Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 3 - 01

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VIAGGI DI ALI BEY EL-ABBASSI
IN AFRICA ED IN ASIA
DALL'ANNO 1803 A TUTTO IL 1807

_TRADOTTI_
DAL DOTTORE STEFANO TICOZZI
con tavole in rame colorate

TOMO III

MILANO
Dalla Tipografia SONZOGNO e COMP.
1817.


VIAGGI IN AFFRICA ED IN ASIA FATTI DAL 1803 AL 1807.


CAPITOLO XXVIII.
_Alessandria. — Antichità._

Potrebbesi formare facilmente una piccola biblioteca dei viaggi in
Egitto e delle descrizioni di questo paese, il quale quantunque
conosciutissimo, lo fu assai meglio dopo che tanti letterati francesi i
quali accompagnavano l'armata che l'occupò in sul finire dell'ora
decorso secolo, ebbero modo di esaminare in tre anni tutto quanto può
meritare l'attenzione d'un osservatore. Forse più nulla rimane a dirsi
di nuovo intorno alla patria di Sesostri, ma non è possibile di trovarsi
in così celebre contrada, e di allontanarsene come un'ombra fuggitiva e
muta, senza pagarle qualche tributo d'ammirazione. La posizione
geografica d'Alessandria è di 31° 13′ 5″ di latitudine settentrionale, e
di 27° 35′ 30″ di longitudine meridionale dell'osservatorio di Parigi.
È noto che l'antica Alessandria, uno de' più grandi emporii di
commercio, e soggiorno della splendida corte de' Tolomei, era una
immensa città che conteneva più di un milione d'abitanti. La sua dogana
produceva in quei felici tempi enormi somme, che potrebbero valutarsi a
circa sessantacinque milioni di franchi all'anno, il di cui valore
relativo in ragione del presente abbassamento di prezzo dell'argento,
può essere considerato equivalente a sei milliardi di franchi. Adesso
non produce che un mezzo milione all'incirca.
Riferiscono gli Storici che quando gli Arabi conquistarono questo paese
ai tempi del _Califfo Omfor_, Alessandria contava _quattromila palazzi,
altrettanti bagni pubblici, quattrocento mercati, e quarantamila Giudei
tributarj_. Tutti questi edificj più non esistono, ed appena si sa quale
sia il luogo che occupavano.
Gli Storici ricordano un infinito numero di giardini e di orti che
abbellivano i contorni della città: oggi non è circondata che da sterili
deserti.
Finalmente questa magnifica città, opera del Magno Alessandro, doviziosa
capitale de' Tolomei, non è più che l'ombra della sua passata grandezza.
Un immenso ammasso di ruine in gran parte coperte da banchi di sabbia,
la colonna di Pompeo, gli obelischi di Cleopatra, le cisterne, le
catacombe, ed alcune colonne intiere o spezzate qua e là sparse sopra
una superficie di alcune leghe, sono i soli testimonj del suo antico
splendore. Un recinto di alte e larghe mura di circa due leghe con torri
in parte ruinate, e molti casolari sparsi tra i rottami di caduti
edificj occupano questo spazio: e questi sono i miseri avanzi dei mezzi
tempi, ossia della seconda età d'Alessandria quando passò in potere
dell'islamismo. Una popolazione di circa cinquemila abitanti d'ogni
colore, d'ogni nazione, d'ogni culto, collocata sopra un'angusta lingua
di terra che si prolunga entro al mare, senz'altri prodotti che quelli
d'un commercio senz'attività, e che in quest'anno per colmo di sue
sventure ha perduta l'unica acqua bevibile che possedeva: tale è lo
stato della moderna Alessandria.
La massa principale degli abitanti è composta di Arabi, vale a dire di
uomini generalmente ignoranti e grossolani: ma che invece d'essere
indocili e cattivi verso i Cristiani, li servono, e soffrono perfino i
loro capricci ed ingiustizie come se fossero loro schiavi. Io penso che
in addietro questo popolo, anche per il solo motivo de' suoi pregiudizj
religiosi, fosse assai meno affabile verso i Cristiani; ma la spedizione
de' Francesi fece loro credere che il Cristiano non abbia in orrore il
Musulmano, perchè avendo allora bastanti forze per farla da padrone, li
trattava come fratelli: e queste circostanze produssero una fortunata
rivoluzione nello spirito di questa gente. Gl'immensi vantaggi della
civiltà, della tattica militare, dell'organizzazione politica, delle
arti e delle scienze delle nazioni Europee ch'ebbero opportunità di
notare, e le idee filantropiche comuni a tutte le classi della società
ch'ebbero abbastanza tempo di apprezzare, loro ispirarono una specie di
rispettosa ammirazione per nazioni che possedono così vantaggiose
qualità sopra gli Arabi ed i Turchi.
Alcuni piccoli orti posti entro l'attuale recinto d'Alessandria, e sopra
lo spazio che occupava l'antica città, non hanno che palme assai belle,
e pochi altri alberi fruttiferi stentati perchè non possono inaffiarsi
che coll'acqua de' pozzi. Per andare a passeggiare in questi giardini, e
per passare da un canto all'altro della città adoperansi certi asini di
così piccola razza, che appena bastano perchè il cavaliere non tocchi il
suolo; ma la piccolezza è largamente compensata dalla loro vivacità e
velocità del movimento, equivalendo l'ordinario loro passo al trotto
forte di un cavallo. Vedonsi questi animali carichi di un uomo, e
talvolta di enormi pesi correre continuamente da una all'altra parte
della città come fossero cavalli di posta. I loro condottieri vanno
sempre a piedi correndo quanto possono per poterli seguire, lo che
spesse volte serve di piacevole intrattenimento agli spettatori. Io
misurai l'altezza di questi interessanti animali, e trovai che il
termine medio era di trentanove pollici di Francia, e taluno pure non ne
ha più di trentasette. Quanto utili sarebbero questi animali nelle
grandi città dell'Europa! Il loro giornaliero mantenimento non arriva al
quarto di ciò che consuma un cavallo o un mulo, e i servigi che prestano
sono egualmente grandi.
I cavalli che si vendono in Alessandria sono di razze diverse
dell'Egitto, dell'Arabia, della Siria, dell'Affrica, ma tutti assai
mediocri, ed i pochi buoni vi si vendono carissimi. Le staffe più grandi
di quelle che si costumano a Marocco hanno alcuni angoli acuti che
servono per spronare il cavallo. Qui come in Cipro quando uno è sceso da
cavallo, non ha più nulla a pensare: il domestico lo prende per la
briglia, e lo fa lentamente passeggiare per un quarto d'ora, onde
l'animale passi gradatamente dallo stato di violento movimento a quello
di riposo.
Trovansi in città molte persone che fanno professione di seguire il
cavallo a piedi, e di averne cura, e sono chiamati di _sàiz_. Quando si
acquista o si vende un cavallo, questi fanno le veci di cozzone; e
quando si sorte a cavallo il sàiz cammina avanti con un bastone rosso o
verde lungo sette in otto piedi, che tiene perpendicolarmente in una
mano. I Pascià, ed i grandi sono preceduti da molti sàiz, che allora
camminano due a due; e per poco che tale corteggio sia numeroso
rassomiglia a certe processioni da me vedute in Europa.
Alessandria manca di scuole per le scienze, e perfino l'arte dello
scrivere è ridotta in pessimo stato, perchè non venendo i maestri di
scuola sottoposti a verun esame, formano ì caratteri della scrittura a
capriccio; alterando ognuno a modo suo le lettere dell'alfabeto. I
Cofti, i Greci, i Giudei, e dirò ancora ogni tribù hanno tratti e
gradazioni insensibili; onde non basta la vita d'un uomo per imparare a
leggere speditamente. Coloro che vogliono imparare le scienze vanno al
Cairo.
Gli avanzi degli antichi edificj fatti di pietre, e coperti dall'arena,
sono le cave ove gli abitanti della nuova Alessandria prendono i
materiali per fabbricare le loro case. Tutto questo spazio è inoltre
seminato di cisterne, alcune delle quali ornate da più ordini di colonne
con archi gli uni sopra gli altri. Vi si vedeva anticamente una moschea
detta _moschea dalle mille colonne_.
Molte colonne dissotterrate in questo luogo erano state in varie epoche
condotte sulla riva del mare, di dove volevansi trasportare in diversi
paesi di Europa; ma trovandosi un giorno in porto una flotta turca, e
spiacendo ai capitani che la comandavano di non avere un comodo sbarco,
fecero gettare in acqua tutte le colonne, ammonticchiandole le une sulle
altre; ed in tal modo sorse ad un tratto un molo di preziosissimi
materiali, rapiti un'altra volta e forse per sempre al lusso europeo.
[Illustrazione: 1. COLONNA DI POMPEO. 2. OBELISCO DI
CLEOPATRA.]
Gli obelischi, detti ancora _guglie di Cleopatra_, trovansi in
sull'estremità del porto di levante, presso ad una grossa torre chiamata
_la torre lunga_. Sono due, una in piedi e l'altra rovesciata in terra,
ambedue di granito rosso di tegola, e coperte di geroglifici assai ben
conservati sopra alcuni lati, in altri quasi affatto cancellati. Si
fecero alcuni scavamenti per discoprirli del tutto; e perchè i dotti
europei ne hanno fatta un'accurata descrizione, come pure della colonna
di Pompeo, e delle catacombe reali, ne ho copiato i loro disegni. La
base dell'obelisco in piedi è appoggiata sopra tre scaglioni di marmo
bianco cocleare.
La colonna Pompea, colosso forse unico nel suo genere, dello stesso
granito degli obelischi fu pure esattamente descritta. È questa composta
di quattro _blocchi_[1] che formano il piedestallo, la base, il fusto ed
il capitello: il fusto è lungo sessantatrè piedi un pollice e tre linee,
sopra otto piedi due pollici e due linee di diametro nella parte
inferiore. Quanto mai sono fallaci i sensi degli uomini! In distanza di
cinquanta passi da questo monumento, l'occhio ancora non s'accorge della
grandezza del colosso che gli sta d'avanti; e l'immaginazione anche a
brevissima distanza non è altrimenti colpita da così enorme mole. Ciò
procede dal trovarsi la colonna sopra una piccola altura senza avere in
vicinanza verun oggetto di ordinaria dimensione, che faccia le funzioni
di scala di agguaglio. I sensi rappresentanci una grande colonna, e
nulla più, ma quando s'arriva in distanza di soli dieci o dodici passi,
allora, come ci cadesse tutt'ad un tratto una benda dagli occhi, vediamo
tutta la grandiosità del monumento. Noi impariamo a vedere toccando, e
qui l'occhio non dà la misura dell'oggetto che quando siamo vicini a
toccarlo, o in istato almeno di agguagliare alcune delle sue parti col
nostro corpo: allora un lampo di luce viene a sorprendere la nostra
immaginazione scoprendoci la maravigliosa mole che abbiam sotto gli
occhi. Io sperimentai più volte questo fenomeno dell'ottica, che le
persone dell'arte hanno dottamente spiegato. Il capitello forato in più
luoghi ci fa conoscere che altra volta sosteneva una statua. Ignorasi
affatto l'epoca della colonna e degli obelischi; ed i nomi di Cleopatra
e di Pompeo non possono risguardarsi che quali moderne intitolazioni,
mentre questi monumenti sono più antichi de' personaggi da cui ebbero il
nome. Quello di _Severo_ dato da taluni alla colonna è ancora più
assurdo perchè non ha altro fondamento che l'ignoranza della lingua
araba. Questi popoli la chiamano _el Souari_, vocabolo che significa
colonna, e che nella imperfezione della scrittura araba scrivesi cogli
stessi caratteri o lettere che il vocabolo _Severo_; lo che diede luogo
all'errore.
[1] _Termine usato universalmente dagli artisti per dinotare un
pezzo di marmo grezzo._
Alcuni Arabi più istruiti pensano che la colonna sia opera d'Alessandro,
da loro detto _Scander_: ma io ho trovato fra i dotti del paese una più
rispettabile tradizione, e più analoga alla natura ed alla grandezza
dell'oggetto; questa vuole che la colonna fosse inalzata a' tempi di
Ercole, ch'essi dicono _Scander-el-Carnéinn_, ossia _Alessandro dai due
secoli_, perchè la traduzione lo fa vivere due secoli; e non _Alessandro
dalle due corna_, come alcuni autori tradussero questo nome. _Carn_
significa _secolo_, e _carneinn_, duale di _carn_, _due secoli_.
Le catacombe o grotte che formano l'antica _Necropoli_, (città de' morti
) sono un altro oggetto degno dell'attenzione del viaggiatore. Molte
sono cavate nella roccia a guisa di camere più o meno grandi, con uno,
due e tre ranghi di nicchie destinate a ricevere i corpi. Presso alla
casa di un marabotto detto _Sidi-el-Pabbari_ vedesi una specie di strada
tutta composta di catacombe poste a' piedi di due côlli l'uno in faccia
all'altro. Da una banda quasi tutte le catacombe sono chiuse dalla
sabbia, ad eccezione di una grandissima che contiene tre sale ed un
infinito numero di nicchie. Dall'altro lato numerai undici catacombe in
generale assai ben conservate, le quali hanno tre ranghi di nicchie.
Ma le più magnifiche grotte sono quelle al S. O., due miglia distanti
dalla città. Sembra che queste fossero destinate ai re d'Egitto; ed oggi
sono ridotte ad estremo deperimento; onde non tutte sono praticabili.
Prima d'inoltrarvisi convien tirare alcuni colpi di fucile o di pistola
per atterrire le bestie feroci che d'ordinario ricoveransi in questi
lugubri soggiorni, come per mettere l'aria in movimento. Si entra poscia
con più fiaccole, e muniti d'una corda che serve di guida per il
ritorno, attaccandone una estremità all'ingresso.
Per l'eccessivo calore che vi regna si suda come in un bagno a vapore,
talchè prima d'uscire fummo forzati d'intrattenerci mezz'ora nel primo
salone, mettendoci gradatamente al livello dell'esterna temperatura. Le
tenebre sono così dense, che più fiaccole riunite appena bastano per
distinguere alcuna cosa assai da vicino, anche dopo esservi rimasti
un'ora, e quando la pupilla dell'occhio ha già acquistato tutto il
dilatamento di cui è capace. Le bestie feroci che abitano queste
catacombe vi portano le loro prede per divorarle, onde il suolo è pieno
di ossa d'ogni specie d'animali, alcune delle quali recentemente
spogliate. Non sonovi pipistrelli come in quelle di Amatunta, ma in vece
un infinito numero di falene, ossiano farfalle notturne, e mosche di
vivaci colori come le cantaridi. Vi si trovano pure molti rospi i di cui
buchi s'internano nel suolo, ove trovano l'acqua a poca profondità: la
loro pelle d'un bianco grigio sembra coperta di polvere. Tali sono i
presenti abitatori di questo soggiorno della morte, che l'uomo preparò
con tanto lusso onde perpetuare l'esistenza delle mortali sue spoglie. I
corpi postivi dalla vanità, ridotti da più secoli in polvere, non
lasciarono veruna traccia, ed ignoriamo i nomi di tutti coloro che
fecero scavare questi monumenti.
A pochi passi all'ovest delle catacombe vedonsi i bagni di Cleopatra, i
quali sono composti di tre camere cavate nella roccia, di forma quasi
quadrata di circa undici piedi da ogni lato. L'acqua del mare può
entrarvi per tre aperture alcuni piedi più alte del suolo. Bagni accanto
alle case della morte?... Per chi, ed in qual tempo furon fatti?...
Nulla, assolutamente nulla sappiamo di tutto questo. Oh perdita
irreparabile della biblioteca d'Alessandria...! Ma io rispetto la
decisione del Califfo del maggior de' profeti.
Seguendo la riva del mare una lega più all'O. si trova l'abitazione d'un
marabotto detto _Sid iel-Ajami_. È questo il luogo in cui sbarcò
l'armata francese.


CAPITOLO XXIX.
_Abitanti d'Alessandria. — Corrispondenza. — Clima. — Notizie
storiche._

La mescolanza degli abitanti d'Alessandria è cagione che vi si parlino
tutte le lingue del mondo; ma tutte male, perchè in questa moderna
Babele si dimentica poc'a poco il linguaggio materno per parlare i
diversi idiomi di coloro, dai quali desideriamo di essere intesi. I
fanciulli imparano nello stesso tempo senza maestro tre o quattro lingue
senza che mai ne sappiano una perfettamente.
I _Cofti_ discendenti, come ognun sa, dagli antichi abitanti
d'Alessandria e dell'Egitto sono adesso ridotti ad un migliajo
d'individui o poco più, quasi tutti commercianti. Avevano altra volta
pel loro culto un magnifico tempio, che fu spianato per iscoprire il
fuoco della piazza.
Di _Greci_ stabilmente domiciliati in Alessandria non vi sono quaranta
famiglie; ma sempre vi sono molti Greci di passaggio, perchè la maggior
parte de' bastimenti che vi approdano o sono greci o con equipaggio
greco. Il patriarca d'Alessandria, uomo rispettabile e dotto, risiede
col vescovo nel convento di questa religione. Sonovi inoltre alcuni
cattolici della Siria, che fanno un piccolo commercio eventuale.
Si contano in Alessandria più di trecento Giudei occupati del commercio,
e dell'usura, i quali mantengono una vivissima corrispondenza con
Livorno. Adesso non hanno che alcune sinagoghe provvisorie, perchè la
loro grande sinagoga corse il destino della chiesa de' Cofti.
I _Cristiani_ ed i _Giudei_ del paese vestono all'orientale, senza verun
segno che li distingua dagli altri; sono ben trattati dai Turchi e dagli
Arabi: perciò fanno i loro affari, celebrano le loro feste, professano
la propria religione, e spiegano tutto il lusso che loro piace con tutta
libertà, e senza timore d'avanie.
I _Franchi_, ossia _Europei_ di qualunque nazione, e le loro donne
vestono all'europea con tutto il lusso, e secondo la moda giornaliera.
Abitano tutti in un quartiere che rassomiglia perfettamente ad una città
d'Europa. Uomini e donne escono dalle case loro di giorno e di notte,
suonano e cantano per le strade senza che giammai un musulmano commetta
contro di loro la più piccola scortesia. Questa libertà stendesi ancora
a' semplici protetti dei consolati, i quali vestiti all'europea godono
degli stessi diritti degli Europei, quantunque siano giudei del paese.
Quale differenza con Marocco!
I Cattolici possedono in Alessandria una chiesa ed un convento posti
sotto la protezione della Francia, come lo sono tutti gli stabilimenti
religiosi di Levante, d'ordinario poi sono mantenuti dalla Spagna.
Le donne del paese cristiane ed ebree sortono velate, e vivono ritirate
come le musulmane, mentre le europee godono della stessa libertà che
hanno in Europa. Tra le cristiane e le ebree non sono rare le belle: ma
se della bellezza delle musulmane dobbiamo giudicarne da' loro
fanciulli, non potressimo formarcene una vantaggiosa idea, perchè tutti
hanno forme ributtanti, ventre grosso, gambe corte e cagnesche, testa
sproporzionata, occhi affetti d'oftalmia e cisposi, colore citrino
verdognolo: mentre i figli delle europee nati ed ellevati in Alessandria
sono belli e ben fatti come nella patria de' loro genitori. Quanto
diversi sono i fanciulli musulmani di Féz, che frequentemente ci
mostrano delle figure angeliche!
In vista dell'estesissimo commercio di questa città parrà strano che non
siavi alcuno stabilimento pubblico per diramare le lettere, e perciò la
corrispondenza si eseguisce per mezzo dei patroni de' batelli che
vengono frequentemente da Smirne, da Costantinopoli, e da altri luoghi.
Arrivati in Alessandria scorrono le strade e le case colle lettere
avviluppate in un fazzoletto, e chiunque aspetta lettere, domanda il
sacco, e visita tutte le lettere perchè d'ordinario il portatore non sa
leggere, onde la corrispondenza rimane esposta all'indiscrezione, o
all'interesse speculatore di qualche negoziante.
Benchè il clima d'Alessandria sia caldo non lo è per altro in ragione
della sua posizione geografica. I venti di mare vi regnano tutta
l'estate, e vi mantengono l'aria umida, di modo che il mio igrometro
segnava un alto grado d'umidità in uno de' più caldi giorni ch'io vi
provassi nel luglio e nell'agosto; ed il termometro all'ombra non si
alzò mai oltre i ventidue gradi di _Reaumur_.
L'oftalmia risguardata come la sola malattia endemica del paese, parmi
procedere da una causa affatto meccanica: essendo senza dubbio l'effetto
di alcuni grani di sabbia impalpabile, di cui l'atmosfera è sempre
ingombra. Penetrando questa nell'occhio, vi eccita una specie di
prurito, che provoca a strofinarsi. Siccome l'organo è d'ordinario
irritato dal riverbero del sole e della polvere salina, la più leggiera
confricazione allorchè la sabbia è penetrata nell'occhio lacera la
pellicola, e produce l'infiammazione. Poche persone sfuggono a questa
malattia. Convinto di questa verità allorchè mi sentivo qualche corpo
straniero nell'occhio resistevo costantemente al prurito, e tale
precauzione mi salvò dall'oftalmia.
Fui meno antiveggente pei cambiamenti di temperatura in autunno; i quali
sono in questo così improvvisi, che nello spazio di tre o quattr'ore
provansi più variazioni di caldo e di freddo; onde vi soffersi una
leggiera indisposizione.
Benchè la storia de' paesi da me visitati possa sembrare straniera
all'itinerario de' miei viaggi, la singolare situazione politica
dell'Egitto, paese privo di sovrano territoriale, e che gode d'una
specie d'indipendenza anarchica domanda una particolare attenzione.
Dietro le notizie che ho potuto procurarmi sul luogo, darò dunque un
cenno intorno alla sua situazione dalla spedizione francese fino al
giorno della mia partenza per la Mecca.
È noto che un branco de' Francesi che occupavano l'Egitto dovettero
cedere agli sforzi riuniti di un'armata inglese di 23,400 uomini,
comandata dal generale _Abercrombis_; di un'armata turca di 6,000
sbarcata ad Aboukir, sotto gli ordini di _Hassan_ Pascià, Capitano
Pascià della porta Ottomana; di un'altra armata inglese di 6,000 diretti
dal general _Beird_ sbarcato a Suez, e di una quarta armata turca di
28,300 uomini, proveniente dalla Siria comandata dal Gran Visir; che
uniti a 27,000 marinaj ed impiegati forma un totale di 70,700 uomini.
Col mezzo di questa forza l'Egitto rimase in potere degl'Inglesi e de'
Turchi.
Alcun tempo dopo in forza del trattato d'Amiens gl'Inglesi evacuarono il
paese, Hassan Pascià si ritirò, ed il governo d'Egitto rimase tra le
mani di _Mehemed_ Pascià che aveva un corpo di truppe turche ai suoi
ordini, composte in gran parte d'Albanesi e d'Arnauti. Ben tosto gli
Albanesi si ribellarono contro il Pascià turco, e chiamarono i
Mamelucchi che vivevano ritirati nell'alto Egitto. Questi non tardarono
ad averne l'esclusivo comando, e gli Arnauti rimasti semplici soldati al
servizio dei Bey, non soffrirono a lungo la loro signoria, si
rivoltarono, e ne fecero perir molti; gli altri si salvarono nell'alto
Egitto. Quando cominciò la sollevazione del Cairo, il bravo _Osman Bey
Bardissi_ trovavasi in casa con una ventina al più di Mamelucchi.
Attaccato da alcune migliaja d'Arnauti, fa tranquillamente sellare i
cavalli, indi tutt'ad un tratto facendo aprire le porte piomba come un
fulmine sugli Arnauti, attraversa le loro file, e si ritira nell'alto
Egitto ove trovasi anche al presente[2]. È verosimile che questa
sollevazione fosse organizzata da _Koursouf_ Pascià, governatore
d'Alessandria, e che i _scheich_ del Cairo non vi fossero stranieri.
[2] _Dopo l'epoca di cui parla il nostro viaggiatore Osman Bey
fu avvelenato._ (Nota dell'Editore Francese)
Koursouf si recò subito al Cairo, e prese il comando dell'Egitto: ma gli
Arnauti sempre inquieti, ed altronde tormentati dai scheih del Cairo
abbassarono Koursouf, e gli sostituirono _Mehemed Alì_ attuale Pascià.
Mentre i Mamelucchi erano al Cairo, la Porta aveva nominato governatore
d'Alessandria l'inquieto _Alì_ Pascià ch'erasi di già fatto conoscere
nella rivoluzione di Tripoli di Barbaria, ov'era stato alcun tempo
Pascià intruso. Venne in Alessandria con istruzioni d'indebolire la
potenza degli Arnauti e de' Mamelucchi, per rimettere l'Egitto sotto
l'immediata ubbidienza della Porta. Era seguito da un corpo di truppe di
lui degne: l'indisciplina, il disordine, la licenza loro erano giunte a
tale, che non facevansi riguardo di tirare dei colpi di fucile contro le
persone che incontravano per istrada, e che gli prendeva voglia
d'uccidere senza veruna ragione. Gli Europei e le loro case non erano
sicure da tanta licenza, e le case de' consoli non erano in verun modo
rispettate. Dal suo canto _Alì_ Pascià ch'era il più crudel uomo che
immaginare si possa, non lasciava passare un solo giorno senza fare
strozzare qualche vittima, facendone poi gettare i corpi nel mare;
mentre altre ne faceva assassinare segretamente nelle catacombe. Tale
era l'uomo che la Porta incaricava di rimenare l'Egitto sotto le sue
leggi.
Infruttuosi riuscirono i reclami de' Consoli Europei al Pascià per
metter fine agli eccessi delle sue truppe, onde risolsero di andare
colle loro famiglie a bordo di una fregata che trovavasi in porto, e di
là spedirono le loro rimostranze ai rispettivi ambasciatori a
Costantinopoli.
_Alì_ Pascià intimidito da questo passo dei Consoli gl'invitò a trattare
con lui; e finalmente accettarono la proposizione di ritornare alle loro
case dopo avere solennemente capitolato col Pascià.
Terminata questa vertenza, ottenne da' Mamelucchi e dagli Arnauti di
poter recarsi senza truppe al Cairo. Ma appena vi fu arrivato, facendo
avanzare le sue truppe, furono sorprese e disfatte in sulla strada. In
conseguenza _Alì_ Pascià ebbe ordine di sortire dal Cairo e dal paese,
prendendo la strada della Siria. Il terzo giorno il corpo de' Mamelucchi
che lo scortava, rimasto addietro, fece fuoco contro di lui, che ne
rimase ucciso con tutta la sua gente.
Mentre ciò accadeva in Egitto, la politica andava preparando per quel
paese e pel commercio europeo del Levante un'assai più importante
rivoluzione, che andò poi fallita.
Quando gl'Inglesi evacuarono l'Egitto, il Mamelucco _Elfi Bey_ schiavo
ed erede di _Murat Bey_ partì con loro alla volta di Malta con
intenzione di recarsi a Londra. Ma perchè le circostanze politiche
variavano ad ogni istante, e l'importanza della persona d'_Elfi Bey_ ne
seguiva le vicende; stanco della poca considerazione in cui dagl'Inglesi
era tenuto a Malta, pensò di entrare in trattative colla Francia; ed era
già pronto ad imbarcarsi per andarvi, quando gl'Inglesi gli offrirono
una nave per passare a Londra; ove appena sbarcato concertò tutto quanto
poteva ad un tempo convenire alla propria ambizione, ed agl'interessi
della Gran Brettagna. Gli furono in conseguenza assegnati fondi e mezzi
per ingrandirsi, e convenuto il piano di condotta che doveva tenersi
verso l'Egitto.
Ricolmo di doni e di ricchezze fu _Elfi_ ricondotto in Egitto sopra una
fregata inglese: ma _Osman Bey Bardissi_, il più valoroso ed influente
di tutti i Bey adombrato del ritorno d'_Elfi_, e temendone
l'ingrandimento, dispose di disfarsene ad ogni costo. Quando seppe
ch'era sbarcato in Egitto, trovò chi si prese l'incarico di avvelenarlo,
e temendo che non bastasse il veleno, gli tese insidie per assassinarlo
sulla strada.
_Elfi_ dubitò, o fu segretamente avvisato del pericolo che gli
sovrastava, e fuggì a cavallo a traverso al deserto, solo, senza danaro,
e privo di tutto. Si racconta, che entrato senza saperlo nella tenda di
un Bedovino suo nemico mentre non eravi che la sua sposa, palesò il
proprio nome per ottenere qualche soccorso. Spaventata la donna del suo
pericolo, gli diede viveri ed acqua, pregandolo a fuggir subito onde non
essere sorpreso dal marito che mortalmente l'odiava. _Elfi_ approfittò
del consiglio. La donna raccontò al marito l'accadutole, il quale non
dimenticando in quel primo impeto di collera i generosi sentimenti che
lo animavano: _donna, gli rispose, se io l'avessi trovato qui non so
quello che avrei fatto.... forse l'avrei ammazzato.... ma.... io t'avrei
egualmente uccisa, se tu gli avessi rifiutata l'ospitalità, ed i
necessarj soccorsi._ Tratto maraviglioso di cui non trovansi frequenti
esempi nella storia.
Tutti gli effetti preziosi ch'_Elfi_ aveva portati da Londra furono dopo
la sua fuga spezzati, saccheggiati, e venduti. Unitosi ad alcuni
Mamelucchi suoi partigiani si stabilì nel deserto; e col danaro ch'ebbe
dagl'Inglesi non tardò ad ingrossare il suo partito, e sentendosi
abbastanza forte, dopo avere sottomesso alcuni _dovar_, e tribù, venne a
bloccare la città di Damanhour poco distante da Alessandria. Ma gli
abitanti ch'eransi dichiarati contro di lui, si difendono già da due
anni con una piccola guarnigione di Arnauti.
Intanto gl'Inglesi, e gli agenti d'_Elfi_ ottennero firmani dal Gran
Signore che lo dichiaravano _Schèih-el-Beled_, ossia principe feudatario
dell'Egitto. Per far eseguire questi firmani la Porta spedì il Capitano
Pascià con tutta la squadra ottomana, e spedì inoltre con alcune truppe
_Mussa_ Pascià di Salonicchi, come governatore del Cairo: ma _Mehemed
Alì_ ed i Scheih di questa città si opposero a tale disposizione, e dopo
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