alvise Priùli, il
conte Mercatelli, parecchi giovani, tra i quali il conte Paolino
Berlendi.
Paolino aveva enunziato anche in quei giorni che la donna americana si
riconosce a occhio; aveva tenuto una scommessa, e aveva scambiato
un'austriaca per un'americana. Se ne rideva ancora. Paolino
imperturbabile aveva osservato che nelle vene dell'austriaca, per
qualche dimenticato incrocio, doveva scorrere sangue americano; e
conosciuta personalmente la giovane, se ne era innamorato. Anche questo
episodio aveva fatto ridere; ma Paolino Berlendi, senza badare ai frizzi
dei compagni, dava intanto una caccia accanita alla straniera e sperava
impigliarla nelle sue reti.
--Che cosa guardate?--gli domandò Fausta d'un tratto.
La bellezza della contessa pareva scintillare sotto il sole; i capelli
neri avevan riflessi azzurrini e gli occhi cilestri esprimevano una
dolce ingenuità qualche poco in contrasto con l'anima sensuale ed
egoista della donna.
--Guardo tutte queste forestiere,--disse Paolino.--Non vi pare che
giungano a Venezia già ubbriache d'amore e di Ruskin?
--Voi parlate del Ruskin come d'un liquore,--osservò la contessa
Lombardi sorridendo.
--È vero; ma io preferisco il cognac,--rispose Paolino.--Il fatto è che
le straniere sono innamorate.
--E di chi?--domandò Fausta.
--Di me, contessa!--affermò Paolino trionfante.
Gli uomini risero.
--Ma sai tu chi è il Ruskin?--domandò il conte Priùli.
--No; non l'ho mai letto....
--È naturale,--disse il Priùli.--Tu devi darti all'agricoltura, e
sappiamo che studi accanitamente per distinguere una patata da una
barbabietola.
--Un'austriaca da un'americana,--corresse Fausta di Montegalda.
Già Paolino stava per rispondere, quando un silenzio improvviso si fece.
Era comparso sulla terrazza il conte Filippo Vagli, colui che per lunghi
mesi la società elegante capitanata da Fausta di Montegalda aveva
chiamato «il povero Flopi».
Molti fili argentei intessuti ai capelli un giorno tutti neri, il
cerchio grigiastro intorno agli occhi, le spalle un poco appesantite
davano l'impressione che Filippo fosse invecchiato repentinamente. Egli
era sempre ilare e sereno, ma chi l'avesse fissato con attenzione si
sarebbe accorto che la tranquillità e l'allegria di cui dava prova eran
dovute a un continuo sforzo, a una instancabile vigilanza sopra sè
medesimo.
Quando egli si credeva non osservato, la sua fisionomia mutava d'un
tratto, quasicchè la maschera gli fosse caduta, e allora si vedeva
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