Parassiti: Commedia in tre atti - 02

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Le mie impressioni sono assai favorevoli alla commedia, alla quale
basta il _Gaudenzi_ per farne un'opera d'arte.
Ti abbraccio, felice.
_Tuo aff.mo_
GIANNINO».
*
* *
Certo fu — per me — somma ventura d'aver trovato, nella eccellente
_Compagnia Leigheb-Reiter_ — un attore della coscienza, dello studio,
del valore, della comicità e potenzialità drammatica di _Oreste
Calabresi_, che — a giudicio unanime di pubblico e di critica — fu un
_Gaudenzi_ =maraviglioso=.
A _Lui_ dico qui tutta la gratitudine dell'animo mio; e ripeto
l'ammirazione che, non da oggi, nutro verso l'arte sua così semplice e
così efficace.
Non avendo Virginia Reiter creduto d'accettare la _parte_ di _Rina_, la
mia commedia non si sarebbe data certamente ove =Claudio Leigheb= non
avesse creduto di entrarci.
Ridir le _risate_ che il «principe dei _brillanti italiani_», sotto le
umili spoglie del segretario del _comm.re Gaudenzi_, seppe strappare
al pubblico del _Costanzi_, non è da me, ch'ero assente... ma l'eco
di quelle _risate_, per lettere di amici e per lettura di giornali, mi
giunse oltremodo giojosa.
La morte — sempre spietata — avendolo tolto immaturamente all'arte
drammatica italiana, ond'era uno dei più fulgidi ornamenti, non m'è
dato, pur troppo!, dirgli oggi, in queste povere pagine, tutta la mia
profonda riconoscenza.
Ringrazio anche di cuore Gilda Zucchini-Maione; Ines Cristina;
Teresina Leigheb; Ernestina Bardazzi; Maria B. Carini; Luigi Carini; A.
Beltramo; S. Rizzotto e Amerigo Guasti.
*
* *
Alcuni mesi dopo, i _Parassiti_ affrontarono il severo giudizio del
pubblico milanese. Furono, in fatti, rappresentati — sempre dalla
stessa _Compagnia_ — al _Teatro Manzoni_, la sera del tredici novembre
1899.
L'eco delle festose accoglienze fatte alla commedia dal pubblico
romano, era giunta all'orecchio dei miei concittadini; e, però,
l'aspettativa era molta.
Anche a Milano alcuni amici della stampa vollero — bontà loro! —
ricordarmi con affetto al pubblico milanese, che — alcuni anni prima —
aveva decretato il «successo lieto» alle mie _Rozeno_, alla mia _Danza
macabra_ e ai miei _Fanciulli_.
_Ausonio_, nella _Sera_, così mi ripresentava ai lettori:

CAMILLO ANTONA-TRAVERSI.
«Lo conobbi nell'autunno del 1890, qui a Milano, dov'era venuto per
vedere di mettere in iscena al _Manzoni_ le sue _Rozeno_. Era avvilito
e impaziente. L'avvilimento derivava in lui dal rifiuto oppostogli
da molti capocomici — e da molte attrici, sopra tutto — per la
rappresentazione di quella sua commedia prediletta: l'impazienza, dalla
speranza ch'egli aveva che la _Compagnia_ di Tito Favi appagherebbe
finalmente il lungo desiderio di lui e dalle promesse che ne aveva
avute. La commedia pareva nata sotto cattiva stella. Le promesse
fallirono, e l'autore se ne tornò a Roma. Ma riapparve poco dopo,
raggiante e speranzoso. Aveva avuto una nuova promessa dalla stessa
_Compagnia_, capitanata non più dal Favi, ma dal Bertini e dal Talli.
Le _Rozeno_ furono messe _in prova_; ma un giorno furono ritirate
e l'autore scomparve col _copione_, al quale voleva apportare delle
correzioni. Il proponimento era stato suggerito a lui dalle «prove», e
ribadito da amici che a quelle erano stati presenti.
_Le Rozeno_ non furono rappresentate che dopo un pajo di anni circa,
al «Valle» di Roma, da Cesare Rossi, protagonista Teresina Mariani. Il
successo, che ne seguì, la maggior parte dei miei lettori non ignora.
Fu quasi la rivelazione di un autore, perchè i precedenti successi,
negativi e magari positivi, avevano fatto dubitare che in Camillo
Antona-Traversi fosse stoffa di autore drammatico.
E dopo il primo successo lieto ne vennero degli altri — ultimo
arrivato, a Roma, quello dei _Parassiti_, la commedia che il pubblico
milanese giudicherà stasera.
Non vo' enumerare la produzione, non larga ma notevole, di Camillo
Antona-Traversi; nè spetta a me darne un giudizio critico, anche perchè
molti di voi quella produzione conoscono. Forse, non tutti di voi
conoscono l'uomo»[7].

Senza invocare il _nemo propheta in patria_, che non è proprio il caso,
dirò subito che i _Parassiti_ non ebbero al _Manzoni_ le stesse festose
accoglienze del _Costanzi_. Se l'_atto primo_ — giudicato concordemente
magnifico — e l'_atto terzo_ e _quarto_ riscossero applausi, il secondo
passò «senza infamia e senza lode».
La critica — pur mettendo in rilievo i pregi del lavoro — fece non
poche restrizioni sul suo reale valore d'arte. La maggior accusa
fattami fu quella d'avere concentrato tutto l'interesse del lavoro nel
_Protagonista_, e di essermi — plasmandolo per la scena — ricordato
troppo da vicino del _Matteo Cantasirena_ dei _Barbarò_ di Gerolamo
Rovetta.
A difendermi da una simile accusa non meritata, sorse una gentile
e valorosa signorina, il cui nome è caro alle buone lettere: Irma
Melany-Scodnich.

«Si rimprovera all'autore» — riproduco testualmente l'amabile difesa —
«l'affinità del suo Don Gennaro Gaudenzi con il Matteo Cantasirena del
Rovetta.
Mi permetto di trovare ingiusto il rimprovero. L'autore non è un
novellino del teatro: deve aver sentito quest'aria di famiglia fra i
due tipi, e preveduto il facile rimprovero.
Se Camillo Antona-Traversi ha ultimato e presentato alle scene _I
Parassiti_ così come sono, significa ch'egli aveva la convinzione
della diversità sostanziale fra i due tipi. E questa diversità, che
esclude ogni puerile sospetto d'imitazione, esiste: è reale, come reale
è la _varietà_ infinita di tipi consimili nel mondo imbroglione della
politica, della plutocrazia e della classe parassitaria in genere.
Se tutto ciò è sfruttato, io domando qual è l'_ambiente_, quale lo
strato sociale, quali sono i tipi che non siano stati già sfruttati
sulla scena, o nel romanzo? Se gli autori dovessero lasciarsi
trattenere dal timore di una rassomiglianza nelle situazioni, o
nei personaggi, con questa o quella commedia, evidentemente non
scriverebbero più»[8].
*
* *
Anche a Milano, del resto, trovai numerosi difensori, sopra tutto nel
«pubblico, che accorse numeroso a udire e applaudire la commedia, così
alla seconda replica[9], come alle altre»[10].
*
* *
Le accuse, però, che — così a Roma, come a Milano — molti critici
mossero all'_atto secondo_; e il giudizio che di esso diede sopra tutto
il pubblico del _Costanzi_ e quello del _Manzoni_, m'indussero, dopo
matura riflessione, a fondere l'_atto secondo_ nell'_atto terzo_, sì
da dare maggior interesse all'azione e rendere più organica tutta la
commedia.
E che ebbi non una, ma mille ragioni di così fare, non tardarono
a provarmelo i lietissimi successi, venuti dopo, di _Torino_, di
_Firenze_, di _Genova_, di _Palermo_, di _Trieste_, di _Padova_ e di
_Parma_.
I primi a darmi lode incondizionata della eseguita fusione, furono gli
stessi critici romani, che pur avevano sì benignamente giudicata la
_prima edizione_ dei miei _Parassiti_.
Ho qui, sott'occhio, quanto ebbero a scrivere, allorquando — non
più la _Compagnia Leigheb-Reiter_, ma la _Compagnia V. Talli-Irma
Grammatica-Oreste Calabresi_ — sempre sulla scena del _Costanzi_,
ridiede il lavoro un anno dopo [_luglio del 1900_].
*
* *
«La _réprise_ dei _Parassiti_ al _Costanzi_.
Per la bella commedia di Camillo Antona-Traversi si è rinnovato iersera
il successo che già l'accompagnò l'anno passato, quando venne eseguita
dalla Compagnia Leigheb-Reiter. Il lavoro è stato opportunamente
ridotto in _tre atti_; e vi guadagna molto nella delineazione dei
caratteri e nella orditura scenica. Calabresi fu anche questa volta
un _Don Gennaro Gaudenzi_ assai caratteristico, e meritò frequenti
applausi. Piacquero pure la Galli, la Piperno-Marini, il Ruggeri, il
De Antonio, il Rodolfi, la Vestri, la Garetti e il Giovannini per la
felice macchietta del violinista _Oswaigiaski_»[11].
*
* *
«La commedia di Camillo Antona-Traversi, _Parassiti_, ebbe ottimo
successo quando fu rappresentata la prima volta, e anche al =Costanzi=.
Iersera, quel successo è stato non solo riconfermato, ma notevolmente
aumentato. La commedia da _quattro_ ridotta in _tre atti_ ha acquistato
in nettezza e in efficacia; e più fortemente si rileva il personaggio
del _commendator don Gennaro Gaudenzi_, che nasce da una osservazione
sottile e precisa, originalmente rispecchiata. Vi furono applausi
a ogni _atto_, e chiamate al proscenio, al _secondo atto_, applausi
e chiamate particolarmente clamorosi. Degli attori, da ricordare il
Calabresi, _don Gennaro_, e la Galli»[12].
*
* *
«Al =Costanzi= si rappresentò iersera la commedia _Parassiti_ di C.
Antona Traversi, che l'anno scorso sulle stesse scene ebbe lietissimo
successo.
Il lavoro però fu oggetto di qualche critica dal solo lato della
lunghezza, che nuoceva a tutto l'insieme dell'azione, e rendeva quasi
scolorite le figure principali, e specialmente quella del protagonista.
L'autore, accogliendo le giuste osservazioni, ha rifatto qua e là la
sua commedia di 4 atti, ed è riuscito, con la fusione di un _atto_ nei
tre ultimi, a dare una impronta più vigorosa, più viva, al carattere
dei personaggi e all'ambiente.
Il giudizio del pubblico ha confermato splendidamente il successo,
già riportato l'anno scorso: e tutti i pregi della produzione — pregi
di fattura scenica, di pittura mirabile del protagonista dell'azione
e delle altre figure apparvero nella migliore luce, anche per merito
degli artisti della Compagnia Gramatica-Calabresi, che l'interpretarono
egregiamente»[13].
*
* *
«Un notevole successo ha avuto, da ultimo, la ripresa dei _Parassiti_
di Camillo Antona-Traversi, opportunamente ridotti in tre atti.
Il lavoro è stato applaudito a tutti gli _atti_; ma più specialmente al
_secondo_, nel quale la figura del protagonista scroccone e arruffone
si delinea magistralmente[14].
L. R. MONTECCHI».
*
* *
«COSTANZI. — La forte commedia di Camillo Antona-Traversi, _Parassiti_,
ebbe ieri sera, dal pubblico accorso al _Costanzi_, le feste più
lusinghiere. La commedia fu data ridotta in _tre atti_; e l'azione
così concentrata ha perduto qualche bella scena, ma ha guadagnato in
efficacia. Il personaggio del _commendatore Gaudenzi_, magistralmente
interpretato dal Calabresi, ha ritrovato il più entusiastico successo.
Specie al _secondo atto_, gli applausi e le _chiamate_ furono
insistenti. Col Calabresi, meritarono le feste del pubblico la Galli,
il Ruggeri e gli altri bravi compagni»[15].
Meglio tardi che mai!
A PROPOSITO DEI «PARASSITI» RIVEDUTI E CORRETTI.
«La commedia di Camillo Antona-Traversi, che, rappresentata l'anno
scorso al _Costanzi_, ebbe così solenne il battesimo del successo,
riapparve a Roma sotto una nuova veste. La critica, rilevando tutti i
grandi pregi del lavoro, trovò allora che l'azione rimaneva alquanto
inceppata da un _secondo atto_, nel quale l'autore aveva descritto,
con molta arguzia, una festa, con relativo sontuoso _buffet_ e relativa
audizione di un violinista celebre.
Il Traversi, anima di artista forte e coscienzioso, ascoltò i consigli
benevoli dei giornali, e _rimpastò_ il lavoro, riducendolo in _tre
atti_. Tolse, per intiero, la festa, e presentò il violinista come una
saporita macchietta di un russo, molto innamorato dell'arte sua... e
della donna italiana.
La commedia, così ridotta, è davvero una delle più complete concezioni
drammatiche, che siansi presentate sulle nostre scene in questi ultimi
tempi.
Il tipo del _parassita_, che specula sui pubblici disastri; che trova
in ogni disgrazia altrui una fortuna propria; che passa, attraverso
la vita pubblica, strisciando dinanzi a tutti i potenti; componendo e
scomponendo pseudo-comitati di beneficenza; giungendo, alla perfino,
a speculare sul talento artistico della propria figlia, dopo essersi
compiaciuto che il figlio avvocato sia divenuto un degno _parassita_
pure lui; questo tipo così vero e così vissuto è trattato dal Traversi
con tale mirabile efficacia e maestria, che lo spettatore rimane
soggiogato.
Quel _parassita_ è conosciuto: ognuno di noi l'ha visto qualche volta
nella vita; l'ha incontrato in qualche pubblica riunione; l'ha visto
agitarsi, muoversi sotto la larva della beneficenza.
E quel _segretario_, anima dell'anima del _parassita_, che tiene in
perfetta regola i registri di tutti i disastri, di tutte le pubbliche
calamità; e s'attacca, come un'ostrica, allo scoglio, ovunque subodora
un guadagno, lecito o illecito, poco importa; sfruttatore nato di
tutto il genere umano, copia volgare dal _parassita_ maggiore, quel
segretario è di una verità sorprendente.
E così il figlio del Gaudenzi, e così tutte le figure minori, che si
agitano, in quel mondo speciale, intorno all'astro massimo: parassiti
della carità, dell'arte, della bellezza, della bontà: di tutto!
Angelo delicato, fiore sbocciante nella vasta landa inseminata, appare
la figlia del Gaudenzi, cui l'amore santo dell'arte dà la forza della
ribellione.
E la scena nella quale la fanciulla sente l'anima sua in rivolta contro
il miasmo che l'attornia; e, divincolandosi da esso, vuol aprire i
polmoni per respirare aria pura, quella scena è veramente mirabile.
Il lavoro ha avuto successo grandissimo, incontrastato.
Il forte commediografo, l'instancabile lavoratore, può, vicino alle
_Rozeno_, scrivere a lettere d'oro: _Parassiti_; chè questa commedia
vale l'altra acclamata e premiata, corsa su tutti i teatri d'Italia,
come manifestazione di un ingegno drammatico superiore.
Oreste Calabresi ha fatto del _Gaudenzi_ la riproduzione di un tipo
gustosissimo. Benissimo la Galli, il Ruggeri, la Vestri, il Giovannini,
d'Antonio, Ridolfi e tutti gli altri.
LIBERATI»[16].
*
* *
All'_Alfieri_ di Torino [29 dicembre 1899], la commedia così ridotta
ottenne tutti i suffragi del pubblico e della critica e fa replicata
per varie sere[17].
E Claudio Leigheb così scriveva a mio fratello Giannino:
_Torino, 4 gennajo 1900._
«_Carissimo Giannino_,
Mi viene assicurato che tuo fratello Camillo non trovasi più a
Bruxelles; quindi, mi rivolgo a te per pregarti di annunziargli che i
suoi _Parassiti_, qui all'_Alfieri_, ebbero ottimo successo e questa
sera si recitano per la terza volta.
Avvisai di ciò telegraficamente anche il Riccardi; ma, nella tema che
non abbia potuto comunicare il buon esito a tuo fratello, lo annunzio
anche a te, certo che non vorrai ritardargli questa consolazione. La
stampa è stata unanime nel constatare il successo e ha avuto parola
lusinghiera e di conforto per lui.
Salutalo tanto da parte mia e dei miei compagni, e digli che lo
ricordiamo sempre con infinito piacere.
Inviandoti un affettuoso saluto, e facendo voti per il tuo prossimo
trionfo al _Manzoni_, credimi sempre
tuo aff.mo C. LEIGHEB».
*
* *
All'_Arena Nazionale_ di Firenze [_28 giugno 1900_], gli applausi
furono molti[18], e grande la soddisfazione di quei critici[19].
Luigi Süner, fraterna anima, mi scriveva:
_4 luglio, 1900._
«_Caro Camillo_,
Con la tua commedia i _Parassiti_ non hai diminuito la giusta fama
di commediografo valente e studioso della società dei nostri tempi.
L'agilità del dialogo e il movimento scenico, i quali mantengono
incatenato il pubblico, lo attestano. L'_organismo_ e l'_originalità_,
non dico assoluta, _perchè sarebbe impossibile_, ma relativa, nulla
lasciano a desiderare. Il tuo _Commendatore_, come _carattere_
informato a satira, è tratteggiato con efficacia; e sono di parere che,
come il Calabresi, gli attori di valore lo manterranno sulla scena.
Non ti sembri poco. Nei particolari, mi riferisco agli articoli del
«Corriere Italiano» e della «Settimana». In questo momento, lo scrivere
mi costa molta fatica, perchè lo stato dell'animo mio tetro, a momenti
a momenti irrequieto, non mi dà _pace_. Sarebbe sforzo inutile: tu mi
hai _capito_ e mi perdonerai la concisione. Lavora con tranquillità:
tutti ti vogliono bene, e non è poco in un periodo d'indifferenza
grande.
Ti abbraccia il sempre tuo
LUIGI».
*
* *
Anche al _Paganini_ di Genova [_30 gennajo 1901_]; al _Teatro
Garibaldi_ di Padova [_23 maggio 1900_] e all'«Olympia» di Palermo
[_26 novembre 1900_],[20] i successi lietissimi si rinnovarono e
confermarono.
A Palermo, i _Parassiti_ furono dati dalla _Drammatica Compagnia
della signora Italia Vitaliani_, diretta da =Carlo Duse=, che fu un
_Gaudenzi_ di molta efficacia e di non comune valore.
Un'altra grande fortuna aspettava la mia commedia: quella d'aver a
interprete Ferruccio Benini, il collaboratore maraviglioso di _Carlo
Goldoni_, di _Giacinto Gallina_, di _Riccardo Selvatico_; uno dei
maggiori attori del teatro contemporaneo.
*
* *
Il _Nobil Omo Vidal_ volle tradurre egli stesso la commedia nel suo
bel vernacolo. Questa sua cara letterina me ne dava la lieta notizia da
_Fiesole_:
«_Carissimo Camillo_,
Ho già cominciato la traduzione da _me stesso_: vale a dire, dettandola
a un mio scritturato, che sta con me.
Il dialogo e l'indole dei personaggi sono facilmente traducibili in
veneziano; e non fa d'uopo alcuna modificazione radicale.
Il _titolo_ solo dà un po' da pensare, non essendo affatto veneziano;
ma credo che, lasciandolo così, sarà la miglior cosa.
Una di queste sere Talli la rappresenta all'A_rena Nazionale_, e andrò
a udirla: così mi sarà più facile porla in scena.
Resta inteso che — ove la commedia vada — non l'accordiate all'_altra_
Compagnia veneziana!
Se faccio a tempo, la porrò in scena a Milano nel prossimo luglio: se
no, sarà per la _piazza_ successiva.
Grazie degli augurj, che ricambio di cuore, anche da parte di mia
moglie.
_Tutto vostro_
F. BENINI».
_Fiesole, 26-6-900._
Un dubbio, però, tormentava il Benini, che — come tutti i veri
artisti — è sempre incontentabile: questo: — dovevasi, oppur no,
nella riduzione veneta, conservare l'_azione_ a Roma, anzichè porla a
Venezia?
« — Ne parlai — ebbe egli a scrivermi, da _Fiume_, dove si trovava
nell'agosto del 1900 — al comune amico professor Enrico Klinger. E gli
esposi il dubbio che l'udire parlare dello _Sgambati_, della _Scuola
di Santa Cecilia_ e via discorrendo, potesse sembrar inopportuno in
un _ambiente veneziano_; e che il tradurre _testualmente_ il lavoro
potesse dar luogo a un dialogo aspro, un po' slegato, mancante affatto
di quella armonia arguta e naturale che è propria del dialetto. Ma il
Klinger mi convinse col dirmi che non si poteva capovolgere _i tipi_,
nè l'_argomento_, richiedendosi, a ciò fare, tempo maggior e fatica non
lieve. Amo, non per tanto, rilevar anticipatamente tutto questo, per
convincervi che, in tale stato di cose, la responsabilità del cimento,
nel confronto, è maggiore; e, prima di azzardarla, voglio esser certo
di non andar _con la testa rotta_».
*
* *
Ma la prova scenica — che ebbe luogo, alla _Fenice_ di Trieste, _la
sera del 21 gennajo 1901_, anzichè far andare Ferruccio Benini _con la
testa rotta_, lo fece andare _con la testa gloriosa_.
«Fui molto soddisfatto» — mi scrisse — dell'esito morale ottenuto
_realmente_: e vi ripeto sono contentissimo della _perfetta_ esecuzione
della mia _Compagnia_. _Parassiti_ si replicano questa sera, e domani
domenica. _Spero_, inoltre, di dare una recita straordinaria a Gorizia;
e mi lusingo debbano ottenere anche là buon successo. Ora, aspetto
l'esito di Milano.... Colà lascerò il titolo: _I cavalieri del dente_;
e, fra parentesi, _Parassiti_. Va bene? Però, non oso sperare egual
sorte, inquantochè _l'ambiente_ non è sostanzialmente veneziano, e la
critica può rilevare facilmente lo sforzo.
Del resto, il lavoro è noto favorevolmente e io dovrò curare
l'esecuzione e i confronti. Speriamo bene! E così pure a Torino e a
Genova. — Attendo, ora, con vivo interesse, il vostro _nuovo_ lavoro
per me. Avete l'idea? Si può calcolare sull'_ambiente_? Pensateci
bene, e fate presto presto presto! Ho sete di _novità_: sono un po'
mummificato. Saluti affettuosi.
_Vostro_
F. BENINI».
_Trieste, 26-1-901._
Teodoro Lovato, amministratore della _Compagnia Benini_, mi confermava
il grande successo di Trieste con questa gentile letterina:
_Trieste, 22 gennajo 1901_
«_Egregio amico_,
Ieri sera, furono da noi rappresentati _i Parassiti_. Successo pieno:
— _dieci chiamate_. Benini insuperabile. Tutti gli altri ottimamente.
Esecuzione splendida.
Vi mando i quattro giornali italiani che stampano bellissimi articoli.
Sono ben felice di darvi la lieta notizia, e vedrete che, anche a
Milano, nella ventura quaresima, a quel _Teatro Filodrammatico_, il
successo sarà grandioso.
Dunque, abbiatevi le felicitazioni di tutta la _Compagnia_, e
segnatamente quelle di Benini e le mie, alle quali aggiungiamo i più
cordiali saluti e voti di felicità.
_vostro aff.mo_
TEODORO LOVATO».
La stampa triestina fu, in fatti, concorde nel dir molto bene della
commedia, giudicata opera _divertente, umana, vitale_.
*
* *
Anche al _Reinach_ di Parma, e in altre città dove il Benini la diede,
il successo lieto non si smentì mai.
*
* *
La profezia di Luigi Capuana e di Francesco Pasta: — «_Parassiti_,
siatene certo, faranno trionfalmente il giro di tutti i teatri
d'Italia», non si avverò, disgraziatamente per me. Invano, io tempestai
di lettere Oreste Calabresi, perchè, nelle nuove _Compagnie_ da lui
dirette e condotte, o in quelle nelle quali si era a mano a mano
_scritturato_, volesse ridar vita e onore ai _Parassiti_, che gli
avevano procacciato uno dei più _grandi successi_ della sua gloriosa
carriera d'artista[21], e che erano _nuovi_ ancora per molte città.
Dall'amico caro e valoroso non m'ebbi che questa lettera, _piuttosto
sibillina_, in data del _diciassette aprile 1903_:
«_Mio carissimo Camillo_,
Non ho risposto alla tua lettera, che accompagnava quella del dott.
Buzzi, per la ragione che non avevo il tuo indirizzo. Ora che me lo
dài, ti rispondo per assicurarti del mio immutato affetto, e per dirti
che puoi mandarmi tutto quello che vuoi, ben felice se potrò renderti
un servizio.
In quanto ai tuoi _Parassiti_... Ma chi più di me sarebbe felice
di rappresentarli? Ma è la fatalità che vuole che sia così, e non
altrimenti[22].
Talli ti saluta affettuosissimamente; ma il tuo lavoro, per ora, non
può metterlo in iscena per mancanza assoluta di tempo. Siamo pieni di
_novità_: ne abbiamo fin troppe!
E ora, amico mio carissimo, un abbraccio dal sempre
_tuo aff.mo_
O. CALABRESI».
Se si mette questa lettera a riscontro con quella che il mio grande
_Gaudenzi_ mi scriveva, da Roma, il _30 luglio del 1899_, è proprio il
caso di esclamare: «mutano i saggi, secondo i tempi, i lor pensieri!»
«_Affettuosissimo e caro amico_,
Pel tramite del nostro Liberati, vi mando questa per ringraziarvi
delle vostre espressioni così gentili a mio riguardo. Voi, carissimo,
con quella amabilità che vi distingue, avete voluto ingrandire di
troppo l'opera mia modestissima. Non feci che quello che avrebbe fatto
qualunque altro attore che si fosse trovato al mio posto. Lasciate,
invece, che io vi ringrazi profondamente per l'occasione che mi avete
data di poter fare qualche cosa per Voi, così meritevole di conforto
e di gioja. Siano benedetti i vostri _Parassiti_, se hanno potuto
alleviare le vostre pene: dal canto mio, vi prometto, credetelo, che
farò di tutto perchè queste gioje vi siano date di frequente; e chi ne
pioverà maggior soddisfazione sarà il vostro, sinceramente
O. CALABRESI».
E con ciò, e dopo ciò, salute a te, amico lettore.
C. A. T.


Articoli di Cesare Sobrero e di Francesco Bonavita.

I «PARASSITI» DI CAMILLO ANTONA-TRAVERSI.
_Roma, 25 luglio._
(_Sobrero_). — Non è una critica della commedia applaudita iersera al
_Costanzi_, che intendo scrivere. I lettori l'avranno, a suo tempo,
dal nostro ottimo Cauda. Piuttosto, il lieto battesimo che l'ultimo
novissimo lavoro del buon Camillo ha avuto dinanzi al pubblico romano
mi suggerisce una serie di divagazioni e di aneddoti intorno al periodo
di gestazione dei _Parassiti_, e alla veramente fraterna assistenza
che, per la presentazione di essi all'intellettuale pubblico di ieri
sera, ha prodigata il fratello dell'autore lontano, il simpatico
Giannino, che da un mese delizia nojaltri _vitajuoli_ di _Aragno_, non
si sa più se co' fuochi di fila del suo spirito, o co' vertiginosi suoi
giuochi di prestigio.
La coppia Antona-Traversi ha, da qualche tempo, preso amabilmente di
mira la società romana.
Mentre Giannino poneva in iscena, nella _Scuola del marito_, un duca
romano, che nega alla moglie le gioje della maternità, e dava alla sua
bella commedia lo sfondo di _Villa Borghese_, della caccia alla volpe,
ecc., Camillo intesseva le fila del dramma borghese dei _Parassiti_
a base di _Comitati nazionali_ per le inondazioni e di _virtuose_
dell'_Accademia di Santa Cecilia_.
Nessuno dei due ha risparmiato verità piuttosto dure intorno
all'_ambiente_ romano. Ma a nessuno dei due venne fatto il viso arcigno
dal pubblico — composto spesso degli stessi personaggi nominati nel
lavoro; tanto che, iersera, mentre sul palcoscenico veniva fatto il
nome dello Sgambati, questi, messo in curiosità, protendeva da un palco
di prim'ordine la testa chiomata.
Nei _Parassiti_, specialmente, l'osservazione intorno a un certo mondo
della capitale è piuttosto amara e le deduzioni severe. — Le forme di
parassitismo vi si riscontrano multiformi e vanno dal _commendatore
Gaudenzi_ — un tipo che resterà; e a cui Calabresi, per una pura
coincidenza causale, ha dato, truccandosi, una fisonomia alla Pasquale
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