Parassiti: Commedia in tre atti - 01

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TEATRO
DI
Camillo Antona-Traversi
(_Edizione riveduta e corretta_)

PARASSITI
_Commedia in tre atti._

VOLUME VI.

REMO SANDRON — Editore
LIBRAIO DELLA R. CASA
MILANO-PALERMO-NAPOLI


PROPRIETÀ LETTERARIA

_I diritti di riproduzione e di traduzione sono riservati
per tutti i paesi, non escluso il Regno di Svezia e quello
di Norvegia._
Secondo i termini della legge sulla proprietà letteraria,
è vietato a tutte le _Compagnie drammatiche italiane e
forestiere_, a tutte le _Società Filodrammatiche e
private_, di rappresentare questi lavori senza
l'autorizzazione formale dell'Autore, o del Direttore
della _Società degli autori_ di Milano.
Copyright by Camillo Antona-Traversi — 1912.
Off. Tip Sandron — 215 — I — 210512.


A
GIANNINO ANTONA-TRAVERSI
_fratello d'anima
e ai cari gentili generosi amici_
G. P. ZULIANI; LUIGI CAPUANA; RAFFAELLO GIOVAGNOLI; CARLO LOTTI;
G. BAFFICO; EDOARDO BOUTET; ADOLFO RE-RICCARDI; STANISLAO MANCA; G.
AURELIO COSTANZO; LUIGI GRANDE; ANNIBALE GABRIELLI; CESARE RUBERTI;
LEO MONTECCHI; FERDINANDO FONTANA; LUCIO D'AMBRA; FRANCO LIBERATI;
GALLIENO SINIMBERGHI; TOMMASO PASETTI; ENRICO PANZACCHI; ANTONIO
DELLA PORTA; CESARE SOBRERO
_i quali, profondamente buoni, vollero
mandar da Roma un saluto e un augurio amorosissimo
all'esule autore dei_ «PARASSITI».


C'est là une erreur de beaucoup d'écrivains
italiens. Ils croient émouvoir et frapper par un
fait exceptionnel, par la nouveauté illogique d'une
combinaison dramatique, sortant de la vie normale.
Ils ne comprennent pas que toute la force au
théâtre consiste à donner l'illusion du vrai; et que
le comédiographe de génie, par une fine observation
psycologique, par l'étude profonde des caractères,
sait faire un chef-d'oeuvre avec le fait de chronique
le plus simple et le plus banal.
Les deux frères Antona-Traversi ont compris cette
grande vérité dans leurs dernières pièces.
L'aîné, M. Camillo Antona-Traversi, dans
_Parassiti_, nous a donné un type, un caractère pris
sur le vif.
Renonçant dans cette pièce aux scènes émouvantes de
_Danza Macabra_, des _Fanciulli_, de _Stabat Mater_,
il nous a produit une comédie du genre classique qui
restera au _répertoire_.
G. P. ZULIANI.
(Dall'_Italie_ di Roma, 7 settembre 1900).
... I _Parassiti_ sono veramente il suo capolavoro,
e uno dei capolavori della nostra letteratura
drammatica.
OTTORINO MODUGNO.
(Dalla _Ragione_ di Roma, 25 aprile del 1910).

Questi miei _Parassiti_ — lungamente pensati e amorosamente scritti
durante un mio non breve soggiorno a Bruxelles [anno di grazia 1898]
— videro, più per intercessione di amici buoni e gentili, che non per
volontà di attori, la luce della ribalta, al _Teatro Costanzi_ di Roma,
_la sera del 24 luglio 1899._
I telegrammi, che mi davano l'annunzio di un «successo pieno e
intiero»[1], mi commossero profondamente e trasfusero in me un ardore
nuovo.
In quell'ora sì dolce, mi son sentito molto migliore di quello che i
casi di mia vita mi vollero e mi fecero.
*
* *
Pochi giorni dopo, mi giunsero tutti i giornali di Roma. Non senza viva
commozione lessi con quanta simpatia e con quanto fraterno affetto
alcuni buoni e cari amici, che non mi avevano certo dimenticato,
vollero preparare e annunziare l'andata in iscena della mia commedia.
Fra essi, Lucio d'Ambra e Stanislao Manca.
Il primo — vera anima d'artista, e amico di fede sicura — nel «Signor
Pubblico», che dirigeva in allora Gallieno Sinimberghi, mi dedicava
questo affettuoso «pastello alla penna»:
«IL BUON CAMILLO»
«Io mi ricordo un pranzo allo scoglio di Frisio, innanzi al mare
argenteo sotto la luna. Ero a Napoli per una mia piccola commedia
al _Sannazaro_; e la sera, all'impallidir dei fuochi del tramonto,
ci riunivamo a pranzo sul mare, in cinque o sei innamorati della
letteratura. Una sera il discorso cadde su Camillo Antona-Traversi
come letterato: chi lo levava alto verso le stelle, e chi lo rigettava
giù giù violentemente, in fondo all'oscuro Taigeto. Ma per l'uomo fu
un inno concorde alla sua bontà, alla sua grazia, alla sua soavità.
Ognuno svelava qualche nuovo bel profilo di bontà del tempestoso
scrittore, ognuno aveva il suo aneddoto pronto, ognuno trovava la
parola affettuosa per quella tenera anima di uomo. Egli si è conservato
così dolce, così delicato, a traverso una giovinezza più pesta dell'uva
delle vendemmie e una virilità dolorosissima, irrequieta. Camillo
è stato veramente un grande infelice; e pure, a ogni nuovo colpo
dell'avversaria fortuna, egli scuoteva le spalle con una rassegnazione
sincera, e vi faceva luccicare al sole i fili d'argento della sua barba
continuamente torturata dalle sue fini mani nervose. E sorrideva,
e s'incurvava ancora più nelle spalle, accendeva la quarantesima
sigaretta della giornata, e ajutava gli altri, attendendo pacatamente
per sè l'urto di un altro dolore.
Ajutava gli altri!
Io so innumerevoli fatti che lo dimostrano, innumerevoli prove della
squisitezza di sentimento di Camillo Antona-Traversi. Egli ha fatto
da anni una vita randagia: oggi, lo trovate a Venezia a guardare i
colombi a San Marco, o seduto a un tavolino del _caffè Florian_ a
discutere d'arte e di dedizione al bene degli altri con quell'altro
infelicissimo e soavissimo che fu il povero Giacinto Gallina: poche
ore dopo, lo sapevate a Genova, con quartier generale in qualche
caffè dell'Acquasola; e di lì a poco eccolo a Torino, a passeggiare
al Valentino, o ad arringare al _caffè Parigi_: eccolo a Roma,
rincantucciato al _Valle_ dalla mattina alla sera, ed eccolo per le
vie a guardar le stelle e per le piazze a contemplar la luna, dalla
sera alla mattina, con qualche amico, vittima ignorata di quella
sua letteratura peripatetica: eccolo, poi, a Firenze, da _Doney_, su
un palcoscenico, o a percorrere lentamente qualche chilometro su i
_lungarni_: eccolo a Napoli, al Gambrinus, in mezzo a una tumultuosa
turba di comici, o allo _Scoglio di Frisio_ a pranzare poeticamente
e a guardar da lungi sospirosamente la sua bella villa chiusa, dove
«lavorerebbe tanto bene», dove «dormirebbe così quetamente», cullato
dal canto rôco del golfo divino: eccolo a Pisa a trascinarsi col suo
passo stanco lungo quella spiaggia del gombo così sterile e sabbiosa
fra i pini, o lungo l'Arno giallastro, lento lento, come fosse stanco
del suo ininterrotto fluire, a ideare di scrivere dieci commedie con
dieci probabili futuri scrittori pisani: eccolo infine a Bologna, a
_San Petronio_, a goder il fresco nel bel dômo solenne, o al caffè del
_Pavaglione_ a dir bene di tanta gente di cui avrebbe dovuto dir male,
a scrivere mille cartoline ai suoi mille amici europei, e a correggere
qualche scena di un suo dramma nuovo. E ieri vi era arrivata una sua
lettera da Parigi? Ebbene, dopo una settimana ne ricevevate un'altra da
Vienna: dopo quindici giorni, una cartolina da Lugano; dopo un mese, un
telegramma — inutilissimo, com'è naturale! — da Trieste.
E in questo nomadismo che faceva? S'incaricava degli altri, si
addolorava per i loro dolori, si rallegrava per le loro gioje, si
faceva in pezzi per ajutarli nei loro bisogni: se aveva una lira,
la divideva a dar colazione a un altro che forse e spesso non se la
meritava. Io non ho mai inteso Camillo pensare al male. Un fanciullo
di quindici anni uscito ieri dal collegio potrebbe dar la misura
dell'ingenuità dell'uomo che divenne l'autore acclamato delle _Rozeno_.
Così, facendo del bene, ebbe in cambio del male. Egli fu la più carnosa
preda degli strozzini, ed egli ne ha riso e li ha messi in una commedia
che chi sa quando ascolteremo.
Egli, per sè, sarebbe stato capace di qualunque privazione; e quante
volte invece ha bussato alla porta di uno di quelli strozzini e ha
preso danari per darli a chi l'aveva commosso con il pietoso racconto
di una infelicità quasi sempre imaginaria, cantata in rima e in prosa
per _exploiter_ la sua buona fede fanciullesca! Nessuno di quei fogli
da cento è mai tornato nel suo portafoglio. E mai nessuno, nel suo
bisogno, ha fatto per lui la decima parte di ciò che egli faceva per
gli altri!
Professore di lingua italiana, studioso di Leopardi e storico di
Paolina, critico, autore di quindici drammi e commedie di vario valore,
traduttore valoroso di commedie francesi, gran produttore d'articoli a
vapore, ecco lo stato di servizio di Camillo Antona-Traversi Anch'egli,
del resto, come suo fratello Giannino, è occupatissimo. Solamente le
sue lettere ascendono a cinquecento e le sue cartoline a mille. Le sue
r sono anche innumerevoli. La velocità del suo discorso passa, forse, i
45 Km. all'ora.
È veramente difficile tenergli dietro. V'occorre uno sforzo intenso.
Lo si fa volentieri, perchè anch'egli è un affascinante _causeur_, un
delizioso narratore d'aneddoti.
Ora, egli è nell'esilio e non potrà assistere lunedì sera alla
rappresentazione dei suoi _Parassiti_ al _Costanzi_. Le sue forti e
originali commedie eran sempre seguite da Camillo Antona-Traversi con
tenerezza paterna, tra gli applausi del pubblico.
Questa commedia non avrà questa sua tenerezza: essa non è stata scritta
a Venezia, come le altre, in quella Venezia ispiratrice. Essa fu
scritta nello scoramento squallido dell'esilio. Ma a i _Parassiti_ gli
amici — e non della ventura — saranno cuori fraterni. E non dubitare,
Camillo dilettissimo: nel tuo esilio, ti giungerà, raggio di sole, il
successo che ai tuoi _Parassiti_ decreteranno pubblico e critica lunedì
sera, al _Costanzi_, per dimostrarti l'affetto verso l'uomo buono e
infelice, e l'ammirazione per lo scrittore vigoroso e ardito.
Sarà per Camillo Antona-Traversi la prima gioja di questi ultimi anni.
Ma tutto sta a cominciare. Molte altre e intense terranno dietro a
questa prima.
La bontà ha dei diritti, e l'ingegno dei privilegi.
LUCIO D'AMBRA»[2].

E Stanislao Manca — l'autorevole critico drammatico della _Tribuna_,
che onora con la dottrina e con l'ingegno l'arte nostra — così dava ai
lettori del grande giornale romano l'annunzio dei miei _Parassiti_:

«È domani sera che si rappresenterà per la prima volta in Italia questa
nuova commedia di Camillo Antona-Traversi. L'autore delle _Rozeno_,
dei _Fanciulli_, della _Danza Macabra_ e di tanti altri applauditi
lavori — rimasto troppi anni lontano dal teatro — vi ritorna ora; e, ci
auguriamo tutti, per ritrovarvi quei successi che il suo ingegno e il
suo cuore meritano in modo particolare.
_Parassiti_ è una commedia in quattro atti, d'ambiente schiettamente
romano. Ne sarà protagonista, nei panni del _commendatore Don Gennaro
Gaudenzi_, Oreste Calabresi. Ed è facile attendere da questo geniale
artista una nuova felice creazione.
Claudio Leigheb, con quell'ardentissimo amore per l'arte che lo
distingue, senza bizantineggiare sulla maggiore o minore importanza di
ruolo, per meglio assicurare l'esito della nuova commedia, ha accettato
una piccola parte di favore — quella del segretario di _Gaudenzi,
Naldini_ — ma che in sue mani si tramuterà subito in un capolavoro di
comicità.
Le altre parti sono affidate alla Zucchini-Maione, alla Cristina, alla
Leigheb, al Carini, al Beltramo, al Rizzotto, alla Carini; e tutti vi
recheranno il contributo della loro fede e della loro valentia.
La serata di domani al _Costanzi_ è ben a ragione vivamente attesa».[3].

Nel «Ma chi è!», poi, un _ignoto amico_ mi dedicava questo affettuoso
saluto... poetico:
Sulla fronte e sul cuore,
tieni scolpito amore:
studio ed intelligenza
mostra la tua presenza:
rassegnazione, gloria,
pene, son la tua storia!
Vivi amato e felice,
chi ti conobbe, dice![4]
*
* *
La «Società degli autori drammatici e lirici», che, poche sere prima,
in una affettuosa agape fraterna, aveva festeggiato — sulla stessa
scena del _Costanzi_ — la vittoria conseguita dalla «Scuola del marito»
del mio diletto fratello Giannino, volle — dietro proposta di Carlo
Lotti — celebrare, in altra agape non meno fraterna, quella che era
stata la «mia vittoria».
La simpatica festa riuscì oltre ogni dire cordiale e commovente; così
come ne fa fede il _resoconto_ che tolgo dal «Gazzettino dell'arte
drammatica e lirica»[5]:
=In onore dei due fratelli Antona-Traversi.=
«A poche sere di distanza, i due fratelli Giannino e Camillo
Antona-Traversi trionfarono sulle scene del _Costanzi_ con due lavori,
d'indole diversa, ma egualmente pregevolissimi. L'avvenimento così
lieto per l'arte italiana, venne commemorato dalla _Società degli
Autori ed Artisti drammatici e lirici_ con due agapi fraterne; la
prima, in onore di Giannino, nella sera di giovedì 13 luglio, e l'altra
in onore di Camillo la sera di martedì 25 luglio.
Presero parte all'appuntamento geniale gli amici qui segnati in ordine
alfabetico:
G. Saffico — E. Boutet — F. Bartocci-Fontana — L. Capuana — G. A.
Costanzo — G. Costetti — O. Calabresi — F. Cisotti — C. Core — T.
Daretti — S. Danesi — G. Dei — G. Fabiani — G. Ferri — G. Franzinetti
— R. Giovagnoli — C. Gambua — A. Gabrielli — L. Grande — C. Lotti —
P. Mengarini — V. Molaioli — A. Mauri — G. Monaldi — L. R. Montecchi —
Gr. Nani — Gr. Patriarca — T. Pasetti — I. Palmarini — C. Ruberti — G.
Traversi — C. Tartufari — S. Sparapani — G. Savarese — E. Zama.
Molti altri amici e ammiratori dei due simpatici autori vollero essere
ricordati, dolenti che l'estate li avesse già fatti allontanare da
Roma.
Alla fine della cena bandita in onore di Giannino, presero la parola
G. Costetti, R. Giovagnoli, T. Pasetti, in una forma veramente
nuova, intrecciante cioè gli elogi per i meriti da tutti riconosciuti
dell'ottimo lavoro del brillantissimo autore, con le osservazioni quali
il pubblico aveva fatte intorno all'arditezza del tema; e Giannino
rispose con simpatica efficacia, dando ragione dell'opera sua; così che
ne venne una dilettosa conferenza intorno alla commedia _La Scuola del
marito_ e all'arte in genere.
C. Ruberti rammentò ai convenuti che, fra pochi giorni, si sarebbe data
la commedia di Camillo, proponendo un brindisi di augurio all'amico
lontano, che venne accolto da un urrà; e C. Lotti propose che, la
sera dopo la rappresentazione dei _Parassiti_, tutti i presenti si
trovassero a una riunione per festeggiare l'autore, il cui seggio di
onore sarebbe stato occupato dal fratello Giannino. E così tra gli
applausi si chiuse la simpatica festa.
*
* *
E, in fatti, la sera dopo la rappresentazione dei Parassiti, gli amici
convennero puntuali alla cena in onore di Camillo, e il posto suo
d'onore veniva occupato da Giannino.
Qualche cosa di intimo, di gentile. Oltre al presidente lontano, il
vice presidente T. Pasetti, che aveva assistito alla cena precedente,
mandò da Bologna un affettuoso saluto e augurio perchè l'acclamato
autore sia presto ridonato all'arte e al paese; e anche il Baffico e
il Palermi, egualmente lontani, vollero essere ricordati. E da Torino,
Adolfo Riccardi-Re mandò un telegramma, per esser considerato come
presente, plaudendo agli iniziatori della festa gentile.
All'amico lontano, cui un destino che assurge alla tragicità del fato
greco agita senza requie l'anima travagliata, volava il pio saluto di
coloro che desideravano essere a lui ricordati.
Giorni prima brindavamo all'amabile autore dell'allegra commedia la
_Scuola del marito_: quella sera, un sentimento più alto e profondo
ci univa; e, nell'era volgente e nella non dolce stagione, faceva
bene all'anima il mirare una così eletta schiera di amici convenuta
per rendere onore al valoroso collega, e per mandare una risposta di
conforto a lui che da lontano c'inviava una gentile opera d'arte come
fiore del ricordo, come il simbolico _Non ti scordar di me!_
E noi di te non ci scordiamo. Piacque agli Dei la causa del vincitore,
a Catone quella del vinto. Ed è proprio di persone che hanno l'animo
temprato a tutto ciò che è nobile e artistico, l'essere sensibili verso
coloro che la sventura colpisce. E perciò noi gridiamo: «coraggio,
Camillo!» Una eletta schiera di amici è qui convenuta per renderti
onore e per augurarti che tu possa ogni tanto arricchire di altre opere
d'arte il nostro teatro italiano, vendicandoti così nobilmente del
destino che spinge l'anima tua appassionata.
Un fosforescente ingegno meridionale ebbe a dire che l'artista compie
la sua missione quando crea un'opera d'arte, non importa se, per
ottenerla, semini intorno a sè la desolazione e le vittime.
Camillo dà una versione ben diversa di quella egoistica sentenza.
Anch'egli sacrificò al suo ideale di scrittore; ma egli stesso si
offerse per vittima: egli non corre trionfante sul corpo dei caduti,
colpito egli stesso dalle sue mani.
Se grato ti carezzerà la coscienza di scrittore l'applauso che una
folla di pubblico ha tributato al tuo nuovo lavoro _I Parassiti_, dove,
come in ogni tua opera d'arte, rifulge un pensiero altamente civile,
più grata forse ti sarà giunta la notizia del simpatico convegno di
amici radunati intorno al tuo Giannino per renderti onore.
Questo, interpretando il pensiero di tutti, disse C. Lotti a nome
della Presidenza della Società; e il prof. R. Giovagnoli, rievocando i
ricordi del passato, quando Camillo Antona-Traversi era suo scolaro,
fece un quadro dell'attività sua maravigliosa, della prontezza e
genialità di mente, dell'opera, come scrittore erudito di studj storico
letterarj, come autore applaudito, originale, da cui il paese molto si
può ripromettere.
Ai brindisi calorosi di tutti gl'invitati rispose con commosse parole
Giannino, che, dai presenti e in nome di tutti, veniva incaricato di
spedire un saluto, un applauso, un augurio al fratello lontano.
E così ebbe termine la festa gentile, che lasciò in tutti noi una
dolcezza di conforto, come di un'opera buona compiuta; e un profumo di
sentimento, che ci aveva sollevati per qualche ora dalle bieche cure di
ogni giorno.
Ricevuto il telegramma, Camillo Antona-Traversi rispose con una lunga
affettuosissima lettera, dalla quale stralciamo questo brano:
«Dirai a tutti quale sia il conforto che da essi mi viene, quale la
infinita mia gratitudine, tenerezza e devozione.
«Mercè vostra, ho riveduto oggi un raggio di sole, dopo tanta notte!
Mercè vostra, o cuori nobilissimi, rinasco ora al lavoro, alla vita!»
*
* *
E, come se tante indimenticabili dimostrazioni d'affetto non
bastassero, mi giungevano, oltre ogni dire gradito, numerose lettere
da amici e da letterati illustri, per i quali viva è, e sarà sempre, la
riconoscenza mia.
Non so resistere al desiderio di riprodurne qui qualcuna. E chiedo
venia, ai cortesi che mi scrissero, della libertà che mi prendo.
Luigi Capuana — uno dei più forti scrittori d'Italia nostra, che mi
onorò sempre di sua fraterna amicizia — mi mandò questa cara lettera
preziosa:
_Roma, 25 luglio 1899._
_«Carissimo amico,_
Il successo dei _Parassiti_ è stato schietto e solido: gli applausi
sono scoppiati non solamente a ogni fine di atto, ma durante parecchie
scene, con spontanea unanimità; e io ne sono stato lietissimo, più che
se si fosse trattato di cosa mia.
E avrei dovuto esserne afflitto, perchè avete annullato un mio lavoro
in _due atti_, che aveva un tipo identico al vostro _commendatore
Gaudenzi_[6]. Dovrò rifare tutto da capo: mutare, cancellare ogni
traccia di somiglianza.
Il vostro _Gaudenzi_ è un tipo così vero, così vivo, che non si può
rifare due volte in teatro!
V'invidio il successo; ma non ne sono geloso: me ne rallegro
sincerissimamente con voi, che meritate questo conforto.
Sono sicuro che i _Parassiti_ faranno trionfalmente il giro dei nostri
teatri.
Calabresi è stato stupendo: ho voluto stringergli la mano dopo la
rappresentazione; e, siccome io non lo conoscevo personalmente, mi son
fatto presentare da vostro fratello, ch'era raggiante di contentezza
per voi.
Io vi stringo affettuosamente le mani, e vi abbraccio con sincera
fraternità d'arte.
Potete essere orgoglioso di avere scritto un lavoro di schietto
carattere italiano, divertente, interessante, pieno di vera e intensa
comicità.
Cordiali saluti dal
_vostro aff.mo_
LUIGI CAPUANA».

Antonio Della Porta, poeta e prosatore chiarissimo, a me legato da
vincoli d'indistruttibile amicizia, così mi scriveva:
_Roma, 26 luglio 1899._
_«Mio carissimo,_
Io, naturalmente, ero al _Costanzi_. E seguii, con tenerezza
affettuosa, tutto il lavoro. Debbo dirti che quei _quattro atti_ sono
«una forte cosa»? Mi par inutile.
Essi sono molto vicini ai fratelli delle _Rozeno_ e di _Danza Macabra_.
Come unità, li superano. Mi spiego: il centro etico del lavoro attrae
costantemente a sè persone, cose e casi. Quel _Commendatore_ è lineato
con bravura e audacia della miglior commedia greca.
Di questi giorni, ho letto e riletto Aristofane: ebbene, l'altra sera
ho pensato a lui!
Lode non piccola, è vero?... Ma tu sai che io non te la darei se non ne
sentissi la sincerità.
Forse gli episodj, da cui balza vivo e grande il protagonista, non sono
tutti di egual rilievo e di eguale verità scenica. Questa impressione,
che se ne ha alla fine del lavoro, nuoce alla ragionevolezza della
favola di costume, che tu hai — ripeto — ideata con arguzia e furore
greci.
Anche gli _accenni_ a contemporanei viventi furono saporiti e contenuti
in un decoroso freno artistico.
Uscendo di teatro, io pensai la gioja dell'esule all'annuncio della
_vittoria_; e mi ridussi a casa meno triste, e ne parlai a mia madre,
destandola per la lieta notizia.
Quanti voti ti vennero, allora, da cuori memori!
_Tuo aff.mo_
ANTONIO DELLA PORTA».
*
* *
Roberto Bracco — onde il cuore è pari all'ingegno grandissimo — non
poteva mancare, e non mancò in fatti, alla bella corona dei miei più
provati amici.
Ed ecco qui la commovente e generosa lettera sua:
_Sorrento_ (_Sant'Agata_), _29 luglio._
_«Mio caro Camillo,_
Qui, in campagna, dove trovo nella noja profonda un po' di riposo
dopo le solite lotte meschine, mi giunge la notizia lieta del successo
riportato a Roma dal tuo lavoro _Parassiti_.
Tu sai che non sono abbondante nè di parole, nè di sentimentalismo, in
fatto d'arte.
Potrai, dunque, ben valutare il bisogno che sento di scriverti e di
mandarti un bacio. Non so _che cosa_ sia il tuo lavoro, e non commetto
la banalità di lodarlo senza conoscerlo; ma so che sei tornato dal tuo
esilio, sei tornato in ispirito col tuo ingegno, con le tue forze, col
tuo coraggio; e so che questo ritorno è nobile e sarà salutare per te
e dolcissimo per tutti coloro che come me ti vogliono veramente bene.
Avanti, dunque, ancora: avanti tra i primi e tra i migliori, avanti
Camillone mio! Dimentica il passato, e preparati a ogni specie di
trionfi: artistici, morali... finanziarii!
Fraternamente tuo
ROBERTO».
Chiudo questa breve raccolta con la amorosa lettera del mio Giannino,
la quale rispecchia tutto il nobile animo suo:
_Roma, 25._
_«Carissimo,_
Ti ho telegrafato or ora. Prima di coricarmi, voglio mandarti il
resoconto _esatto_ della serata.
Bel teatro, quale non avrei creduto, data la stagione.
Quasi tutte le poltrone occupate; e occupate anche le prime file di
sedie: una cinquantina di persone, in piedi, in platea. Qualche vuoto
nei palchi di 1ª e 2ª fila: in loggione, come sempre, non più di venti
persone.
Il Calabresi impostò così bene il personaggio del _Gaudenzi_ da
renderlo, sin dalle prime _battute_, evidente e simpatico al pubblico,
che sottolineò con risate e con approvazioni quasi tutte le _battute_
di lui, durante tutta la commedia. Alla sua prima uscita, grandi
e unanimi applausi lo chiamarono fuori. Alla fine dell'_atto_, tre
chiamate, unanimi, calorose.
Al _2.º atto_, il successo si raffredda. Alla fine, una chiamata, con
applausi non unanimi, nè calorosi.
Al _3.º atto_, il successo ritorna ottimo. All'uscita del Calabresi,
grandi applausi e una chiamata. Alla fine dell'atto, due chiamate,
bellissime.
_Idem_, in tutto, al 4.º atto. Le chiamate sarebbero state maggiori,
se la maggior parte del pubblico, mentre calava la tela, non si fosse
alzata per uscire dal teatro. Così fa sempre, quando non si dà, dopo,
la _farsa_!
Le impressioni del pubblico, in generale, eccellenti. Tutti hanno
trovato riprodotto perfettamente il tipo del _Gaudenzi_, e benissimo
riprodotto anche l'ambiente. Taluni facevano il nome di _casa_ O..!
La critica ti sarà favorevolissima.
In complesso, un successo schietto, serio, completo! E pensa che, al
_Costanzi_, la maggior parte del pubblico non sente che la metà di
quello che gli attori dicono!
L'esecuzione, maravigliosa per affiatamento, per insieme, quale da
un pezzo non ha dato alcuna Compagnia italiana. Del Calabresi non
riuscirei a dirti tutto il bene che penso. Nessun attore in Italia ti
potrà fare quel tipo meglio di lui! Una cosa maravigliosa, in tutti
i più minuti particolari: una vera creazione! Eccellente il Leigheb.
Ottimi anche gli altri. La Cristina sostenne la difficile _parte_ in
modo superiore a ogni aspettativa.
Io ho baciato per te Calabresi e Leigheb, e ho ringraziato tutti gli
altri. E tu scrivi loro quello che ti ho detto.
L'ambiente ti era favorevolissimo. Nessun amico mancava. Della
Porta, Bianchi, Gigi Volpi, Ruggero Musmeci, Lucio d'Ambra, Capuana,
Montecchi, Liberati, Sinimberghi, Aurelio Costanzo, Mengarini, e via
dicendo; e tutti vogliono esserti ricordati con vero affetto. Hai qui
molti e fidati e sicuri amici!
Domani, telegraferò a mammina e a papà l'esito felicissimo.
Godi pure del tuo trionfo, e vivi pur certo che nessuno ne gode più di
me. Esso ti sia almeno un compenso alle tante tue amarezze!
Domani sera, la «Società degli Autori» darà una cena in tuo onore.
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