Novelle umoristiche - 04

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e le proteggeva senza impacciarle. Ma a Polla sembrava di vedere se
stesso elevato a una razza superiore, o sè stesso trasferito in un
secolo di perfezionamento futuro; e lieto anche di questo, uscì e
discese. Si era già accertato che aveva ben chiuso l'uscio a chiave.

II.
Anche l'ambrosia può far male. Polla, di ritorno a casa con una sporta
gravida di vettovaglie e con una bottiglia di barolo vecchio, fu
costretto a sedersi sul primo gradino della scala per riacquistar lena
e rimettersi in equilibrio. Alla testa gli si era diffuso lo spirito di
quello squisito estratto, mentre lo stomaco, contraendosi, stentava e
soffriva a digerirne la parte soverchia, e l'intestino già cominciava
a dolersi di ricevere sostanza sconosciuta e così calorosa. Però,
consapevole dell'ebbrezza, Polla non dubitava di non ragionare; anzi
credeva di ragionare benissimo, e ora guardando alla bottiglia, ora
premendo col braccio il petto e il portafogli, vedeva naturale quella
sua avventura quasi inverosimile; gli pareva la cosa più semplice del
mondo che un uomo volante fosse stato portato da una corrente aerea
fino a Roma e spinto proprio dentro la sua finestra; giudicava agevole
ottenere in dono dall'ospite metà almeno delle pietre; pensava che
dopo ciò non gli sarebbe più necessario fare il socialista e che se non
gli riuscisse d'arrivare, per una via o per l'altra, al paese di quel
signore, potrebbe vivere allegramente, conservatore o borghese, anche
in Europa. E i compagni? e la promessa fede? e l'aiuto al partito? e la
teoria di Marx? e l'evoluzione pacifica? e tutti i problemi economici
e sociali? Sciocchezze! Adesso un problema solo aveva da risolvere: in
che modo salirebbe fin lassù alla sua stanza, al quarto piano, ahi, con
la testa in giro e le viscere commosse.
Nondimeno, e dopo molte pause, vi giunsero sane e salve la sporta e
la bottiglia; e lui, senz'altro male che dolori forti come morsi. Ma
allorchè intoppava la chiave Polla udì ridere dentro la camera. Aperto
che ebbe, lo straniero gli venne incontro con viso di giocondità
cordiale e con graziosi inchini.
— Ridete? — gemette Polla abbandonandosi su d'una seggiola. — Io
invece sono rovinato! Accidenti...! Mai più estratti! mai più peptoni!
— Quindi premendosi con le mani: — Oh che male allo stomaco! —
aggiungeva. — Oh che male alla pancia!
— Stomaco?... Pancia?... — ripetè l'altro, che non essendo tanto
afflitto dalle doglie dell'amico quanto studioso d'apprenderne e
ritenerne il linguaggio, indovinava dagli atti il significato di quelle
parole.
— Se provassi — continuava Polla — se provassi a mandar giù un po'
d'acqua, o un sorso di barolo?...
— Barolo? — ripetè lo straniero. E sorridendo alla forma della
bottiglia la sollevava e la sturava lui stesso.
Come ebbe bevuto, a sentirsi meglio, il socialista disse:
— Bevetene anche voi! Bevete: è mio e vostro. Sorseggiando un mezzo
bicchiere lo straniero ebbe una grande voluttà; sicchè, con un sospiro,
portò una mano al cuore per troppa dolcezza, quale un uomo che non
avesse mai gustato vino.
— Mangiate qualche cosa.... — Polla esortava, meglio che a parole,
a cenni. — Tanto, io..., per ora almeno..., ahi!... non posso farvi
compagnia.
Da qual paese veniva quel signore così intelligente che subito coglieva
il significato dei cenni e delle parole e con meravigliosa facilità
fonetica ripeteva le parole udite? Era un uomo così straniero che
al veder le fragole e le ciliege fuori della sporta, rimase come
resterebbe uno di noi a scorgere fragole e ciliege grosse più che
cocomeri!
Non si descrivono neppure le espressioni delle labbra, degli occhi e
dell'armonico eloquio con cui accertava che mai, mai avrebbe pensato di
trovar sì buone quelle fragole così piccole. Anche, non gli spiacque
il _roastbeef_; benchè da prima quasi gli repugnasse e benchè non ne
mangiasse più di mezza fetta. Ma le ciliege a dirittura lo deliziarono,
lo fecero ingordo al punto da ingoiarne il nocciolo.
Polla, che ora stava peggio, gli raccomandava di mangiare senza
complimenti, di mangiar tutto e mormorava:
— Si direbbe che costui non è avvezzo che agli estratti e ai peptoni
chimici.
Infatti ogni incitamento divenne inutile, perchè l'altro diede a
conoscere che non solo era sazio, ma che aveva mangiato troppo. Sempre
cortese, dopo, dimandò:
— Stomaco?... Pancia?...
— Ahi! — rispose Polla, a cui l'ebbrezza soltanto era cessata, non il
male.
Per passare il tempo e arricchire la sua cultura l'uomo volante
cominciò allora a toccare questa o quella cosa, rallegrato o stupito
dalla forma di esse e dai nomi che ai suoi atti di richiesta gli diceva
Polla.
— Catino.... Già.... per lavarsi; e quella, sì, la brocchetta
dell'acqua.... Sedia! si chiama sedia!... Il letto, appunto, da
dormire! Questo?... Comò!; da tenervi i vestiti..., chi ne avesse!
A che l'altro, con prontezza di lingua e di memoria, riepilogando:
— Catino per lavarsi; brocchetta dell'acqua; sedia; letto da dormire;
comò da tenervi i vestiti chi ne avesse.
Era proprio un brav'uomo, oltre che bello; e da qualunque parte fosse
giunto, per l'ingegno che aveva non poteva essere che un socialista.
Pertanto, in un momento di tregua, l'ospite declinò il suo nome.
— Io ho nome Polla, e voi?
— Nome.... Polla? — Non aveva compreso.
— Mi chiamo così! — Poscia, a spiegarsi meglio, finse che uno lo
chiamasse «Polla!», e finse di rispondere: «Eh?»
— Io ho nome Edon! — esclamò l'altro avendo compreso bene.
— Fortunatissimo, caro Edon, di offrirvi la mia ospitalità e i miei
servigi! — Polla disse, mentre gli prendeva e gli stringeva la mano;
senza prevedere che dopo questo atto l'altro correrebbe al catino a
lavarsi. Certamente in quel paese non usavano salutarsi in tal modo
contrario all'igiene.
.... Ripreso l'esercizio di nomenclatura e di lingua vi
s'intrattenevano da quasi un'ora, quando Edon, non avendo peranche
finito di ridere a veder Polla che accendeva una candela, s'abbandonò
sul letto e in puro italiano lamentò:
— Oh che male allo stomaco! Oh che male alla pancia!
Era vero. Come aveva imaginato Polla, egli non era uso che ai cibi
chimicamente ridotti, e aveva fatta un'indigestione grave di quel poco
cibo nostrano.
Entrambi giacquero perciò fraternamente addolorati, eppur lieti di
cominciare a intendersi e di poter chiacchierare? con le interruzioni
di gastrici ohi ed ahi! Nè è meraviglia se già prima d'addormentarsi
Polla ebbe appreso come Edon veniva da un luogo ove tutti gli abitanti
volavano, e come era stato rapito dal vento. E poichè i giornali
avevano preannunciato un ciclone in viaggio dall'Atlantico, giustamente
il socialista pensò che l'amico proveniva da una qualche terra
d'America; la quale, abbondando di ciottoli ch'erano smeraldi, rubini,
diamanti e pezzi d'oro, doveva essere l'Eldorado.

III.
.... — E perchè fuggire da un paese come l'Eldorado?
— Ero infelice — mestamente rispose Edon, e rilevò gli occhi dal
vocabolario italiano-volapuk che Polla, la mattina, gli aveva portato
a casa e da cui egli in due ore aveva imparato quanto linguaggio
basterebbe a certi eruditi professori per uso domestico se non
universitario.
Alla risposta dell'amico, Polla s'intenerì. Non potendo credere che in
un paese dove per le vie e per i campi tutti potevano raccogliere di
quei tali ciottoli, ci fossero divisioni di classi, nè che dove gli
uomini volavano ci fossero tiranni e mancasse la libertà, pensò che
qualche terribile sventura, fuori dell'ordine economico e politico,
avesse colpito l'uomo a lui caro, ormai, più che un fratello; e si
propose di tenerlo allegro, distrarlo in ogni modo e, sopratutto,
nascondergli i guai della nostra vita civile. «Edon ha cuore —
diceva fra sè —; ha l'intelligenza di un uomo perfetto; dunque per
non affliggerlo con suicidi, delitti, miserie e con le carneficine
internazionali e i resoconti dei Parlamenti, abolisco i giornali
quotidiani!» Gli premeva insomma che, essendo irreparabile l'ordigno
per volare, l'amico non scappasse per ferrovia appena fosse deluso e
stanco del vecchio mondo e dopo che si fosse accorto del pregio che vi
hanno i diamanti, gli smeraldi, i rubini e anche i pezzi d'oro.
Certo, sarebbe stato meglio per ambedue che Edon non apprendesse mai
il potere delle gemme e dei quattrini in cui Polla le convertiva; e da
bravo amico Polla ci si provò, recandosi lui solo dai gioiellieri con
una o due pietre alla volta e piccine, e pagando di nascosto i conti
all'albergo nel quale s'erano trasferiti. Ma presto l'altro volle
andare in tram, dove curiosamente vide scambiare i soldi coi biglietti.
— Non usano questi da voi? — chiese l'amico con faccia tosta,
mostrandogli le monete.
Edon sorrise; negò col capo; cercò di esporre l'ordinamento economico
della sua patria. Ivi i quattrini non usavano più da secoli, perchè
vi abbondavano i frutti della terra da cui la scienza chimica traeva
e riduceva gli alimenti; vi abbondavano inoltre i prodotti del suolo
necessari alle arti e alle industrie, sì che ciascuno viveva secondo il
proprio bisogno e secondo il proprio desiderio.
Polla era rimasto intontito, quasi a ricevere un colpo di mazza sulla
testa.
— Come? — gridò poi. — Non solo ci avete la realtà dell'ideale
socialista, ma anche dell'ideale anarchico!
— Ideale socialista?... — ripeteva Edon traendo il vocabolario, —
Ideale anarchico? —; e intanto Polla ricorreva alla difficoltà più
grande che aveva incontrata ne' suoi studi e nella sua fede.
— Dite, dite — domandò: — in che modo vi regolate, voialtri, per la
misura del lavoro?
Edon non comprendeva e stava per chiedere più ampia spiegazione,
quand'ecco uscì lui pure in un oh! di meraviglia, perchè scorse
scintillare la mano di una _cocotte_ che avevano di fronte.
Il socialista era divenuto di bragia in volto, non per pudore. Susurrò
in fretta all'orecchio dell'amico:
— È un brillante falso!... È una _cocotte_.
Ma già lo sguardo di Edon aveva sorpreso in altre mani senza guanti,
oro e smeraldi, e fu bell'e fatta; che se gli anelli si portavano
per ornamento, avevano un pregio, e se avevano pregio gli anelli,
ne avevano anche le pietre; e se per andare in tram erano necessari
i soldi, più soldi dovevano essere necessari per adornarsi mani e
orecchie.... In conclusione, Polla dovette chiedere l'ordinamento
finanziario ed economico del nostro sciagurato paese, e, quasi fosse
una bella cosa, permettere all'ingenuo fratello di tornare a casa
perchè voleva pietre da cambiare subito in valute!
Ah quanto Polla fu pentito di non aver messo da parte per sè alcuno dei
brillanti più grossi! Che colpa essere troppo onesti!
Per fortuna Edon era buono, ingenuo al pari di un bambino, nè avvertì
altri guai dopo quello della moneta. Anzi per le strade e per le
piazze manifestava una giocondità, una meraviglia, una beatitudine
a cui era difficile trovare confronto. Si meravigliava e godeva come
noi quando fossimo trasportati d'improvviso in una illustre città al
periodo splendido del Rinascimento e vivendo di quella vita, per noi
oggi storica e fantastica insieme, conservassimo l'illusione per cui
il passato ci sembra più bello del tempo presente, e di quella età
conoscessimo i beni senza conoscerne male alcuno. Ora attonito, ora
ilare, ora meditabondo a cercare la ragione di una cosa e, trovatala,
giulivo ed entusiasta, Edon non si stancava di correr qua e là sebbene
non fosse avvezzo a girar molto e quantunque tanto frastuono di ruote e
di carri lo stordisse. In estasi a dirittura lo traeva la vista delle
signore, così eleganti negli abili diversi; così agili e provocanti
nelle forme; così facili al sorriso nel salutare; così flessuose
nell'incedere, così graziose nell'arrestarsi, nel sogguardare, nel
porgersi allo sguardo altrui. Commentando l'ammirazione sua propria,
che le costringeva a dolci soliloqui, egli con interrotte parole
riferiva all'amico che nel suo paese ragioni di pubblica salute avevano
privata di grazia la donna abolendo busti e cinture, e che l'igiene
v'imponeva una sola e pallida tinta nelle stoffe, e, che, per di più,
il perfezionamento della specie aveva condotto il genere femminile
a quasi un sol tipo; onde qua da noi gli piacevano fin le brutte. Ma
quasi non minore diletto gli dava la vista dei cavalli, il nobile e
mite animale espulso d'Eldorado dal progresso meccanico.
— Non ci avete nemmeno asini? — domandò Polla.
— Asini? — Edon consultò il vocabolario.
Più resistenti, di asini ne restava qualcuno anche là. E i tram?
I tram elettrici non gli erano riusciti del tutto nuovi, ricordandosi
d'averne visti, sebbene costruiti meglio, nella sua fanciullezza.
Del resto, troppo ci sarebbe a dire intorno le impressioni ch'egli
riceveva dalla vita multiforme e molteplice della grande città; dai
monumenti storici per noi e quasi preistorici per lui; dalle case e
dai palazzi moderni per noi e per lui antichi: basti affermare che un
ragazzo venuto di campagna o un barbaro si sarebbe divertito meno.
Ma nessuna sorpresa di Edon doveva superare quella che per Edon
medesimo ebbe Polla. Il quale, non potendo accontentare l'amico
desideroso di vestire a mo' d'un ufficiale dei corazzieri o di un
ufficiale di cavalleria, il giorno dopo fu costretto a istruirlo
intorno agli eserciti permanenti e a rivelargliene i danni con non
poche maledizioni tribunizie a tutte le nazioni europee.
Ebbene, Edon il quale già parlava spiccio (oh che disposizione alle
lingue!) ribattè che quella degli eserciti gli sembrava un'istituzione
saggia. Aggiunse press'a poco:
— La guerra è nella natura delle cose, degli animali e degli uomini;
ma noi d'Eldorado, che abbiamo aboliti gli eserciti, abbiamo violata la
natura. Miseri noi!
Polla, che non voleva disgustarlo, si strinse nelle spalle e si limitò
a ripetere che gli eserciti costavano troppo.
Invano: l'uomo d'Eldorado era già persuaso che nel costo delle cose,
cioè nel comprare e nel vendere, e nell'uso del denaro fosse la più
attiva forma di civiltà e di progresso; giudicava che il lavoro a
salario fosse proficuo alla «produzione» e alla vita d'un popolo; e
ragionava press'a poco così:
— Chi spende di più, è più forte! Chi è più forte, è più potente! Chi
è più potente, è più temuto! Chi è più temuto è più glorioso! Chi è più
glorioso, è più contento! Beati gli europei! beati voi, o italiani!
Allora Polla, invece d'urlare come nei comizi, tacque; finchè disse:
— Levatemi una curiosità. In che modo vi regolate da voi per lo scambio
dei prodotti? Mi spiego: voi che professione esercitavate laggiù..., o
lassù?
— Il giardiniere.
— Bella professione! Ma che regola avevate nel dare i fiori in cambio o
dei cibi o dei vestiti o degli ordigni per volare? Che regola vi hanno
tra loro i commercianti, i professori, gli operai?
Sorridendo alla domanda strana e inutile, rispose Edon:
— L'educazione.
— L'educazione? — urlò Polla.
Già: per educazione lavoravano tutti; per educazione non richiedevano
più del ragionevole negli scambi. Ad esempio lui, Edon, che faceva
il floricultore, non avrebbe mai voluto da un meccanico più d'un paio
d'ali, o più d'una poesia da un poeta, per un mazzo delle sue rarissime
rose azzurre.
«Oh povero me! — pensava Polla — in Eldorado sono a tal punto?» In che
modo avrebbe dunque potuto illudere e ingannare a lungo nelle belle
apparenze della nostra società un uomo disgraziato senza dubbio in
famiglia, ma allevato in una società così perfetta?
— A parte le disgrazie domestiche — mormorò il socialista, prima uso a
sbraitare, — quali cittadini, voi d'Eldorado, sarete felici.
Non l'avesse mai detto!
— Felici? — gridò Edon a voce alta, rosso in viso quale non era stato
mai. — Felici in un paese dove il valore delle cose è determinato
dall'educazione? dove la ricchezza non è premio alla fatica? dove non
si lavora per guadagnarsi il pane col sudore della fronte? — Si arrestò
mormorando a sua volta qualche parola del suo armonioso linguaggio:
forse bestemmie, forse insolenze; poi, data un'occhiata al vocabolario
per rimettersi, riprese: — In Eldorado è sconosciuto il piacere
d'adempiere i propri doveri, la voluttà del sacrificio! L'istinto
battagliero dell'uomo vi si è perduto! Mentre voi avete fino i re,
i presidenti di repubblica, i pontefici, noi non abbiamo nemmeno i
_policemen_! Oh sì.... la felicità degli uomini è nella disuguaglianza
economica, civile, morale!
«È pazzo!» pensò Polla, mentre si mordeva le labbra; e taceva. Egli,
che amava le polemiche, era costretto a non discutere, per paura di
disgustar l'amico; era costretto a non svelare i mali segreti della
nostra misera civiltà. «È matto da legare!»
La sorpresa e la paura del bravo socialista scemavano solo al pensiero
che un ignoto dramma domestico avesse turbate le facoltà mentali
dell'amico.
Ma l'altro intanto pareva attendere una conferma alla sua sentenza.
E allora Polla, non ostante il suo prudente proposito, non potè non
sorridere e non dire:
— Io però credo che in Eldorado non si stia male come voi dite. Vorrei
andarci!
L'amico lo guardò negli occhi. A vedere che non scherzava, rimase
triste e silenzioso. Non parlò più sino a che non rientrarono
all'albergo; dove, abbandonando il vocabolario, parlò per chiedere:
— Come chiamate voi uno a cui?... — e fece con la mano un gesto che
significava il cervello andato a rovescio.
Polla comprese.

IV.
«Benissimo! — pensava il buon Polla. — Il pazzo sono io che non voglio
affliggerlo; che ho vergogna delle nostre colpe sociali; che non lo
condurrò mai per gli ospedali e per le carceri!»
Pietoso dell'amico e di sè stesso, a ricordarsi che l'amico doveva
avere avuta una terribile sventura e che ora sapeva quante pietre
componevano il gruzzolo, non lo conduceva nemmeno ai teatri ove si
rappresentavano o i drammi di Ibsen o melodrammi così patetici da far
ammattire i savi.
— Al teatro quando ci andiamo? — Edon chiedeva.
E Polla:
— Io non sono robusto come voi. Giriamo troppo il giorno, e mi vien
sonno presto.
Era assonnato e stanco all'avemaria. Pure egli promise che se dessero
l'_Albergo del libero scambio_, ve lo accompagnerebbe.
Or mentre il terzo giorno di quella vita fraterna vagavano per le
strade udirono avanzare una sinfonia lemme lemme e videro crescere, in
distanza, la folla. Polla subito cercò trar via seco l'eldoradese. Ma
questi, al contrario, desiderava sapere che cosa ci fosse da vedere.
— No....; andiamo! Non è uno spettacolo per voi.
— Che è? che è?
Rispose un signore molto gentile:
— Un trasporto....
— Un trasporto? — fece Edon, resistendo all'amico che lo tirava per la
giacca.
— Sì. Portano un brav'uomo all'ultima dimora. Andiamo!
Ma fu peggio di prima.
— All'ultima dimora?...
Arrabbiandosi, Polla esclamò:
— Al cimitero: non capite?
E il signore:
— È un patriotta che una polmonite ha ucciso in tre giorni.
E Polla, con ira già sarcastica:
— Non usano le polmoniti da voi?
Veramente Edon non aveva notizia di tali malanni. Anzi, alla richiesta
se in Eldorado si godesse buona salute, rispose:
— Ottima. Abbiamo, oltre l'igiene, un'acqua pura come l'aria. Poi ai
piedi del nostro monte il clima è caldo; a mezza costa, è primavera
continua, e freddo in alto; cosicchè a guarire le nostre piccole e rare
indisposizioni e a trovar la stagione conveniente per ogni organismo,
ci basta mutare residenza e volare di qua o di là.
— Se crederete che da noi le malattie sono molte e gravi — amaramente
osservò allora Polla —, se crederete che da noi si muore anche a venti
anni, ammetterete che per questo almeno si sta meglio in Eldorado che
in Europa.
Ma Edon non si diè vinto.
Disse:
— Mi ricordo che il mio bisnonno viaggiando all'estero una volta
s'ammalò, e soleva dire che il maggior piacere della vita si prova
nella convalescenza. Ecco un piacere che noi non gustiamo mai. E poi
non pensate all'afflizione della scienza che in Eldorado troppo di rado
può vantarsi di salvare un uomo?
Il funebre convoglio frattanto si avvicinava: quattro cavalli bardati
in nero e coi pennacchi; il cocchiere nero e rigido; fiori su la
carrozza e ai lati; e quei signori che reggevano i cordoni con il viso
impresso dell'onore meritato; e la turba dietro, fra cui ogni persona
pareva compiacersi d'essere vista. Poichè la musica sonava così adagio
e tutti camminavano così piano. Edon aveva ragione di credere che tutti
amassero di essere visti e di vedere; in particolar modo le signore e
le ragazze, delle quali più d'una rispondeva con un sorriso a più d'un
sorriso.
Edon, pertanto, allegro e festoso entrò nel corteo, dicendo a Polla
che pur troppo al suo paese la morte non meritava alcuna pompa: vi
appariva un fenomeno molto semplice: una materiale trasformazione.
Da tempo immemorabile gli scienziati vi avevano scoperto il modo di
decomporre elettricamente i corpi morti e di restituire le cellule alla
natura affinchè le usasse in nuovi uffici. Per la qual fede scientifica
non era rimasta in loro alcuna traccia di una esistenza spirituale al
di là di quella decomposizione; nè temevano la morte come trapasso a
castighi, nè la desideravano come viaggio a miglior vita. Per essi non
c'era «ultima dimora». Per essi inutili e ridicole sarebbero state la
musica e le lagrime. Imaginarsi poi i discorsi!
E quando la carrozza finalmente fece sosta e un oratore prese a parlare
con tutte le forze, Edon si mise in ascolto: approvava anche lui,
contentissimo, le più nobili frasi; quali: «il desiderio che l'integro,
intemerato cittadino lascia di sè»; il «cavaliere senza macchia e
senza paura»; il «benefattore e l'amico dei poveri»; il «patriotta
ardente».... «Addio, amico! Che la terra ti sia leggera!»
Finito ch'ebbe il primo, fra un mormorio di assenso unanime, un secondo
oratore prendeva la parola. Ma adesso Edon tirò la manica di Polla
accennando l'oratore già vuoto che consegnava un foglietto a un giovane
salutante a destra e a sinistra.
— Chi è? Perchè? — Edon chiedeva.
Polla rispose:
— È un giornalista; gli ha dato il sunto del discorso.
— Dunque — esclamò Edon — la gloria dei morti giova da voi anche
alla gloria dei vivi? — E sospirava; pareva dire: «Proverò io mai
il conforto di rammentare al pubblico la virtù d'un amico estinto?
Morirete prima voi, Polla?»
Tutti adesso chiacchieravano, perchè il secondo elogio era noioso;
mentre Polla, sempre più a disagio, cercava togliere all'amico
illusioni inutili: che a lodare un morto non era necessario averlo ben
conosciuto in vita; che, in sostanza, le virtù domestiche e civili
essendo sempre quelle, le lodi ai morti eran sempre quelle; che non
essendo opportuno nell'ora del compianto rammentare vizi e difetti,
ma essendo invece di consuetudine i discorsi funebri, si attribuivano
molte virtù anche a chi non ne aveva mai avute.
Ah! Edon era quasi fuori di sè per ammirazione.
— Beati voi! Voi potete vivere da birbanti e morire tranquilli; chè i
giornali diran bene di voi: voi potete viver bene con la speranza in un
futuro premio, o viver male con la speranza del perdono....
Ma d'improvviso l'eldoradese s'interruppe.
— L'_Albergo del libero scambio_! — fece, accennando a un uomo che
tra la folla del trasporto recava al disopra di un'asta quell'annuncio
_réclame_.
— Questa sera a teatro! — aggiungeva Edon fregandosi le mani.
Il socialista cominciava a smarrirsi. Invero, un uomo che si era
divertito tanto a una funzione funebre, logicamente poteva rattristarsi
a una _pochade_; e, d'altra parte, se Edon non era rimasto commosso a
uno spettacolo di morte, non doveva esser stata la morte di qualche
persona cara che l'aveva indotto a fuggire d'Eldorado. Forse il
tradimento d'una donna amata?... Ma v'ha _pochade_ senza inganni di
donne? E che accadrebbe a tale spettacolo?... Invece che ridere, Edon,
forse, s'appassionerebbe....
E Polla balbettò:
— Penso ora che all'_Albergo del libero scambio_ vi scandalizzerete. È
una commedia immorale.
A che Edon:
— Bene! Ne sono così stanco, io, dell'arte morale!
Quella sera dunque bisognò andare a teatro.
Povero socialista! Non solo il compagno fu rapito sin dalle prime scene
all'azione comica; non solo dopo il primo atto battè le palme sin quasi
a scorticarle (nel suo paese non usava) e mostrò d'agitarsi nel vortice
del secondo atto, come s'egli medesimo si trovasse a quei casi allegri
e a quegli equivoci ameni: al calar della tela, dopo il secondo atto,
proclamò:
— Questa è arte!
— A me sembra roba inverosimile — osservava Polla.
— Appunto questo è il bello! Disgraziatamente in Eldorado si ostinano a
credere che il bello consista nella rappresentazione del vero! Io credo
invece che la vita rappresentata in teatro possa essere piacevole per
i ragazzi, che non la conoscono; non per gli uomini e per le donne che
non hanno più nulla da imparare.
Polla ascoltava a bocca aperta.
— Aggiungete, amico — l'altro proseguiva —, che la perfezione è noiosa
per sè stessa e che la vita in Eldorado è pur troppo quasi perfetta.
Imaginate dunque come si sbadiglia nei nostri teatri!
Per fortuna la piccola orchestra, nell'intervallo, cominciò a stonare
in tal modo il valzer della _Madame Angot_ che Polla fu costretto
a turarsi gli orecchi. Ed ecco che quando scostò le dita, udì Edon
mormorare in estasi:
— Questa è musica! — L'amico cantarellava, accompagnando le stonature
e stonando allegramente per conto suo.
Non solo! Non solo! Voleva anche giustificarsi!
— La nostra musica suscita desideri incerti, desideri e sensazioni
dell'infinito; fa piangere...; fa male. La vostra al contrario, che
delizia!
Per non arrabbiarsi, il socialista chiese:
— E in letteratura voi come state?
Risposta:
— La nostra poesia è di una nobile semplicità, non nego; ma così
semplice che tutti la capiscono. Si scarseggia pure in aggettivi,
pretendendosi dipingere con l'armonia e con la precisione dei vocaboli.
Ora io domando a voi se la poesia, che di sua natura è sublime,
dev'essere semplice e compresa da tutti e se si può dipingere, fuori
della fotografia, senza colore!
— E la pittura? e la scultura?
Questa volta Edon sospirò:
— Non v'ha artista da noi che goda a imitare con l'opera del suo
pennello e del suo cervello la divina natura.
— Oh! perchè?
— Noi abbiamo la fotografia a colori e chiunque abbia un po' di
genio artistico può introdurre l'arte nella natura stessa e fare
che questa si ritragga da sè. Bel gusto! Della scultura, infine,
è inutile parlare. Non ne facciamo uso come fate voi. Nelle nostre
scuole s'insegna che non i monumenti ma le opere debbono consacrare
l'immortalità, e i grandi morti s'imparano a conoscere nelle scuole,
non per le vie e per le piazze.
Interruppe, gridò Polla:
— Voi dunque non avete monumenti?
— No. Nelle nostre piazze e nelle nostre strade non ci sono che case e
alberi: perciò non sono amene come le vostre.
A questo punto l'altro si mise a ridere con apparenza insolente.
— Perchè ridete?
— Pensavo al dottor Panglos.
— A chi?
— Al dottor Panglos: un filosofo che trovava tutto bello, tutto a
meraviglia....
— Io sono un giardiniere e non un filosofo — disse Edon — e non oso
dir tanto. Dico solo che qui da voi si sta meglio che in Eldorado;
perchè in Eldorado tanti beni sono cagione di grandissimi mali e qui,
al contrario, molti mali sono cagione di grandissimi beni.
— Ma in nome di Dio! — esclamò l'amico non sapendo più quello che si
dicesse. — Non siete fuggito di là anche per una sventura domestica?...
Quale fu?
I vicini zittirono. La tela si alzava al terzo atto.
E, dolente, Edon mormorò:
— Ve la dirò dopo.... Ora lasciatemi godere.

V.
Sospirando come chi è tratto a ricordare la sua maggiore sventura, Edon
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