Novelle umoristiche - 14

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ourdin a soun d'andé à prés à la processioun, e la processioun bouna a
l'è coula!
Ribattè il toscano:
— Bada, amio. Il nostro doere gli è quello di attende all'ordine
pubblio; e chi lo minaccia 'un son mia i preti: sono i rivoluzionari!
Dunque s'ha ire 'on esti!
Ma il compagno non l'intendeva; scoteva la testa brontolando:
— Noi en doi, miraco i podouma nen fene!
Se sempre l'unione fa la forza, tanto più l'unione è necessaria quando
la forza è rappresentata da due persone sole: chè due carabinieri
possono impaurire, ma un solo, tra la folla, muoverebbe a riso. E loro
non eran che due, e non potevano dividersi; non potevan fare miracoli.
— Ma l'ourdin à l'è d'andé à prés à la processioun, à la processioun
_ufficiale_! — Evidentemente il piemontese sperò di piegare il compagno
con questa grave parola. Invece l'altro:
— Giuraddio! Mi faresti scappà la pazienza! Bada: do'è che stanno i più
scontenti? i più curiosi? là! Dunque si dee ire là!
Che! I _bugianen_ son _bugianen_! Il buon piemontese non cercava
ragioni da opporre; voleva essere ubbidito, poichè egli si sapeva nelle
grazie del brigadiere e aveva fede nel tenente e s'aspettava da un
giorno all'altro la promozione ad appuntato; e, oltre a ciò, era più
vecchio d'anni e di servizio. Egli dunque severamente chiamò l'amico
per il cognome:
— Rappaini! l'ansiano soun mi! Andouma!
— Oh che anziani e che non anziani! Io vo' far il mi doere! 'Un vo'
mia gastighi per motio tuo! 'Un vo' mia perdere il grado se mi fanno
appuntao!
— Cribio!... Rappaini, andouma!
— Io? piuttosto, ve', 'un mi movo! Fo così! — E il toscano si mise a
sedere sul paracarri; si pose il moschetto a traverso, su le ginocchia;
su queste puntò i gomiti e poggiando la faccia alle mani guardava
l'amico.
Il quale, a tal vista, si era acceso in volto, con tali occhi da
spaventare. Ma Rappaini ch'era più furbo riprese:
— Tanto; voaltri piemontesi d'idee vu nun n'aete! Dimmi un po'....
S'allontanavano i canti e i suoni delle processioni.
— .... Di': se ha a succede qualche 'osa indòe dee succedere? Io dio,
che succederà qui, quando torneranno indreo! No? Qui. Se se danno, se
le daranno qui! e no quando i du' partiti sian fuor di tiro!
L'argomento era giusto solo in parte: perchè essi a quel punto
dell'incontro avrebbero potuto trovarcisi anche accompagnando una delle
processioni. Ma i toscani hanno il cervello fine.
— Ci vol prudenza, ci vol! Noi s'ha a mostrà ch'un si diffida nè di
esti nè di elli!
E fu tale argomento che il piemontese, vinto e tutto contento d'essere
stato vinto, alla fine esclamò ridendo:
— Voi autri toscani con le vostre ciàciare i stuparie la buca a' na
foumna! Ma par sta volta, va!, at a rasoun! — E andò a sedere anche
lui sul paracarri di fronte; deponendo il moschetto da lato e su le
ginocchia la borsa della corrispondenza.
Amici dunque più di prima tornarono a discorrere di ciò che più
loro premeva, mentre guardavan le processioni che dilungavano, già
scomparivano. Ah! le loro ragazze non eran venute alla festa di
Rioronco....
— .... Quando la pigli tu, la Balbira?
— Quanc i' divento vicebrigadie, i' la sposo dal parroco. — Prendeva
la «ferma», faceva la carriera. Ma il compagno, che a sentir lui poteva
vivere di rendita, disse:
— Se possono passà esti du anni, io me ne vo; che n'ho auto abbastanza
della patria! Vo a lavorà il mi podere, la mi vigna.... Uh! Se tu
sentissi il mi vino!... Me la porto 'on me, la mi ragazza....
*
.... Eppure, strada facendo, nell'una processione e nell'altra s'estese
un nuovo malcontento; sia perchè la realtà riesce sempre inferiore
all'aspettazione, sia perchè Carlon de' Carli aveva avuto il torto di
non lasciare almeno una «compagnia» al curato e questi aveva avuto il
torto di non concedere almeno un prete in cambio di tante «figlie di
Maria». In entrambe le schiere serpeva quel malessere che dan le cose
imperfette; quel malanimo che dopo le risoluzioni pacifiche talvolta
rinasce anche ne' più docili e generosi avversari. Or come fu pervenuta
alla villa Stoia e vi fu accolta da tal frastuono di mortai che pareva
il finimondo, la processione sacerdotale avanzò e ristette all'oratorio
dove per la porta spalancata era esposta agli sguardi di fuori l'altare
tutto adorno e luminoso. Ivi, dopo il _Jube Domine_, San Michele
s'inchinò a destra e a sinistra a benedire la folla genuflessa, tra cui
erano molti signori e signore; e cantori e preti ripresero il canto; e
il cappellano diede l'ordine del ritorno.
Per ritornare come nella venuta, si comprende che gli uomini, i quali
prima erano in coda, avrebbero dovuto far ala sì che passassero
lo «scalco», il lampadaro, il crocifero, il vessillifero e quindi
le «figlie di Maria». Ma non tutti così fecero. Quasi la funzione
fosse compiuta, alcuni rimasero proprio in mezzo alla strada, per
alloccaggine e storditezza; e quando giunsero le vergini, non si
ritrassero; ne interruppero, confusi e confondendo, la prima fila.
Era tra quelli il Moretto, uno di quei due giovani che, già si
disse, amavano con incerta fortuna la stessa «figlia di Maria»;
mentre l'altro, il Sartoretto, attendeva e guardava bieco a costa
della strada. E il restare del primo là in mezzo fu sospettosamente
interpretato dal secondo, il quale appena la bella gli fu dinanzi con
le compagne, senza tante cerimonie le si mise a fianco.
Arrossì la vergine. E impallidì e si fermò allorchè il Moretto,
d'improvviso, affrontava il rivale e diceva:
— Cosa pretendi tu?
— Io? — ribattè il Sartoretto. — Fare i miei comodi! e tira via,
milordo, che è ora!
Il milordo gli lasciò andare uno sgrugnone: il colpito l'afferrò, e,
accapigliati, caddero. Tutto ciò in minor tempo di quanto bisogna
a raccontarlo; così presto che, quantunque costrette anch'esse ad
arrestarsi, le ultime ragazze e i preti non avrebbero pensato a
una lite se non avessero visto accorrere di qua e di là coloro che
speravano dividere i contendenti.
— Cosa c'è? cosa è stato? Avanti! avanti!
Di dietro, chi spinge; chi interroga; chi allunga il collo: arriva
don Sigismondo. Ma d'innanzi, le prime ragazze si son voltate; il
crocifero chiama lo «scalco»; questi, che giungendo un momento prima
avrebbe subito fatto largo, ora lascia andar bastonate alla cieca sui
litiganti e sui pacieri: e un paciere afferra lui; e lui, perduto il
mazzuolo, invoca aiuto. Don Sigismondo intanto con le mani nei capelli
e gridando misericordia torna indietro, verso i colleghi e il curato;
e i suonatori e i cantori corrono innanzi ad aiutare il crocifero e il
vessillifero, che son corsi ad aiutare lo scalco.
Chi l'avrebbe mai detto? Parve una scintilla in un pagliaio; forse
perchè, alle esortazioni e alle preghiere di don Sigismondo, i
sacerdoti furon concordi nel pensiero e nell'errore di riportare il
Santo all'Oratorio; e tutta quella gente rimase come senza ritegno,
senza rispetto a nulla, senza timor di Dio. Accesa da un'improvvisa
voglia di combattere, la folla precipitò d'ogni parte alla mischia;
addosso ai cantori e ai suonatori o a chi capitava, capitava. Addosso!
addosso con i ceri, con giannette e randelli e pugni; e bòtte da
orbi. Ci furono fratelli che diedero pugni ai fratelli; padri ai
figli, e figli ai padri; ci furono anche molti che nei giorni di poi
confessarono d'aver creduto di combattere con quelli della Madonnina;
e molti che confessarono d'essersela goduta un mondo a battere con le
mani e coi piedi non sapevano chi, ignari affatto della causa che aveva
generata la battaglia. I timidi, in quel mentre, fra gli urli delle
donne e dei ragazzi, scampavano e fuggivano d'intorno, urlando....
*
.... Con grande impeto di tromboni e voci il partito della Madonnina
era per giungere all'olmo. La viottola essendo diruta e stretta,
Anacleto Dell'Orto, Remigio lo zoppo e Silverio detto il Chiù (i
traditori) avevano tentato troppo tardi di mettersi innanzi, di
precedere a tutti, perchè penetrati fra i «compagni di San Giorgio»
avevan dovuto cedere al comando di: — Indietro voi altri! — che Carlone
aveva dato loro con faccia minacciosa. A disagio perciò, quasi si
credessero scoperti, i tre scambiarono parole sommesse tra i seguaci,
in coda.
— Come si fa? — domandava quello scemo di Silverio. E Anacleto:
— Ve l'avevo detto io? Bisognava andar prima!
E Remigio: — Non mi sarei mai creduto che ci venissero in tanti!
Saranno quaranta solo quelli di San Martino!
— Si direbbe — aggiungeva tuttavia ridendo Silverio il Chiù —, si
direbbe che Carlone ha imparato qualche cosa....
— Tu avrai cantato! — diceva biecamente Remigio lo zoppo.
— Io? Non ho detto niente io! fossi minchione!
Allora Anacleto, lo spaccamonti:
— Ho bell'e visto! Voi altri avete paura!
— Paura io?
— Paura io?
— .... e ridarete i suoi quattrini al bottegaio.
— Ma se non ne ho più uno! — disse ridendo il Chiù, che n'aveva avuti
meno degli altri; mentre lo Zoppo, bilioso, mormorava contro Anacleto:
— Perchè non vai innanzi tu, dunque?
Queste rampogne furono udite da un Tizio che sarebbe stato meglio non
udisse nulla; un muratore fedele alla Cà scura. Se poi costui fosse
informato intorno al tradimento dall'onesto bottegaio e avesse incarico
da Carlone stesso di invigilare le tre canaglie, non è certo; è uno
di quei punti oscuri che s'incontrano in tutte le storie e senza cui i
critici della storia non avrebbero più niente da fare.
Quel Tizio domandò:
— Cosa avete, ragazzi?
— Niente abbiamo — rispose ridendo il Chiù.
— Avete bisogno d'aiuto?
— Avete bisogno voi? — ribattè Anacleto con insolenza. Il muratore,
sempre più insospettito, tacque. Tacquero i tre, urtandosi con il
gomito l'un l'altro. E il lungo corteo andava più piano; finchè voci e
musica cessarono. Ma allora la siepe non contenne più i curiosi: alcuni
la saltarono; altri vi fecero un varco; altri l'allargarono; e la gente
affrettò e si strinse di qua e di là dal fosso, intorno all'albero;
al quale il figlioccio di Carlone aveva già poggiata la scala, già
ricevendo dalla priora e dal vecchio la «fioriera», per attaccarla ai
rami e fermarvi, nel mezzo, l'imagine.
Ecco il momento. I cospiratori, che vorrebbero far cadere la «fioriera»
come per disgrazia, e che a forza di gomiti e di urti si son fatti
innanzi quasi per veder meglio, non dovrebbero che dare una spinta
alla scala, e la darebbero se il muratore non la tenesse ferma e non
vigilasse.
Timoroso, il Chiù ride. Anacleto fissa il muratore con aria di sfida,
ma non si muove; lo Zoppo esorta: — Dagli! — Dagli! — susurra anche,
ridendo, il Chiù; sicchè Anacleto, mal disposto dallo sguardo del
muratore, che ha dinanzi, e dalle sollecitazioni, che ha di dietro, si
rivolta e dice troppo forte: — Dategliela voi altri la spinta! Io ho da
tener a posto questo qui.
— Me? — il muratore grida con un braccio a difesa della scala e l'altro
in aria. Il segreto è svelato, la cospirazione fallita; invano Anacleto
risponde: — Dicevo così per ridere....
Tutti vorrebbero sapere:
— Cosa c'è? Cosa c'è?
Ma l'Imagine ha già la gloria dei fiori e comincia il coro ultimo dei
fedeli:
_Maria, mater gratiae...._
Già discende il figlioccio di Carlone: è al penultimo gradino. Quando,
oh! — che è? che non è? — il muratore dà una spallata ad Anacleto;
il quale s'afferra alla scala; e la scala e l'uomo, che è all'ultimo
gradino, precipitano insieme nel fosso. S'odon grida. Cogliendo
l'opportunità di farsi onore lo Zoppo e il Chiù s'avventano a difesa
del compagno, che il muratore martella di pugni, intanto che s'invoca
soccorso....
_Mater misericordiae...._
Irrompono a difesa del maestro due o tre manovali; s'avanza Carlone per
metter pace.
— Ohe, ragazzi! — minaccia. Poi prega: — State buoni, ragazzi! — Ma
come pacificarli a parole? — Di questi ci vogliono! — urla uno dei
cantori, che è un Ercole e che dove batte, abbatte. — Son qua io,
Carlone!
Pur troppo però l'Ercole è d'un'altra parrocchia; e che c'entra lui?
Infatti una voce, non si sa di chi, ripete immantinente d'intorno: —
Son quelli di San Martino! — Si ripete fra i più lontani: — Tradimento!
aiuto! Son quelli di San Martino che portano le liti!... Son pagati
dall'ingegnere! Traditori! Addosso!
E i poveri «compagni di San Martino» si raccolgono insieme, si guardano
in faccia; spengono le torcie per usarle come armi.
— Dalli a quelli di San Martino!
— Dalli! — grida Anacleto dell'Orto sanguinoso e felice d'essere
scampato dalle mani del muratore.
— Addosso! — grida lo Zoppo che nella battaglia par diventato dritto.
— Vigliacchi! — grida Silverio il Chiù, scappando via senza più ridere.
E i «compagni di San Vincenzo» commisti ai «compagni di San Giorgio»
si gettan sui «compagni di San Martino», e gli spettatori forestieri
sui parrocchiani di Rioronco. Carlone piange, grida pietosamente con le
mani nei capelli....
*
.... Così, mentre il carabiniere piemontese, tacendo finalmente
l'altro, cominciava a raccontare una sua avventura molto seria con una
_tota_ di Torino, l'altro balzò in piedi dicendo:
— Hai udito?
Eran grida confuse e lontane, verso il monte: all'Olmo. Già dalla
viottola comparivano donne affannate, disperate, che a vederli alzavano
grida e braccia chiamando, terribili:
— Correte! correte!
I carabinieri accorrevano. Ma avevan fatti appena pochi passi (e
il toscano aveva appena mormorato: — Te lo diceo io?) — quando di
giù, dalla strada vennero altre voci pietose, altre donne ansiose
invocavano....
— _Cuntacc!_
— S'ammazzano all'Oratorio! — gridavano — s'ammazzano all'Oratorio!
*
Oh no! Non gravi ferimenti; non morti.
Dal sereno cielo il sole cadeva in una letizia fervida; s'attenuava
in una gioia di colori digradanti dalle fiamme della fede al biancore
della carità; si spegneva in vista alle prime stelle ch'esprimevano
raggi di meraviglia. Ombre di pace velavano i culmini e i dorsi dei
monti più alti; calavano; e il fremito della notte penetrava tra le
fronde e le foglie come voci d'anime ch'esortassero silenzio ai viventi
per udirsi in concordia tra loro; e il rio diceva al mondo con che
soave fluire le ore della quiete e le sue acque scorrerebbero tra gli
steli cullati dall'aria, tra i sassi arrisi dalle stelle, tra le piante
dormienti anch'esse (se Darwin non errò). E quante anime avevano veste
di penne, si obliavano sicure d'ogni minaccia, nei loro ripari, col
capo sotto l'ala tepida e parecchi con una zampina in alto; e i buoi
russavano senza brutti sogni d'amore; e da tutta la terra pareva uscire
un respiro immenso di tregua e di riposo.
A domani! A domani le cure e le battaglie degli uomini di cattiva
volontà! Ma quei montanari semplici e buoni come animali, pur non
udendo altre esortazioni che dei vecchi e dei preti, sentirono, quando
se ne furon ben date, che anche per le bastonate e le querele era tempo
di finirla; e chiotti chiotti o rumorosi, divisi o a gruppi, e senza lo
spettacolo dei fuochi e del resto, se ne tornarono alle loro case. Non
più di due o tre ore dopo, tutti, anche gli innamorati che non avevan
ricuperato il tempo perduto, anche il Moretto e il Sartoretto oramai
men gelosi che indolenziti, dormivano placidamente. Tutti, fuorchè
Carlone e il curato; i quali meditavano la loro colpa e la colpa del
diavolo vittorioso a Rioronco proprio il giorno di San Michele. E
quando fu stanco di dar volta per il letto, e sempre più rimorso, il
buon vecchio si levò — avanti giorno —; e andò all'Oratorio in cerca di
sollievo, a chiedere perdono a Sant'Anna.
Poscia rincasando, s'imbattè nel figlioccio. Questi in segretezza gli
raccontò che un birocciaio la notte aveva visto il diavolo vestito da
prete correre, leggero e veloce come una piuma, verso l'olmo. Forse il
diavolo non aveva più orrore della Madonna, dopo che l'avevano quasi
nascosta in quella «fioriera»?
Ma Carlone comprese e sorrise tutto contento. Senza dubbio il curato,
non resistendo ai rimorsi, si era alzato, la notte, ed era andato alla
Madonnina per domandar perdono anche lui!


INDICE.

Il suicidio del maestro Bonarca Pag. 1
La giocatrice 20
Doni nuziali 41
Dall'Eldorado 63
Il cappello del marito 105
Efficacia d'una giarrettiera 124
La fortuna di un uomo 133
Una “scampanata„ 201
Il polso 217
Come finì la Modestia 230
L'entusiasta punito 243
L'agnello 251
Il falcone 260
In Arcadia 272


Nota del Trascrittore
Ortografia e punteggiatura originali sono state mantenute, correggendo
senza annotazione minimi errori tipografici.
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