Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de' più celebri artisti, vol. 2 - 04

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musica madrigalesca italiana fiorivano; onde mal a proposito, dice l'ab.
Arteaga, è stato costui annoverato fra gli inventori del melodramma da
quegli Eruditi, che non avendo mai vedute le opere sue, hanno creduto
che bastasse a dargli questo titolo l'aver in qualunque maniera messo in
musica alcune poesie teatrali. Quel ch'è certo si è, secondo Burney, che
il suo Oratorio _Anima e corpo_ è il primo dramma religioso ove il
dialogo si trova in forma di recitativo, e fu rappresentato in Roma nel
mese di febbrajo dell'anno 1600.
CAVALLI (Francesco), veneziano, è uno dei primi che abbiano composto in
Venezia delle grandi opere drammatiche. Egli era maestro di cappella
della chiesa di san Marco. Nel 1637, cominciò a faticar pel teatro, e
continuò, per più di trent'anni, ad arricchirlo di buone opere, tali
sono _le Nozze di Teti e di Peleo_, nel 1639, _la Didone_ nel 1641, _il
Romolo ed il Remo_ nel 1645, _l'Elena rapita da Teseo_ nel 1653,
_Scipione Africano_ nel 1654, _Pompeo_ nel 1666, ec. ec. Scheibe, che
possedeva l'originale di una di queste opere, dice in una nota del suo
_Musico critico_: “Egli è stato eccellente nel suo tempo; i suoi
recitativi sorpassano tutto quello che ho visto d'un Italiano in questo
genere. Egli era ardito, nuovo, pieno di espressione, ei sembra essere
il primo che per esprimere certe passioni, si è servito della mutazione
del genere di tuono. Gl'Italiani, più che oggidì, dovevano allora aver
fatto stima della diversità delle voci, poichè si trovano in questo
delle voci di tenore e di basso ec.” Il cav. Planelli assicura in oltre
nel suo _Trattato dell'opera in musica_, che “l'opera _Giasone_ del
Cavalli è la prima dove si trovi alla fine di alcune scene, la parola
_Aria_ in fronte dei pezzi staccati, ne' quali signoreggiavano sì il
canto, come gl'istromenti, e che prima di lui, le opere erano
interamente formate di un serio recitativo, cui sostenevano
gl'istrumenti ed alcuna volta interrompevano”. Presso Baglioni, _cose
notabili della città di Venezia_, trovansi eziandio due passaggi, in cui
l'autore rende giustizia ai gran talenti del Cavalli. Il primo, p. 206,
dice così: “Per le sue dilettevoli composizioni fu chiamato alla corte
di Francia, alla corte di Baviera, dove diede gran saggi della sua
virtù”. Il secondo alla pag. 208, è come siegue: “Francesco Cavalli
veramente in Italia non ha pari, e per isquisitezza del suo canto e per
valore del suono dell'organo, e per le rare di lui composizioni, le
quali in stampa fanno fede del di lui valore”. La lista delle costui
opere finisce all'anno 1666, ma troviamo che Giovan Fil. Krieger
l'incontrò ancor vivente in Venezia nel 1672, e profittò delle sue
lezioni per perfezionarsi nella sua arte. (_V. Flor. della poes. e della
mus., e Marpurg Beytræge, t. II._)
CAYLUS (Anna-Claudio-Fil. conte di), nato nel 1692 e morto a Parigi nel
1765, celebre viaggiatore ed antiquario. Dopo lunghi viaggi in
Costantinopoli ed alle rovine di Troja tornò in Francia nel 1717, e andò
due volte in Londra. Divenuto sedentario, non fu nel suo riposo perciò
meno attivo, occupossi della musica, del disegno e della pittura. In più
di quaranta dissertazioni lette da lui all'Accademia le arti e le
lettere danno uno scambievole soccorso allo scrittore; tra gli scritti
da lui pubblicati alcuni ve n'ha sulla _Musica degli Antichi_, sul quale
argomento aveva a lui diretta un'eruditissima lettera il suo amico l'ab.
d'Arnaud. Il suo epitafio composto da Diderot è singolare: _Ci-gît un
antiquaire, acariâtre et brusque: — Oh! qu'il est bien logé dans cette
crache etrusque_: “Quì giace un antiquario un pò ritroso e brusco: — Oh
quanto ei bene alloggia in quel vecchio vaso etrusco.”
CAZA (Francesco), uno de' letterati italiani del quindicesimo secolo che
co' loro scritti diedero opera al rinnovamento della musica. Egli è
autore di un Trattato _sul Canto figurato_: fan di lui menzione
l'Arteaga (_tom. 1, p. 196_) e 'l Bettinelli (_Risorgim. d'Ital. tom.
II, p. 157, not. 6._)

CELIO AURELIANO, antico medico Africano, secondo il Reinesio, fioriva
verso il quinto secolo dell'era volgare. Nei suoi cinque libri
_Tardarum passionum_, ossia _delle malattie croniche_ tratta egli
dell'applicazione della musica alla medicina come antichissima, e
riferisce che Pitagora si fu il primo, che l'abbia impiegata apertamente
per guarire le malattie. Egli inoltre dice di avere osservati i buoni
effetti della musica nell'ischiade, e che quando si cantava o suonava
sopra le parti dolorose, saltellavano palpitando, e si allentavano e si
ammollivano a misura che svanivano i dolori. (_V. Lichtenthal p. 62, e
Fabric. Bibl. lat. t. 2, L. IV, c. 12._)
CELESTINO, maestro di concerto nella cappella del duca di Meklenbourg
Schwerin dopo il 1781, era uno de' più grandi violinisti de' nostri
giorni. Wolf nel suo viaggio parlando di lui, dice così: “Per giudicare
del carattere di un pezzo di musica non gli abbisogna che un solo colpo
d'occhio su lo spartito; egli suona con precisione in tutti i tuoni con
la più pura intonazione.” Nel 1770 viveva in Roma, dove Burney il
conobbe come sonatore principale degli _a solo_ in quella patria della
musica. Vi sono di lui de' pezzi per il canto manoscritti, ed oltre a
ciò si sono pubblicati a Berlino nel 1786 due trio per violini e
violoncello di sua composizione.
CERF DE LA VIEUVILLE (Gio. Lorenzo), guardasigilli del parlamento di
Normandia, nato a Rouen morì ivi nel 1717 nel fiore de' suoi giorni che
si abbreviò, per quanto si crede, coll'eccessivo travaglio. Di lui si ha
una _Comparazione tra la musica italiana e la musica francese contro il
parallelo degli Italiani e de' Francesi_, in 12º. Lo stile dell'opera di
Cerf, sparso di aneddoti sul dramma francese, è vivissimo, e l'autore fa
ogni sforzo per veder di sostenere l'onor della patria, con ardor non
minore di quello siasi mostrato di poi in contrario dal cel. Rousseau,
che anch'egli preferisce di gran lunga la musica italiana. L'abbate
Raguenet era quegli che aveva attaccata la musica francese, ed esaltata
l'italiana; e a dir vero, bisogna esser privi di orecchio ed avere
sconcertati i sensi per non convenir seco di parere e di gusto. Ciò non
ostante il Cerf volle sostenere il suo paradosso armonico, e pubblicò in
difesa del medesimo _altri due libri_. Il medico André, che allora era
associato al _Giornale degli Eruditi_ pose in ridicolo questi due libri
dopo aver parlato con molta lode di quello dell'abb. Raguenet. Cerf,
piccato al vivo, rispose con un opuscolo intitolato: l'_Arte di
screditare ciò che non s'intende, ovvero, il Medico Musico_;
libricciuolo pieno di tutta l'acrimonia, che ne promette il titolo
stesso. Diceva Fontenelle, che se alcuno per estrema vivacità e
sensibilità aveva meritato il nome di pazzo perfetto, e di pazzo di
testa e di cuore, questi era la Vieuville. Ma siccome la follia esclude
la ragione e non l'ingegno, le Cerf ne aveva molto, ed anzi tanto che
non aveva poi senso comune.
CERONE (Pietro), autore classico di musica, come lo chiama il Requeno,
avvengacchè per isbaglio lo dica di sua nazione, cioè Spagnuolo, forse
perchè in tal linguaggio scrisse costui la sua opera (_V. Saggi tom. II,
pag. 388._) Egli era di Bergamo, e fioriva sulla fine del 16º secolo e
su i principj del seguente. La musica era allora caricata dalle tante
difficili inezie, che poteva paragonarsi agli anagrammi, ai logogrifi,
agli acrostici, alle paranomasie e simili scioccherie, ch'erano in voga
presso a' poeti dell'antiscorso secolo: queste e più altre fantasie
chiamavansi _enimmi del canto_ con vocabolo assai bene adatto. Chi
volesse sapere più alla distesa a quali strani ghiribizzi si conducevano
in que' tempi i musici, vegga il libro XXII, della dottissima benchè
prolissa opera di Pietro Cerone, intitolata: _El Melopeo y Maestro,
Tractado de musica theorica y pratica_, Napoles 1613, in fol., nella
quale saggiamente intraprende egli la riforma di quel gotico
contrappunto, onde meritamente ha ritratti gli elogj dell'Arteaga, del
Martini, del Choron, del Requeno e di quanti altri hanno scritto sulla
storia dell'arte. Egli è anche autore delle _Regole per il canto fermo_,
Napoli 1609.
CERRETO (Scipione), napoletano, è l'autore di un'opera intitolata:
_Della pratica musica vocale e stromentale_. Napoli 1601 in 4º. Questo è
un pregevole libro: vi si trovano de' contrappunti molto ben fatti.
Zacconi li ha riferiti nella sua _Pratica di musica_, seconda parte.
CERUTTI (Giacinto), abbate romano, pubblicò in Roma nel 1776, una nuova
edizione corretta e più leggibile del _Gabinetto armonico di Bonanni_
sotto il titolo di _Descrizione degli stromenti armonici di ogni genere
del padre Bonanni, ornata con 240 rami_, in 4º. Quest'opera contiene
molte dottissime ricerche su gl'istromenti antichi, per il gabinetto che
se ne formò nel secolo 17º presso al collegio romano. (_V. Forkel_)
CESTI (Marc-Antonio), francescano di Arezzo, maestro di cappella
dell'Imperatore Ferdinando III, era discepolo di Giacomo Carissimi. Egli
contribuì molto ai progressi del teatro drammatico in Italia, riformando
la monotona salmodia, che allora vi regnava, e trasportando e adattando
al teatro le cantate inventate dal suo maestro per la chiesa. Cavalli,
che travagliava in quella medesima epoca (1650) insieme con lui per le
opere in Venezia, ebbe ancora parte a questo miglioramento: V.
_Cavalli_. Le opere che Cesti ha date al teatro di Venezia, sono:
_Orontea_ 1649; _Cesare amante_, 1651; la _Dori_, 1663: quest'ultima
ebbe il più grande successo, ed ebbe moltissime repliche non che in
Venezia, ma eziandio in tutte le altre gran città dell'Italia; _Tito_,
1666; _La schiava fortunata_, 1667, da prima in Vienna, e quindi a
Venezia nel 1674, (Ziani ebbe parte in questa composizione); _Argene_,
1668; _Genserico_, 1669; e nello stesso anno, _Argia_. Egli dee avere
composto in oltre la musica del _Pastor fido di Guarini_. Il numero
delle cantate ch'egli ha posto in musica, è infinitamente più grande.
Questo si è quello che l'abbate d'Oliva, allievo di Cesti, uomo dotto ed
eccellente compositore, che viveva nel 1700, affermò al maestro di
cappella Giovanni-Valerio Meder. Lo stesso abbate ne citava
principalmente una che cominciava da queste parole: _O cara libertà che
mi ti toglie_? Adami, nelle _Osservazioni_, dice che Cesti era nato in
Firenze, e che Papa Alessandro VII lo aveva ricevuto nel 1660, come
tenore nella cappella pontificia.

CHABANON (Mr. de), nato in America nel 1730, e morto in Parigi nel 1792,
letterato di pregio, dell'Accademia delle iscrizioni, era in oltre buon
musico, buon poeta, ed autore di più opere sulla musica. Nel 1765,
scrisse l'_Elogio di Mr. Rameau_, a Parigi in 8º. L'autore sa gustare da
conoscitore, e far gustare agli ignoranti stessi le bellezze di
quest'arte magica: quest'opera, che onora veramente l'autore e l'oggetto
delle di lui lodi, unisce il calore dell'entusiasmo e l'esattezza della
ragione: parci pensata da filosofo, sentita dall'amico, scritta dal
poeta musico. Nel trigesimo-quinto tomo delle _Memorie dell'Accademia_
abbiamo di Mr. Chabanon: _Conjectures sur l'introduction des accords dans
la musique des Anciens_; egli vi sostiene con troppa animosità e
presunzione il sentimento di Burette. “Mr. Burette fu il primo, egli
dice, tra noi, che abbia avanzata cotesta asserzione che è stata
impugnata da alcuni letterati: ma essi senza dubbio assai poco
conoscevano l'arte, di cui ragionavano: in quanto a me, il parer di
Burette mi sembra di una verità sì evidente, che io lo rimprovererei
quasi della lunghezza delle prove, con cui ha cercato di sostenerlo;
bastavano due parole per dare alla sua opinione l'autorità d'una
dimostrazione”. Ma quando si tratta di una quistione cotanto intrigata e
difficile, come si è questa, non bastan parole, vi voglion ragioni, e
non si decide così alla cieca coll'_ipse dixit_ della scuola
pittagorica. Il dotto ab. Requeno, oltre alle ragioni intorno a questo
argomento, mise in opera anche le osservazioni e gli sperimenti; e pure
non ardì di dare a' suoi _Saggi_ l'autorità d'una dimostrazione. Mr.
Chabanon pubblicò ancora nel 1779, _Observations sur la musique_ e nel
1785, _De la musique considérée en elle-même et dans ses rapports avec
la parole, les langues, la poésie et le théâtre_, 3 vol. in 8º.
Quest'opera non è che l'antecedente nuovamente rifusa e trattata sopra
un piano più vasto. Le idee di Chabanon sono in generale di un uomo che
non è abbastanza profondo nella scienza ed arte della musica: nulla
insegnano a quegli che sanno, e possono far traviare coloro che non sono
istruiti. Tra gli altri paradossi egli avanza esser falsa l'analogia tra
'l canto e la declamazione. “Reca molta sorpresa, dice un recente
scrittore, che un uomo il quale ha riflettuto trent'anni su la musica,
ed aveva delle grandi cognizioni in quest'arte, ch'egli esercitava con
un talento assai distinto, e dà nelle sue _Considerazioni_ quel ch'ei
chiama _l'opera di tutta la sua vita_, e dove si trovano infatti una
folla di vedute assai giuste, reca, io dico, molta sorpresa che questo
giudizioso ed illuminato scrittore faccia consistere la natura del canto
ne' trilli, ne' gorgheggi, nelle ripetizioni, cioè a dire in un vano
tintinnio che, lungi dall esser canto, non ne è che l'abuso, e non fa
che snaturarlo.” (_V. Mr. Raymond, lettre a Mr. Villateau, 1811, in 8º._)
CHABANON DE MAUGRIS (Mr.), fratello del precedente, morto nel 1780,
coltivò come egli la musica, era poeta, e compositore. Nel 1775, egli
diede in Parigi al teatro dell'Opera _Alessi e Dafne_, pastorale,
_Filemone e Baucis_, balletto eroico. Oltre la musica di queste due
opere, vi sono di lui più sonate per il piano-forte.
CHAMBER (Efraimo), dotto inglese su i principj del prossimo passato
secolo, e 'l primo compilatore d'una _Enciclopedia_, o _Dizionario
universale delle arti e delle scienze_, che è stato tradotto
dall'inglese in italiano idioma, Napoli 1752, e Venezia 1763, in 4º.
All'articolo _Musica_ vi ha la divisione di questa scienza in più rami:
si tratta della sua origine, e vi si citano tutti gli articoli, ove si
parla negli altri volumi della teoria e della pratica di quest'arte,
affinchè riesca più facile il riscontrarli e connetterli. _Mr Giorgio
Lewis_ ha fatti de' supplementi a questa Enciclopedia, ove si trovano
eziandio de' nuovi articoli riguardanti la musica.
CHAMPEIN (Stanislao), nato in Marsiglia nel 1753, ebbe per maestri di
musica Percico italiano, e Chauvet. All'età di tredeci anni era già
maestro di cappella della cattedrale di Pignan nella Provenza: e vi
compose una messa, un _Magnificat_ e alcuni Salmi. Giovine ancora, volle
studiare il trattato dell'armonia di Rameau; e per meglio comprenderlo
lo trascrisse da cima a fondo. Nel 1776, venne a Parigi e alcuni mesi
dopo, ebbe la fortuna di dare alla cappella del re a Versailles, tra le
due messe, un gran mottetto a ripieno (_Dominus regnavit_). Lo stesso
anno egli fece la festa di santa Cecilia nella chiesa de' Maturini in
Parigi, e vi fece eseguire una sua messa e 'l mottetto che aveva fatto a
Versailles. Dopo il 1780, egli ha scritto più opere nei diversi teatri
di Parigi. Tutti questi drammi in musica, che hanno avuto felice
incontro, e che per la maggior parte sono restati ne' repertorj de'
teatri per i quali sono stati composti, mettono Mr. Champein accanto de'
Gretry e degli Dalayrac. La di lui musica è una felice mescolanza del
gusto francese e della vivacità italiana. Il suo _Nuovo Don Chisciotte_
è principalmente un capo d'opera in questo genere. Sino al 1809, egli
aveva scritto e fatto rappresentare oltre a 22 opere, e altre sedeci ne
ha pronte per il teatro.
CHAPELLE (Mr. de la), maestro di musica in Parigi nella prima medietà
dello scorso secolo, pubblicò _Les vrais principes de la Musique_, cioè
_I veri principj della musica, esposti con una gradazione di lezioni
distribuite in una maniera facile e sicura per giungere ad una perfetta
cognizione di quest'arte_, 1736, in 4º grande. Nel 1737, ne pubblicò
egli la seconda parte, col titolo di _Suite des vrais principes de la
Musique Livre 2_, a Paris grand in 4º, cioè _Continuazione de' veri
principj della musica, con un nuovo sistema facile ad esser capito ed
eseguito, mercè il quale l'autore dà a vedere, che possono restringersi
a tre i segni delle misure per eseguire ogni sorta di musica_ (_V.
Journ. des Sav. fevr. 1737, et nov. p. 428._)
CHARPENTER (Gian-Giacomo Beauvarlet, detto), nato a Abbeville nel 1730,
di una famiglia assai antica, e che ha prodotti molti uomini distinti,
era organista a Lione, allorchè Gian-Giacomo Rousseau, passando per
questa città, lo intese e congratulossi seco de' suoi talenti, ch'egli
stimò degni della capitale. Mr. de Montazet, arcivescovo di Lione ed
abbate di san Vittore di Parigi gli fè dar l'organo di questa badia cui
venne a prender possesso nel 1771. Un concorso, che ebbe luogo l'anno di
appresso, ed in cui riportò egli il premio su i più celebri organisti,
gli valse l'organo della parrocchia di san Paolo, e fecelo riguardare
come uno dei primi organisti di Parigi, in un'epoca in cui questa città
ne possedeva degli abilissimi, come Couperin, Sèjan, ed in cui l'organo
era ancora in gran considerazione. Mr. Charpenter ha esercitato il suo
talento con distinzione, sino alla sovversione del culto nel 1793. A
quest'epoca la soppressione degli organi, e singolarmente degli organi
di san Paolo e di san Vittore, gli cagionarono una tristezza così
estrema e profonda, che la sua salute venne a declinar rapidamente, ed
ei morì nel maggio del 1794. Egli ha pubblicato un gran numero di opere:
quelle che ha fatte pel suo istrumento devono annoverarsi tra le
migliori in questo genere. _Giacomo M. Beauvarlet Charpenter_, figliuolo
del precedente, è nato in Lione nel 1766, ebbe suo padre per maestro,
che lo pose in istato d'improvvisare a quattordici anni un _Te Deum_.
Egli ha pubblicato gran numero di sonate di carattere e di pezzi
contenuti degli aneddoti, tali sono _la Battaglia di Austerlitz, di
Jena, ec._ _Gervais o il giovane cieco_, opera comica, rappresentata ai
Giovani-Artisti, e un _Metodo d'organo_.
CHARPENTIER (Marc-Antonio) nacque a Parigi nel 1634, e fece in sua
gioventù il viaggio di Roma, dove apprese l'arte della composizione dal
celebre _Carissimi_. Il duca d'Orléans reggente, fu il suo allievo per
la composizione, e fecelo intendente della sua musica. In tutte le sue
opere, _Medea_ ebbe il maggiore successo. Ei morì nel 1702, maestro di
musica della Santa-Cappella. Allorquando gli si offriva alcuno per
apprendere la composizione: _Andate in Italia_, dicevagli, _là è la vera
fonte di questa scienza: benchè io non disperi che giorno verrà in cui
gl'italiani verranno da noi ad impararla, ma io non sarò più tra
viventi._ (_V. il Dizion. di Fontenay._)
CHASTELLUX (il Marchese), autore de _l'Essai sur l'union de la Poésie et
de la Musique_, Paris 1765, in 12º. Quest'opera si è il frutto di un
viaggio che l'autore fece in Italia all'epoca delle riflessioni che si
sono cominciate a fare intorno a quest'arte, abbandonata allora a
professori che eran poco in istato di ragionarne. Egli dinota con
ragione, che i musici non conoscono abbastanza la poesia, come i poeti
non sanno abbastanza la musica. Si trova di quest'opera una ben
ragionata analisi in due lettere scritte all'autore medesimo dal _Ch.
Metastasio_, che per la prima volta furono pubblicate nel t. 14º delle
opere drammatiche di questo Poeta dell'edizione di Napoli del 1785. Il
Marchese di Chastellux era dell'accademia francese, e di altre diverse
società letterarie, e morì in Parigi nel 1788.
CHATEAUNEUF (L'ab. de), uomo di molto spirito e letterato di qualche
merito, fu il padrino di Voltaire ed antico amico di sua madre. Costui
era uno di quegli uomini, che impegnati nello stato ecclesiastico o per
compiacenza, o per un movimento di ambizione estranea all'anima loro,
sacrificano di poi al piacere d'una vita libera la fortuna, e la
considerazione delle dignità sacerdotali. Non v'ha di lui, che un
_Traité de la Musique des anciens_, che fu pubblicato dopo la di lui
morte, ed a cui precede un avvertimento di Morabin, Parigi 1725, in 12º,
ristampato nel 1735. L'autore vi prende il partito di coloro, che in
questo genere pongono gli antichi a livello co' nostri musici.
“Quest'argomento, dice nel confutarlo M. Burette, viene trattato con
tutta la leggiadria, che possono rendere interessante la lettura
dell'opera”. (_V. Memoir de l'Accad. tom. 8._) L'abbate de Chateauneuf
morì in Parigi nel 1709.
CHAVES (Mr.), nato a Montpellier, annunziò delle sì felici disposizioni
per la musica, che i suoi parenti lo ritirarono dal commercio per fargli
apprendere il forte-piano e 'l violino. A quindici anni dell'età sua,
egli fece la musica di una grand'opera intitolata _Enea e Lavinia_. I
suoi talenti lo fecero ricercare nella società; ed avendo inspirato
dell'amore ad una ricca erede, i parenti furono obbligati a dargliela in
matrimonio. Allora Chaves brillar volle sopra un più grande teatro;
venne a Parigi per sentire e conoscere i celebri professori della
capitale. Padrone di una gran fortuna, ei consumolla al gioco, per il
quale aveva un'estrema passione. Di ritorno nel suo paese egli vendette
tutti i beni di sua moglie, per compensare, ei diceva, le sue perdite;
ma la fortuna, che avevalo abbandonato, lo trattò crudelmente come già
la prima volta; rimasto Chaves senza mezzi di risorgere, fu costretto di
entrare in qualità di proto nella stamperia musicale di Mr. Olivier. Ed a
questo tempo fu che egli pubblicò un _Catechismo, ovvero Rudimenti di
Musica_, _due opere di sonate_, _de' romanzi_ ec. Avendo così guadagnato
qualche danaro, Chaves volle tentare ancora la fortuna; parve questa
sorridergli un istante; ma avendo poi perduto tutto, andò a precipitarsi
nella Senna nel 1808.
CHELL (William), cappellano e cantore della cattedrale di Hereford; fu
creato baccelliere in musica nell'università di Oxford nel 1524. Il
vescovo Tanner fa menzione di due scritti di cui egli ne è autore; uno
sotto il titolo: _Musicae praticae compendium_; il secondo: _De
proportionibus musicis_.
CHELLERI (Fortunato), maestro di cappella e membro dell'accademia reale
di musica a Londra, nacque in Parma nel 1668, ove suo padre di nazione
tedesco, e il di cui nome originariamente era Keller, benchè musico di
professione e compositore, non faceva grand'uso di questi talenti,
essendosi dato ad altre occupazioni. All'età di dodici anni Fortunato
avendo perduto suo padre, e dopo tre anni ancor sua madre, un suo zio
materno, Francesco M. Bassani, maestro di cappella della cattedrale di
Piacenza, preselo in sua casa per vegliare, come tutore, alla sua
educazione, proponendosi di fargli studiare la giurisprudenza. Quivi
cominciò a mostrarsi il genio del giovane Chelleri. Senza che mai avesse
avuta la menoma lezione di musica, egli provossi da se a sonare il
cembalo: e suo zio essendosi accorto, ch'ei mostrava più talento per la
musica che per la scienze, risolvette di coltivare questo pendio
naturale, ed egli stesso gli diede a quest'effetto delle lezioni di
canto e di cembalo. Ajutato dal genio e dall'assiduità del suo allievo,
riuscì a formarlo, cosichè allo spazio di tre anni fu quegli capace di
occupare il posto di organista. Per non rimanersi un musico della
comune, il giovane Chelleri cominciò allora a studiare eziandio la
composizione, sotto la direzion di suo zio, e vi fece tanto progresso,
che cominciò in pochissimo tempo a comporre alcuni salmi a tre e a
quattro voci. La morte di questo suo maestro, e di un secondo padre
levogli il mezzo di passar oltre, e lo privò d'ogni soccorso.
Abbandonato alla propria sorte e ridotto alle sole sue forze, egli
raddoppiò il suo zelo e la sua assiduità per perfezionarsi nella sua
arte. Ebbe la buona fortuna che il primo suo pubblico saggio che fece in
Piacenza nel 1707, col suo dramma teatrale della _Griselda_, fu
grandissimamente ben accolto, e gli valse per essere incaricato da
Cremona a comporre la nuova opera, che vi si doveva dare l'anno di
appresso. Avendo soddisfatto a tale incombenza, imbarcossi a Genova nel
1709, per andare a Barcellona nella Spagna. Restò quell'anno in quel
regno, scorrendo per tutte le città ov'egli sapeva esservi alcuni buoni
musici, e facendo con lor conoscenza per profittare delle loro lezioni.
Dopo il suo ritorno in Italia, nel 1710 vi acquistò tale fama, che a
capo di dodici anni non vi era città considerevole quasi più in tutta
l'Italia di cui non ne avesse egli arricchito il teatro con alcuna delle
sue composizioni. Terminò questa carriera per sempre con l'opera
_Zenobia e Radamisto_, che aveva composta pel teatro sant'Angelo di
Venezia. Il vescovo di Wurzbourg avendogli fatto delle offerte a
quest'epoca, Chelleri accettò e si rese in Germania; ma la morte tolse
via il vescovo dopo due anni e mezzo, ed egli perdette quel posto,
benchè immediatamente dopo entrò nel 1725 al servizio del langravio
Carlo d'Assia-Cassel, che gli conferì la piazza di maestro di cappella e
direttore di musica, nella quale si è acquistata molta fama nella
Germania. L'anno d'appresso 1726, fece un viaggio in Inghilterra, e
restò dieci mesi in Londra, ove pubblicò un libro di cantate. I suoi
talenti gli procacciarono in quel paese una buona accoglienza, e l'onore
di essere ricevuto membro dell'accademia di musica. Il successore del
langravio Carlo, che era nel tempo stesso re di Svezia, il confermò non
che nel suo posto, ma lo chiamò eziandio a Stockolm nel 1731; trovando
però che il clima di Svezia non conveniva alla sua salute, chiese il
permesso di tornare a Cassel, il che ottenne egli nel 1734 col titolo e
il posto di consiglier di corte. Quì è dove terminano le memorie su la
sua vita, che ha lasciate egli stesso, e di cui ci siamo serviti per la
nostra narrazione. Par ch'egli sia morto circa al 1758. Era costui un
assai leggiadro compositore, ed insieme assai profondo. Eravi una di lui
sonata in fa maggiore, che un mezzo secolo addietro andava per tutti i
cembali, come il pezzo favorito degli amatori di musica in Germania.
Egli compose quivi un grandissimo numero di salmi, di gran messe, di
overture, di sinfonie e di notturne. Nel 1626, pubblicossi in Londra un
libro di sue cantate ed ariette con accompagnamento compito, e a Cassel
un libro di diverse sonate e fughe per il forte-piano e per l'organo.
(_V. Gerbert._)
CHERUBINI (Luigi-Carlo-Zenobio), nato in Firenze li 8 Settembre 1760,
cominciò dall'età di nove anni ad imparare la composizione sotto
Bartolomeo Felici, e 'l suo figlio Alessandro. Questi due compositori
essendo morti, passò sotto la direzione di Pietro Bizzari e di Giuseppe
Castrucci. Sin dal 1773, cioè prima di avere compito il suo tredicesimo
anno, fece eseguire in Firenze una messa e un intermezzo, a' quali fece
succedere, nello spazio di quattro a cinque anni alcune opere per chiesa
e per teatro, che furono con molti applausi accolte. Questi successi
impegnarono il gran-duca di Toscana, Leopoldo II, amico zelante e
protettore delle arti, che distinse i suoi talenti, ad accordargli nel
1778 una pensione per metterlo in istato di andare e proseguire i suoi
studj, e cercare di perfezionarsi sotto 'l celebre Sarti, che era allora
dimorante in Bologna. Cherubini passò presso a quattr'anni sotto
quest'abile maestro, e a' suoi talenti ed a' suoi consigli riconosce
dover egli la scienza profonda che ha acquistata nel contrappunto e
nello stile ideale; come ancora i talenti che lo han posto al rango de'
più valenti compositori. Carico di troppe occupazioni, Sarti per
risparmiarsi una parte del travaglio, ed esercitare il suo allievo,
affidavagli la composizione delle seconde parti delle sue opere. I di
lui spartiti contengono gran numero di pezzi che Cherubini vi ha
scritto. Nel 1784, lasciò egli l'Italia e passò in Londra, ove dimorò
presso a due anni, e fecevi eseguire due opere, _la finta Principessa_ e
_Giulio Sabino_. Nel 1786, partì d'indi e giunse nel mese di Luglio a
Parigi ove risolvette di stabilirsi. Pur non di meno, andò egli nel
1788, a Torino, ove fece rappresentar la sua opera d'_Ifigenìa in
Aulide_. Di ritorno a Parigi, fece egli rappresentare li 3 Decembre
all'Accademia di Musica, la sua opera il _Demofoonte_, il primo dramma
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