Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de' più celebri artisti, vol. 2 - 14

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GUERRERO (don Pedro), spagnuolo, uno de' più distinti maestri di musica
del secolo 16.º, passò in Italia la più parte di sua vita, e molto quivi
contribuì ai progressi dell'arte. Vi sono di lui sei messe sul gusto di
quelle del Palestrina assai stimate.
GUGLIELMI (Pietro) nacque a Massa Carrara nella Toscana da Giacomo
Guglielmi maestro di cappella del duca di Modena, da cui prese le prime
lezioni di musica sino all'età di 18 anni. Studiò quindi in Napoli nel
conservatorio _di Loreto_ sotto il cel. Durante. Guglielmi non
annunziava delle grandi disposizioni per la musica, ma Durante il
soggettò agli aridi studj del contrappunto e della composizione. Sortì
egli dal conservatorio all'età di 28 anni, e cominciò quasi tosto a
scrivere per i principali teatri d'Italia delle opere buffe e delle
serie, e vi riuscì egualmente. Fu richiesto in Vienna, a Madrid, a
Londra, e tornò in Napoli in età di presso a 50 anni. Questa fu l'epoca,
in cui tutte le facoltà del suo spirito acquistarono più d'attività, ed
in cui sparse la più viva luce il suo genio: trovò egli il gran teatro
di Napoli occupato da due primarj talenti, che ne contendevano a gara la
palma, Cimarosa e Paesiello: vendicossi nobilmente dell'ultimo, di cui
aveva ragion di lagnarsi; ad ogni opera del suo rivale una sua ne
opponeva, e ne restò sempre vittorioso. Papa Pio VI nel 1793, offrigli
il posto di maestro di cappella di S. Pietro, e questo ritiro fu per
Guglielmi a' 65 anni della sua vita, occasione di distinguersi nella
musica di chiesa. Egli morì a 19 di novembre 1804, di sua età 77.
Contansi più di due cento opere scritte da lui: un canto semplice,
naturale ed amabile, un'armonia pura, ma piena insieme, un estro ed una
fantasia originale ne formano il carattere. Carpani lo paragona a Luca
Giordano: Zingarelli riguarda il _Debora e Sisara_, come il capo d'opera
di Guglielmi.
GUGLIELMI (Pietro-Carlo), figlio del precedente, che colle sue
composizioni sostiene la gloria e la riputazione del padre. All'età di
20 anni mostrossi degno di lui, per lo brillante successo ottenuto sul
gran teatro di Napoli, e confermato in appresso da altri non men
meritati successi sul teatro di Roma e su quei dell'Italia e di Londra.
Nel 1803, scrisse egli in Palermo l'oratorio del _Sedecia_ per il teatro
di S. Cecilia, che ebbe un felicissimo incontro. Come suo padre ha posto
in musica l'opera _I due gemelli_, che si crede essere la migliore sua
opera. _Le false apparenze_; _Le nozze senza marito_; _I cacciatori_;
_La Contessa bizzarra_; _La serva innamorata_ ed altre sue opere buffe
sono state molto apprezzate in Italia e in Inghilterra, dove attualmente
egli dimora. _Giacomo_, suo minor fratello ed egregio cantante di tenore
nacque a Massa Carrara nel 1782, studiò il solfeggio sotto il cel.
Mezzanti, ed il canto sotto Nicolò Piccini, nipote del gran Piccini.
Cominciò la sua carriera di tenore dal teatro d'_Argentina_ in Roma, e
passò quindi a Parma, a Napoli, a Firenze, a Bologna, a Venezia, a
Amsterdam e finalmente a Parigi, dove attualmente risiede come cantante
nel teatro dell'opera buffa.
GUIDO d'Arezzo, nome celebre nell'arte, intorno al quale si sono divisi
gli scrittori o accordandogli troppo o scemando più del dovere la sua
gloria. M. Forkel nella sua dotta storia della musica, t. 2, prende
saggiamente la via di mezzo, e si riduce ad osservare che all'epoca in
cui visse Guido, eravi una grande incertezza e variazione su i principj
della musica, e sulla maniera di notarla. Guido più che i suoi
predecessori e contemporanei vide chiaramente in questa materia; scelse
ciò che credette esservi di meglio nei metodi sino allora proposti,
compilò i precetti, formonne un corpo di dottrina, e soprattutto
applicossi all'insegnamento della lettura musicale. I straordinarj
successi che ne ottenne, sì per l'eccellenza del metodo, come per l'arte
con la quale presentar sapeva le sue idee, fissarono su di lui
l'attenzion generale, annoverar lo fecero tra gli inventori di primo
ordine, e gli si attribuirono moltissime scoperte, ch'egli aveva avuto
il solo merito di render utili. Si sa che Guido verso la fine del decimo
secolo fu monaco dell'ordine di S. Benedetto nel monastero della
Pomposa: che quivi inventò o dispose il suo nuovo metodo di notare e di
leggere la musica, che vi stabilì una scuola per insegnarne la pratica:
che mercè la sua nuova maniera, i scolari, cui da prima non bastavan
dieci anni per imparare a legger la musica, al termine di alquanti
giorni giungevano a diciferar un canto, ed in meno di un anno divenivano
abili cantori: che non gli mancarono tra' monaci stessi degli invidi e
de' rivali che aspramente il perseguitassero, sicchè gli fu d'uopo di
abbandonare il suo monastero e di fuggirsene altrove. Si sa inoltre
ch'egli cavò le note della sua scala dalla prima strofe dell'inno di S.
Giovanni; ma per più estesi dettagli sulla sua vita, e sulle sue opere,
che non per altro oggetto possono leggersi, se non per conoscer solo lo
stato della musica al suo tempo, rimettiamo i lettori ad una
interessante _Dissertazione sulla vita e le opere di Guido d'Arezzo_ con
dotte note ultimamente pubblicata in Italia dal _Sig. Angeloni da
Frosinone_, ed al secondo volume della Collezione dell'ab. _Gerbert_,
dove si trovano delle notizie intorno alla vita, e tutte le opere
ch'egli potè discoprire dello stesso Guido.
GUYS (M.), pubblicò in Parigi nel 1776, _Voyage littéraire de la Grèce,
ou Lettres sur les Grecs anciens et modernes_. La lettera trentesima
ottava tratta della musica presso i Greci.

GYROWETZ (Adalberto), nato circa 1756 in Vienna, è piuttosto un amatore
anzichè professore di musica, sebbene compositor fecondissimo, ha
attualmente il suo impiego nella cancelleria di Vienna. Egli ha fatto
singolarmente il suo studio sulle opere dell'Haydn, ed ha pubblicate 41
opere, in cui ne ha imitato lo stile, di sinfonie, di quartetti e di
quintetti. Abbiamo di lui in oltre sonate di forte-piano e concerti di
molto gusto.


H

HAENSEL (Giov. Daniele), nato a Goldberg nel 1757, allievo di Türck, è
attualmente maestro di musica a Halle. “L'_Haensel_, dice Carpani, il
_Krommer_, il _Rombec_, dotti insieme e melodiosi, scarseggiano ora di
produzioni; forse le circostanze de' tempi li consigliano a ciò fare; lo
smercio essendo diminuito, gli stampatori di musica non vogliono pagare
che poco le produzioni, e quindi gli autori se le tengono nello scrigno:
chi ne discapita è l'arte.” (_Lett. 15_)
HAMBOIS (Giov.), dottore in musica del sec. 15º nell'università di
Cambridge o di Oxford, benchè fosse tenuto peritissimo in tutte le arti,
fatto aveva però della musica il principale suo studio, gli scrittori di
sua vita affermano, che per la cognizione dell'armonia, per la
combinazione delle consonanze, per l'arte di preparare e salvare le
dissonanze, egli sorpassava tutti quei del suo tempo (_Enciclop. method.
p. 83_).
HAREMBERG (Giov.), professore a Brunswick, pubblicò quivi nel 1753,
_Commentatio de re musicâ vetustissimâ_, etc., dove tratta
degl'instromenti de' Greci, ed Ebrei.
HARPE (Giov. Franc. de la), noto abbastanza per il suo _Corso di
letteratura in 16 vol. in 8vo_, dove si trovano profonde cognizioni in
ogni genere, e una delicata critica, è morto in Parigi nel 1803. Nel suo
_Journal de politique et de littérature_, a Paris 1777, prese egli parte
alla guerra musicale di quel tempo, diè il suo giudizio sulle produzioni
di Gluck, e molte belle riflessioni offrì sulla musica rappresentativa,
ma dalla fazione opposta venne attaccato di non essere egli esatto
parlando di musica, tanto più che dichiarato si era di non saperne. A
questo proposito egli dice che nelle arti vi sono due parti, l'una
elementare, l'altra meccanica: la prima non è conosciuta che dagli
artisti, ed essi soli sono in dritto di parlarne. L'altra è il risultato
delle operazioni di un'arte, ed ha per giudice chiunque sia fornito di
un retto senso e d'organi sensibili. Se non vuolsi ammettere questo
principio, sarebbe d'uopo che gli artisti non avessero per giudici che i
loro simili. Un uomo, che non sa la composizione, non dirà che tale
musica sia corretta, scientifica; non ragionerà sulle combinazioni
dell'armonia, o sugli andamenti di una frase musicale, e quindi nulla io
ho detto di tali cose. Ecco _i mezzi dell'arte_: io non voglio entrarvi.
Ma quest'aria in quella situazione ha l'espressione bastevole? Questo
canto è variato o monotono? è povero o ricco? riunisce le modulazioni
che portar devono nell'anima quel tal sentimento? ecco ciò che ha dritto
di esaminar ciascun uomo, purchè non sia sfornito di orecchio e di buon
senso: ec. Molte altre riflessioni possono quivi leggersi con profitto.
HARINGTON, dottore in musica, fondatore della società armonica di Bath,
e uno de' più pregiati poeti moderni dell'Inghilterra, benchè semplice
dilettante vien considerato come un buon compositore tra gl'Inglesi. La
musica, ch'egli ha posto alle sue poesie, è piena d'espressione e di
melodia, e nella strumentale riesce molto nel genere tenero e patetico.
HARRIS (James), scrittore assai distinto, morto in Londra nel 1780. La
prima opera ch'egli pubblicò nel 1774 contiene tre _Memorie sulle Arti
in generale, sulla Pittura, la Poesia e la Musica_. Lord Malmesbury suo
figlio l'ha pubblicata nuovamente con le altre di lui opere, e la sua
biografia nel 1801, Londra, 2 vol. in 4.º. Ve ne ha ancora una
traduzione tedesca a Halle 1780.
HARRISON (John), dotto meccanico inglese morto in Londra nel 1776. Nella
sua giovinezza fu il capo d'una cel. società di cantanti di chiesa: ha
fatti molti sperimenti sul tuono e la scala de' tuoni, mediante un
particolar monocordo di sua invenzione, e che vien da lui descritto in
una sua opera pubblicata in Londra nel 1775 sotto il titolo di
_Description concerning ec._; o _Descrizione d'un meccanismo per
giungere ad una misura esatta e sicura del tempo_. Egli pretende darvi
una divisione meccanica dell'ottava secondo la proporzione che esiste
tra i raggi o il diametro di un circolo e la sua circonferenza.
Quest'opera fu criticata come l'effetto della sua decrepitezza.
HASSE (Giov. Adolfo), detto il _Sassone_, apprese da prima in Germania
la musica, ed all'età di 18 anni scrisse l'_Antigono_, che fu assai ben
accolto a Brunswick. Ma egli sin allora erasi abbandonato al suo genio,
senza sottomettersi a' profondi studj del contrappunto: ne sentì la
sconvenevolezza, e prese la risoluzione di venir ad apprenderlo in
Italia. Egli giunse in Napoli nel 1724, e studiò da prima sotto Porpora,
ma tra' grand'uomini che quivi allora fiorivano particolarmente
distinguevasi, come il più gran maestro di quell'epoca, Alessandro
Scarlatti. Hasse ardentemente bramava poter trar profitto dalle lezioni
e da' consigli di questo valentuomo, ma non osava fargliene la
proposizione, sul timore che le sue finanze non gli permettevano di
ricompensarnelo secondo il merito. Rincontrato avendolo in una
compagnia, i suoi talenti, la sua modestia e i riguardi che mostrava per
lui gli conciliarono l'affezione di quel grand'uomo, che cominciò sin
d'allora a chiamarlo suo figlio, e si offrì di buon grado a dargli delle
lezioni. Nel 1725, scrisse in Napoli un _Dialogo_, il quale eseguito
dinanzi ad una scelta udienza fu unanimamente applaudito, e poco tempo
dopo scrisse per il teatro reale un'opera, che stabilì compitamente la
sua riputazione. Da lì in poi tutti i gran teatri dell'Italia si
disputarono la gloria di aver Hasse per maestro. In Venezia fu oltracciò
scelto per precettore di un conservatorio e scrisse per lo stesso un
_Miserere_ a 2 soprani, 2 contralti, 2 violini, violoncello e basso, di
cui ne chiamò divina la musica il P. Martini. Fu quindi chiamato a
Dresda, a Londra, e a Vienna dove, dopo il 1762 sino al 1766 scrisse sei
opere, e nel 1769 compose il suo capo d'opera _Piramo e Tisbe_, la di
cui musica differente dall'altre sue produzioni non invecchia mai. Nel
1771, scrisse la sua ultima opera _Ruggiero_ in Milano per le nozze
dell'arciduca Ferdinando, e si rese quindi in Venezia per passarvi
tranquillamente il resto dei suoi giorni. Nel 1780, compose un _Te Deum_
che fu cantato dinanzi a Pio VI, e quivi morì nel 1783. Pochi anni prima
aveva composto un _Requiem_ che servir doveva pe' suoi funerali, e di
cui mandonne copia in Dresda al cel. Schuster. Quest'opera dà a divedere
la forza che conservava ancora in un'età molto avanzata. Le sue
composizioni per teatro, per chiesa, per camera sono innumerabili: egli
ha messo in musica tutti i drammi del Metastasio, sino a due tre ed
anche quattro volte, e può dirsi che il suo stile appartiene al secol
d'oro della musica, in cui il semplice e 'l naturale bastavano per
incantare l'orecchio e soddisfare il gusto. La riputazione, ch'egli
acquistossi, corrisponde interamente al suo merito. Hasse era d'una
bella figura: aveva un cuore eccellente, e molta nobilezza ne' suoi
sentimenti. In Napoli la familiarità, ch'egli contrasse col Marchese
Vargas uomo di gran letteratura e religioso insieme, fecegli abbjurare
ancor giovane gli errori di Lutero ed abbracciare il cattolicismo
(_Mattei el. di Jommel._).
HASSE (Faustina Bordoni) moglie del _Sassone_, nata in Venezia fu una
delle più famose cantanti del sec. 18º, ammirata da per tutto ove
cantava sulla moderna maniera del Bernacchi, la di cui scuola impegnossi
a propagare. In Firenze si arrivò sino ad improntar una medaglia in suo
onore; cantò in Vienna e in Londra coll'appuntamento di 12500 scudi. A
Dresda sposò il cel. Hasse, che ella aveva inteso nel 1727 in Venezia, e
preso avevalo sin d'allora sotto la sua protezione.
HAUDENGER, nel 1782 eseguì a Manheim un _tonometro_ inventato dal cel.
ab. Vogler. Quest'instromento, approvato dall'accademia delle scienze di
Parigi, può essere sostituito al monocordo de' Greci. Il _tonometro_
mostra con la più grande precisione, se le proporzioni di un tuono
all'altro sono più vicine, più semplici, più piacevoli, ovvero se sono
più distanti e meno aggradevoli. (_V. Alman. Music. 1783, p. 58._)
HAWKINS (John), dotto Inglese ed amatore di musica in Londra sua patria,
fu uno di quegli uomini rari, che co' loro talenti e colle eminenti
virtù sociali si sono resi commendevolissimi. Egli aveva ereditata dal
dot. Pepusch una collezione considerevole di opere teoriche e pratiche
di musica. Questa collezione unita a una gran quantità di notizie,
ch'egli aveva raccolto per lo spazio di 16 anni, poselo in istato di
comporre l'eccellente opera col titolo _A general history ec._, cioè
_Storia generale della scienza e pratica della Musica_, in 5 grossi vol.
in 4º, Londra 1776, che dedicò e presentò egli stesso a S. M.
Brittannica. L'edizione presso Payne ne è superba, sì per l'impressione,
come per i rami di musica e dei ritratti di 58 celebri artisti con la
loro biografia: è un peccato che non se ne sia fatta una traduzione nè
in Francia, nè in Italia. Hawkins è morto di paralisia nel 1789, in età
di 70 anni.
HAYDN (Giuseppe), nacque nel 1732 in un villaggio dell'Austria detto
Rohrau da un fabbricator di carri e da una cuoca, ambi cattolici, e tale
visse e morì l'Haydn, esattissimo osservatore dei doveri della sua
Religione. Mostrò sin da fanciullo molta disposizione per la musica, ma
la sua povertà non gli permise di aver un maestro: comperatisi i libri
teorici del _Mattheson_, del _Fux_, del _Bach_ e del _Kirberg_, si mise
a svolgere giorno e notte quelle carte, e a capirne ciò che poteva.
Questo metodo di solitaria ricerca contribuì non poco a fargli scoprire
delle cose nuove, delle combinazioni non indicate, de' modi felici e
peregrini. Egli s'aprì delle vie sconosciute, principalmente pella
collocazione degli accordi, pella maniera di condurre le cantilene, non
che di piantare ed intrecciare le fughe, per cui, sostenuto dal suo
ricchissimo ingegno, apparve poi quell'originale cui tutta la musica
Europea ha preso per suo modello. Tale e tanto era il piacere che
l'Haydn provava in questi suoi studj e tentativi, che povero come era,
gelando di freddo e morto di sonno accanto del suo sdruscito
cembalaccio, diceva d'esser più felice di un re, e non aver conosciuto
poi in vita sua felicità maggiore. Il giovane Haydn, tanto smanioso
d'imparare quanto povero di mezzi trovò il modo d'insinuarsi in Vienna
in casa di Corner ambasciadore di Venezia, con cui abitava il cel.
_Porpora_. Egli si mise a far di tutto per entrare in grazia di quel
lurido Napolitano stizzoso ed ottenerne i sospirati armonici favori. La
mattina pertempo balzava da letto e spazzava l'abito, puliva le scarpe
del Porpora e gli raffazzonava la decrepita parrucca. Questi, uomo poco
socievole ed oltremodo rozzo di maniere, gli regalava in premio delle
rampogne; ma vedendosi servito per nulla, e conoscendo nel modesto
giovinetto molta disposizione e gran brama d'istruirsi, si lasciava
commovere a sbalzi, e gli dava qualche buon lume e precetto, sia pel
canto, sia per l'accompagnamento, massimamente che doveva accompagnare
spesso le difficili sue composizioni, dotte e di bassi non facili ad
indovinarsi. Nel tempo stesso, egli esaminava le partiture del profondo
_Eman. Bach_; beveva i precetti di _Fux_; ne carpiva dal _Porpora_,
interrogava per molte e molte ore della notte il suo fido clavicembalo,
e faceva attenzione a quanto udir poteva di lodata musica di altri
autori. A questo modo imparando da tutti: e non procedendo sotto
l'immediata direzione di nessuno, giunse a formarsi uno stile tutto suo,
e ad ottenere il pregio d'essere _originale_, capace di produrre, come
lo fece, una rivoluzione nella musica instrumentale, aprendo nuove
strade ignote ai Greci, a' Fiamminghi, agli Italiani, ed a quanti lo
precedettero antichi e moderni. Cominciò da prima a scrivere de' _Trio_,
che subito per la singolarità dello stile, ed il lecco che li condiva,
scorsero per le mani di tutti. Le belle ideine dell'Haydn, che aveva
allora poco men di vent'anni, il suo brio, le sue veneri, le licenze che
si prendeva, gli eccitarono contro tutti i barbuti legislatori di
musica. Si credette trovare in quelle composizioni errori di
contrappunto, modulazioni ereticali, e mosse troppo ardite. Ma l'Ercole
in fascie non temeva i serpenti, e prese anzi maggior concetto di se per
la guerra che gli facevano maestri di tanto grido, si pose ad arricchire
ed a perfezionare tanto più quel suo stile, ch'era stato capace di far
nascere sì fatto romore, e pubblicò nuove produzioni, le quali ben
presto spuntarono i denti alla critica, rendendo insieme circospetta
l'invidia, ed estatica l'arte. Fra questo mentre ebbe egli la fortuna di
convivere coll'unico fra i poeti che mancasse agli antichi, ed una
stessa casa accolse allora il primo poeta del secolo, ed il primo
sinfonista del mondo. Il _Metastasio_ era nato col buon gusto nelle
vene: ogni suo detto lo spirava. Amante ed intelligentissima di musica,
quell'anima sovranamente armonica gustava i talenti del giovane tedesco,
e gli dava coraggio e precetti, oltre all'insegnargli, conversando la
lingua italiana. Haydn l'apprese sì bene, che nelle sue composizioni
italiane non isbagliò mai un accento; errore, dal quale non vanno esenti
talvolta i più vantati fra i maestri d'Italia. Entrò egli dipoi in casa
del principe Esterhazy, appassionato filarmonico, e dovizioso, che aveva
al suo servizio una scelta e numerosa orchestra, alla cui testa fu posto
Haydn; onde agiatissimo divenne, e proseguì con più gloria la sua
carriera. Dividonsi le fatiche dell'Haydn in tre classi: le musiche
instrumentali, le sacre e le teatrali. Nelle prime fu primo fra tutti.
Nelle seconde aprì una nuova scuola che in mezzo a' suoi difetti di
genere, gareggia con qualsisia delle prime. Nelle terze non fu che
stimabile: ed in queste fu imitatore, laddove nelle altre era creatore.
Gli angusti limiti d'un articolo non ci permettono di fare un dettaglio
di tutte le sue produzioni in tutti i tre generi, che sono innumerabili.
Haydn fu due volte in Londra e riscosse non che gli applausi, ma
l'ammirazione dell'Inghilterra: spesso gli avvenne che gli Inglesi
facendoglisi da presso, lo misuravano cogli occhi dalla testa sino a'
piedi, e lo lasciavano gridando: _You are a great man, voi siete un
grand'uomo_. Il d.r Burney fu il primo che propose all'Haydn di farsi
ricevere dottore ad Oxford. L'indomani della sua nominazione, Haydn
diresse la musica. Dacchè egli mostrossi, una sola voce di tutti si
alzò: _Bravo Haydn!_ Hendel dopo trent'anni di dimora in Inghilterra non
aveva ottenuto l'onore di esser promosso al dottorato di Oxford. In
quest'occasione Haydn compose uno di quei suoi dotti scherzi, ai quali
aveva la mano sì avvezza, cioè un foglio di musica, che leggendosi a
capriccio da sopra, da sotto, da mezzo, dai lati, in fine come si
voleva, formava sempre una cantilena, ed un periodo giusto e compito.
L'accademia de' filarmonici di Bologna, quelle delle scienze di Stokolm
e d'Amsterdam, l'Istituto nazionale di Francia, le società filarmoniche
di Modena e di Lubiana recaronsi a gloria l'annoverare Haydn tra' loro
membri. Egli cessò di vivere li dì 31 Maggio del 1809, in età di 77
anni. Una religione pura ed operosa formò le qualità morali di questo
rispettabile uomo, la sua modestia, la sua bontà, la niuna invidia per
gli emuli, l'affetto ai parenti, alla patria, ai padroni; la sua purità
di costumi, serbata in mezzo al fuoco dell'immaginazione, ed alla
tenerezza del cuore, la sua carità verso i poveri; in somma l'essere
stato l'Haydn nel sec. 18º un gran genio ed insieme un gran galantuomo.
La sua musica sulle _sette parole di N. S. sulla croce_, il suo
_Stabat_, l'oratorio della _Creazione_, senza parlare delle sue
sinfonie, e musica strumentale, di cui può dirsi il creatore, sono i
monumenti più durevoli dell'arte, e i veri titoli all'immortalità
dell'autore. _Haydn è l'Ariosto della musica: il suo stile riunisce
tutti i generi arditamente. Vola il suo genio per tutt'i sentieri. La
sua immaginazione apre i tesori d'ogni bellezza, e ne dispone a sua
voglia. La sua musica è una magica dipintura, la quale presenta ad ogni
tratto il maraviglioso ed il seducente, accompagnati da una varietà
senza pari, ed animati di colori vivissimi e sì bene accordati fra loro,
che incantano. Se alla sua musica teatrale, benchè buona e talvolta
ottima, manca in generale quell'estro, quella naturalezza, quel brio,
quel marchio da creatore che risplende nella sua musica instrumentale, e
ne' suoi oratorj, come pure nelle Messe, ragion ne è, che costretto a
moderare la sua facoltà inventrice giusta le idee del poeta, ed a
contenere il suo sapere instrumentale, si trovò quasi dimezzato
l'ingegno, e quasi fuori della sua strada. Egli stesso quasi quasi
confessava la sua mediocrità teatrale, dicendo però, che se avesse
potuto passare in Italia qualche anno e sentirvi que' sommi cantanti, e
più di proposito studiar que' maestri, egli credeva che sarebbe riuscito
a distinguersi nella musica da teatro, quanto lo aveva fatto nella
instrumentale._ A tutti i biografi dell'Haydn, il _Diez_, il
_Griesinger_ tedeschi, M. _Framery_, e M. le _Breton_ francesi, è in
ogni conto preferibile l'italiano _Carpani_ sia per l'esattezza delle
notizie comunicategli dallo stesso Haydn, sia ancora per le grazie del
suo stile, e soprattutto per un quadro di mano maestra ch'egli offre
della storia letteraria dell'arte, e per l'imparzialità de' suoi ben
fondati giudizj: in questo articolo noi l'abbiamo seguito, anzi parola
per parola trascritto.
HAYDN (Michele), minor fratello del precedente sortì come lui dalla
nascita un deciso genio per la musica, e divenuto uno de' più profondi
scrittori di musica da chiesa fu maestro di cappella del principe
Vescovo di Salisburgo, ove morì nel 1806. Essendo venuto in pensiero a
M. Friedberg amantissimo di musica e versato nell'arte, di aggiungere le
parole ed il canto all'enfatica e divina musica instrumentale delle
sette parole di Haydn, si rivolse per tal fine al di lui fratello
Michele, e questi, come dissi, profondissimo nella sua scienza, accettò
l'arduo impegno. Friedberg compose le parole, e Michele, senza toccar
nulla della musica strumentale, la fè diventare accompagnamento,
aggiungendovi il canto a 4 voci e a tutto rigore e precisione di
contrappunto. Riuscitogli a maraviglia il lavoro, lo inviò al fratello,
e questi non solo l'approvò, ma lo fece eseguire più volte; e lo lasciò
correre di poi nel pubblico come fatica sua, dando così al fratello la
più lusinghiera prova del grandissimo conto che ne faceva. Costui,
finchè visse, ben lungi dal lagnarsene, andò superbo di questa
approvazione di fatto, datagli dal celebre suo fratello di carne e di
mestiere (_Carpani lett. 7_). Il maestro Hiller fece eseguire in Lipsia
una superba messa di Michele Haydn, di cui vi ha ancora più concerti,
sinfonie e quartetti pregiatissimi.

HENDEL (Giorgio), nato a Halle, fu un celebratissimo compositore tedesco
nella prima metà del secolo 18º. Dopo il 1708, venne in Italia, e
scrisse pe' teatri di Firenze, di Venezia, di Roma e di Napoli con
incredibile successo. Tornato in Germania e passato quindi in
Inghilterra fu tenuto dovunque in grande stima. Giorgio I, pel suo
merito lo ritenne in quell'Isola col trattamento di 400 lire sterline
per anno. Sulla fine de' suoi giorni perdè la vista, ma conservò in quel
tristo stato il suo fuoco e la sua vivacità, e compose sempre, dettando
le sue idee al maestro Smith. Sei giorni innanzi la sua morte eseguì uno
de' suoi oratorj. Egli morì nel 1759; e fugli eretto un superbo
monumento nella badia di Westminster, ove è sepolto in mezzo alle tombe
dei re. Per perpetuare la memoria di questo gran maestro si fa dal 1784
in poi annualmente in Londra una gran musica, e vi si eseguisce da
un'orchestra di più di 600 musici qualche di lui composizione. Sin dal
1785, s'intraprese in Londra di pubblicare, per sottoscrizione, una
collezione compita delle opere di Hendel, impresse con nuovi caratteri
di musica, a cui precede il suo ritratto. Hendel, era di grande e nobil
persona, e tutto fuoco: lasciò a suoi parenti in Germania 20 mila lire
sterline di beni, e mille ne legò egli all'istituto de' soccorsi in
Londra. Walther, Mattheson, Burney e più altri hanno scritto la di lui
vita, presso i quali può leggersi il lungo catalogo delle sue opere.
Oggidì un gustaccio pessimo farebbe sghignazzar taluni, se lor si
proponesse lo studio delle carte di Hendel e di tali altri maestri di
quel tempo. E pure confessava l'Haydn al suo amico Carpani che udita in
Londra la musica dell'Hendel, ne fu tanto colpito che si pose da capo a'
suoi studj, come se non avesse nulla saputo fino a quell'ora. Egli ne
meditò ogni nota: ed attinse a que' _dottissimi spartiti_ il succo della
vera grandiosità musicale. Racconta lo stesso Carpani, che trovandosi
vicino all'Haydn, quando si eseguiva il _Messia di Hendel_, ed ammirando
quegli uno di quei bellissimi cori, l'Haydn gli disse, _quest'è il papà
di tutti_. “Dall'Hendel apprese Haydn a levarsi maestosamente, a
grandeggiare nelle idee, ad avvicinarsi all'inarrivabile scopo de' suoi
canti.” Fra le maraviglie dell'Hendel una sempre mi ha fatto la più gran
sensazione (_è sempre Carpani che parla_); ed è che gli accompagnamenti
di esso sono scritti a tre e non più, e pure sono così armoniosi e
sonori. Il tutto sta nel primo violino e nel basso: ma non v'è in essi
nota che, per servirmi d'una frase del Gluck, _non tiri sangue_. Hendel
non usò sempre gli strumenti da fiato: così pure facevano il Pergolesi,
il Leo, il Vinci, e la musica loro era sempre tanto piena d'armonia.
Semplicità e forza andavano del pari nelle loro composizioni. _Di tutti
noi_, diceva l'immortale Mozart, _Hendel sa meglio quel che riesce di un
grand'effetto. Quando vuole, egli va e colpisce come un fulmine_.
HENNEQUIN, distinto meccanico, francese di origine, nel 1790 viveva, a
Dresda, e da 20 anni prima vi si occupava della soluzione del difficile
problema di rendere gl'instrumenti a corde, incapaci a scordarsi.
Coll'ajuto di Trincklin giunse nel 1785 al segno, che il tentativo
fattone sul forte-piano fu approvato da' migliori virtuosi di Dresda.
HERBIN (Giuliano), nato a Parigi nel 1783, mostrò le più felici
disposizioni per lo studio: oltre la profonda cognizione delle lingue
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