Viaggio al Capo Nord - 04

Total number of words is 4542
Total number of unique words is 1739
35.4 of words are in the 2000 most common words
50.6 of words are in the 5000 most common words
58.6 of words are in the 8000 most common words
Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
è che da poco tempo in qua che qualcheduno tra essi ha incominciato
a far uso in questa caccia d’armi da fuoco; ma il maggior numero de’
paesani, massime nell’interno della contrada, non vorrebbe esporre la
vita alla incertezza di un colpo, che spesso va perduto per cagione
della umidità: d’altra parte un archibugio, od un fucile anche di
qualità inferiore per essi costa troppo. Si attengono dunque all’arma
loro favorita per questa caccia, che è una lancia di ferro piantata
in un bastone, ed alla distanza di un piede dalla punta fornita da un
traverso pure di ferro, espressamente posto perchè l’arma non penetri
troppo in dentro nel corpo dell’animale. Adunque quando il cacciatore
ha scoperto il sito, in cui l’orso sta appiattato, va alla bocca
dell’antro, e fa rumore, onde irritar l’orso, e provocarlo ad uscire.
L’orso esita, e sulle prime mostra di non volere uscire, ma continuando
il cacciatore a molestarlo, irritato si slancia fuori, e veduto il suo
nemico si drizza sulle gambe di dietro, e si appressa a sbranarlo. Il
Finlandese allora impugna la sua lancia in modo però che la bestia
non ne vegga tutta la lunghezza; ed avanzandosi presso di essa,
quando trovansi entrambi faccia a faccia, le avventa il colpo mortale
al cuore. Senza quel traverso di ferro la lancia trapasserebbe alla
spalla; nè ciò impedirebbe l’orso dal cadere sopra di lui; accidente,
che potrebbe essergli fatale. Il traverso adunque fa che l’orso rimanga
dritto, e che indi cada rovesciato al suolo. Singolar fatto, e che
parrà straordinario è questo, che l’orso sentendosi ferito, invece
dì cercar di levarsi colle sue zampe la lancia, la tien ferma, e la
interna più profondamente nella piaga. Quindi dopo essersi agitato, e
rivolto sulla neve, cede alla morte; e il paesano se ne impossessa, e
chiama i compagni in ajuto per trasportarlo al suo casolare. Colà si
termina il suo trionfo con una specie di festa, ove un poeta canta le
imprese del cacciatore.


CAPO VII.
_Poesie improvvisate dai Finlandesi. Perchè dette runiche; loro
carattere: modo con cui vengono recitate, o cantate. Esempii.
Elegia per la morte di un fratello. Proverbii. — Il pasticcio
di Paldamo. — Versi d’amore. Le più antiche poesie runiche sono
formule di magia, d’incanti, di superstizioni, reliquie della
religione dominante presso i Finlandesi prima del cristianesimo._

Ho detto che i Finlandesi hanno degl’improvvisatori. Ciò mi conduce a
parlare della loro poesia. Tutte le nazioni settentrionali, Scozzesi,
Danesi, Svedesi, Norvegi, fino dagli antichi tempi poetarono: e così
fecero anche gli abitanti della Finlandia. _Runica_ si chiamò la loro
poesia, perchè _runoot_ dicevasi l’antica lingua gotica, in che la
espressero. I loro versi, composti di otto piedi trochei ciascuno,
cioè di una sillaba lunga e di una breve, non erano rimati, ma
incominciavano, almeno ogni due, colla stessa sillaba, oppure questa
corrispondenza di sillabe simili veniva alternata. Ciò che importa
dire si è, che codesta ripetizione di sillabe simili non manca di
riuscire gradita ad orecchi alla medesima avvezzi, ed oltre ciò serve
eccellentemente ad ajutare la memoria. I paesani spezialmente coltivano
questa poesia popolare, e l’applicano ad ogni argomento, che sia
a loro portata: nè hanno meno facilità degl’improvvisatori nostri.
Singolare poi è il modo, con cui la recitano, o la cantano. Il poeta
ha un ajutante, il quale ripete a mano a mano il verso, che l’altro
dice, tenendo lo stesso tuono, con questo di più che incominciando
l’ajutante, o ripetitore, che vogliam dirlo, all’ultima, o penultima
sillaba, finisce il verso coll’improvvisatore: indi lo ripete da
solo, così dando riposo al poeta, onde preparare il verso seguente. Di
questa maniera continuano entrambi sino al fine; ed entrambi vannosi
confortando di tratto in tratto con birra, od acquavite. Di poemi, che
noi diremmo epici, fatti per illustrare la memoria di antichi eroi,
ed accennare punti di storia, non se n’è trovata traccia; ma egli è
probabile che se ne trovino brani, forse presso i montanari, comunque
per avventura o tronchi, od alterati, poichè tutto è stato affidato
alla memoria; e nulla si è scritto. Altra cosa notabile si è, che di
poesie runiche non se ne trova alcuna di data posteriore alla riforma
di _Martin Lutero_.
Checchè sia di queste due cose, giova avvertire, che i Finlandesi non
fanno del ballo un genere guari ordinario di ricreazione: ma e alle
fiere, e nelle loro adunanze dilettansi di certe specie di canzoni,
o di racconti, che qualche volta accompagnano coll’_harpu_, se hanno
questo istromento alle mani, e se chi lo suona può fare anche l’officio
di ajutante, o ripetitore.
Ma i miei leggitori ameranno avere qualche saggio delle poesie
finlandesi, il cui carattere in generale si è d’essere piene di
espressioni ridondanti, e d’avere il senso compreso in due versi, ed
anche più; ma questo senso ripetuto in giro diverso di parole, e di
frasi all’uso orientale. Alle quali maniere naturalmente si adatta
la lingua finlandese, in quanto è copiosa, ed abbonda di sinonimi.
Per primo esempio ecco una elegia funebre composta da _Paulo Remes_,
paesano, in occasione della morte di un suo fratello; elegia che fu
stampata in Abo nel 1765.
«La parola viene dal cielo; da quello, nelle cui mani stanno tutte le
cose».
«Vieni qui: ti farò il mio amico: appressati, poichè di qui innanzi
sarai il mio compagno. Vieni dall’alto monte: lasciati alle spalle
la sede del dolore: hai sofferto abbastanza: cessino le lagrime che
hai versate; tu hai sentito il dolore, e la malattia: l’ora d’esserne
libero è giunta: sei salvo dai giorni di tristezza: la pace si è
fatta sollecita di venire a trovarti; e dalla tristezza ti è venuta la
consolazione».
«Così egli è ito verso il suo creatore: egli è entrato nella gloria; si
è affrettato verso il sommo bene: è partito per godere della libertà:
ha abbandonata la via del rammarico: ha lasciata l’abitazione della
terra».
La lingua finlandese è ricca di proverbii di un senso profondo; e i
versi runici ne comprendono molti, divisi in due emisticchi, l’ultimo
rischiarativo del primo, non diversamente da quello che si osserva
praticato dagli Ebrei. Eccone esempi.
«L’uomo buono fa risparmio di quello che ha: ma il cattivo non darà un
pugno di ciò, che ha nel suo moggio».
«Il saggio sa cosa ha da fare: lo sciocco si accinge a far tutto».
«Col piangere non si rimedia all’afflizione; nè ai mali colla
tristezza».
«Chi ha provato prima si mette francamente all’opera: colui che non ha
esperienza si ferma titubante».
«L’uomo saggio impara da ogni cosa: egli approfitta anche dei discorsi
dello sciocco».
«La terra, che forma il patrimonio di un uomo, forma la sua principale
delizia; e il più bel bosco, che conosca, è il suo».
«Il forestiero è fratello nostro; e l’uomo che viene da lontano è
nostro parente».
«Quando l’aurora spunta, io so che le vien dietro il giorno: una
persona buona si manifesta co’ suoi sguardi».
«È finita l’opera che è cominciata: ed è perduto il tempo quando si
dice: che farò io?»
«L’istromento dell’uomo industrioso è aguzzo; ma il coro del pazzo ha
sempre bisogno d’essere aguzzato».
Ma diamo l’esempio di più lunga composizione. Il seguente racconto
è uno squarcio d’improvvisatura finlandese di un giovine poeta
chiamato _Vanoen_, che vivea tra Wasa ed Uleaborg, regalatomi dal
governatore di Wasa, il quale conosceva di persona il poeta. Questi
era povero, perchè preferiva i piaceri della immaginazione ai lavori
rustici, ne’ quali occupavansi gli altri paesani. Egli non sapeva
nè leggere, nè scrivere; ma avea per natura un umore allegro; ed era
di un carattere affatto singolare. Perciò era ben veduto da tutti, e
volentieri accolto nelle case de’ paesani, i quali egli divertiva co’
suoi racconti, e le sue facezie. La traduzione, quantunque letterale,
mentre riferisce esattamente ii senso, comprende però poche di quelle
bellezze, e singolarità, che consistono nella brevità, precisione, e
forza dell’originale. Questa composizione, intitolata il _Paldamo_, è
di circa dugento quarant’otto versi; e rappresenta un ricambio burlesco
da un astuto paesano di Finlandia presosi sopra un officiale di dogana.
Ho vedute persone ben istruite del significato, e dell’indole della
lingua finlandese, leggendo questo poemetto, lodarlo a cielo, e ridere
sgangheratamente a ciascun verso.

_Il pasticcio di Paldamo._
«Il mio racconto sarà esposto in termini convenienti. Io canto il
regalo che un abitante di Paldamo preparò da fare a un doganiere. Non
si tratta di null’altro che di un gatto colla sua pelle, e il suo pelo,
che cotto eccellentemente gli fu presentato per suo pasto».
«Era una domenica sera: gli abitanti della buona città di Paldamo
trovavansi raccolti insieme; ed essendo tra loro caduto discorso sugli
abitanti della città di Uleaborg, dicevano concordemente tutti, che
coloro erano una massa di birbi, e spezialmente i doganieri. Erano
pagati per mangiare, ed esitavano a pagare ciò che mangiavano: il loro
vero mestiere consisteva in dare il sacco alle slitte, e in rubare le
provvigioni ai viaggiatori».
«A questo proposito, disse uno scherzoso vecchio della partita, farei
volentieri un piccol viaggio, se potessi trovare un compagno di buon
umore; perciocchè vorrei vedere almeno una volta la nostra grande
città: ho un poco di sevo da vendere, e del burro, di cui posso
disfarmi, quantunque la stagione mi sia stata avversa. I paesani gli
risposero tutti d’accordo: anche noi quanti siam qui, desideriamo
di fare una corsa ad Uleaborg; vi accompagneremo al più presto che
vogliate nel basso paese».
«Così poi parlò un altro buon compagnone, famoso per le sue bizzarre
storielle: nelle feste di Natale non si dee far nulla; ed io vi
accompagnerò di tutto cuore. Ma mi ricordo di avere ultimamente servito
uno di que’ doganieri; e temo d’essere riconosciuto. Voi dovete tutti
sapere, che ultimamente andai ad Uleaborg, e che avea nella mia slitta
un eccellente pasticcio di pesce, che i doganieri mi presero, sebbene
io dicessi loro che non poteva privarmene trovandomi assai lontano da
casa mia, ed avendolo portato meco per mangiarlo in città nel tempo,
in cui mi vi fossi fermato. Nulla di quanto potei dire giovò: que’
ghiottoni aveano risoluto di avere il mio pasticcio, e me lo rubarono
senza che io me ne avvedessi. Cani veramente! cani tre volte, che
rubano ai paesani le loro provvigioni nella maniera più detestabile».
«Quando fui di ritorno a casa, proseguì egli, dissi a mia moglie
com’era stato servito; ed essa mi disse il ben di dio: come, sciocco,
poltronaccio! e perchè non hai rotta la testa a quel briccone di
doganiere? Bravo! dagli il tuo pasticcio. Dagli il diavolo che porti
te, e lui».
«Così gridò mia moglie. — Ma chi mi mette in testa il bel pensiero?
Ah! Ah! diss’io. Signorini miei! ve la farò bella; e mi rimpatterò: non
dubitate; nè tarderò molto».
«Dicendo così, presi per le zampe di dietro la mia bella gattona; e
in un istante le feci la festa. Ora, dissi a mia moglie, scalda il
forno; ed io fo intanto la pasta: e vedrai il bel pasticcio di gatto.
— Essa veramente avrebbe voluto ritenere la pelle per guarnirne la
sua pelliccia. Come! le dissi io in collera, vorresti dare a codesti
birbanti di doganieri una sì buona vivanda! Se levo la pelle alla
gatta, codesti signorini prenderanno la gatta per un buon lepre; e
saranno ben contenti di gozzovigliare co’ nostri buoni bocconi. Allora
le slitte de’ nostri poveri borghesi saranno più che sicure d’essere
messe a sacco. No, no: avranno la gatta, pelle e zampe; ed infine
vedranno, che noi possiamo pareggiarli in malizia».
«Mia moglie voleva a tutti i patti quella pelle della gatta; ma
finalmente si ridusse a cederla; e la gatta con tutta la sua superba
pelle fu messa nel pasticcio; e il pasticcio fu messo nel forno.
«Quando il pasticcio fu cotto; e non lo fu che verso la mattina,
lo avviluppai in un sacco; ed allegramente mi posi in viaggio
per Uleaborg. Si aggiustava il ponte di Uleaborg; e noi dovemmo
attraversare il fiume sul ghiaccio. Giunti alla dogana, trassi fuori
del sacco un piccolo pasticcio, e lo presentai all’officiale. — E che
intendi con questo? diss’egli. Pretendi forse con siffatta miseria
guadagnarti le buone grazie del primo officiale delle dogane? Via,
via: voi altri paesani di _Paldamo_, vi conosco; non andate mai
fuori di contado senza un buon pasticcio di merluzzo, o d’altro pesce
eccellente; dà qua il più grosso che t’abbi, che questo darà credito
alla tua città. — Questo era quello che io voleva. Trassi dunque fuori
il grosso pasticcio, che conteneva la gatta; e lo diedi all’officiale,
che ne fu contentissimo a segno che invitò l’altro paesano e me a
bere con essolui. Egli ci diede un bicchiere di punch, ed un altro di
acquavite eccellente. Noi poscia ci congedammo; e seguitammo la nostra
strada».
«Così terminò il suo racconto il paesano di _Paldamo_; ed io _Vanoen_
l’ho messo in versi per divertimento di quelli, che vorranno udirlo:
certo che per la mia composizione guadagnerò più di quello che per la
sua civiltà guadagnasse l’official di dogana; voglio dire una delle
zampe di dietro del gatto, perchè il doganiere mangiò l’altra, come
presto udirete».
«L’officiale _Ritzi_, che così chiamavasi quel doganiere stato
presentato di quel famoso pasticcio, sedutosi a tavola se l’avea posto
d’innanzi. Da prima tagliò un pezzo della crosta, che assaggiò, e trovò
buona. Poi tirò fuori una zampa di dietro; e nel mangiarsela si graffiò
un poco la bocca colle unghie; ma credette che l’accidente provenisse
da un dente del pesce, tenendo per fermo che in fondo del pasticcio
si trovasse un grosso merluzzo; e la zampa di dietro, egli la credeva
la testa del merluzzo. In fine aprì il pasticcio; e allora quale fu il
suo stupore quando vi trovò dentro un gatto cotto col suo pelo, e col
resto?»
«Pestò co’ piedi la terra per la rabbia: disse, giurò, bestemmiò; ed
esalò la collera dicendo: chi avrebbe mai potuto credere che un paesano
di _Paldamo_ avrebbe dato ad un commissario della dogana un gatto
cotto dentro un pasticcio? Che bricconeria! Chi potrà mai sapere cosa
campando gli può avvenir di mangiare, se io, giovine qual sono, era sul
punto di mangiare un gatto colla pelle, e il pelo?»
«Così finì il racconto, che io, _Vanoen_ suddetto, ho composto,
e che tutti si accordano in dire essere finito bene, e in un modo
ingegnosissimo».
Del rimanente v’hanno molte canzoni runiche composte da donne della
classe de’ paesani, le quali non sono senza merito. Le donne che aveano
un certo spirito le componevano, e le cantavano, applicate ai loro
materali officii di famiglia, e segnatamente macinando il formento,
od altre granaglie, quando non si usavano ancora nel paese molini ad
acqua, o a vento: le altre ripetevano le imparate a memoria. Ve n’ha
di soggetto grave, ve n’ha di soggetto satirico, o burlesco, e più
spesso di argomento amoroso. Il sig. _Frauzen_ in Abo mi fece vedere
una canzone composta da una giovane paesana, nativa dell’Ostro-Botnia,
e serva del maestro ecclesiastico del villaggio, dove essa avea
costantemente dimorato. Questa piccola composizione considerata come il
parto d’ingegno di una ragazza che non sapeva nè leggere, nè scrivere,
è cosa stupenda. Ecco tradotte letteralmente in prosa le produzioni di
questa _Saffo_ finlandese, la quale in mezzo alle nevi del suo tristo
paese non mostra meno calore della musa di Lesbo.

I.
«Oh! perchè il mio diletto non è qui? Se almeno l’aspetto suo,
che tanto conosco, mi fosse presente! come, come io volerei tra
le sue braccia! Quanti baci le mie labbra non istamperebbero
sul suo volto, fosse pur egli tutto imbrattato del sangue di un
lupo da lui combattuto! Come stringerei la sua mano, fosse pur
essa attortigliata da un serpente!»

II.
«Ah! perchè i venti non hanno intelligenza; perchè quello che
ora spira, non può parlare? I venti potrebbero riferirci
a vicenda i nostri sentimenti, comunicandone l’espressione
del mio diletto a me! Questo venticello che sì spesso spira,
potrebbe ad ogni istante recargli le mie parole, e riportarmi
rapidamente le sue».

III.
«Oh! allora non penserei certamente ai piaceri della tavola del
mio padrone; e poco mi presserei a vestir la sua figlia. Sì:
dimenticherei tutto per non occuparmi che del mio amoroso,
l’oggetto più caro de’ miei pensieri nella estate, l’oggetto
de’ miei più penosi affanni nella stagione cruda dell’inverno».
Ultimo esempio sia un tratto di più lunga canzone cantata dalle
Finlandesi nel cullare i loro bambini. Ne cantano qualche volta anche
le nostre nutrici: in breve queste rimarranno dimenticate, giacchè
ormai generalmente si abbandona il cattivo uso di agitare la culla.
Questo tratto di canzone finlandese dimostrerà nella semplicità sua
come la tenerezza, la ingenuità, l’affetto materno parlano al cuore di
quelle donne. Eccolo.
«Dormi, dormi, bell’uccellino del prato: prendi riposo, caro
Pettorosso: prendi riposo. Dio ti risveglierà in buon tempo. Egli
ti ha preparato un bel ramuscello, su cui fermarti; un ramuscello
graziosamente piegato ad arco colle foglie di betulla. Il sonno è alla
porta, e dice: Non è qui un bambinello, un caro bambinello addormentato
nella sua culla? un bambinello fasciato, un bambinello giacentesi sotto
una coperta di lana?»
I Finlandesi hanno anche un altro genere di versi, giustamente
riguardati come monumenti inapprezzabili dell’antichità, e modelli
perfetti della più pura poesia runica. Questi sono versi di magia,
d’incanto, di stregonerie, di quello di simil sorte che volete, avanzo
delle vecchie superstizioni; e tenuti per efficaci massimamente in
fatto di guarir malattie. Chi li possiede va cauto a comunicarli ad
altri, molto più se si volesse scrivere; e ciò per paura che vengano
denunciati ai magistrati, o ai ministri di religione. E ministri di
religione, e magistrati fanno tutto il possibile per distruggere queste
superstizioni, reliquie delle credenze di questi popolani prima che
fosse loro predicato il cristianesimo.


CAPO VIII.
_Si parte da Uleaborg. Difficoltà supposte per andare al Capo-Nord
attraverso della Laponia. Nuovi compagni e provvigioni. Addii.
— Descrizione di un ballo finlandese. Divertimenti in Hutta.
Arrivo a Kemi. Il curato, e la sua famiglia: bella chiesa, e bei
contorni. Bagno a vapore. Passaggio a Tornea. Suo clima, e suo
commercio. Fine del mondo incivilito. Curato dell’Alta-Tornea:
sua ospitalità._

Ma era tempo di lasciare Uleaborg, e d’incamminarci alla nostra
meta. Parlando di andare al Capo-Nord, tutti trovavano strano il
nostro disegno, e ci dipingevano l’impresa impraticabile sì per le
difficoltà della strada, sì per l’incontro pericoloso de’ Laponi, che
ci si rappresentavano sotto spaventosissimo aspetto. Massimamente poi
ostacolo immenso ci si diceva fare a tal viaggio la stagione estiva:
che i missionarii, e mercanti, che andavano a quella razza d’uomini,
approfittavano dell’inverno, e all’estate avvicinavansi ai luoghi
di città. E tali furono anche i riscontri che io ebbi da Tornea,
d’onde cercai notizie. Erasi comunemente e in Uleaborg, e ne’ vicini
paesi tanto persuasi, che la nostra idea fosse un delirio, che i più
riguardavano come un oggetto di stravaganza. Noi, ad onta di tutto
questo, fermi nel nostro proposito, deliberammo di andare per una
strada tutta nuova, prendendo possibilmente la linea del meridiano di
Tornea, e seguendola sino al Capo-Nord, chè speravamo per quel modo di
giungervi. Il sig. _Julin_, buon naturalista, eccitato dal desiderio di
acquistare nuove cognizioni, tentato dal nostro disegno, confidando in
noi, e cedendo alle nostre istanze, acconsentì d’esserci compagno. Ci
si aggiunse il sig. _Castrein_, ministro a Kemi, uomo istruttissimo, e
versato assai nella botanica. Comprammo una tenda russa per metterci
al coperto della pioggia, e d’ogni influsso d’intemperie; e ci
provvedemmo di quanto potesse occorrerci di vettovaglia per 20 giorni;
poi di un fucile a due canne, di un termometro di _Celsius_, di una
carta d’_Hermelin_, e di una del _Pontoppidano_, di un compasso che
indicasse anche l’ora, di una scatola per mettervi i nostr’insetti,
di tabacco, di solfo, e di canfora per preparare uccelli, e pelli; nè
ci dimenticammo i regali che volevamo fare ai Laponi, i quali doveano
consistere in tabacco da masticare, e da fumare, e in acquavite comune.
Saluti, abbracciamenti, lagrime ancora, augurii d’ogni sorta,
accompagnarono la nostra partenza da Uleaborg. Passammo il fiume; e
ci mettemmo in istrada sopra una carretta tirata da cavalli. Il primo
luogo, ove li cambiammo, fu Sukurri, nove miglia lungi da Uleaborg;
e li cambiammo tre, o quattro volte da Sukurri fino a Testile, luogo
di due, o tre case di legno. Passato in barca un piccol fiume detto
Lesvaniemi, udimmo il suono di un violino; e volgemmo all’abituro di un
paesano, ove trovammo dieci, o dodici persone che ballavano. Al nostro
arrivo tutti furono sconcertati, eccetto il suonatore, che continuò a
maltrattare il suo istromento, come se niente fosse. E sapete perchè?
per non altro che per essere orbo. A poco a poco però que’ paesani si
riebbero dalla prima sorpresa; e ripigliarono i loro posti.
Il loro ballo non consisteva che in salti e capriole rustiche, di
niuna grazia, ma di molta forza; e le donne ne mostravano quanto gli
uomini. Nè varietà, nè passione ne’ loro atteggiamenti, nè espressione
vedevasi ne’ loro volti: ma facevano tutto con aria grave, e con
un’attenzione scrupolosa. Di lietezza non v’era su quelle fisonomie il
minimo segno; e un vaso di birra posto sopra la tavola, la conteneva
mista ad acqua: ne bevevano per puro bisogno di estinguer la sete; e il
suonatore non era meno sobrio degli altri. V’erano sei, o sette donne;
e tutte goffe, mal fatte. Anche il loro vestito contribuiva a renderle
sgraziate. Volli far nota della loro musica; e potei copiare qualche
danza finlandese. Partendo dalla _sala del ballo_ demmo qualche mancia
al povero suonatore, che per gratitudine si fece accompagnare dalla sua
guida per onorarci alcun tratto di strada della sua musica.
Da Testile andammo ad Hutta, villaggio di quattro, o cinque case di
legno: una ve n’era, ove noi deliberammo di rimanere, essendo stanchi
del viaggio. Alcuni paesani, e alcune ragazze entrarono senza cerimonie
nella camera, ove, avendo alcuni stromenti di fisica, pensammo di dare
qualche divertimento a quelle buone creature. La prima cosa che ferì
gli occhi a que’ paesani, fu il fucile a due canne. Fu per essi una
meraviglia: oh! con questo l’uom vecchio in pelliccia (intendevano
l’orso) non troverebbe quartiere. Così dicevano concordemente; e per un
tal fucile avrebbero dato e la casa, e che so io? Noi mostrammo loro
il termometro, il cannocchiale, e per ultimo un microscopio. Ma prima
di far loro conoscere quest’ultimo stromento, dicemmo loro di trovarci
un pulce. Tutti andarono a cercarlo. Una delle ragazze, ritiratasi un
momento, presto ritornò col pulce. È impossibile esprimere i gesti,
l’esclamazioni, le grida di meraviglia e di stupore di tutti, quando
videro ingrandire quel piccolissimo animaletto, e ne osservarono la
mostruosa figura. Non potevano saziarsi di guardarlo, e riguardarlo
per ogni verso. — Senza dubbio che si ricorderanno per lungo tempo di
quanto hanno veduto.
Da Hutta a Kemi vi sono 18 miglia; e noi vi fummo il lunedì 10 di
giugno.
È ben naturale che a Kemi dovevamo alloggiare dal sig. _Castrein_,
che avea da essere il nostro compagno di viaggio. Egli era un
ecclesiastico d’irreprensibili costumi, di pulitissime maniere, di
molte cognizioni: parlava assai bene il latino, un poco il francese,
ed intendeva passabilmente il tedesco. La sua parrocchia, di cui
era il ministro principale, non ha meno di 900 miglia quadrate di
estensione. Oltre la moglie, e i figli, avea undici tra fratelli e
sorelle, che mantiene; ed era riguardato il padre della famiglia.
Stemmo in casa sua due giorni; e vedemmo quanto era in Kemi, e ne’
contorni. I contorni di Kemi paragonati a quelli di Uleaborg ci parvero
il paradiso terrestre. Grande è il fiume che dà il nome al villaggio,
ed è abbondante di sermoni, la cui pesca assai lucrosa è una delle
principali rendite del parroco. La chiesa può far sorpresa a qualunque
forestiere. Collocata in mezzo ad un bosco di abeti, e circondata da
tugurii miserabili, parrebbe qualche cosa di magnifico quand’anche non
fosse bella, e maestosa, com’è. Ha una superba cupola, e tre ingressi
principali, decorati di un colonnato d’ordine dorico. Peccato! che
tanto lusso facesse contrasto colla miseria che vidi in qualche casa
di paesani, e che tutto mi faceva con gran fondamento credere, che non
si limitasse a quella casa. Le sorelle del parroco mi fecero vedere
due campane destinate all’uso di quella chiesa. Erano quelle campane
coperte di varie iscrizioni finlandesi, una delle quali incominciava
con una parola, che in italiano è oscena, e che in lingua finlandese
non significa che la parola innocentissima _ecco_. Noi c’eravam messi
a ridere sgangheratamente; e come rendere la giusta ragione del tanto
ridere alle signorine, che pur erano vogliose di saperla?
Intanto il sig. _Castrein_ volle farci gustare il piacere del bagno
all’uso di Finlandia. Si scaldarono le pietre; e quando tutto fu
pronto, dietro l’avviso di una ragazza di 18 anni, a cui le faccende
del bagno erano commesse, entrammo nella camera, ove codesta ragazza
ci spogliò, e ci presentò un bacino d’acqua fredda con alcuni rami
di betulla perchè ci sferzassimo da noi, indi essa gittò dell’acqua
sulla massa delle pietre infocate. Io debbo confessare l’imbarazzo,
in cui mi trovai in tale situazione, tutta nuova per me. Per tenere
a segno la testa cercai di fissare costantemente gli occhi sul mio
compagno, e d’imitare la sua indifferenza esemplare. Ma trovai molto
forte, e sul principio molto incomodo il calore del luogo. Pure mi ci
avvezzai, sicchè lo sostenni a 65 gradi del termometro di _Celsius_.
In una tale temperatura provai una deliziosissima sensazione quando la
ragazza venne a buttarmi dell’acqua sul capo, e che questa mi calava
giù per tutta la vita. Lo stesso pur fu quando bagnati nell’acqua que’
rami di betulla che ho accennati, mi misi a battermi il corpo. Stato
così mezz’ora, il sig. _Castrein_, a cui aveva esposto il desiderio di
vedere prima lui sottomettersi alla cerimonia d’uso, egli vi si prestò
senza ritardo; e capii come avea da fare anch’io alla mia volta. La
ragazza gli presentò uno scabelletto su cui egli si assise; essa gli
gettò sulla testa dell’acqua fredda, ne spremette i capelli, e con
sapone ed acqua gli lavò tutto il corpo, e lo fregò sino alla cintura.
In appresso passò ai piedi, gli fregò le gambe, e particolarmente
il collo del piede, e il tallone. Io era stupefatto vedendo questa
operazione; ma ciò che più mi colpiva, era la perfetta apatia del
ministro. Non avendo avuto coraggio a tanta prova, presi i miei abiti,
e saltai fuori del bagno. L’uso porta che si dia qualche mancia alla
ragazza; e deve darla anche il padrone. Questa mancia si chiama in
finlandese _sauna raha_.
Dopo avermi fatto erborizzare ne’ suoi contorni il sig. _Castrein_
si mise in viaggio con noi. Nulla d’interessante presenta il paese
da Kemi a Tornea, se non che l’aspetto della primavera dappertutto
consolante sì per l’adornamento, in che si pone la natura, sì per la
speranza de’ beni ch’essa prepara alla estate: ma qui è ben diverso. Lo
squagliamento delle nevi e de’ ghiacci sulle montagne produce ne’ fiumi
delle alluvioni, non d’acque solo, che pur ruinano le campagne, ma di
masse affastellate di ghiacci, che rompono e distruggono ogni ostacolo
che incontrano, non perdonando nè a ponti, nè ad abitazioni.
Nissuno sapeva che Tornea fosse al mondo prima della celebre spedizione
di _Maupertuis_, e degli astronomi suoi compagni. Ora è cognita a
tutti. Egli ne fece una orribile descrizione perchè vi fu in inverno.
You have read 1 text from Italian literature.
Next - Viaggio al Capo Nord - 05
  • Parts
  • Viaggio al Capo Nord - 01
    Total number of words is 4360
    Total number of unique words is 1775
    34.1 of words are in the 2000 most common words
    51.1 of words are in the 5000 most common words
    59.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Viaggio al Capo Nord - 02
    Total number of words is 4617
    Total number of unique words is 1814
    33.1 of words are in the 2000 most common words
    49.1 of words are in the 5000 most common words
    57.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Viaggio al Capo Nord - 03
    Total number of words is 4585
    Total number of unique words is 1722
    33.8 of words are in the 2000 most common words
    49.4 of words are in the 5000 most common words
    57.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Viaggio al Capo Nord - 04
    Total number of words is 4542
    Total number of unique words is 1739
    35.4 of words are in the 2000 most common words
    50.6 of words are in the 5000 most common words
    58.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Viaggio al Capo Nord - 05
    Total number of words is 4561
    Total number of unique words is 1717
    35.6 of words are in the 2000 most common words
    50.1 of words are in the 5000 most common words
    57.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Viaggio al Capo Nord - 06
    Total number of words is 4559
    Total number of unique words is 1699
    33.5 of words are in the 2000 most common words
    49.4 of words are in the 5000 most common words
    57.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Viaggio al Capo Nord - 07
    Total number of words is 4566
    Total number of unique words is 1705
    35.8 of words are in the 2000 most common words
    52.2 of words are in the 5000 most common words
    59.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Viaggio al Capo Nord - 08
    Total number of words is 4610
    Total number of unique words is 1687
    33.8 of words are in the 2000 most common words
    49.3 of words are in the 5000 most common words
    57.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Viaggio al Capo Nord - 09
    Total number of words is 4672
    Total number of unique words is 1706
    32.7 of words are in the 2000 most common words
    49.8 of words are in the 5000 most common words
    57.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Viaggio al Capo Nord - 10
    Total number of words is 4484
    Total number of unique words is 1752
    33.9 of words are in the 2000 most common words
    49.5 of words are in the 5000 most common words
    56.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Viaggio al Capo Nord - 11
    Total number of words is 4723
    Total number of unique words is 1668
    32.1 of words are in the 2000 most common words
    48.0 of words are in the 5000 most common words
    55.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Viaggio al Capo Nord - 12
    Total number of words is 4662
    Total number of unique words is 1741
    31.9 of words are in the 2000 most common words
    47.0 of words are in the 5000 most common words
    54.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Viaggio al Capo Nord - 13
    Total number of words is 4217
    Total number of unique words is 1720
    33.2 of words are in the 2000 most common words
    50.9 of words are in the 5000 most common words
    58.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Viaggio al Capo Nord - 14
    Total number of words is 438
    Total number of unique words is 291
    36.6 of words are in the 2000 most common words
    54.0 of words are in the 5000 most common words
    61.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.